[Nonviolenza] Telegrammi. 2533



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2533 del 15 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. "Il 26 novembre a Roma contro la violenza maschile sulle donne". Un incontro di riflessione a Viterbo

2. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia

3. Raniero La Valle: Il vero quesito: Approvate una revisione della seconda parte della Costituzione che rende la Costituzione non costituzionale?

4. Un appello nonviolento per il 4 dicembre: Un parlamento eletto dal popolo, uno stato di diritto, una democrazia costituzionale. Al referendum votiamo No al golpe

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. "IL 26 NOVEMBRE A ROMA CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO

 

Si e' svolto lunedi' 14 novembre 2016 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione sul tema: "Il 26 novembre a Roma contro la violenza maschile sulle donne".

Nel corso dell'incontro e' stato letto e commentato l'appello di convocazione della manifestazione nazionale che si svolgera' a Roma in riferimento alla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Il maschilismo e' la prima radice e il primo modello di ogni violenza. Se non si sconfigge il maschilismo non e' possibile realizzare una societa' della solidarieta' e della condivisione, di pace e di giustizia, di persone libere ed eguali in diritti.

Opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni; opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni; opporsi al maschilismo e a tutte le oppressioni; difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani; difendere la biosfera casa comune dell'umanita'. Soccorrere, accogliere, assistere, ogni persona bisognosa di aiuto. Salvare le vite e' il primo dovere.

La nonviolenza e' in cammino con volto e con voce di donna.

In allegato tre documenti e otto proposizioni per approfondire la riflessione.

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1. L'appello "Non una di meno"

Non una di meno!

Tutte insieme contro la violenza maschile sulle donne

Verso una grande manifestazione: il 26 novembre tutte a Roma

Il 25 novembre e' la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza sulle donne. Vogliamo che sabato 26 novembre Roma sia attraversata da un corteo che porti tutte noi a gridare la nostra rabbia e rivendicare la nostra voglia di autodeterminazione.

Non accettiamo piu' che la violenza condannata a parole venga piu' che tollerata nei fatti. Non c'e' nessuno stato d'eccezione o di emergenza: il femminicidio e' solo l'estrema conseguenza della cultura che lo alimenta e lo giustifica. E' una fenomenologia strutturale che come tale va affrontata.

La liberta' delle donne e' sempre piu' sotto attacco, qualsiasi scelta e' continuamente giudicata e ostacolata. All'aumento delle morti non corrisponde una presa di coscienza delle istituzioni e della societa' che anzi continua a colpevolizzarci.

I media continuano a veicolare un immaginario femminile stereotipato: vittimismo e spettacolo, neanche una narrazione coerente con le vite reali delle donne. La politica ci strumentalizza senza che ci sia una concreta volonta' di contrastare il problema: si riduce tutto a dibattiti spettacolari e trovate pubblicitarie. Non c'e' nessun piano programmatico adeguato. La formazione nelle scuole e nelle universita' sulle tematiche di genere e' ignorata o fortemente ostacolata, solo qualche brandello accidentale di formazione e' previsto per il personale socio-sanitario, le forze dell'ordine e la magistratura. Dai commissariati alle aule dei tribunali subiamo l'umiliazione di essere continuamente messe in discussione e di non essere credute, burocrazia e tempi d'attesa ci fanno pentire di aver denunciato, spesso ci uccidono.

Dal lavoro alle scelte procreative si impone ancora la retorica della moglie e madre che sacrifica la sua intera vita per la famiglia.

Di fronte a questo scenario tutte siamo consapevoli che gli strumenti a disposizione del piano straordinario contro la violenza del governo, da subito criticato dalle femministe e dalle attiviste dei centri antiviolenza, si sono rivelati alla prova dei fatti troppo spesso disattesi e inefficaci se non proprio nocivi. In piu' parti del paese e da diversi gruppi di donne emerge da tempo la necessita' di dar vita ad un cambiamento sostanziale di cui essere protagoniste e che si misuri sui diversi aspetti della violenza di genere per prevenirla e trovare vie d'uscita concrete.

E' giunto il momento di essere unite ed ambiziose e di mettere insieme tutte le nostre intelligenze e competenze.

A Roma da alcuni mesi abbiamo iniziato a confrontarci individuando alcune macro aree - il piano legislativo, i Cav e i percorsi di autonomia, l'educazione alle differenze, la liberta' di scelta e l'Ivg - sappiamo che molte altre come noi hanno avviato percorsi di discussione che stanno concretizzandosi in mobilitazioni e dibattiti pubblici.

Riteniamo necessario che tutta questa ricchezza trovi un momento di confronto nazionale che possa contribuire a darci i contenuti e le parole d'ordine per costruire una grande manifestazione nazionale il 26 novembre prossimo.

Proponiamo a tutte la data di sabato 8 ottobre per incontrarci in una assemblea nazionale a Roma, e quella del 26 novembre per la manifestazione.

Proponiamo anche che la giornata del 27 novembre sia dedicata all'approfondimento e alla definizione di un percorso comune che porti alla rapida revisione del Piano Straordinario Nazionale Anti Violenza.

