[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 343



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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XX)
Numero 343 del 25 dicembre 2019

In questo numero:
1. Programma minimo di qualsivoglia governo fedele all'umanita'
2. Mao Valpiana: Lettera alle amiche e agli amici del Movimento Nonviolento
3. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
4. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
5. Salvatore Quasimodo: Ed e' subito sera
6. Salvatore Quasimodo: Rifugio d'uccelli notturni
7. Salvatore Quasimodo: Dove morti stanno ad occhi aperti
8. Salvatore Quasimodo: Isola di Ulisse
9. Salvatore Quasimodo: Alle fronde dei salici
10. Salvatore Quasimodo: Giorno dopo giorno
11. Salvatore Quasimodo: Milano, agosto 1943
12. Salvatore Quasimodo: Uomo del mio tempo
13. Salvatore Quasimodo: Anno Domini MCMXLVII
14. Salvatore Quasimodo: Il mio paese e' l'Italia
15. Salvatore Quasimodo: Ai quindici di Piazzale Loreto
16. Salvatore Quasimodo: Auschwitz
17. Salvatore Quasimodo: Ai fratelli Cervi, alla loro Italia
18. Salvatore Quasimodo: Il muro
19. Salvatore Quasimodo: In questa citta'
20. Salvatore Quasimodo: Ancora dell'inferno
21. Salvatore Quasimodo: Epigrafe per i caduti di Marzabotto
22. Salvatore Quasimodo: Epigrafe per i partigiani di Valenza
23. Giuseppe Ungaretti: In memoria
24. Giuseppe Ungaretti: Veglia
25. Giuseppe Ungaretti: Destino
26. Giuseppe Ungaretti: Fratelli
27. Giuseppe Ungaretti: Sono una creatura
28. Giuseppe Ungaretti: In dormiveglia
29. Giuseppe Ungaretti: Pellegrinaggio
30. Giuseppe Ungaretti: San Martino del Carso
31. Giuseppe Ungaretti: Allegria di naufragi
32. Giuseppe Ungaretti: Solitudine
33. Giuseppe Ungaretti: Mattina
34. Giuseppe Ungaretti: Lontano
35. Giuseppe Ungaretti: Sempre notte
36. Giuseppe Ungaretti: Un'altra notte
37. Giuseppe Ungaretti: Girovago
38. Giuseppe Ungaretti: Soldati
39. Carla Lonzi: Manifesto di Rivolta Femminile (luglio 1970)
40. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
41. Sostenere la Casa internazionale delle donne di Roma

1. REPETITA IUVANT. PROGRAMMA MINIMO DI QUALSIVOGLIA GOVERNO FEDELE ALL'UMANITA'

Salvare le vite e' il primo dovere.
Eguali diritti per tutti gli esseri umani.
Solidarieta' che ogni essere umano riconosca e raggiunga e sostenga e difenda.
*
Ne consegue:
- abolire le guerre e le armi;
- condivisione del bene e dei beni;
- rispetto e salvaguardia dell'intero mondo vivente.

2. REPETITA IUVANT. MAO VALPIANA: LETTERA ALLE AMICHE E AGLI AMICI DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal Movimento Nonviolento riceviamo e diffondiamo, invitando ad aderire alla proposta]

