[Nonviolenza] Telegrammi. 2346



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2346 del 12 maggio 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Anna Puglisi e Umberto Santino: La porta aperta di Felicia

2. Un modello di mozione ai consigli comunali, provinciali e regionali

3. Un modello di lettera ai ministri

4. Un modello di lettera ai parlamentari

5. Un modello di lettera alle forze politiche

6. Un modello di lettera ai mezzi d'informazione

7. Il "Comitato nonviolento per la revoca della decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul"

8. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. MEMORIA. ANNA PUGLISI E UMBERTO SANTINO: LA PORTA APERTA DI FELICIA

[Ringraziamo di cuore Anna Puglisi e Umberto Santino per averci messo a disposizione la nuova introduzione al libro-intervista a Felicia Bartolotta Impastato, "La mafia in casa mia".

Anna Puglisi, prestigiosa studiosa e militante antimafia, impegnata nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di cui e' una delle fondatrici; dal sito dell'Enciclopedia delle donne riprendiamo la seguente breve scheda "Docente universitaria in pensione, cofondatrice del Centro siciliano di documentazione, successivamente dedicato a Giuseppe Impastato, e socia fondatrice dell'Associazione delle donne siciliane per la lotta contro la mafia. Vive a Palermo". Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato, Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; Storie di donne. Antonietta Renda, Giovanna Terranova, Camilla Giaccone raccontano la loro vita, Di Girolamo, Trapani 2007. Scritti su Anna Puglisi: cfr. la voce redatta da Simona Mafai per l'"Enciclopedia delle donne", riportata in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 311.

Umberto Santino e' con Anna Puglisi il fondamentale animatore del "Centro Impastato" di Palermo, che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000, 2010; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008; Le colombe sulla rocca, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; L'altra Sicilia, Di Girolamo Editore, Trapani 2010; Don Vito a Gomorra, Editori Riuniti, Roma 2011; La mafia come soggetto politico, Di Girolamo Editore, Trapani 2013; Dalla parte di Pollicino, Di Girolamo Editore, Trapani 2015. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010. Il sito del Centro Impastato e' www.centroimpastato.com

Felicia Bartolotta Impastato e' la madre di Giuseppe Impastato che lo ha sostenuto nella sua lotta, lotta che ha proseguito dopo l'uccisione del figlio; e' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Tra le opere su Felicia Bartolotta Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; cfr. anche il profilo scritto da Anna Puglisi per l'Enciclopedia delle donne e ripubblicato anche in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 311 e successivamente ne "La domenica della nonviolenza" n. 315.

Giuseppe Impastato, nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi (Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia difficile"; fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Tra le raccolte di scritti di Peppino Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2002, 2008. Tra le opere su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994; AA. VV., Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film omonimo); Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna dei mandanti del delitto Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2008; Giovanni Impastato e Franco Vassia, Resistere a mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009]

 

Questo libro e' insieme la storia di vita di una donna divisa tra un marito mafioso e un figlio schierato radicalmente contro la mafia e una tappa decisiva nel percorso che ha portato a fare giustizia di un delitto di mafia camuffato da atto terroristico.

Quando abbiamo raccolto la testimonianza di Felicia, la memoria di Peppino Impastato era gia' in gran parte salvata attraverso una serie di iniziative, dei familiari, di alcuni compagni di militanza, del Centro siciliano di documentazione di Palermo che gia' nel primo anniversario dell'assassinio avevano proposto e organizzato, con il solo sostegno di Democrazia proletaria e di due quotidiani, "il Quotidiano dei lavoratori" e "Lotta continua" gia' vicini a chiudere, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia. Non era stato un impegno facile. Andando in giro per l'Italia trovavamo facce incredule: ma c'e' ancora la mafia? In ogni caso e' un problema di voi siciliani. L'incredulita' veniva temperata da qualche sprazzo di militanza residuale, in un periodo in cui gia' avanzava a grandi passi il riflusso, la smobilitazione. A Milano nel marzo del 1978 morivano Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci (Iaio), il traffico di droga era gia' un business lucroso e diffuso in tutto il paese, ma la percezione della mafia era schiacciata sullo stereotipo del carrettino siciliano sperso per sentieri di campagna. Eppure vennero in duemila alla manifestazione di Cinisi del 9 maggio 1979 e per noi fu un grande successo, nonostante il silenzio della stampa, compresi "l'Unita'" e "il manifesto".

