[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 964



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Numero 964 del 4 agosto 2018

In questo numero:
1. Il regime razzista, gli squadroni della morte
2. Alcuni testi del mese di aprile 2018 (parte terza e conclusiva)
3. Approssimandosi l'anniversario della scomparsa di Alfio Pannega
4. Laura Carpi Lapi
5. Milos Forman
6. Giordana Garavini
7. Vittorio Taviani
8. Cecil Taylor
9. Carlo Calimeri: La sonata
10. Carlo Calimeri: Il macchiavello
11. Carlo Calimeri: La verita' sull'aldila'
12. Il disarmo e' la politica prima
13. Luciano Bonfrate: Il cronista alla crociata
14. Luciano Bonfrate: Programma di governo del ... nei territori infine liberati
15. Luciano Bonfrate: Nel gulag
16. Luciano Bonfrate: Ricordando T. B.
17. Omero Delli Storti: Prometeo
18. Omero Delli Storti: Cinque delitti al bar del Sargentone
19. Omero Delli Storti: Roddy
20. Omero Delli Storti: Brigantino
21. Primo maggio, giorno di lotta

1. CRONACHE DA NUSMUNDIA. IL REGIME RAZZISTA, GLI SQUADRONI DELLA MORTE

In quel lontano paese di Nusmundia, in un tempo remoto, si instauro' un regime di persecuzioni razziste.
Ed ogni criminale fascista senti' che era arrivato il momento di passare all'azione.
E subito per le strade comparvero i plotoni d'esecuzione e gli squadroni della morte.
E' la mera esistenza del regime razzista che scatena gli squadroni della morte.
In quel lontano paese di Nusmundia, in un tempo remoto.
*
Non inganni nessuno il grottesco gioco delle parti del "nazista buono" e del "nazista cattivo": chiunque fa parte del governo delle persecuzioni razziste e' complice delle persecuzioni razziste che il governo sta commettendo. Ed e' istigatore del razzismo di strada, equivalente epilettico al livello della delinquenza comune dell'ideologia e della prassi del governo che omette di soccorrere i naufraghi, del governo che sabota chi salva le vite, del governo complice dei lager libici, del governo che perseguita chi piu' ha bisogno di aiuto.
Non inganni nessuno l'esibita finta ingenuita', l'esibita falsa bonomia, l'esibita reale assenza di pensiero dei nipotini de "La difesa della razza". Sanno cosa stanno facendo i ministri che propagandano il razzismo ed istigano all'odio razzista e religioso, i ministri che impongono l'omissione di soccorso, i ministri che aggrediscono e sabotano chi salva le vite, i ministri che si adoperano per impedire che i fuggiaschi dai lager libici possano trovare salvezza in Europa. Sanno perfettamente cosa stanno facendo.
Come sanno cosa stanno facendo quando negano che in Italia vi sia violenza razzista e quando lanciano il "ballon d'essai" dell'abolizione della legge che punisce il razzismo.
L'intero governo e' consapevolmente complice di tutto cio'. Ed e' consapevolmente complice di tutto cio' la maggioranza parlamentare che lo sostiene.
In quel lontano paese di Nusmundia, in un tempo remoto.
*
Si dimetta il governo della disumanita'.
Siano processati e condannati i ministri responsabili di istigazione all'odio razzista, di omissione di soccorso, di persecuzioni razziste, di violazioni dei diritti umani.
Insorga il popolo italiano in difesa del diritto alla vita di ogni essere umano.
Insorga il popolo italiano in difesa della Costituzione repubblicana, della legalita' che salva le vite, della democrazia, dello stato di diritto, della civilta', dell'umanita'.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.

2. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI APRILE 2018 (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di aprile 2018.

3. APPROSSIMANDOSI L'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI ALFIO PANNEGA

Il 30 aprile ricorre l'anniversario della scomparsa di Alfio Pannega, che ci ha lasciato nel 2010.
Lo ricordiamo ancora una volta come il migliore degli amici, il migliore dei maestri, il migliore dei compagni nella lotta per la liberazione dell'umanita' intera da ogni oppressione, nella lotta in difesa dell'intero mondo vivente da ogni violenza e devastazione, esempio dell'umanita' come dovrebbe essere.
Nel ricordo di Alfio Pannega continuiamo la lotta nonviolenta per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Nel ricordo di Alfio Pannega continuiamo la lotta nonviolenta per la vita dell'intero mondo vivente, casa comune dell'umanita'.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Rispetto per la vita di tutti gli esseri viventi.
Uguaglianza di diritti tra tutti gli esseri umani.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la liberazione comune.
La nonviolenza e' in cammino.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Nella tua lotta per la verita' e la giustizia, in ogni tuo atto di responsabilita' e di generosita', nella dignita' che splende in te come in tutte le persone, in ogni gesto di condivisione del bene e dei beni, li' Alfio vive ancora.
*
Allleghiamo in calce una breve notizia biografica e le parole dette in suo ricordo dinanzi al feretro nel cimitero di Viterbo il primo maggio 2010.
* * *
Allegato primo: Una breve notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, il fascicolo de "La domenica della nonviolenza" n. 420.
* * *
Allegato secondo: Alcune parole per Alfio Pannega
(...)

4. LAURA CARPI LAPI

E' deceduta Laura Carpi Lapi, educatrice, militante del movimento operaio, attiva nel gruppo musicale delle Musiquorum e nell'esperienza dell'Istituto De Martino.

5. MILOS FORMAN

E' deceduto Milos Forman, non solo cineasta, ma indagatore del reale, e critico delle ideologie e delle istituzioni della violenza.

