[Nonviolenza] Telegrammi. 3612



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3612 dell'8 gennaio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Crolli nervosi, rialzi dei mercati
2. "Follia del potere imperiale e resistenza in nome della dignita' umana". Un incontro di studio a Viterbo
3. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
4. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
5. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
6. Enzo Bianchi: Quando gridano le pietre
7. Le ragioni della nonviolenza in alcuni scritti di Giuliano Pontara
8. Gianfranco Ravasi ricorda David Maria Turoldo
9. Segnalazioni librarie
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. REPETITA IUVANT. CROLLI NERVOSI, RIALZI DEI MERCATI

Che uccidano le armi sapevamo
avendo letto Omero in gioventu'.

Ma l'assassino non e' solo chi
preme il grilletto e fa sprizzare il sangue.

Dietro quell'assassino altri vi sono:
chi l'arma fabbrica, chi la commercia

chi addestra all'uso, chi permette ancora
che armi, eserciti, che guerre esistano.

2. INCONTRI. "FOLLIA DEL POTERE IMPERIALE E RESISTENZA IN NOME DELLA DIGNITA' UMANA". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO

La sera di martedi' 7 gennaio 2020 a Viterbo, presso il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" si e' tenuto un incontro di studio e di riflessione sul tema: "Follia del potere imperiale e resistenza in nome della dignita' umana".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Una breve notizia su Paolo Arena
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica, di storia linguistica dell'Italia contemporanea. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta. Cura il sito www.letterestrane.it

3. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

4. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

6. RIFLESSIONE. ENZO BIANCHI: QUANDO GRIDANO LE PIETRE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo questo intervento di Enzo Bianchi apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 6 gennaio 2020]

Una guerra mondiale combattuta a pezzi e su terre che non sono quelle dei contendenti: questo e' cio' che ancora una volta accade sotto i nostri occhi nel Medio Oriente, destando l'incubo di una guerra piu' estesa che potrebbe incendiare il Mediterraneo. Una sciagurata operazione di annientamento fisico del "nemico" apre infatti scenari di concreti rischi bellici, mentre si sta creando un'altra situazione critica in Libia, dove alcune potenze straniere potrebbero aprire una nuova sanguinosa battaglia.
Non si puo' dimenticare che in quest'area i rischi bellici sono anche nucleari, per la presenza di armamenti atomici.
Comprendiamo quindi l'urgenza delle parole pronunciate recentemente da papa Francesco al Memoriale della Pace di Hiroshima: "L'uso dell'energia atomica per fini di guerra e' immorale, come allo stesso modo e' immorale il possesso delle armi atomiche". Parole attorno alle quali, pero', si e' subito creato un cordone sanitario di tacitamento, al punto che Francesco le ha volute riprendere, sottolineando la sua intenzione che "questa condanna deve essere presente nel Catechismo della Chiesa cattolica".
Questo e' il destino di ogni voce profetica all'interno della societa': da un lato non stancarsi di farsi "voce di chi non ha voce", dei piu' indifesi, delle vittime di guerre di cui non sanno il perche'; dall'altro, constatare come questa voce sia osteggiata e silenziata da chi ha maggiore potenza mediatica.
Infatti, ogni volta che il magistero papale ha affrontato il tema del disarmo - in particolare nucleare - come via per la pace giusta, ha incontrato la stessa congiura di silenzio: dalla Pacem in terris di papa Giovanni, con la sua affermazione che "e' estraneo alla ragione" pensare di poter ristabilire la giustizia attraverso la guerra, fino al discorso di Paolo VI all'Onu o alle parole di Giovanni Paolo II contro la guerra in Jugoslavia e in Iraq, sempre la portata dirompente di queste parole e' stata smorzata, coperta da discorsi fuorvianti, svilita in distinguo speciosi, persino all'interno della chiesa stessa.
Certe parole non le si vuole proprio ascoltare: forse perche' si teme che, ascoltate e prese sul serio dall'opinione pubblica, potrebbero ispirare qualche politico o responsabile di governo ad agire di conseguenza.
Significativa l'annotazione che il monaco Thomas Merton scrisse nel suo diario all'uscita dell'enciclica Pacem in terris, dopo che negli anni precedenti i suoi stessi superiori avevano censurato gli scritti da lui dedicati alla pace: "Se papa Giovanni avesse dovuto passare al vaglio dei censori dell'ordine trappista, questa enciclica non sarebbe mai uscita". Eppure, vale per i profeti quanto Gesu' disse a chi criticava i bambini che lo accoglievano con gioia: "Se questi taceranno, grideranno le pietre!".

