[Nonviolenza] Telegrammi. 3709



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3709 del 14 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Ricordando Pietro Pinna, nel quarto anniversario della scomparsa
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019
6. Abrogare gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza"
7. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
8. Aldo Agosti: Camilla Ravera (2016)
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. MAESTRI E COMPAGNI. RICORDANDO PIETRO PINNA, NEL QUARTO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

Ricorre oggi, 13 aprile 2020, il quarto anniversario della scomparsa di Pietro Pinna - Piero per quanti lo conobbero, gli furono amici e compagni di lotte nonviolente -, una delle figure piu' nitide e piu' luminose dell'impegno per la pace e la nonviolenza in Italia.
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Una minima notizia su Pietro Pinna
Pietro Pinna, nato a Finale Ligure il 5 gennaio 1927 e deceduto a Firenze il 13 aprile 2016, e' stato il primo obiettore di coscienza al servizio militare per motivazioni non confessionali ma specificamente nonviolente, ed e' una delle figure di riferimento per i movimenti e le iniziative per la pace e una delle personalita' piu' illustri della vita civile italiana. Di origine sarda, Pinna viveva a Ferrara quando, alla fine del 1948, fu chiamato alle armi. Diventato fortemente antimilitarista dopo aver vissuto gli orrori della seconda guerra mondiale, e influenzato dal pensiero di Aldo Capitini, decise di rifiutare di prestare il servizio di leva, passando alla storia come il primo obiettore di coscienza d'Italia per motivi politici. Processato per disobbedienza, fu condannato al carcere una prima volta per dieci mesi, e successivamente per altri otto. Al processo venne difeso dall'avvocato Bruno Segre, che diventera' uno dei piu' famosi difensori italiani nel campo dell'obiezione di coscienza. Venne infine riformato per "nevrosi cardiaca". Pinna in seguito divenne uno dei piu' stretti collaboratori di Capitini, con cui organizzo' la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi nel 1961 (e dopo la scomparsa del filosofo perugino le tre successive), e con Capitini fu fondatore del Movimento Nonviolento di cui fu anche segretario nazionale dal 1968 al 1976. Ha continuato ad operare nel Movimento Nonviolento per tutta la vita e ad essere direttore responsabile della rivista "Azione nonviolenta". Infaticabile promotore della nonviolenza, per le sue storiche, luminose azioni dirette nonviolente per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione, pago' piu' volte in prima persona con il carcere le sue scelte. Il 17 gennaio 1973, gia' segretario del Movimento Nonviolento, in seguito ad una affissione contro la celebrazione delle Forze armate il 4 novembre ("Non festa ma lutto"), fu arrestato a Perugia e condannato per direttissima per vilipendio alle Forze armate. In seguito alle manifestazioni avvenute in suo sostegno in diverse citta', venne liberato quattro settimane dopo su istanza di grazia dell'allora Presidente della Repubblica. Nell'aprile del '79 fu condannato dalla Corte d'Appello di Trieste ad una pena di otto mesi di reclusione per blocco stradale, pena successivamente condonata. Con Carlo Cassola e Davide Melodia fu animatore della "Lega per il disarmo unilaterale". Fu tra gli organizzatori della Marcia Catania-Comiso (24 dicembre 1982 - 3 gennaio 1983) per protestare contro l'installazione della base missilistica statunitense, prima azione concreta di lotta nonviolenta contro le installazioni militari in Italia. Nel 2008 e' stato insignito del Premio Nazionale Nonviolenza. Nel 2012 la Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Pisa gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze per la Pace.
Tra le opere di Pietro Pinna, fondamentale e' "La mia obbiezione di coscienza", Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1994; numerosi suoi contributi sono stati pubblicati in vari volumi, oltre ai molti suoi scritti apparsi su "Azione Nonviolenta". Cfr. anche le interviste riprodotte ne "La nonviolenza e' in cammino" n. 381 e 472, "La domenica della nonviolenza" n. 21 (ripubblicata anche in "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 252), "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 285; tutte disponibili on line.
