[Nonviolenza] Telegrammi della nonviolenza. n. 2927



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2927 del 26 dicembre 2017
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVIII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Jean-Marie Muller: Momenti e metodi dell'azione nonviolenta (parte terza e conclusiva)
2. Scriviamo al Quirinale che dia tempo al Parlamento di deliberare l'adesione al disarmo atomico e la cittadinanza a tutti i bambini che sono nati e vivono in Italia
3. Un appello al Presidente della Repubblica
4. "Lo tempo e' poco omai che n'e' concesso". Una lettera aperta ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati
5. Il Senato approvi la legge sullo "ius soli / ius culturae"
6. "Una persona, un voto". Un appello all'Italia civile
7. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia
8. La Casa siamo tutte. Un appello
9. Daniela Bandiera presenta "Il problema dell'empatia" di Edith Stein
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: MOMENTI E METODI DELL'AZIONE NONVIOLENTA (PARTE TERZA E CONCLUSIVA) 
[Riproponiamo ancora una volta il testo di un opuscolo edito dal Movimento Nonviolento che a sua volta riproduceva anastaticamente un capitolo di una piu' ampia opera. L'opuscolo e': Jean-Marie Muller, Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, s. i. l. 1981; il libro e' Jean-Marie Muller, Strategia dell'azione nonviolenta, Marsilio, Venezia-Padova 1975 (il capitolo e' il settimo, alle pp. 73-99). Noi riproduciamo qui il testo di Muller senza le note dell'autore e senza la presentazione del traduttore Matteo Soccio (uno dei maggiori studiosi ed amici della nonviolenza in Italia), rinviando per la lettura del testo integrale all'acquisto dell'opuscolo, disponibile presso il Movimento nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org
Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005]
b. Azioni dirette d'intervento
Se la manifestazione e' un confronto diretto con il pubblico che si cerca di far aderire alla propria causa perche' eserciti una pressione capace di provocare il cambiamento ricercato, se l'azione di non-cooperazione ha lo scopo di inaridire le fonti del potere dell'avversario e di costringerlo a soddisfare le rivendicazioni che gli vengono presentate, l'intervento nonviolento e' un confronto diretto con l'avversario attraverso il quale ci si sforza di provocare il cambiamento nei fatti. Con l'intervento nonviolento si porta il conflitto nel campo dell'avversario che e' posto di fronte ai fatti compiuti, per cui lo scontro diventa inevitabile. L'intervento provoca deliberatamente le rappresaglie e la repressione, per cui i rischi in cui si incorre devono essere accuratamente calcolati.
- Il sit-in. Il piu' noto metodo di intervento diretto nonviolento e' il sit-in (letteralmente: stare seduti dentro) che fu impiegato soprattutto dai neri negli Stati Uniti per ottenere la fine della segregazione nei ristoranti, nei cinema, nelle biblioteche, ecc. Si tratto' allora di sfidare i responsabili di quei locali pubblici mettendoli di fronte al fatto compiuto e di obbligarli a cedere di fronte alla pressione sociale cosi' esercitata.
Generalmente il sit-in e' un'occupazione che si fa stando seduti nei locali di proprieta' dell'avversario allo scopo di imporsi a lui come interlocutori necessari e di obbligarlo a riconoscere i diritti che si e' rifiutato, fino a quel momento, di prendere in considerazione. Durante uno sciopero operaio, questo metodo dovrebbe consistere nell'occupare pacificamente gli uffici del padrone per costringerlo a negoziare nel caso che si rifiuti di farlo. Esso dovrebbe essere sistematicamente preferito al sequestro del padrone nel suo ufficio, per ragioni morali e tattiche, e dovrebbe rivelarsi piu' efficace.
In senso lato il sit-in consiste nello svolgere una manifestazione sedendosi in un luogo pubblico. Questo metodo puo' essere impiegato in particolare da quelli che partecipano ad una manifestazione che rischia di scontrarsi con le forze di polizia. Essa permette allora un'occupazione efficace del terreno che diventa molto difficile da "pulire", e permette alla manifestazione di durare. E' possibile allora che le forze di polizia indietreggino di fronte alla responsabilita' di caricare, a colpi di sfollagente e di bombe lacrimogene, una folla silenziosa il cui solo torto e' di star seduta in una strada per far valere i propri diritti. Ma e' anche possibile che esse non indietreggino e si decidano invece a fare una carica. Queste due possibilita' si sono verificate negli Stati Uniti nel corso di manifestazioni nonviolente dei neri in lotta per 1'integrazione. Si tratta di valutare nel modo piu' giusto possibile il rischio che si corre, partendo dall'analisi del clima politico e sociale nel quale si svolge la manifestazione. Se si prendera' la decisione di andare fino in fondo, e' opportuno che le prime file dei manifestanti siano particolarmente preparate, sia psicologicamente che tecnicamente, ad affrontare le cariche della polizia e conoscano in particolare i metodi elementari di protezione che devono essere presi in quel momento (si tratta soprattutto di proteggersi la nuca con le mani). Se la polizia non osa disperdere la manifestazione con la violenza, si trova costretta a portar via uno alla volta tutti i manifestanti.
