[Nonviolenza] Telegrammi. 3707



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3707 del 12 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Nell'anniversario della "Pacem in Terris"
2. Prima che sia troppo tardi. Un appello
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Simona Foa': Primo Levi (2005)
6. XII sonetti del 2009
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. L'ORA. NELL'ANNIVERSARIO DELLA "PACEM IN TERRIS"

L'11 aprile del 1963 Giovanni XXIII promulgava la "Pacem in Terris", uno dei grandi manifesti della pace.
Ricorrendone l'anniversario il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo invita ogni persona di volonta' buona a rileggere quel luminoso testo, ad accoglierne l'appello, a decidere di agire per il bene comune dell'umanita', ad opporsi a tutte le violenze, a scegliere la nonviolenza.
Cessino le guerre e le uccisioni. Cessino le oppressioni e le persecuzioni. Cessi il razzismo. Cessi il maschilismo. Cessi ogni schiavitu'.
L'umanita' si riconosca un'unica famiglia in un unico mondo vivente casa comune di tutte e tutti.
E' nella pace e nella solidarieta' che la civilta' fiorisce.
E' nella pace e nella solidarieta' che l'umanita' si umanizza.
E' nella pace e nella solidarieta' che si adempie il dovere di prendersi cura delle altre persone e dell'intero mondo vivente.
E' nella pace e nella solidarieta' che si realizza la giustizia, la liberta', la fratellanza e la sorororita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e sostiene e conforta.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
Si cessi di usare le armi, si cessi di costruire le armi.
Si agisca per salvare le vite, non per distruggerle.
Si condividano tutti i beni necessari alla vita.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
Alla scuola della "Pacem in Terris" sia rispettata, difesa, aiutata ogni persona.
Alla scuola della "Pacem in Terris" si riconosca che tutte le persone, tutti i popoli e tutte le culture fanno parte dell'unica umanita'.
Alla scuola della "Pacem in Terris" si agisca per salvare l'umanita' e la biosfera dalla catastrofe.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che cessi l'attivita' dell'industria armiera, siano fermati i mercanti di morte.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano abrogate le scellerate ed infami misure hitleriane contenute nei due "decreti sicurezza della razza" imposti dal governo razzista del 2018-2019.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano erogati immediati, immediati aiuti a tutte le persone impoverite, a tutte le persone emarginate, a tutte le persone fragili ed oppresse, a tutte le persone che piu' hanno bisogno di aiuto.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano scarcerate e mandate nelle proprie case o in alloggi adeguati tutte le persone ristrette in istituti penali sovraffollati ove altissimo e' il pericolo di contagio e di morte.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano finalmente messi a disposizione di tutte le persone tutte le protezioni sanitarie indispensabili, a cominciare dal personale sanitario ed assistenziale e da tutti coloro che svolgono servizi di pubblica utilita' per questo particolarmente a rischio.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano fatti capillarmente in tutto il paese adeguati test medici per poter circoscrivere e contrastare al meglio l'epidemia.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che siano tutelate le vite di tante lavoratrici e tanti lavoratori facendo cessare lo scandalo della prosecuzione (ovvero impedendo una scandalosa prematura ripresa) di attivita' produttive palesemente non necessarie (o peggio: finanche nocive) in condizioni di flagrante effettuale rischio di esposizione al contagio.
E qui e adesso rinnoviamo la richiesta che cessino i proclami menzogneri di potenti stolidi ed irresponsabili, e tutti i pubblici poteri si adoperino finalmente per il bene comune, cosa che fin qui non hanno saputo adeguatamente fare.
Troppe persone sono gia' morte per l'imprevidenza, l'irresponsabilita', la superficialita', la scempiaggine e la tracotanza di chi governa il paese ed alcune regioni.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, esortiamo al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani, primo fra tutti il diritto alla vita.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, esortiamo al rispetto della legalita' che salva le vite.
Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, esortiamo all'impegno comune per il bene comune.
Cessi l'indifferenza dei potenti dinanzi alla sofferenza umana.
Cessi la primazia del profitto a scapito delle umane esistenze.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
Rileggendo la "Pacem in Terris" ritroviamo le ragioni della dignita' umana.
Rileggendo la "Pacem in Terris" riascoltiamo il messaggio del discorso della montagna.
Rileggendo la "Pacem in Terris" condividiamo l'impegno di pace, di giustizia e di solidarieta' che vi si afferma.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.

2. REPETITA IUVANT. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI. UN APPELLO

Prima che sia troppo tardi il governo faccia uscire dalle carceri sovraffollate le persone li' ristrette e le trasferisca o nelle rispettive abitazioni o in altri alloggi adeguati in cui per quanto possibile siano anch'esse al riparo dal rischio di contagio che in tutti i luoghi sovraffollati e' enorme.
Gia' troppe persone sono morte.
Di seguito una bozza di lettera che proponiamo di inviare al Ministero della Giustizia, ed alcuni indirizzi utilizzabili a tal fine.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
*
La bozza di lettera
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Alcuni indirizzi utilizzabili
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Preghiamo chi ci legge di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione e ad altre persone di volonta' buona, associazioni ed istituzioni.

3. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. REPETITA IUVANT. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. MAESTRI. SIMONA FOA': PRIMO LEVI (2005)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario biografico degli italiani]

Primo Levi nacque a Torino, il 31 luglio 1919, da Cesare e da Ester Luzzati.
I genitori erano ebrei piemontesi (il padre, ingegnere, aveva talvolta soggiornato all'estero per lavoro), si erano sposati nel 1918 e dal matrimonio, oltre al L., al quale era stato dato il nome del nonno paterno, nacque anche una figlia, Anna Maria, nel 1921.
Nel 1934 il L. fu iscritto al ginnasio-liceo Massimo d'Azeglio di Torino, dal quale si licenzio' nel 1937. Furono questi gli anni della sua prima formazione scientifica e dell'inizio della "vocazione chimica", che si manifestarono e si svolsero parallelamente a una diligente carriera scolastica.
Il L. compenso' l'istruzione ricevuta presso il liceo, che privilegiava il sapere umanistico su quello scientifico ("congiura gentiliana" la defini' lo stesso L.), anche grazie alle letture che gli venivano procurate dal padre: "mio padre ha fatto caute pressioni per mandarmi dalla parte scientifica; anche lui era un bibliofilo, comperava libri a caso, e aveva passioni di autodidatta [...]. A me comperava la bella serie di Mondadori di divulgazione scientifica, I cacciatori di microbi, L'architettura delle cose, un primo libro sulla genetica che stava ancora nascendo - siamo all'inizio degli anni Trenta -, L'uomo questo sconosciuto di Carrell, che era di Bompiani; e una Introduzione alla stupidita' umana di Wilkins, mi pare" (P. Levi - T. Regge, Dialogo, a cura di E. Ferrero, II ed., Torino 1987, p. 12).
Negli anni del liceo il L. inizio' a compiere gite in montagna e successivamente questa abitudine divenne anche pratica dell'alpinismo. In una intervista del 1984 il L. rievoca le motivazioni, umanistiche e scientifiche insieme, del suo amore per la montagna.
"Attraverso quelle pagine [di Eugen Guido Lammer, Fontana di giovinezza; di Edward Whymper e di Alfred Frederick Mummery] era pervenuta fino a noi l'idea di misurarsi sempre con l'estremo e che l'essenziale e' fare sempre il massimo [...]. Ora, la passione della montagna era complice della passione per la chimica, nel senso di ritrovare in montagna gli elementi del sistema periodico, incastrati tra le rocce, incapsulati tra i ghiacci, e cercare di decifrare attraverso essi la natura della montagna, la sua struttura, il perche' della forma di un canalino, la storia dell'architettura di un seracco" (P. Levi, Conversazioni e interviste, 1963-1987, a cura di M. Belpoliti, Torino 1997, p. 30).
Nel 1937 si iscrisse alla facolta' di scienze dell'Universita' di Torino per seguire il corso di laurea in chimica. Come conseguenza dell'emanazione delle leggi sulla razza da parte del regime fascista nel novembre 1938, il L. ebbe difficolta' a trovare un docente che gli permettesse di fare una tesi sperimentale e non compilativa: riusci' in ogni caso a laurearsi nel luglio del 1941, ottenendo la votazione piena e la lode.
Subito dopo la laurea inizio' per il L. la pressante ricerca di un lavoro a causa della malattia del padre, che mori' nel 1942. Il L. fu impiegato, dal dicembre 1941 al giugno 1942, in una cava di amianto che si trovava nei pressi di Lanzo, dove, a causa delle leggi razziali, non poteva figurare come lavoratore regolare e dove aveva il compito di isolare ed estrarre dai materiali di risulta della cava il nichel che sarebbe servito all'industria bellica. Successivamente il L. trovo' un lavoro piu' remunerativo e regolare presso la Wander, un'azienda svizzera di medicinali con sede a Milano, dove ebbe il compito di studiare i composti chimici utili a curare il diabete.
Questo nuovo impiego costrinse il L. a lasciare Torino per trasferirsi a Milano. Qui frequento' assiduamente un gruppo di giovani ebrei di origine torinese, tra i quali sua cugina, Ada Della Torre - presso la quale egli soggiornava -, Eugenio Gentili Tedeschi, Silvio Ortona, Carla Consonni, Emilio Dierna e Vanda Maestro, che, deportata con il L., mori' ad Auschwitz.
Alla data dell'8 settembre 1943 il L., che, come i suoi amici milanesi, era gia' entrato in contatto con alcuni membri del Partito d'azione (Pd'A) e del Comitato di liberazione nazionale (CLN), lascio' Milano per entrare a far parte di una banda partigiana che si stava costituendo in Val d'Aosta. Il 13 dicembre 1943, fu arrestato dalle milizie fasciste con altri compagni nei pressi di Saint-Vincent e di li' condotto ad Aosta. Dichiaratosi ebreo al momento dell'arresto, alla fine di gennaio 1944 fu trasferito nel campo di internamento e di concentramento di Carpi-Fossoli, dove si trovavano molti altri ebrei italiani. A febbraio il campo fu preso in gestione dai tedeschi, che organizzarono subito il trasferimento dei prigionieri verso i territori del Reich. Il 22 febbraio parti' il convoglio che in cinque giorni avrebbe portato il L. con circa altri seicentocinquanta ebrei italiani verso il campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia. Il L. trascorse ad Auschwitz circa un anno, riuscendo a sopravvivere fino al 27 genn. 1945, quando i soldati sovietici entrarono nel campo.
