[Nonviolenza] Telegrammi. 3049



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3049 del 28 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Sommario di questo numero:
1. Approssimandosi l'anniversario della scomparsa di Alfio Pannega
2. Laura Carpi Lapi
3. Milos Forman
4. Giordana Garavini
5. Vittorio Taviani
6. Cecil Taylor
7. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
8. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
9. Carlo Calimeri: La sonata
10. Carlo Calimeri: Il macchiavello
11. Carlo Calimeri: La verita' sull'aldila'
12. Segnalazioni librarie
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. APPROSSIMANDOSI L'ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI ALFIO PANNEGA

Il 30 aprile ricorre l'anniversario della scomparsa di Alfio Pannega, che ci ha lasciato nel 2010.
Lo ricordiamo ancora una volta come il migliore degli amici, il migliore dei maestri, il migliore dei compagni nella lotta per la liberazione dell'umanita' intera da ogni oppressione, nella lotta in difesa dell'intero mondo vivente da ogni violenza e devastazione, esempio dell'umanita' come dovrebbe essere.
Nel ricordo di Alfio Pannega continuiamo la lotta nonviolenta per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Nel ricordo di Alfio Pannega continuiamo la lotta nonviolenta per la vita dell'intero mondo vivente, casa comune dell'umanita'.
Pace, disarmo, smilitarizzazione.
Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto.
Rispetto per la vita di tutti gli esseri viventi.
Uguaglianza di diritti tra tutti gli esseri umani.
Condividere il bene ed i beni.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la liberazione comune.
La nonviolenza e' in cammino.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.
Nella tua lotta per la verita' e la giustizia, in ogni tuo atto di responsabilita' e di generosita', nella dignita' che splende in te come in tutte le persone, in ogni gesto di condivisione del bene e dei beni, li' Alfio vive ancora.
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Allleghiamo in calce una breve notizia biografica e le parole dette in suo ricordo dinanzi al feretro nel cimitero di Viterbo il primo maggio 2010.
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Allegato primo: Una breve notizia su Alfio Pannega
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti.
Molte fotografie di Alfio scattate da Mario Onofri, artista visivo profondo e generoso compagno di lotte che gli fu amico e che anche lui ci ha lasciato anni fa, sono disperse tra vari amici di entrambi, ed altre ancora restano inedite nell'immenso, prezioso archivio fotografico di Mario, che tuttora attende curatela e pubblicazione.
Negli ultimi anni il regista ed attore Pietro Benedetti, che gli fu amico, ha sovente con forte empatia rappresentato - sulle scene teatrali, ma soprattutto nelle scuole e nelle piazze, nei luoghi di aggregazione sociale e di impegno politico, di memoria resistente all'ingiuria del tempo e alla violenza dei potenti - un monologo dal titolo "Allora ero giovane pure io" dalle memorie di Alfio ricavato, personalmente interpretandone e facendone cosi' rivivere drammaturgicamente la figura.
La proposta di costituire un "Archivio Alfio Pannega" per raccogliere, preservare e mettere a disposizione della collettivita' le tracce della sua vita e delle sue lotte, e' restata fin qui disattesa.
Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino", ad esempio negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265 ed ancora i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" nn. 907-909, 1172, 1260, 1261, 1272, 1401, 1622-1624, 1763, 1971, 2108-2113, 2115, 2329, 2331, 2334-2335, 2476-2477, 2479, 2694, 2833, i fascicoli di "Coi piedi per terra" n. 546 e 548-552, e "Voci e volti della nonviolenza" nn. 687-691, 754-755, il fascicolo di "Ogni vittima ha il volto di Abele" n. 170, i fascicoli di "Una persona, un voto" nn. 88-90, 206, 209, il fascicolo de "La domenica della nonviolenza" n. 420.
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Allegato secondo: Alcune parole per Alfio Pannega
[Ricostruite a memoria - e frettolosamente poi scritte - questo sono, se non le esatte parole, alcune delle cose dette il primo maggio 2010 al cimitero di Viterbo dinanzi al feretro di Alfio Pannega]