6. GIORDANA GARAVINI

E' deceduta lo scorso marzo Giordana Garavini, generosa militante anarchica, come gia' i suoi nonni e genitori figura storica del movimento libertario, luminoso esempio dell'umanita' come dovrebbe essere.

7. VITTORIO TAVIANI

E' deceduto Vittorio Taviani, regista cinematografico e militante del movimento operaio, che col fratello Paolo diresse alcuni dei film piu' preziosi del nostro tempo e del nostro paese.

8. CECIL TAYLOR

E' deceduto Cecil Taylor, musicista, creatore.

9. RACCONTI TRISTI DELLA SCIALBA PRIMAVERA. CARLO CALIMERI: LA SONATA

Ho preferito farmi condannare senza dire niente.
Neppure all'avvocato, neppure a mio cognato Eusebio, tuo zio, che e' stato sempre il mio migliore amico, a nessuno.
Perche'? Perche' ho sempre fatto cosi', preferisco ogni altra cosa all'essere ridicolo. E se lo avessi detto, sarei sprofondato dalla vergogna.
*
Ma adesso che sono gia' passati, quanti? 39 anni, 40? e che comunque devo continuare a farmi questo ergastolo che poi non me ne frega niente perche' il mondo gia' mi faceva schifo pure prima e starmene qui o da un'altra parte per me e' lo stesso, almeno qui ho vitto e alloggio assicurato e posso stare per conto mio. Qualche fastidio c'e', e' naturale, perche' in cella siamo in due e l'altro e' sempre un imbecille che non vede l'ora di chiacchierare e vuole stare sempre con la televisione accesa, sempre, ma io ho i miei tappi per le orecchie e me ne frego. Come passo il tempo? Leggo. Che leggo? Saranno affari miei, no? Comunque leggo la Divina commedia, il Canzoniere e il Decamerone. Nell'ordine, dall'inizio alla fine, ma piu' di tutti mi piace Dante, poi Boccaccio, Petrarca invece mi annoia, mi ha sempre annoiato. Pero' lo leggo lo stesso, e' sempre Petrarca. Altri libri? Perche', questi non bastano?
*
Se mi sono deciso a parlarne la ragione e' semplice: che adesso mi sembra di essere ancora piu' ridicolo a non dirlo. Tu a quel tempo eri piccolo, se ti ho scritto di venirmi a trovare e' perche' non saprei a chi altro dirlo, e poi te lo devo, no? Sono sempre tuo padre, e sono l'assassino di tua madre. Se mi dispiace di averti fatto quello che ti ho fatto? E che ti ho fatto? Io stavo in galera, che potevo fare? Ah, lei. Certo che mi dispiace, era mia moglie e l'amavo, l'ho sempre amata, non ho mai amato nessun'altra. Non dico andare a letto, dico amare. E comunque vedo che ti sei fatto strada lo stesso, no? Sono contento. Lo so che ti ho fatto soffrire e mi dispiace. Non pensare che per me sia facile. Comunque grazie di essere venuto. E' la prima volta che ci parliamo, no? Eri cosi' piccolo quando successe. L'indirizzo per scriverti l'ho avuto da un compagno di cella che ti conosceva, no, non e' piu' qui da diversi anni, neppure mi ricordo piu' come si chiamava, ma era un cliente del tuo negozio e siccome abbiamo lo stesso cognome mi chiese se eravamo parenti. Cosi' ho avuto l'indirizzo. Pare incredibile ma e' andata proprio cosi': nella mia cella uno che abitava dove abiti tu e che era tuo cliente. La vita certe volte e' strana. Si', ci ho dovuto pensare un bel po' per decidermi a scriverti, ma per fortuna tu hai ancora il negozio, vanno bene le cose, si'? Sono contento. Lo so che non e' per merito mio, lo so, non c'e' bisogno di dirlo.
*
Mettiamo subito le cose in chiaro: non voglio niente, non voglio sapere niente, non voglio neppure rivederti. A dire la verita' di te non me ne frega niente, per me sei un estraneo, come io per te. Eri troppo piccolo. Forse se eri piu' grande, chi lo sa. Ma ormai. Voglio soltanto dirti perche' l'ho fatto. Poi non devi fare niente, ci salutiamo e non ci vediamo piu' e pace. Non e' per te, e' per me. Voglio dirlo a qualcuno e basta. Tu non devi fare niente. Te lo dico e basta, poi non ci vediamo piu', io qui ci sto bene, leggo i libri, faccio passare il tempo e non ci penso. Insomma, si' e no: qualche volta certo che ci penso, non dico sempre ma ci penso. Sono quarant'anni che ci penso tutti i giorni, ma poi apro il libro e tiro avanti cosi'. Qualche cosa bisogna inventarsi per tirare avanti, io leggo. No, non mi serve niente. Veramente, non mi serve niente. Lo vedi, continuo a cincischiare, e invece dovrei venire al punto, no? Ma insomma.
*
Ando' cosi': c'era una sonata, di Mozart credo, che non mi usciva dalla testa, pero' non e' che la ricordassi proprio bene, la ricordavo a tratti, qualche nota, poi niente, poi qualche altra nota, cosi', confusamente, vagamente, e allora cercavo di concentrarmi per ricordarla in modo distinto, preciso. No, non per canticchiarla, neppure per suonarla, non so mica suonare io. Solo per ricordarla. Non mi ricordo neppure dove l'avevo sentita, doveva essere stato alla radio, a quel tempo c'era solo la radio e il giradischi, ma io il giradischi non ce l'avevo e allora alla radio. Magari al bar, o mentre guidavo. Facevo il rappresentante, magari lo sai. No? E' uguale, era un lavoro stupido e infame, dovevo convincere la gente a comprare roba che non gli serviva a niente. E dopo un po' che fai questo lavoro ti fanno schifo tutti: gli imbecilli perche' sono imbecilli e si lasciano fregare da un altro imbecille come te - come me, intendo -, gli arroganti perche' non si lasciano fregare, quelli che neppure aprono la porta, insomma dopo due giorni ti accorgi che l'umanita' fa schifo e se lo merita di essere sterminata, ma prima torturata, e non per un'ora o un giorno, ma torturata per un anno, per un secolo, solo che nessuno campa cosi' a lungo, la sa lunga la natura. Che vendevo? Ci credi che neppure me lo ricordo piu'?
