[Nonviolenza] Telegrammi. 3701



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3701 del 6 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. La sezione dell'Anpi "Emilio Sugoni" di Nepi ricorda Giuseppe Tacconi
2. Proposta di inviare una lettera al Ministro della Giustizia affinche' tornino alle loro case tutte le persone detenute, prima che nelle carceri si diffonda l'epidemia
3. Una lettera da inviare al governo
4. Una lettera da inviare ai Comuni
5. Maria Paiano: Ernesto Balducci (2014)
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. LA SEZIONE DELL'ANPI "EMILIO SUGONI" DI NEPI RICORDA GIUSEPPE TACCONI
[Dalla sezione dell'Anpi "Emilio Sugoni" di Nepi riceviamo e diffondiamo.
Giuseppe Tacconi (15 agosto 1937 - 5 aprile 2016), antifascista, architetto, docente universitario, fondatore del Comitato "Nepi per la pace", presidente della sezione di Nepi dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, e' stato un autentico costruttore di pace, una persona sapiente e saggia, un uomo buono e giusto, uno straordinario compagno di lotte in difesa della Costituzione, della pace, dei diritti umani e dei popoli, dell'ambiente e della civilta']

Il 5 aprile di quattro anni fa moriva Giuseppe Tacconi, presidente della sezione Anpi "Emilio Sugoni" di Nepi, architetto e docente universitario, un antifascista, un uomo buono, generoso, intelligente, un vero costruttore di pace.
Nella sua vita fin da giovane si e' sempre battuto per la difesa della democrazia, dei diritti inviolabili di tutte le persone, dei piu' poveri e degli oppressi. Giuseppe soleva ripeterci  continuamente: "Leggete e  rileggete sempre le Lettere dei condannati a morte della Resistenza; e' a loro che dobbiamo la nostra Costituzione da amare e difendere sempre, quella Costituzione che riconosce i diritti fondamentali per tutti gli esseri umani, che accoglie le persone migranti in fuga da violenze e fame, che ogni guerra ripudia e invoca sempre la pace".
In giorni come questi attanagliati dalla sofferenza fisica e dall'incertezza sociale ed economica per la pandemia da Covid-19 sentiamo con maggior dolore la perdita di persone come Giuseppe Tacconi che hanno speso tutta la vita per rendere davvero concreto il nostro dettato costituzionale e oggi in particolare il diritto alla salute per tutti che passa per il riconoscimento della dignita' umana di ogni persona vivente su questo pianeta.
Siamo grati a Giuseppe per la sua vita, per il suo insegnamento che cercheremo di seguire ed onorare e che indichiamo ad esempio a tutti i cittadini e in particolare ai giovani.

2. QUID AGENDUM. PROPOSTA DI INVIARE UNA LETTERA AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA AFFINCHE' TORNINO ALLE LORO CASE TUTTE LE PERSONE DETENUTE, PRIMA CHE NELLE CARCERI SI DIFFONDA L'EPIDEMIA

Alle persone amiche della nonviolenza, alle persone che hanno a cuore la vita di tutti gli esseri umani, alle persone fedeli alla Costituzione della Repubblica italiana che riconosce i diritti umani di tutti gli esseri umani, chiediamo di scrivere al Ministro della Giustizia per chiedere che tornino immediatamente alle loro case - impegnandosi a restarvi - tutte le persone attualmente detenute, prima che nelle carceri si diffonda l'epidemia.
*
Di seguito un testo che potete utilizzare eventualmente modificandolo come meglio crederete:
"Signor ministro della Giustizia,
come sa, con la fine del fascismo in Italia e' stata abolita la pena di morte, e la Costituzione repubblicana stabilisce che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita'".
Per contrastare l'epidemia di coronavirus e cercar di salvare vite umane sono state adottate - sia pure con grave ritardo - misure di distanziamento tra le persone, unico modo efficace di contenere il contagio.
Ma queste misure non possono essere adottate efficacemente in luoghi sovraffollati come le carceri italiane.
Cosicche' chi si trova nelle carceri italiane, come ristretto o come custode, e' esposto al piu' grave pericolo.
E' esposto al pericolo di essere contagiato e di rischiare la vita. E vive in una condizione di torturante paura senza potervi sfuggire.
E' palese che la permanenza in carcere, sic stantibus rebus, e' incompatibile con le indispensabili misure di profilassi per contenere il contagio; e' incompatibile con le norme sul cosiddetto "distanziamento sociale" (pessima formulazione con cui in queste settimane viene indicato il tenersi di ogni persona ad adeguata distanza dalle altre, volgarizzato col motto "restate a casa"); e' incompatibile con il fondamentale diritto di ogni essere umano alla tutela della propria vita.
Ne consegue che finche' l'epidemia non sia debellata occorre vuotare le carceri e - per dirla in breve - mandare tutti i detenuti nelle proprie case con l'ovvio vincolo di non uscirne.
Naturalmente vi saranno casi in cui cio' non sia possibile (i colpevoli di violenza domestica, ad esempio), ma anche questi casi particolari potranno essere agevolmente risolti con la collocazione in alberghi o altre idonee strutture in cui il necessario "distanziamento sociale" sia garantito.
Non si obietti che tale proposta e' iniqua: piu' iniquo, illecito e malvagio sarebbe continuare ad esporre insensatamente alla morte degli esseri umani.