7. REPETITA IUVANT. LE RAGIONI DELLA NONVIOLENZA IN ALCUNI SCRITTI DI GIULIANO PONTARA
[Riproponiamo ancora una volta questa scheda, redatta frettolosamente forse vent'anni fa, recante riassunti ed estratti da alcuni scritti del secolo scorso di Giuliano Pontara.
Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006; Quale pace?, Mimesis, 2016. E' autore delle voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della nonviolenza"]

I. Da Giuliano Pontara, Nonviolenza (per la critica radicale della violenza)
Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV. (a cura di Bobbio, Matteucci, Pasquino), Dizionario di politica, Tea, Milano 1992:
1. il primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica della violenza. Secondo questo argomento, l'uso della violenza (...) ha sempre portato a nuove e piu' vaste forme di violenza in una spirale che ha condotto alle due ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella distruzione dell'intero genere umano";
2. il secondo argomento "mette in risalto le tendenze disumanizzanti e brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne fa uso diventa progressivamente sempre piu' insensibile alle sofferenze ed al sacrificio di vite che provoca;
3. il terzo argomento "concerne il depauperamento del fine cui l'impiego di essa puo' condurre (...). I mezzi violenti corrompono il fine, anche quello piu' buono";
4. il quarto argomento "sottolinea come la violenza organizzata favorisca l'emergere e l'insediamento in posti sempre piu' importanti della societa', di individui e gruppi autoritari (...). L'impiego della violenza organizzata conduce prima o poi sempre al militarismo";
5. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le istituzioni necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e integrali del movimento o della societa' che ricorre ad essa (...). 'La scienza della guerra porta alla dittatura' (Gandhi)".
A questi argomenti ne vorremmo aggiungere altri due:
6. un argomento, per cosi' dire, di tipo epistemologico: siamo contro la violenza perche' siamo fallibili, possiamo sbagliarci nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni, e quindi e' preferibile non esercitare violenza per imporre fini che potremmo successivamente scoprire essere sbagliati;
7. soprattutto siamo contro la violenza perche' il male fatto e' irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati).
Agli argomenti contro la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo decisivo ragionamento: "I fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti che ogni condanna della violenza come strumento di lotta politica rischia di diventare un esercizio di sterile moralismo se non e' accompagnata da una seria proposta di istituzioni e mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro proposta dell'alternativa satyagraha o della lotta nonviolenta positiva, in base alla duplice tesi a) della sua praticabilita' anche a livello di massa e in situazioni conflittuali acute, e b) della sua efficacia come strumento di lotta" per la realizzazione di una societa' fondata sulla dignita' della persona, il benessere di tutti, la salvaguardia dell'ambiente.
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II. Da Giuliano Pontara, Gandhismo (definizione del satyagraha)
Sunteggiamo qui alcuni passaggi essenziali della voce Gandhismo scritta da Pontara per il gia' citato Dizionario di politica curato da Bobbio, Matteucci e Pasquino, Utet, Torino, poi Tea, Milano. Nello stesso volume Pontara ha steso altresi' le voci Nonviolenza, Ricerca scientifica sulla pace, Utilitarismo.
La voce di dizionario di cui qui citeremo e riassumeremo alcuni punti essenziali esordisce ricordando che Gandhi insistette sempre nell'affermare che "non esiste qualcosa come il gandhismo", cosi' rimarcando il carattere aperto e sperimentale delle sue concezioni etiche, sociali e politiche, ed il suo rifiuto di ogni forma di settarismo che si richiamasse al suo nome (come e' noto, non altrimenti Marx affermava di non essere marxista). Gandhi non scrisse alcun trattato sistematico sulla sua concezione della nonviolenza, la sua opera letteraria e' fondamentalmente costituita di migliaia di articoli giornalistici, lettere, appelli, sempre stesi con un fine immediato ed interlocutori specifici; del resto la sua autobiografia conferma questo carattere sperimentale della sua riflessione ed azione, recando fin nel titolo esplicitamente l'espressione esplicativa di Storia dei miei esperimenti con la verita'.