*
Pero' non era questo che volevo dire, volevo dire di quella dannata sonata. Com'e', come non e', non me la levavo dalla testa e insieme non riuscivo a ricordarla bene, e mi ci ammattivo. Non ci dormivo piu'. Pero' non dicevo niente a nessuno, sono fatto cosi', ho sempre fatto cosi', non dico mai niente a nessuno. Pero' Liliana se ne accorgeva, e che ci voleva? Se ne sarebbe accorto pure un cammello - e' solo un modo di dire, eh, senza offesa per nessuno. Cosi' comincia a farmi che ci hai, ma dimmi che ci hai, lo vedo che c'e' qualche cosa che non va, dimmi che ci hai, a me puoi dirlo, ma che ci hai che ci hai che ci hai; e io niente niente niente. Era asfissiante, non ne potevo piu'. Gia' ero ossessionato, ci si metteva pure tua madre, era asfissiante, non la voleva capire che almeno lei poteva starsene zitta e lasciarmi stare, come se non lo vedesse che ero stranito e che non ce la facevo piu'. Ma lei no, lei sempre che ci hai, che ci hai, che ci hai, e io niente, niente, niente, e mo' basta, basta, basta, porca la miseriaccia cane, basta. A dire il vero non e' che mi dava fastidio che me lo chiedesse, anzi mi faceva pure piacere, e' che non potevo dirglielo che era per quella maledetta sonata, che figura ci facevo? Sono sempre stato uno timido, non si direbbe ma sono sempre stato uno timido, non ci posso fare niente. Lo so che c'e' chi sta peggio. C'e' sempre chi sta peggio. Ma non e' che ti fa stare meglio. O magari si', non lo so.
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Pero' non riuscivo a dormire, e dovevo guidare sempre, quando fai il rappresentante non e' che puoi battere il vicinato, devi girare come una trottola devi girare. E avevo sempre sonno quando guidavo e pensavo che se non riuscivo a dormire prima o poi facevo un incidente e addio Angioletto, che sarei io, lo sai come mi chiamo, no? Certo, certo che lo so che lo sai, dicevo solo per dire. E poi il lavoro andava a rotoli, perche' non riuscivo piu' a convincere nessuno a farsi fregare, e ci credo, mi presentavo con quegli occhi, con quella faccia, con quella voce, che mi diceva bene se non chiamavano la polizia. Sembra una sciocchezza, ma quando il lavoro non va e i soldi non entrano, allora subito a casa si guastano gli elettrodomestici, c'e' un sacco di roba da comprare che prima neppure te ne accorgevi, e le bollette e tutto il resto. Li' per li' che fai? Chiedi agli amici se ti aiutano, ma io di amico avevo solo Eusebio, a proposito, sai come sta? Ah, e quando e' morto? Mi dispiace, non avevo saputo niente. Qui non si sa mai niente se non guardi la televisione; ma io la televisione non la guardo, mi metto i tappi nelle orecchie e leggo. E poi non credo che Eusebio sia mai finito in televisioe, ne' da vivo, ne' da morto. Mi dispiace davvero, era il mio migliore amico, te l'ho detto? Lo hai conosciuto? No? Peccato. No, non volevo dire. Lo so che sei stato chiuso in istituto, lo so. E' che magari dopo. No, niente. Ho detto una fesseria, niente. Pero' che e' morto come lo hai saputo? Come sarebbe, dal giornale? Impiccato? Eusebio? Non lo avrei mai immaginato, uno come lui. E perche' l'avrebbe fatto lo sai? No, no, chiedevo cosi', se sul giornale c'era scritto qualche cosa. Lasciamo stare, non volevo, proprio non volevo. Era sempre stato uno cosi', senza coscienza e senza cervello; pero' gli volevo bene, eravamo amici amici. E' perche' eravamo amici che ho conosciuto sua sorella, che poi l'ho sposata, lo so che lo sai. E' vero che con un nome come quello se non ti metti una corda al collo ti tiri una palla nel cranio. Scherzo, scherzo pero' mi dispiace veramente, gli volevo bene a lui. Pure a lei. Penso che siano state le due persone a cui ho voluto piu' bene al mondo. Ci hai mai fatto caso che se dici una frase del genere sembri subito ridicolo? Non dovrebbe essere cosi', non e' giusto; pero' e' cosi'.
*
Dov'ero rimasto? Insomma le cose andavano male e quando le cose vanno male un uomo diventa cattivo. Liliana non diceva mica niente. Era un angelo. Io portavo il nome ma l'angelo vero era lei. Non e' che potesse mantenere lei la famiglia col lavoro suo, che poi era di fare le pulizie quando trovava a fare qualche giornata che oltretutto la pagavano una volta su tre e ogni volta era una guerra per farsi pagare. Ma io non la stavo neppure a sentire se raccontava delle angherie che le toccava subire. Io cercavo solo di ricordarmi bene quella musica dell'inferno. No, la musica era celestiale, era che non riuscivo ne' a levarmela dalla testa ne' a ricordarmela bene. Ero ridotto a uno straccio. Uno straccio. Cosi', non so neppure come, una notte l'ho strozzata. Mentre dormiva. Tutto qui, volevo solo dirtelo. E adesso vattene. Non dire una parola, tanto mi metto i tappi nelle orecchie. Vattene e non tornare mai piu'.