Opere su Pietro Pinna: pressoche' tutti i testi che si occupano di pace, obiezione di coscienza e nonviolenza in Italia ricordano la sua figura.
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In questi giorni di profondo strazio per le tante persone uccise dall'epidemia e di altrettanto profonda indignazione per l'irresponsabilita', l'intempestivita' e l'inadeguatezza dei governanti che hanno favorito la diffusione del contagio ed hanno abbandonato al pericolo, alla paura, alla fame e agli stenti innumerevoli persone, ricordare l'azione, la riflessione e la testimonianza di Piero Pinna, la viva umanita' di Piero Pinna, e' insieme lieve un conforto e ineludibile un appello.
Un conforto e un appello perche' ispirandosi al suo esempio si puo' con piu' salda forza d'animo, chiarezza di comprensione e persuasa volonta' lottare contro la malattia e la morte, contro la sofferenza e l'oppressione, per il bene comune dell'umanita', per salvare tutte le vite.
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Ed anche nel suo ricordo e alla sua scuola ancora una volta chiediamo ad ogni persona di volonta' buona di premere nonviolentemente sul governo nazionale - e per quanto di loro competenza su quelli regionali - affinche' si adottino immediatamente tutte le iniziative indispensabili per contenere il contagio, per salvare vite umane, per aiutare ci ha piu' bisogno di aiuto; e tra queste iniziative innanzitutto le seguenti:
1. vuotare le carceri sovraffollate e mandare le persone attualmente li' ristrette nelle proprie abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui sia possibile il cosiddetto "distanziamento sociale" necessario per evitare il rischio di contagio;
2. abrogare tutte le misure razziste contenute nei due "decreti sicurezza della razza", porre fine all'effettuale regime di "apartheid" di cui sono vittima tante persone innocenti, far cessare lo sfruttamento schiavistico e la riduzione coatta in condizioni di vita disumane di cui sono vittima nel nostro paese troppi esseri umani innocenti; riconoscendo finalmente a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti sociali, civili e politici, a cominciare dal diritto di voto secondo il principio fondamentale della democrazia: "una persona, un voto";
3. aiutare con adeguate provvidenze tutti i poveri e gli impoveriti, garantendo immediatamente ad ogni persona alloggio, cibo e tutti gli altri beni necessari alla vita;
4. fornire protezioni sanitarie adeguate per tutte le persone: a cominciare dagli operatori e le operatrici della sanita', dell'assistenza, della pubblica sicurezza, di tutti i servizi pubblici necessari; a cominciare da tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici che con il loro lavoro continuano a produrre e distribuire i beni essenziali alla vita: gli alimenti e gli altri generi di prima necessita';
5. chiudere e tener chiuse fino alla fine dell'epidemia tutte le attivita' orientate al profitto privato non immediatamente necessarie alla vita delle persone;
6. rispettare e far rispettare rigorosamente il principio di precauzione, facendo prevalere la salvezza delle vite umane su ogni altro interesse particolare;
7. rispettare e far rispettare scrupolosamente i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione repubblicana; rispettare e far rispettare scrupolosamente la legalita' che salva le vite;
8. cessare di ingannare la popolazione con una propaganda e una retorica scandalose che hanno come fine di occultare i disastrosi errori dai governanti fin qui commessi il cui esito sono state innumerevoli morti evitabili se si fossero adottati tempestivamente e adeguatamente gli interventi necessari;
9. comprendere e far comprendere che per tutelare il diritto alla vita e alla salute occorre anche un impegno a contrastare l'inquinamento globale che e' il primo produttore e veicolo di nocivita'; ed agire di conseguenza;
10. comprendere e far comprendere che per tutelare il diritto alla vita e alla salute occorre anche un impegno a contrastare le ingiustizie sociali che opprimono la stragrande maggioranza dell'umanita'; ed agire di conseguenza;
11. inverare l'appello del segretario generale dell'Onu alla cessazione di tutte le guerre, attraverso azioni concrete di disarmo, di smilitarizzazione, di aiuti umanitari, di conversione nonviolenta dell'economia, della politica e della societa': cessare immediatamente di produrre armi; cessare immediatamente di favoreggiare guerre, regimi e poteri criminali; soccorrere, accogliere ed assistere tutte le persone bisognose di aiuto.
