[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 863



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Numero 863 del 9 aprile 2018

In questo numero:
1. Norberto Bobbio: Pace. Concetti, problemi e ideali (1989) (parte terza e conclusiva)
2. Dieci poesie di Emily Dickinson
3. Otto poesie di Lalla Romano

1. MATERIALI. NORBERTO BOBBIO: PACE. CONCETTI, PROBLEMI E IDEALI (1989) (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)
[Dal sito www.treccani.it riprendiamo la seguente voce estratta dalla Enciclopedia del Novecento I Supplemento (1989)]

7. Il Terzo per la pace
Come lo stato di natura hobbesiano, lo stato di equilibrio del terrore e' uno stato da cui l'uomo deve assolutamente uscire, sia che questo 'deve' sia inteso come un imperativo categorico, una norma morale assoluta, o un imperativo ipotetico, una regola di prudenza, sia che ci si metta dal punto di vista di una morale deontologica e dell'etica weberiana della convinzione o dal punto di vista di una morale utilitaristica e dell'etica weberiana della responsabilita'. Ma in che modo? Pare improbabile che se ne possa uscire senza la presenza di un Terzo non coinvolto. In uno stato di equilibrio delle forze tra eguali, l'unico strumento di pace e' l'accordo. Ma affinche' un accordo sia efficace e raggiunga lo scopo per cui e' stato stipulato occorre che i due contraenti si ritengano perentoriamente obbligati a osservarlo. Ora, quest'obbligo viene meno in uno stato d'incertezza, ovvero in uno stato in cui nessuno dei due e' sicuro dell'osservanza dell'altro. Questa situazione e' stata descritta una volta per sempre da Hobbes: "[Nello stato di natura] chi adempie per primo non ha alcuna assicurazione che l'altro adempia in seguito, perche' i vincoli delle parole sono troppo deboli per imbrigliare l'ambizione, l'avarizia, l'ira e le altre passioni degli uomini, senza il timore di qualche potere coercitivo, che non si puo' supporre vi sia nella condizione di mera natura, dove tutti gli uomini sono eguali e giudici della giustezza dei loro timori. Percio' chi adempie per primo, non fa che consegnarsi al suo nemico, contro il diritto [...] di difendere la propria vita" (Leviatano, XIV, Firenze 1976, p. 132). Uno studioso di Hobbes (J. W. N. Watkins) descrive con questo apologo cio' che chiama "il gioco dello stato di natura": Tizio e Caio sono due uomini hobbesiani in un hobbesiano stato di natura. Entrambi portano con se' un armamento micidiale. Un pomeriggio, mentre sono in cerca di ghiande, s'incontrano in una piccola radura in mezzo al bosco. Il sottobosco rende la fuga impraticabile. Tizio grida: "Aspetta! Non facciamoci a pezzi". Caio risponde: "Condivido il tuo stato d'animo. Contiamo: quando arriveremo a dieci ciascuno di noi due gettera' le armi alle proprie spalle tra gli alberi". Ciascuno dei due comincia furiosamente a pensare: e' il caso o no di gettare via le armi quando arriveremo a dieci? Ognuno considera che se nessuno le butta nel timore che l'altro non le butti, ne verra' uno scontro all'ultimo sangue in cui ognuno rischia la morte. Ma considera anche che se lui le butta e l'altro no, la propria morte e' sicura. E allora? Delle quattro soluzioni possibili: che le butti il primo e non il secondo, il secondo e non il primo, nessuno dei due, tutti e due, quest'ultima, che rappresenterebbe l'osservanza della massima pacta sunt servanda, e' una sola e non e' detto che sia la piu' probabile. Considerando il modo con cui procedono le trattative per il disarmo tra le grandi potenze non si tardera' a riconoscere l'esattezza dell'ipotesi hobbesiana. Chi comincia per primo in una situazione in cui non e' sicuro che l'altro faccia altrettanto non si mette forse nelle mani dell'altro? Allora nessuno comincia. Altro e' la stipulazione verbale di un patto, altro la sua osservanza. I patti senza la spada di un ente superiore ai due contraenti sono, ancora Hobbes, un semplice flatus vocis.