Questo uomo aveva la bonta' e l'ira dei profeti, di coloro che sanno dire la verita' in faccia alle persone e al mondo: con la virtu' della misericordia verso tutte le creature sofferenti, e con la virtu' dell'indignazione contro ogni ingiustizia.
Aveva la pazienza di Giobbe: fedele sempre al vero e al giusto, senza mai un cedimento al male, senza mai una meschinita', senza mai una vilta'.
Recava la verita' di Qohelet: sapeva che tutto e' vanita' di vanita' e fame di vento, e che proprio per questo e' dovere di ciascuno recare aiuto a tutti, giacche' e' meglio essere in due che uno solo, poiche' chi e' solo, se lungo il cammino della vita inciampa, allora cade e non si risolleva, ma se ha compagni essi lo sosterranno, reciprocamente si sosterranno.
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Era un poeta, educato alla lingua e alla musica e alla tempra di Dante del cui capolavoro sapeva declamare a memoria interi canti, e cresciuto alla scuola dei poeti a braccio, per i quali la poesia e il pane, il lavoro quotidiano e l'estro armonico, la cruda realta' e la sublime bellezza sono una stessa cosa.
Ed era un testimone, e non di una generica viterbesita', formula astratta e vuota, ma di quella Viterbo popolare, civile, resistente, antifascista, che fu anche quella di Achille Poleggi e di Sauro Sorbini.
Ed era un esempio della sublime e luminosa dignita' e generosita' dei poveri: tutto cio' che era suo era di tutti, tutti accoglieva ed aiutava; all'ora della consumazione in comune dei pasti prima accudiva gli animali, poi gli ospiti e solo alla fine mangiava anche lui.
Era un educatore alla solidarieta' con tutti i viventi: e le persone che hanno condiviso con lui un tratto di strada, un'ora del giorno, da lui hanno imparato questo dovere nativo, sorgivo, elementare: di essere con gli altri e per gli altri.
Ed e' stato un dono, un dono grande, per chi ha avuto la fortuna, la grande fortuna, di averlo piu' intimamente conosciuto.
E che quest'uomo sia vissuto tra noi resta un'alta ragione di orgoglio per questa citta', che oggi gli rende omaggio.
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Ma detto questo ancora non e' detto tutto, e forse non e' detto ancora l'essenziale.
Gia' anziano, sofferente dei malanni di una travagliata vita di vicissitudini e fatiche, e dimorante allora in umana solitudine in una zona abbandonata della citta', 17 anni fa Alfio ebbe una seconda nascita, una seconda vita, partecipando fin dal primo giorno all'occupazione dell'ex-gazometro e alla nascita quindi del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", e del centro sociale e' stato simbolo e anima, il cuore pulsante, e il centro sociale si e' riconosciuto in lui: in questi 17 anni lui e' stato il centro sociale e il centro sociale e' stato lui; e questi 17 anni da quell'estate del 1993 sono stati gli anni di un amore reciproco cosi' appassionato che ieri vedendo nella camera ardente, presso il centro sociale allestita, sgambettare e giocare ai piedi del feretro, o dalle braccia dei giovani genitori guardarlo e salutarlo, bambini di pochi anni e di non molti mesi, e insieme vedendo Giselle che venne al centro sociale bambina ed ora e' una meravigliosa giovane donna, tu vedevi che grande fioritura di vita e di bellezza Alfio ha saputo coltivare con l'esempio amorevole ed autorevole della sua dignita', della sua generosita'. E che grande eredita' lascia di umanita' fraterna e sororale, di persone sensibili e solidali, che alla scuola del suo esempio sono cresciute splendide.
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E ci sono questi ultimi anni, dalla fine del 2007 a oggi, caratterizzati soprattutto dalla sua lotta per il diritto alla casa: Alfio getto ' il suo cuore e la sua vita stessa nella lotta per il diritto di ogni essere umano ad avere un tetto, per il diritto sociale alla casa, per il diritto umano alla casa. Ed e' un dolore grande per noi che restiamo che sia deceduto senza che quel diritto almeno lui abbia potuto vederlo riconosciuto. Un dolore che non potremo dimenticare.
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E poi ci sono questi ultimi mesi, questi ultimi felici mesi, mesi che per Alfio sono stati forse i piu' gioiosi della sua vita da tanto tempo a questa parte.
La realizzazione del libro delle sue poesie, arricchito di un'ampia intervista ed impreziosito da tante stupende fotografie; un ringraziamento grande va a tutte le persone che hanno reso possibile questa pubblicazione, adempiendo quello che era da molti anni un suo profondo desiderio e una promessa solenne che i compagni del centro sociale a lui e a se stessi avevano fatto.
E con il libro, le sue presentazioni pubbliche con immensa e commossa partecipazione popolare, e la mostra fotografica sulla sua vita, e la lectio magistralis che tenne alla Sala Regia del Comune conclusa, dopo aver esortato ancora una volta i piu' giovani al sapere e alla generosita', con quel gesto sublime del rifiuto di un'onorificenza finche' non fosse stato riconosciuto un diritto, il diritto alla casa.
Con quel discorso e con quel gesto la grande cultura, la vera civilta', e l'autentica dignita' umana facevano irruzione nelle stanze del palazzo, divenivano ora di verita', sfida all'ipocrisia, alla menzogna e all'ingiustizia.
E poi ancora i manifesti col suo volto a segnalare l'emergenza casa, e la sottoscrizione pubblica promossa in suo nome cui lui magnanimamente acconsenti' ancora una volta mettendo tutto se stesso nella lotta per un diritto di tutti.
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Ma anche detto questo forse non e' ancora detto cio' che e' decisivo: per molti di noi, e mi perdonerete se qui il discorso si fa piu' intimo, Alfio e' stato un maestro e un compagno, di vita e di lotte. Un maestro e un compagno di vita: nella piena condivisione del pane, e di tutto. E un compagno di lotte, contro la guerra, contro razzismo, discriminazione, sfruttamento. Sempre dalla parte degli ultimi, degli umiliati e offesi, degli oppressi, dell'umanita in lotta per la liberazione.
E in lotta per l'ambiente casa comune, per la difesa qui a Viterbo del Bulicame, il Bulicame cantato da Dante e a un tiro di sasso dal centro sociale; e resta indimenticabile per chi lo visse quel suo meraviglioso discorso tenuto al Bulicame in quella notte in cui proprio dinanzi alle sorgenti e alle pozze di acqua sulfurea manifestammo in molti per salvare quel prezioso bene ambientale e culturale dalla devastazione cui lo avrebbe condannato la realizzazione di un mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.
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Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.
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Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.
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Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".
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Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti; e se posso rivolgermi in particolare a tutti gli amici piu' vicini, a tutti i compagni che hanno condiviso e che proseguiranno, che proseguiremo insieme, l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, ogni volta che accadra' che qualcuno vi chieda, ci chieda, "Chi era Alfio Pannega?", ebbene, che noi tutti che lo abbiamo conosciuto e che lo abbiamo avuto nostro compagno si possa essere degni di rispondere, testimoniandolo con ogni nostra azione: "Io sono Alfio Pannega, Viterbo e' Alfio Pannega, l'umanita' e' Alfio Pannega".