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Ricordando Piero Pinna ogni persona, ogni associazione, ogni istituzione democratica si adoperi per il bene comune dell'umanita' intera.
Nel ricordo di Piero Pinna, alla scuola di Piero Pinna, alla sequela di Piero Pinna la nonviolenza e' in cammino, la nonviolenza e' il cammino.
Come e' scritto nella carta programmatica del Movimento Nonviolento da Piero Pinna con Aldo Capitini fondato, occorre lavorare "per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti".
Come e' scritto nella carta programmatica del Movimento Nonviolento da Piero Pinna con Aldo Capitini fondato, occorre opporsi alla guerra e lottare "contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione".
Come e' scritto nella carta programmatica del Movimento Nonviolento da Piero Pinna con Aldo Capitini fondato, occorre promuovere "lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo".
Come e' scritto nella carta programmatica del Movimento Nonviolento da Piero Pinna con Aldo Capitini fondato, occorre operare "con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica".
Solo facendo il bene si puo' sconfiggere il male.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
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La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. REPETITA IUVANT. SIANO FINALMENTE PROCESSATI I MINISTRI DEL GOVERNO RAZZISTA PER I CRIMINI CONTRO L'UMANITA' COMMESSI NEL 2018-2019

Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per i crimini contro l'umanita' commessi nel 2018-2019.
Che siano finalmente processati i ministri del governo razzista per le flagranti violazioni del diritto internazionale e della legalita' costituzionale commesse nel 2018-2019.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
La strage degli innocenti nel Mediterraneo e' un crimine contro l'umanita'.
La schiavitu', le persecuzioni e l'apartheid in Italia sono un crimine contro l'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.

6. REPETITA IUVANT. ABROGARE GLI SCELLERATI ED INCOSTITUZIONALI "DECRETI SICUREZZA DELLA RAZZA"

Nonostante che il governo razzista sia caduto ormai dalla scorsa estate, restano assurdamente, scandalosamente, obbrobriosamente ancora in vigore alcune delle sue scellerate ed incostituzionali misure razziste che violano fondamentali diritti umani, il diritto internazionale e la stessa Costituzione della Repubblica italiana.
Come ad esempio le misure razziste contenute negli infami "decreti sicurezza della razza".
Cosi' come e' giusto, necessario e urgente che finalmente tutti i ministri di allora siano tratti in tribunale a rispondere dei reati razzisti commessi, ugualmente e' giusto, necessario e urgente che quelle misure razziste ed incostituzionali siano abrogate.
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E' evidente che essendo restato al governo uno dei due partiti che diedero vita al criminale governo razzista nel 2018-2019, e che anzi lo stesso presidente del consiglio dei ministri attuale e' ancora quello che presiedette quel gabinetto razzista, ancora non e' stata pienamente ripristinata la democrazia e la legalita' costituzionale.
Ma e' altrettanto evidente che la democrazia e la legalita' costituzionale devono essere infine ripristinate; che deve cessare la violenza razzista; che quelle misure disumane devono essere abolite, e quei disumani ministri ed i complici loro devono essere allontanati dalle istituzioni democratiche.
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Contrastare il razzismo e il fascismo, ripristinare la vigenza dei diritti umani e della legalita' democratica, non sono compiti da subordinare a calcoli tattici e a giochi di palazzo, sono invece obbligo morale e civile, dovere fondativo dell'ordinamento democratico e della civile convivenza, sono indispensabile inveramento della Costituzione, sono la politica prima che si oppone alla folle barbarie, che si oppone alle stragi degli innocenti.