Non s'insistera' mai abbastanza sull'importanza del Terzo in una strategia di pace. La guerra ha essenzialmente una struttura diadica e tende a far convergere i belligeranti, per quanti essi siano, verso due poli. Non manca talora la presenza di un Terzo anche in un conflitto armato, che puo' prendere la figura di Tertium gaudens, vale a dire di colui che senza volerlo trae beneficio dai danni che i due contendenti si procurano, o del capro espiatorio, che e', al contrario, colui dal quale entrambi i contraenti traggono beneficio, o del seminatore di discordia, che e' chi provoca la guerra altrui per trarne consapevolmente un beneficio (in base al principio del divide et impera). Ma nessuno di questi Terzi e' essenziale alla condotta della guerra: sono tutte quante figure marginali. Quando il Terzo diventa un alleato di una delle due parti, perde completamente il ruolo di Terzo. Quando resta neutrale viene a trovarsi in una situazione di estraneita' al conflitto. Sulla base della presenza o assenza di un Terzo in un conflitto, si fonda la distinzione, gia' richiamata, fra stato polemico, in cui il Terzo e' escluso, e stato agonale, in cui esiste il Terzo e che pertanto si puo' chiamare del Terzo incluso. Il primo, che e' lo stato di guerra per eccellenza, e' diadico; il secondo, che e' per eccellenza lo stato di pace, vale a dire e' quello in cui i conflitti vengono risolti per la presenza di un Terzo senza che sia necessario il ricorso all'uso della forza reciproca, e' triadico.
Del Terzo-per-la-pace due sono le figure principali: l'arbitro (Tertium super partes) e il mediatore (Tertium inter partes). L'arbitro puo' a sua volta o essere imposto dall'alto o autoimporsi o essere scelto dalle stesse parti. Ad ogni modo deve essere riconosciuto dalle parti per poter svolgere la propria funzione: l'effetto del riconoscimento consiste nel fatto che i due litiganti s'impegnano ad accettarne la decisione qualunque essa sia, e accettandola pongono fine alla lite. La decisione accettata non sempre viene eseguita. Percio' bisogna ulteriormente distinguere l'arbitro che ha a disposizione un potere coattivo tanto forte da essere in grado di costringere il recalcitrante e l'arbitro che questo potere non ha. Il primo puo' essere a buon diritto chiamato, per riprendere il titolo di una celebre opera di teoria politica, Defensor pacis. Il mediatore puo' essere, nella sua funzione piu' debole, colui che mette in contatto le parti, oppure, nella sua funzione piu' forte, colui che interviene attivamente allo scopo di far giungere le parti a un compromesso. In questa seconda veste si chiama, non a caso, paciere (e, quando il personaggio e' di grande autorita', pacificatore).
Fra due contendenti la pace puo' nascere o dalla vittoria dell'uno sull'altro e allora si avra' la pace d'impero, oppure dalla presenza di un Terzo arbitro o mediatore. Nell'attuale situazione dei rapporti fra le due grandi potenze, caratterizzata dall'equilibrio del terrore, non si ritiene ne' auspicabile ne' possibile la prima, che verrebbe alla fine di una guerra catastrofica. Ma esiste un Terzo-per-la-pace dal quale si possa sperare una soluzione diversa da quella della pace d'impero? una pace negoziata, una pace di compromesso, o alla fine, per riprendere la tipologia di Aron, una pace di soddisfazione? Nell'attuale sistema internazionale