Natale 2019 – Capodanno 2020
Cara amica e caro amico,
inviamo questa mail a tutti coloro che nel corso dell'anno sono entrati in contatto con il Movimento Nonviolento. Vogliamo innanzitutto rinnovare la nostra amicizia e nell'occasione porgere gli auguri per le prossime festivita', il Natale e l'inizio d'anno nuovo.
Il Movimento Nonviolento vive solo grazie a chi decide di assumersi la responsabilita', iscrivendosi, di renderlo strumento utile alla crescita della nonviolenza organizzata.
Per questo ti proponiamo di fare una scelta, sottoscrivendo l'adesione al Movimento, con una quota che comprende anche l'abbonamento alla rivista Azione nonviolenta.
Sappiamo bene che sono crescenti le difficolta' economiche, ma non possiamo pensare che chiunque di noi non abbia la possibilita' di destinare al Movimento 0,15 centestimi al giorno (la quota annuale di 60 euro, divisa per 365 giorni), mentre sappiamo che ognuno di noi paga, per le spese militari, piu' di 1 euro al giorno (la cifra annuale di 25 miliardi, divisa per i cittadini italiani).
60 euro per la nonviolenza, contro 400 euro per le armi. Dobbiamo invertire la proporzione.
Le attivita' ordinarie del Movimento, pur considerando l'enorme impegno su base volontaria e gratuita, hanno dei costi fissi cui dobbiamo quotidianamente fare fronte: gestione della sede nazionale (tasse, bollette, telefono, ecc.), costo del lavoro di segreteria, mantenimento straordinario delle sedi di Ghilarza e Brescia, contributi al lavoro delle reti nazionali ed internazionali (Rete Pace, Rete Disarmo, Beoc, War Resisters International, ecc.), sostegno a campagne e iniziative, spese di viaggi per riunioni e lavori di segreteria, costi per la comunicazione, siti e social, e soprattutto le uscite per la redazione della rivista cartacea (spese tipografia, spedizioni, ecc.).
Contiamo quindi su uno sforzo straordinario di ciascuno, la collaborazione e il contributo di tutti, a partire dell'abbonamento/adesione per il 2020 a partire almeno da 60 euro, tramite il conto corrente postale 18745455 intestato al Movimento Nonviolento, oppure con bonifico bancario con Iban IT 35 U 07601 11700 000018745455 intestato al Movimento Nonviolento, che puo' essere utilizzato anche per liberi contributi (fiscalmente detraibili).
Ricordiamo anche l'importanza di destinare il 5x1000 al nostro Movimento, e di consigliarlo agli amici. Basta una firma e il nostro codice fiscale 93100500235.
Se desideri ricevere regolarmente le nostre comunicazioni, mandaci la tua mail per l'indirizzario informatico. Invia a: amministrazione at nonviolenti.org, con oggetto "per lista iscritti MN".
Grazie e auguri di pace per te e i tuoi cari.
Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento
*
Per informazioni e contatti: Movimento Nonviolento, sezione italiana della W.R.I. (War Resisters International - Internazionale dei resistenti alla guerra)
Sede nazionale e redazione di "Azione nonviolenta": via Spagna 8, 37123 Verona (Italy)
Tel. e fax (+ 39) 0458009803 (r.a.)
E-mail: azionenonviolenta at sis.it
Siti: www.nonviolenti.org, www.azionenonviolenta.it

3. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

4. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ED E' SUBITO SERA
[Riproponiamo ancora una volta i seguenti versi di Salvatore Quasimodo.
Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 - Napoli, 14 giugno 1968) e' tra i maggiori poeti del Novecento; lo ricordiamo con gratitudine per la sua opera di poeta, di testimone e di lottatore per la dignita' umana e la liberazione di tutte le oppresse e tutti gli oppressi. Tra le opere di Salvatore Quasimodo: Poesie e discorsi sulla poesia, Mondadori, Milano 1971, 2012; oltre l'opera in versi si legga almeno anche Il poeta e il politico e altri saggi, Mondadori, Milano 1967. Tra le opere su Salvatore Quasimodo, per una prima introduzione: Giuseppe Zagarrio, Salvatore Quasimodo, La Nuova Italia, Firenze 1969, 1974; Gilberto Finzi, Invito alla lettura di Salvatore Quasimodo, Mursia, Milano 1972, 1976; Mirko Bevilacqua (a cura di), La critica e Quasimodo, Cappelli, Bologna 1976]

Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed e' subito sera.

6. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: RIFUGIO D'UCCELLI NOTTURNI

In alto c'e' un pino distorto;
sta intento ed ascolta l'abisso
col fusto piegato a balestra.

Rifugio d'uccelli notturni,
nell'ora piu' alta risuona
d'un battere d'ali veloce.

Ha pure un suo nido il mio cuore
sospeso nel buio, una voce;
sta pure in ascolto, la notte.

7. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: DOVE MORTI STANNO AD OCCHI APERTI

Seguiremo case silenziose
dove morti stanno ad occhi aperti
e bambini gia' adulti
nel riso che li attrista,
e fronde battono a vetri taciti
a mezzo delle notti.

Avremo voci di morti anche noi,
se pure fummo vivi talvolta
o il cuore delle selve e la montagna,
che ci sospinse ai fiumi,
non ci volle altro che sogni.

8. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ISOLA DI ULISSE

Ferma e' l'antica voce.
Odo risonanze effimere,
oblio di piena notte
nell'acqua stellata.

Dal fuoco celeste
nasce l'isola di Ulisse.
Fiumi lenti portano alberi e cieli
nel rombo di rive lunari.

Le api, amata, ci recano l'oro:
tempo delle mutazioni, segreto.

9. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ALLE FRONDE DEI SALICI

E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

10. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: GIORNO DOPO GIORNO

Giorno dopo giorno: parole maledette e il sangue
e l'oro. Vi riconosco, miei simili, mostri
della terra. Al vostro morso e' caduta la pieta'
e la croce gentile ci ha lasciati.
E piu' non posso tornare nel mio eliso.
Alzeremo tombe in riva al mare, sui campi dilaniati,
ma non uno dei sarcofaghi che segnano gli eroi.
Con noi la morte ha piu' volte giocato:
s'udiva nell'aria un battere monotono di foglie
come nella brughiera se al vento di scirocco
la folaga palustre sale sulla nube.

11. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: MILANO, AGOSTO 1943

Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la citta' e' morta.
E' morta: s'e' udito l'ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l'usignolo
e' caduto dall'antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno piu' sete.
Non toccate i morti, cosi' rossi, cosi' gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la citta' e' morta, e' morta.

12. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: UOMO DEL MIO TEMPO

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
- t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
e' giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

13. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ANNO DOMINI MCMXLVII

Avete finito di battere i tamburi
a cadenza di morte su tutti gli orizzonti
dietro le bare strette alle bandiere,
di rendere piaghe e lacrime a pieta'
nelle citta' distrutte, rovina su rovina.
E piu' nessuno grida: "Mio Dio
perche' m'hai lasciato?". E non scorre piu' latte
ne' sangue dal petto forato. E ora
che avete nascosto i cannoni fra le magnolie,
lasciateci un giorno senz'armi sopra l'erba
al rumore dell'acqua in movimento,
delle foglie di canna fresche tra i capelli
mentre abbracciamo la donna che ci ama.
Che non suoni di colpo avanti notte
l'ora del coprifuoco. Un giorno, un solo
giorno per noi, padroni della terra,
prima che rulli ancora l'aria e il ferro
e una scheggia ci bruci in piena fronte.

14. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IL MIO PAESE E' L'ITALIA

Piu' i giorni s'allontanano dispersi
e piu' ritornano nel cuore dei poeti.
La' i campi di Polonia, la piana di Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, la' i reticolati
per la quarantena d'Israele,
il sangue tra i rifiuti, l'esantema torrido,
le catene di poveri gia' morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
la' Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; la' Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese e' l'Italia, o nemico piu' straniero,
e io canto il suo popolo e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.

15. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AI QUINDICI DI PIAZZALE LORETO

Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d'un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?
O caro sangue nostro che non sporca
la terra, sangue che inizia la terra
nell'ora dei moschetti. Sulle spalle
le vostre piaghe di piombo ci umiliano:
troppo tempo passo'. Ricade morte
da bocche funebri, chiedono morte
le bandiere straniere sulle porte
ancora delle vostre case. Temono
da voi la morte, credendosi vivi.
La nostra non e' guardia di tristezza,
non e' veglia di lacrime alle tombe;
la morte non da' ombra quando e' vita.

16. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AUSCHWITZ

Laggiu', ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
amore, lungo la pianura nordica,
in un campo di morte: fredda, funebre,
la pioggia sulla ruggine dei pali
e i grovigli di ferro dei recinti:
e non albero o uccelli nell'aria grigia
o su dal nostro pensiero, ma inerzia
e dolore che la memoria lascia
al suo silenzio senza ironia o ira.