Si puo' dare allora la parola d'ordine di rifiutare qualsiasi cooperazione con le forze di polizia, e cioe' di "diventare molli" (come dicono gli anglosassoni) e lasciarsi "manipolare" con calma dai poliziotti mentre questi riempiono i furgoni destinati a ricevere i manifestanti.
- L'ostruzione. L'ostruzione consiste nell'impedire la libera circolazione su una via pubblica facendo dei proprio corpo un ostacolo inevitabile per chi volesse passare. Questo metodo e' stato utilizzato in particolare in occasione di scioperi operai per impedire ai non-scioperanti di accedere al loro posto di lavoro. Si e' pure ricorso a questo procedimento per ottenere l'arresto e l'immobilizzazione di veicoli che servono ad alimentare direttamente, sia in uomini che in materiali, l'ingiustizia che si combatte. Puo' essere utilizzata anche per impedire una costruzione giudicata indesiderabile come quella di una base militare, di una centrale atomica o di una realizzazione di prestigio che costituirebbe un'ingiuria per i poveri: si tratterebbe in questi casi di occupare il cantiere e di impedire agli operai di lavorare. Si puo' anche concepire l'ostruzionismo simbolico dell'ingresso di un edificio ufficiale: ostruendo ad esempio l'ingresso del ministero della Difesa nazionale per protestare contro la vendita di armi che vanno ad alimentare l'oppressione in diversi paesi stranieri.
In genere, e' preferibile che l'ostruzione sia compiuta da un gran numero di persone piuttosto che da poche. Vi sono soprattutto meno pericoli e l'azione sara' capita meglio dal pubblico.
In questi ultimi tempi, si sono sviluppate altre tecniche di ostruzione: non si tratta piu' soltanto di fare ostruzione con il proprio corpo ma con la propria automobile, con il proprio trattore, o con il proprio camion. Il fine dell'ostruzione qui non e' piu' di impedire gli spostamenti dell'avversario o di rendere impossibile la cooperazione con lui, ma di impedire semplicemente la circolazione al fine di creare il fatto che consenta di far conoscere l'ingiustizia all'opinione pubblica. E' noto che in Francia i commercianti, gli agricoltori e i camionisti sono ricorsi a queste tecniche, e generalmente con successo.
- L'usurpazione civile. Invece che abbandonare il proprio posto e interrompere ogni attivita', puo' essere piu' efficace, per dare scacco al sistema, sovvertirlo dall'interno restando al proprio posto. Si tratta allora di ignorare volutamente le istruzioni che giungono dall'alto e d'impegnarsi a seguire, nel proprio lavoro, le disposizioni dei movimento di resistenza. Invece di scioperare, questa o quella categoria di funzionari o di professionisti puo' esercitare sul governo una pressione maggiore mettendo a disposizione del movimento "le sue armi e i suoi bagagli". Questo metodo di azione e' chiamato "usurpazione civile". Theodor Ebert ne da' la seguente definizione: "Lungi dall'interrompere il lavoro, gli insorti si assumono direttamente l'organizzazione dei lavoro secondo i metodi del sistema sociale che essi auspicano ed e' l'ampiezza di questa azione che costringe gli attuali detentori del potere ad adattarsi alle strutture create dagli insorti". Ci sembra opportuno precisare che non si tratta qui di fare evolvere le strutture dall'interno sforzandosi di sfruttare il piu' possibile il margine d'iniziativa lasciato dal sistema. Salvo qualche eccezione, questo comportamento avalla maggiormente il sistema piu' di quanto non lo metta in discussione. Serve spesso di pretesto a chi non ha il coraggio di rifiutare apertamente la propria collaborazione con l'ingiustizia. L'usurpazione civile si colloca certamente all'interno delle strutture, pero' essa opera una rottura con il sistema dominante e sfida apertamente la gerarchia. Si tratta di dirottare le strutture dal fine che e' loro assegnato dal sistema e di rivolgere la loro efficacia contro di esso.
Questo metodo puo' essere utilizzato allo scopo di incominciare a realizzare direttamente nei fatti il cambiamento sociale che si vuole promuovere, invece che esercitare una pressione per ottenerlo. Arriviamo percio' alla nozione di "controllo operaio" cosi' come e' stato gia' espresso nel contesto della lotta di classe. "L'assunzione del controllo da parte dei lavoratori significa che questi smettono di giocare secondo le regole. Significa che essi stessi decidono delle loro condizioni di lavoro, e soprattutto della loro produzione. Significa rifiutare totalmente la collaborazione con il sistema esistente. Significa farsi carico della vita dell'impresa (formazione professionale, ritmi, sicurezza, orari, ripartizione dei lavoro, movimenti del personale...). (...) La strategia del fatto compiuto e' sempre comprensibile a condizioni che sia onesta' fin dall'inizio della sua proposta. Infatti, non bisogna nascondere ai lavoratori che l'esercizio del controllo non puo' essere transitorio e legato ad un rapporto di forza. Cio' finisce sempre in uno scontro globale con l'avversario di classe (lock-out...). Ma soprattutto, l'esercizio dei controllo collettivo resta la forma migliore di apprendimento da parte dei proletariato delle responsabilita' che l'attendono per la presa del potere e la transizione verso il socialismo" ("Le controle ouvrier").