10. RACCONTI TRISTI DELLA SCIALBA PRIMAVERA. CARLO CALIMERI: IL MACCHIAVELLO

Adesso. Adesso che siamo soli io e te, che non c'e' nessuno in giro che ci vede, adesso si' che possiamo parlare. La prudenza non e' mai troppa, ricordatelo. Il nostro e' un mestiere che la prudenza non e' mai troppa, e se devi dire una cosa a uno la devi dire a lui e basta, senza testimoni, senza che nessuno ti ci abbia visto insieme. Tu da' retta a quello che ti dice zio e vedrai che ti ci troverai bene un frego. Il segreto del lavoro nostro e' semplice semplice.
Il macchiavello e' tutto qui: di farlo proprio quando sembra che stai per fare il contrario. Funziona sempre. Tu neppure te lo immagini quanto e' credulona la gente. Gli dici: siamo sempre stati amici, lo sai che ti voglio bene come un fratello, quel che e' stato e' stato mettiamoci una pietra sopra. Sorridi, ti avvicini come per abbracciarlo e gli pianti un coltello nel cuore.
Tu dirai: ma se lo dovrebbe aspettare; certo che se lo dovrebbe aspettare, piu' chiaro di cosi'. Invece non se lo aspetta, e perche' non se lo aspetta? perche' sono tutti creduloni e con due moine e due parolette cioccolatose li freghi tutte le volte, tutte le volte li freghi, andata e ritorno. Flusso e riflusso, come diceva quello.
Come, quello chi? Ma che ne so, e' un modo di dire, no? Lo vedi? ti distrai. Sveglia, ragazzo. Se vuoi fare questo mestiere devi saper restare concentrato. Non ti devi far abbindolare dalle parole. Le parole servono a questo, ad abbindolarti. Se ti fai abbindolare sei fatto. Lo sai che vuol dire abbindolare, si'? E dimmelo, allora. Bravo. Vedi che lo sai, bravo. Ogni volta che uno ti parla vuol dire che sta per fregarti, vedi di ricordartelo. Vale sempre. Certo che vale sempre. Si', pure adesso.
Fa male, eh? ma finisce subito. E' per quel debito con Riccardone che non hai pagato, imbecille che non sei altro.

11. RACCONTI TRISTI DELLA SCIALBA PRIMAVERA. CARLO CALIMERI: LA VERITA' SULL'ALDILA'

Io a Spartaco gli volevo bene e adesso mi dispiace.
Pero' se si puo' dire che uno se l'e' cercata allora bisogna proprio dire che lui se l'e' cercata. E lo sapete come dice la gente dalle parti nostre: chi cerca trova. Piglia su e porta a casa.
E' naturale che se uno lo sapesse prima allora sarebbero buoni tutti, complimenti. Il fatto e' che prima non lo sai, e' come diceva quello, si scommette.
La cosa buffa e' che se c'era uno che non scommetteva mai era proprio Spartaco. Non giocava a niente, neppure a rubamazzo. Da giovane si', giocava a quartiglio. Ma poi era entrato nel partito e un comunista non gioca a carte, un comunista deve dare sempre l'esempio, un comunista deve fare questo e quello, che alla fine tutti gli volevano bene, tutti lo stimavano, ma non lo sopportava nessuno, era peggio del prete. Che almeno il prete beveva, lui neppure quello.
Pero' ad aiutare la gente era bravo, eccome se era bravo, e ne approfittavano tutti, altro che chiacchiere, se ti serviva aiuto, aiuto serio, andavi da Spartaco andavi. E lui ti aiutava e non voleva niente, neppure uno spillo. Le sapeva tutte, e soprattutto non si arrendeva mai. La gente diceva che uno furbo come lui doveva arricchirsi in quattro e quattr'otto e invece era restato un poveraccio, e allora la gente diceva che tanto furbo alla fine non doveva essere.
Infatti non era furbo, e ve lo dico io che so come e' andata a finire. Certo, e' facile adesso dire come va a finire, visto che sto di qua e voi state di la' (facciamo a capirci: a voi vi pare che la parte dove state voi e' di qua e quella dove sto io e' di la', ma da dove sto io l'aldila' e' il di qua e siete voi che state dalla parte di la', perche' tutto dipende da dove uno sta, no? insomma, mi avete capito lo stesso, no?).
Perche' il segreto e' tutto qui: quando muori, finisci paro paro dove ti credevi che saresti finito mentre che campavi. Pensa tu se non e' buffa questa.
Neppure l'inferno, quel fesso. Che poi anche l'inferno - e ve lo dice uno che ormai stabilmente vi risiede per tutti i secoli dei secoli - non e' quell'inferno che dicono. Certo, non si sta bene come lassu' ai piani alti, ma si campa pure qui, e si campa per sempre, mica chiacchiere. Invece no, lui faceva l'ateista, il materialista storico e dialettico, e cosi' e' finito nel nulla. Bella fregatura, dico io. E era uno buono come il pane, Spartachetto nostro, che se c'era uno che si meritava di andare in paradiso con tutte le scarpe era proprio lui.

