[Nonviolenza] Telegrammi. 2974



 TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2974 dell'11 febbraio 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

Sommario di questo numero:
1. Goffredo Fofi: Dopo una guerra. il cinema, l'arte e la letteratura della nonviolenza
2. One Billion Rising 2018
3. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
4. L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. TESTIMONIANZE. GOFFREDO FOFI: DOPO UNA GUERRA. IL CINEMA, L'ARTE E LA LETTERATURA DELLA NONVIOLENZA
[Dal sito del Centro Studi "Sereno Regis" di Torino riprendiamo e diffondiamo]

Nota introduttiva
Goffredo Fofi, critico letterario e cinematografico e' condirettore della rivista Gli asini e direttore editoriale delle Edizioni dell'asino. Collabora con quotidiani come Avvenire, Il Mattino, Il sole 24 ore e con le riviste Panorama, Internazionale e Film Tv. Ha pubblicato numerosi saggi da L'immigrazione meridionale a Torino (1964) a Capire il cinema (1977), ai piu' recenti Elogio della disobbedienza civile (2015), Il racconto onesto. 60 scrittori, 60 risposte (2015), Il cinema del no. Visioni anarchiche della vita e della societa' (2015), e Il Paese della sceneggiata (2017). E' stato inoltre per vent'anni direttore della rivista Lo Straniero e negli anni'80 e '90 di Linea d'ombra e La terra vista dalla luna. Negli anni '60 fu fra i fondatori e collaboratori dei Quaderni Piacentini e dei Quaderni rossi.
Meridionalista, fautore di un modello culturale costantemente impegnato nel quotidiano e nel sociale, Fofi e' il piu' attivo catalizzatore in Italia di reti alternative alle pratiche del consumismo e dell'omologazione. Forse anche per questo la sua rubrica di libri su Internazionale e' una delle piu' seguite in assoluto. Nei mesi scorsi ha destato scalpore la sua stroncatura del film Dunkirk, di Christopher Nolan considerato da molti un capolavoro moderno e svelato invece come un prodotto pessimo, perche' addomestica il tema della guerra usando un approccio che si pretende freddo e disincantato - come quello di Stanley Kubrick, regista che sapeva trattare la guerra con distacco e senza cedimenti stilistici, ma per amplificarne la disumanita' - e si rivela invece privo di emozioni e umanita', un formalismo fatto di tecnica e citazioni astratte. La maggiore odiosita' di questo genere di film sta - secondo Fofi - nel loro "cosciente o incosciente progetto di abituare i giovani spettatori a una visione della guerra imbecille e retorica e disumana".
Riportiamo qui la trascrizione dell'intervento che Goffredo Fofi offri' ai presenti all'inaugurazione delle sale multimediali del Centro Studi Sereno Regis dedicate alle arti e alla ricerca per la pace.
Enzo e Danila
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Dopo una guerra
Intervento di Goffredo Fofi - Sala Poli, Centro Studi Sereno Regis (Torino, 14 novembre 2013)