E non si obietti che cosi' si rischia di non poter controllare l'effettiva costante permanenza in casa degli attuali detenuti: oggidi' non mancano affatto le risorse tecnologiche per garantire un efficace controllo a distanza che le persone attualmente ristrette destinatarie di tale provvedimento restino effettivamente nelle loro case (ovvero nelle abitazioni loro assegnate).
Ne' si obietti che cosi' si garantisce il diritto alla casa ai criminali mentre persone che non hanno commesso delitti ne sono prive: e' infatti primario dovere di chi governa il paese garantire un alloggio a tutte le persone che si trovano in Italia; nessuno deve essere abbandonato all'addiaccio o in una baracca, a tutte le persone deve essere garantita una casa: si cessi pertanto piuttosto di sperperare risorse pubbliche a vantaggio dei ricchi e si provveda a rispettare concretamente i diritti fondamentali di ogni persona, adempiendo ai doveri sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione della Repubblica italiana.
Signor ministro della Giustizia,
prima che sia troppo tardi si adottino i provvedimenti necessari per vuotare le carceri e mettere in sicurezza per quanto possibile la vita dei detenuti e del personale di custodia.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Voglia gradire distinti saluti,
Firma, luogo, data
Indirizzo del mittente"
*
Di seguito alcuni indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere:
protocollo.gabinetto at giustizia.it,
fulvio.baldi at giustizia.it,
leonardo.pucci at giustizia.it,
gianluca.massaro at giustizia.it,
chiara.giacomantonio at giustizia.it,
roberto.natali at giustizia.it,
giuseppina.esposito at giustizia.it,
marcello.spirandelli at giustizia.it,
clelia.tanda at giustizia.it,
sabrina.noce at giustizia.it,
vittorio.ferraresi at giustizia.it,
andrea.giorgis at giustizia.it,
ufficio.stampa at giustizia.it,
andrea.cottone at giustizia.it,
gioele.brandi at giustizia.it,
mauro.vitiello at giustizia.it,
concetta.locurto at giustizia.it,
giampaolo.parodi at giustizia.it,
roberta.battisti at giustizia.it,
marina.altavilla at giustizia.it,
rita.andrenacci at giustizia.it,
dgmagistrati.dog at giustizia.it,
giuditta.rossi at giustizia.it,
antonia.bucci at giustizia.it,
paolo.attardo at giustizia.it,
tommaso.salvadori at giustizia.it,
daniele.longo at giustizia.it,
redazione at giustizia.it,
callcenter at giustizia.it,
*
Vi proponiamo di diffondere questa proposta anche ai mezzi d'informazione ed alle persone di volonta' buona, alle associazioni ed alle istituzioni con cui siete in contatto.
Grazie di cuore a tutte e tutti per quanto vorrete fare.
Salvare le vite e' il primo dovere.

3. QUID AGENDUM. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AL GOVERNO

Gentilissima Ministra dell'Interno,
vorremmo sollecitare tramite lei il governo ad adottare con la massima tempestivita' le seguenti misure:
a) garantire immediati aiuti in primo luogo alle persone che piu' ne hanno urgente bisogno, e che invece vengono sovente scandalosamente dimenticate perche' emarginate ed abbandonate alla violenza, al dolore e alla morte, quando non addirittura perseguitate;
b) abrogare immediatamente le scellerate misure razziste contenute nei due cosiddetti "decreti sicurezza della razza" imposti dal precedente governo nel 2018-2019, scellerate misure razziste che violano i diritti umani e mettono in ancor piu' grave pericolo la vita di tanti esseri umani;
c) riconoscere a tutte le persone che vivono in Italia tutti i diritti che ad esse in quanto esseri umani sono inerenti, facendo cessare un effettuale regime di apartheid che confligge con il rispetto dei diritti umani, con la democrazia, con i principi fondamentali e i valori supremi della Costituzione della Repubblica italiana.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Ringraziandola per l'attenzione ed augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare la lettera sono i seguenti:
segreteriatecnica.ministro at interno.it
caposegreteria.ministro at interno.it
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

4. QUID AGENDUM. PROPOSTA DI UNA LETTERA DA INVIARE AI COMUNI

Egregio sindaco,
le scriviamo per sollecitare l'amministrazione comunale ad immediatamente adoperarsi affinche' a tutte le persone che vivono nel territorio del comune sia garantito l'aiuto necessario a restare in vita.
Attraverso i suoi servizi sociali il Comune si impegni affinche' tutti i generi di prima necessita' siano messi gratuitamente a disposizione di tutte le persone che non disponendo di altre risorse ne facciano richiesta.
Crediamo sia un dovere - un impegnativo ma ineludibile dovere - che il Comune puo' e deve compiere con la massima tempestivita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Occorre soccorrere, accogliere e assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Confidando nell'impegno suo e dell'intera amministrazione comunale, voglia gradire distinti saluti
Firma, luogo e data
Indirizzo del mittente
*
Gli indirizzi di posta elettronica di tutti i Comuni d'Italia sono reperibili nei siti internet degli stessi.
Vi preghiamo altresi' di diffondere questo appello nei modi che riterrete opportuni.

5. MAESTRI. MARIA PAIANO: ERNESTO BALDUCCI (2014)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce apparsa nel Dizionario Biografico degli Italiani nel 2014]

Ernesto Balducci nacque a Santa Fiora (Grosseto) il 4 agosto 1922 da Luigi, minatore, e Domenica Pasqualini. Alla sua nascita fece seguito quella delle sorelle Agnese, Maria e Beppina. A causa della difficile situazione economica della famiglia, a dodici anni ando' a lavorare presso un fabbro, l'anarchico Manfredi Cicaloni, abbandonando gli studi malgrado la propensione dimostrata per questi ultimi.