In Se questo e' un uomo, scritto subito dopo il ritorno a Torino, il L. ha fatto opera di testimonianza della condizione non umana subita dagli internati ad Auschwitz e ha narrato le circostanze grazie alle quali egli stesso riusci' a non essere condotto nelle camere a gas o a trovare la morte per malattia o per fame. Dopo la sconfitta di Stalingrado l'esercito tedesco aveva, infatti, un accresciuto bisogno di manodopera e quindi gli uomini ebrei piu' giovani e abili al lavoro, invece di essere condotti immediatamente a morte, furono impiegati come lavoratori nel campo o presso le fabbriche dei dintorni.
Il L. fu quindi internato in quella parte del campo di Auschwitz che si trovava nella localita' di Monowitz, da dove ogni mattina si recava al lavoro presso la Buna, una fabbrica di gomma. La conoscenza di un tedesco elementare, appreso su un manuale di chimica negli anni dell'universita', facilito' il L., soprattutto nella possibilita' di comprendere gli ordini che gli venivano impartiti. Nel giugno il L. conobbe Lorenzo Perrone, un operaio di Fossano che lavorava presso una fabbrica di Auschwitz da civile non internato, e grazie a lui pote' avere qualche razione in piu' di cibo e riusci' a inviare due biglietti alla madre e a ricevere da lei risposta. A novembre fu chiamato a lavorare nel laboratorio chimico del campo, dove riusci' a non soffrire troppo per il freddo e la fame. Pochi giorni prima che i tedeschi, incalzati ormai dalle truppe dell'Armata rossa, abbandonassero il campo il L. si ammalo', e fu anche questa una circostanza in qualche modo fortunata perche' riusci' a evitargli di essere portato via con una marcia forzata durante la quale morirono quasi tutti i ventimila evacuati, tra i quali vi era anche Alberto Dalla Volta, l'amico con il quale il L. aveva condiviso l'esperienza del lager.
Dall'ingresso dei Russi ad Auschwitz, il 27 gennaio 1945, al ritorno a Torino passarono circa nove mesi, trascorsi in un lungo e tortuoso tragitto che dalla Polonia lo porto' in Unione Sovietica, Romania, Ungheria, Austria e infine Italia; a Torino giunse solo il 19 ottobre 1945.
Nel gennaio 1946 il L. inizio' a lavorare presso la fabbrica di vernici Duco-Montecatini, che si trovava ad Avigliana, poco distante da Torino, dalla quale si licenzio' l'anno successivo per essere assunto, dopo una breve esperienza di lavoro autonomo in societa' con l'amico Alberto Salmoni, presso la fabbrica torinese di vernici SIVA (Societa' italiana vernici e affini), dove rimase impiegato per trent'anni. Nel 1947 sposo' Lucia Morpurgo, con la quale si era fidanzato l'anno precedente e dalla quale ebbe due figli: Lisa Lorenza (il secondo nome fu dato alla bambina in omaggio a Lorenzo Perrone), nata nel 1948, e Renzo, nato nel 1957.
Immediatamente dopo il ritorno da Auschwitz il L. avverti' l'urgenza di testimoniare sulle condizioni inumane cui erano stati sottoposti gli internati nei campi di sterminio nazisti. La necessita' e la volonta' di testimoniare furono attuate dal L. in forme diverse: per mezzo del racconto orale a parenti e amici; attraverso la scrittura scientifica, con la redazione di un saggio scritto con un compagno di prigionia, il medico Leonardo Debenedetti (Rapporto sulla organizzazione igienico-sanitaria dei campi di concentramento per ebrei di Monowitz [Auschwitz - Alta Slesia], in Minerva medica, XXXVII [1946], pp. 535-544); con la scrittura di alcune poesie "concise e sanguinose"; e con la redazione del suo libro piu' importante e piu' noto, Se questo e' un uomo.
Il libro fu scritto nel 1946, durante i viaggi in treno per raggiungere Avigliana e durante le pause dal lavoro in fabbrica, benche' i primi tentativi di mettere per iscritto l'esperienza del lager fossero stati compiuti quando il L. era ancora prigioniero.
Chiosando il passo di Se questo e' un uomo in cui, per "la pena di ricordarsi [...] prendo la matita e il quaderno e scrivo quello che non saprei dire a nessuno" (P. Levi, Opere, 1997, I, p. 138), il L. affermo': "era talmente forte in noi il bisogno di raccontare, che il libro avevo incominciato a scriverlo la', in quel laboratorio tedesco pieno di gelo, di guerra e di sguardi indiscreti, benche' sapessi che non avrei potuto in alcun modo conservare quegli appunti scarabocchiati alla meglio, che avrei dovuto buttarli via subito, perche' se mi fossero stati trovati addosso mi sarebbero costati la vita" (ibid., p. 173).
