[Nonviolenza] Archivi. 375



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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Numero 375 dell'8 aprile 2020

In questo numero:
1. Alcuni testi del mese di marzo 2020 (parte quarta)
2. Alberto Arbasino
3. In ricordo di Oscar Romero nel quarantesimo anniversario della morte
4. Omero Dellistorti: Disperello
5. Manu Dibango
6. Omero Dellistorti: Il signor Calavera (una storiella che mi racconto' il cavalier Antonio Blocchi buonanima)
7. Omero Dellistorti: La chiamata
8. Omero Dellistorti: Scorticone
9. Fausto Resmini
10. Del ricordo delle vittime
11.In memoria di Renato Solmi
12. Il lamento di Geronte
13. Sette ragionamenti ragionati due volte
14. Luciano Della Mea
15. Viola Liuzzo
16. Rina Melli
17. Rodolfo Walsh
18. Ida B. Wells

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI MARZO 2020 (PARTE QUARTA)

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di marzo 2020.

2. ALBERTO ARBASINO

E' deceduto Alberto Arbasino, scrittore e giornalista, che conosceva tutto, era stato ovunque ed era l'archetipo del cosmopolita, dell'uomo di gusto, della persona civile che tutti ameremmo frequentare. Anche nel dissenso le sue opinioni erano sempre illuminanti.
Con gratitudine lo ricordiamo.

3. IN RICORDO DI OSCAR ROMERO NEL QUARANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE

Ricorre domani, il 24 marzo, il quarantesimo anniversario della morte di monsignor Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, testimone dell'umanita', uomo di pace, strenuo difensore degli oppressi, indimenticabile maestro di nonviolenza, assassinato il 24 marzo 1980.
Lo ricordiamo a tutte le persone di volonta' buona: la memoria dei giusti ispira i migliori pensieri, esorta e convoca alle opere buone.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Difendere la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Opporsi al male facendo il bene.
Lottare contro la violenza con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, attuando il rispetto per la vita.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Chi salva una vita salva il mondo.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
*
Una minima notizia su Oscar Romero
Oscar Arnulfo Romero, nato nel 1917, arcivescovo di San Salvador, voce del popolo salvadoregno vittima dell'oligarchia, della dittatura, degli squadroni della morte, muore assassinato mentre celebra la messa il 24 marzo 1980.
Tra le opere di Oscar Romero: Diario, La Meridiana, Molfetta 1991; Dio ha la sua ora, Borla, Roma 1994. Cfr. anche il sito www.arzobispadosansalvador.org
Tra le opere su Oscar Romero: AA. VV., Il vescovo Romero, martire della sua fede, per il suo popolo, Emi-Asal, Bologna 1980; AA. VV., Romero... y lo mataron, Ave, Roma 1980; James R. Brockman, Oscar Romero: fedele alla parola, Cittadella, Assisi 1984; Placido Erdozain, Monsignor Romero, martire della Chiesa, Emi, Bologna 1981; Abramo Levi, Un vescovo fatto popolo, Morcelliana, Brescia 1981; Jose' Maria Lopez Vigil, Oscar Romero. Un mosaico di luci, Emi, Bologna 1997; Ettore Masina, Oscar Romero, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole 1993 (poi riedito, rivisto e ampliato, col titolo L'arcivescovo deve morire, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995); Roberto Morozzo della Rocca, Oscar Romero. La biografia, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2015; Anselmo Palini, Oscar Romero. "Ho udito il grido del mio popolo", Ave, Roma 2010; Jon Sobrino, Monsenor Romero, Uca, San Salvador 1989.
Riproponiamo anche, una volta ancora, il seguente breve testo commemorativo.

Per Oscar Romero

Prima di essere Romero Romero
non era ancora Romero. Tutti
dobbiamo divenire cio' che siamo
e che non siamo finche' non ci troviamo
a quell'antico bivio della scelta.

Era Romero uomo di fede
ma la sua fede non era ancora
la fede di Romero, prima occorse
che quella fede nella fede lo trovasse
gliela recasse un popolo piagato.

Cosi' dall'astratto al concreto
dicono certi antichi dottori
muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco
cosi' si mosse anche Oscar Romero
muovendo incontro a verita' e martirio.

Dicono: cosa si puo' fare? Nulla.
E dicono anche: cosa
si puo' fare? Tutto.
E non e' vero. Ma quel che e' da fare
tu fallo, e cosi' sia.

Sotto lo sguardo degli assassinati
Oscar Romero incontro' se stesso
sotto lo sguardo degli assassini
incontro' se stesso Oscar Romero.

Viene sempre quell'ora inesorabile
in cui devi levare la tua voce.
Tu non vorresti, vorresti restare
nel silenzio che sa molte lusinghe
molti segreti, e molti pregi reca.
Ma viene sempre l'ora della voce.

Venne quell'ora per Oscar Romero
a rivelargli il volto e il nome suo
venne quell'ora recata dal silenzio
degli assassinati e recata dal silenzio
degli assassini, e giungi al paragone.

Prese ad un tempo la parola e la croce
e messosi alla scuola degli scalzi
ne fu piu' che avvocato, compagno.
Sapeva anche lui dove quella portava
strada, sapeva anche lui quale suono
avrebbe spento un giorno la sua voce.

Come chiodi che secco un martello
nel legno batte e conficca, il colpo
della pallottola irruppe nel suo corpo
fatto legno, fatto vino, fatto croce
fatto pane, fatto luce, per sempre
raggiunse Romero Romero, ormai voce
per sempre dell'intera umanita'.

4. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: DISPERELLO

Lo chiamavano Disperello fin da quando era ragazzino, perche' era figlio di Disparone, che lo chiamavano cosi' perche' c'era stata quella storiaccia.
*
La storiaccia di Disparone
Disparone, all'anagrafe Pietro Manconi, alle scuole elementari - le uniche scuole che frequento' - era compagno di banco di Paolo Stropponi. Le due famiglie si odiavano ma loro erano amici.
Diventati giovinotti, Pietro s'innamoro' della sorella di Paolo, Beatrice Fiammetta Laura detta Lalla, ma le famiglie non volevano, e se erano disposte a chiudere un occhio sulla frequentazione di Pietro e Paolo, quanto a Pietro e Lalla neanche a parlarne. Il che naturalmente fece intestardire Pietro ancora di piu'.
E Lalla? Che ne pensava Lalla nessuno l'ha mai saputo, anche perche' spari' presto. Pero' non spari' a lungo, perche' la ritrovarono qualche giorno dopo in una forra, e non era un bello spettacolo.
Non c'era bisogno di fare indagini, tutto il paese aveva gia' deciso che era stato Pietro, che prima ci si era divertito e poi ci si era divertito troppo e l'aveva lasciata li', poveretta.
Nessuno chiese niente a Pietro, che piangeva come un vitello e non diceva una parola.
Ezzelino, che era il fratello piu' grande di Paolo e di Lalla (e di altri cinque tra fratelli e sorelle i cui nomi di battesimo chi se li ricorda piu') fece quello che doveva fare e che tutto il paese si aspettava che facesse. Che? Lo stesso servizio alla vergine Camilla, che di Pietro era l'adorata sorellina.
"Cosi' siamo pari", disse a Pietro la sera in piazza. E Pietro rispose: "No, siamo dispari".
La mattina dopo Pietro spari' dal paese. Ma non dal mondo.
Il giorno dopo Ezzelino ebbe un incidente di caccia, che pero' non pareva un incidente di caccia perche' oltre ad avere la faccia strappata via da una schioppettata, gli avevano anche tagliato cio' che fa diverso l'un genere dall'altro.
La notte dopo prese fuoco il casale della famiglia di Paolo e man mano che i componenti della famiglia uscivano in gran fretta ancora in camicia da notte, un quintone li faceva fuori uno dopo l'altro tutti tranne Paolo.
E chi vuoi che sia stato, diceva la gente?
Paolo spari' a sua volta dal paese, ma neppure lui dal mondo. Ed infatti la notte dopo brucio' la casa del padre e della madre di Pietro (che era figlio unico), e dentro la casa bruciarono anche quelli che ci abitavano, perche' prima di dare fuoco alla casa qualcuno aveva separato le teste dello zio Peppe e della zia Maria dal resto e mentre la casa bruciava le teste erano state deposte proprio sullo scalino del portone ed erano bruciate per ultime che nessuno del pubblico le volle toccare perche' portava male.
Dopo un po' di tempo - cinque o dieci anni - in paese ricomparve Pietro, che chissa' dove era stato. Ma nel posto dove era stato aveva fatto un figlio con qualcuna che nessuno seppe mai chi fosse. Ma il figlio se lo porto' dietro, chi lo sa perche', la gente e' sempre strana.
Qualche anno dopo ritorno' pure Paolo. Dovevano regolare i conti. E Paolo ammazzo' Pietro e poi spari' di nuovo.
E Disperello resto' solo.
E adesso, detto l'antefatto, passiamo alla storia di Disperello.
*
Un malthusiano
Da ragazzino Disperello pensava che quando sarebbe cresciuto sarebbe diventato pure lui Disperone, o almeno Dispero (con l'accento sulla i), invece resto' Disperello.
E' possibile che un nome faccia rabbia a chi lo porta? E' possibile, e' possibile. Per esempio a Disperello gli faceva rabbia.
Cosi' si mise ad ammazzare tutte le persone che lo chiamavano cosi', ma proprio tutte. Il problema era che nessuno sapeva che nome avesse e lui non lo disse mai a nessuno. Ve lo dicevo che la gente e' strana, valla un po' a capire.
Giocavano a pallone e un compagno gli diceva: "Dispere', passa 'sta palla che so' libero". Lui la palla gliela passava, ma la sera quello aveva smesso di respirare.
Stava seduto a bere un caffe' al bar e uno gli diceva: "Ah Dispere', hai mica visto Cecio?". Lui rispondeva educatamente che non l'aveva visto. Ma la mattina dopo chi glielo aveva chiesto aveva abbandonato questa valle di lacrime.
Parenti suoi non ne aveva, ma un bel giorno prese moglie. Quanto duro'? Poco, ma poco poco. E al funerale della moglie la gente veniva e gli diceva "Condoglianze, Dispere'". "Grazie, grazie" diceva lui. Ma prima del'alba del giorno dopo era gia' cominciata l'ecatombe. Che a quei tempi al funerale ci andava tutto il paese. Erano altri tempi, erano.
Gli amici? e come facevano a diventare amici se la prima volta che lo chiamavano che ne so per giocare a quartiglio poi la notte non c'erano piu'?
Di lavoro ci aveva un banco al mercato. Finche' il mercato duro'. Avete capito, si' che avete capito.
Al bar del muto a un certo punto c'era restato solo il muto e gli avventori occasionali che passavano per il paese in macchina si fermavano un minuto per andare al gabinetto e quindi si bevevano un caffe' perche' per andare al gabinetto del bar una consumazione la dovevi pagare e poi via senza aver detto una parola che non fosse "Un caffe' corretto, grazie. E il cesso 'ndo' sta? E' pulito?". E quelli si salvavano.
La gente non se lo spiegava che stava succedendo, tutti avevano paura, ma a nessuno gli veniva in mente che era lui: che poi sarebbe stato pure facile, ma succede sempre cosi', che le cose che ci hai sotto il naso nessuno le vede. Succede sempre cosi'.
Forse il maresciallo dei carabinieri ci era arrivato, perche' un giorno lo incontro' per strada e gli disse che voleva vederlo. Fu l'ultima cosa che fece. Oppure magari no, non ci era arrivato, gli aveva solo chiesto l'ora perche' gli si era fermato l'orologio. L'orologio. Pure a quelli con la divisa qualche volta l'orologio gli si ferma.
Il paese e' piccolo e isolato, la gente di fuori ci passa di fretta se ci passa.
Quelli del paese che lavoravano fuori erano pochi, e siccome partivano la mattina presto e tornavano la sera tardi, non e' che ci facessero gran caso. La domenica poi dormivano tutto il giorno.
Se poi qualcuno di quelli che lavoravano a giornata una bella notte spariva i padroni erano contenti che era sparito senza riscuotere la mesata, e stavano zitti.
A quel tempo non c'erano i telefonini, la gente si faceva i fatti propri, si stava bene a quel tempo.
E ormai c'erano un sacco di casa libere. Un sacco, un sacco proprio. Se una persona sa guardare bene, in ogni cosa che capita c'e' sempre qualche cosa di buono. Se sai guardare bene, e' logico.
*
Ogni ritorno e' un ritorno a Itaca
Quanto tempo sara' passato? Parecchio. E un bel giorno chi ti ritorna al paese? Paolo. E chi se no?
Si accorse subito che il paese era cambiato. Era cambiato pure lui. Non si faceva mica chiamare Paolo Stropponi, ma Gianni Valligiani. E ci aveva una barba che pareva un orso.
Non credo che pensasse di fermarsi, non ci aveva neanche una valigia. Magari era tornato per finire il lavoro. Magari aveva saputo qualche cosa. E chi lo sa?
Appena sceso dalla corriera s'era diretto al bar, al bar del muto che c'e' solo quello. S'era fatto dare una bottiglia di cognac e si era accomodato a un tavolo all'aperto che c'era un bel sole. E piano piano se l'era fatta fuori tutta. La bottiglia. Poi ne aveva presa un'altra. Intanto guardava e pensava.
A una cert'ora arriva Disperello.
- Giovino', dite, per favore.
- Che?
- Sono arrivato adesso, mi servirebbe una cortesia, un'informazione.
- Prego, se posso.
- Grazie, eh, si vede che siete un ragazzo beneducato.
- Per cosi' poco. Ma che informazione vi servirebbe?
- Vorrei sapere se mi potreste dire la tabellina del tre, che adesso qui per qui mi pare di non ricordarmela piu'.
- E che ci vuole? Tre per uno tre, tre per due sei, tre per tre nove.
- Ecco, ecco, basta, basta cosi', era tre per tre nove che non mi ricordavo. Grazie, eh.
- Prego, prego. Per cosi' poco.
- No, no, non e' poco per niente, siete proprio un bravo giovine e si vede che siete beneducato.
- Ma no, che dite, e' normale.
- E' normale tra persone civili, ma sapeste quante persone incivili s'incontrano a girare il mondo.
- Eh, lo immagino.
- E allora sentite, sapete che faccio? La prossima volta che chiedo una cortesia a qualcuno e quello fa il cafone gli dico che per fortuna non sono tutti cafoni come lui, che c'e' anche gente che ancora conosce le buone maniere. E come esempio gli dico di voi.
- Ma no, figurarsi, per cosi' poco.
- Altroche', altroche' se lo faccio. E adesso se poteste dirmi come vi chiamate...
Fu cosi' che la strage fini'. Era facile, no?