Cosicche' non si perda piu' tempo: siano immediatamente abrogati gli scellerati ed incostituzionali "decreti sicurezza della razza".
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Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Sia soccorsa, accolta e assistita ogni persona bisognosa di aiuto.
Siano rispettati tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Il razzismo e' un crimine contro l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

7. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

8. MAESTRE. ALDO AGOSTI: CAMILLA RAVERA (2016)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Camilla Ravera nacque ad Acqui Terme (Alessandria) il 18 giugno 1889, da Domenico e da Emilia Ferrero. Seconda di sette figli tra i quali per tutta la vita rimasero stretti i legami di affetto e solidarieta', fu profondamente influenzata dal padre, funzionario del ministero delle Finanze: uomo colto, ateo e filosocialista. La madre infuse nelle figlie aspirazioni all'indipendenza e all'emancipazione.
Dopo aver frequentato le scuole magistrali a Casale Monferrato, nel 1908 si stabili' a Torino, dove era stato trasferito il padre, e dal 1909 al 1913 insegno' italiano, storia e geografia nella scuola complementare magistrale di Virle. Nel 1914, vinto il concorso magistrale e ottenuto un posto alla scuola Rayneri del capoluogo subalpino, si iscrisse alla Scuola di magistero per approfondire gli studi di letteratura e di storia. Intanto, gia' dal 1912 la morte del padre aveva fatto ricadere su di lei e sulla sorella maggiore Rina la responsabilita' della famiglia.
Aveva 24 anni e qualche conoscenza dei fondamenti del marxismo quando, durante lo sciopero durato novanta giorni degli operai metallurgici torinesi, vide un grande corteo di lavoratori e, come avrebbe raccontato, fu "dinanzi a quella colonna di operai in lunga, unitaria e risoluta lotta" che senti' "in modo improvviso e penetrante il pensiero di Marx tradursi in realta', diventare storia: la storia degli uomini del lavoro, viva e appassionante" (Diario di trent'anni 1913-1943, 1973, p. 9).
A simpatizzare sempre di piu' per il socialismo giunse per impulso dell'amatissimo fratello piu' giovane, Cesare, nato nel 1900, gia' attivo nella sezione socialista torinese dopo i moti dell'agosto del 1917, che sarebbe come lei diventato comunista e avrebbe combattuto in Spagna nelle Brigate internazionali. La guerra mondiale lascio' il segno nella famiglia Ravera: un fratello, Giuseppe, cadde sull'Asiago in quello stesso anno, un altro, Francesco, dato inizialmente per disperso, fu intossicato dai gas. Quando anche Cesare ando' al fronte, nel 1918, Camilla Ravera comincio' a frequentare la sezione socialista e si iscrisse al partito, occupandosi del lavoro fra le donne. Nel dopoguerra fece parte del gruppo dell'Ordine nuovo raccolto intorno ad Antonio Gramsci e, con la scissione di Livorno, aderi' al Partito comunista. Nella redazione dell'Ordine nuovo, trasformatosi con la scissione in quotidiano, si occupo' soprattutto della rubrica Tribuna delle donne. Il 10 marzo 1922 vi pubblico' un articolo Il nostro femminismo, che puo' essere considerato "il manifesto della politica femminile comunista di quegli anni" (Gabrielli, 1999, p. 30).
Nel testo Ravera sosteneva l'aspirazione delle donne a conquistare l'indipendenza economica, senza pero' disconoscere "alle particolari funzioni e ai particolari uffici della donna (la maternita', la cura dei bambini e della casa) il valore di una funzione e d'una produzione sociale" (ibid.).
Alla I Conferenza delle donne comuniste del 25 marzo questa posizione, appoggiata da Gramsci, prevalse sulla linea piu' "femminista" che insisteva sulla oppressione di sesso e sull'emarginazione delle donne sul piano legale.