*
Gli studi in seminario
Grazie all'interessamento di un amico della madre originario di Santa Fiora, Domenico Bulgarini (scrittore, agente librario e successivamente anche editore) il 12 novembre 1934 entro' nello "Speranzinato", il collegio dei padri scolopi di Empoli. Il 12 settembre 1937 vesti' l'abito religioso nella casa di noviziato scolopica di Finalborgo e l'anno successivo, il 25 settembre, emise i voti semplici con il nome di Giacomo di Cristo Re. Subito dopo si trasferi' nello studentato filosofico-teologico interprovinciale italiano dell'ordine, Calasanctianum, sito a Roma (Monte Mario), dove resto' fino al 1944. Qui si mostro' insofferente per una formazione spirituale improntata alla coltivazione delle virtu' passive (che educavano all'ascetismo e all'obbedienza) e a un primato della pieta' sulla scienza spinto al limite di una vera e propria diffidenza per uno studio che andasse al di la' di quello previsto dai programmi scolastici. Ebbe pertanto forti tensioni con il rettore Giuseppe Righetti che, nel novembre 1943, chiese al generale Giuseppe Del Buono il suo allontanamento dallo studentato con l'accusa di fare letture profane e di leggere di notte passando poi i libri che si era procurato di nascosto ai compagni. Il generale decise – dopo un colloquio con Balducci – per una semplice sospensione di tre mesi della decisione sulla sua professione solenne, che alla fine pote' effettuare il 23 aprile 1944.
I diari del seminario attestano l'intensita' e la determinazione dello sforzo di Balducci di costruirsi un percorso formativo autonomo, rielaborando in modo personale i contenuti delle sue letture (di tipo sia letterario sia filosofico) e cercando di mettere a punto una propria visione del mondo nel cui orizzonte iscrivere in modo originale il senso della sua vocazione religiosa. Il suo impegno in queste direzioni conobbe varie fasi. All'inizio degli anni Quaranta persegui' un obiettivo di costruzione morale e psicologica del proprio carattere e cerco' di conciliare la vocazione religiosa con quella allo studio e alla poesia, per lui altrettanto forte. Dall'estate 1942 comincio' a maturare l'esigenza di formarsi "una soda e chiara se non vasta cultura moderna", non solo sul piano letterario, ma estesa agli "altri lati il filosofico, l’economico, il religioso specialmente" (Balducci, 2002, p. 89). Questa nuova attenzione era stata sollecitata dalle conversazioni avute a Santa Fiora con Ferdinando Di Giulio, futuro dirigente del Partito comunista italiano (PCI), del quale aveva ammirato la vastita' della cultura. Gia' a queste date e' evidente come concepisse la propria formazione in funzione di una presenza nel dibattito culturale contemporaneo non strettamente religioso.
Nei mesi e negli anni successivi, letture filosofiche si intrecciarono con altre incentrate sul rapporto del cristianesimo con la cultura e la societa' moderne. Tra il dicembre 1942, dopo la lettura di Josef Holzner (Paulus, Freiburg im Breisgau 1937), Ferdinando Prat (La teologia di san Paolo, Torino 1927), Hermann Schmidt (Organische Aszese, Paderborn 1939) e Maurice Blondel (L'azione, letta nell'edizione italiana a cura di Ernesto Codignola del 1921), giunse a individuare nel tema dell'umanesimo cristiano e nella filosofia di Agostino la strada per comporre in modo armonico natura e grazia, naturalismo e misticismo, ragione e sentimento. Dalla primavera-estate 1943 le letture relative ai rapporti del cattolicesimo con i fondamenti della scienza e delle societa' moderne assunsero un peso preponderante. Attribui' alla lettura di Scienza e religione nella filosofia contemporanea di Etienne Emile Boutroux (letto nell'edizione Mondadori del 1941) il fatto di essere riuscito a dare un'adeguata collocazione filosofica al problema religioso al cui interno la filosofia dell'azione di Blondel gli sembrava fornire la chiave per un giusto equilibrio tra soprannaturale e ragione filosofica. Di particolare suggestione fu la lettura di Henri Daniel-Rops, Quel che muore e quel che nasce (nell'edizione Morcelliana del 1937), che lesse piu' volte traendone il convincimento che il concetto di umanesimo (inteso come rapporto equilibrato tra natura e soprannaturale) costituisse un ideale formativo efficace sul piano non solo individuale, ma anche sociale. Negli ultimi mesi del seminario tale concetto divenne centrale anche per il modello sacerdotale che andava elaborando – ispirato dal volume di Josef Sellmair, Der Priester in der Welt (Regensburg 1939) – nel quale la dimensione umana del sacerdote si componeva con la vita soprannaturale. Balducci usci' dunque dal seminario con un ampio bagaglio di letture, determinato a saldare il proprio impegno specificamente religioso con una riflessione capace di dare un contributo significativo alla costruzione di una cultura cattolica in grado di confrontarsi con la societa' e il pensiero moderni.