Se si guardano le opere che nascono dopo una guerra, si scopre subito che sono di due tipi fondamentali. Una parte dei grandi artisti che hanno attraversato quelle epoche vede la storia recente - la guerra, appunto - come qualcosa di terrificante, un'esperienza rispetto alla quale non si puo' che avere una visione del genere umano spaventosa, di pura disperazione. Dopo la prima guerra mondiale, forse, le poesie piu' belle in assoluto su quel terribile massacro le ha scritte Georg Trackl, grande poeta tedesco morto molto giovane, e per i romanzi, viene subito in mente Louis-Ferdinand Celine, autore di grande letteratura.
C'e' pero' anche l'altra parte, che e' invece aperta al futuro. E' quella parte dei grandi artisti che parlano della speranza, che sperando di poter ricostruire, di reinventare, di poter ripartire da un'idea dell'uomo piu' elevata per andare avanti. Proprio durante la prima guerra mondiale - lo cito perche' e' un aneddoto abbastanza sorprendente - Leonhard Frank, un ottimo scrittore di quel tempo scrisse un romanzo intitolato L'uomo e' buono; un'affermazione provocatoria, ma nonostante tutto dobbiamo sostenere questa parte. Bertolt Brecht, che era piuttosto cinico, ne scrisse una recensione in mezza riga: "Anche Hitler", intendeva attaccarne l'intento. L'illusione della bonta' umana, soprattutto dopo una guerra, era una cosa difficile da sostenere.
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Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo avuto questi due filoni, perlomeno in Italia facilmente riconoscibili - ma lo stesso accadde in Francia, anche altrove: un filone fra Cesare Zavattini e il neorealismo, Vittorio De Sica per esempio, dove si riaffermava la speranza, si diceva che l'uomo e' buono, che nonostante tutto bisogna puntare sulle qualita' positive dell'uomo e andare avanti su quello. E poi c'e' un'altra parte, rappresentata soprattutto dall'immenso Roberto Rossellini che invece non ci sta a questo entusiasmo. Il finale di Paisa' (1946) non e' un finale entusiasmante, la morte del partigiano e' un finale terribile. Non e' un finale con le bandiere che apre le speranze, e' un finale che chiude. Chiude una visione della guerra terrificante, una visione anche dell'uomo, della condizione umana, tremenda. E subito dopo sempre Rossellini con Germania anno zero (1948), forse ancora piu' terribile. Il bambino che si suicida alla fine di Germania anno zero e' un bambino che non resiste al mondo cosi' come lo ha visto, all'uomo cosi' come lo ha visto, non resiste al dolore della sua famiglia e di tutti gli altri in una Germania che non e' solo Germania, e' anche qualcosa di piu'.
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Qualche tempo dopo Rossellini giro' quello che e' probabilmente il suo capolavoro Europa 51 (1949) nel quale prende a pretesto la vita di Simone Weil, personaggio che pochissimi allora conoscevano e solo perche' erano in anticipo su tutto quello che la cultura europea avrebbe poi potuto leggere, vedere e scoprire di Simone Weil. Nel 1949 erano pochissimi a sapere di Simone Weil: Albert Camus, Adriano Olivetti e altri che si occupavano in quegli anni dell'immediato dopoguerra di questa straordinaria filosofa morta proprio in tempo di guerra. Europa 51 e' la reazione di una donna al suicidio di un bambino, di suo figlio. Una donna di ottima famiglia, moglie di un diplomatico, e' interpretata da Ingrid Bergman nella Roma del 1949, la quale cerca dopo la morte di questo bambino di dare un senso all'accaduto, una spiegazione di questo irrazionale fatto che gli e' piombato addosso, senza che lei si rendesse conto della profonda sensibilita' di questo bambino. Cerca delle spiegazioni, le cerca dai cattolici e non le trova, la cerca dei comunisti e non le trova. Le trova invece, per caso, nel confronto con Giulietta Masina che nel film interpreta una mezza prostituta con tanti figli; una persona comune, normale, che vive in una baracca di periferia. Scopre attraverso questa donna una dimensione umana che nel suo mondo non c'era e si dedica a queste persone, si dedica alla borgata, si dedica a questi bambini. La famiglia la fa interdire come pazza, degli psichiatri la analizzano e la rinchiudono in un manicomio. Finale del film piuttosto nero e pesante.