Cosi', invece di porsi in sciopero per reclamare nuovi ritmi di lavoro in fabbrica, gli operai decidono da soli di lavorare con i nuovi ritmi e instaurano in fabbrica una situazione di fatto. La pressione cosi' esercitata puo' rivelarsi piu' efficace.
L'usurpazione civile realizza contemporaneamente sia il programma di non-cooperazione con il quale ci si rifiuta di servire un sistema ingiusto, sia il programma costruttivo che permette di realizzare nei fatti le soluzioni concrete proposte dal movimento. I settori di attivita' sociale, in cui l'organizzazione dei lavoratori e' riuscita a soppiantare la direzione legata al sistema e in cui diventa possibile applicare concretamente i principi della nuova societa', costituiscono dei "territori liberati".
Certo, anche qui si dovra' fare i conti con i mezzi di risposta di cui dispone l'avversario. Egli tentera' di porre fine a questa usurpazione e di riprendere possesso dei servizi amministrativi o dei settori sociali che sono sfuggiti al suo controllo. Questa risposta dell'avversario potra' essere piu' o meno efficace a seconda dei rapporti di forza gia' esistenti. Puo' divenire necessario evacuare i territori momentaneamente liberati e organizzare la resistenza facendo ricorso unicamente ai metodi classici di non-cooperazione, e cioe' alle diverse forme di sciopero. Ma e' anche possibile che l'avversario si trovi disarmato per riprendere questi territori e che questi giochino allora un ruolo determinante nell'evoluzione del conflitto.
- Usurpazione delle funzioni governative e governo parallelo. Quando tutto un paese e' abbandonato all'arbitrio di un governo che intende imporre il dominio rinnegando tutti i principi della vita democratica, non si tratta piu' soltanto di opporsi a una legge particolare, si trattera' di opporsi al governo. Converra' percio', allo scopo di bloccare i meccanismi del governo e di paralizzarlo, estendere la disobbedienza civile alle leggi che, pur non essendo di per se stesse ingiuste, servono nondimeno ai progetti del governo.
Nella misura in cui la disobbedienza civile avra' potuto essere organizzata su scala nazionale, i leader dei movimento di resistenza potranno essere considerati come rappresentanti dell'autorita' legittima del paese. Se la situazione l'esiga e lo permetta - e bisogna ammettere che cio' si puo' verificare solo eccezionalmente - il movimento di resistenza puo' essere condotto a usurpare certe funzioni governative, fino a creare un governo parallelo. La popolazione ignorerebbe allora sistematicamente le decisioni del governo per obbedire solo alle disposizioni del movimento di resistenza. "Quando un gruppo di uomini rinnega lo Stato sotto la cui dominazione hanno vissuto fino ad allora - scrive Gandhi -, essi costituiscono quasi un proprio governo. Dico "quasi" perche' essi non arrivano al punto d'impiegare la forza quando lo Stato resiste".
2. UN APPELLO ALLE PERSONE AMICHE. SCRIVIAMO AL QUIRINALE CHE DIA TEMPO AL PARLAMENTO DI DELIBERARE L'ADESIONE AL DISARMO ATOMICO E LA CITTADINANZA A TUTTI I BAMBINI CHE SONO NATI E VIVONO IN ITALIA
Carissime e carissimi,
vi preghiamo di voler scrivere al Presidente della Repubblica di non sciogliere prematuramente le Camere, e di dare al Parlamento il tempo necessario a deliberare l'adesione al disarmo atomico e la cittadinanza a tutti i bambini che sono nati e vivono in Italia.
Il modo piu' semplice e sicuro  per mandare messaggi al Presidente della Repubblica e' attraverso il sito www.quirinale.it nella home page cliccando in alto a destra sul simbolo della busta postale e poi compilando il modulo.
I messaggi devono essere brevi (meno di cinquemila caratteri); un possibile modello puo' essere il seguente:
"Egregio Presidente della Repubblica, 
poiche' nulla la costringe a sciogliere le Camere durante le vacanze natalizie (giacche' nulla impone che si debba andare al voto entro il mese di marzo, e come gia' in passato si puo' benissimo fissare la data delle elezioni politiche entro giugno), dia al Parlamento il tempo di deliberare su due temi di grande importanza: 1. in pro dell'adesione e della ratifica al Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari; 2. in pro del riconoscimento della cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia e che in Italia vivono e studiano (la legge cosiddetta sullo "ius soli - ius culturae" gia' approvata anni fa dalla Camera dei Deputati che attende solo di essere confermata dal voto del Senato).