Messasi in aspettativa dall'insegnamento, nel novembre del 1922 fu delegata del Partito comunista d'Italia (PCd'I) al IV congresso dell'Internazionale comunista (IC): sulla via di Mosca si fermo' a Berlino, dove partecipo' a un incontro promosso dal Segretariato femminile internazionale per l'Europa occidentale e conobbe Clara Zetkin. Tornata a Torino, si dedico' subito alla riorganizzazione del partito, scompaginato dall'ondata di arresti seguiti alla marcia su Roma, ed entro' a far parte del comitato direttivo della federazione. Fu pero' presto costretta a raggiungere a Milano Umberto Terracini, che era rimasto il solo membro operativo dell'esecutivo del partito e, dopo il trasferimento di questi a Roma in seguito ai nuovi arresti del settembre del 1923, ricostitui' l'ufficio di segreteria facendo la spola fra Milano e Angera sul lago Maggiore, dove si nascondevano altri dirigenti ricercati. Nel 1924 riprese l'attività all'ufficio femminile nazionale del partito e quella giornalistica, sia su l'Unita' appena fondata, sia collaborando al quindicinale Compagna. Perso nel frattempo il posto di insegnante e allontanata da tutte le scuole del Regno per la sua "nefasta propaganda", affronto' da quel momento la vita di militante clandestina sotto lo pseudonimo di Silvia. Al III congresso del partito tenutosi a Lione nel gennaio del 1926, cui non pote' partecipare, fu eletta membro del comitato centrale del partito, e mantenne il suo posto nell'esecutivo, ora denominato anche ufficio politico.
Subito dopo l'attentato a Benito Mussolini del 31 ottobre 1926, si trovo' con Ruggero Grieco a fronteggiare, senza perdere il suo consueto sangue freddo, l'ondata di arresti che colpi' i dirigenti del partito e gli stessi deputati, compreso Gramsci, che invano si era cercato di far espatriare, e fu lei a redigere le relazioni inviate a Palmiro Togliatti che rappresentava il partito a Mosca. Le leggi eccezionali resero sempre piu' problematica la sopravvivenza, seppur clandestina, dell'organizzazione comunista nel Paese. Si oppose a chi, come Angelo Tasca, riteneva sul momento inevitabile uno scioglimento del partito.
Essendo rimasta l'unica dell'ufficio politico ancora libera e presente in Italia, fu incaricata di organizzare la nuova segreteria: da questo momento il suo pseudonimo fu Micheli. Stabilitasi a Sturla, alla periferia di Genova, riorganizzo' il centro interno, assumendosi la responsabilita' di prendere continue decisioni, il piu' delle volte da sola; in questo periodo si reco' anche a Parigi per stabilire un collegamento con il centro estero, ivi costituito da Togliatti.
Nel 1928 venne deciso di trasportare l'ufficio centrale all'estero, nei pressi di Lugano. Ravera fu designata alla segreteria, insieme a Togliatti e a Grieco. Ma, ammalatasi gravemente ai polmoni, non pote' mantenere l'incarico. Curatasi dapprima a Engelberg, in Svizzera, si reco' poi a Mosca, dove fu sottoposta a nuove cure. Rimessasi in salute, partecipo' come delegata al VI congresso dell'IC nel luglio-agosto del 1928. Declinata l'offerta di Clara Zetkin di rimanere a Mosca nel segretariato femminile internazionale, lascio' l'Unione Sovietica (URSS) per la Francia, trascorrendo un periodo di riposo a Saint-Cloud, nei sobborghi di Parigi, per riprendere poi pienamente l'attivita' di partito nei primi mesi del 1929, quando partecipo' alle riunioni dell'ufficio politico che sancirono la condanna delle posizioni di Tasca. Di fronte alla svolta "a sinistra" decisa dal X Plenum del Comintern, ritenendo che anche in Italia stessero maturando gli elementi di una crisi rivoluzionaria acuta, la maggioranza dell'ufficio politico approvo' un progetto di riorganizzazione del partito che mirava a spostare nel Paese la direzione. Ravera sostenne con convinzione la svolta, e anche la decisione di espellere i tre membri dell'ufficio politico che vi si erano opposti, pure se in seguito ricordera' questa lacerazione "come uno dei momenti piu' pesanti e tristi della sua milizia" (Diario di trent'anni, cit., p. 488).