*
Gli anni del primo apostolato fiorentino: dal dopoguerra al trasferimento a Roma
Il 29 luglio 1944 lascio' lo studentato romano per la provincia toscana, soggiornando per alcune settimane a Siena, presso la casa della comunita' scolopica che gestiva l'Istituto Pendola per la educazione dei sordomuti. Il 3 settembre fu ordinato diacono dall'arcivescovo Mario Toccabelli e il 12 ottobre giunse a Firenze, stabilendosi nell'istituto degli scolopi di via Cavour, dove si occupo' del convitto. Riprese a leggere e studiare, questa volta con liberta', attingendo ampiamente al prestito della Biblioteca nazionale. Nel 1945 sostenne la maturita' al liceo Michelangelo e si iscrisse alla facolta' di lettere dell'universita'. Il 26 agosto dello stesso anno ricevette l'ordinazione sacerdotale.
Nei primi anni di vita fiorentina gli interessi letterari continuarono a occupare largo spazio, anche per le sollecitazioni che gli venivano dagli studi universitari e dalla frequentazione di letterati illustri, come Giovanni Papini, Piero Bargellini, Nicola Lisi, e piu' in generale dell'ambiente della rivista Frontespizio. Cerco' anche di realizzare, insieme ad alcuni confratelli o ex alunni di scuole scolopiche, progetti di animazione culturale rivolti sia all'interno dell'ordine sia, piu' ampiamente, alla citta', attraverso la fondazione di circoli o riviste. Nel febbraio 1945 abbozzo' un primo profilo del Circolo umanistico, che concepi' come un luogo di riflessione e dibattito per costruire un "umanesimo cristiano" (Balducci, 2009, p. 187). Benche' attirasse l'attenzione di intellettuali e artisti fiorentini (tra gli altri Mario Donadoni, Mario Casella, Francesco Bernardino Cicala), ebbe vita breve e dalla primavera del 1946 Balducci partecipo' all'attivita' di un circolo analogo, il Chiostro nuovo. Da questo periodo la sua attivita' pastorale conobbe un costante ampliamento in piu' direzioni: da guida spirituale di circoli religiosi informali che si riunivano attorno ad alcune donne nobili (come quello della contessa Castelnuovo e della marchesa Trigona) al ruolo di assistente ecclesiastico e di animatore di vari gruppi giovanili. Nel 1947 divenne assistente dell'Azione cattolica delle Scuole pie fiorentine e responsabile di un Gruppo cattolico universitario che aveva sede nei locali del Circolo culturale ricreativo universitario Alfa 48.
Partecipo' al dibattito interno all'ordine sui fini del proprio apostolato (tradizionalmente quelli dell'istruzione e della direzione spirituale dei giovani) in un contesto nel quale la scuola pubblica e l'assorbimento di gran parte degli studenti cattolici nella GIAC (Gioventu' italiana di azione cattolica) sembravano delegittimarne l'esistenza. In una relazione su Il sacerdote scolopio nei nuovi tempi al convegno di studio nazionale sulla formazione e le attivita' scolopiche svoltosi a Roma nel 1948, sostenne la necessita' di rafforzare, da un lato, le associazioni giovanili interne alle Scuole pie e, dall'altro, l'impegno dell'ordine nell'apostolato tra i giovani anche al di la' dell'ambiente strettamente scolastico. Giunse cosi' a delineare una sorta di primato scolopico nell'assistenza religiosa di tutto l'associazionismo giovanile cattolico.
Nel corso del 1948 stabili' una serie di rapporti che concorsero negli anni successivi a fare di lui un personaggio pubblico, non solo a Firenze. Comincio' a scrivere per Citta' di vita e Al Focolare, espressione, rispettivamente, dello Studio teologico per laici che aveva sede in Santa Croce e dell'Opera della Madonnina del Grappa di don Facibeni.
Nel diario si coglie, a partire dal settembre di quell'anno, un certo disagio per il trionfalismo del cattolicesimo italiano, malgrado pochi mesi prima lui stesso fosse stato partecipe del clima di crociata della campagna elettorale che aveva preceduto le elezioni di aprile. Nei mesi e poi negli anni successivi assegno' un'importanza crescente alla dimensione intima della fede, distinguendola dalle sue manifestazioni esteriori e dalle sue affermazioni terrene e conferendole un primato rispetto all'azione. Sono significativi, al riguardo, l'articolo Mistica del riposo, pubblicato su Al Focolare tra il luglio e l'agosto 1949 e i commenti al Vangelo domenicale trascritti sul diario tra il gennaio e il marzo 1951, nei quali prendeva le distanze dall'idea di un regno di Dio che si realizzasse sulla Terra nel segno del trionfo della Chiesa (Balducci, 2009, pp. 343-342).
Nel 1949 comincio' un'esperienza che porto' avanti con continuita' fino al 1959: la "Messa degli artisti", una celebrazione eucaristica specificamente dedicata ai cultori di arte. L'iniziativa era nata sul modello di quella avviata a Roma nel marzo 1941 da mons. Ennio Francia (allora giovane sacerdote) insieme a un gruppo di artisti laici. A proporla a Firenze furono Piero Bargellini e il pittore Primo Conti insieme, tra gli altri, a Nicola Lisi, Carlo Betocchi e Giovanni Papini (che suggeri' a Francia il nome di Balducci come celebrante adatto a questo tipo di funzione).