Confidando nella sua attenzione e nel suo discernimento, augurandole ogni bene,
Firma, luogo e data, recapito del mittente".
Facciamo sentire al Presidente della Repubblica anche la nostra voce.
Grazie dell'attenzione ed auguri di buone feste a tutte e tutti.
3. REPETITA IUVANT. UN APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Egregio Presidente della Repubblica,
poiche' nulla la costringe a sciogliere le Camere durante le vacanze natalizie (giacche' nulla impone che si debba andare al voto entro il mese di marzo, e come gia' in passato si puo' benissimo fissare la data delle elezioni politiche entro giugno),
dia al Parlamento il tempo di deliberare su due temi di grande importanza:
1. in pro dell'adesione e della ratifica al Trattato Onu del 7 luglio 2017 per la proibizione delle armi nucleari;
2. in pro del riconoscimento della cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia e che in Italia vivono e studiano (la legge cosiddetta sullo "ius soli - ius culturae" gia' approvata anni fa dalla Camera dei Deputati che attende solo di essere confermata dal voto del Senato).
Confidando nella sua attenzione e nel suo discernimento, augurandole ogni bene
4. REPETITA IUVANT. "LO TEMPO E' POCO OMAI CHE N'E' CONCESSO". UNA LETTERA APERTA AI PRESIDENTI DEL SENATO DELLA REPUBBLICA E DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
Al Presidente del Senato della Repubblica
alla Presidente della Camera dei Deputati
e per opportuna conoscenza:
a tutte e tutti i parlamentari italiani
a tutte e tutti i componenti del Consiglio dei Ministri
Oggetto: richiesta di impegno affinche' il Parlamento prima del termine della legislatura deliberi ed impegni il Governo all'adesione e alla ratifica del Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Gentile Presidente del Senato della Repubblica,
gentile Presidente della Camera dei Deputati,
la legislatura volge al suo termine, ma prima del suo scioglimento un atto di fondamentale importanza il Parlamento potrebbe e dovrebbe ancora compiere: deliberare ed impegnare il governo all'adesione e alla ratifica del Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017.
Dopo Hiroshima e' a tutti finalmente evidente che non vale piu' l'antico e sciagurato motto secondo cui se vuoi la pace devi preparare la guerra; e' a tutti finalmente evidente che non vale piu' la celebre e tristissima constatazione che la guerra e' la prosecuzione della politica con altri mezzi.
Dopo Hiroshima l'umanita' sa che se prepari la guerra non vuoi la pace, perche' solo guerra e stragi e devastazioni otterrai; dopo Hiroshima l'umanita' sa che la guerra e' il contrario della politica e la catastrofe dell'umanita'.
*
Gentile Presidente del Senato della Repubblica,
gentile Presidente della Camera dei Deputati,
e' per il vostro ruolo istituzionale che ci rivolgiamo a voi, ed attraverso voi a tutte le persone che in Parlamento siedono.
Come legislatori e come esseri umani non ignorate che il primo dovere e' salvare le vite.
Abolire le armi atomiche e' il primo dovere che ogni essere umano ed ogni legittima istituzione ed ogni ordinamento giuridico ha nei confronti dell'umanita' intera.
Abolire le armi atomiche ed avviare con cio' il necessario e urgente disarmo universale e' il primo punto del programma comune della politica dell'umanita'.
La repubblica italiana, che solennemente nella sua Costituzione "ripudia la guerra", non puo' essere complice delle armi atomiche che in se stesse sono gia' dittatura e guerra, e che minacciano la civilta' umana e l'umanita' stessa di estinzione.
Il Trattato Onu per la proibizione delle armi nucleari del 7 luglio 2017 adempie un voto dell'umanita' intera, costituisce un passo decisivo nel cammino verso il bene comune, e' un ineludibile appello che convoca ogni persona ed ogni stato alla politica prima: la politica che salva le vite.
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Gentile Presidente del Senato della Repubblica,
gentile Presidente della Camera dei Deputati,
in questo poco tempo che resta prima della fine della legislatura, vogliate adoperarvi affinche' il Parlamento italiano si esprima affinche' l'Italia aderisca e ratifichi il Trattato Onu di proibizione delle armi atomiche del 7 luglio 2017.
*
Augurandovi ogni bene
5. REPETITA IUVANT. IL SENATO APPROVI LA LEGGE SULLO "IUS SOLI / IUS CULTURAE"
Non e' possibile che un bambino ovvero una bambina, un ragazzo ovvero una ragazza, nati in Italia, cresciuti in Italia, che studiano in Italia, che vivono nella comunita', nella lingua e nella cultura italiane, possano essere ritenuti alieni: sono con tutta evidenza cittadine e cittadini italiani ancor prima di aver compiuto i diciotto anni, quando la legge vigente gia' riconosce loro il diritto di decidere di essere cittadini italiani con una semplice dichiarazione personale.