Si assunse il compito di ritornare lei stessa in Italia a ricostituire il centro e, nel maggio del 1930, si stabili' nei pressi di Intra, sul lago Maggiore. Ma fu arrestata in seguito a una delazione il 10 luglio 1930.
Sul suo capo pendevano gia' numerose condanne in contumacia. Il tribunale speciale la condanno' nel novembre del 1930 a 15 anni e sei mesi di detenzione per i reati di ricostituzione del Partito comunista e di propaganda sovversiva. Dapprima fu reclusa nella casa di pena femminile di Trani dove pote' condividere la cella con altre due comuniste, Felicita Ferrero e Giorgina Rossetti, con cui strinse un'amicizia che, insieme all'affettuosa sollecitudine dei suoi familiari, le allevio' la durezza della reclusione. Pote' anche leggere i libri e le riviste che lei stessa ordinava. Disse poi della sua detenzione in carcere di non aver subito eccessive pressioni per partecipare alle funzioni religiose ed essere stata trattata in generale con rispetto, salvo i malevoli dispetti di una suora che, per il suo professato ateismo, la considerava "un'anima dannata" (Gobetti, 1969, p. 204). A meta' novembre del 1933 fu trasferita a Perugia, in regime di segregazione cellulare come la sua condanna prevedeva e in condizioni igieniche e ambientali cosi' gravose da sprofondarla in un forte esaurimento.
Grazie all'amnistia per il decennale e a un successivo indulto, la sua pena fu ridotta a 5 anni: nel luglio del 1935, al momento della scarcerazione, le sue condizioni di salute erano tanto precarie che, prima di essere avviata al confino, fu mandata in licenza a casa sua a Torino, dove rimase fino al novembre del 1936. Destinata per il confino a Montalbano Jonico, in provincia di Matera, luogo malarico e disadatto a una convalescenza, vi rimase per breve tempo, finche' cioe' le lezioni di alfabetizzazione da lei date ai pastori della zona – su richiesta peraltro del podestà del luogo – provocarono le reazioni dell'OVRA, che la fece trasferire a San Giorgio Lucano. All'inizio del luglio del 1937 fu trasferita a Ponza, e vi ritrovo' numerosi compagni, tra i quali Terracini, partecipando alle discussioni politiche e culturali che, malgrado il controllo, coinvolgevano i confinati politici dell'isola.
Contrasti nel direttivo comunista del confino, in cui figuravano dirigenti autorevoli come Mauro Scoccimarro e Pietro Secchia, erano gia' insorti con Terracini: questi da un lato negava il carattere finale e irreversibile della crisi capitalistica del 1929, dall'altro auspicava la formazione anche in Italia di un ampio fronte popolare, e Ravera mostro' di condividere le sue posizioni. Il contrasto si riaccese quando, sciolta nel luglio del 1939 la colonia di Ponza, i confinati vennero trasferiti a Ventotene.
Allo scoppio della guerra il direttivo emanò un documento che sposava le tesi dell'Internazionale sull'equidistanza dagli imperialismi in lotta ed escludeva ogni alleanza con gli altri partiti antifascisti. Ravera di nuovo fu d'accordo con Terracini nel criticare questa posizione e nel mettere in chiaro che la vittoria del nazismo avrebbe determinato una fascistizzazione dell'Europa e un aggravamento del pericolo di un'aggressione all'URSS. Il dissenso non fece che approfondirsi, fino a che, al principio del 1943, i due dissidenti furono espulsi dal partito: una decisione di cui contestarono energicamente la legittimita'.