2. LUTTI. LAURA CARPI LAPI

E' deceduta Laura Carpi Lapi, educatrice, militante del movimento operaio, attiva nel gruppo musicale delle Musiquorum e nell'esperienza dell'Istituto De Martino.

3. LUTTI. MILOS FORMAN

E' deceduto Milos Forman, non solo cineasta, ma indagatore del reale, e critico delle ideologie e delle istituzioni della violenza.

4. LUTTI. GIORDANA GARAVINI

E' deceduta lo scorso marzo Giordana Garavini, generosa militante anarchica, come gia' i suoi nonni e genitori figura storica del movimento libertario, luminoso esempio dell'umanita' come dovrebbe essere.

5. LUTTI. VITTORIO TAVIANI

E' deceduto Vittorio Taviani, regista cinematografico e militante del movimento operaio, che col fratello Paolo diresse alcuni dei film piu' preziosi del nostro tempo e del nostro paese.

6. LUTTI. CECIL TAYLOR

E' deceduto Cecil Taylor, musicista, creatore.

7. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

8. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

9. RACCONTI TRISTI DELLA SCIALBA PRIMAVERA. CARLO CALIMERI: LA SONATA

Ho preferito farmi condannare senza dire niente.
Neppure all'avvocato, neppure a mio cognato Eusebio, tuo zio, che e' stato sempre il mio migliore amico, a nessuno.
Perche'? Perche' ho sempre fatto cosi', preferisco ogni altra cosa all'essere ridicolo. E se lo avessi detto, sarei sprofondato dalla vergogna.
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Ma adesso che sono gia' passati, quanti? 39 anni, 40? e che comunque devo continuare a farmi questo ergastolo che poi non me ne frega niente perche' il mondo gia' mi faceva schifo pure prima e starmene qui o da un'altra parte per me e' lo stesso, almeno qui ho vitto e alloggio assicurato e posso stare per conto mio. Qualche fastidio c'e', e' naturale, perche' in cella siamo in due e l'altro e' sempre un imbecille che non vede l'ora di chiacchierare e vuole stare sempre con la televisione accesa, sempre, ma io ho i miei tappi per le orecchie e me ne frego. Come passo il tempo? Leggo. Che leggo? Saranno affari miei, no? Comunque leggo la Divina commedia, il Canzoniere e il Decamerone. Nell'ordine, dall'inizio alla fine, ma piu' di tutti mi piace Dante, poi Boccaccio, Petrarca invece mi annoia, mi ha sempre annoiato. Pero' lo leggo lo stesso, e' sempre Petrarca. Altri libri? Perche', questi non bastano?
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Se mi sono deciso a parlarne la ragione e' semplice: che adesso mi sembra di essere ancora piu' ridicolo a non dirlo. Tu a quel tempo eri piccolo, se ti ho scritto di venirmi a trovare e' perche' non saprei a chi altro dirlo, e poi te lo devo, no? Sono sempre tuo padre, e sono l'assassino di tua madre. Se mi dispiace di averti fatto quello che ti ho fatto? E che ti ho fatto? Io stavo in galera, che potevo fare? Ah, lei. Certo che mi dispiace, era mia moglie e l'amavo, l'ho sempre amata, non ho mai amato nessun'altra. Non dico andare a letto, dico amare. E comunque vedo che ti sei fatto strada lo stesso, no? Sono contento. Lo so che ti ho fatto soffrire e mi dispiace. Non pensare che per me sia facile. Comunque grazie di essere venuto. E' la prima volta che ci parliamo, no? Eri cosi' piccolo quando successe. L'indirizzo per scriverti l'ho avuto da un compagno di cella che ti conosceva, no, non e' piu' qui da diversi anni, neppure mi ricordo piu' come si chiamava, ma era un cliente del tuo negozio e siccome abbiamo lo stesso cognome mi chiese se eravamo parenti. Cosi' ho avuto l'indirizzo. Pare incredibile ma e' andata proprio cosi': nella mia cella uno che abitava dove abiti tu e che era tuo cliente. La vita certe volte e' strana. Si', ci ho dovuto pensare un bel po' per decidermi a scriverti, ma per fortuna tu hai ancora il negozio, vanno bene le cose, si'? Sono contento. Lo so che non e' per merito mio, lo so, non c'e' bisogno di dirlo.