Queste date quindi non sono l'obiettivo ma l'inizio di un percorso da fare tutte assieme.

Realta' promotrici: Rete IoDecido, D.i.Re - Donne in Rete Contro la violenza, UDI - Unione Donne in Italia

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2. "Non una di meno": verso il 26 e 27 novembre

Verso la manifestazione nazionale del 26 novembre contro la violenza maschile sulle donne.

Per la costruzione dell'assemblea nazionale con tavoli tematici del 27 novembre.

Un terzo delle donne italiane, straniere e migranti, subisce violenza fisica, psicologica, sessuale, spesso fra le mura domestiche e davanti ai suoi figli. Dall'inizio dell'anno decine e decine di donne sono state uccise in Italia per mano maschile. La violenza maschile sulle donne non e' un fatto privato ne' un'emergenza ma un fenomeno strutturale e trasversale della nostra societa', un dato politico di prima grandezza che affonda le sue radici nella disparita' di potere fra i sessi. Le politiche di austerity e riforme come quelle del lavoro e della scuola, in continuita' con quanto accaduto negli ultimi dieci anni, non fanno altro che minare i percorsi di autonomia delle donne e approfondire le discriminazioni sociali, culturali e sessuali.

La violenza attraversa ogni aspetto dell'esistenza, controlla e addomestica i corpi e le vite delle donne: in famiglia, sui luoghi di lavoro, a scuola, all'universita', per strada, di notte, di giorno, negli ospedali, sui media, sul web.

La violenza maschile sulle donne puo' essere affrontata solo con un cambiamento culturale radicale, come ci hanno insegnato l'esperienza e la pratica del movimento delle donne e dei Centri Antiviolenza, che da trent'anni resistono a ogni tentativo delle istituzioni di trasformarli in servizi di accoglienza neutri, negando la loro natura politica e di cambiamento.

Adesso basta! e' il grido che si alza da piu' parti nel mondo.

In Polonia, in Argentina, in Spagna gli scioperi e le proteste delle donne che si ribellano alla violenza e al femminicidio e lottano per l'autodeterminazione femminile hanno paralizzato interi paesi. I corpi delle donne invadono le strade, costruiscono ponti e narrazioni comuni da una parte all'altra del mondo. La mobilitazione dilaga ben al di la' dei confini nazionali e porta alla ribalta la potenza politica delle donne.

Anche a Roma lo scorso 8 ottobre, dopo mesi di mobilitazione, un'assemblea affollata da centinaia di donne ha deciso di scendere in piazza, di riprendere parola di fronte alla strage di donne e alle tante forme di quotidiana violenza.

Questa lotta appartiene a tutte, cancella i confini e non conosce geografie. Va in tal senso rispedita al mittente qualsiasi strumentalizzazione razzista che tenti di ridurre la violenza a un problema di ordine pubblico. Con la stessa forza va denunciata ogni forma di violenza contro lesbiche e transessuali, tesa a imporre un modello eteronormato di societa' non rispondente ne' alla realta' ne' ai desideri delle persone. Se toccano una toccano tutte!

Per queste ragioni il prossimo 26 novembre, in corrispondenza con la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, scenderemo in piazza a Roma da tutta Italia dietro lo striscione comune con lo slogan Non Una di Meno!, per una grande manifestazione delle donne aperta a tutt* coloro che riconoscono nella fine della violenza maschile una priorita' nel processo di trasformazione dell'esistente.

Il corteo partira' da piazza della Repubblica alle 14, attraversera' le vie del centro di Roma toccando alcuni luoghi simbolici, e terminera' in Piazza San Giovanni. Non saranno accettati all'interno del corteo bandiere, slogan, striscioni istituzionali di organizzazioni di partito e sindacali. L'obiettivo sara' al contrario di articolare, diffondere e comunicare, nel modo piu' efficace possibile, i contenuti e le parole d'ordine emersi nella costruzione condivisa a livello nazionale e territoriale della mobilitazione. A questo scopo, il blog https://nonunadimeno.wordpress.com/ si mette a disposizione come spazio di confronto e di condivisione di materiali comunicativi e contributi di approfondimento in vista del 26 novembre.

Consideriamo il 26 la prima tappa di un percorso capace di proporre un Piano Femminista contro la violenza  maschile e una grande mobilitazione che affermi e allarghi l'autodeterminazione femminile.

E' quindi convocata per il 27 novembre dalle 10, nella scuola elementare Federico Di Donato (via Nino Bixio 83), una nuova assemblea nazionale, articolata per tavoli tematici, definiti nel corso dell'assemblea dell'8 ottobre, e che si concludera' con una plenaria in cui discutere di come dare continuita' e respiro al percorso di elaborazione, di confronto e proposta.

#NonUnaDiMeno!

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3. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza.

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it, facebook: associazioneerinna1998

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

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4. Otto proposizioni

I. La prima radice

La prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera.

Solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'.

Solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.

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II. Non solo l'8 marzo e' l'8 marzo

Non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni dell'anno occorre lottare contro il femminicidio e la violenza sessuale.