Tu non vuoi elegie, idilli: solo
ragioni della nostra sorte, qui,
tu, tenera ai contrasti della mente,
incerta a una presenza
chiara della vita. E la vita e' qui,
in ogni no che pare una certezza:
qui udremo piangere l'angelo il mostro
le nostre ore future
battere l'al di la', che e' qui, in eterno
e in movimento, non in un'immagine
di sogni, di possibile pieta'.
E qui le metamorfosi, qui i miti.
Senza nome di simboli o d'un dio,
sono cronaca, luoghi della terra,
sono Auschwitz, amore. Come subito
si muto' in fumo d'ombra
il caro corpo d'Alfeo e d'Aretusa!

Da quell'inferno aperto da una scritta
bianca: "Il lavoro vi rendera' liberi"
usci' continuo il fumo
di migliaia di donne spinte fuori
all'alba dai canili contro il muro
del tiro a segno o soffocate urlando
misericordia all'acqua con la bocca
di scheletro sotto le docce a gas.
Le troverai tu, soldato, nella tua
storia in forme di fiumi, d'animali,
o sei tu pure cenere d'Auschwitz,
medaglia di silenzio?
Restano lunghe trecce chiuse in urne
di vetro ancora strette da amuleti
e ombre infinite di piccole scarpe
e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie
d'un tempo di saggezza, di sapienza
dell'uomo che si fa misura d'armi,
sono i miti, le nostre metamorfosi.

Sulle distese dove amore e pianto
marcirono e pieta', sotto la pioggia,
laggiu', batteva un no dentro di noi,
un no alla morte, morta ad Auschwitz,
per non ripetere, da quella buca
di cenere, la morte.

17. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: AI FRATELLI CERVI, ALLA LORO ITALIA

In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pieta', sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra e' bella
d'uomini e d'alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d'antiche meditazioni.

Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d'amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.

Nella notte dolcissima Polifemo piange
qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell'isola lontana. E il ramo d'ulivo e' sempre ardente.

Anche qui dividono in sogni la natura,
vestono la morte e ridono i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d'amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime.
Nel mio cuore fini' la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella citta' lombarda.

Ma io scrivo ancora parole d'amore,
e anche questa e' una lettera d'amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi
non alle sette stelle dell'Orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d'amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.
L'amore, la morte, in una fossa di nebbia appena fonda.

Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.

18. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IL MURO

Contro di te alzano un muro
in silenzio, pietra e calce pietra e odio,
ogni giorno da zone piu' elevate
calano il filo a piombo. I muratori
sono tutti uguali, piccoli, scuri
in faccia, maliziosi. Sopra il muro
segnano giudizi sui doveri
del mondo, e se la pioggia li cancella
li riscrivono, ancora con geometrie
piu' ampie. Ogni tanto qualcuno precipita
dall'impalcatura e subito un altro
corre al suo posto. Non vestono tute
azzurre e parlano un gergo allusivo.
Alto e' il muro di roccia,
nei buchi delle travi ora s'infilano
gechi e scorpioni, pendono erbe nere.
L'oscura difesa verticale evita
da un orizzonte solo i meridiani
della terra, e il cielo non lo copre.
Di la' da questo schermo
tu non chiedi grazia ne' confusione.

19. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: IN QUESTA CITTA'

In questa citta' c'e' pure la macchina
che stritola i sogni: con un gettone
vivo, un piccolo disco di dolore
sei subito di la', su questa terra,
ignoto in mezzo ad ombre deliranti
su alghe di fosforo funghi di fumo:
una giostra di mostri
che gira su conchiglie
che si spezzano putride sonando.
E' in un bar d'angolo laggiu' alla svolta
dei platani, qui nella metropoli
o altrove. Su, gia' scatta la manopola.

20. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: ANCORA DELL'INFERNO

Non ci direte una notte gridando
dai megafoni, una notte
di zagare, di nascite, d'amori
appena cominciati, che l'idrogeno
in nome del diritto brucia
la terra. Gli animali i boschi fondono
nell'Arca della distruzione, il fuoco
e' un vischio sui crani dei cavalli,
negli occhi umani. Poi a noi morti
voi morti direte nuove tavole
della legge. Nell'antico linguaggio
altri segni, profili di pugnali.
Balbettera' qualcuno sulle scorie,
inventera' tutto ancora
o nulla nella sorte uniforme,
il mormorio delle correnti, il crepitare
della luce. Non la speranza
direte voi morti alla nostra morte
negli imbuti di fanghiglia bollente,
qui nell'inferno.

21. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: EPIGRAFE PER I CADUTI DI MARZABOTTO

Questa e' memoria di sangue
di fuoco, di martirio,
del piu' vile sterminio di popolo
voluto dai nazisti di von Kesserling
e dai loro soldati di ventura
dell'ultima servitu' di Salo'
per ritorcere azioni di guerra partigiana.

I milleottocentotrenta dell'altipiano
fucilati e arsi
da oscura cronaca contadina e operaia
entrano nella storia del mondo
col nome di Marzabotto.
Terribile e giusta la loro gloria:
indica ai potenti le leggi del diritto
il civile consenso
per governare anche il cuore dell'uomo,
non chiede compianto o ira
onore invece di libere armi
davanti alle montagne e alle selve
dove il Lupo e la sua brigata
piegarono piu' volte
i nemici della liberta'.

La loro morte copre uno spazio immenso,
in esso uomini d'ogni terra
non dimenticano Marzabotto
il suo feroce evo
di barbarie contemporanea.

22. TESTI. SALVATORE QUASIMODO: EPIGRAFE PER I PARTIGIANI DI VALENZA

Questa pietra
ricorda i Partigiani di Valenza
e quelli che lottarono nella sua terra,
caduti in combattimento, fucilati, assassinati
da tedeschi e gregari di provvisorie milizie italiane.
Il loro numero e' grande.
Qui li contiamo uno per uno teneramente
chiamandoli con nomi giovani
per ogni tempo.
Non maledire, eterno straniero nella tua patria,
e tu saluta, amico della liberta'.
Il loro sangue e' ancora fresco, silenzioso
il suo frutto.
Gli eroi sono diventati uomini: fortuna
per la civilta'. Di questi uomini
non resti mai povera l'Italia.

23. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: IN MEMORIA
[Riproponiamo ancora una volta i seguenti versi di Giuseppe Ungaretti.
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto 1888 - Milano 970) e' uno dei maggiori poeti del Novecento. Nei Meridiani Mondadori sono apparsi i volumi Vita d'un uomo. Tutte le poesie, a cura di Leone Piccioni; Vita d'un uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e Luciano Rebay; Vita d'un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di Paola Montefoschi; ed un Album Ungaretti, con iconografia ordinata e commentata da Paola Montefoschi e un saggio biografico di Leone Piccioni. Per un avvio alla conoscenza cfr. anche almeno: Leone Piccioni (a cura di), Per conoscere Ungaretti, Mondadori, Milano 1971, 1979; Giuseppe Faso, La critica e Ungaretti, Cappelli, Bologna 1977]

Locvizza il 30 settembre 1916

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perche' non aveva piu'
Patria

Amo' la Francia
e muto' nome

Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva piu'
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffe'

E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono

L'ho accompagnato
insieme alla padrona dell'albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa

Riposa
nel camposanto d'Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera

E forse io solo
so ancora
che visse

24. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: VEGLIA

Cima Quattro il 23 dicembre 1915

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

25. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: DESTINO

Mariano il 14 luglio 1916

Volti al travaglio
come una qualsiasi
fibra creata
perche' ci lamentiamo noi?

26. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: FRATELLI

Mariano il 15 luglio 1916

Di che reggimento siete
fratelli?