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Dopo la seconda guerra mondiale in Francia ci sono registi come Henri-Georges Clouzot autore di Manon (1949) un film straordinario, o come Julien Duvivier (1896-1967) e Yves Allegret (1905-1987). Anche loro non prendono troppo sul serio l'ottimismo del dopoguerra perche' hanno visto nella Francia occupata dai nazisti per quattro anni come ha reagito la popolazione con quei condizionamenti. Hanno visto il male dell'uomo. Hanno visto la miseria dell'uomo, i compromessi a cui la gente scende quando la pressione e' troppo forte, e quindi reagiscono di conseguenza. Sono autori che non hanno avuto il pieno sostegno della critica, della politica e della societa' dell'epoca proprio perche' erano autori disturbanti in negativo e il negativo prendeva il sopravvento sul resto.
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Forse la figura piu' luminosa da questo punto di vista, anche se non ha parlato della guerra nei suoi romanzi, ma ne ha parlato nei suoi saggi e nei suoi scritti continuamente, e' Albert Camus che passa dalla trilogia della disperazione intorno a Lo straniero e al Mito di Sisifo a una visione di speranza intorno a La peste e all'Uomo in rivolta dove suggerisce di passare dalla solitudine alla solidarieta'. Da una visione estrema di isolamento come quella dello Straniero (L'Etranger) alle figure che cercano nel comune male il punto d'appoggio per dare ancora una speranza all'uomo, una possibilita'. Un tema che ricorre continuamente.
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Con la Guerra Fredda, scoppia un altro tema enorme del secolo scorso, quello della atomica e della paura atomica su cui gia' abbiamo alcuni testi. Forse i testi piu' importanti sono quelli della corrispondenza fra Guenther Anders e Claude Robert Eatherly - che era un pilota di quelli che hanno lanciato la bomba su Hiroshima - nella quale un giovane pilota qualsiasi, un giovane americano ingenuo e normale, un soldatino, travolto da questa storia ma che si pone dei problemi per il fatto di aver sganciato una bomba e aver ammazzato 200.000 persone in un colpo solo e di essere preso per pazzo per i suoi tormenti. Anche lui come Irene, la protagonista di Europa 51, fu rinchiuso in un manicomio. Guenther Anders, filosofo tedesco, ex marito di Hanna Arendt, ebreo, gli scrive, riesce a entrare in contatto con lui e pubblica questa corrispondenza su Hiroshima, che e' poi sulle responsabilita' dell'individuo dentro la guerra. Questo e' un po' il tema centrale della cultura di quel tempo, che prepara ai discorsi sulla nonviolenza nel secolo scorso.
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La nonviolenza non e' molto presente nel cinema e nella letteratura, anzi direi che lo e' molto poco. Pensando solo alla storia italiana recente, o anche del secolo scorso, a nessun regista, a nessuno scrittore e' mai venuto in mente - salvo a qualche storico marginale o a uno piu' bravo come Amoreno Martellini - di scavare nella figura di un ciabattino, Luigi Lue', che avendo letto alcuni racconti di Tolstoj rifiuto' di fare il servizio militare a inizio Novecento. Questo e' il primo obiettore di coscienza moderno della storia italiana.
A nessuno e' venuto in mente di fare dei film o scrivere libri su Beppe Gozzini o Pietro Pinna, sullo stesso Aldo Capitini, su Danilo Dolci, su Tullio Vinay. Oppure su una forma concreta di affermazione della speranza come e' stata la costruzione di Agape con i campi di servizio civile internazionale, grazie a Pierre Ceresole grande personaggio, nato in Svizzera, che esce dalla prima guerra mondiale e fonda il Servizio Civile Internazionale nel 1924 vicino a Verdun - dove c'era uno dei piu' grandi cimiteri di guerra della prima guerra mondiale. E' una storia positiva, una storia forte, decisamente nonviolenta.
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Un altro personaggio - ne parlo perche' l'ho conosciuto abbastanza bene, lui e sua moglie, la moglie era italiana lui francese, Andre' e Magda Trocme' - era un pastore protestante che a Le Chambon-sur-Lignon nell'alta Provenza, con l'aiuto di preti cattolici e di alcuni altri pastori della zona, riusci' a portare in salvo in Svizzera piu' di mille bambini e adulti, in gran parte ebrei, attraverso una rete di solidarieta' di contadini. Perche' era quella una zona di contadini e di montanari. Una storia bellissima che e' stata ricostruita in un documentario del 1987, Les armes de l'esprit, da Pierre Sauvage, che era diventato corrispondente americano ma era anche uno dei bambini che furono salvati dalla rete di solidarieta' tesa da Andre' e Magda Trocme'.