Perche' quindi continuare a umiliare e perseguitare dei bambini?
Perche' quindi continuare a negare la flagrante realta' che chi nasce e vive in Italia e' un cittadino italiano?
Ad eccezione di un'infima minoranza di pervertiti, nessuno in Italia vuole essere un persecutore di bambini.
Ad eccezione di un'infima minoranza di razzisti, nessun senatore potrebbe in scienza e coscienza negare il suo voto a una legge che prende atto della realta' e riconosce a bambine e bambini, ragazze e ragazzi, un diritto che loro appartiene: il riconoscimento giuridico del fatto inconfutabile che sono parte del popolo italiano, che sono cittadini italiani.
6. REPETITA IUVANT. "UNA PERSONA, UN VOTO". UN APPELLO ALL'ITALIA CIVILE
Un appello all'Italia civile: sia riconosciuto il diritto di voto a tutte le persone che vivono in Italia.
Il fondamento della democrazia e' il principio "una persona, un voto"; l'Italia essendo una repubblica democratica non puo' continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui.
Vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano.
Una persona, un voto. Il momento e' ora.
7. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.
Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
8. REPETITA IUVANT. LA CASA SIAMO TUTTE. UN APPELLO
[Dalla Casa Internazionale delle Donne riceviamo e diffondiamo]
Sostegno alla Casa
lacasasiamotutte (lacasasiamotutte at gmail.com)
#lacasasiamotutte
A tutte le amiche e gli amici,
come avrai saputo dalla stampa o dalla televisione, la Casa Internazionale delle Donne ha bisogno di aiuto.
Abbiamo ricevuto moltissime dimostrazioni di affetto e vicinanza che ci hanno molto commosso, e ve ne siamo grate, ma anche siamo state sollecitate a richiedere un aiuto economico a quante, come te, ci conosce, ha lavorato nella Casa e con la Casa.
Essere luogo di riflessione politica delle donne, ospitare in modo sostenibile tante associazioni e tante attivita', costruire, produrre attivita' culturali, tenere aperto il piu' grande archivio della storia e della produzione femminista, mantenere decorosamente un edificio storico, farlo restare aperto, fruibile a disposizione delle donne e di tutta la citta', fornire servizi di assistenza, consulenza, sostegno al lavoro e alla vita delle donne e dei bambini, promuovere formazione, costa e costa molto.
Per questo ti chiediamo di contribuire alla sopravvivenza della Casa, per farla essere sempre di piu' e sempre meglio quel luogo unico a Roma, in Italia, in Europa che e' la nostra Casa Internazionale delle donne.
Ringraziandoti fin d'ora e ricordandoti che la Casa si sostiene solo con l'autofinanziamento, ti chiediamo anche di far partecipare le persone a te vicine al sostegno della Casa.
Per la donazione:
http://www.casainternazionaledelledonne.org/index.php/it/sostienici-support-us
IBAN IT38H0103003273000001384280
causale: "Donazione per la Casa Internazionale delle Donne"
9. LIBRI. FRANCESO TAMPOIA PRESENTA "IL PROBLEMA DELL'EMPATIA" DI EDITH STEIN
[Dal sito wwww.recensionifilosofiche.info riprendiamo il seguente articolo]
Edith Stein, Il problema dell'empatia, Studium, Roma 2012, pp. 274, euro 21,50.
*
Il tema dell'empatia e' attualmente tornato alla ribalta soprattutto in relazione alla scoperta dei neuroni-specchio, ma quanto il termine stesso "empatia" sia utilizzato con piena coscienza della ricchezza di significati che in esso si sono venuti a condensare e' pero' di sicuro da porre in dubbio, come ricordato anche dalla piu' recente letteratura sul tema. E' quindi ormai chiaro che se vogliamo iniziare ad utilizzare il termine "empatia" in modo piu' consapevole dobbiamo risalire alla sua origine e alla sua storia. Risulta attuale quindi l'iniziativa della casa editrice Studium di pubblicare nuovamente il testo di Edith Stein Il problema dell'empatia, il quale meriterebbe di sicuro una maggiore considerazione all'interno della storia dedicata a questo tema.