Terminata la composizione dell'opera alla fine del 1946, il L. tento' senza successo di farla pubblicare presso qualche editore importante, tra cui Einaudi. Grazie all'intercessione di A. Galante Garrone, il manoscritto giunse infine a F. Antonicelli, che decise di pubblicarlo presso la casa editrice torinese Da Silva. Il libro usci' nel 1947, ebbe una diffusione piuttosto scarsa e tra le poche recensioni di cui fu oggetto sono da segnalare quelle di A. Cajumi in La Stampa (26 nov. 1947) e di I. Calvino in l'Unita' (6 maggio 1948).
La prima meta' degli anni Cinquanta fu caratterizzata per il L. dall'impegno nel lavoro presso la SIVA e dalla collaborazione, iniziata nel 1952, con le Edizioni scientifiche Einaudi in qualita' di traduttore e consulente editoriale. Il redattore scientifico della Einaudi, P. Boringhieri, che dal 1957 sarebbe divenuto editore in proprio fondando la casa editrice Boringhieri, propose a Einaudi di ripubblicare Se questo e' un uomo, ricevendo di nuovo una tiepida risposta. Solo nel 1955, quando le tematiche legate alla deportazione nei campi di concentramento iniziarono ad affacciarsi nella cultura italiana (in quell'anno si tenne a Torino una mostra sul tema), Einaudi decise di firmare un contratto con il L. per la riedizione dell'opera, che dovette pero' attendere ancora fino al 1958 per essere pubblicata. Il L. era nel frattempo ritornato sul testo di Se questo e' un uomo, modificandolo ed ampliandolo in alcune parti (cfr. Tesio, 1977), e aveva iniziato a scrivere il racconto degli episodi piu' significativi avvenuti durante i mesi del viaggio di ritorno da Auschwitz trascorsi tra i campi di transito dell'Europa orientale e dell'URSS. Contemporaneamente alla stesura di questo nuovo libro, che sarebbe stato pubblicato da Einaudi nel 1963 con il titolo La tregua, il L. scrisse alcuni racconti fantastici e scientifici che apparvero in diversi periodici e quotidiani.
La tregua e' un libro molto diverso da Se questo e' un uomo, al quale pure si accosta per struttura (il procedere per racconti) e in quanto seguito ideale delle vicende narrate. Dal mondo infero di Se questo e' un uomo il L. passa infatti a testimoniare di un purgatorio, di un mondo sospeso tra il lager e la vita normale, e di un tempo che e' tregua dall'orrore e dall'incubo che l'orrore possa tornare. La tregua e' stato accostato al genere romanzo picaresco per la varieta' delle avventure che vi sono narrate e dei personaggi che lo popolano.
Nel 1962 il L. lavoro' a un adattamento radiofonico di Se questo e' un uomo; nel 1963 La tregua, dopo essere arrivato terzo al premio Strega, vinse il premio Campiello. Nel 1966 sotto lo pseudonimo Damiano Malabaila, usato su consiglio dell'editore, uscirono a Torino per Einaudi le Storie naturali, una raccolta di racconti che il L. aveva scritto e gia' pubblicato in diversi giornali nel corso degli anni Sessanta. Nel 1971 usci' un'altra raccolta di racconti, Vizio di forma (ibid.), questa volta pubblicata col suo nome.
E' nel momento della pubblicazione delle Storie naturali che nacque nel L. e nella critica l'idea dello "scrittore dimezzato". In una intervista del 1966 il L. affermava "Io sono un anfibio, un centauro (ho anche scritto dei racconti sui centauri). E mi pare che l'ambiguita' della fantascienza rispecchi il mio destino attuale. Io sono diviso in due meta'. Una e' quella della fabbrica, sono un tecnico, un chimico. Un'altra, invece, e' totalmente distaccata dalla prima, ed e' quella nella quale scrivo, rispondo alle interviste, lavoro sulle mie esperienze passate e presenti" (Conversazioni e interviste, 1963-1987, cit., p. 107).
Le due attivita' parallele di scrittore e di chimico proseguirono fino al 1975, quando il L. si licenzio' dalla SIVA, della quale rimase consulente fino al 1977, per dedicarsi alla scrittura.
Nel 1975 il L. pubblico' per Einaudi Il sistema periodico, originale raccolta di racconti di carattere autobiografico accomunati dal titolo ripreso dagli elementi della tavola di Mendeleev. Talvolta gli elementi chimici entrano direttamente nella narrazione, altre volte sono simboli, come nel caso del primo racconto Argon, in cui il L. racconta delle proprie origini ebraiche e paragona il gas nobile, inerte e raro ai suoi antenati.
Nel 1978 usci', ancora per Einaudi, La chiave a stella, che l'anno successivo vinse il premio Strega. I racconti del montatore Tino Faussone, che andava per il mondo a costruire ponti e impianti petroliferi, formano uno dei pochi testi della letteratura italiana dedicati al mondo del lavoro.
Il libro, caratterizzato da una lingua che presenta elementi di dialetto piemontese e un lessico tecnico, nacque dai racconti che lo stesso L. aveva ascoltato durante gli anni del suo lavoro in Italia e all'estero; particolarmente importante per la sua ideazione fu un soggiorno del L. presso la fabbrica della FIAT a Togliattigrad.