Nel 1950 si laureo' con Attilio Momigliano con una tesi su Antonio Fogazzaro, pubblicata nel 1952 da Morcelliana. Pur non abbandonando del tutto la frequentazione di ambienti letterari (collaboro' con le riviste L'Ultima e Mal'Aria) successivamente si dedico' prevalentemente allo studio e alla divulgazione teologica e a una pastorale attenta ai poveri e alla formazione spirituale, culturale e religiosa dei giovani. Rivolse particolare impegno alla promozione della cultura teologica del laicato cattolico, nel convincimento dell'importanza, in un mondo secolarizzato, di costruire una cultura cristiana autentica e capace di rispondere ai problemi del tempo preservando la fede dei credenti. Nelle sue meditazioni, conferenze e lezioni (tenute per la maggior parte presso il Chiostro nuovo e lo Studio teologico per laici) si ispiro' largamente alle tesi della nouvelle theologie francese, attestandosi su una linea di progressivo distacco dal cattolicesimo intransigente di matrice ottocentesca e di adesione alle tesi maritainiane sulla nuova cristianita'.
Partecipo' ai convegni per la pace e la civilta' cristiana organizzati dal 1952 al 1956 da Giorgio La Pira (divenuto sindaco di Firenze nel 1951) e anche la sua attivita' pastorale si svolse in un rapporto sempre piu' intenso con quest'ultimo. Proprio La Pira, alla fine degli anni Quaranta, gli aveva chiesto di occuparsi del settore giovanile della S. Vincenzo, e su questa esperienza Balducci innesto', tra il 1952 e il 1953, la fondazione del centro di impegno cristiano, Il Cenacolo. La spiritualita' del gruppo si ispirava a quella dei Piccoli fratelli di Gesu' di Rene' Voillaume, che lo scolopio ebbe modo di conoscere nel 1959 grazie all'amico Arturo Paoli. All’interno del Cenacolo si costitui' un piu' ristretto Gruppo di iniziativa sociale e dal suo stesso ambiente nel 1958 nacque la rivista Testimonianze, di cui Balducci fu direttore fino al 1961 (dal 1960 insieme a Danilo Zolo). L'area che a lui faceva riferimento, per l'intreccio tra formazione religioso-spirituale e interesse politico-sociale, si trovo' spesso a convergere con le iniziative lapiriane (dalle lotte operaie per la Pignone ai Convegni per la pace), suscitando diffidenza nella gerarchia ecclesiastica. I rapporti di Balducci con quest'ultima divennero sempre piu' tesi dopo l'arrivo a Firenze, nel 1954, di Ermenegildo Florit, in qualita' di vescovo coadiutore di Elia Dalla Costa.
A determinare tali tensioni fu, oltre alla vicinanza del suo gruppo a La Pira, la sua adesione a orientamenti del cattolicesimo francese condannati dall'enciclica Humani generis (1950). Il 20 maggio 1959 il generale Vincenzo Tomek gli comunico' che il Santo Uffizio aveva imposto il suo allontanamento dalla Toscana, e con lettera del primo luglio successivo lo nomino' visitatore generale delle Scuole pie. In ottobre Balducci si trasferi' dunque a Roma. Fino al 1962 la sua sede fu Frascati (dove insegno' religione in un istituto di suore) mentre successivamente si stabili' a Monte Mario, nella parrocchia di S. Francesco, insegnando storia della Chiesa al Calasanctianum.
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L’esilio romano negli anni del Concilio
All'esilio romano non corrispose un suo completo isolamento sul piano ecclesiale. Egli pote' constatare la stima di cui godeva presso autorevoli esponenti della curia romana (come il sostituto alla segreteria di Stato Angelo dell'Acqua) e dell'episcopato italiano (come l'assistente centrale dell'Azione cattolica italiana Franco Costa) e persino l'ostilita' del prefetto del Santo Uffizio Alfredo Ottaviani si attenuo' nel corso del tempo.
Nondimeno, negli stessi anni, gli ambienti che gravitavano attorno a La Pira e a Testimonianze furono oggetto di attacchi romani, soprattutto per la loro disponibilita' al dialogo con i comunisti. Balducci continuo' a seguirne le vicende da vicino e a sostenerne indirettamente le posizioni attraverso conferenze e commenti al dibattito e ai documenti conciliari (in larga parte pubblicati su Il Regno e sulla stessa rivista fiorentina) che sottolineavano gli elementi di novita' emersi al loro interno tali da rendere obsoleta l'opposizione pregiudiziale a quel dialogo. Tra questi elementi vi erano idee e principi da tempo valorizzati nella sua riflessione: il primato della coscienza individuale, il superamento del tema della cristianita' (in relazione al quale, per documentare il proprio personale percorso, nel 1963 pubblico' Cristianesimo e cristianita'), l'esigenza di un rinnovato rapporto con il mondo nel segno del dialogo inteso come confronto tra verita' diverse e mondi ideologici distanti, un'accettazione piena della laicita' dello Stato e la corrispondente rinuncia della Chiesa a dare specifiche indicazioni sull'organizzazione della vita pubblica, il riconoscimento della dignita' propria dei laici e della loro autonomia sul piano delle realta' temporali.
Tra il 1963 e il 1964 fu al centro della scena pubblica per le posizioni assunte sull'obiezione di coscienza. In un'intervista pubblicata il 13 gennaio 1963 su Il Giornale del Mattino aveva sostenuto – criticando la sentenza di condanna di Giuseppe Gozzini, primo obiettore cattolico in Italia – che occorresse ridimensionare il concetto di patria e che in alcuni casi si avesse il dovere di disobbedire. Fu cosi' denunciato alla procura della Repubblica e al contempo vennero presentati un esposto al provinciale degli scolopi e un'accusa al Santo Uffizio. Si apri' un processo contro di lui che si concluse, dopo l'assoluzione in primo grado, con una sentenza definitiva di condanna della Cassazione nel giugno 1964. La sentenza, che entrava nel merito di motivazioni di tipo religioso imputando allo scolopio un difetto di ortodossia, suscito' proteste e attestazioni di solidarieta' nei suoi confronti. Non vi furono critiche alle sue posizioni da parte del pontefice.