questo Terzo non esiste, ne' se ne profila uno credibile all'orizzonte. Tertium super partes avrebbe dovuto essere nelle intenzioni dei suoi promotori, sconvolti dagli effetti della seconda guerra mondiale, l'Organizzazione delle Nazioni Unite. Ma essendo nata come associazione di Stati e non come Superstato (in un ordinamento statale il diritto di veto sarebbe inconcepibile), e' troppo debole per imporsi agli Stati piu' forti che di fatto la disprezzano e se ne servono, quando se ne servono, unicamente per far valere i propri interessi e per cercare di intralciare la soddisfazione degli interessi altrui. Terzi al di sopra delle parti sono idealmente, anche se non sempre nella realta', le Chiese cristiane, un sovrano dell'ordine religioso universale, come il papa, i movimenti pacifisti sorti in questi ultimi anni soprattutto nell'Europa occidentale e negli Stati Uniti (i movimenti pacifisti dell'Europa dell'Est sono movimenti di parte), d'ispirazione religiosa o politico-religiosa, come i movimenti per la nonviolenza, o politica. Ma la loro autorita' e' esclusivamente spirituale e morale: un'autorita' che, per quanto alta e tendenzialmente universale, non ha mai impedito in tutto il corso della storia umana, dominata dalla volonta' di potenza, le 'inutili stragi'. Quanto al Terzo fra le parti e' un ruolo cui avrebbe potuto aspirare l'Europa, se non fosse stata sinora, e forse irrimediabilmente, divisa nelle zone d'influenza rispettivamente degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica, lacerata fra due diverse lealta' che le hanno impedito di trovare un'unita' politica corrispondente e conforme alla sua unita' culturale ormai esistente da secoli. Quando l'egemonia dell'Unione Sovietica sulla Cina ha avuto fine e la Cina ha cominciato a svolgere un ruolo relativamente autonomo nell'ordine internazionale, si e' cominciato a pensare che il sistema bipolare si sarebbe trasformato in un sistema tripolare. Ma a parte il fatto che la previsione si e' dimostrata prematura, la Cina non sarebbe un Terzo mediatore, ma nella migliore delle ipotesi un Tertium gaudens, nella peggiore un alleato disponibile per entrambi secondo le circostanze, e quindi sarebbe in entrambi i casi una tipica figura del Terzo-per-la-guerra. Infine esiste una grande organizzazione di stati sedicenti neutrali o indipendenti dai due blocchi che e' stata chiamata del Terzo Mondo. Ma essa e' come Terzo-al-di-sopra-delle-parti troppo debole, per mancanza di coesione interna, come Terzo-fra-le-parti, troppo poco autorevole, in quanto costituita per gran parte da Stati in via di sviluppo. Che poi un Terzo-al-di-sopra-delle-parti possa nascere artificialmente, secondo l'ipotesi hobbesiana, da un pactum subiectionis fra gli Stati, ovvero dalla rinuncia degli Stati piu' forti all'uso indiscriminato della propria forza e dalla costituzione volontaria e irreversibile di una forza comune, e', allo stato attuale della lotta per l'egemonia dei due grandi Leviatani, assolutamente impensabile. D'altra parte e' impensabile che una situazione come quella dell'equilibrio del terrore, che viene mantenuto soltanto attraverso un continuo accrescimento nella capacita' da una parte e dall'altra di essere sempre piu' 'terribili', possa durare all'infinito, se non altro perche' viviamo in un universo finito e finite sono le risorse di cui l'uomo puo' disporre per accrescere la propria potenza. Che l'umanita' debba uscire dallo stato di equilibrio del terrore e' ormai una certezza assoluta. Ma nessuno, neppure coloro che detengono nelle loro mani il supremo potere di vita e di morte, e' in grado di dire se, come e quando, questa uscita possa avvenire.