Nel 1981 usci' per Einaudi l'antologia personale La ricerca delle radici, una raccolta di testi diversi e significativi nell'esperienza di lettore del L., che tra Giobbe e i buchi neri si muove lungo quattro percorsi diversi: la salvazione del capire, la salvazione del riso, la statura dell'uomo e l'uomo che soffre ingiustamente. Dello stesso anno e' la pubblicazione, ancora per Einaudi, di Lilit e altri racconti, trentotto racconti composti tra il 1975 e il 1981 e divisi in tre sezioni: Passato prossimo, che include racconti legati al lager; Futuro anteriore, che comprende racconti di fantascienza; e Presente indicativo, racconti di argomento diverso accomunati dal fatto di essere "indicativi" dell'attualita'.
Negli anni tra il 1979 e il 1982 il L. aveva intrapreso la stesura del romanzo Se non ora quando, la storia di una banda partigiana russa composta esclusivamente di giovani ebrei. Motivi ispiratori dell'opera erano stati un racconto che gli aveva fatto molti anni prima l'amico Emilio Vita Finzi sui partigiani ebrei (che si era sovrapposto all'episodio narrato alla fine de La tregua dei giovani sionisti dell'Europa orientale che volevano raggiungere la Palestina) e la volonta' di controbattere l'idea che gli ebrei sarebbero stati solo attori passivi nella seconda guerra mondiale. Il libro usci' in aprile, presso Einaudi, e vinse i premi Viareggio e il Campiello.
Per costruire un vero e proprio romanzo storico il L. studio' l'yiddish e si documento' sulle attivita' delle bande di partigiani ebrei; di una di queste bande lesse il diario conservato presso la Biblioteca nazionale di Parigi.
Nel 1982 il L. torno' ad Auschwitz per la seconda volta. Mentre la prima visita, nel 1965, aveva avuto un carattere di commemorazione formale, questa seconda fu piu' raccolta e l'emozione provata dal L. fu piu' profonda. Nello stesso anno fu tra i promotori di una raccolta di firme contro l'invasione israeliana del Libano.
Nel 1983, per la collana einaudiana "Scrittori tradotti da scrittori" usci' la sua traduzione del Processo di F. Kafka. Tra il 1983 e il 1984 tradusse due libri di C. Levi-Strauss, La via delle maschere (Torino 1984) e Lo sguardo da lontano (ibid. 1985).
Del giugno 1984 e' il ricchissimo Dialogo con Tullio Regge, nato da una iniziativa delle Edizioni di Comunita' (P. Levi - T. Regge, Dialogo, a cura di E. Ferrero, Milano 1984). Per l'editore Garzanti usci' nello stesso anno la raccolta Ad ora incerta, che comprende le poesie gia' raccolte nel 1975 presso Scheiwiller (e risalenti al periodo immediatamente successivo al ritorno dal lager), altre piu' recenti (del 1983-84) e alcune traduzioni.
"Adorno aveva detto che "dopo Auschwitz non si può più fare poesia". La mia esperienza e' stata opposta. Allora mi sembro' che la poesia fosse piu' idonea della prosa per esprimere quello che mi pesava dentro [...]. In quegli anni, semmai, avrei riformulato le parole di Adorno: dopo Auschwitz non si puo' piu' fare poesia se non su Auschwitz" (Conversazioni e interviste, 1963-1987, cit., p. 137).
Nel 1985 con il titolo L'altrui mestiere usci' per Einaudi una serie di scritti di carattere vario gia' apparsi nel quotidiano La Stampa e in altri periodici.
Legati alla promozione dei suoi libri sono i viaggi compiuti negli Stati Uniti nel 1985 e a Londra nell'aprile 1986. Qui incontro' Philip Roth, al quale qualche mese piu' tardi concesse una lunga intervista che usci' in ottobre su The New York Review of books.
Fin dal 1979 il L. aveva iniziato a lavorare a un nuovo libro sull'esperienza del lager. Si trattava questa volta non di un libro di testimonianza ma di un saggio di riflessione che nasceva dall'esigenza di chiarire alcuni aspetti del sistema dei campi di sterminio che si stavano perdendo per il trascorrere del tempo e per la nascita del cosiddetto negazionismo. Per questo libro, che usci' per Einaudi nel 1986, il L. riprese il titolo del capitolo centrale di Se questo e' un uomo, I sommersi e i salvati, nel quale era gia' descritta la grande opposizione esistente tra gli uomini nel lager.
Non quella tra buoni e cattivi, ma tra coloro che non riescono a sopravvivere (i sommersi) e coloro che invece ce la fanno (i salvati). Degli otto capitoli che compongono il testo, particolare rilevanza ha quello dedicato alla "zona grigia", ossia quello spazio che separa le vittime dai persecutori, che non e' vuoto bensi' pieno di figure intermedie di prigionieri per vari motivi privilegiati che si assimilavano ai persecutori.
I sommersi e i salvati fu l'ultimo libro pubblicato dal L., che mori' togliendosi la vita l'11 aprile 1987 nella stessa casa dove era nato e dove aveva vissuto.
Il L. ha svolto un'attivita' continua e generosa, sia attraverso la scrittura sia attraverso i molti incontri e interviste, di testimone del significato non solo storico, ma anche antropologico dell'universo concentrazionario. Figura complessa di uomo e di scrittore, il L. ha siglato con Se questo e' un uomo, "studio pacato di alcuni aspetti dell'animo umano", come viene definito dallo stesso L. nella prefazione (v. Opere, I, p. 5), uno dei classici della letteratura e del pensiero del Novecento e, con I sommersi e i salvati, ha lasciato in eredita' alla cultura italiana un modello di scrittura saggistica di rara tensione morale e conoscitiva.