Non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni dell'anno occorre lottare contro il maschilismo e il patriarcato.

Non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni dell'anno occorre lottare in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

Non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni dell'anno occorre lottare contro tutte le violenze e tutte le complicita' con la violenza e tutte le ideologie della violenza.

Non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni dell'anno occorre che siano l'8 marzo.

Vi e' questa ineludibile evidenza: che la violenza maschile contro le donne e' la prima radice di ogni altra violenza.

Vi e' questa ineludibile evidenza: che la violenza maschile contro le donne e' il primo nemico dell'umanita'.

Vi e' questa ineludibile evidenza: ne discende il tuo primo dovere.

La lotta delle donne per la liberazione dell'umanita' e' la corrente calda della nonviolenza in cammino. Questo significa l'8 marzo.

Sostenere la lotta delle donne per la liberazione dell'umanita' e' il primo dovere di ogni persona decente. Questo significa l'8 marzo.

Ogni volta che fai la cosa giusta per contrastare la violenza maschilista, quel giorno e' l'8 marzo.

Non solo l'8 marzo, ma tutti i giorni dell'anno occorre che siano l'8 marzo.

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III. Dal femminismo molti doni

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che vi e' una sola umanita', composta di persone tutte differenti le une dalle altre e tutte eguali in diritti.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che sfera personale e sfera politica non sono separate da un abisso: sempre siamo esseri umani.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza del partire da se'.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza dell'incontro con l'altro.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che e' la nascita, l'esperienza e la categoria che fonda l'umana convivenza, l'umano sapere.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che la pluralita', e quindi la relazione, e' la modalita' di esistenza propria dell'umanita'.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che i corpi contano, che noi siamo i nostro corpi.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che ogni forma di autoritarismo, ogni forma di militarismo, ogni forma di dogmatismo reca gia' la negazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che la prima radice dell'organizzazione sociale e della trama relazionale violenta e' nel maschilismo e nel patriarcato.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che solo la nonviolenza contrasta la violenza, che solo il bene vince il male, che solo l'amore si oppone alla morte, che solo l'ascolto consente la parola.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che compito comune e' generare e proteggere la vita, prendersi cura delle persone e del mondo per amore delle persone e del mondo.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che compito comune e' opporsi ad ogni oppressione, ad ogni sfruttamento, ad ogni ingiustizia, ad ogni umiliazione, ad ogni denegazione di umanita', ad ogni devastazione della biosfera.

Dal femminismo tutte e tutti ricevemmo la coscienza che solo l'arte della compassione fonda la lotta di liberazione.

Il femminismo che e' il massimo inveramento storico della nonviolenza.

Il femminismo che e' la corrente calda della nonviolenza.

Il femminismo che e' il cuore pulsante del movimento di autocoscienza e di liberazione dell'umanita'.

E diciamo femminismo e sappiamo che dovremmo dire femminismi, che dovremmo dire pensiero delle donne e movimenti delle donne.

Ma diciamo femminismo e pensiamo a una tradizione che lega infinite donne che hanno praticato l'etica della responsabilita' e della liberazione, da Saffo a Vandana Shiva, da Simone Weil a Virginia Woolf, da Edith Stein a Milena Jesenska, da Etty Hillesum a Ginetta Sagan, da Rosa Luxemburg ad Hannah Arendt, da Germaine Tillion ad Anna Politkovskaja, da Simone de Beauvoir a Franca Ongaro Basaglia, da Olympe de Gouges a Luce Fabbri.

Dal femminismo molti doni tutte e tutti abbiamo ricevuto.

In questo otto marzo di ascolto, di memoria, di lotta, diciamo anche la nostra gratitudine.

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IV. Sommessa un'opinione. Ed un ringraziamento

Se la viva commozione non m'inganna, mi sembra che l'iniziativa One Billion Rising del 14 febbraio 2013 contro la violenza sulle donne sia stata - per estensione planetaria, ma anche per chiarezza di contenuti, adeguatezza delle forme, capacita' di favorire la partecipazione piu' ampia e piu' consapevole, mobilitando teste e cuori, pensieri e passioni, menti e corpi - la piu' grande manifestazione nonviolenta globale nel corso dell'intera storia umana.

Ancora una volta il movimento delle donne, la sapienza delle donne, il coraggio delle donne, la lotta delle donne si conferma essere la corrente calda della nonviolenza, si conferma essere l'esperienza storica decisiva nel cammino di liberazione dell'umanita'.

Ed ancora una volta si conferma questa cruciale verita': che solo se si riuscira' a contrastare, sconfiggere, abolire la violenza maschile, e l'ideologia e le strutture e le prassi della violenza maschilista e patriarcale, solo allora si riuscira' a difendere e promuovere i diritti umani di tutti gli esseri umani, a realizzare pace e giustizia, civile convivenza responsabile e solidale tra tutti gli esseri umani e tra gli esseri umani e l'intero mondo vivente.

La nonviolenza e' in cammino con volto e con voce di donna, con passo lieve di danza, in profonda schiudente armonia, in una trama relazionale che unisce in piena coerenza mezzi e fini, che avvicina persona a persona e l'umanita' intera raggiunge, riconosce, libera.