5. MANU DIBANGO

E' deceduto Manu Dibango, illustre musicista.
Con gratitudine lo ricordiamo.

6. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: IL SIGNOR CALAVERA (UNA STORIELLA CHE MI RACCONTO' IL CAVALIER ANTONIO BLOCCHI BUONANIMA)

Ci conoscemmo al cinema. Andavamo all'ultimo spettacolo e c'eravamo sempre solo noi due.
Dopo un po' cominciammo a salutarci, un cenno sollevando e riabbassando la testa.
Una sera il gestore entro' in sala prima che l'ultimo spettacolo iniziasse, e disse che il cinema chiudeva.
Non dicemmo niente e ci alzammo per uscire, Ne' ci fu proposto il rimborso del biglietto, ne' lo chiedemmo.
La sera dopo il cinema era chiuso (e poi resto' chiuso per sempre, dopo qualche mese il locale e' diventato un pezzo di un supermercato).
Quella sera restammo un po' in attesa davanti all'ingresso chiuso, non c'era nessun avviso, ma la porta a vetri era chiusa, le luci dell'atrio spente, e anche un sasso avrebbe capito cosa significasse.
Di fianco al cinema da un lato c'era un bar, dall'altro un supermercato (che poi inglobo' la sala).
C'eravamo solo noi due davanti all'ingresso, accennammo un saluto. Poi uno di noi - non ricordo piu' se io o lui - disse: "Un caffe'?". E l'altro: "Perche' no".
Nel bar c'erano dei tavolini con delle scacchiere sopra. "Una partita?", disse. "Perche' no?" risposi.
Mai avrei immaginato.

7. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: LA CHIAMATA

La giornata era cominciata male: pioveva e pioveva e pioveva. E io avevo finito sia il pane che il vino.
Del resto non e'che me fregasse granche', ma il pane e il vino.
Ora, io abito in periferia, tutti casermoni di case popolari e non c'e' un negozio neanche a cavarsi un occhio; l'unico esercizio commerciale e' dove vendono la roba. Ma a me la roba mi fa schifo, io sono un seguace del buon vecchio dio pagano Bacco, io sono del partito dell'uva.
Il supermercato piu' vicino e' a un paio di chilometri, che di solito non e' un problema, ma quando piove.
Il pullman, dite? Ma dove campate, nel paese di bengodi? Qui da noi non ci arriva neanche l'aquila.
Cosi' ero nero come un tizzo. Giuro che se mi capitava tra le mani qualcuno lo ammazzavo.
*
La vita, la vita. La vita un corno. La vita fa schifo, ecco che e' la vita. Lasciatevi servire. Guardate a me, per esempio: ci ho' piu' di settant'anni e mi danno uno sputo di pensione. Uno sputo, sissignore. Con tutto quello che ho passato.
La gente, la gente, la gente fa solo che schifo, ve lo dico io. Qui dove abito la gente sta barricata dento casa e se ci incontriamo sul pianerottolo finisce a coltellate, ve lo dico io. O a schioppettate, se uno ci ha lo strumento. Ma per me basta e avanza il coltello. Io i soldi per comprare la carabina non ce li butto, con questa micragna.
E che pensate che mi vergogno a dirlo? Certo che ci sono stato ospite dello stato. Chi se lo ricorda piu' quante volte. Sempre professandomi innocente. Innocente, si'. Perche', voi vi sentite colpevoli, eh? Ma fatela finita, fatela.
*
Insomma era uno schifo di giorno da schifo e pioveva e io a casa non ci avevo manco un goccetto di elisire. Io lo chiamo elisire, l'ho sentito all'opera. All'opera, si'. La guardo in televisione, cioe' la guardavo prima che la televisione si rompesse. Pure i film e le partite. Sono pensionato. Pero' quando poi la televisione e' andata non e' che mi sono scomposto, eh. Chissenefrega mi sono detto, mi sono detto cosi': chissenefrega. E non mi annoio mica. Ci ho un vaso di pesci rossi e guardo quelli. E' come la televisione, solo che li devi nutrire altrimenti muoiono. Infatti poi sono morti, credo di vecchiaia, chi lo sa quanti anni campano i pesci, magari piu' di noi. E' una cosa che fa rabbia che qualcuno campi piu' di noi, no? A me mi fa rabbia. A voi no? Dite che non vi fa rabbia? Allora siete proprio malati.
Insomma era una giornata che pioveva e la dispensa vuota. Io ero indeciso se uscire e infradiciarmi o se restare li' ad aspettare che smettesse. Con la pioggia e' sempre solo un gioco di pazienza, vince chi aspetta di piu'. Pero' ci avevo pure sete, di spremuta d'uva ci avevo sete. Cosi' ero indeciso che fare.
Allora arrivo' la telefonata. La chiamata, si'. Arriva sempre in quel momento preciso.

8. NUOVI RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLISTORTI: SCORTICONE

Non so se ve l'ho mai detto, ma conosco solo gentaccia - esclusi i presenti, naturalmente, che sono tutte persone di qualita'.
Me lo chiedo pure io perche' conosco solo gentaccia (con la riserva gia' dichiarata sopra). E non mi piace neanche a me quello che mi rispondo.
Perche' mi rispondo che io conosco solo gentaccia perche' sono anch'io uno di loro (e giuro sulla testa dei miei figli - che non ho, almeno credo - che sono uno che ci s'impegna a rigare sempre dritto), oppure sono l'ultimo dei fessi. O il penultimo. Il terzultimo. Ecco, mi capita sempre cosi', che non riesco a smettere di pensare alle cose che dico. A voi vi succede? E come lo capite dove vi dovete fermare?
Ma lasciamo stare, le parole sono una gran brutta bestia, ho ragione? Ecco, mi capita pure questo, di voler discutere tutto, e allora ci credo che la gente mio chiama Zi' 'Ndeciso (pure Scorticone, pero' pure Zi' 'Ndeciso). Che poi non e' che sono indeciso sempre, no, quando c'e' da fare quel che si deve fare, lo fo, non e' che non lo fo, e' che prima di decidermi, mi devo proprio trovare alle strette. Che mi sono sempre chiesto perche' si dice alle strette. Si dicono un sacco di cose strane, no?
Allora, che dicevo? Lo so, lo so che dicevo, e' un modo di dire, voi non li usate i modi di dire? Io dico che servono, no? Cosi' quando tutti stanno zitti e gia' lo senti che sta per succedere la cosa brutta allora uno dice una cosa tanto per dire, e se azzecca quella giusta almeno per oggi il sangue non scorre. E' un modo di dire pure questo, pero' non e' solo un modo di dire, ma adesso non mi fate dire quello che non voglio dire, che qui pure i muri ci hanno le orecchie.
Fa ridere, no, i muri con le orecchie?
*
La gentaccia, si'. Allora: io dico che tutti sono gentaccia, ma proprio tutti tutti, tranne i presenti che l'ho gia' detto prima. E poi, e poi. No, scherzo, scherzo, no?
Pure questa e' una cosa strana: quando uno ridice le stesse parole ma cambia il tono, o si dice prima la parola che prima hai detto dopo. Non e' una cosa strana? Non vi pare che succede qualche cosa, che le parole la seconda volta significano un'altra cosa? E allora pure le parole si dovrebbero mettere d'accordo a dire sempre una cosa sola, perche' senno' chi ci capisce piu' niente? Ecco, infatto io dico che non ci si capisce mai niente, ne' con la gente, ne' con le parole, e' per questo che mi piace stare per conto mio, a lavorare da solo e stare zitto che una parola e' poca e due sono troppe, e magari e' troppa pure una sola.
Pero' anche se non dici niente le parole non e' che spariscono, ti stano nel cervello e frullano come uno stormo di storni, e fanno un fracasso e - con rispetto parlando - ti scacazzano dappertutto nel cervello e poi per forza che ti viene voglia di fare uno sproposito. Non e' per cattiveria, e' colpa di tutte quelle parole che scacazzano dappertutto nel cervello, che oltretutto ma come cavolo fanno a starci tutte nel cervello che e' piccolo come mezzo cocomero piccolo, e pure piu' piccolo?
L'ho studiato pure io il corpo umano, si vede? Si chiama l'anatomia. Con l'accento sulla i, che pero' non si scrive, che tanto c'e' gia' il puntino. No, no, scherzo, certe volte mi piace fare un po' il buffone.
*
Se mi decido a confessare? E chi dovrei confessare? Mica faccio il prete.
Certo che era una battuta. Perche', non si capiva? Invece di ridere vi c'impermalite? Ma allora non sapete stare al mondo. Non si dura se non si ride pure un po', non si dura. Io lo dico per voi, eh.
Il fatto e' che non ci ho niente da confessare, io sono innocente. Si puo' dire che neppure la conoscevo.
Perche' mi chiamano Scorticone? Se ve lo racconto non ci credete.