Invece rischiava di impantanarsi la vicenda giudiziaria. Al palazzo di giustizia quasi tutti pensavano che si fosse trattato di un atto terroristico compiuto da un suicida. Pesava quanto aveva scritto il procuratore capo Gaetano Martorana subito dopo il reperimento dei frammenti del corpo di Peppino sui binari della ferrovia Trapani-Palermo. Scriveva nel suo fonogramma: "Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. Morte di persona allo stato ignota, presumibilmente identificatasi in IMPASTATO Giuseppe. Verso le ore 0,30 del 9.05.1978 persona allo stato ignota, ma presumibimente identificatasi in tale IMPASTATO Giuseppe, in oggetto generalizzato, si recava a bordo della propria autovettura FIAT 850 all'altezza del km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo, che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore". Pesava la lettera trovata in casa della zia Fara, dove Peppino abitava, in cui si leggeva che voleva abbandonare "la politica e la vita" e subito passata al "Giornale di Sicilia" che ne pubblicava ampi stralci. Eppure, dopo anni di iniziative, di esposti, di raccolta e presentazione di elementi di prova, a cominciare dalle pietre macchiate del sangue di Peppino, avevamo ottenuto un primo risultato. Nel maggio del 1984 una sentenza istruttoria redatta in gran parte da Rocco Chinnici, assassinato nel 1983, e completata dal suo successore all'Ufficio Istruzione Antonino Caponnetto, aveva detto chiaramente che si trattava di un omicidio di mafia ma lasciava insoluto il problema delle responsabilita'. Il delitto Impastato si avviava su un percorso consueto: l'omicidio ad opera di ignoti, destinati a rimanere tali in eterno. Era gia' tanto che si fosse cancellata l'immagine del terrorista-suicida e si fosse scritto inequivocabilmente che si trattava di omicidio ad opera della mafia. Abbiamo raccolto le carte e preparato un dossier dal titolo provocatorio: Notissimi ignoti. Lo avevamo detto gia' molte volte: i mafiosi di Cinisi sono arcinoti e alla loro testa c'e' il notissimo Gaetano Badalamenti. Ma a quanto pare non bastava ridirlo per l'ennesima volta. Percio' volevamo ascoltare Felicia, ripercorrere il racconto della sua vita e andare alla ricerca di qualcosa che finora ci era sfuggita. Siamo alla fine del 1984 e attorno al tavolo della sala da pranzo della casa di Cinisi, siediamo Felicia, il figlio Giovanni, la moglie Felicetta e noi due. Cominciamo a registrare le nostre brevi domande e le lunghe risposte di Felicia.

Il suo racconto comincia con i ricordi di famiglia, con la mafia che condizionava i matrimoni e i rapporti personali, ammazzava per strada ("c'era il ben di Dio... ma non era come questa di ora", pero' "la mafia ha sempre rotto le scatole ai cristiani"), ammazzava chi non si piegava alla richiesta di pizzo e i delitti rimanevano impuniti, anche perche' nessuno parlava e la giustizia era impotente. Poi chiediamo di Cesare Manzella, sposato con la sorella di Luigi Impastato, marito di Felicia, e lei ricorda che quando suo marito "si mise con una donna... lo svergognato" e scappo' in mutande dalla casa dell'amante, lei ando' via di casa, Cesare Manzella ("lei la rispettava") ha fatto da paciere, ha insistito finche' e' ritornata a casa, pero' "il sangue resto' sporco, lo stomaco malato". Manzella, nelle parole di Felicia, sarebbe un capomafia "all'antica" ma lei stessa non ignora che chiedeva soldi a destra e a manca e non li restituiva. E faceva il benefattore delle orfanelle, andando in America a raccogliere fondi. Giovanni interviene ricordando che a quei tempi ancora non c'era droga, ma a quanto pare Manzella era proprio un pioniere di quei traffici che saranno sempre piu' proficui. Comunque Felicia tiene a distinguere Manzella da Badalamenti che definisce "ordinario" (volgare), senza le "finezze" del predecessore. Luigi la portava a casa Badalamenti e "c'era l'inferno quando mi ci portava". Della guerra di mafia dei primi anni '60 Felicia ricorda uno scontro tra mafiosi che sarebbe avvenuto il 2 settembre del 1963 (ma a quella data Manzella non c'era piu', era stato ucciso, assieme a un suo fattore, ad aprile di quell'anno con la prima macchina imbottita di esplosivo).

Del marito prima di sposarlo sapeva che era stato al confino durante il fascismo, ma allora non capiva "che cosa significava questa mafia, questa delinquenza". Prima era stata protagonista di un fatto eccezionale per quel tempo: era fidanzata con un altro, ma lei non lo voleva. Avevano pure esposto il corredo, come si usava allora, poco prima delle nozze, ma lei, che pure era stata "all'ubbidienza" e per rispetto a suo padre aveva rinunciato a fidanzarsi con un giovane di un altro paese, ora trasgredisce la regola e impone la sua volonta': quel matrimonio non lo fara' e di fronte al pericolo della fuitina (la fuga) mette le mani avanti: se ci provano, denuncera' tutti. Per primo suo padre. E sposa Luigi: "mi piaceva lo devo dire". Ma "appena sposata ci fu l'inferno". E' un'espressione ricorrente nel racconto di Felicia. L'inferno era con suo marito che non faceva mai sapere cosa faceva e dove andava, e lei che l'avvertiva: "gente dentro non ne voglio" (cioe': "non mi portare mafiosi in casa"). Erano i tempi della banda Giuliano e della mafia risorta dopo la temporanea eclissi fascista e con i carabinieri c'era un filo diretto: dicevano prima quando c'erano le perquisizioni e i latitanti la facevano franca. Anche suo marito sfuggiva alle retate, nascondendosi dentro una cassa di biancheria, finche' lei non ne ha potuto piu' di quelle perquisizioni notturne e gli ha detto di andar via di casa. Lo ha fatto convincere dal nipote Turiddu, figlio di Cesare Manzella. Tra i latitanti a Cinisi successivamente c'e' stato Luciano Liggio, rifugiato da Manzella.