E che in questa luminosa giornata anche non pochi uomini mettendosi alla scuola e all'ascolto delle donne abbiano saputo cogliere l'occasione per esprimere la volonta' di rompere ogni omerta' e complicita' col femminicidio, col maschilismo, col patriarcato, per esprimere la scelta di opporsi alla violenza maschile, ebbene, anche questo e' un dono e un frutto dell'iniziativa delle donne, del pensiero e del movimento delle donne, di cui anche il vecchio che scrive queste righe ad esse e' grato con tutto il cuore.

E che dopo il 14 febbraio ogni giorno continui e si estenda ed ovunque si inveri quel che il 14 febbraio e' accaduto: il manifestarsi dell'impegno dell'umanita' affinche' cessi la violenza maschile sulle donne.

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V. E quindi

Occorre opporsi al maschilismo e al patriarcato, ed opponendosi al maschilismo e al patriarcato ci si oppone anche al razzismo, alla guerra, alla devastazione dell'ecosistema, a tutti i poteri criminali, a tutte le forme di sfruttamento ed oppressione.

Occorre riconoscere, difendere e promuovere i diritti umani di tutti gli esseri umani.

E quindi: occorre sostenere i centri antiviolenza e le case delle donne.

E quindi: occorre la parita' di rappresentanza di genere ovunque si decide cio' che tutte e tutti riguarda.

E quindi: occorre applicare subito pienamente la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

Vi e' una sola umanita'.

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VI. Ancora sulla prima radice di ogni violenza

L'oppressione maschilista e patriarcale e' la prima radice di ogni violenza.

E' la prima radice delle guerre e di tutte le uccisioni.

E' la prima radice del razzismo e di tutte le persecuzioni.

E' la prima radice dell'oppressione economica, sociale, politica.

E' la prima radice dell'oppressione ideologica.

E' la prima radice dell'organizzazione gerarchica, del sistema dello sfruttamento, del militarismo come metodo e come sistema.

E' la prima radice perche' e' la violenza la piu' intima e la piu' contagiosa, la piu' elaborata e la piu' distruttiva, la piu' primordiale e la piu' celebrata, la piu' diretta e la piu' organizzata, la piu' vile e la piu' feroce.

E' la prima radice perche' e' la prima violenza concretamente agita.

E' la prima radice perche' e' la prima violenza strutturalmente imposta.

E' la prima radice perche' e' l'esperienza e il modello di riferimento per ogni altro rapporto sociale basato sull'ineguaglianza e la subordinazione, l'asservimento e la negazione dell'altrui dignita'.

E' la prima radice perche' e' fatta propria, propagandata e fin esaltata da tradizioni di pensiero e di azione cosi' antiche e pervasive da esser divenuta abito mentale per innumerevoli persone e popoli, culture e societa'.

E' la prima radice perche' e' cosi' violenta che gia' il solo denunciarla suscita sovente reazioni brutali e fin assassine.

L'oppressione maschilista e patriarcale e' la prima radice di ogni violenza.

Come e' possibile che l'umanita' si liberi dalla violenza se non si libera innanzitutto da questa prima violenza?

E come e' possibile ritenere che siano vie alla liberazione dell'umanita' ideologie e pratiche che mantengono questa prima violenza?

E come e' possibile lottare per la liberazione propria e comune se non si lotta innanzitutto contro questa violenza prima e fondante ogni altra?

Solo se si lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale si puo' lottare per la pace e i diritti umani.

Solo se si lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale si puo' lottare contro il razzismo ed ogni persecuzione.

Solo se si lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale si puo' lottare contro tutti i poteri criminali.

Solo se si lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale si puo' lottare in difesa della biosfera.

Poiche' l'oppressione maschilista e patriarcale nega alla radice l'eguaglianza di diritti di tutti gli esseri umani, l'umanita' spaccando in due, rendendone meta' vittima e meta' carnefice.

Poiche' l'oppressione maschilista e patriarcale nega alla radice che una persona sia innanzitutto una persona, ed in quanto tale portatrice di diritti come ogni altra persona.

Poiche' l'oppressione maschilista e patriarcale nega alla radice che la societa' sia alleanza tra pari, nega alla radice che persone diverse siano eguali in diritti e doveri, nega alla radice la pluralita' degli esseri umani ed il loro medesimo esser parte dell'unica umanita', nega alla radice la giustizia e la solidarieta' universale.

Se si accetta l'oppressione maschilista e patriarcale si accetta il principio che fonda ogni ingiustizia, ogni oppressione, ogni violenza.

Se si accetta l'oppressione maschilista e patriarcale si accetta l'ordine che impone insieme il privilegio e l'esclusione, il rapporto servo-padrone, la configurazione di ogni legame sociale nella forma della relazione tra dominanti e dominati, la negazione della piena dignita' umana delle persone che il potere opprime.

Se si accetta l'oppressione maschilista e patriarcale si accetta la perdita della pienezza dell'umanita' propria e dell'altrui.

La lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale e' quindi il primo dovere di ogni essere umano sollecito del pubblico bene.

La lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale e' quindi il primo diritto di ogni essere umano sollecito della propria e comune dignita'.

La lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale e' quindi il primo passo per contrastare la guerra, il razzismo, il fascismo. Il primo passo per la liberazione dell'umanita'.

La lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale e' il primo compito a cui la nonviolenza ti chiama.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita', in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera. Una sola umanita', di persone tutte diverse l'una dall'altra e tutte eguali in diritti e dignita'.

Il 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, ci richiama a questa consapevolezza, a questo impegno, a questa urgente necessita': opporsi all'oppressione maschilista e patriarcale, e cosi' difendere i diritti di tutti gli esseri umani, e cosi' costruire la pace e la convivenza, la giustizia e la liberazione.

Con volto e con voce di donna, la nonviolenza e' in cammino.

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VII. Dentro le mura di casa e nelle piazze delle citta'

Dentro le mura di casa e nelle piazze delle citta' la violenza maschilista e' il primo oppressore dell'umanita', la prima radice di ogni altra violenza, il primo facitore di male.

E contrastare la violenza maschilista e' quindi il primo impegno, il primo dovere, la prima vitale necessita' di ogni persona di volonta' buona.

Solo se si contrasta la violenza maschilista si puo' costruire la pace, la giustizia, la solidarieta' che riconosce ed invera l'infinito valore di ogni umana esistenza, la piena dignita' di tutti gli esseri umani.

Due sono le storiche e fondamentali esperienze novecentesche della nonviolenza in Europa: la resistenza antifascista e il movimento femminista; nella preziosa continuita' con esse oggi il primo nostro dovere e' la lotta contro la violenza maschilista e patriarcale, la lotta che fonda e s'intreccia con tutte le resistenze a tutte le menzogne e le oppressioni, con tutte le esperienze di solidarieta' e di liberazione, con tutti i movimenti impegnati per salvare la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente.

Non sara' possibile contrastare la guerra e tutte le uccisioni se non si sconfigge la violenza maschilista.

Non sara' possibile contrastare il razzismo e tutte le persecuzioni se non si sconfigge la violenza maschilista.

Non sara' possibile contrastare le ingiustizie sociali se non si sconfigge la violenza maschilista.

Non sara' possibile la guarigione dalle piu' profonde e dolorose e spaventose occlusioni e repressioni e mutilazioni psicologiche e culturali se non si sconfigge la violenza maschilista.

Non sara' possibile la liberazione delle oppresse e degli oppressi se non si sconfigge la violenza maschilista.

Non sara' possibile difendere la biosfera nel suo insieme e nell'infinita varieta' delle forme di vita se non si sconfigge la violenza maschilista.

Non sara' possibile un'umanita' di persone libere e solidali, eguali in diritti e dignita', tutte responsabili del bene comune, se non si sconfigge la violenza maschilista.

Sconfiggere nelle culture e nelle societa' la violenza maschilista, sconficcare dal cuore degli uomini e del mondo la violenza maschilista, liberarsene tutti e tutte, e' il primo passo per restituire umanita' all'umanita', per rendere il mondo abitabile ad ogni persona, per poter vivere un'esistenza degna e solidale, limpidamente conscia della natura relazionale ed empatica della nostra esperienza vitale, del nostro stare in un mondo plurale e condiviso.

Io che scrivo queste righe sono un uomo. Cui il movimento femminista apri' gli occhi e il cuore e la testa molti anni fa. Al militante politico leopardiano e marxista che ero gia', il femminismo insegno' verita' ineludibili sul piano della ragion pura e della ragion pratica, e una percezione, una facolta' di comprensione e giudizio, un sguardo sul mondo, sulle persone e su me stesso persona nel mondo, nella concreta coscienza del partire da se', che i corpi contano, che il personale e' politico, che l'umanita' e' plurale, che ogni relazione e' dialogica, che la lotta per la liberazione delle oppresse e degli oppressi da tutte le menzogne e da tutte le violenze richiede una concreta coerenza, una rigorizzazione dei ragionamenti e delle condotte, un impegno che comincia dal rispetto, dall'accudimento, dall'amore per chi ti e' piu' vicino e solo cosi' l'umanita' intera idealmente connette e raggiunge.

So che la prima lotta che in quanto uomo devo condurre e' quella contro il fascista che e' in me.

So che la violenza sulle donne e' un problema degli uomini.

So che ogni giorno e' da praticare sia il conflitto contro l'iniquita' che la comunicazione con l'umanita', uscendo dal silenzio e disponendosi all'ascolto, abbattendo il muro delle imposte diseguaglianze e delle materiali e immateriali alienazioni che pietrificano; agendo con la fermezza ma anche con la delicatezza della nonviolenza, con la persuasa tenacia e l'avvolgente tenerezza di chi lotta per salvare le vite, di chi lotta per condividere il mondo e la sobria felicita' che nel mondo e' possibile, e possibile solo se condivisa fra tutte e tutti.