Alla fine del 1964 comincio' a delinearsi la possibilita' di un ritorno a Firenze. Paolo VI, in un'udienza privata dell'ottobre di quell'anno, gli manifesto' il proprio favore. La sua richiesta di rientro nella provincia ottenne il sostegno di Tomek e nel gennaio 1966 anche Ottaviani gli comunico' di non avere piu' obiezioni, sollecitandolo tuttavia a limitarsi alla predicazione e allo studio e a evitare interventi sul piano politico. Resto' invece ferma l'opposizione di Florit e alla fine si trovo' una soluzione di compromesso con il suo trasferimento, con decreto generalizio del 16 luglio 1966, nella comunita' scolopica della Badia fiesolana, che rientrava nella giurisdizione del vescovo di Fiesole. Intanto, nell'aprile 1966, con l'accordo suo e di Zolo, la curia fiorentina aveva tolto la dicitura "con approvazione ecclesiastica" a Testimonianze. La rivista passo' cosi' a una direzione laica e collegiale e, non impegnando la gerarchia ecclesiastica, pote' esprimersi con maggiore liberta'.
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Il ritorno a Firenze nelle tensioni del postconcilio
Nell'immediato postconcilio Balducci intensifico' la propria attivita' di conferenziere, chiamato da diversi vescovi italiani per commentare i testi conciliari. Il tema della chiesa locale divenne centrale nella sua riflessione degli anni 1966-1967, in uno stretto rapporto con la Chiesa bolognese di Giacomo Lercaro e Giuseppe Dossetti: a Bologna si svolse nel maggio 1967 il secondo convegno di Testimonianze dedicato a La coscienza del popolo di Dio. Premesse per un rinnovamento in Italia.
Con l'esplodere, nel corso del 1968, del dissenso cattolico, fu indicato come uno dei suoi ispiratori: un'attribuzione di paternita' che respinse pur riconoscendo che alcune delle posizioni dei gruppi che ne erano protagonisti erano state divulgate nel decennio precedente da Testimonianze. Si fece inoltre coinvolgere in un tentativo di mediazione – operato insieme ad altri sacerdoti fiorentini – nelle tensioni esplose nell'ottobre 1968 tra Florit e la comunita' parrocchiale dell'Isolotto, dopo il rifiuto di quest'ultima di ritrattare pubblicamente – secondo quanto richiesto dal vescovo – la lettera di solidarieta' inviata il 30 settembre agli occupanti della cattedrale di Parma. Alla rimozione del parroco Enzo Mazzi il 4 dicembre, la comunita' reagi' rifiutando di partecipare alle celebrazioni eucaristiche tenute presso la parrocchia da sacerdoti inviati da Florit e organizzando autonomamente incontri di preghiera alternativi. Fallito un ulteriore tentativo di pacificazione operato da Balducci e Nando Fabro nell'agosto 1969 su mandato del convegno del Segretariato delle attivita' ecumeniche riunito a Camaldoli, la tensione torno' a innalzarsi dopo che Florit, il 31 agosto, volle celebrare una messa nella chiesa dell'Isolotto senza preavvertire la comunita' e facendovi convenire fedeli da altre parti della citta'. Il I settembre Balducci stese una dichiarazione nella quale criticava, per ragioni analoghe e simmetriche, sia la ripresa della celebrazione autogestita in piazza da parte della comunita' sia l'iniziativa dell'arcivescovo. Riteneva infatti che, poiche' la celebrazione eucaristica richiedeva comunione ecclesiale, una messa celebrata da un membro della Chiesa in polemica con l'altro era in contraddizione con il proprio significato.
Le riflessioni ecclesiologiche fatte durante la vicenda dell'Isolotto furono pubblicate nel volume La Chiesa come eucaristia (Brescia 1969) e quelle relative al complessivo periodo 1960-1970 nel Diario dell'Esodo (1971). In entrambi i volumi la celebrazione eucaristica acquisisce un ruolo sempre piu' centrale in quanto luogo di realizzazione della Chiesa come popolo di Dio.
Le posizioni assunte sul caso dell'Isolotto si ripercossero negativamente su Balducci, procurandogli un duro richiamo del vescovo di Fiesole e nuove tensioni con l'ordine, di cui dall'agosto 1967 era divenuto generale Laureano Suarez Díez. Nell'autunno 1969 circolava la voce di una sua possibile esclaustrazione e di provvedimenti punitivi nei suoi confronti che furono evitati grazie alla mobilitazione a suo favore di numerosi confratelli. Nel 1970 fu eletto assistente provinciale e malgrado venisse posta una serie di vincoli alla sua attivita' di docente, scrittore e conferenziere, divenne sempre piu' un importante riferimento per quanti erano al margine dell'istituzione ecclesiastica. I suoi interventi su temi particolarmente accesi aggravarono la sua posizione nella Chiesa e nell'ordine.