L'assassinio di Manzella ha un effetto traumatico sul quindicenne Giuseppe. Con la sua presa di coscienza il quotidiano inferno domestico si aggrava e la sua scelta diventa ogni giorno piu' netta e decisa. Giuseppe e il padre sono in piena guerra, per la sua militanza in un partito di sinistra, in un paese a stragrande maggioranza democristiano, con i mafiosi alla testa delle processioni, accanto al prete e con la candela in mano, e per la sempre piu' aperta denuncia della mafia. Felicia sta con il figlio ma e' fedele al suo ruolo di donna di casa e di moglie. Il giornalino, "L'Idea socialista", era solo un foglio ciclostilato e il numero con l'articolo "La mafia e' una montagna di merda" non e' stato stampato e, nonostante le nostre ricerche, non l'abbiamo trovato. Quell'articolo Peppino lo ha scritto ma, forse per le insistenze di Felicia, non e' stato pubblicato. Comunque a casa Impastato si ripete una scena ormai consueta. Giuseppe, da quando era piccolo, in seguito alla morte del piccolo Giovanni, il primo con quel nome, sta dalla zia, ma va a casa del padre e della madre, finche' il padre, per dare un segnale ai suoi amici, che gli rimproverano i comportamenti dissacranti del figlio, gli impedisce di varcare quella soglia. E Felicia lo riceve di nascosto. Cosa poteva fare, andarsene via con i figli? Allora era una scelta impensabile prima che impraticabile.

Poi le cose precipitano e la goccia che fa traboccare il vaso e' il volantino in cui Badalamenti viene definito "esperto di lupara e di eroina". Ma c'e' la continua denuncia di Radio Aut e per di piu' l'irrisione intollerabile di "Onda pazza", un vero e proprio delitto di lesa maesta': i paesani che ridono alle spalle degli intoccabili. E arriviamo alla scena-madre del racconto di Felicia: il vice di Badalamenti, Vito Palazzolo, che va a casa Impastato e dice a Felicia che don Tano vuole parlare con suo marito. Felicia riferisce, Luigi va da Badalamenti e al ritorno fa una scenata. Dice che andra' via e se "questo [Peppino] non si mette a verso" vendera' tutto e non tornera'. Dopo qualche tempo si viene a sapere che e' andato negli Stati Uniti, ha incontrato i figli del fratello Giuseppe, detto Sputafuoco, ha incontrato una nipote a cui ha parlato dell'incontro con Badalamenti: "Io gli ho detto: 'Prima di ammazzare mio figlio dovete ammazzare me'". Siamo a maggio 1977, a settembre Luigi muore in un incidente che puo' essere un omicidio camuffato. Si sarebbe dovuta fare l'autopsia, ma non si e' fatta. A maggio 1978 Peppino viene ucciso: un omicidio camuffato da atto terroristico, per "rispetto" a una dinastia mafiosa. Le "finezze" della cultura mafiosa si coniugano con la calcolata certezza dell'impunita', garantita dal clima del tempo dominato dalla caccia ai terroristi (lo stesso giorno del delitto viene ritrovato il corpo di Aldo Moro). Ma accadra' qualcosa di imprevisto: la ribellione dei familiari, che rigettano la liturgia della vendetta, la tenuta del compagni, l'ingresso in scena di noi del Centro di Palermo.