Si avvicina il 14 febbraio: e' il giorno in cui le donne di tutto il mondo sfidano la violenza maschilista e patriarcale manifestando in tutte le citta', i paesi, i villaggi nella forma che piu' intensamente afferma il valore, la dignita' dei nostri stessi corpi di esseri fatti di carne che sentono e pensano: danzando.

Si avvicina il 14 febbraio, e poi l'8 marzo. Ma ogni giorno deve essere il 14 febbraio del miliardo di donne che si sollevano, dell'umanita' intera che si solleva con esse dalla barbarie all'umanita'; ogni giorno deve essere l'8 marzo dell'internazionale futura umanita' che Clara Zetkin e Rosa Luxemburg - ed infinite altre - chiamarono alla lotta affinche' la liberazione fosse dell'umanita' intera; ogni giorno e' il giorno in cui devi contrastare la violenza maschilista. Con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza che a tutte le violenze e le menzogne si oppone, con l'amore per il mondo. Vivendo un'esistenza che sappiamo finira', vivendo un'esistenza che possiamo e dobbiamo rendere degna, vivendo un'esistenza che ad ogni esistenza riconosca valore, e speranza di liberazione, e condivisa felicita'.

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VIII. Non passa giorno

Non passa giorno senza che nel nostro paese un marito, un fidanzato, o un ex tale, uccida la donna che sosteneva di amare, e che invece evidentemente riteneva un oggetto di sua proprieta' del quale disporre fino alla distruzione. Non passa giorno.

E' il maschilismo la prima radice di ogni altra violenza.

E' la lotta contro il maschilismo il primo dovere di ogni persona decente.

E' la lotta contro il maschilismo l'indispensabile premessa che fonda la lotta contro la guerra e contro il razzismo, contro ogni oppressione, contro ogni violenza.

Se non si lotta contro il maschilismo, tutto il resto e' vano.

 

2. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

 

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.

Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

 

3. RIFLESSIONE. RANIERO LA VALLE: IL VERO QUESITO: APPROVATE UNA REVISIONE DELLA SECONDA PARTE DELLA COSTITUZIONE CHE RENDE LA COSTITUZIONE NON COSTITUZIONALE?

[Riceviamo e diffondiamo il testo del discorso su "La verita' del referendum" tenuto da Raniero La Valle il 12 novembre a Modena.

Raniero La Valle e' nato a Roma nel 1931, prestigioso intellettuale, giornalista, gia' direttore de "L'avvenire d'Italia", direttore di "Vasti - scuola di ricerca e critica delle antropologie", presidente del Comitato per la democrazia internazionale, gia' parlamentare, e' una delle figure piu' vive della cultura della pace; autore, fra l'altro, di: Dalla parte di Abele, Mondadori, Milano 1971; Fuori dal campo, Mondadori, Milano 1978; Dossier Vietnam-Cambogia, 1981; (con Linda Bimbi), Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983; Pacem in terris, l'enciclica della liberazione, Edizioni Cultura della Pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987; Prima che l'amore finisca, Ponte alle grazie, Milano 2003; Chi e' dunque l'uomo?, Servitium, 2004; Agonia e vocazione dell'Occidente, Terre di mezzo, 2005; Se questo e' un Dio, Ponte alle grazie, Milano 2008; Paradiso e liberta', Ponte alle grazie, Milano 2010; Quel nostro Novecento, Ponte alle Grazie, Milano 2011; Un Concilio per credere, Emi, Bologna 2013; Chi sono io, Francesco?, Ponte alle Grazie, Milano 2015]

 

E' abbastanza paradossale che mentre si scatena il ciclone della vittoria di Trump e tutto si muove, noi dobbiamo discutere di un falso referendum, fatto di piccole vendette contro la casta dei politici, di un Cnel che non e' mai esistito e a cui togliamo la targhetta dalla porta, di un bicameralismo che non e' affatto superato, e di 90 centesimi di risparmio a testa per ogni italiano come compenso per lo sconquasso del Senato e l'uscita dalla democrazia parlamentare. Cio' si deve al fatto che mentre parlava di alta velocita', Renzi mandava la politica italiana su un binario morto. Ma noi sappiamo che il vero referendum e' un altro, e' quello che decide la transizione da un regime politico ed economico a un altro, da un'idea di Repubblica a un'altra; e' per questo che ci tengono tanto, addirittura da spedire quattro milioni di lettere ad altrettanti italiani che stanno all'estero, e che magari in Italia non ci sono mai stati. Ma dopo Trump e' chiaro che invece dobbiamo uscire dal binario morto, salvare la Costituzione e riaprire la partita del futuro.

La vittoria di Trump e' il segno di un duplice fallimento. E' fallita la globalizzazione, la quale pretendeva di realizzare il mito del liberalismo classico: nel libero mercato l'eterna pace. Non e' successo: il libero mercato ha ripristinato la schiavitu' del lavoro, e la guerra e' dappertutto.

Poi e' fallita la risposta alla caduta del Muro: doveva nascere un mondo senza muri, dove non solo i capitali ma popoli e lavoratori potessero incontrarsi e liberamente muoversi da un luogo all'altro, e abbiamo invece fili spinati e barriere dappertutto, in Palestina, in Messico, in Ungheria, a Calais, a Ventimiglia per non parlare del fossato del cimitero mediterraneo; e i popoli si chiudono a riccio, uno contro l'altro, e come dice il papa i poveri dei Paesi ricchi temono l'accoglienza dei poveri che vengono dai Paesi poveri.