*
Prima della morte del L. era gia' stata progettata dall'editore Einaudi una raccolta complessiva dei suoi scritti: nel 1988 apparve nella collana "Biblioteca dell'Orsa" il primo volume delle Opere, che comprendeva, per usare le parole dell'editore, "i libri di piu' schietta impronta autobiografica", introdotto dal saggio di C. Cases, L'ordine delle cose e l'ordine delle parole; nel 1989 usci' il secondo volume, che comprendeva i romanzi e le poesie, con un saggio introduttivo di C. Segre; nel 1990 fu pubblicato il terzo volume contenente i racconti e i saggi, con lo scritto di P. V. Mengaldo dedicato a Lingua e scrittura in Levi. Nel 1997, a cura di M. Belpoliti e con una introduzione di D. Del Giudice le Opere del L. sono state di nuovo raccolte da Einaudi in una diversa collana ("Nuova Universale Einaudi"). In questo caso i libri del L. sono in ordine cronologico e arricchiti da una scelta di scritti vari (articoli, prefazioni, interventi a convegni) mai raccolti prima, da appendici, da note ai testi e dalla Bibliografia degli scritti di P. L. (pp. CIII-CXV).
Le molte interviste rilasciate dal L., che si concentrano soprattutto tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, sono state raccolte parzialmente in: G. Poli - G. Calcagno, Echi di una voce perduta. Incontri, interviste e conversazioni con P. L., Milano 1992; e P. Levi, Conversazioni e interviste 1963-1987, cit.; una Bibliografia delle conversazioni e delle interviste con P. L. apparse su quotidiani e periodici e' in P. Levi, Opere, a cura di M. Belpoliti, Torino 1997, I, pp. CXVII-CXXVI.
Tutto da compiere e' il lavoro sugli inediti e sulle diverse stesure dei testi del L., in quanto i relativi materiali non sono ancora a disposizione degli studiosi.
Fonti e Bibl.: [P. Levi - E. Ferrero] Cronologia, a cura di E. Ferrero, in P. Levi, Opere, 1988, cit., pp. XXXV-LXIII; corretta e ampl. in P. Levi, Opere, 1997, cit., I, pp. LXXIII-CI; F. Vincenti, Invito alla lettura di P. L., Milano 1973 (piu' volte riedito fino al 1993); G. Tesio, Su alcune aggiunte e varianti di "Se questo e' un uomo", in Studi piemontesi, VI (1977), 2, pp. 270-288; G. Grassano, P. L., Firenze 1981; Scritti in memoria di P. L., a cura di S. Levi Della Torre, numero monografico di La Rass. mensile di Israel, LVI (1989); C. Cases, Ricordo di P. L., in Tre narratori: Calvino, P. L., Parise, a cura di G. Folena, Padova 1989, pp. 99-103; P. L. as witness. Proceedings of a Symposium held at Princeton University... 1989, a cura di P. Frassica, Fiesole 1990; A. Rudolf, At an uncertain hour. P. L.'s war against oblivion, London 1990; R.B. Sodi, A Dante of our time: P. L. and Auschwitz, New York 1990; P. L.: il presente del passato, a cura di A. Cavaglion, Milano 1991; V. De Luca, Tra Giobbe e i buchi neri. Le radici ebraiche dell'opera di P. L., Napoli 1991; G. Tesio, Piemonte letterario dell'Otto-Novecento. Da Giovanni Faldella a P. L., Roma 1991; G. Borri, Le divine impurita'. P. L. tra scienza e letteratura, Rimini 1992; M. Dini - S. Jesurum, P. L.: le opere e i giorni, Milano 1992; Narrativa, 1993, n. 3 (numero monografico dedicato al L.); A. Cavaglion, P. L. e Se questo e' un uomo, Torino 1993; J. Nystedt, Le opere di P. L. riviste al computer: osservazioni stilolinguistiche, Stockholm 1993; P. L.: memoria e invenzione, a cura di G. Ioli, San Salvatore Monferrato 1995; M. Cicioni, P. L.: bridges of knowledge, Oxford 1995; M. Anissimov, P. L., ou la tragedie d'un optimiste, Paris 1996 (trad. ital., P. L., o la tragedia di un ottimista, Milano 2001); C. Segre, Se questo e' un uomo di P. L., in Letteratura italiana (Einaudi), Le opere, IV, 2, Il Novecento, Torino 1996, pp. 491-508; P. L., a cura di M. Belpoliti, numero monografico di Riga, XIII (1997); P. L. per l'ANED [Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti] e l'ANED per P. L., a cura di A. Cavaglion, Milano 1997; P. L.: un'antologia della critica, a cura di E. Ferrero, Torino 1997; M. Belpoliti, P. L., Milano 1998; P. L. testimone e scrittore di storia, a cura di P. Momigliano Levi - R. Gorris, Firenze 1999; Al di qua del bene e del male. La visione del mondo di P. L., a cura di E. Mattioda, Milano 2000; F. Moliterni - R. Ciccarelli - A. Lattanzio, P. L.: l'a-topia letteraria. Il pensiero narrativo. La scrittura e l'assurdo, Napoli 2000; D. Amsallem, P. L., le temoin, l'ecrivain, le chimiste: au miroir de son oeuvre, Lyon 2001; R.S.C. Gordon, P. L.'s ordinary virtues. From testimony to ethics, Oxford 2001 (trad. ital., P. L.: le virtu' dell'uomo normale, Roma 2003); C. Angier, The double bond. P. L.: a biography, London 2002 (trad. ital., riv. e aggiornata, Il doppio legame. Vita di P. L., Milano 2004); I. Thomson, P. L.: a life, London 2002; C. Quilliot, P. L. revisité, Paris 2004; G. Tesio, Maestro a Fossoli, in Tuttolibri, suppl. di La Stampa, 30 ott. 2004, p. 3 [intervista inedita a P. Levi].