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Mettiamo subito le cose in chiaro: non voglio niente, non voglio sapere niente, non voglio neppure rivederti. A dire la verita' di te non me ne frega niente, per me sei un estraneo, come io per te. Eri troppo piccolo. Forse se eri piu' grande, chi lo sa. Ma ormai. Voglio soltanto dirti perche' l'ho fatto. Poi non devi fare niente, ci salutiamo e non ci vediamo piu' e pace. Non e' per te, e' per me. Voglio dirlo a qualcuno e basta. Tu non devi fare niente. Te lo dico e basta, poi non ci vediamo piu', io qui ci sto bene, leggo i libri, faccio passare il tempo e non ci penso. Insomma, si' e no: qualche volta certo che ci penso, non dico sempre ma ci penso. Sono quarant'anni che ci penso tutti i giorni, ma poi apro il libro e tiro avanti cosi'. Qualche cosa bisogna inventarsi per tirare avanti, io leggo. No, non mi serve niente. Veramente, non mi serve niente. Lo vedi, continuo a cincischiare, e invece dovrei venire al punto, no? Ma insomma.
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Ando' cosi': c'era una sonata, di Mozart credo, che non mi usciva dalla testa, pero' non e' che la ricordassi proprio bene, la ricordavo a tratti, qualche nota, poi niente, poi qualche altra nota, cosi', confusamente, vagamente, e allora cercavo di concentrarmi per ricordarla in modo distinto, preciso. No, non per canticchiarla, neppure per suonarla, non so mica suonare io. Solo per ricordarla. Non mi ricordo neppure dove l'avevo sentita, doveva essere stato alla radio, a quel tempo c'era solo la radio e il giradischi, ma io il giradischi non ce l'avevo e allora alla radio. Magari al bar, o mentre guidavo. Facevo il rappresentante, magari lo sai. No? E' uguale, era un lavoro stupido e infame, dovevo convincere la gente a comprare roba che non gli serviva a niente. E dopo un po' che fai questo lavoro ti fanno schifo tutti: gli imbecilli perche' sono imbecilli e si lasciano fregare da un altro imbecille come te - come me, intendo -, gli arroganti perche' non si lasciano fregare, quelli che neppure aprono la porta, insomma dopo due giorni ti accorgi che l'umanita' fa schifo e se lo merita di essere sterminata, ma prima torturata, e non per un'ora o un giorno, ma torturata per un anno, per un secolo, solo che nessuno campa cosi' a lungo, la sa lunga la natura. Che vendevo? Ci credi che neppure me lo ricordo piu'?
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Pero' non era questo che volevo dire, volevo dire di quella dannata sonata. Com'e', come non e', non me la levavo dalla testa e insieme non riuscivo a ricordarla bene, e mi ci ammattivo. Non ci dormivo piu'. Pero' non dicevo niente a nessuno, sono fatto cosi', ho sempre fatto cosi', non dico mai niente a nessuno. Pero' Liliana se ne accorgeva, e che ci voleva? Se ne sarebbe accorto pure un cammello - e' solo un modo di dire, eh, senza offesa per nessuno. Cosi' comincia a farmi che ci hai, ma dimmi che ci hai, lo vedo che c'e' qualche cosa che non va, dimmi che ci hai, a me puoi dirlo, ma che ci hai che ci hai che ci hai; e io niente niente niente. Era asfissiante, non ne potevo piu'. Gia' ero ossessionato, ci si metteva pure tua madre, era asfissiante, non la voleva capire che almeno lei poteva starsene zitta e lasciarmi stare, come se non lo vedesse che ero stranito e che non ce la facevo piu'. Ma lei no, lei sempre che ci hai, che ci hai, che ci hai, e io niente, niente, niente, e mo' basta, basta, basta, porca la miseriaccia cane, basta. A dire il vero non e' che mi dava fastidio che me lo chiedesse, anzi mi faceva pure piacere, e' che non potevo dirglielo che era per quella maledetta sonata, che figura ci facevo? Sono sempre stato uno timido, non si direbbe ma sono sempre stato uno timido, non ci posso fare niente. Lo so che c'e' chi sta peggio. C'e' sempre chi sta peggio. Ma non e' che ti fa stare meglio. O magari si', non lo so.