Edith Stein, conosciuta anche come Suor Benedetta della Croce, dopo la conversione al cattolicesimo e l'ingresso nel Carmelo, mistica e santa cristiana vittima della barbarie nazista ad Auschwitz, fu per anni assistente di Edmund Husserl e fenomenologa lei stessa. Se e' quindi fuor di dubbio, come ricorda Angela Ales Bello nella Prefazione alla seconda edizione del volume, che gia' in quest'opera ritroviamo temi che saranno costanti in tutta la riflessione steiniana, come ad esempio quello della persona, e' altrettanto vero che questi stessi temi vengono qui analizzati da una prospettiva strettamente fenomenologica, prendendo l'analisi del complesso problema dell'empatia come punto di partenza per delucidare l'intero significato della fenomenologia. Prima di giungere ad affrettate conclusioni sull'opera e sul suo andamento didascalico, non dobbiamo dimenticare che l'opera nacque come vera e propria tesi di laurea, attraverso la quale una Stein appena ventitreenne si laureo' in filosofia sotto la direzione di Husserl presso l'Universita' di Friburgo; la giovane laureanda doveva quindi in primis dimostrare di conoscere la letteratura critica sull'argomento e di padroneggiare il metodo fenomenologico husserliano, dimostrazione che avvenne anche nel tentativo piu' articolato di costruire cio' a cui il maestro Husserl si dedico' in modo ben poco sistematico, una vera e propria fenomenologia dell'empatia, che chiarisse in ogni aspetto se e in che modo si possa pervenire alla conoscenza della coscienza estranea da un punto di vista fenomenologico.
Per comprendere l'effettivo contributo dell'opera della Stein e' necessario sottolineare un punto che i curatori del volume hanno particolarmente evidenziato contro coloro che reputano Il problema dell'empatia una semplice riformulazione da parte della Stein dei manoscritti di Idee II, ai quali la Stein ebbe accesso come assistente di Husserl. E' la filosofa stessa ad informarci che decise di non modificare il testo della sua tesi in base agli spunti provenienti dai manoscritti di Idee II, poiche', altrimenti, non avrebbe piu' potuto considerare il lavoro come completamente suo. Lo scopo dei curatori del volume e' cosi' quello di incoraggiare il lettore ad avvicinarsi a questo testo come alla riflessione originale di una vera e propria fenomenologa, cercando di cogliere non solo cio' che nella riflessione della Stein sull'empatia si deve alla chiara influenza di Husserl, ma anche gli innegabili elementi di novita' che ella seppe apportare alla speculazione del maestro e che possono rappresentare ancora oggi validi spunti di ricerca.
La tesi della Stein era originariamente ripartita in quattro parti, ma gia' dalla sua prima pubblicazione, nel 1917, essa venne pubblicata senza la prima parte, e cioe' la parte storica, comprendente un'ampia esposizione di tutta la letteratura empatica. Anche in questa edizione si e' scelto di pubblicare solo le parti seconda, terza e quarta, nelle quali la Stein si confronta piu' direttamente con l'essenza del concetto di empatia.
La seconda parte si intitola proprio L'essenza degli atti di empatia e descrive l'essenza degli atti nei quali e' possibile cogliere l'esperienza vissuta estranea, atti sui quali si basa l'empatia. La Stein chiarisce immediatamente che il termine empatia, Einfuehlung in tedesco, e' assunto facendo astrazione dal senso attribuitogli da tutte le tradizioni storiche, rilevando come nella fenomenologia husserliana con esso si intenda qualcosa di diverso rispetto al senso assegnato al termine ad esempio da Theodor Lipps, uno dei costanti interlocutori della Stein in questo volume, il quale aveva fatto dell'empatia uno dei propri principali temi di riflessione e al quale si era ampiamente ispirato lo stesso Husserl. Come tipico del metodo fenomenologico, la Stein propone quindi, anche per quanto riguarda l'empatia, una vera e propria "ripartenza", che sappia prescindere da cio' che sull'empatia la tradizione aveva sostenuto e che sia invece volta a cogliere davvero l'essenza dell'atto empatico, traendo spunto da esempi concreti come il seguente: "un amico viene da me e mi dice di aver perduto un fratello ed io mi rendo conto del suo dolore. Che cos'e' questo rendersi conto?" (pp. 71-72).
La Stein comincia con il notare che l'empatia ha una sicura somiglianza con quegli atti in cui la mia stessa esperienza vissuta e' data in modo non originario - ricordo, attesa, libera fantasia - definiti da Husserl stesso gia' in Idee I come "presentificazioni", infatti l'empatia viene definita come "un atto originario in quanto vissuto presente, mentre e' non-originario per il suo contenuto" (p. 77), dove tale contenuto puo' poi attuarsi in differenti modalita', proprio come avviene nelle forme del ricordo, dell'attesa e della fantasia. La presentificazione del vissuto d'empatia si realizza attraverso i momenti dell'emersione del vissuto, della sua esplicitazione riempiente e, infine, dell'oggettivazione comprensiva del vissuto esplicitato, mostrando pero' un elemento assolutamente nuovo rispetto ad ogni altro tipo di presentificazione, il quale la rende un atto esperienziale del tutto sui generis: il soggetto del vissuto empatizzato non e' lo stesso che compie l'atto dell'empatizzare, ma un altro soggetto del tutto separato dal primo; l'autrice porta l'esempio della gioia: "mentre io vivo quella gioia che e' provata da un altro, non avverto alcuna gioia originaria: essa non scaturisce in maniera viva dal mio Io, ne' ha il carattere di essere stata viva in precedenza come la gioia ricordata, tanto meno essa e' meramente fantasticata, priva cioe' di una reale vita, ma e' precisamente l'altro Soggetto quello che prova in maniera viva l'originarieta', sebbene io non viva tale originarieta'; la sua gioia che scaturisce da lui e' originaria, sebbene io non la viva come originaria" (p. 79). Per mezzo dell'empatia, quindi, e' come se alle mie esperienze vissute originarie si affiancasse un tipo peculiare di esperienza che, pur non facendo parte dell'originarieta' del mio flusso, pur non essendo stata da me direttamente vissuta, si annuncia in qualche modo in me con un carattere reale e non solo come mera fantasia.