Ovviamente dal complesso dell'opera gandhiana, palesemente asistematica (e Pontara sottolinea una somiglianza in questo con l'opera gramsciana), e' possibile ricavare  alcuni elementi teorici originali, persistenti e coerenti che grosso modo possiamo considerare particolarmente caratteristici dell'elaborazione teorica e della proposta pratica gandhiana. Pontara sottolinea particolarmente:
"a) la critica all'industrialismo in quanto tale, e non soltanto alla variante capitalistica di esso;
b) la concezione di uno 'stato nonviolento';
c) le idee sull'educazione fondata sulla partecipazione al lavoro produttivo, soprattutto a quello manuale;
d) la sua filosofia dei conflitti di gruppo;
e) la sua concezione dei rapporti tra etica e politica;
f) la sua dottrina del satyagraha come modalita' del tutto particolare della lotta politica".
La parte piu' perspicua del testo e' ovviamente la caratterizzazione della specifica modalita' di lotta nonviolenta che Gandhi definisce satyagraha, "termine coniato da Gandhi che significa, all'incirca, modalita' di lotta caratterizzata dalla fermezza nella verita'. Siffatta modalita' di lotta e' definita da sei princìpi fondamentali. In tutta brevita' essi sono i seguenti.
1) In una situazione conflittuale non si debbono porre obiettivi incompatibili con la concezione etica che soggiace alla dottrina nonviolenta: 'E' impossibile praticare il satyagraha al servizio di una causa ingiusta'.
2) In una situazione conflittuale si deve impostare sin dall'inizio la lotta in modo tale da non minacciare l'avversario nei suoi interessi vitali (la vita, l'integrita' fisica e psichica), scegliendo tecniche di lotta deliberatamente volte a minimizzare le sofferenze che il conflitto puo' comportare per la parte avversaria.
3) In una situazione conflittuale bisogna essere disposti a sobbarcarsi di sacrifici che possono essere anche assai notevoli (...).
4) Il quarto principio del satyagraha prescrive di attenersi in ogni fase del conflitto alla massima obiettivita' e imparzialita', di appellarsi alla ragione cercando di comprendere i motivi e gli argomenti della parte avversaria, di non operare nella clandestinita'.
5) Un requisito fondamentale del satyagraha e' quello di un impegno continuo e costante in un programma costruttivo fondato in parte sulla individuazione di fini sovraordinati, ossia tali che la loro realizzazione e' nell'interesse delle parti in conflitto ed e' possibile soltanto merce' una certa collaborazione tra di esse. Cio' serve a creare quel minimo di comunicazione senza la quale una lotta di tipo satyagraha non e' possibile (...).
6) Un ultimo principio fondamentale della lotta satyagraha e' quello che Gandhi chiamava 'la legge di progressione dei mezzi': si puo' ricorrere a forme piu' radicali di lotta nonviolenta soltanto dopo che quelle piu' blande si sono mostrate chiaramente inefficaci.
Gandhi riteneva che i suoi 'esperimenti' di lotta satyagraha in Sud Africa e in India avessero dimostrato la validita' delle tre seguenti ipotesi:
a) che con una dovuta preparazione e organizzazione e' possibile portare delle vaste masse a praticare forme di lotta che soddisfano in misura notevole i requisiti del satyagraha;
b) che il metodo satyagraha costituisce una concreta ed efficace alternativa alla violenza armata nella lotta per delle cause giuste;
c) che il satyagraha tende a bloccare, in forza di fattori morali, psicologici e politici, la reazione violenta dell'oppositore, a condurre a soluzioni accettate e costruttive dei conflitti, e di conseguenza ad una riduzione massima della violenza nel mondo".
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III. Da Giuliano Pontara, La personalita' nonviolenta
Nel secondo capitolo che ha lo stesso titolo dell'intero volume: La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996, Giuliano Pontara evidenzia dieci qualita' di quella che definisce la "personalita' nonviolenta" (contrapposta alla "personalita' autoritaria"), qualita' che cosi' elenca e descrive:
1. Il ripudio della violenza (su cui svolge un'analisi molto fine ed articolata che qui non possiamo adeguatamente riassumere ma alla quale rinviamo anche perche' e' assai caratteristica del modo di argomentare dell'autore);