La proposta detta 'iniziativa per una difesa strategica' (SDI), annunziata per la prima volta dal presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan, il 23 marzo 1983 e chiamata comunemente e polemicamente "guerre stellari", e' stata presentata come un vero e proprio salto qualitativo nei rapporti fra le due grandi potenze, come un modo per rispondere all'aspirazione universale di scongiurare l'apocalisse nucleare, in quanto, predisponendo uno scudo spaziale di tale ampiezza e precisione da impedire o la partenza o il percorso o l'arrivo dei missili avversari, farebbe perdere di validita' la diretta correlazione, sulla quale si e' fondata la strategia dell'era post-atomica, fra sicurezza e minaccia di sterminio. L'idea fondamentale su cui si regge la nuova strategia consiste nel tentativo di sostituire alla corsa verso armi di offesa sempre piu' micidiali la corsa verso apparati di difesa sempre piu' protettivi, allo scoraggiamento attraverso la paura dell'altro lo scoraggiamento mediante la propria mancanza di paura. Il dibattito e' in corso. Si tratta di sapere, in primo luogo, se tale sistema di difesa sia tecnicamente possibile e quindi rispondente allo scopo; in secondo luogo, se, posto che sia possibile rispetto allo stato attuale delle armi, non possa venir superato da nuove armi offensive non ancora inventate, nel qual caso non farebbe che rinfocolare la gara tra i due grandi e aumentare il rischio e la gravita' dello scontro finale; in terzo luogo, se il possesso dello scudo spaziale, che darebbe a uno solo dei due il privilegio della invulnerabilita', non possa renderlo, novello Achille, piu' forte e piu' ardito nell'attacco, giusta una delle piu' celebri massime di Machiavelli: "[...] e prima si cerca non essere offeso, e poi si offende altrui" (Discorsi, I, 46).
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Bibliografia
AA.VV., La paix, 2 voll., Bruxelles 1961-1962.
Anders, G., Der Mann auf der Bruecke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, Muenchen 1959 (tr. it.: Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki, Torino 1961).
Arons, R., Paix et guerre entre les nations, Paris 1962, 1984(8) (tr. it.: Pace e guerra tra le nazioni, Milano 1970).
Bobbio, N., Il problema della guerra e le vie della pace, Bologna 1984(2).
Buzzati-Traverso, A., La morte nucleare in Italia, Bari 1982.
Cacioppo, G. (a cura di), Il messaggio di Aldo Capitini, Manduria 1977.
Cortesi, L., Storia e catastrofe. Considerazioni sul rischio nucleare, Napoli 1984.
Cotta, S., Perche' la violenza?, L'Aquila 1978.
Del Vecchio, G., Studi su la guerra e la pace, Milano 1959.
Eibl-Eibesfeldt, I., Krieg und Frieden aus der Sicht der Verhaltensforschung, Muenchen-Zuerich 1975 (tr. it.: Etologia della guerra, Torino 1983).
Fornari, F., Psicanalisi della guerra atomica, Milano 1964.
Galtung, J., Peace: research, education, action, Copenaghen 1975.
Gandhi, M. K., Teoria e pratica della nonviolenza, (a cura di G. Pontara), Torino 1973.
Gori, U. (a cura di), Natura e orientamenti delle ricerche sulla pace, Milano 1979.
Ilari, V., Guerra e diritto nel mondo antico, Milano 1980.
Jacobelli, A. M., La responsabilita' individuale nell'era atomica, Roma 1970.
Jaspers, K., Die Atombombe und die Zukunft des Menschen, Muenchen 1958 (tr. it.: La bomba atomica e il destino dell'uomo, Milano 1960).
Mori, M., La ragione delle armi, Milano 1984.
Rossi, S., Rischio atomico ed equilibri mondiali, Torino 1980.
Schell, J., The fate of the Earth, New York 1982 (tr. it.: Il destino della terra, Milano 1982).
Spinelli, A., Il progetto europeo, Bologna 1985.