9. FAUSTO RESMINI

E' deceduto don Fausto Resmini, persona buona, sollecito soccorritore e fraterno compagno delle persone piu' bisognose di aiuto.
Con gratitudine lo ricordiamo.

10. DEL RICORDO DELLE VITTIME

Delle persone assassinate alle Fosse Ardeatine
s'illusero i nazisti cancellare ogni traccia
che divenissero terriccio sotto la pietra
nessuno ne serbasse memoria

Invece quella memoria resta
e quei resti la pieta' ha saputo
riesumare e quei volti e quelle voci
vivono ancora nel nostro ricordo

E finche' resta il ricordo delle vittime
altre donne altri uomini si uniranno alla lotta
per abolire per sempre il fascismo
per salvare tutte le vite
per far cessare tutte le guerre
tutte le dittature tutte le persecuzioni

Finche' resta vivo il ricordo delle vittime
restera' viva l'umanita'

11. IN MEMORIA DI RENATO SOLMI

Ricorre domani, 25 marzo 2020, il quinto anniversario della scomparsa di Renato Solmi, il migliore dei maestri.
Qui non diro' dell'uomo coltissimo, dell'intellettuale di forte impegno civile (poiche' cultura e lotta per la liberazione dell'umanita' da ogni menzogna e da ogni ingiustizia erano in lui una cosa sola), dell'educatore dall'animo grande, del compagno fraterno di tutte le oppresse e tutti gli oppressi, dell'amico della nonviolenza.
Diro' solo che era forse la piu' vigile coscienza morale che io abbia conosciuto: e questa sua qualita' lo aveva portato nel corso della vita a decisioni di grande coraggio, e gli aveva imposto la sofferenza del giusto, che diuturnamente impegnato per il bene comune tuttavia sempre teme e si angoscia di non essere stato adeguato all'impegno necessario dinanzi al male del mondo, ed e' una sofferenza immedicabile.
Non valeva a lenirgli questo dolore il fatto che tutti coloro che lo conoscevano gli dicessero quale maestro di verita', quale artefice di giustizia e liberta', quale autentico difensore dell'umanita' e della civilta' umana egli fosse, quanto bene avesse fatto con l'azione e con l'esempio, con la parola e con la testimonianza, quante persone egli avesse educato e persuaso al vero e al giusto, quante persone con l'opera sua egli avesse suscitato all'impegno comune per il bene di tutti.
Nel ricordarlo a chi lo conobbe ed a chi vorra' conoscerne ora se non piu' la viva persona ma la testimonianza e l'opera e il legato si', ancora una volta vorrei esprimere qui la mia gratitudine per l'alto suo magistero, per la generosita' grande, per la virtuosa passione per la verita', la giustizia e la dignita' umana che in tante persone ha saputo infondere.
Anche all'ascolto e alla sequela di Renato Solmi continua l'impegno comune per la liberazione dell'umanita'.
*
Una minima notizia su Renato Solmi
Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta, e' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)".
Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007.

12. IL LAMENTO DI GERONTE

I.