2. La capacita' di identificare la violenza (ovvero di riconoscerla anche laddove si presenti mascherata o cronicizzata; "la capacita' di individuare la violenza a tutti i livelli, da quello personale a quello istituzionale, da quello individuale a quello strutturale, da quello internazionale a quello intergenerazionale. Altrettanto importante e' la capacita' di individuarla in tutte le forme che essa puo' assumere, e non soltanto in quelle piu' appariscenti della violenza armata");
3. La capacita' di empatia (ovvero di identificazione con gli altri e in primo luogo con quelli che soffrono di piu');
4. Il rifiuto dell'autorita' ("una persona nonviolenta ritiene che la responsabilita' per quello che fa non puo' essere addossata ad altri... fa dunque propria la massima di don Milani: l'obbedienza, in quanto tale, non e' una virtu'");
5. La fiducia negli altri (che si contrappone alla logica militare: "Uno dei principi fondamentali della nonviolenza prescrive di impostare la conduzione di un conflitto in modo tale da fare appello ai lati migliori di coloro che ci si trova di fronte come oppositori, usando tecniche di lotta volte ad ingenerare in un numero sempre maggiore degli individui che costituiscono il gruppo oppositore una crescente fiducia nei confronti del gruppo nonviolento. Si tratta di un continuo tentativo di sostituire la spirale della sfiducia, propria della logica della violenza, con la spirale della fiducia");
6. La capacita' di dialogare, ovvero la disposizione al dialogo (qui Pontara svolge una efficace perorazione in favore del principio fallibilista, di cui riportiamo ampi stralci: "Un assunto che soggiace alla disposizione al dialogo e' l'accettazione del principio del fallibilismo. Questo principio ci dice che siamo tutti esseri mortali con poteri di conoscenza limitati onde nessuno puo' mai dirsi sicuro che quello che in un certo momento crede essere vero, in effetti sia tale: puo' benissimo darsi che sia falso. Il fallibilismo vale in primo luogo nel campo della scienza. Ma vale ugualmente nel campo delle credenze etiche. I nostri giudizi morali possono infatti essere distorti dai nostri piccoli interessi egoistici, o fondati su ipotesi empiriche false o su informazioni incomplete. Possono anche essere fondati su assunti di valore che non abbiamo visitato criticamente o tali per cui se esaminati criticamente saremmo stati disposti ad abbandonare. (...) Il fallibilismo in etica e' profondamente compatibile con l'avere delle profonde convinzioni morali (...). Un individuo fornito di una personalita' nonviolenta... non vorra' escludere a priori la possibilita' di aver lui torto e l'avversario ragione. Per questo egli rifiuta metodi di conduzione dei conflitti che comportano la distruzione dell'avversario (...). Il fallibilismo abbraccia anche le credenze religiose ed essere fallibilista in religione e' pur sempre compatibile con l'avere una profonda fede religiosa (...). L'interiorizzazione del principio del fallibilismo e' dunque uno dei migliori vaccini contro tutte le forme di fanatismo...; e' altresi' fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni democratiche e costituisce un grande incentivo alla tolleranza (...). Il fallibilismo vale nei confronti di tutti i giudizi, anche quelli in cui si articola il fallibilismo stesso: non possiamo escludere che la credenza stessa per cui siamo tutti fallibili in effetti sia falsa. Ben poco pero' induce a credere che tale essa sia. Il contrario del fallibilismo e' il dogmatismo");
7. La mitezza (che ovviamente si armonizzi con le altre qualita' indicate);
8. Il coraggio;
9. L'abnegazione;
10. La pazienza.
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IV. Da Giuliano Pontara, Etica  e generazioni future
Pontara e' autore di un bel libro introduttivo, chiaro ed essenziale, su Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995. Il libro muove dalla consapevolezza che "le possibilita' che l'attuale generazione di adulti e quelle immediatamente successive hanno di influire, nel bene e nel male, e a livello globale, sulle generazioni future, anche su quelle che esisteranno in un futuro remoto, parrebbero essere enormemente maggiori di quelle che ogni altra generazione precedente abbia mai avute. Questo comporta che il problema della nostra responsabilita' nei confronti dei posteri assume un'importanza molto maggiore che non quella che ragionevolmente poteva avere per generazioni precedenti" (p. 6).
Pontara delinea tre possibilita' di incidere sulle generazioni future, anche di un futuro remoto:
"a) e' possibile incidere su quanti individui esisteranno in futuro - con lo zero come limite inferiore, caso che si verificherebbe, ad esempio, in seguito allo scoppio (magari per errore) di una guerra termonucleare che ponesse fine all'umanita';
b) e' possibile incidere su quali individui esisteranno in futuro: cio' non soltanto in seguito agli sviluppi della scienza biomedica e dell'ingegneria genetica, bensi' anche in quanto (e come si vedra' meglio in seguito) le scelte di certe linee di politica energetica, economica, sociale, demografica, militare, ecc., hanno effetti tali per cui nessuno degli individui che esisteranno tre-quattro secoli dopo che una certa linea politica e' stata scelta sarebbe esistito ove fosse stata mandata ad effetto una qualche linea politica alternativa;
c) e' possibile incidere sul tenore e la qualita' della vita di vaste masse di individui che esisteranno in futuro" (p. 15).
Stante questa situazione, si pone il problema della nostra responsabilita' morale verso le generazioni future, che Pontara articola cosi':
"1. Vi sono obblighi o doveri morali di natura generale che soggetti,
individuali o collettivi, esistenti in un qualsiasi periodo di tempo hanno nei confronti di generazioni di individui i quali rispetto ad essi vivranno nel futuro? (...)
2. Quali sono piu' precisamente gli obblighi generali cui si soggiace, e possono essi trovare una spiegazione plausibile, vale a dire un fondamento in una teoria etica sostenibile? (...)
3. Quali obblighi più specifici si possono dedurre da quelli generali per quanto riguarda la nostra responsabilità verso le generazioni a noi future? (...)
4. Quali sono le misure educative, sociali, giuridiche, politiche - sia a livello locale sia a livello globale, sia a livello di singoli stati sia a livello internazionale - necessarie al fine di far rispettare gli obblighi morali verso le generazioni future?" (pp. 15-16).
Al termine di una vasta, approfondita e problematica disamina di tutti i nodi considerati, Pontara giunge alla formulazione di un approccio che propone "alcune norme di morale intergenerazionale tra le quali vorrei mettere in rilievo almeno le quattro seguenti:
N1. Non fare scelte che abbiano effetti irreversibili, o comunque la cui
reversibilita' e' molto difficile ed estremamente costosa;
N2. Massimizzare il tenore di vita sostenibile;
N3. Salvaguardare la biodiversita';
N4. Salvaguardare il patrimonio artistico, scientifico, culturale.
Il rispetto generale di queste norme parrebbe essere condizione necessaria affinche' alle generazioni future siano almeno lasciate aperte opzioni non minori di quelle che hanno le generazioni oggi esistenti" (p. 160).
Il filosofo pone anche il problema delle misure giuridiche e politiche necessarie affinche' queste norme siano rispettate, ed evidenzia come ad esempio la Costituzione italiana "non soltanto non contiene alcun  accenno a diritti di generazioni future, ma non contiene nemmeno alcun accenno a obblighi di salvaguardia dell'ambiente" (p. 161); ed esaminando il contesto e le relazioni internazionali evidenzia la necessita' di una svolta profonda.
"Chiudo con due osservazioni che sono ovvie, ma che vale la pena ribadire.
La prima e' che bisogna stare in guardia contro l'errore di ritenere che ogni stato, come oggi esiste, abbia obblighi soltanto o particolarmente forti nei confronti delle generazioni future di propri cittadini. Infatti, come la storia, anche piu' recente, ci insegna, gli stati sono istituzioni che nascono, si modificano, spariscono. Non ha quindi molto senso parlare di obblighi che lo stato ha soltanto nei confronti delle generazioni di propri futuri cittadini. Il problema della responsabilita' verso le generazioni future e' un problema globale, non nazionale.
La seconda osservazione che va ribadita e' che una politica responsabile (improntata, tra l'altro, alla osservanza dei dettami delle quattro norme sopra messe in rilievo) nei confronti delle generazioni future e' necessariamente connessa con una politica responsabile nei confronti delle generazioni oggi viventi nei paesi del Terzo mondo.
(...) E' quindi della massima importanza che i rapporti tra Nord e Sud siano radicalmente ridimensionati: di questo ridimensionamento fa certamente parte la cancellazione regolata dell'enorme debito del Terzo mondo che si aggira sull'astronomica somma di 1.400 miliardi di dollari. E' una delle misure necessarie per salvaguardare vitali interessi di generazioni future" (pp. 165-166).