12. IL DISARMO E' LA POLITICA PRIMA

La guerra non e' la prosecuzione della politica con altri mezzi.
La guerra e' l'antipolitica, e' l'anticivilta', e' la barbarie assoluta.
La guerra e' il piu' grande crimine contro l'umanita'.
La guerra l'esistenza dell'intera umanita' minaccia.
Il primo compito della politica e' salvare le vite.
Il primo compito della politica e' il disarmo.

13. LUCIANO BONFRATE: IL CRONISTA ALLA CROCIATA

I.
Come cronista venni alla crociata
non riesco piu' a scrivere in questo diluvio di sangue
nulla sazia la sete delle spade
tutto e' preda e nulla e' rispettato.

Carni respiro acqua cieli e templi
e case e alberi e mense e letti
tutto insozza violenta disquatra divora la guerra
tutto corrompe rapisce squarcia azzanna la morte.

Per lungo tempo cercai di trovare le parole
che potessero fermare i roghi e le stragi
chiamare alla ragione e al rispetto di se stessi
evocare l'umanita' nei cuori e nelle menti.

Di dire l'orrore l'orrore ormai mi impedisce
mentire a me stesso e ad altri non voglio
ogni parola ormai sento nemica
rivolgo il pugnale contro me stesso.

II.
Tu non arrenderti al male
finche' tu resisti il fascismo non ha vinto
tu scegli la nonviolenza.

Anche ove tutti fossero ubriachi
e tu resta lucido
anche ove tutti fossero nel sonno
e tu veglia.

La guerra e' nemica dell'umanita'
ogni esercito uccide
ogni arma desidera la nostra morte
ogni potere che opprime ci opprime tutti.

Non hai altro strumento che questo
usa la parola poiche'  tutti gli esseri umani
hanno la parola negli occhi e nella bocca
hanno la parola nelle mani e allora usala.

Usala per dire che c'e' un'alternativa
all'uccidere e al morire e questa alternativa
e' il vivere insieme nel mutuo soccorso.

III.
E poi la nonviolenza e' ancora questo:

non maltrattare neppure un orco o un sasso
fermare ogni braccio che solleva il bastone
guardare negli occhi e vedere nel cuore
sentire il miracolo di ogni filo d'erba
ascoltare e parlare nell'assemblea
decidere insieme
la lotta delle oppresse e degli oppressi organizzare
per la liberazione comune

condividere il pane fino all'ultima mollica
fare insieme il lavoro necessario
lavare i panni le ferite le parole
sapere che tutto e' un dono ricevuto
rompere tutte le serrature e le sbarre
lasciare tutte le porte aperte

tenere pulita la casa di tutti
accudire i vecchi e i bambini
prestare ascolto a chi piange
ricordare il volto dei morti
raccontarne le storie a chi non sa

tenere acceso il fuoco nella notte
alzarsi prima dell'alba per aiutare il sole a sorgere.

14. LUCIANO BONFRATE: PROGRAMMA DI GOVERNO DEL ... NEI TERRITORI INFINE LIBERATI

Siamo arrivati qui spargendo tanto sangue
il nostro e l'altrui
siamo arrivati qui nel freddo e nella notte
vestiti di stracci le dita congelate
siamo arrivati qui soltanto per questo:
abolire il fascismo
abolire la guerra.

Di tutto il dolore subito
come dimenticarci?
di tutto il dolore sparso
come dimenticarci?
Ma siamo arrivati qui e questa e' la nostra parola:
nessuno mai piu' sia ucciso
e tutto fra tutti sia condiviso.

Del male ricevuto
del male commesso
di tutto il male passato
e' ora di liberarci.
Questo e' il nostro programma:
ognuno abbia adesso di che vivere
la liberta' comincia adesso qui.

Siano spezzate tutte le spade
tutti i debiti siano rimessi
nessuno piu' riceva nessun torto
ognuno venga a mangiare e a cantare.
Da ora in poi la sola legge e' questa:
doni ciascuno quanto puo' e riceva
dagli altri ognuno quanto gli abbisogni.

Solo la nonviolenza puo' salvare
l'intera umanita' dalla catastrofe
e questa e' l'ora di dare compimento
alla speranza di tutte le vittime
e' l'ora della scelta che salva le vite
e' l'ora della scelta che nessuno abbandona
e' l'ora di sconfiggere la morte.

Pace, disarmo, smilitarizzazione
messa in comune del bene e dei beni
soccorrere, accogliere, assistere tutti
comincia oggi la novella storia
sii tu l'umanita' come dovrebbe essere
da te dipende che si avveri questo
sogno sognato dall'inizio dei tempi.

15. LUCIANO BONFRATE: NEL GULAG

Nel gulag i nostri fratelli le nostre sorelle
nel lager i nostri fratelli le nostre sorelle
occhi sgranati dietro il filo spinato
ossa nel deserto
meduse sul fondo del mare
sul ciglio delle strade
nei campi di pomodori
carni bruciate dal sole e dai bastoni
carni squarciate dai lupi in automobile.

Ogni essere umano ha diritto alla vita
alla dignita' alla solidarieta'
ogni essere umano e' un essere umano.

Aprire gli occhi
entrare nella lotta di liberazione
salvare tutte le vite
scegliere la nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare
l'umanita'.

16. LUCIANO BONFRATE: RICORDANDO T. B.

Mi accorgo e mi stupisce
di essere tanto piu' vecchio di te
mi accorgo e mi stupisce
che da un quarto di secolo sei morto.

Eppure mi sembra
ieri che eri qui
e le cose che dicevi e che facevi
sono ancora esattamente i compiti dell'ora.

Muoiono le persone tutte
e morra' anche il mondo
non so se la cosa migliore
sia proprio non essere nati.

Ma dacche' siamo al mondo
che valga la pena.