Ripercussioni particolarmente gravi ebbe il dibattito televisivo con Jean Danielou del 28 settembre 1971. Il cardinale francese vi sostenne che la crisi del clero fosse imputabile alla messa in discussione del celibato, mentre Balducci la attribui' allo scandalo di una Chiesa-istituzione che diceva di ispirarsi al Vangelo, ma che di fatto assumeva comportamenti a esso contrari, generando lo smarrimento di molti. Queste affermazioni furono oggetto di critica da parte dello stesso pontefice (che tuttavia in un secondo momento fu piu' benevolo) e sembrarono mettere ancora una volta in discussione lo stato religioso di Balducci. Egli prese le distanze da quanti, in relazione alla vicenda, lo ascrissero all'area della contestazione ecclesiale e indico' il luogo della propria specifica collocazione tra l'annuncio e la testimonianza del Vangelo come ragione della sua esistenza e la ferma volonta' di restare in comunione con la Chiesa.
Negli anni successivi si pronuncio' – nel nome della legittimita' del pluralismo delle opzioni temporali riconosciuta dal Concilio – contro l’'identificazione dei cattolici con un unico partito. In occasione del referendum sul divorzio del 1974 sostenne le posizioni dei cattolici pronunciatisi per il no con la motivazione che, pur costituendo l'indissolubilita' del matrimonio un valore morale e religioso, essa non poteva essere imposta in modo coattivo da parte dello Stato, ma doveva semmai essere testimoniata dai cristiani con la loro vita. Dopo un richiamo del vescovo di Fiesole Antonio Bagnoli, si impegno' a sospendere prese di posizione pubbliche su questo tema limitatamente al periodo della campagna referendaria.
La tensione con i vescovi italiani riemerse in occasione delle elezioni politiche del 1976, quando alcuni cattolici a lui vicini (Mario Gozzini e Raniero La Valle) si candidarono come indipendenti nelle liste del PCI. Proprio alla Badia fiesolana si era svolta nel maggio 1976 la riunione nella quale era stata abbozzata l'ipotesi di queste candidature e a Balducci fu imputata la paternita' dell'operazione. L'8 febbraio 1977 il sostituto alla segreteria di Stato mons. Giovanni Benelli (dal giugno successivo arcivescovo di Firenze) gli invio' una lettera con un "unito appunto personale e privato" nel quale elencava le critiche mosse da piu' parti alle sue posizioni (Archivio Fondazione Balducci, Fiesole, Privato, Sezione IV, Chiesa, fasc. I/7, segreteria di Stato, cc. 254-259) e nel settembre successivo si svolse un incontro tra la congregazione dei Religiosi e la congregazione per la Dottrina della fede per discutere della sua ortodossia. Promosso dallo stesso Benelli e dalla segreteria di Stato, non dette luogo a procedere.
Nel corso di queste vicende in Balducci venne progressivamente meno ogni speranza di rinnovamento dell'istituzione ecclesiastica. Si oriento' cosi' nella direzione dell'assunzione, all'interno di quest'ultima, di una posizione di marginalita' nella quale limitarsi a utilizzare gli spazi di parola che ancora gli venivano lasciati.
Nel 1977 pubblico' il volume Le ragioni della speranza, nel quale rese esplicito il passaggio della sua riflessione a una nuova fase che poneva al centro il rapporto tra vissuto della fede e storia. Vi caratterizzo' la propria posizione come improntata a un'immagine di Chiesa ricondotta a un ambito spirituale e alla disponibilita' a vivere in un mondo non piu' sacrale, ma profano. Indicava inoltre nella "scelta dei poveri [...] la sua vera carta di identita' politica" e nella spiritualita' dei Piccoli fratelli di Gesu' un termine di confronto quotidiano che alimentava un'immagine di Chiesa "totalmente liberata dal gravame del potere". Da qui il progetto di condividere la storia di tutti gli uomini, senza privilegi, nel cuore della loro comune ricerca. Sosteneva l'esigenza, da un lato, di abbandonare la "cultura cattolica" e, dall'altro, di operare una riflessione di fede a partire dalla Theologia crucis, in una "tensione profetica" tra "comprensione scientifica della storia e confessione di fede nel Gesu' della Croce". La fede in un Dio che ama il mondo e cui e' possibile l'impossibile era per lui "un segreto da testimoniare, non un argomento per le dialettiche culturali" (E. Balducci, Le ragioni della speranza, Roma 1977, pp. 5-10). Dalla fine del pontificato di Paolo VI i rapporti con le gerarchie vaticane e con i vescovi italiani si attenuarono e sotto il pontificato di Giovanni Paolo II la sua presenza sulla scena pubblica fu sottoposta a un minore controllo.
Dal 1976 al 1982 fu rettore della Badia fiesolana e negli anni successivi partecipo' al dibattito sulla dissociazione dal terrorismo e sul carcere che precedette il varo, tra il 1986 e il 1987, della legge sulla riforma carceraria (nota come legge Gozzini) e di quella sulla dissociazione. Il suo contributo in questo ambito non fu solo teorico: egli intrattenne un'intensa corrispondenza con molti terroristi di sinistra e promosse alla Badia incontri settimanali con i genitori dei terroristi detenuti. Nel corso di questa esperienza maturo' uno spostamento dell'orizzonte della sua riflessione e del suo impegno dalla Chiesa alla societa' civile, ridefinendo il problema religioso in termini che lo ponevano in stretto rapporto con questioni di tipo esistenziale e antropologico.