2. MAESTRE. DIECI POESIE DI EMILY DICKINSON
[Riproponiamo i seguenti testi estratti da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, pp. 3-21. Le traduzioni dei dieci componimenti qui presentati sono di Silvia Raffo, Margherita Guidacci, Massimo Bacigalupo.
Emily Dickinson - poetessa imprescindibile - visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002. Ebbe a scrivere della sua opera Luciano Bonfrate: "Mi capita di usare dei suoi versi / come fosser sentenze di sibilla / della mia vita specchio, e vi scintilla / cio' che trovai, che non trovai, che persi"]

1

Settimana di San Valentino 1850

Nove Muse, destatevi, e in un canto divino
svolgete il sacro nastro per il mio Valentino!

Per fanciulli e damigelle follemente innamorati
questa terra fu creata, per dolcezze e per sospiri,
per quell'uno che risulta da due cuori accompagnati.
Tutti trovano un compagno sulla terra, in mare, in cielo,
solo te Dio fece singolo in un mondo cosi' bello!
La sposa con lo sposo, i due, e poi l'uno,
Adamo insieme ad Eva, la luna insieme al sole,
la vita questo impone, chi lo fa e' beato;
chi si ribella al re, sia all'albero impiccato.
Cerca il superbo l'umile, il grande vuole il piccolo,
chi cerca sempre trova, nella terrestre sfera;
l'ape corteggia il fiore, il fiore s'apre all'ape,
liete le loro nozze, cento foglie le invitate;
il vento prega i rami, e questi gli si danno.
Il padre premuroso cerca una sposa al figlio.
La furia delle onde si duole sulla riva,
il mare occhi pensosi volge alla bianca luna,
si fondono gli spiriti, e fan solenni voti,
l'onda non geme piu', ne' pallida e' la luna.
Cerca il verme i mortali, morte una sposa viva,
la notte sposa il giorno, ama l'aurora il vespro;
il cielo e' un cavaliere sincero, e la terra
un'allegra civetta, la corte a lungo dura.
Ed ora, riassumendo, diro' la mia sentenza
perche' tu ti ravveda e mondi la tua anima:
tu sei un assolo umano, sei triste e appartato,
senza compagna raccogli quello che hai seminato.
Hai mai ore silenti, minuti senza fine,
pensieri troppo cupi, e pianti anziche' canti?
Ci sono Sarah, Eliza, ed Emeline la bella,
c'e' Harriet, c'e' Susan, e quella ricciutella!
Ciechi sono i tuoi occhi, eppure puoi vedere
sedute sopra l'albero le sei, graziose e fide;
accostati pian piano e arrampicati ardito,
scorda lo spazio e il tempo, cogli la preferita!
Poi portala nel bosco, preparale un rifugio,
e dalle cio' che brama, gioielli, uccelli o fiori -
porta la tromba e il piffero, rullare fa' il tamburo -
da' il buongiorno al mondo, e in gloria va' al sicuro!

*

2

C'e' un altro cielo,
sempre limpido e bello,
e c'e' un altro rilucere di sole,
anche se e' fitta, li', l'oscurita':
basta foreste disseccate, Austin,
basta campi silenziosi -
qui sta la piccola foresta
dalla foglia sempreverde;
ed il giardino piu' luminoso
che mai gelo conobbe:
tra i suoi fiori perenni
odo l'ape ronzare, allegra:
ti prego, fratellino,
vieni nel mio giardino!

*

3

"Sic transit gloria mundi",
"Come s'industria l'ape",
"Dum vivimus vivamus",
Resisto al mio nemico!

Oh, "veni, vidi, vici!"
Caput da capo a pie'!
e oh "memento mori"
quando andro' via da te!

Urra' per Peter Parley!
Urra' per Daniel Boone!
Tre urra' per chi, signore,
primo osservo' la luna!

Peter, solleva il sole;
Pat, sistema le stelle;
di' a Luna che il te' e' pronto,
chiama fratello Marte!

Posa la mela, Adamo,
e vieni via con me,
una delizia avrai
del melo di papa'!

Dal "Colle della Scienza"
"le terre giu' contemplo":
trascendentale scena
mai vista prima d'ora!

Alla Legislatura
mi manda il mio paese;
per me scarpe di gomma,
qualunque vento tiri!

Nel corso degli studi
mi fu svelato che
da un melo per isbaglio
cadde la gravita'!

La terra sul suo asse
dicevan volteggiare,
al modo di un ginnasta,
il sole ad onorare!

E fu Colombo il prode,
navigando sull'onde,
che disse alle nazioni
dove avrei abitato!

Mortalita' e' fatale -
fine e' l'educazione,
ed eroica la frode,
sublime l'evasione!

I nostri padri caddero
stremati a Bunker Hill,
son molti di' da allora,
pure, dormono ancora, -

li destera' la tromba,
sorger li vedo in sogno,
con il moschetto fiero
in marcia verso il cielo!