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Pero' non riuscivo a dormire, e dovevo guidare sempre, quando fai il rappresentante non e' che puoi battere il vicinato, devi girare come una trottola devi girare. E avevo sempre sonno quando guidavo e pensavo che se non riuscivo a dormire prima o poi facevo un incidente e addio Angioletto, che sarei io, lo sai come mi chiamo, no? Certo, certo che lo so che lo sai, dicevo solo per dire. E poi il lavoro andava a rotoli, perche' non riuscivo piu' a convincere nessuno a farsi fregare, e ci credo, mi presentavo con quegli occhi, con quella faccia, con quella voce, che mi diceva bene se non chiamavano la polizia. Sembra una sciocchezza, ma quando il lavoro non va e i soldi non entrano, allora subito a casa si guastano gli elettrodomestici, c'e' un sacco di roba da comprare che prima neppure te ne accorgevi, e le bollette e tutto il resto. Li' per li' che fai? Chiedi agli amici se ti aiutano, ma io di amico avevo solo Eusebio, a proposito, sai come sta? Ah, e quando e' morto? Mi dispiace, non avevo saputo niente. Qui non si sa mai niente se non guardi la televisione; ma io la televisione non la guardo, mi metto i tappi nelle orecchie e leggo. E poi non credo che Eusebio sia mai finito in televisioe, ne' da vivo, ne' da morto. Mi dispiace davvero, era il mio migliore amico, te l'ho detto? Lo hai conosciuto? No? Peccato. No, non volevo dire. Lo so che sei stato chiuso in istituto, lo so. E' che magari dopo. No, niente. Ho detto una fesseria, niente. Pero' che e' morto come lo hai saputo? Come sarebbe, dal giornale? Impiccato? Eusebio? Non lo avrei mai immaginato, uno come lui. E perche' l'avrebbe fatto lo sai? No, no, chiedevo cosi', se sul giornale c'era scritto qualche cosa. Lasciamo stare, non volevo, proprio non volevo. Era sempre stato uno cosi', senza coscienza e senza cervello; pero' gli volevo bene, eravamo amici amici. E' perche' eravamo amici che ho conosciuto sua sorella, che poi l'ho sposata, lo so che lo sai. E' vero che con un nome come quello se non ti metti una corda al collo ti tiri una palla nel cranio. Scherzo, scherzo pero' mi dispiace veramente, gli volevo bene a lui. Pure a lei. Penso che siano state le due persone a cui ho voluto piu' bene al mondo. Ci hai mai fatto caso che se dici una frase del genere sembri subito ridicolo? Non dovrebbe essere cosi', non e' giusto; pero' e' cosi'.
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Dov'ero rimasto? Insomma le cose andavano male e quando le cose vanno male un uomo diventa cattivo. Liliana non diceva mica niente. Era un angelo. Io portavo il nome ma l'angelo vero era lei. Non e' che potesse mantenere lei la famiglia col lavoro suo, che poi era di fare le pulizie quando trovava a fare qualche giornata che oltretutto la pagavano una volta su tre e ogni volta era una guerra per farsi pagare. Ma io non la stavo neppure a sentire se raccontava delle angherie che le toccava subire. Io cercavo solo di ricordarmi bene quella musica dell'inferno. No, la musica era celestiale, era che non riuscivo ne' a levarmela dalla testa ne' a ricordarmela bene. Ero ridotto a uno straccio. Uno straccio. Cosi', non so neppure come, una notte l'ho strozzata. Mentre dormiva. Tutto qui, volevo solo dirtelo. E adesso vattene. Non dire una parola, tanto mi metto i tappi nelle orecchie. Vattene e non tornare mai piu'.