Purtroppo la storia e' sempre terribile, la storia umana e' piena di ricordi orribili perche' questa coppia viene punita, invece di essere premiata, dalla provvidenza. Loro figlio gioca in casa con una bambina, la figlia di un altro pastore, mentre i genitori sono occupati da faccende di questa rete di solidarieta'. Questo bambino trova una pistola, parte un colpo e la bambina muore. Quando i genitori tornano a casa trovano anche il bambino impiccato. La stessa persona che si dedica alla sofferenza altrui, si trova poi in condizioni e situazioni di questo genere.
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Dicevo prima dell'atomica: una grande lezione da citare sicuramente e' quella di Elsa Morante perche' non solo ha scritto libri straordinari sulla storia ma ha scritto anche un bel saggio per una conferenza che si tenne proprio a Torino nel 1969. Il saggio si intitola Pro o contro la bomba atomica. Alla fine di questa conferenza delle signore torinesi impellicciate la presero a ombrellate all'uscita dal teatro Carignano, perche' quella conferenza sosteneva tesi molto radicali in rapporto all'atomica, in rapporto a quello che Elsa chiamava in quel testo "irrealta'". La lotta del poeta e dell'artista deve essere una lotta contro il fine dell'irrealta'. L'irrealta' secondo Elsa - come diceva nelle conversazioni a cui era possibile partecipare - secondo lei erano due cose fondamentali: l'atomica e la televisione. L'irrealta' entra nelle coscienze le trasforma e le muta e l'irrealta' uccide i corpi.
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Dall'atomica alla fantascienza il passo e' brevissimo. La letteratura degli anni '50, la piu' popolare, piu' straordinaria, nuova, giovane, anche come forma di teatro e' quella della fantascienza che esplode in quegli anni. E il tema dell'atomica e' ossessivo perche' e' una paura reale del mondo contemporaneo. Qui un autore centrale che va ricordato e' Kurt Vonnegut. Tutta l'opera di Kurt Vonnegut e' su questi temi. Vonnegut era cittadino americano anche se di origine tedesca. Partecipo' con gli alleati alla seconda guerra mondiale durante la quale fu fatto prigioniero dei tedeschi e rinchiuso a Dresda in un sotterraneo, un ex mattatoio dove i prigionieri dovevano inscatolare e produrre melassa per uso bellico, da trasferire poi sul fronte russo. Gli alleati bombardarono Dresda - gli alleati hanno commesso crimini orrendi nella seconda guerra mondiale, non solo Hiroshima e Nagasaki, anche la distruzione di intere citta', spesso in modo completamente gratuito, con i bombardamenti della Raf, l'aviazione inglese, e degli americani. Dresda fu rasa completamente al suolo, Vonnegut si salvo' proprio perche' era nei sotterranei a inscatolare barattoli di melassa. Quando usci' si trovo' davanti uno scenario apocalittico. A partire da questo scenario, questo giovane poco piu' che ventenne elabora un suo modo di raccontare. Si pone il problema che in altri modi si era posto, sempre dopo la seconda guerra mondiale, Theodor Adorno che alla domanda se si potesse ancora fare poesia dopo una guerra aveva risposto che non si poteva, che "scrivere una poesia dopo Auschwitz e' barbaro". Questa affermazione non fa i conti, per esempio, con la poetica di Paul Celan che dopo la seconda guerra mondiale - un po' come Trackl dopo la prima guerra - ha scritto le poesie piu' straordinarie e piu' belle. Questi autori hanno accettato di ragionare su questo: si puo' ancora scrivere, fare arte dopo l'apocalisse, dopo la strage, dopo massacri cosi' grandi, si puo' ancora poetare? Kurt Vonnegut dice che si puo' farlo con il paradosso, con lo humor e con la fantascienza. Non accettando cioe' i canoni del realismo ma parlando, cercando in qualche modo di fare filosofia di lanciare anche dei messaggi di carattere politico, pero' attraverso una letteratura che non sia quella normale, del racconto usuale. Perche' non si puo' raccontare l'orrore cupo, bisogna in qualche modo elaborare. E lo si puo' fare in questa forma paradossale che lui va pescando nel modello di Jonathan Swift, o nel modello di Mark Twain, usando lo humor, il paradosso e il fantastico ed elabora cosi' un tipo di letterature straordinario il cui capolavoro resta Mattatoio numero 5.
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Vonnegut entra in corrispondenza con uno scrittore tedesco reduce di guerra, Heinrich Boell, che legge il suo libro e gli scrive. Poi si conoscono, si scambiano lettere, diventano amici perche' entrambi hanno il problema della responsabilita': cosa si puo' fare dentro una guerra, che cosa si puo' fare dopo una guerra.