Quando abbiamo ascoltato il racconto del padre di Peppino che dice quella frase alla nipote americana, per poco non saltavamo sulla sedia. Avevamo finalmente trovato la chiave del delitto: la condanna a morte comunicata al padre, il padre che nel tentativo di proteggere il figlio vola in America, la confessione alla nipote. E abbiamo portato in procura il libretto ancora senza copertina. Perche' Felicia parla piu' di sei anni dopo l'assassinio del figlio? Ce lo siamo chiesti noi, glielo chiedeva Antonino Caponnetto. E la risposta di Felicia al magistrato e' stata: "Non ho mai parlato del viaggio in America di mio marito perche' avevo paura per mio figlio Giuseppe e poi per Giovanni. Ora la situazione mi sembra piu' calma e ho deciso di raccontare tutto". E lo racconta a noi prima che ai magistrati. La strada su cui Felicia si e' incamminata, quella della giustizia e non della vendetta, per lei e' nuovissima e dapprima la percorre con incertezza. Poi si fa piu' sicura, perche' non si sente sola. E da un certo punto in poi il suo passo si fa piu' deciso, anche se ormai gli anni cominciano a pesare. L'ultima stagione della vita di Felicia e' stata stagione di raccolto, faticoso e tardivo, ma con buoni frutti: i processi con le condanne, lei nell'aula bunker dell'Ucciardone a sfidare Badalamenti, la relazione sul depistaggio della Commissione parlamentare antimafia ("m'aviti risuscitatu me figghiu"), un fatto unico nella storia dell'Italia repubblicana, il successo del film su Peppino (che lo ha fatto conoscere a un pubblico innumerevole, anche se la tragica realta' della "mafia in casa mia" viene sostituita dalla metafora inadeguata della contiguita': "i cento passi" e qualcuno, ignorando la realta', gli ha attributo anche il merito di avere "riaperto il processo"!) e le migliaia di visitatori che sono passati per la sua casa. E lei sempre disponibile a ridire la sua storia e quella di suo figlio. La nostra storia.

Nell'introduzione al volume scrivevamo di Felicia come moglie e madre, "donna d'altri" e non donna per se'. Perche' la vedevamo reclusa dietro la porta-finestra di casa che raramente si apriva.

Quell'immagine va corretta, o meglio aggiornata. Negli anni successivi Felicia ha aperto la porta di casa (e l'immagine che riproponiamo nella sovraccoperta ne e' icona eloquente) ed e' maturata come donna per se stessa, non piu' solo vedova di quel marito e madre di quel figlio. Nel saluto laico al funerale Umberto diceva: "Nel manifesto che questa notte abbiamo appeso sui muri di Cinisi abbiamo scritto: Ciao Felicia, non mamma Felicia come sarebbe stato piu' ovvio. Perche' in questi anni non sei stata soltanto moglie (di un mafioso che, che a un certo punto ha cercato di difendere il figlio dalle mani degli assassini) e madre (di un rivoluzionario), ma donna per te, matura dentro te stessa, forte di una tua autonomia, di un tuo personale carisma che rendeva il colloquio con te, o anche un semplice saluto, un'esperienza preziosa e irripetibile".

E l'immagine della porta aperta, spalancata, a violare ogni segreto, ci sembra che continui il racconto di Felicia affidato alle pagine di questo libro. Nel suo scarno dialetto, intriso di pena e d'ironia, come il suo sguardo che e' insieme un saluto e un invito.

 

2. MATERIALI. UN MODELLO DI MOZIONE AI CONSIGLI COMUNALI, PROVINCIALI E REGIONALI

 

Oggetto: richiesta che il Governo receda dall'annunciata intenzione di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul in Iraq

Il Consiglio Comunale/Provinciale/Regionale di...

premesso che

la decisione annunciata dal Governo italiano di inviare centinaia di soldati alla diga di Mosul, in Iraq, si configura come un atto non adeguatamente meditato che puo' avere conseguenze tragiche;

*

rilevato particolarmente che

I. la diga di Mosul e' a pochi chilometri dalla citta' che e' sotto il controllo dell'Isis: sara' facilissimo per l'Isis organizzare un attentato stragista;

II. la presenza di soldati italiani alla diga di Mosul verra' percepita come occupazione militare straniera da parte di uno dei paesi che presero parte alla prima guerra del Golfo (nel corso della quale anche l'Italia partecipo' ai bombardamenti), e che gia' occuparono il paese dopo la seconda guerra del Golfo (occupazione nel corso della quale le truppe di altri paesi della coalizione di cui anche l'Italia faceva parte commisero crimini contro l'umanita'); cosicche' presso un vastissimo uditorio trovera' ascolto la propaganda dell'Isis che definira' la presenza dei soldati italiani come "invasione crociata" e fara' di quei soldati e dell'Italia primari bersagli di attentati stragisti;

III. e' quindi evidente che lungi dal proteggere l'impianto e le maestranze, la presenza dei soldati italiani alla diga di Mosul esporra' l'uno e le altre agli attentati stragisti; ed esporra' ad attentati anche la popolazione italiana tutta indifferenziatamente; cosi' come esporra' a conseguenze letali le popolazioni abitanti nei dintorni della diga ed a valle di essa (un folle attentato che sciaguratamente provocasse la distruzione della diga avrebbe come esito un immane massacro, una catastrofe indicibile);

IV. dalla presenza dei soldati italiani e dalla concreta ed agevole possibilita' di colpirli con attentati stragisti l'Isis ricavera' anche un enorme vantaggio propagandistico, e da questo vantaggio deriveranno per l'organizzazione terrorista ulteriore consenso, ulteriore espansione, ulteriori reclutamenti; cosicche' e' del tutto evidente che quella improvvida e insensata presenza militare italiana raggiungera' il solo risultato di favoreggiare l'organizzazione terrorista, e tanto sangue di innocenti sara' sparso assurdamente per questo esito scellerato;