L'autrice continua poi confrontandosi soprattutto con altre possibili descrizioni dell'empatia, come quelle di T. Lipps e quella di M. Scheler, entrambi ampiamente criticati dalla Stein. Grande attenzione e' riservata soprattutto alla critica a Lipps, poiche' sarebbe per la Stein del tutto insostenibile la tesi in base alla quale nell'empatia vera e propria io proprio ed estraneo diverrebbero un unico io; infatti il famoso esempio lippsiano per il quale io sarei tutt'uno con l'acrobata mentre osservo le sue evoluzioni, e' per la Stein chiaramente privo di senso; se infatti la descrizione di Lipps fosse esatta sarebbe eliminata qualsiasi possibilita' di distinzione tra esperienza vissuta estranea e propria, affidando la differenziazione tra io proprio ed estraneo solo all'associazione di diversi individui psicofisici, rendendo del tutto incomprensibile "cosa faccia si' che il mio corpo proprio sia mio, e quello estraneo, estraneo [...]" (p. 87).
Nella terza parte, intitolata La costituzione dell'individuo psico-fisico, la Stein si propone invece di trattare in modo piu' specifico dell'empatia come problema di costituzione, mettendo in luce il modo in cui si costituiscono le oggettualita' tipiche delle tradizionali teorie dell'empatia, come individuo psicofisico o personalita'.
In primis la filosofa si concentra sulla definizione fenomenologica di individuo, il quale si presenta come membro della natura in quanto essere psicofisico, corpo vivo spazio-temporalmente localizzato e inscindibilmente legato con un'anima; l'unita' psico-fisica e' chiaramente mostrata dal fatto che certi processi appartengono simultaneamente sia al corpo proprio che all'anima, dall'esistenza di una vera e propria causalita' psicofisica. L'attenzione della Stein e' riservata soprattutto ad un argomento che diverra' centrale per tutta la successiva riflessione fenomenologica, la descrizione del corpo vivo (Leib), il quale, rispetto ad ogni altro corpo, "si caratterizza come portatore di campi sensoriali, come corpo proprio che si trova al punto zero di orientamento del mondo spaziale, che puo' muoversi liberamente da solo ed e' costruito con organi mobili, inoltre, esso e' la sede nella quale si verificano le espressioni dei vissuti dell'Io che gli appartiene, ed e' strumento della sua volonta'" (p. 147).
Prendendo come base questa descrizione dell'individuo proprio, la Stein affronta successivamente la costituzione dell'individuo estraneo, il cui corpo proprio non puo' esserci dato in modo originario come il nostro stesso corpo, ma solo in modo con-originario. Una datita' di tipo con-originario e' data anche nella percezione cosale, ma la Stein rileva come nella percezione del corpo proprio estraneo si sia in presenza di una con-originarieta' del tutto peculiare, poiche' per quanto riguarda i campi sensoriali estranei viene per principio esclusa qualsiasi forma di riempimento originario e l'unico riempimento possibile e' quello dato dalla presentificazione empatizzante; l'autrice chiarifica questo concetto con l'esempio della mano: "ora la mia mano sente le sensazioni della mano estranea - ma non in modo originario e proprio, bensi' le sente "insieme", esattamente al modo dell'empatia, la cui essenza e' stata da noi distinta dall'esperienza vissuta propria, nonche' da ogni altra specie di presentificazione" (p. 149). A questa empatia sensoriale, tradizionalmente poco considerata, la Stein attribuisce invece un ampio valore e ne rintraccia la condizione in alcune possibilita' offerte dal corpo proprio stesso, come quella di apprendere il corpo proprio sia come corpo proprio che come semplice corpo, quella di assumere differenti posizioni nello spazio e nella possibilita' di mutare nella fantasia la reale caratteristica del corpo, fermo restando il tipo. Solo afferrando il corpo altrui come corpo proprio sensoriale localizzato nello spazio, empatizzando con esso e trasponendomi in esso, io posso infatti ampliare la mia immagine del mondo, cogliendo l'altro come punto di vista alternativo sul mondo. Empatizzando il corpo vivo dell'altro, io empatizzo con esso l'io appartenente a quel corpo e le sue percezioni esterne, aggiungendo al mio punto di vista nuovi punti di vista con-originari, in un decentramento della mia orientazione che delucida il profondo significato dell'empatia sia per la costituzione del mondo reale esterno, sia per la costituzione di me stesso, poiche' e' solo attraverso questo decentramento dato nell'empatia che io posso davvero giungere a percepire il mio corpo proprio come un corpo al pari degli altri corpi, mentre nell'esperienza originaria esso puo' essermi dato solo e unicamente come corpo proprio.