Parola tremante
nella notte

Foglia appena nata

Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilita'

Fratelli

27. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SONO UNA CREATURA

Valloncello di Cima Quattro il 5 agosto 1916

Come questa pietra
del S. Michele
cosi' fredda
cosi' dura
cosi' prosciugata
cosi' refrattaria
cosi' totalmente
disanimata

Come questa pietra
e' il mio pianto
che non si vede

La morte
si sconta
vivendo

28. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: IN DORMIVEGLIA

Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916

Assisto la notte violentata

L'aria e' crivellata
come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio

Mi pare
che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l'ascolti
non vedendo
in dormiveglia

29. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: PELLEGRINAGGIO

Valloncello dell'Albero Isolato il 16 agosto 1916

In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba

Ungaretti
uomo di pena
ti basta un'illusione
per farti coraggio

Un riflettore
di la'
mette un mare
nella nebbia

30. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SAN MARTINO DEL CARSO

Valloncello dell'Albero Isolato il 27 agosto 1916

Di queste case
non e' rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non e' rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

E' il mio cuore
il paese piu' straziato

31. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: ALLEGRIA DI NAUFRAGI

Versa il 14 febbraio 1917

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare

32. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SOLITUDINE

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

Ma le mie urla
feriscono
come fulmini
la campana fioca
del cielo

Sprofondano
impaurite

33. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: MATTINA

Santa Maria La Longa il 26 gennaio 1917

M'illumino
d'immenso

34. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: LONTANO

Versa il 15 febbraio 1917

Lontano lontano
come un cieco
m'hanno portato per mano

35. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SEMPRE NOTTE

Vallone il 18 aprile 1917

La mia squallida
vita si estende
piu' spaventata di se'

In un
infinito
che mi calca e mi
preme col suo
fievole tatto

36. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: UN'ALTRA NOTTE

Vallone il 20 aprile 1917

In quest'oscuro
colle mani
gelate
distinguo
il mio viso

Mi vedo
abbandonato nell'infinito

37. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: GIROVAGO

Campo di Mailly maggio 1918

In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare

A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
gia' gli ero stato
assuefatto

E me ne stacco sempre
straniero

Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute

Godere un solo
minuto di vita
iniziale

Cerco un paese
innocente

38. TESTI. GIUSEPPE UNGARETTI: SOLDATI

Bosco di Courton luglio 1918

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie

39. MAESTRE. CARLA LONZI: MANIFESTO DI RIVOLTA FEMMINILE (LUGLIO 1970)
[Da Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982, pp. 13-22, riproponiamo ancora una volta il manifesto di "Rivolta Femminile" del luglio 1970, uno dei testi fondamentali della riflessione femminista in Italia.
Carla Lonzi e' stata un'acutissima intellettuale femminista, nata a Firenze nel 1931 e deceduta a Milano nel 1982, critica d'arte, fondatrice del gruppo di Rivolta Femminile. Opere di Carla Lonzi: Sputiamo su Hegel, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1974, poi Gammalibri, Milano 1982; Taci, anzi parla. Diario di una femminista, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1978; Scacco ragionato, Scritti di Rivolta Femminile, Milano 1985. Opere su Carla Lonzi: Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta. Vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La Tartaruga, Milano 1990. Vari testi di e su Carla Lonzi sono ripetutamente apparsi su "La nonviolenza e' in cammino" (segnaliamo almeno i "Telegrammi della nonviolenza in cammino", nn. 385, 478-479; "Nonviolenza. Femminile plurale", nn. 300, 304; degli anni precedenti cfr. anche almeno "Voci e volti della nonviolenza", n. 80; "La nonviolenza e' in cammino", n. 888...)]

"Le donne saranno sempre divise le une dalle altre? Non formeranno mai un corpo unico?" (Olympe de Gouges, 1791)