Tutto e' nulla
ma tu lenisci il dolore
ma tu soccorri l'afflitto
ma tu sostieni l'oppresso
condividi la sua lotta e la sua sorte
pianta la tua tenda nel campo dell'umanita'.

Scegli la nonviolenza.

17. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: PROMETEO

Volete sapere la verita'? Volete proprio sapere la verita'? Perche' io ve la dico la verita' ve la dico, se proprio la volete sapere.
Pero' pensateci prima, pensateci bene, perche' non e' mica detto che sia sempre un bene sapere la verita'.
E allora ve la dico, ve la dico io. Pero' niente telefonini, niente registratori, niente fotografie. O e' cosi' o non se ne parla.
Allora, cercate di stare attenti perche' la racconto una volta sola. E niente domande. No, signora, lei comincia male, se dico niente domande e' niente domande e basta. O cosi' o niente.
*
Hanno pagato tutti? Bene.
*
Per cominciare, ma lo sapete gia', Prometeo era mio fratello. Ed era una gran brava persona.
E tanto vale che lo dica subito: tutte quelle storie non e' vero niente.
L'assalto al cielo dei Titani, per esempio: ma quale assalto al cielo? E quel montarozzo dell'Olimpo voi lo chiamate il cielo? La corte degli dei, poi, ve la raccomando: una mezza grotta, una puzza che non vi dico, neanche un lampadario, un fumo che non si respirava e non ci si vedeva a un passo. Pareva il bordello degli orchi, pareva. Figurarsi, la gente girava al largo che gia' a un chilometro gli veniva da vomitare.
Il furto del fuoco? Ma quale furto? E che ce l'aveva quel porco pedofilo il brevetto del fuoco? O dell'acqua, o dell'aria? Ma per favore, il fuoco era res nullius e mio fratello l'unica cosa che ha fatto e' stato d'insegnare a quei poveracci a sbattere due sassacci su un po' di seccume, tutto li'. Roba da lupetti e coccinelle.
L'avvoltoio, dite? Ma che stiamo al circo? Al teatro? La rupe del Caucaso, ma che e'? Pecos Bill? Lo misero in galera senza processo. Senza processo lo misero in galera.
*
Quando usci', perche' poi usci', certo che se ne persero le tracce, usiamo documenti falsi, ci siamo scafati pure noi, che vi credevate che da noi la televisione non c'e'? Invece ci abbiamo pure internet.
Adesso stiamo nel ramo rapine. A conduzione familiare. Perche', loro sono meglio?

18. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: CINQUE DELITTI AL BAR DEL SARGENTONE

La francese era scomparsa, e nel paese non c'era mai stata un'altra francese. Poi la trovarono nella discarica, che e' il posto dove le trovi tutte le cose scomparse. La sera c'era la finale di Scenpion, e il giorno dopo al bar si parlava solo di quello, e della finale di Scenpion.
Sul giornale c'erano diverse fotografie, chissa' chi gliele aveva date. La francese mi piaceva, anche se non la conoscevo bene. Non ero cliente, ma e' perche' col lavoro che faccio. Non era giusto che l'avessero ammazzata e buttata nella discarica. Avevo anch'io qualche idea, come tutti al bar.
*
Sara' passata una settimana e stavamo li' una sera a giocare a quartiglio quando arriva Nenne e dice. "N'antra". "N'antra?". "N'antra". "N'antra de che?". "De che?, d'esse". "Esse chi? Ma fatte capi' quanno che parli". "Esse, quelle, l'Angioletta". "L'Angioletta?". "Essa". "E 'ndove?". "E 'ndove? ne la discarica, no?". "Ne la discarica?". "Ne la discarica". "Mort'ammazzata". "'No sgarro da orecchia a orecchia". "E tu come lo sae?". "L'ho vista". "E quanno l'hae vista". "Mo'". "L'hae trova tu?". "None, ho visto Lillo ch'era li' co' li carabigneri e so' ito a veda". "E ch'hae visto?". "Te l'ho detto, l'Angioletta". "Era propio essa?". "Essa". Poi continuammo a giocare a carte, pero' eravamo tutti di malumore, e poi Nenne non ci piaceva, era uno che non ti potevi mai fidare.
*
Non c'e' due senza tre, dice il proverbio. E i proverbi stanno avanti al vangelo, dice il proverbio; un altro proverbio, non lo stesso. Ogni proverbio dice una cosa sola, per questo e' facile ricordarseli. Era domenica e non lavoravo. Come arrivo al bar mi accorgo subito che c'era effervescenza. Io dico effervescenza per dire che c'era una situazione che io chiamo effervescente, non c'e' bisogno di spiegarlo perche' tanto l'avete capito. Guardo Prospero e Prospero mi guarda, Quando due si guardano in quel modo e' detto tutto. C'erano i carabinieri nel bar. Era morta la Ninetta di Giovannino, che poi si chiamava Giovannina pure lei ma la chiamavano Ninetta perche' chiamarla la Giovannina di Giovannino io non lo so perche' ma suonava brutto, pareva che portava male. Pero' non e' che a Ninetta le avesse portato bene perche' se finisci alla discarica ridotta nel modo come l'avevano trovata.
"Speramo che mo' basta". "Perche' basta?". "So' tre, no?". "E allora?". "E allora gnente, mo' basta". "E perche' basta?". "Perche', seconno te ha da continua'?". "Io nun ho detto gnente". "E allora basta". "Mo' piantatela de chiacchiera' e vedete de gioca'". "Giocamo, si', ch'e' mejo". La sera al bar si gioca a quartiglio, e per certi e' una cosa seria. Pure per me e' una cosa seria quando si gioca a quartiglio, pero' penso che due parole si possano anche dire, mica siamo macchine.
*
Rodolfetto adesso ci aveva paura, si vedeva che ci aveva paura per Lamorona, Lamorona era una mora, alta, bella, e a Rodolfetto certe volte gli veniva di farla smettere di lavorare per tenersela lui e basta. Certe volte. Pero' poi non faceva niente. Non faceva mai niente Rodolfetto, a parte stare sempre a lisciare il coltello. Si teneva una pietra di quelle da arrotino in sacoccia apposta, e passava i pomeriggi e le sere e le notti seduto sul motorino ad allisciare la lama, che luccicava come un pesce, e se non c'era traffico sentivi il rumore dello strofinio della pietra sulla lama, o della lama sulla pietra, che certe volte era una specie di sibilo o di ronzio, certe volte invece una specie di miagolio, e certe volte come un ruggito pero' a bocca chiusa. Non lo so come faceva, pero' dopo anni che affilava il coltello sapeva fargli fare ogni genere di suono. E lo diceva pure: "'Sto regazzino canta, e quanno canta...". Lo lasciavano fare perche' era cattivo e vendicativo, e pure perche' ogni settimana dava la parte loro ai vigili e ai caramba. "Sono un uomo d'affari", diceva. In tutta la mia vita non l'ho mai visto che non stesse seduto sulla moto a strusciare il coltello. Pero' adesso era nervoso, lo dicevano tutti. Aveva paura per Lamorona.
*
Invece tocco' alla Gina, che sul giornale poi scoprimmo che si chiamava Ginevra. Roba da non crederci: Ginevra. Come la regina Ginevra. Pero' stavolta avevano messo le telecamere sul vialone che ci si deve per forza passare per arrivare alla discarica, e avevano ripreso il camion. Quello che la tiro' giu' e la butto' sull'immondizia col buio non si vedeva bene, ma il camion si'. Era il mio.

19. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: RODDY

Ma dimmi tu se deve venire a offendermi pure dentro casa mia quel fratacchione che se la fa con la donzelletta che vien dalla campagna. Vedi tu se non lo faccio trasferire in Barbagia. Che poi ce lo sanno tutti che doveva finire in galera per quel fattaccio e se la scapolo' grazie alla preteria. Aveva ragione quello, altroche' se aveva ragione, qui in Italia non c'e' rispetto di niente con tutti questi preti e frati e vescovi e cardinali, tutti mangiapane a ufo, grassi come bestie da ingrasso, sempre li' a biascicare improperi in latino e a predicare divieti che sembrano semafori sempre rossi. E quel frataccio che ha l'impudenza di venirmi a minacciare a casa mia, che gli si legge negli occhi e nella voce che gli va di andarci a letto lui con quella li', se gia' non c'e' stato. Se non fossi il signore che sono, una ripassata di bastonate non gliela levava nessuno a quel pappafico, ma noblesse oblige, si sa.
Come se poi avessi bisogno di fare il cascamorto, io. Mi basta schioccare le dita e le ho tutte qui le contadinotte della zona, fino a Lecco, fino a Como, fino a Milano e Venezia. Quando uno ci ha i soldi, quando una ci ha un titolo, e le terre. E un nome che sia un nome, e parenti in alto loco.
Ci ho anche una polizia privata, che non sei nessuno se non ci hai una polizia privata.
Le contadinotte: la mattina tutte a messa col velo che sembrano tutte mussulmane, e poi la notte tutte in discoteca che se uno sequestrasse la stoffa di tutte non ci si fa un mezzo metro quadro. Secondo me certe neppure ce li hanno i vestiti, sono solo pitturate, le squinzie.
Ci ho la carrozza, con un tiro a otto. Certo, ci ho pure la Porsche. Ve la ricordate Janis Joplin? E nel parco ci ho il campo da tennis con tanto di tribune coperte, altro che i Finzi Contini. E le feste? Meglio che il Grande Gatsby, meglio.
E poi ho fascino, fascino vero, altro che il principe di Salina. E in sala tivu' ci ho il plasma grosso quanto un campo di pallone, un'intera parete. Dalle sbarbe mi faccio chiamare Roddy.
Vi pare che avrei bisogno di farla tanto lunga per una Mondella qualsiasi?