V. tutti sanno che il terrorismo va contrastato con un'operazione di polizia internazionale, che ha come indispensabile prerequisito la cessazione delle guerre in corso e quindi degli interventi militari europei ed americani che l'Isis hanno fatto nascere e crescere fino alle attuali dimensioni. L'invio di soldati italiani a Mosul e' del tutto controproducente: poiche' di fatto contribuira' a far morire altri innocenti e con cio' rafforzera' ed estendera' il potere dell'Isis e prolunghera' la schiavitu' delle persone che vivono nelle zone sottoposte alla sua infame e bestiale dittatura mafiosa e nazista;

VI. occorre inoltre dire che dispiegare soldati come "security" di imprese private e' un uso inammissibile, un uso inammissibile che ha gia' provocato delle vittime, come i pescatori indiani uccisi perche' ritenuti pirati (ed un conseguente gravissimo contenzioso internazionale che tuttora perdura, nel quale sono anche state intrappolate le esistenze di due persone che potrebbero essere del tutto innocenti - e tali vanno comunque considerate fino all'emissione di una sentenza definitiva - e che da anni stanno subendo una condizione di sofferenza assolutamente ingiusta in assenza di un regolare giudizio);

VII. ne' si puo' tacere che mentre vari paesi, dagli Stati Uniti d'America alla Russia, alla Francia, a molti altri, stanno eseguendo in Iraq e in Siria una campagna di bombardamenti aerei che hanno provocato molte vittime civili - vittime due volte: della sanguinaria dittatura dell'Isis e dei bombardamenti -, inviare sul terreno soldati italiani che di alcuni di quei paesi che bombardano si presentano come alleati li espone vieppiu' ad essere vittime non solo degli attentati dell'Isis ma anche della vendetta di disperati sopravvissuti ai bombardamenti dei nostri alleati;

VIII. il disegno dei terroristi e' persuaderci ad assecondare i loro piani sanguinari: a rispondere ai loro attentati con atti di guerra contribuendo cosi' ad una spirale distruttiva e onnicida, ad una escalation apocalittica che e' il perno della loro retorica nichilista e della loro disumanata ideologia. Ogni intervento militare, ogni azione bellica, e' un atto di folle complicita' con la criminale follia dell'Isis. In Italia abbiamo conosciuto tremende stagioni di violenza terroristica - fascista, nichilista, mafiosa - e sappiamo che il terrorismo si puo' e si deve contrastare con la legalita' che salva le vite, con la democrazia che rispetta e promuove i diritti umani, e non con la guerra e la dittatura: la guerra e la dittatura sono gia' terrorismo, sono l'oscena vittoria del terrorismo;

IX. l'Isis e' stato creato dalle nostre guerre; proseguire sulla strada dell'intervento militare euroamericano avra' come risultato di rafforzarlo, e di far morire o ridurre in schiavitu' tanti altri innocenti. Tutti gli studiosi, gli osservatori, gli operatori istituzionali onesti lo sanno e lo dicono da tempo, e chiunque puo' averne piena contezza se solo leggesse gli studi e i documenti degli esperti che sono ampiamente disponibili;

X. gia' anni fa un altro governo mando' al massacro altri soldati italiani in Iraq, le vittime della strage di Nassiriya. Il governo attuale non ripeta quel tragico errore;

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con la presente mozione

1. chiede che il Governo receda dall'annunciata intenzione di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul;

2. da' mandato al Presidente del Consiglio ed al Presidente della Giunta Comunale/Provinciale/Regionale di...

- di trasmettere la presente mozione al Governo nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, e per opportuna conoscenza al Presidente della Repubblica, al Presidente del Senato, alla Presidente della Camera dei Deputati;

- di renderla pubblica attraverso le consuete forme di comunicazione istituzionale dell'ente (affissione all'albo, pubblicazione nel sito istituzionale, invio ai mezzi d'informazione locali e nazionali, invio ai dirigenti e agli uffici dell'ente per affissione al pubblico, invio agli altri enti pubblici del territorio, etc.);

- di promuovere l'informazione, la sensibilizzazione e l'impegno della popolazione del territorio amministrato per la pace e la difesa dei diritti umani.

 

3. MATERIALI. UN MODELLO DI LETTERA AI MINISTRI

 

Egregi ministri,

receda il governo dalla decisione di inviare 450 soldati italiani alla diga di Mosul. Receda il governo da una decisione insensata e illegale che puo' avere conseguenze catastrofiche. Receda il governo dal commettere un tragico errore che puo' costare innumerevoli vite umane.

Ascoltate la voce della vostra stessa coscienza. Salvare le vite e' il primo dovere.

Distinti saluti.