Liberata dal confino dopo la caduta del fascismo, dopo un faticoso viaggio raggiunse Torino e quindi San Secondo di Pinerolo, dove erano sfollate le sorelle; ricercata dai fascisti dopo l'8 settembre 1943, vi rimase fino alla Liberazione, di nuovo in preda a esaurimento e con una grave forma reumatica e cardiaca. Rientro' a Torino nel maggio del 1945 dove Togliatti la abbraccio' pubblicamente e, riducendo al rango di "fesserie" le misure punitive cui era stata sottoposta al confino, si adopero' subito, come aveva fatto per Terracini, per farla tornare a lavorare nel partito. Lei accetto' e riprese l'attivita' politica come membro del comitato centrale (in cui fu eletta al V congresso nel gennaio del 1946), della segreteria federale di Torino, del comitato direttivo nazionale dell'Unione donne italiane (UDI) e del comitato esecutivo della Federazione internazionale democratica delle donne. Consigliere comunale a Torino, venne eletta deputato, per il collegio Torino-Novara-Vercelli, nella I e nella II legislatura. Che fosse per la sua salute – certo divenuta fragile – o per gli strascichi della rottura intervenuta nel 1939, Ravera, al pari del resto di Terracini, non riprese comunque nel PCI un ruolo all'altezza delle sue qualita' e dei suoi meriti di partito.
Come deputata fu cofirmataria di progetti di legge soprattutto su materie come la tutela della maternita' e la parita' dei diritti e delle retribuzioni tra uomo e donna. L'8 gennaio 1982 il presidente Sandro Pertini, che era stato suo compagno di confino, la nomino', prima donna nella storia della Repubblica, senatore a vita. Ma ormai molto anziana partecipo' appena all'attivita' del Senato, del quale presiedette la seduta che ne nomino' Francesco Cossiga presidente nel luglio del 1983. Mori' a Roma il 14 aprile 1988.
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Opere. Camilla Ravera pubblico' libri sulla condizione della donna e sulla lotta per l'emancipazione femminile (La donna italiana dal primo al Secondo Risorgimento, Roma 1955; Breve storia del movimento femminile in Italia, Roma 1978) e diede testimonianza del ruolo che aveva svolto senza alcun accenno recriminatorio o polemico (in particolare nelle sue memorie, Diario di trent'anni 1913-1943, Roma 1973).
Fonti e Bibliografia: Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, ad nomen. P. Spriano, Storia del PCI, I-V, Torino 1967-1975, ad ind.; A. Gobetti, C. R. Vita in carcere e al confino, Parma 1969; A. Coletti, Il governo di Ventotene. Stalinismo e lotta politica tra i dirigenti del PCI al confino, Milano 1978; A. Landuyt, R. C., in F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, IV, Roma 1978, pp. 297-303; N. Villa, La piccola grande signora del PCI, Milano 1983; R. Palumbo, C. R. racconta, Milano 1985; G. De Luna, Donne in oggetto. L'antifascismo nella societa' italiana 1922-1939, Torino 1995; P. Gabrielli, Fenicotteri in volo. Donne comuniste nel ventennio fascista, Roma 1999. Una bibliografia piu' analitica ed esauriente in V. Santangelo, Amministratori, funzionari di partito e quadri di partito: il PCI a Torino e in provincia 1946-1970, in Alla ricerca della simmetria. Il PCI a Torino 1945-1991, a cura di B. Mayda, Torino 2004, p. 64, n. 5.

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riedizioni
- Nicola Labanca, La guerra d'Etiopia 1935-1941, Il Mulino, Bologna 2015, Rcs, Milano 2020, pp. 272, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Gianfranco Ravasi, Proverbi e Siracide, Mondadori, Milano 2020, pp. 132, euro 5,90.
- Emanuele Severino (a cura di), Dal pensiero moderno al pensiero contemporaneo. Da Hegel alla crisi dei grandi sistemi: Schopenhauer, Marx e Engels, Mondadori, Milano 2020, pp. 292, euro 9,90.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3709 del 14 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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