6. REPETITA IUVANT. XII SONETTI DEL 2009

I. Mille cadaveri e di mosche un pugno

Un sangue nero fumigante scola
un volto nero e' come legno attorto
non esce dalla gola una parola
il vivo e' arrovesciato e fatto morto.

Qui mira la scintilla e qui la mola,
come dal cielo piovve giu' sull'orto
di bronzo e fiamma l'orrida carola,
qual bastimento giunse infine in porto.

Dall'alto della rocca catafratto
chi tesse questa trama si protende
a contemplar che resta di tal bugno

e calcolare il prezzo del misfatto
e compitar quali frutto' prebende:
mille cadaveri e di mosche un pugno.

*

II. Ed i massacri della guerra afgana?

Ed i massacri della guerra afgana?
su quelli ancora l'omerta' prevale
giacche' l'Italia in quella si' lontana
terra e' tra quanti seminano il male

e fan raccolto della disumana
messe di sangue e d'odio, un infernale
rosario di delitti che si sgrana
e che s'irradia e il mondo inonda e assale.

Non e' anche quella una guerra stragista?
Non sono le sue vittime persone?
Non alimenta l'orgia terrorista?

Non muovono quei morti a compassione
l'illustre movimento pacifista?
Nessuno a questo crimine si oppone?

*

III. Parole

Le stragi "difensive", l'ammazzare
"umanitario", il massacrare masse
"collaterale effetto", le piu' basse
imprese sa la lingua mascherare.

Se solo per un'ora si lasciasse
la finta lingua che non fa pensare
altre sarebbero da pronunciare
parole amare in gravi e tristi lasse.

Questa menzogna che corrompe tutto
questa ferocia che tutto devasta
quest'empia pira d'infinito lutto

e questo fumo che tutto sovrasta
di carni umane che la fiamma ha strutto:
cos'altro ancora occorre per dir basta?

*

IV. Eis eauton

Non frutta gran raccolto dell'ascolto
la pallida virtu', ne' il ben assolto
dovere frutta molto, e piu' lo stolto
gode la vita di chi mesto volto

tiene per abito da poi che ha colto
che niun di duolo ne' d'affanno e' sciolto
e che se bene v'e', cosi' e' sepolto
che saria meglio che gli fosse tolto

ogni desire ed ogni speme ed ogni
miraggio di belta' e di nobil sogni
sicche' del nudo vero e dei bisogni

inesauribili non si vergogni
e resti forte e giammai s'incarogni
ma solo di esser giusto per se' agogni.

*

V. In lode di Maria G. Di Rienzo

Sa tutto questa donna, e le parole
conosce che rivelano gli arcani.
Mille dispone l'oppressor tagliole
e lei le smonta con le proprie mani.

E smaschera gli inganni nelle fole
dell'ipnotizzatore, e rende vani
i trucchi di chi rapinare vuole
i sogni, le anime, le stelle, i pani.

Sa contrastare il male, e modulare
il luminoso canto che guarisce
le egre cure del profondo mare

nero del cuore, e la danza tornisce
che reca le soavi gioie e rare
in questa vita che presto finisce.

*

VI. Consunte sono tutte le parole

Consunte sono tutte le parole
a dire l'eruzione di quel male
e come ancora l'anima ti assale
e come ancora morda nelle gole

e laceri le carni. E ancora duole
come piaga frugata dal pugnale
inestinguibile che nulla vale
a risanare. E ne' luna ne' sole

possono illuminare questa greve
tenebra sempiterna, e questa brace
fermenta ancora, e non vi sono leve

che rompano si' crudo carapace
e possano un soccorso recar lieve
alla memoria che non trova pace.

*

VII. A Osvaldo Ercoli, in occasione del suo genetliaco

Qui vedi un uomo buono, il cui rigore
morale e logico con gran vigore
si oppone ad ogni errore ed ogni orrore
e dona a tutti verita' ed amore.