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E' ovvio che in questo contesto continuano a esserci anche il romanzo e il film in cui la guerra resta un tema enorme ma viene sfruttato in modi estremamente ambigui per eccitare le emozioni dello spettatore o del lettore. Oppure per incitarlo su strade di tipo nazionalistico. La guerra e' un argomento enorme, infatti, ma sono pochi i registi e gli scrittori che lo sentono veramente e cercano di scalarlo al livello a cui e' giusto arrivare. E' un tema che torna continuamente nel cinema. Anche dopo la guerra fredda. Insomma, le guerre ci sono e si continua a raccontarle. Pensate all'opera di Amos Gitai in Israele; due film come Kippur (2000) e Kedma (2002) sono due grandi film d'artista; non sono film nazionalisti, lavorano per un'idea dell'uomo diversa da quella affermata dai nazionalismi delle due parti. Pensate anche a dei registi, degli autori come certi rari, rarissimi che hanno cercato di raccontare ultimamente anche la guerra del Golfo come Redacted (2007) di Brian De Palma, regista a me non particolarmente simpatico, pero' il suo film e' straordinario nel cercare di raccontare questa guerra. E anche qui cercando dei modi di rappresentazione che non sono quelli del teatro realistico e che si avvicinano invece a mondo dei materiali documentari.
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C'e' stato il Vietnam. C'e' stato Apocalypse Now (1979), un altro grande film, di Francis Ford Coppola. Il discorso continua e va avanti, pero' sul tema specifico della nonviolenza, dell'obiezione di coscienza i titoli sono pochissimi C'e' un romanzo - piu' che un romanzo un'inchiesta, forse romanzata - americano che scandalizzo' molto negli anni '50, La fucilazione del soldato Slovik (1955) di William Bradford Huie, che narra la storia vera di un giovane disertore americano, unico fucilato per diserzione negli Stati Uniti dal 1898. In molti hanno tentato di fare un film su questo episodio ma nessuno c'e' riuscito. E' una delle storie piu' censurate di fatto dal cinema americano di quegli anni.
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Anche in Italia sono molte le storie di questo genere che non sono state raccontate. Forse l'unico film che coraggiosamente provo' a raccontarle - pur non essendo un capolavoro, piuttosto molto avvocatesco e in qualche modo anche ambiguo - fu Non uccidere (Tu ne tueras point, 1961) del francese Claude Autant-Lara, che alla fine degli anni '50 racconta la storia di un obiettore di coscienza, contrapposta a una storia parallela. Tutti e due gli esempi sono veri, partono da storie vere: una e' quella di un giovane pastore protestante tedesco cappellano militare che ammazza un partigiano, ma viene processato e assolto e mandato in liberta'. L'altra e' la storia di un giovane francese che si rifiuta di sparare, un obiettore di coscienza che invece viene condannato ai regolamentari quattro anni di galera dell'epoca. Autant-Lara fece il film contrapponendo in un modo un po' demagogico queste due vicende, pero' fu un film che fece grande scandalo. Non fu proiettato in Francia per molti anni, perche' era un film disturbante, era un film che non funzionava.
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Un'altra storia che e' stata raccontata, ma molto male, dal cinema e' quella dei quaccheri. I quaccheri sono un gruppo non propriamente ecclesiale. Non sono una Chiesa, si chiamano "societa' degli amici", society of friends, sono rigorosamente nonviolenti e pacifisti e l'unica loro forma di associazione - tranne il fatto di sposarsi fra di loro - e' sostenersi con forme di mutuo soccorso, e soprattutto di aiutare anche gli altri con queste forme di mutuo soccorso.