In questa crisi profonda gli elettorati reagiscono in modo angoscioso e votano contro i poteri stabiliti.

Perche' le classi dirigenti al potere, perche' gli "establishment" sono sconfitti? Perche' non hanno semplicemente subito questa crisi, l'hanno creata.

La scelta della globalizzazione, dopo la rimozione del muro di Berlino, e' stata la scelta fatta dai vincitori della guerra fredda di estendere il capitalismo in tutto il mondo, cambiandogli il nome. Capitalismo era un nome ideologico, inevitabile finche' un socialismo gli si contrapponeva. Si chiamava capitalismo perche' Marx aveva messo a tema teoria e prassi del "capitale". Venuto meno il socialismo, non c'era bisogno di chiamarlo capitalismo, bastava un nome che lo mostrasse innocuo, che lo facesse coincidere con la realta' stessa, con il "globo", col mondo (i francesi la chiamano "mondialisation"), che lo facesse diventare un fatto di natura, buono per tutti i luoghi e tutti i tempi. Anche in Europa non si e' chiamato piu' capitalismo, si e' chiamato semplicemente Europa ("ce lo chiede l'Europa", si dice); ma quelli che hanno firmato Maastricht, che hanno firmato Lisbona, che hanno firmato il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, sapevano benissimo - ma non ce l'hanno detto - che firmavano la trasformazione del capitalismo da ideologia a regime, da dottrina economica a Costituzione politica: la concorrenza, la competizione, il mercato, il profitto diventavano la Costituzione europea.

E' per questo che ora vogliono cambiare la Costituzione italiana: perche' le due Costituzioni non sono compatibili.

Questa constatazione diventa tanto piu' drammatica di fronte a eventi come la vittoria di Trump. Essa dimostra che cosa succede quando a governare sono le banche e il denaro. Gli effetti sono devastanti, la gente ne da' la responsabilita' alla politica e cerca un'altra offerta politica; e se questa non c'e' o non e' all'altezza del dramma, la scelta diventa quella dell'antipolitica, e possono avere libero corso pulsioni populiste, identitarie, difensive nei confronti degli altri, degli stranieri, nazionaliste e razziste. Ora vediamo come il blocco di potere che sostiene, con Renzi, il Si' al referendum tenta di giocare la carta Trump per accreditare la continuita' del potere esistente come unica difesa rispetto al rischio di un sovvertimento. E insiste nel dire che ormai non conterebbe piu', "svapora" il "merito" del quesito referendario, di fronte all'unica domanda che conta, che e' quella del potere.

La lezione di quanto e' avvenuto e' invece esattamente l'opposto. E' proprio se arriva un'incognita come quella rappresentata da Trump, che e' necessario che resti ben ferma la Costituzione che c'e', perche' non si annulli la differenza esistente tra cio' che miseramente accade, e cio' che invece dovrebbe accadere, tra l'essere e il dover essere, tra il fatto e il diritto, tra la societa' che c'e' e quella che secondo la Costituzione si dovrebbe costruire.

Si dice che in ogni caso sarebbe meglio cambiare perche' e' da trent'anni che si attende un cambiamento che non arriva.

Questo vuol dire che il cambiamento che si vuole introdurre e' precisamente quello di trent'anni fa. Il problema era allora quello posto da Gelli, da Craxi: il grande bene da conseguire era che avesse piu' potere il potere. C'erano troppi diritti, troppi movimenti, troppa partecipazione politica, troppa democrazia in fabbrica, troppi sindacati, troppi nuovi diritti riconosciuti alle persone, alle famiglie.

C'era stato il Concilio, che aveva messo in movimento la Chiesa, a Parma si occupava la cattedrale, e c'era stato il '68 che aveva portato la rivoluzione della vita quotidiana. Il potere si sentiva in difficolta' e dunque ci voleva piu' potere per arginare le spinte verso una societa' diversa. Ma non e' vero che la riforma non c'e' stata. C'e' stata, ma di segno opposto: il sequestro e l'uccisione di Moro, il periodo  della repressione, l'installazione dei missili a Comiso, l'ubriacatura craxiana, e poi Cossiga che con un messaggio alle Camere dichiara la Costituzione superata dopo il crollo del Muro, e infine il ripristino della guerra con l'esaltazione della guerra del Golfo e addirittura l'intervento in essa.

Ma oggi? La politica e' distrutta, i partiti non ci sono piu', i sindacati sono indeboliti, la Fiat se n'e' andata in America, il miracolo economico e' stato sacrificato al mito della globalizzazione. Di che cos'altro ha bisogno il potere? Che cosa ancora vogliono da noi i sacerdoti del "mercato interno" (europeo) di Bruxelles, la banca Morgan, la Commissione Trilaterale, il Wall Street Journal americano, l'Economist inglese? Quali altri sacrifici ed olocausti sull'altare della privatizzazione, dell'austerita', del pareggio di bilancio, della sottomissione alle prerogative sacrali dell'euro? Una riforma che arriva trent'anni dopo e' una riforma vecchia, che appunto ci riporta al passato, non affronta i nuovi problemi, la guerra, la pace, i profughi, lo straniero.