 

4. MATERIALI. UN MODELLO DI LETTERA AI PARLAMENTARI

 

Gentili senatori e senatrici, gentili deputate e deputati,

vi scriviamo per chiedervi un impegno urgente e cogente: un atto deliberativo del parlamento per la revoca della decisione annunciata dal governo di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul.

*

Sapete gia' che quella decisione governativa e' profondamente errata e inammissibile sotto ogni punto di vista: logico e giuridico, politico e morale, finanche strategico e tattico; sapete gia' che quella decisione governativa espone gratuitamente, assurdamente, scelleratamente a un gravissimo pericolo di morte quei nostri soldati; sapete gia' che con essi essa espone a un gravissimo pericolo di morte anche le maestranze della diga; sapete gia' che con essi essa espone a un gravissimo pericolo di morte anche le popolazioni dei dintorni ed a valle dell'impianto; e sapete gia' che con essi essa espone a un gravissimo pericolo di morte anche la popolazione residente in Italia.

*

E valga il vero.

La diga di Mosul si trova nei pressi della citta' di Mosul, una roccaforte dell'organizzazione terrorista e schiavista dell'Isis.

La presenza di centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul sara' presentata dalla propaganda dell'Isis come "invasione crociata" e quei soldati diverranno ipso facto un fin troppo facile bersaglio di attentati stragisti.

Non solo: con essi anche il nostro paese diverra' primario bersaglio di attentati stragisti che verranno presentati dalla delirante propaganda dell'organizzazione terrorista come pretesa "reazione" alla nostra presunta "invasione crociata".

Col duplice e doppiamente atroce risultato che molte persone verranno assassinate dai terroristi, e che questi massacri avranno anche come effetto di alimentare il consenso nei confronti dell'Isis da parte dell'uditorio cui la sua propaganda si rivolge, uditorio diffuso su piu' continenti che ci percepisce come un paese occidentale membro del sistema di alleanze militari responsabile delle guerre e delle occupazioni militari, dei massacri e delle rapine, che da decenni stanno insanguinando il Medio e il Vicino Oriente.

*

Vi e' anche noto che Mosul e' bersaglio dei massicci bombardamenti di paesi nostri alleati, bombardamenti che non distruggono solo strutture e materiali ma uccidono vite umane, ed uccidono non solo dirigenti e miliziani dell'organizzazione terrorista, ma anche civili innocenti e due volte vittime, vittime della dittatura terrorista e schiavista dell'Isis e vittime dei bombardamenti dei nostri alleati.

I nostri soldati dispiegati alla diga di Mosul corrono un enorme rischio di divenire le probabilissime vittime sacrificali della rappresaglia dei terroristi per i bombardamenti dei nostri alleati sulla citta' di Mosul.

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Inoltre, non puo' sfuggirvi che utilizzare le forze armate del nostro paese in funzione di "polizia privata" di private imprese e' in flagrante contraddizione con la funzione istituzionale di un'articolazione del nostro ordinamento giuridico; e gia' in passato questo uso improprio dei militari italiani come "security" di aziende private ha dato luogo a vicende gravissime, come l'assurda uccisione di due innocenti pescatori indiani (un terribile, immedicabile lutto), con la conseguente privazione della liberta' di due nostri soldati da anni in attesa di processo (che peraltro potrebbero essere innocenti del reato loro ascritto e comunque devono essere presunti tali fino a sentenza definitiva, ma che dati i significati politici e le utilizzazioni propagandistiche di cui si e' caricata la drammatica vicenda nulla garantisce che avranno un processo equo) e la profonda controversia internazionale che ci oppone all'India (controversia che ha gia' dato luogo a ulteriori episodi indegni, del tutto riprovevoli, assai nocivi e gravidi di ulteriori pericoli).

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Infine, sapete benissimo che interventi militari unilaterali stranieri - italiani o di altri paesi - in Iraq o nelle altre zone di brutale, sanguinario conflitto sono peggio che inutili, sono del tutto dannosi.

Sapete benissimo che per contrastare l'Isis occorre un'operazione di polizia internazionale con le caratteristiche definite dall'Onu nel suo piu' recente pronunciamento.

Sapete benissimo che il terrorismo che oggi insanguina non solo il Medio Oriente ma vari paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'Europa e' stato generato anche e innanzitutto dalle sciagurate guerre realizzate o promosse da coalizioni militari in cui tragicamente siamo stati e siamo coinvolti.

E sapete anche che la guerra non solo genera terrorismo, ma e' gia' terrorismo essa stessa, consistendo in effetti nell'uccisione massiva di esseri umani.

E ricordate certo che l'Italia in Iraq ha gia' preso parte ai bombardamenti stragisti della prima guerra del Golfo; ed ha gia' preso parte altresi' all'occupazione militare seguita alla conclusione della seconda guerra del Golfo (occupazione militare nel corso della quale da parte di personale di paesi nostri alleati furono commessi gravissimi crimini contro l'umanita').