I quaccheri hanno una storia nel pacifismo del '900 enorme. Sono stati presenti dovunque, sono stati persino i primi ad andare in Russia a stabilire le prime reti per la coesistenza pacifica immediatamente dopo la morte di Stalin. I quaccheri sono stati una forte presenza nella cultura americana, hanno avuto un grande rilievo per personaggi come Herman Melville, come John Osborne - grandi scrittori, grandi personaggi - e sono anche stati raccontati dal cinema, pero' sono stati raccontati male - guarda caso tutte e due le volte con Gary Cooper come protagonista. Ci sono due film, uno non ambiguo, ma decisamente reazionario, e l'altro invece molto ambiguo. Il primo e' di Howard Hawks, Il Sergente York (1941) e racconta la storia di un montanaro americano un po' sempliciotto - simile al personaggio di Li'l Abner in un vecchio fumetto - che e' quacchero e si rifiuta di sparare e di andare in guerra, pero' alla fine si convince e ammazza una quantita' enorme di tedeschi. Nell'ultima scena del film lui porta prigionieri da solo una quarantina di tedeschi: ovviamente il film fu propagandato durante la seconda guerra mondiale per dimostrare che bisognava combattere e non bisognava cedere le armi. E' quindi un rifiuto deciso della nonviolenza, una negazione della nonviolenza.
Il secondo film e' La Legge del Signore (1956) di William Wyler, un film un pochino piu' acuto, basato sul romanzo di una giovane scrittrice quacchera, Jessamyn West, e quindi con le carte in regola da un certo punto di vista, ma decisamente ambiguo. Gary Cooper qui e' un vecchio quacchero pacifista ai tempi della guerra di secessione americana, mentre e' il figlio che invece si arruola con i confederati. Ne vien fuori un pastrocchio in cui di fatto la violenza viene di nuovo lusingata.
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Ovviamente, c'e' il film su Gandhi e altri esempi di personaggi che la storia e la letteratura raccontano a fondo. Un esempio importante e' stato Alexander (Alex) Langer, che meriterebbe un'enorme attenzione da parte di tutti perche' e' stato uno dei piu' grandi personaggi italiani legati alla nonviolenza - forse l'unica cosa di cui il movimento del '68 puo' veramente vantarsi e' di aver dato vita a una figura di politico, scrittore e attivista come quella di Alex Langer, di aver dato ad Alex la possibilita' di estrinsecare i suoi migliori talenti in un lavoro enorme che ha fatto soprattutto al tempo della guerra nella ex Jugoslavia. Su Alex bisognerebbe riflettere molto.
C'e' poi un libro molto recente di Anna Bravo, storica, torinese, che si chiama La conta dei salvati (2013). E' un tentativo di confutare il fatto che la storia e gli storici debbano raccontare solo le guerre, solo i morti, solo le violenze e mai le vicende di quelli che hanno cercato - anche politicamente, anche da dentro alla politica, da dentro a certe responsabilita' di potere - di contrastarla questa storia e di salvare piu' vite umane possibili. A sinistra non sono personaggi particolarmente amati: il Dalai Lama, Ibrahim Rugova nel Kosovo, piu' indietro Alex Langer e ancora piu' indietro i danesi e gli olandesi all'epoca del nazismo per il loro tipo di resistenza passiva a Hitler ma anche di rifiuto di consegnare gli ebrei ai nazisti. Tutte imprese che in qualche modo hanno avuto un risultato positivo.
Fra queste vorrei ancora ricordare Don Primo Mazzolari di cui si parla molto poco, e la storia - che meriterebbe un documentario - del suo piccolo libro Tu non uccidere, edito da La locusta di Vicenza, perche' la prima edizione alla fine anni '50 usci' anonima. Mazzolari aveva dei problemi, ovviamente, proprio perche' il suo era un discorso di tipo decisamente nonviolento, di ripudio della guerra. Erano gli anni appunto di Beppe Gozzini e dei nostri amici obiettori.
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Oggi il discorso e' aperto, come sempre, e credo che la strada dell'obiezione di coscienza sia ancora una strada fondamentale, soprattutto quando la nonviolenza e' coniugata nelle tre forme che erano state utilizzate da Gandhi e poi riprese da Capitini, quelle del rifiuto della violenza, quella della non menzogna, e quella della non collaborazione: non fare il male, non mentire e reagire al male, non collaborare. Reagire al male voleva dire per Gandhi praticare la disobbedienza civile. Il tema forse fondamentale da cui ripartire per la cultura contemporanea dovrebbe essere questo: allargare il discorso sulla disobbedienza civile, raccontare esempi di disobbedienza civile nella storia - perche' sono tanti gli esempi di disobbedienza civile e forme e tecniche di reazione nonviolenta alla violenza del potere, che appartengono anche alla storia del movimento operaio e non solo alla storia di gruppi religiosi o di gruppi nonviolenti. Un tema molto importante.
Vorrei finire citando non un romanzo e non film ma una canzone - visto che si parla di arte. Una canzone che e' stata per la mia generazione molto significativa, e' Il disertore di Boris Vian, e che possiamo leggere insieme nella versione italiana, molto bella, di Ivano Fossati:

Le Deserteur

In piena facolta'
egregio presidente
le scrivo la presente
che spero leggera'.

La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest'altro lunedi'.

Ma io non sono qui
egregio presidente
per ammazzar la gente
piu' o meno come me.

Io non ce l'ho con lei
sia detto per inciso
ma sento che ho deciso
e che disertero'.

Ho avuto solo guai
da quando sono nato
i figli che ho allevato
han pianto insieme a me.

Mia mamma e mio papa'
ormai son sottoterra
e a loro della guerra
non gliene freghera'.

Quand'ero in prigionia
qualcuno mi ha rubato
mia moglie e il mio passato
la mia migliore eta'.

Domani mi alzero'
e chiudero' la porta
sulla stagione morta
e mi incamminero'.

Vivro' di carita'
sulle strade di Spagna
di Francia e di Bretagna
e a tutti gridero'

Di non partire piu'
e di non obbedire
per andare a morire
per non importa chi.

Per cui se servira'
del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro
se vi divertira'.

E dica pure ai suoi
se vengono a cercarmi
che possono spararmi
io armi non ne ho.

Boris Vian, 1956 (traduzione di Ivano Fossati)

2. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING 2018
[Dal Coordinamento Italia One Billion Rising (per contatti: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

Carissime,
prima di tutto buon anno! Vi scriviamo perche' anche quest'anno One Billion Rising vuole far sentire la propria voce contro la violenza. Il 14 febbraio saremo insieme nelle strade, nelle piazze, nei teatri, nelle scuole d'Italia e del mondo per manifestare contro ogni violenza e discriminazione, con ogni espressione artistica: danza, musica, teatro, lettura, proiezioni, ecc.
Un evento mondiale che si svolge in 200 paesi del pianeta, mobilitando un miliardo di persone unite nell'affermare una cultura del rispetto e della solidarieta'. Il messaggio One Billion Rising 2018 e' proprio quello dell'importanza della solidarieta' come linfa vitale per una rivoluzione pacifica e arma contro ogni violenza.
Per questo vi chiediamo di partecipare a One Billion Rising 2018 con evento, un momento di incontro da organizzare nella vostra citta', diffondendo la notizia e coinvolgendo piu' persone possibili. Poiche' il 14 febbraio 2018 sara' mercoledi', gli eventi potranno essere organizzati anche nei giorni precedenti e successivi (weekend del 10/2 o del 17/2).
Per facilitare l'organizzazione dell'evento vi inviamo alcune semplici indicazioni da seguire:
- Iscrizione al sito per segnalare il tuo evento: clicca su http://bit.ly/Registra_il_tuo_evento_sulla_pagina_internazionale_OBR e invita altre associazioni, gruppi, persone a partecipare... piu' siamo, meglio e'!
- I nostri riferimenti: vi chiediamo di seguirci sui social, condividere i contenuti e invitare i propri contatti a fare lo stesso, cosi' da diffondere anche li' il nostro messaggio. Inviateci foto, video dell'organizzazione e dell'evento.
Sito ufficiale https://www.onebillionrising.org
Facebook https://www.facebook.com/obritalia
Instagram https://www.instagram.com/onebillionrisingitalia/
Twitter @OBRItalia
Email obritalia at gmail.com
Hashtag ufficiali: #RiseInSolidarity #1billionrising #UntilTheViolenceStops
- Loghi ufficiali, immagine del profilo e la foto di copertina su Facebook, Twitter, Youtube che potete scaricare cliccando sul link qui sotto:
loghi 2018: http://bit.ly/1billionloghi2018
foto profilo/cover social: http://bit.ly/1billioncoversocial
- Si puo' organizzare un flash mob durante l'evento del 14 febbraio, seguendo la canzone Break the chain e il tutorial ufficiale http://youtu.be/_U5CZfPydVA o creando una nuova coreografia. L'evento One Billion Rising puo' essere caratterizzato da performance artistiche di ogni genere e da momenti di lettura. In particolare quest'anno, in occasione dei 20 anni de I Monologhi della Vagina di Eve Ensler, opera diventata con i Vday il manifesto delle rivoluzione femminile in atto, vi invitiamo a leggerne qualche brano dell'opera durante l'evento.
Per quanto riguarda le autorizzazioni, bisogna affiggere un avviso pubblico di ripresa video nei luoghi in cui viene organizzata la manifestazione e, se si vogliono riprendere e/o intervistare le persone presenti, suggeriamo di chiedere loro di firmare una liberatoria cosi' da poter usare i video sui siti web, social e per eventuali montaggi.
Al seguente link http://bit.ly/OBR_autorizzazioni2018 puoi scaricare:
- Autorizzazione riprese, liberatorie per l'utilizzo delle riprese di persone;
- Avviso Pubblico riprese;
- Autorizzazione copyright per utilizzo materiali e brani musicali One Billion Rising.
Per quanto riguarda le letture, oltre a I Monologhi della Vagina di seguito troverete, come suggerimento:
- alcuni testi della fondatrice di One Billion Rising, Eve Ensler:
"L'Ufficio della schiavitu' sessuale" http://bit.ly/ufficio_della_schiavitu_sessuale
"L'insurrezione" http://bit.ly/insurrezione
"La mia rivoluzione" http://bit.ly/la_mia_rivoluzione
"Preghiera di un uomo" http://bit.ly/preghiera_di_un_uomo
"Fino a quando" http://bit.ly/fino_a_quando
"E poi saltavamo" http://bit.ly/e_poi_saltavamo
-la traduzione del brano musicale "Break the chain" credits Tena Clark-Musiche Tena Clark/Tim Heintz di M.G.Di Rienzo
http://bit.ly/traduzione_testo_BreakTheChain
- qui se volete potete trovare altre idee:
https://www.onebillionrising.org 
Per dichiarare l'adesione e ricevere maggiori informazioni vi chiediamo di scriverci al seguente indirizzo: obritalia at gmail.com
Grazie per tutto quello che potrete fare! #RiseInSolidarity
Un abbraccio
Coordinamento Italia One Billion Rising, Nicoletta Billi, Anna Vezzoli, Silvia Palermo

3. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

4. REPETITA IUVANT. L'ITALIA SOTTOSCRIVA E RATIFICHI IL TRATTATO ONU PER LA PROIBIZIONE DELLE ARMI NUCLEARI

L'Italia sottoscriva e ratifichi il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Salvare le vite e' il primo dovere.

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- AA. VV., Musulmani ed europei, volume monografico di "Limes. Rivista italiana di geopolitica", n. 1, gennaio 2018, Gedi, Roma 2018, pp. 272, euro 15 (+ 12 pp. di tavole e illustrazioni fuori testo).
*
Riletture
- Wilhelm Reich, Genitalita', Sugarco, Milano 1980, pp. 232.
- Wilhelm Reich, Individuo e stato, Sugarco, Milano 1978, pp. 310.
- Wilhelm Reich, La funzione dell'orgasmo, Pratiche, Milano 2000, Il Saggiatore, Milano 2005, Fabbri-Rcs, Milano 2007, pp. XII + 398.
- Wilhelm Reich, La rivoluzione sessuale, Erre emme, Roma 1992, pp. 416.
- Wilhelm Reich, L'irruzione della morale sessuale coercitiva, Sugarco, Milano 1978, pp. 264.
- Wilhelm Reich, Psicologia di massa del fascismo, Sugar, Milano 1971, Mondadori, Milano 1974, Einaudi, Torino 2002, Fabbri-Rcs, Milano 2007, pp. LXII + 430.
- Luigi De Marchi, Vita e opere di Wilhelm Reich, Sugarco, Milano 1981, 2 voll. per pp. 320 + 208.
- Martin Konitzer, Reich, Erre emme, Roma 1992, pp. 192.
*
Riedizioni
- Dino Buzzati, I fuorilegge della montagna, Mondadori, Milano 2010, 2015, Rcs, Milano 2018, 2 voll. per pp. 304 + 320, euro 8,90 + 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2974 dell'11 febbraio 2018
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XIX)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

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