Le cose che una volta erano facili
ora sono diventate difficili
non ricordo piu' l'indirizzo di casa
fatico ad allacciarmi le scarpe
se vedo per terra cento lire
non ce la faccio ad abbassarmi per raccoglierle

Una volta spaccavo con una sassata una lampadina a venti passi
correvo dietro ai conigli e li prendevo per le orecchie
bevevo l'acqua delle pozzanghere
cavavo sangue dalle rape
non avevo paura del vento e dei fantasmi
ogni minuto pensavo alla rivoluzione

Adesso aspetto la morte
che prima ci ridevo sopra
passo le ore seduto in una stanza
e neanche accendo la luce quando e' sera
che invece una volta era tutta una corsa
e passavo piu' tempo alle stazioni che nel letto

Mi pare che tutti i miei vecchi compagni
siano morti o dementi o rinchiusi
e forse e' solo perche' sono io che sono rinchiuso
in questo carcere senza muri o serrature
in questo labirinto fatto solo d'aria
in questa notte senza voci e senza risse

Vallo a capire che mi succede
del miliardo di cose che volevo fare
non ce n'e' una che ancora m'interessi
mi rinsecchismo e non mi riconosco
quello che vedo intorno a me vorrei bruciarlo
ma mi pare fatica sprecata anche questa

So che significa che sono invecchiato
che niente di quello che ho fatto valeva
che era meglio non essere nati
che non sostengo piu' il peso del capestro
che anche scrivere queste parole e' un errore
e propaga ancora il contagio

II.

Ho sempre fame ho tutte le voglie
vorrei gettarmi d'un balzo dentro il fuoco
ho cominciato a bere liquori per dolci
affilo i coltelli per essere pronto
ruggisco di brama quando viene tempesta
e stridono gli alberi frustati dal vento

Finalmente dal fondo del pozzo del cuore
vengono fuori tutti i mostri che sono
e che ho sempre disprezzato e tenuto in catene
adesso il desiderio di tutte le vite
l'afferramento del gran mare dell'essere
la scienza del bene e del male mi colma

Sentire la morte che arriva al galoppo
dopo tanto tardare dopo tanto mentire
accelera i battiti inarca e acuisce
tutto il corpo si sente vivo e pronto
tutti i sensi diventano artiglio
tutti i nomi uno stesso nome

Non ho piu' paura dell'orco che e' in me
mi sono ricresciuti tutti i denti
sbriciolo i muri prendendoli a schiaffi
so dire tutte le parole in una volta
basto a me stesso e ho dato alle fiamme
il basto il bastone la livrea e lo stocco

Succede cosi'
di colpo ricordi tutti i trucchi
ogni tiro tutto il castello
insieme il gambetto e l'estindiana
l'arco e lo zen
Parmenide ed Eraclito

Cosi' vanno le cose tutte al mare
resta la sabbia e le bottiglie vuote
il messaggio soffiato in un orecchio
il cielo che scintilla la caverna
del mondo e dell'anima e' la stessa
di nulla ho piu' bisogno atque valete

III.

Non fare del male a nessuno
dire solo le cose vere e giuste
fare solo le cose giuste e buone
riconoscere l'umanita' di ogni essere umano
difendere tutto il mondo vivente
opporsi alla violenza con la nonviolenza

Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere

Non avere paura di nulla
non restare nel frigorifero
quello che sai tu dillo dai tetti
quello che hai non tenerlo per te
ogni dono da' frutto che nutre
ogni gesto e' largo di semi

chi salva una vita salva il mondo
chi salva una vita
il mondo

E' sempre il momento giusto
di fare la cosa giusta
sii tu l'umanita'
come dovrebbe essere
ogni essere umano
tutta l'umanita'

E' sempre il momento giusto di fare la cosa giusta
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere
ogni essere umano tutta l'umanita'

13. REPETITA IUVANT. SETTE RAGIONAMENTI RAGIONATI DUE VOLTE

Riproponiamo una volta ancora alcuni testi gia' piu' volte apparsi su questo foglio.

*

I. IL NOSTRO PROGRAMMA

Il nostro programma il pane e la pace
abolire la guerra salvare le vite.

Noi non crediamo alle promesse dei potenti
dalle loro bocche parole miste a sangue
colano grevi e la ricchezza loro
e' frutto della nostra schiavitu'
rovesciarli dobbiamo se vogliamo tutti vivere
una vita degna una vita solidale.

Il nostro programma il pane e la pace
abolire la guerra salvare le vite.

Noi ci opponiamo a tutte le armi
sempre le armi contro noi sono rivolte
sempre le armi e' noi che fanno a pezzi
sempre le armi sono assassine
ogni potere armato ci e' nemico
soltanto senza armi la vita sara' vita.

Il nostro programma il pane e la pace
abolire la guerra salvare le vite.

Teniamo per fermo che ogni persona
ha diritto alla vita alla dignita' all'aiuto
sappiamo per certo che ogni persona
ogni altra persona deve aiutare
chiamiamo politica la liberta' comune
l'eguale diritto la verita' che salva.

Il nostro programma il pane e la pace
abolire la guerra salvare le vite.

*

II. LA PRIMA POLITICA E' IL DISARMO

La prima politica e' il disarmo
sostituire all'arte dell'uccidere
quella severa di salvare le vite

Senza disarmo il mondo tutto muore
senza disarmo le nuvole si ghiacciano
le lacrime diventano veleno
si crepano i marmi ne escono draghi

Senza disarmo ogni parola mente
senza disarmo ogni albero si secca
l'aria non porta piu' i suoni
la polvere colma i polmoni

Senza disarmo piovono scorpioni
senza disarmo in ogni piatto e' vomito
dal rubinetto esce sale e vetro
le scarpe stritolano le ossa dei piedi

Solo il disarmo frena le valanghe
solo il disarmo risana le ferite
solo il disarmo salva le vite

Salvare le vite e' il primo dovere
salvare le vite
il primo dovere

*

III. PICCOLO DITTICO DELLE ARMI E DEL DISARMO

I.