10. RACCONTI TRISTI DELLA SCIALBA PRIMAVERA. CARLO CALIMERI: IL MACCHIAVELLO

Adesso. Adesso che siamo soli io e te, che non c'e' nessuno in giro che ci vede, adesso si' che possiamo parlare. La prudenza non e' mai troppa, ricordatelo. Il nostro e' un mestiere che la prudenza non e' mai troppa, e se devi dire una cosa a uno la devi dire a lui e basta, senza testimoni, senza che nessuno ti ci abbia visto insieme. Tu da' retta a quello che ti dice zio e vedrai che ti ci troverai bene un frego. Il segreto del lavoro nostro e' semplice semplice.
Il macchiavello e' tutto qui: di farlo proprio quando sembra che stai per fare il contrario. Funziona sempre. Tu neppure te lo immagini quanto e' credulona la gente. Gli dici: siamo sempre stati amici, lo sai che ti voglio bene come un fratello, quel che e' stato e' stato mettiamoci una pietra sopra. Sorridi, ti avvicini come per abbracciarlo e gli pianti un coltello nel cuore.
Tu dirai: ma se lo dovrebbe aspettare; certo che se lo dovrebbe aspettare, piu' chiaro di cosi'. Invece non se lo aspetta, e perche' non se lo aspetta? perche' sono tutti creduloni e con due moine e due parolette cioccolatose li freghi tutte le volte, tutte le volte li freghi, andata e ritorno. Flusso e riflusso, come diceva quello.
Come, quello chi? Ma che ne so, e' un modo di dire, no? Lo vedi? ti distrai. Sveglia, ragazzo. Se vuoi fare questo mestiere devi saper restare concentrato. Non ti devi far abbindolare dalle parole. Le parole servono a questo, ad abbindolarti. Se ti fai abbindolare sei fatto. Lo sai che vuol dire abbindolare, si'? E dimmelo, allora. Bravo. Vedi che lo sai, bravo. Ogni volta che uno ti parla vuol dire che sta per fregarti, vedi di ricordartelo. Vale sempre. Certo che vale sempre. Si', pure adesso.
Fa male, eh? ma finisce subito. E' per quel debito con Riccardone che non hai pagato, imbecille che non sei altro.