Di matematiche buon professore
e di onesta' maestro ancor migliore
contrasta ogni torpore e ogni timore
recando aiuto ovunque sia dolore.

In questa breve vita la cui danza
sovente pare folle, e d'incostanza
e d'ignoranza e tracotanza e' stanza,

di Osvaldo Ercoli la vicinanza,
la vigilanza, la testimonianza
e' fonte di conforto e di speranza.

*

VIII. Il superstite

Immedicabile e' questo dolore
insuperabile questa stanchezza
e non c'e' cuore, non c'e' fiore o amore
che possa dar sollievo, ne' allegrezza.

Passano gli anni come fosser ore
e ti ritrovi qui, in questa vecchiezza
con il medesimo colore e odore
con la medesima bruna grevezza.

Ogni parola ancora ti ferisce
ogni silenzio ancora ti e' di scherno
non vi son cose per te lievi e lisce

ma tutte ti riportano all'inferno
ove nulla di umano piu' schiarisce
questo infinito nudo vuoto inverno.

*

IX. Lungo il cammino

Nel candido silenzio della luna
lenta, gravata di un dolore cupo
in lunga fila va una schiera bruna
in questa landa del drago e del lupo.

Ovunque e' notte e non s'adocchia cruna
per aguzzar di ciglia, ed un dirupo
ed un deserto e' qui ove si rauna
fiaccata la teoria del crudo strupo.

E in questo andare unico barlume
di speme e' la carezza che conforta
chi e' insieme tratto in questo triste fiume

e il vivo volto che alla cosa morta
sa fare fronte e reca il buon costume
della pieta' che lotta e che sopporta.

*

X. Righe in omaggio al professor Pontara per la sua antologia gandhiana del '73

Non giunsi a scegliere la nonviolenza
seguendo Gandhi o King o Capitini
ma Leopardi e Marx, tra mezzi e fini
stringendo il nesso, all'intima esigenza

di agire e di pensare in coerenza
dando sviluppo, e cercando cammini
che contrastasser tutti i belluini
errori e orrori in scienza ed in coscienza.

L'antologia gandhiana di Pontara
fu a molti e a me strumento e specchio e pietra
d'inciampo e paragone, e non avara

limpida fonte e di dardi faretra
colma - all'arciere zen visione chiara -
per contrastar violenza cieca e tetra.

*

XI. Primo maggio contro la guerra e il razzismo

L'oppressa umanita' non ha nazione.
Si unisca ogni sfruttata e ogni sfruttato
in questa lotta di liberazione
comune. Il cieco, il muto, lo sciancato,

l'incatenata, il folle, il travagliato
da mille mali, tutte le persone
fragili e torturate, il quinto stato
degli spogliati lotti e avra' ragione.

Del suo soffrir nessuno si vergogni:
vi e' soltanto una umanita',
riceva ognun secondo i suoi bisogni,

e ognuno per le sue capacita'
a tutti doni. E infine tutti i sogni
sempre sognati siano la realta'.

*

XII. Dopo la promulgazione delle leggi razziali, ritrovandoci a Madonna del Colletto

"E se non piangi, di che pianger suoli?"
(Inf., XXXIII, 42)

Le vittime non sono piu' persone
ma ombra, fumo, nulla. Il paradosso
rovescia la decenza e la ragione:
e' colpa essere umile e percosso.

A questo tristo e turpe paragone
venimmo infine, ed ogni cuore e' scosso
da si' vigliacca e si' greve offensione
che un crimine non v'e' piu' infame e grosso.

Pretende farsi legge la violenza
divoratrice d'anime e di vite.
Dall'aule dei potenti una semenza

di peste viene sparsa, e sono ordite
trame di morte e ogni mala sentenza.
"S'appressa la citta' c'ha nome Dite".

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Laura Simonetti. Fantasia e fiabe. Leggere per sviluppare il pensiero creativo, Rcs, Milano 2020, pp. 128, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
*
Riletture
- Pedro Casaldaliga, Credo nella giustizia e nella speranza, Asal, Roma 1976, pp. 224.
- Pedro Casaldaliga, Fuoco e cenere al vento. Antologia spirituale, Cittadella, Assisi 1985, pp. 96.
- Pedro Casaldaliga, Il volo del Quetzal, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1989, pp. 236.
- Pedro Casaldaliga, La morte che da' senso al mio credo, Cittadella, Assisi 1979, pp. 144.
- Pedro Casaldaliga, Nella fedelta' ribelle, Cittadella, Assisi 1985, pp. 248.
- Teofilo Cabestrero, La lotta per la pace. Le cause di Pedro Casaldaliga, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 1992, pp. 122.
*
Riedizioni
- Luis Sepulveda, Il vecchio che leggeva romanzi d'amore, Guanda, MIlano 1993, 2018, Gedi, Roma 2020, pp. 126, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3707 del 12 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
*
Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
Per non ricevere piu' il notiziario e' sufficiente recarsi in questa pagina: https://lists.peacelink.it/sympa/signoff/nonviolenza
Per iscriversi al notiziario, invece, l'indirizzo e' https://lists.peacelink.it/sympa/subscribe/nonviolenza
*
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e' centropacevt at gmail.com