Le armi sanno a cosa servono
le armi non sbagliano la mira
le armi odiano le persone
quando le ammazzano poi vanno all'osteria
a ubriacarsi e a cantare fino all'alba

Le armi bevono il sangue
le armi mettono briglie e sella alle persone
poi le cavalcano fino a sfiancarle
affondano gli speroni per godere dei sussulti
della carne che soffre

Le armi non sentono ragione
una sola cosa desiderano: uccidere
e poi ancora uccidere
uccidere le persone
tutte le persone

Le armi la sanno lunga
fanno bella figura in televisione
sorridono sempre
parlano di cose belle
promettono miliardi di posti di lavoro
e latte e miele gratis per tutti

Le armi hanno la loro religione
hanno la scienza esatta degli orologi
hanno l'arte sottile del pennello
e del bulino e la sapienza grande
di trasformare tutto in pietra e vento
e della loro religione l'unico
articolo di fede dice: nulla
e nulla e nulla e nulla e nulla e nulla
e tutto ha da tornare ad esser nulla

Le armi ci guardano dal balcone
mentre ci affaccendiamo per le strade
ci fischiano e poi fanno finta di niente
ci gettano qualche spicciolo qualche caramella
cerini accesi mozziconi scampoli
di tela e schizzi di vernice e polpette
con dentro minuscole schegge di vetro

Sanno il francese hanno tutti i dischi
raccontano di quando in mongolfiera
e delle proprieta' nelle colonie d'oltremare
e delle ville tutte marmi e stucchi
t'invitano nel loro palco all'opera
ti portano al campo dei miracoli

Sanno le armi come farsi amare
e passo dopo passo addurti dove
hanno allestito la sala del banchetto

II.

Senza disarmo i panni stesi non si asciugano
senza disarmo la pizza diventa carbone
senza disarmo hai freddo anche con tre cappotti

Senza disarmo il fazzoletto ti strappa la mano
senza disarmo la maniglia della porta ti da' la scossa
senza disarmo le scarpe ti mangiano i piedi

Senza disarmo l'aria t'avvelena
senza disarmo il caffe' diventa sterco
senza disarmo dallo specchio uno ti spara

Senza disarmo il letto e' tutto spine
senza disarmo scordi tutte le parole
senza disarmo e' buio anche di giorno

Senza disarmo ogni casa brucia
senza disarmo quel che tocchi ghiaccia
senza disarmo tutto e' aceto e grandine

Senza disarmo la guerra non finisce

Senza disarmo finisce l'umanita'

*

IV. IN QUANTO LE ARMI

In quanto le armi servono a uccidere
le persone, l'esistenza delle armi
e' gia' una violazione dei diritti umani.

Solo il disarmo salva le vite
solo il disarmo rispetta e difende gli esseri umani
solo il disarmo riconosce e restituisce
umanita' all'umanita'.

Solo con il disarmo
la civilta' rinasce
il sole sorge ancora
fioriscono i meli
tornano umani gli esseri umani.

*

V. POICHE' VI E' UNA SOLA UMANITA'

Poiche' vi e' una sola umanita'
noi dichiariamo che ogni essere umano
abbia rispetto e solidarieta'
da chiunque altro sia essere umano.

Nessun confine puo' la dignita'
diminuire umana, o il volto umano
sfregiare, o denegar la qualita'
umana propria di ogni essere umano.

Se l'edificio della civilta'
umana ha un senso, ed esso non e' vano,
nessuno allora osi levar la mano
contro chi chiede ospitalita'.

Se la giustizia e se la liberta'
non ciancia, bensi' pane quotidiano
hanno da essere, cosi' il lontano
come il vicino merita pieta'.

Nel condividere e' la verita'
ogni volto rispecchia il volto umano
nel mutuo aiuto e' la felicita'
ogni diritto e' un diritto umano.

Se vero e' che tutto finira'
non prevarra' la morte sull'umano
soltanto se la generosita'
sara' la legge di ogni essere umano.

La nonviolenza e' questa gaia scienza
che lotta per salvar tutte le vite
la nonviolenza e' questa lotta mite
e intransigente contro ogni violenza.

*

VI. BREVE LITANIA DELLA NONVIOLENZA

La nonviolenza non e' la luna nel pozzo.
La nonviolenza non e' la pappa nel piatto.
La nonviolenza non e' il galateo del pappagallo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la ciancia dei rassegnati.
La nonviolenza non e' il bignami degli ignoranti.
La nonviolenza non e' il giocattolo degli intellettuali.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il cappotto di Gogol.
La nonviolenza non e' il cavallo a dondolo dei generali falliti.
La nonviolenza non e' la Danimarca senza il marcio.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' l'ascensore senza bottoni.
La nonviolenza non e' il colpo di carambola.
La nonviolenza non e' l'applauso alla fine dell'atto terzo.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il museo dell'esotismo.
La nonviolenza non e' il salotto dei perdigiorno.
La nonviolenza non e' il barbiere di Siviglia.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la spiritosaggine degli impotenti.
La nonviolenza non e' la sala dei professori.
La nonviolenza non e' il capello senza diavoli.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il ricettario di Mamma Oca.
La nonviolenza non e' l'albero senza serpente.
La nonviolenza non e' il piagnisteo di chi si e' arreso.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' la quiete dopo la tempesta.
La nonviolenza non e' il bicchiere della staffa.
La nonviolenza non e' il vestito di gala.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il sapone con gli gnocchi.
La nonviolenza non e' il film al rallentatore.
La nonviolenza non e' il semaforo sempre verde.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' il jolly pescato nel mazzo.
La nonviolenza non e' il buco senza la rete.
La nonviolenza non e' il fiume dove ti bagni due volte.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' l'abracadabra degli stenterelli.
La nonviolenza non e' il cilindro estratto dal coniglio.
La nonviolenza non e' il coro delle mummie del gabinetto.
La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.