La donna non va definita in rapporto all'uomo. Su questa coscienza si fondano tanto la nostra lotta quanto la nostra liberta'.
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L'uomo non e' il modello a cui adeguare il processo di scoperta di se' da parte della donna.
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La donna e' l'altro rispetto all'uomo. L'uomo e' l'altro rispetto alla donna. L'uguaglianza e' un tentativo ideologico per asservire la donna a piu' alti livelli.
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Identificare la donna all'uomo significa annullare l'ultima via di liberazione.
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Liberarsi per la donna non vuol dire accettare la stessa vita dell'uomo perche' e' invivibile, ma esprimere il suo senso dell'esistenza.
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La donna come soggetto non rifiuta l'uomo come soggetto, ma lo rifiuta come ruolo assoluto. Nella vita sociale lo rifiuta come ruolo autoritario.
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Finora il mito della complementarieta' e' stato usato dall'uomo per giustificare il proprio potere.
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Le donne son persuase fin dall'infanzia a non prendere decisioni e a dipendere da persona "capace" e "responsabile": il padre, il marito, il fratello...
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L'immagine femminile con cui l'uomo ha interpretato la donna e' stata una sua invenzione.
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Verginita', castita', fedelta', non sono virtu'; ma vincoli per costruire e mantenere la famiglia. L'onore ne e' la conseguente codificazione repressiva.
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Nel matrimonio la donna, privata dal suo nome, perde la sua identita' significando il passaggio di proprieta' che e' avvenuto tra il padre di lei e il marito.
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Chi genera non ha la facolta' di attribuire ai figli il proprio nome: il diritto della donna e' stato ambito da altri di cui e' diventato il privilegio.
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Ci costringono a rivendicare l'evidenza di un fatto naturale.
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Riconosciamo nel matrimonio l'istituzione che ha subordinato la donna al destino maschile. Siamo contro il matrimonio.
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Il divorzio e' un innesto di matrimoni da cui l'istituzione esce rafforzata.
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La trasmissione della vita, il rispetto della vita, il senso della vita sono esperienza intensa della donna e valori che lei rivendica.
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Il primo elemento di rancore della donna verso la societa' sta nell'essere costretta ad affrontare la maternita' come un aut-aut.
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Denunciamo lo snaturamento di una maternita' pagata al prezzo dell'esclusione.
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La negazione della liberta' d'aborto rientra nel veto globale che viene fatto all'autonomia della donna.
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Non vogliamo pensare alla maternita' tutta la vita e continuare ad essere inconsci strumenti del potere patriarcale.
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La donna e' stufa di allevare un figlio che le diventera' un cattivo amante.
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In una liberta' che si sente di affrontare, la donna libera anche il figlio e il figlio e' l'umanita'.
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In tutte le forme di convivenza, alimentare, pulire, accudire e ogni momento del vivere quotidiano devono essere gesti reciproci.
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Per educazione e per mimesi l'uomo e la donna sono gia' nei ruoli della primissima infanzia.
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Riconosciamo il carattere mistificatorio di tutte le ideologie perche' attraverso le forme ragionate di potere (teologico, morale, filosofico, politico) hanno costretto l'umanita' a una condizione inautentica, oppressa e consenziente.
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Dietro ogni ideologia noi intravediamo la gerarchia dei sessi.
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Non vogliamo d'ora in poi tra noi e il mondo nessuno schermo.
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Il femminismo e' stato il primo momento politico di critica storica alla famiglia e alla societa'.
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Unifichiamo le situazioni e gli episodi dell'esperienza storica femminista: in essa la donna si e' manifestata interrompendo per la prima volta il monologo della civilta' patriarcale.
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Noi identifichiamo nel lavoro domestico non retribuito la prestazione che permette al capitalismo, privato e di stato, di sussistere.
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Permetteremo quello che di continuo si ripete al termine di ogni rivoluzione popolare quando la donna, che ha combattuto insieme con gli altri, si trova messa da parte con tutti i suoi problemi?
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Detestiamo i meccanismi della competitivita' e il ricatto che viene esercitato nel mondo dalla egemonia dell'efficienza. Noi vogliamo mettere la nostra capacita' lavorativa a disposizione di una societa' che ne sia immunizzata.