Un vile fermo stara'
finche' dura la lotta;
ma un immortale eroe
col berretto scappera'!

Addio, signore, io parto;
la terra mia mi chiama,
ch'io possa, nel lasciarvi,
le lacrime asciugare.

In segno d'amicizia
accetta il "grato dono",
passata oltre la luna
la mano che lo colse,

memoria dei miei resti
sara' consolazione;
ora addio, Tuscarora,
e addio, signore, a te!

San Valentino '52

*

4

Sopra un mare mirabile
navigando in silenzio,
conosci tu la riva,
o pilota,
dove non urlano i marosi,
dove non e' piu' tempesta?

Nel tacito ponente
molte vele in riposo
in un saldo ancoraggio.
E laggiu' ti piloto.
Terra! L'eternita'!
Eccoci infine in porto!

*

5

In primavera mi fa compagnia
un uccello che canta per me sola -
la primavera ammalia - quando poi
l'estate s'avvicina
e appaiono le rose,
ecco che il pettirosso e' andato via.

Ma non me ne rattristo
sapendo che il mio amico
certo di la' dal mare
impara nuove melodie per me
e deve ritornare.

In piu' tenere mani assicurati,
in piu' sincera terra custoditi
sono i miei -
ed anche se fuggiti
dico al mio cuore in ansia
che li raccogli tu.

In luce piu' serena,
in piu' dorato splendore
vedo ogni dubbio sciogliersi e svanire,
ogni timore e pena di quaggiu'.

Non saro' mai piu' triste,
sapendo che il mio amico,
pur se volato via,
da un albero lontano
a me rimandera'
l'azzurra melodia.

*

6

Spesso i boschi son rosa -
spesso sono bruni.
Spesso le colline si spogliano
alle spalle del mio paese.
Sovente si corona una testa
come altre volte ho visto -
sovente un angolino
dove e' sempre stato -
E la terra - mi dicono -
ha compiuto un altro giro sull'asse!
Stupenda questa rotazione
e che bastino dodici a farla!

*

7

I piedi che camminan verso casa
vanno con lievi sandali,
il croco, fino al tempo di fiorire,
vassallo e' della neve -
labbra dell'alleluia
lunghi anni d'esercizio sostennero
finche' prima o poi i barcaioli
camminarono cantando sulla riva.

Le perle sono l'esile salario
che al mare strappa il tuffatore ardito,
le ali, il carro dei Serafini,
un tempo pedoni come noi -
La notte e' l'ordito del giorno,
il furto - eredita' -
la morte e' la nostra attenzione rapita
all'immortalita'.

I miei calcoli non mi sanno dire
quanto distante quel villaggio sia
che gli angeli coltivano, i cui borghi
punteggiano di luci tutto il cielo -
i miei dotti si velano la faccia -
e la mia fede venera la tenebra
che irrora dalle sue abbazie sontuose
tale resurrezione.

*

8

Esiste una parola
che impugna una spada
potrebbe trapassare un uomo armato -
lancia le sue acuminate sillabe
ed e' di nuovo muta -
ma dove va a cadere
dira' chi si salva
il giorno sacro alla patria
che qualche valoroso suo fratello
dono' l'ultimo respiro.

Dovunque corra l'affannato sole -
dovunque vaghi il giorno -
e' il suo assalto silente -
la sua certa vittoria!
Ecco il piu' scaltrito tiratore!
La mira piu' perfetta!
Il piu' sublime bersaglio del tempo
e' un'anima "dimenticata"!

*

9

Tra sentieri e tra rovi si stendeva -
tra boschi e radure - banditi
spesso ci passarono
sulla strada deserta.

Ed il lupo veniva ad occhieggiare -
perplessa ci guardava la civetta -
la sagoma di seta della serpe
sgusciava via furtiva -

Tempeste ci sfiorarono le vesti -
i pugnali del lampo dardeggiavano -
feroce dagli spalti della roccia
l'avvoltoio famelico grido' -

E le dita del satiro accennavano -
"Venite" la vallata mormoro' -
Questi erano i compagni -
questa era la via
che corsero quei bimbi verso casa.