Il problema e' pero' se la nuova Costituzione italiana, resa conforme ai principi dottrinali ed economici della costituzione europea, e' ancora una Costituzione costituzionale; e' il problema della legittimita' costituzionale della nuova Costituzione. Non alludo qui al problema gia' rilevante della contestabile legittimita' di una Costituzione modificata da un Parlamento eletto con legge dichiarata incostituzionale dalla Consulta. Parlo di una incostituzionalita' sostanziale: il vero problema, l'ultima verita' del referendum e' che esso propone al nostro voto una Costituzione non costituzionale.

Non si tratta di un gioco di parole. Qualcuno dira' che una Costituzione incostituzionale e' impossibile per definizione: un ossimoro. Per di piu' la ministra Boschi e tutti i fautori del Si' dicono che non e' in causa la Costituzione come tale perche' la riforma riguarda solo la seconda parte e non lambisce nemmeno i principi fondamentali e i valori che sono enunciati nella prima.

Pero' non e' affatto detto che sia cosi', perche' resta una verifica da fare.

Secondo una sentenza della Corte Costituzionale del 15-29 dicembre 1988, neppure le leggi di revisione costituzionale o altre leggi costituzionali possono sovvertire o modificare nel loro contenuto essenziale alcuni principi supremi contenuti nella Costituzione italiana. E non soltanto i principi che la stessa Costituzione dichiara indisponibili, come quello della forma repubblicana dello Stato, ma anche "i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana". Questi principi non possono essere disattesi.

Questa affermazione della Corte aveva tanta piu' autorita', perche' espressa in una sentenza in cui essa sottoponeva a un giudizio di costituzionalita', per una norma sulle immunita', lo stesso Statuto del Trentino-Alto Adige, che e' un sistema normativo di rango costituzionale. Anche quello, dicevano i giudici della Consulta, era soggetto al vaglio di costituzionalita'. Pertanto, nella misura in cui questi principi supremi sono enunciati nella prima parte della Costituzione, il loro sovvertimento o abbandono nella seconda parte comporta un contrasto tra la prima e la seconda parte della Carta, e quindi produce una Costituzione incostituzionale.

Quali sono questi principi supremi su cui dobbiamo fare la verifica della riforma proposta? Sono almeno cinque: il principio della sovranita' popolare, il principio lavorista, il principio della democrazia parlamentare, il principio pacifista, il principio internazionalista.

Tutti e cinque questi valori supremi sono di fatto traditi dalla riforma della Costituzione che ci viene proposta. E' su questo che gli italiani devono meditare e su cui noi stessi dovremo riflettere.

 

4. REPETITA IUVANT. UN APPELLO NONVIOLENTO PER Il 4 DICEMBRE: UN PARLAMENTO ELETTO DAL POPOLO, UNO STATO DI DIRITTO, UNA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE. AL REFERENDUM VOTIAMO NO AL GOLPE

 

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

*

Il Parlamento, l'istituzione democratica che fa le leggi, deve essere eletto dal popolo, e deve rappresentare tutti i cittadini con criterio proporzionale.

Ma con la sua riforma costituzionale il governo vorrebbe ridurre il senato a una comitiva in gita aziendale, e con la sua legge elettorale (il cosiddetto Italicum) vorrebbe consentire a un solo partito di prendersi la maggioranza assoluta dei membri della camera dei deputati anche se ha il consenso di una risibile minoranza degli elettori, e con il "combinato disposto" della riforma costituzionale e della legge elettorale il governo, che e' gia' detentore del potere esecutivo, vorrebbe appropriarsi di fatto anche del potere legislativo, rompendo cosi' quella separazione e quell'equilibrio dei poteri che e' la base dello stato di diritto.

Se prevalessero le riforme volute dal governo sarebbe massacrata la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza antifascista, sarebbe rovesciata la democrazia, sarebbe negata la separazione dei poteri e quindi lo stato di diritto.

*

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

No al golpe, no al fascismo, no alla barbarie.

Al referendum sulla riforma costituzionale voluta dal governo votiamo No.

Senza odio, senza violenza, senza paura.

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- AA. VV., La riforma della Costituzione. Una guida con le analisi di 15 costituzionalisti, Rcs, Milano 2016, pp. 340, euro 9,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

*

Riletture

- Gustavo Zagrebelsky, Le immunita' parlamentari, Einaudi, Torino 1979, pp. VI + 112.

- Gustavo Zagrebelsky, Il diritto mite, Einaudi, Torino 1992, pp. VIII + 222.

- Gustavo Zagrebelsky, Il "Crucifige" e la democrazia, Einaudi, Torino 1995, pp. VIII + 128.

- Carlo Maria Martini, Gustavo Zagrebelsky, La domanda di giustizia, Einaudi, Torino 2003, pp. VI + 74.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2533 del 15 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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