E ricordate infine che il nostro paese in Iraq ha gia' pagato un tremendo tributo di sangue: nessuno puo' dimenticare la strage di Nassiriya.

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Da tutto cio' consegue che l'annunciata decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul e' del tutto irrazionale, immorale, illegale; ed espone gratuitamente, assurdamente e sciaguratamente quei giovani, quell'impianto e chi vi lavora, e chi vive nei dintorni ed a valle dello stesso, ed il nostro paese infine, a un enorme rischio di essere fatti bersaglio di attentati stragisti dalle tragiche conseguenze di proporzioni fin inimmaginabili.

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Gentili senatori e senatrici, gentili deputate e deputati,

in ragione di tutto cio' vi scriviamo per chiedervi un impegno urgente e cogente: un atto deliberativo del parlamento per la revoca della decisione annunciata dal governo di inviare centinaia di sodati italiani alla diga di Mosul.

Salvare le vite e' il primo dovere.

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E' questa un'ora, un "kairos", in cui e' richiesto di agire secondo verita', secondo giustizia, secondo scienza e coscienza, per il bene comune, per salvare le vite innocenti in pericolo.

Sperando in un vostro tempestivo, persuaso, adeguato intervento, vogliate gradire distinti saluti.

 

5. MATERIALI. UN MODELLO DI LETTERA ALLE FORZE POLITICHE

 

Egregi signori,

vi rivolgiamo un appello: ad adoperarvi affinche' il governo italiano receda immediatamente dalla decisione di inviare centinaia di soldati alla diga di Mosul in Iraq.

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Questa decisione, se realizzata, potrebbe avere conseguenze funeste: la diga e' infatti a breve distanza dalla citta' di Mosul che e' nelle mani dell'organizzazione terrorista dell'Isis; inviare li' i nostri soldati significa esporli assurdamente all'elevatissimo rischio di essere vittime di un attentato stragista; e con essi esporre altresi' le maestranze della diga e le popolazioni che vivono nei dintorni ed a valle di essa; e con essi altresi' chi vive in Italia, poiche' nella scellerata, sanguinaria strategia dell'Isis, nella logica della "guerra asimmetrica" e dell'escalation onnidistruttiva che i terroristi (ed i loro ispiratori e finanziatori) con i loro disumani crimini perseguono, al dispiegamento dei nostri soldati li' seguira' prevedibilmente l'organizzazione di attentati terroristici nel nostro paese.

La decisione di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul e' quindi un atto insensato, immorale, illegale, che mette in pericolo inutilmente ed assurdamente centinaia e forse migliaia di vite innocenti.

*

Non solo. Questa decisione non soltanto non sara' utile nella lotta contro il terrorismo, ma sara' vantaggiosa per i criminali dell'Isis, che presenteranno la nostra presenza alla diga di Mosul come "invasione crociata", ovvero - fuori dal loro delirante linguaggio - come occupazione militare dei territorio iracheno da parte di uno dei paesi membri dell'alleanza che gia' porto' la sua guerra in Iraq e che gia' l'Iraq occupo' militarmente; dell'alleanza che commise in quei frangenti in Iraq crimini di guerra e crimini contro l'umanita'; dell'alleanza che ha devastato la Libia provocando il caos e i massacri che la' tuttora continuano; dell'alleanza di cui alcuni paesi da lunghi mesi con i loro bombardamenti in Iraq e in Siria continuano ad uccidere non soltanto miliziani e terroristi ma anche civili innocenti due volte vittime; e poco vale ricordare che prima di quelle guerre e quelle devastazioni in quei paesi vi erano criminali dittature, poiche' la situazione attuale nell'insieme non e' affatto migliore, ed un crimine non ne giustifica mai un altro.

Presentandoci come "invasori crociati" l'Isis otterra' presso un vasto uditorio sensibile alla sua propaganda e memore degli orrori commessi dalla coalizione occidentale nel Vicino e nel Medio Oriente un effettuale consenso al suo criminale agire: l'invio dei nostri soldati a Mosul si risolvera' paradossalmente quindi in un effettuale favoreggiamento dell'Isis. E per avvantaggiare l'Isis il governo vorra' esporre alla morte centinaia e forse migliaia di innocenti? E' un crimine ed una follia.

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Altro e' cio' che occorre: non invio di soldati, non azioni militari, non atti di guerra; ma un'operazione di polizia internazionale cosi' come indicato dall'Onu.

Un'organizzazione criminale va contrastata con la forza e con le risorse del diritto, dell'azione penale, della civilta' giuridica. Pensare di contrastare il terrorismo con la guerra significa far ottenere ai terroristi il risultato che si prefiggevano: scatenare stragi su sempre piu' vasta scala.