8. MEMORIA. GIANFRANCO RAVASI RICORDA DAVID MARIA TUROLDO
[Riceviamo e volentieri diffondiamo questo intervento di Gianfranco Ravasi apparso sul  "Corriere della Sera" il 6 gennaio 2020 con il titolo "Turoldo, la fede e' impegno"]

La mia amicizia con Turoldo era nata in seguito alla pubblicazione negli anni 1982-1984 di un mio sterminato commentario ai Salmi: tre volumi di oltre tremila pagine che Turoldo aveva studiato, riletto e approfondito. Per questo mi aveva cercato e aveva iniziato una consuetudine durata poi per anni. Nel pomeriggio di ogni domenica scendeva dalla sua abbazia di Sotto il Monte, il luogo di nascita di san Giovanni XXIII, a casa dei miei familiari a Osnago (Lecco), ove io mi recavo dal Seminario Arcivescovile Milanese in cui allora insegnavo.
In quelle ore parlavamo a lungo, egli mi leggeva i suoi testi, accoglieva con un'umilta' assoluta anche le mie riserve, ci si inoltrava lungo i sentieri teologico-letterari di altri libri biblici che io allora stavo commentando come Qohelet e il Cantico dei cantici, destinati a diventare materia di altre sue riflessioni o poesie. In quei pomeriggi, che mi resero padre David amico e interlocutore intimo, c'e' una testimonianza curiosa che fu anche la "sorpresa" estrema che egli volle farmi. Infatti alla sua ardua opera postuma, edita nel 1992, Il dramma e' Dio (ma il titolo originale era Il dramma e' di Dio), aveva apposto una lettera a me destinata ma che aveva voluto rimanesse segreta fino al momento della pubblicazione del libro. La lessi, percio', quando ricevetti l'opera stampata ed egli era morto da un paio di mesi. Eccone il testo, datato "Festa dell'Ascensione 1991".
"Gianfranco, mi perdonerai di chiamarti sempre cosi': amico delle mie - delle nostre - domeniche. E' per riconoscenza di questa amicizia e di quei nostri conversari, nell'atrio della tua casa, smentendo che quella sia l'ora del "demone meridiano" (tanta invece era la serenita' e la gioia di quei nostri amati colloqui); e' per sdebitarmi, dico, del dono di una cosi' ricca amicizia che ora ti dedico questo lavoro... convinto che mi perdonerai di aver osato apparire come un invasore del tuo campo biblico. Ma tu sai che non e' vero. Tu piu' di altri sai con quanto timore e tremore mi accosto a questi abissi; e quanto mi conforta il rispetto verso di voi, insostituibili interpreti. E' poi noto che scrivo soprattutto per gli amici...; per gli amici antichi, quelli della resistenza per l'"Uomo": presenze che sempre evoco nelle mie dediche, al fine di continuare appunto a 'resistere'".
Da queste righe emerge in modo nitido il nesso intimo tra amicizia e fede, tra dialogo e ricerca sulla Parola di Dio, tra poesia e confessione. Un connubio che aveva retto tutta la sua vita, a partire dalla sua nativa Coderno in Friuli fino nei sotterranei della lotta antifascista, tra gli echi delle volte del Duomo di Milano ma anche nella familiarita' calda di Nomadelfia, dall'amatissimo ritiro per nulla eremitico di Sotto il Monte alle sale, alle aule, alle piazze vocianti, da un lontano Canada fino ai piccoli centri, fino appunto al villaggio bergamasco o a quelli di altre regioni italiane.
La sua figura imponente e sanguigna, dalla quale fuoriusciva una voce da cattedrale o da deserto, temperata dall'invincibile sorriso degli occhi chiari, aveva proprio nella Parola biblica il suo alimento vitale. "Servo e ministro sono della Parola", si era autodefinito, consapevole che ormai tutto il suo essere si era trasformato in "una conchiglia ripiena" dell'eco di quella parola infinita come il mare.