La nonviolenza non e' niente che si veda in televisione.
La nonviolenza non e' niente che si insegni dalle cattedre.
La nonviolenza non e' niente che si serva al bar.
La nonviolenza e' solo la lotta contro la violenza.

*

VII. DELLA NONVIOLENZA DISPIEGATA AL SOLE AD ASCIUGARE

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza la politica necessaria.
Chiamiamo nonviolenza l'occhio che vede e piange.
Chiamiamo nonviolenza la lotta per l'abolizione di tutte le guerre.
Chiamiamo nonviolenza la lotta che abroga ogni servitu'.
Chiamiamo nonviolenza questo accampamento notturno nel deserto.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'amicizia che non tradisce.
Chiamiamo nonviolenza il ponte di corda teso sull'abisso.
Chiamiamo nonviolenza la fine della paura della morte.
Chiamiamo nonviolenza la fine della minaccia della morte.
Chiamiamo nonviolenza aver visto e alba e tramonto con limpido cuore.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il tappeto volante.
Chiamiamo nonviolenza il voto unanime per la salvezza degli assenti.
Chiamiamo nonviolenza il cielo stellato.
Chiamiamo nonviolenza il rispetto della vita altrui.
Chiamiamo nonviolenza il sonno dei giusti e dei giusti la veglia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il silenzio che non spaventa.
Chiamiamo nonviolenza la telefonata che ferma l'esecuzione.
Chiamiamo nonviolenza il libro che ti fa ridere e piangere.
Chiamiamo nonviolenza il viaggio senza bagagli.
Chiamiamo nonviolenza il suono dell'arcobaleno.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il pasto in comune.
Chiamiamo nonviolenza il miracolo della nascita.
Chiamiamo nonviolenza la voce che risponde.
Chiamiamo nonviolenza la porta che si apre allo straniero.
Chiamiamo nonviolenza la lotta contro la violenza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il dono e la rinuncia.
Chiamiamo nonviolenza la leggerezza sui corpi.
Chiamiamo nonviolenza la parola che suscita le praterie.
Chiamiamo nonviolenza il soffio che estingue gli incendi.
Chiamiamo nonviolenza l'infinito respiro del mare.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza l'umanita' come dovrebbe essere.
Chiamiamo nonviolenza la coscienza del limite.
Chiamiamo nonviolenza il ritrovamento dell'anello di Salomone.
Chiamiamo nonviolenza gl'immortali principi dell'Ottantanove.
Chiamiamo nonviolenza l'ironia e la pazienza.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza il riconoscimento della pluralita' delle persone e dei mondi.
Chiamiamo nonviolenza la distruzione di tutte le armi assassine.
Chiamiamo nonviolenza non nascondere la nostra ignoranza.
Chiamiamo nonviolenza rifiutarsi di mentire.
Chiamiamo nonviolenza la scelta di fare la cosa che salva le vite.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza una giornata di sole sulla strada.
Chiamiamo nonviolenza la scuola di Spartaco e della Rosa Rossa.
Chiamiamo nonviolenza la certezza morale del figlio della levatrice.
Chiamiamo nonviolenza la legge nuova del figlio del falegname.
Chiamiamo nonviolenza le tre ghinee di Virginia.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza questo atto di riconoscimento e di riconoscenza.
Chiamiamo nonviolenza il giro della borraccia.
Chiamiamo nonviolenza questo colloquio corale.
Chiamiamo nonviolenza la Resistenza antifascista.
Chiamiamo nonviolenza l'uscita dallo stato di minorita'.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.
Chiamiamo nonviolenza parlare e ascoltare.
Chiamiamo nonviolenza la stazione sempre aperta.
Chiamiamo nonviolenza lo specchio e la sorgente.
Chiamiamo nonviolenza sentire il dolore degli altri.
Chiamiamo nonviolenza prendersi cura del mondo.

Chiamiamo nonviolenza il movimento di liberazione delle donne, e null'altro.

14. LUCIANO DELLA MEA

Partigiano, scrittore, militante
del movimento operaio

Tutta la vita dedico' alla lotta
per la liberazione dell'umanita'

15. VIOLA LIUZZO

Militante antirazzista nonviolenta
fu assassinata il 25 marzo 1965
da sicari del Ku Klux Klan

Non aveva neppure quarant'anni
e' ancora viva nel cuore di ogni essere umano

16. RINA MELLI

Rina Melli militante socialista
organizzatrice sindacale giornalista
combattente per i diritti delle donne

Nel giorno anniversario della sua scomparsa
il 25 marzo 1958
con gratitudine la ricordiamo

17. RODOLFO WALSH

Denunciava le stragi commesse dai fascisti
e i fascisti uccisero anche lui

Fu scrittore giornalista resistente
clandestino desaparecido martire

Ricordare il suo nome e' condividerne la lotta
affinche' cessino tutte le oppressioni

18. IDA B. WELLS

Per l'intera sua vita lotto' contro il razzismo
per l'intera sua vita lotto' contro il maschilismo

Di tutte le nostre maestre la piu' grande
di tutte le nostre compagne la piu' forte

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 375 dell'8 aprile 2020
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