In Iraq l'Italia ha gia' pagato un elevato tributo di sangue alla follia dei signori della guerra: con le vittime della strage di Nassiriya. Occorre far recedere il governo da una decisione stoltissima e sciaguratissima che potrebbe provocare altre ecatombi.

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Vi rivolgiamo pertanto questo appello: ad adoperarvi affinche' il governo receda immediatamente dalla decisione di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul in Iraq.

Distinti saluti.

 

6. MATERIALI. UN MODELLO DI LETTERA AI MEZZI D'INFORMAZIONE

 

Spettabile redazione,

la decisione annunciata dal governo di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul in Iraq e' un tragico errore, ed occorre convincere il governo a recedere da essa al piu' presto.

In primo luogo perche' i nostri soldati dislocati a brevissima distanza da una citta' controllata dall'Isis saranno esposti a un probabilissimo attentato terroristico; in secondo luogo perche' la loro presenza invece di essere di protezione per le maestranze, per l'impianto e per la popolazione dell'area circostante ed a valle, esporra' anch'essi a un gravissimo rischio di attentati; in terzo luogo perche' rendera' anche l'Italia un bersaglio primario di attentati terroristici stante la strategia dell'Isis (c'e' del metodo anche in questa criminale follia) di colpire la popolazione civile dei paesi occidentali impegnati con le proprie forze armate nei conflitti in corso nel Vicino e nel Medio Oriente; in quarto luogo perche' quella nostra presenza non solo non sara' utile alla necessaria lotta contro l'organizzazione terrorista e schiavista dell'Isis, ma al contrario favorira' la propaganda dei terroristi (che al loro uditorio ci presenteranno come "invasori crociati").

Sappiamo tutti che le guerre e le occupazioni militari non contrastano il terrorismo, ma lo fanno nascere e lo alimentano; e del resto le guerre stesse sono gia' terrorismo consistendo di stragi.

In Iraq l'Italia ha gia' subito una strage a Nassiriya; impediamo che quell'orrore accada di nuovo.

Il governo revochi quella decisione. Salvare le vite e' il primo dovere.

Distinti saluti.

 

7. RIFERIMENTI. IL "COMITATO NONVIOLENTO PER LA REVOCA DELLA DECISIONE GOVERNATIVA DI INVIARE CENTINAIA DI SOLDATI ITALIANI ALLA DIGA DI MOSUL"

 

Si e' costituito il "Comitato nonviolento per la revoca della decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul".

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Il comitato si prefigge di:

1. opporsi all'invio di centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul, e quindi interloquire con il Governo, il Parlamento e il Presidente della Repubblica affinche' la decisione annunciata dal Presidente del Consiglio dei Ministri sia revocata dallo stesso governo, ovvero respinta dal parlamento, ovvero non ratificata e quindi vietata dal capo dello stato;

2. esprimere questa opposizione con l'unico scopo di salvare vite umane;

3. agire unicamente in forme e con metodi rigorosamente nonviolenti, assolutamente rispettosi della dignita' e dell'incolumita' di tutte le persone;

4. riaffermare l'opposizione a tutte le guerre e a tutte le uccisioni;

5. riaffermare l'impegno a difendere la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

*

Alle persone ed alle associazioni che vogliono impegnarsi in questa iniziativa per la revoca della decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul, il comitato propone:

a) di scrivere al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri, ai Parlamentari, al Presidente della Repubblica per chiedere che il governo receda da quella decisione;

b) di invitare altre istituzioni, associazioni, persone, mezzi d'informazione ad impegnarsi al medesimo fine;

c) di promuovere incontri ed iniziative di informazione e coscientizzazione al medesimo fine;

d) di esprimersi e di agire in modi esclusivamente nonviolenti, nel rispetto della verita' e della dignita' umana di tutti gli interlocutori;

e) di essere sempre assolutamente chiari nell'opposizione a tutte le guerre, a tutte le uccisioni, a tutte le violazioni dei diritti umani.

*

Il comitato non prevede formali adesioni e si configura come mero movimento d'opinione inteso allo scopo di far revocare l'irragionevole, illegittima e pericolosissima decisione governativa di inviare centinaia di soldati italiani alla diga di Mosul.

Il comitato auspica che in ogni provincia d'Italia si costituiscano altri comitati nonviolenti per lo stesso fine e con le stesse modalita' di azione.

*

Per contatti: il Comitato ha sede presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: comitatononviolento at gmail.com; comitatononviolento at outlook.it; comitato_nonviolento at libero.it

 

8. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

 

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it, facebook: associazioneerinna1998

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Brunello Mantelli (a cura di), La seconda guerra mondiale, Rcs, Milano 2016, pp. 168, euro 5,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

*

Riletture

- Jose' Donoso, Il posto che non ha confini, Bompiani, Milano 1972, 1974, pp. 176.

- Jose' Donoso, L'osceno uccello della notte, Bompiani, Milano 1973, 1987, pp. 468.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2346 del 12 maggio 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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