A lui era profondamente caro il verso di un altro suo amico, unito nella fede e nella poesia, Clemente Rebora: "La Parola zitti' chiacchiere mie". Per questo un suo affettuoso ammiratore - interamente ricambiato - come il cardinale Carlo Maria Martini, nella presentazione del volume Opere e giorni del Signore, aveva comparato padre Turoldo a Efrem Siro e a Romano il Melode, Padri della Chiesa d'Oriente, straordinari autori di omelie bibliche cantate.
Bisognerebbe in modo sistematico rileggere l'immensa produzione poetica turoldiana proprio inseguendone la filigrana biblica. Per quel poco che ho potuto annotare nelle mie letture, il flusso letterario di questo "cantore delle dense ore di Dio" copre l'intera sequenza delle Sacre Scritture, dalla Genesi, con l'irrompere della creazione dal grembo del nulla, fino all'Apocalisse e al suo sospiro finale del Maranatha', "Vieni Signore", passando soprattutto attraverso il suo costante compagno di viaggio, il libro dei Salmi. La pagina turoldiana e' come un intarsio di citazioni, allusioni, ammiccamenti, evocazioni bibliche: il suo e' lo spartito della Parola divina orchestrata in parole. Per usare liberamente un'immagine dello scrittore mistico ebreo Abraham J. Heschel, potremmo dire che ogni poesia di padre David e' da esaminare come una foglia alla trasparenza della luce solare: se il tessuto connettivo e' la storia con le vicende personali e sociali, il reticolo che sostiene, alimenta e impedisce ogni raggrinzimento o dissolvimento e' la Scrittura Sacra.
Questo intreccio tra Parola e parole, tra storia divina e storia umana, fu sempre anche alla radice del suo impegno nell'incarnazione del cristianesimo. Un impegno che si attestava spesso sulle frontiere piu' roventi o nei territori piu' disabitati da presenze religiose. I rischi di queste incursioni erano evidenti e sono a tutti noti. Ma padre Turoldo ha sempre tenuto alta la fiaccola della speranza cristiana, convinto che Dio e' con noi "vagabondo/ Una voce dal roveto ardente a camminare sulle strade,/ a cantare con noi/ i salmi del deserto". Convinto anche che la meta ultima della storia e' trascendente, la' dove "le lettere del divino Alfabeto/ saranno in fiore per il Cantico Nuovo".
E dobbiamo riconoscere che nei nostri giorni cosi' superficiali, chiusi e persino ottusi, sarebbe ancor piu' necessaria la voce di Turoldo che inquietava la pigra pace delle coscienze col fuoco di quell'Alfabeto che risuona dal roveto ardente.

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Riletture
- Robert Jaulin, La pace bianca. Introduzione all'etnocidio, Laterza, Bari 1972, pp. 568.
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Scacchi
- Max Euwe, Trattato di scacchi, Mursia, Milano 1976, 1980, pp. 320.
- Aleksandr Naftaljevic Koblentz, Teoria e pratica degli scacchi, Mursia, Milano 1973, 1974, pp. VI + 418.
- Aaron Nimzowitsch, Il mio sistema, Mursia, Milano 1975, pp. 344.
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Strumenti
- Susanna Granello, Agenda della scuola. Secondo trimestre anno scolastico 2019/2020, Tecnodid, Napoli 2020, pp. 208, euro 40.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3612 dell'8 gennaio 2020
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
Alla luce delle nuove normative europee in materia di trattamento di elaborazione dei  dati personali e' nostro desiderio informare tutti i lettori del notiziario "La nonviolenza e' in cammino" che e' possibile consultare la nuova informativa sulla privacy: https://www.peacelink.it/peacelink/informativa-privacy-nonviolenza
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