*

10

La mia ruota e' nel buio!
Non vedo neppur uno dei suoi raggi,
eppure so che il suo passo stillante
si volge sempre in giro.

Il mio piede e' sull'onda!
Strada non frequentata -
pure tutte le strade
portano a una radura.

Alcuni hanno lasciato ormai la spola;
nella tomba operosa
altri fanno un lavoro inconsueto;

altri con nuova, solenne andatura,
regalmente oltrepassano il cancello
respingendo il problema
a voi e a me!

3. MAESTRE. OTTO POESIE DI LALLA ROMANO
[Estratte da Lalla Romano, Poesie, Einaudi, Torino 2001, riproponiamo ancora una volta alcuni versi di Lalla Romano che gia' presentammo in "Voci e volti dela nonviolenza" n. 33 del primo agosto 2006. Scrivevamo allora: "Vi e' in queste poesie un canto fermo e una parola esatta, come solo nei lirici greci".
Lalla Romano (1906-2001), pittrice, poetessa, scrittrice di grande valore e finezza, e' stata una delle voci piu' vive della cultura italiana del Novecento. Varie sue opere sono state recentemente ristampate nella collana dei Tascabili Einaudi; una edizione complessiva delle opere letterarie (a cura di Cesare Segre) e' Opere, due volumi, Mondadori, Milano 1991 e 1992. Su Lalla Romano cfr. Fiora Vincenti, Lalla Romano, La Nuova Italia, Firenze 1974; Annamaria Catalucci, Invito alla lettura di Lalla Romano, Mursia, Milano 1980; Antonio Ria (a cura di), Intorno a Lalla Romano. Saggi critici e testimonianze, Mondadori, Milano 1996. Cfr. anche i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 528 del 17 aprile 2011]

1. Rigano l'aria le rondini

Rigano l'aria le rondini
e non s'incrinano i cieli
specchia il lago le nuvole
e non s'intorbida l'acqua

Noi fugacemente turbiamo
col nostro passaggio il tempo
e tosto si ricompone la spera
limpida e ritorna uguale

*

2. Simile a un fiore il cielo

Simile a un fiore il cielo
dagli orli vermigli posa
lieve sulla terra oscura

Come il fiore caduto
lentamente appassisce
il suo sereno colore
a poco a poco imbruna

Pende nel cielo profondo
stame d'oro la luna

*

3. Inverno, lenta stagione

Inverno, lenta
stagione

La sola vera:
l'altre, fiorite, un sogno

*

4. L'abbraccio

Andiamo nella campagna deserta,
scricchiola sotto i piedi la neve.
Gia' sorta e' la luna, e risplende
la pianura sino ai monti lontani.

Io cerco il tuo corpo caldo e oscuro,
tu cerchi con affanno il mio corpo,
ed il nostro cuore si spezza
tremando nel vano abbraccio.

*

5. Il pianto

Dimmi perche' nel mio sogno piangevi.
Soli eravamo al sommo d'una scala

immensa e buia: e subito le mani
tu mi afferrasti, senza una parola.

Tra le mie mani nascondesti il viso
e ti asciugasti con le palme il pianto.

Cosi' ti vidi dopo tanto tempo,
e nulla so di te, se non quel pianto.

*

6. Stagione

Voi ripetete i vostri canti, uccelli;
ma soltanto una volta nella vita
a noi e' dato d'ascoltar parole
cosi' soavi: a noi non si rinnova
il dolce tempo, come a voi stagione.

*

7. Silenzio

Perdonami se spesso al tuo silenzio
non so risponder che col mio silenzio.
Vedo trascorrer come un triste fiume
il tuo dolore, e simile mi faccio
a te, muta corrente, e ti accompagno
lungo il tuo stanco, affaticato andare.

*

8. Il vento

Il vento fuggendo rapisce ai comignoli il fumo,
e come una chioma leggera l'arriccia e disperde.

Volubile e tenue s'effonde nel tempo la vita,
cosi' come labile fumo dilegua nel vento.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 863 del 9 aprile 2018

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