11. RACCONTI TRISTI DELLA SCIALBA PRIMAVERA. CARLO CALIMERI: LA VERITA' SULL'ALDILA'

Io a Spartaco gli volevo bene e adesso mi dispiace.
Pero' se si puo' dire che uno se l'e' cercata allora bisogna proprio dire che lui se l'e' cercata. E lo sapete come dice la gente dalle parti nostre: chi cerca trova. Piglia su e porta a casa.
E' naturale che se uno lo sapesse prima allora sarebbero buoni tutti, complimenti. Il fatto e' che prima non lo sai, e' come diceva quello, si scommette.
La cosa buffa e' che se c'era uno che non scommetteva mai era proprio Spartaco. Non giocava a niente, neppure a rubamazzo. Da giovane si', giocava a quartiglio. Ma poi era entrato nel partito e un comunista non gioca a carte, un comunista deve dare sempre l'esempio, un comunista deve fare questo e quello, che alla fine tutti gli volevano bene, tutti lo stimavano, ma non lo sopportava nessuno, era peggio del prete. Che almeno il prete beveva, lui neppure quello.
Pero' ad aiutare la gente era bravo, eccome se era bravo, e ne approfittavano tutti, altro che chiacchiere, se ti serviva aiuto, aiuto serio, andavi da Spartaco andavi. E lui ti aiutava e non voleva niente, neppure uno spillo. Le sapeva tutte, e soprattutto non si arrendeva mai. La gente diceva che uno furbo come lui doveva arricchirsi in quattro e quattr'otto e invece era restato un poveraccio, e allora la gente diceva che tanto furbo alla fine non doveva essere.
Infatti non era furbo, e ve lo dico io che so come e' andata a finire. Certo, e' facile adesso dire come va a finire, visto che sto di qua e voi state di la' (facciamo a capirci: a voi vi pare che la parte dove state voi e' di qua e quella dove sto io e' di la', ma da dove sto io l'aldila' e' il di qua e siete voi che state dalla parte di la', perche' tutto dipende da dove uno sta, no? insomma, mi avete capito lo stesso, no?).
Perche' il segreto e' tutto qui: quando muori, finisci paro paro dove ti credevi che saresti finito mentre che campavi. Pensa tu se non e' buffa questa.
Neppure l'inferno, quel fesso. Che poi anche l'inferno - e ve lo dice uno che ormai stabilmente vi risiede per tutti i secoli dei secoli - non e' quell'inferno che dicono. Certo, non si sta bene come lassu' ai piani alti, ma si campa pure qui, e si campa per sempre, mica chiacchiere. Invece no, lui faceva l'ateista, il materialista storico e dialettico, e cosi' e' finito nel nulla. Bella fregatura, dico io. E era uno buono come il pane, Spartachetto nostro, che se c'era uno che si meritava di andare in paradiso con tutte le scarpe era proprio lui.

12. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- David Hume, Pagine scelte e commentate, Rcs, Milano 2017, pp. 224, euro 6,90. A cura di Gianni Paganini.
*
Riletture
- Saverio Festa, Gramsci, Cittadella, Assisi 1976, pp. 448.
- Saverio Festa, Gobetti, Cittadella, Assisi 1980, pp. 552.
*
Riedizioni
- Primo Levi, Se questo e' un uomo. Versione drammatica (di Pieralberto Marche' e Primo Levi), Einaudi, Torino 1966, Rcs, Milano 2018, pp. 128, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 3049 del 28 aprile 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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