Nel volume L'uomo planetario (Brescia 1985) caratterizzo' egli stesso questo sviluppo come "svolta antropologica". Nella nuova prospettiva del suo pensiero, la pace costituiva un imperativo assoluto e imprescindibile da cui dipendeva la sopravvivenza dell'umanita'. Dal 1981 ebbe un ruolo importante nell'animazione del ciclo di convegni di Testimonianze sul tema Se vuoi la pace prepara la pace e nel 1986 fondo', con il supporto economico degli scolopi, le edizioni Cultura dalla pace. Nel corso della guerra del Golfo intervenne ripetutamente, anche su testate della sinistra (L'Unita', Il Manifesto, Rinascita), per richiamare l'ONU e la diplomazia internazionale alla sostituzione della guerra con le armi del diritto. Parallelamente nelle omelie negava che la violenza potesse costituire uno strumento di giustizia.
Nel frattempo la Badia fiesolana era divenuta punto di riferimento per una comunita' di laici e di scolopi che si riuniva attorno alla liturgia domenicale da lui celebrata e che promuoveva incontri di riflessione e solidarieta' sia sul piano internazionale (con l'appoggio a iniziative concrete) sia nella citta' (ad esempio nell'ambito della psichiatria o delle carceri). Si era dunque creato una piccola Chiesa locale, una comunita' eucaristica nella quale meditava la parola e dalla quale diceva e scriveva di trarre ispirazione. La comunita' di Badia fu piu' volte visitata dal cardinale Piovanelli (arcivescovo di Firenze dal 1983) e partecipo' ai lavori del sinodo fiorentino.
All'inizio del 1992 usci' il suo ultimo volume, La terra del tramonto, nel quale sostenne l'esigenza di integrare culture diverse e di recuperare l'intuizione originaria di tutte le religioni. Mori' a Cesena il 25 aprile successivo, due giorni dopo un incidente stradale alle porte di Faenza.
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Fonti e bibliografia
Balducci ha lasciato una documentazione inedita e una bibliografia molto vaste. La prima, raccolta presso l'Archivio della Fondazione a lui intitolata, che ha sede nella Badia fiesolana, e' stata in parte inventariata nel volume Percorsi di archivio. L'archivio di Ernesto Balducci, a cura di B. Bocchini Camaiani, M. Galfre', N. Silvestri, Firenze 2000. La seconda e' stata censita in Ernesto Balducci. Cinquant'anni di attivita', a cura di A. Cecconi, Firenze 1996, pp. 183-299. Anche gli interventi e gli studi su Balducci sono stati raccolti in Ernesto Balducci. Bibliografia critica 1956-2002, a cura di A. Cecconi, San Domenico di Fiesole 2002. Della biblioteca di Balducci e' stato pubblicato il Catalogo della biblioteca privata di padre Ernesto Balducci, a cura di E. Viti, direzione scientifica di M. Guerrini, Firenze 2012.
Rimandando a questi strumenti per una bibliografia piu' puntuale di e su Balducci, ci limitiamo qui a segnalare le edizioni di fonti e gli studi di carattere piu' strettamente scientifico: Fede e poesia nel giovane Ernesto Balducci (1940-1950), a cura di A. Cecconi, presentazione di L. Grassi, Firenze 1998; Ernesto Balducci e "Mal'Aria". Rivista maremmana 1951-1954, Firenze 2000; Agnese Baggio - Ernesto Balducci: Lettere 1950-1979, a cura di N. Silvestri, San Domenico di Fiesole 2001; E. Balducci, Diari (1940-1945), t. I (1940-1943), a cura di M. Paiano, Firenze 2002; Diari (1940-1945), t. II (1943-1945), a cura di Ead., Ibid. 2004; Diari (1945-1978), a cura di Ead., Brescia 2009.
Studi: B. Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La Chiesa e la modernita', Bari 2002; L. Martini, La laicita' nella profezia. Cultura e fede in Ernesto Balducci, Roma 2002; Ernesto Balducci. La chiesa, la societa', la pace, a cura di B. Bocchini, Brescia 2005; C. Posi, Il Dio planetario. Cristianesimo e religioni nel pensiero di Ernesto Balducci, Assisi 2012; Padre Ernesto Balducci dalla "Messa degli artisti" all'arte contemporanea, a cura di A. Cecconi - C. Giannini, Firenze 2013.

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Luciana Castellina, Cinquant'anni d'Europa. Una lettura antiretorica, Utet, Torino 2007, pp. X + 244.
- Luciana Castellina, Eurollywood. Il difficile ingresso della cultura nella costruzione dell'Europa, Ets, Pisa 2008, pp. 244.
- Luciana Castellina, La scoperta del mondo, Nottetempo, Milano 2011, pp. 300.
- Luciana Castellina, Ribelliamoci. L'alternativa va costruita, Aliberti, Roma 2011, pp. 80.
- Luciana Castellina, Siberiana, Nottetempo, Milano 2012, 2013, pp. 188.
- Luciana Castellina, Manuale antiretorico dell'Unione Europea. Da dove viene (e dove va) quest'Europa, Manifestolibri, Roma 2016, pp. 176.
- Luciana Castellina, Amori comunisti, Nottetempo, Milano 2018, pp. 272.
- Milena Agus, Luciana Castellina, Guardati dalla mia fame, Nottetempo, Milano 2014, pp. 216.
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Riedizoni
- Robert Mallett, Mussolini in Etiopia 1919-1935. Le origini della guerra dell'Italia fascista in Africa, Leg, Gorizia 2018, Rcs, Milano 2020, pp. 320, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3701 del 6 aprile 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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