20. RACCONTI CRUDELI DELLA CITTA' DOLENTE. OMERO DELLI STORTI: BRIGANTINO

Gli amici mi chiamano Brigantino, e alle ragazze che abbordo in discoteca dico che e' perche' sono ufficiale di marina e loro vanno in brodo di giuggiole, valle a capire le femmine. Invece mi chiamano Brigantino perche' mio padre lo chiamavano il Brigante, che invece era un pezzo di pane, ma lo chiamavano cosi' perche' suo padre, che poi sarebbe mio nonno, lo chiamavano il Brigantone, perche' era un cristone, un marcantonio, un carnera, e siccome non era nato ricco, ma di essere ricco si sentiva diciamo cosi' la vocazione, insomma si era dato da fare, mi capite, no? Non che si fosse poi veramente arricchito arricchito, ma neppure si poteva lamentare, almeno finche' non gli hanno messo il sale sulla coda - si dice dalle vostre parti il sale sulla coda? Pero' il tempo per darsi da fare ce lo aveva avuto e qualche cosetta da parte l'aveva messa, e fini' nella scarsella degli avvocati. Che pero' lo tirarono fuori alla grande, e quando torno' al paese lo portarono in trionfo. E' che aveva la regola che i paesani non si toccano e lavorava solo fuori. Lavorava di notte, se non lo avete ancora capito. A un certo punto si stufo' - si dice da voi si stufo'? E come diceva lui si mise in pensione, si sposo' e fece un figlio che poi era mio padre, il Brigante, che pero' era tutto un altro carattere, si vergognava pure dell'ombra e l'unica cosa che gli piaceva era fare le invenzioni, e ne ha fatte pure parecchie, che magari ve le racconto un'altra volta. Ormai sono morti tutti e due. Nell'incendio. Non lo so neppure io perche', ma si erano fatti tutti e due un'assicurazione sulla vita. Errore gravissimo. Quando uno se la cerca se la cerca proprio, dico bene? A me, a dirsela tutta, mi piace vivere di rendita, non so voi. E scatenarmi in discoteca il sabato sera, l'avete visto il film? Figurarsi se non lo so che adesso me lo chiedete. E chiedetemelo, no? Vi rispondo subito com'e' che mi sono messo con Rugarone e Scapestro: perche' m'annoiavo. Non pare, ma dopo un po' t'annoi. Oltretutto i soldi prima o poi finiscono, no? Ma soprattutto perche' m'annoiavo. Potevo camparci quanto mi pareva con le assicurazioni. Perche' una volta capito il trucco, basta guardarsi intorno, no? Infatti non e' che me li sono bevuti tutti e subito i soldi del babbo e del nonno buonanima, nossignori, una parte si', ma una parte li ho reinvestiti: la zia Nena che non aveva figli, la signora Cesira che era sola e m'aveva sempre voluto bene e che fece testamento indovinate a favore di chi, e insomma basta guardarsi intorno ed investire oculatamente. Pagano le assicurazioni, eccome se pagano. Certo, ci provano a fare i pidocchiosi. Ma neppure a loro gli va di trovarsi che gli prende fuoco la casa, mi spiego? Per farla breve potevo continuare cosi', no? Tomo tomo, lemme lemme. Ma a me mi piace pure la vita avventurosa e non e' che al paese c'era la giungla o il vecchio west, cosi' mi misi con Rugarone e Scapestro, che ci conoscevamo da prima che finissero in galera. Quando uscirono allora si' che si erano incattiviti, che in confronto l'attivita' precedente - che poi era il ramo protezione privata e finanziamenti lampo, come ai vecchi tempi: una stretta di mano e niente carte, e chi sgarra lo sa che sgarra una volta sola. Una sera li incontro in piazza che erano appena usciti e fessi com'erano erano tornati al paese dove non li poteva vedere piu' nessuno. Io era gia' da un pezzo che m'annoiavo, cosi' mi venne in mente - ma proprio su due piedi, eh, fu un'ispirazione istantanea - che m'andava di fare il capo di qualcosa, e che c'era di meglio di quei due che in due non facevano una zucca vuota? Avevano bisogno di un capo, e io in quel momento pensai che era proprio il capo che volevo fare. Saltapicchio lo arruolai dopo. Non e' che mi serviva, bastavano quei due scimmioni, ma Saltapicchio mi divertiva troppo. Le sapeva tutte, e diceva certi spropositi che secondo lui li aveva letti in certi libri che aveva letto solo lui ma che secondo me se li inventava li' per li'. E come muscolatura non era granche', ma per quello bastavano Cricco e Crocco, lui ci aveva la qualita' di fare quello che andava fatto presto e bene, pulito, senza esitazioni, senza domande, come una ghigliottina. Lo saprete che e' una ghigliottina, no? E poi raccontava le barzellette, le sapeva tutte. Che il piu' delle volte beato chi le capiva, e magari non erano neppure barzellette, pero' finche' le raccontava tu non potevi smettere di starlo a sentire. E siccome per tradizione di famiglia avevo deciso che si lavorava solo fuori del paese bisognava fare gli spostamenti, no? In macchina, e come senno'? Cosi' durante il percorso lui non stava zitto un attimo ed eravamo sempre di buon umore. E' fondamentale essere di buon umore quando si fanno lavori di responsabilita' che non devi sbagliare un colpo. Il mondo e' cattivo, non so se ve ne siete accorti, e se non ve ne siete accorti ve lo dico io: il mondo e' cattivo. Ma si' che ve ne siete accorti, dal momento che vi abbiamo legato come salami ve ne siete accorti, no? Io dico che ve lo immaginate gia' come va a finire, no? Vi pare che se non fosse sicuro come una messa che va a finire come deve andare a finire adesso mi mettevo a raccontarvi i fattacci nostri?

21. PRIMO MAGGIO, GIORNO DI LOTTA

E' un giorno di lotta il primo maggio.
E' il giorno in cui il movimento delle oppresse e degli oppressi ricorda tutte le ingiustizie subite, ricorda i nomi e i volti di tutte le vittime della violenza dei potenti.
E' il giorno in cui il movimento delle oppresse e degli oppressi convoca l'umanita' intera alla condivisione dei beni, alla solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e sostiene e conforta.
E' il giorno in cui il movimento delle oppresse e degli oppressi convoca l'umanita' intera a difendere dall'irreversibile devastazione quest'unico mondo vivente casa comune di tutte e tutti.
E' il giorno in cui il movimento delle oppresse e degli oppressi afferma che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
E' il giorno in cui il movimento delle oppresse e degli oppressi denuncia la disumanita' di un disordine costituito fondato sulo sfruttamento e sulla rapina, sulla schiavitu' e sulla distruzione.
E' il giorno in cui il movimento delle oppresse e degli oppressi chiama ancora alla lotta contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
La prefigurazione qui e adesso dell'internazionale futura umanita'.
La nonviolenza e' in cammino.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Numero 964 del 4 agosto 2018
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