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La guerra e' stata da sempre l'attivita' specifica del maschio e il suo modello di comportamento virile.
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La parita' di retribuzione e' un nostro diritto, ma la nostra oppressione e' un'altra cosa. Ci basta la parita' salariale quando abbiamo gia' sulle spalle ore di lavoro domestico?
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Riesaminiamo gli apporti creativi della donna alla comunita' e sfatiamo il mito della sua laboriosita' sussidiaria.
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Dare alto valore ai momenti "improduttivi" e' un'estensione di vita proposta dalla donna.
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Chi ha il potere afferma: "Fa parte dell'erotismo amare un essere inferiore". Mantenere lo "status quo" e' dunque un suo atto d'amore.
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Accogliamo la libera sessualita' in tutte le sue forme, perche' abbiamo smesso di considerare la frigidita' un'alternativa onorevole.
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Continuare a regolamentare la vita fra i sessi e' una necessita' del potere; l'unica scelta soddisfacente e' un rapporto libero.
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Sono un diritto dei bambini e degli adolescenti la curiosita' e i giochi sessuali.
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Abbiamo guardato per 4.000 anni: adesso abbiamo visto!
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Alle nostre spalle sta l'apoteosi della millenaria supremazia maschile. Le religioni istituzionalizzate ne sono state il piu' fermo piedistallo. E il concetto di "genio" ne ha costituito l'irraggiungibile gradino.
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La donna ha avuto l'esperienza di vedere ogni giorno distrutto quello che faceva.
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Consideriamo incompleta una storia che si e' costituita sulle tracce non deperibili.
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Nulla o male e' stato tramandato dalla presenza della donna: sta a noi riscoprirla per sapere la verita'.
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La civilta' ci ha definite inferiori, la chiesa ci ha chiamate sesso, la psicanalisi ci ha tradite, il marxismo ci ha vendute alla rivoluzione ipotetica.
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Chiediamo referenze di millenni di pensiero filosofico che ha teorizzato l'inferiorita' della donna.
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Della grande umiliazione che il mondo patriarcale ci ha imposto noi consideriamo responsabili i sistematici del pensiero: essi hanno mantenuto il principio della donna come essere aggiuntivo per la riproduzione dell'umanita', legame con la divinita' o soglia del mondo animale; sfera privata e "pietas". Hanno giustificato nella metafisica cio' che era ingiusto e atroce nella vita della donna.
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Sputiamo su Hegel.
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La dialettica servo-padrone e' una regolazione di conti tra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civilta' patriarcale.
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La lotta di classe, come teoria di classe sviluppata dalla dialettica servo-padrone, ugualmente esclude la donna. Noi rimettiamo in discussione il socialismo e la dittatura del proletariato.
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Non riconoscendosi nella cultura maschile, la donna le toglie l'illusione dell'universalita'.
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L'uomo ha sempre parlato a nome del genere umano, ma meta' della popolazione terrestre lo accusa ora di aver sublimato una mutilazione.
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La forza dell'uomo e' nel suo identificarsi con la cultura, la nostra nel rifiutarla.
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Dopo questo atto di coscienza l'uomo sara' distinto dalla donna e dovra' ascoltare da lei tutto quello che la concerne.
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Non saltera' il mondo se l'uomo non avra' piu' l'equilibrio psicologico basato sulla nostra sottomissione.
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Nella cocente realta' di un universo che non ha mai svelato i suoi segreti, noi togliamo molto del credito dato agli accanimenti della cultura. Vogliamo essere all'altezza di un universo senza risposte.
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Noi cerchiamo l'autenticita' del gesto di rivolta e non la sacrificheremo ne' all'organizzazione ne' al proselitismo.
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Comunichiamo solo con donne.

Roma, luglio 1970

40. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, facebook: associazioneerinna1998
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

41. APPELLI. SOSTENERE LA CASA INTERNAZIONALE DELLE DONNE DI ROMA

L'esperienza della "Casa internazionale delle donne" di Roma e' da decenni di importanza fondamentale per tutte le donne e gli uomini di volonta' buona.
In questo momento la "Casa internazionale delle donne" ha urgente bisogno di un particolare sostegno.
Per informazioni e contatti: siti: www.lacasasiamotutte.it, www.casainternazionaledelledonne.org, e-mail: info at casainternazionaledelledonne.org

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XX)
Numero 343 del 25 dicembre 2019
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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Nuova informativa sulla privacy
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