Empatizzare un essere psicofisico significa empatizzarlo immediatamente come un essere portatore di un punto di vista sul mondo, soggetto di sensazioni e atti: attraverso la corporeita' e la sua espressivita' sono immediatamente condotto ai nessi significativi dello psichico, cosi' che attraverso l'empatia giungo a cogliere i vissuti altrui; tali vissuti non sono mai colti in modo, per cosi' dire, "isolato", ma sono sempre appresi in un'unita', attraverso la quale e' possibile cogliere le linee costitutive dell'individuo che ho di fronte, il suo carattere complessivo, il quale puo' poi fornirmi la base di partenza per la valutazione di ulteriori atti empatici e per la "correzione" degli stessi.
La Stein sottolinea inoltre come, anche a livello psichico, la costituzione dell'individuo estraneo sia condizione essenziale per la piena costituzione dell'individuo psichico proprio, poiche' afferrando empaticamente gli atti in cui per lui si costituisce il mio individuo, acquisisco contemporaneamente anche l'immagine che l'altro ha di me, tanto che "come lo stesso Oggetto naturale e' dato in tanti modi di apparire quanti sono i Soggetti che lo percepiscono, posso avere altrettante "concezioni" del mio individuo psichico per quanti sono i Soggetti che lo concepiscono" (p. 191).
Nella quarta parte L'empatia come comprensione delle persone spirituali si passa dalla considerazione dell'individuo psicofisico come membro della natura a quella della coscienza come correlato del mondo oggettivo in quanto spirito; in realta', precisa la Stein, nel momento stesso in cui si concepisce il corpo proprio estraneo come centro d'orientamento del mondo spaziale, si assume anche l'Io, che a tale corpo immancabilmente appartiene, come un soggetto spirituale, che ha percezioni del mondo esterno attraverso atti spirituali; cosi' "con ciascun atto di empatia inteso in senso letterale, ossia con ciascun afferramento di un atto senziente siamo gia' penetrati nel regno dello spirito. Dunque, come negli atti percettivi si costituisce la natura fisica, cosi' nel sentire si costituisce un nuovo regno di Oggetti: il mondo dei valori" (p. 196). E' quindi solo a questo livello pienamente spirituale, nel quale l'individuo psicofisico si presenta come realizzazione empirica della persona spirituale, che puo' davvero avvenire la comprensione dell'altro come persona, il coglimento empatico di un altro soggetto spirituale e la relativa comprensione del suo operare. La Stein nota come l'empatia spirituale sia guidata dalla motivazione, intesa come vera e propria legalita' della vita dello spirito, attraverso la quale i nessi che legano i vissuti dei diversi soggetti spirituali possono apparire come una totalita' significativa e, quindi, comprensibile; cosi', attraverso gli atti spirituali vissuti empaticamente, si puo' davvero costituire la persona estranea, in quanto "io vivo ciascuna azione di un altro come azione che procede da un volere e questo a sua volta da un sentire; con cio' mi e' dato simultaneamente uno strato della sua persona e un ambito di valori, che per lui sono esperibili in linea di principio - ambito che a sua volta motiva in maniera significante tanto l'attesa di atti volitivi futuri possibili quanto di azioni future possibili" (p. 218).
L'autrice ricorda inoltre che l'empatia personale-spirituale puo' anche essere un potente strumento di auto-conoscenza e auto-valutazione, fondamentale quindi per la conoscenza non solo dell'altro, ma anche di noi stessi, poiche', in quanto empatia di strutture personali diversamente formate, essa puo' renderci chiaro quello che siamo e quello che invece non siamo nel confronto con l'altro.
In conclusione la riflessione della Stein sull'empatia merita una profonda rilettura, non solo per andare alla ricerca dei temi che saranno poi caratteristici della riflessione teologica di Suor Teresa Benedetta della Croce, ma, soprattutto, da un punto di vista squisitamente fenomenologico, nell'ottica degli spunti che essa potrebbe offrire all'attuale dibattito sull'empatia e l'intersoggettivita'.
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Gianni Paganini (a cura di), Pico della Mirandola. Pagine scelte e commentate, Rcs, Milano 2017, pp. 192, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Luciano Nanni, Per una nuova semiologia dell'arte, Garzanti, Milano 1980, pp. 368.
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Riedizioni
- Taiye Selasi, La bellezza delle cose fragili, Einaudi, 2013, 2015, Gedi, Roma 2017, pp. 410, euro 9,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica" e al settimanale "L'Espresso").
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta@sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2927 del 26 dicembre 2017
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVIII)
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