[Nonviolenza] Telegrammi. 2321



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2321 del 17 aprile 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. L'associazione "Respirare" ricorda Piero Pinna

2. Le Acli ricordano Piero Pinna

3. Luca Chiarei ricorda Piero Pinna

4. Maurizio Crippa ricorda Piero Pinna

5. Valeria Fedeli ricorda Piero Pinna

6. Massimo Manca ricorda Piero Pinna

7. "Redattore sociale" ricorda Piero Pinna

8. Il Tavolo ecclesiale sul servizio civile ricorda Piero Pinna

9. Claudio Turrini ricorda Piero Pinna

10. Valter Vecellio ricorda Piero Pinna

11. Esseri umani

12. Naturalmente si'

13. Al referendum del 17 aprile voteremo si'

14. Dieci ragioni piu' una per il si' al referendum del 17 aprile

15. Due siti utili per l'informazione sul referendum del 17 aprile

16. Segnalazioni librarie

17. La "Carta" del Movimento Nonviolento

18. Per saperne di piu'

 

1. MAESTRI. L'ASSOCIAZIONE "RESPIRARE" RICORDA PIERO PINNA

 

L'associazione "Respirare" ricorda Piero Pinna, luminosa figura della nonviolenza in cammino.

Pietro Pinna e' deceduto il 13 aprile a Firenze, dove quest'oggi si svolgono i funerali.

Obiettore di coscienza al servizio militare e per questo a lungo detenuto, collaboratore di Danilo Dolci e di Aldo Capitini, con Capitini organizzo' la prima marcia per la pace Perugia-Assisi, fondo' il Movimento Nonviolento e la rivista "Azione nonviolenta" di cui e' stato direttore responsabile fino ad ora. Con Carlo Cassola e Davide Melodia fu animatore della "Lega per il disarmo unilaterale". Sono innumerevoli le iniziative di pace che promosse e cui partecipo'.

Pensatore ed organizzatore della nonviolenza, ha condotto indimenticabili azioni contro la guerra e tutte le uccisioni, per l'abolizione degli eserciti e delle armi. Lascia una testimonianza sublime di come l'umanita' potrebbe e dovrebbe essere: generosa, pacifica, solidale, accudente.

Lo ringraziamo e lo salutiamo.

Anche grazie a lui, al suo pensiero e alla sua azione, la nonviolenza e' in cammino.

Che possa lo nonviolenza riuscire a fermare la "terza guerra mondiale a pezzi".

Che possa la nonviolenza riuscire a salvare l'umanita' e la biosfera dalla catastrofe.

*

Una breve notizia su Piero Pinna

Pietro Pinna, nato a Finale Ligure nel 1927 e deceduto a Firenze il 13 aprile 2016, e' stato il primo obiettore di coscienza al servizio militare per motivazioni non confessionali ma specificamente nonviolente, ed e' una delle figure di riferimento per i movimenti e le iniziative per la pace e una delle personalita' piu' illustri della vita civile italiana. Di origine sarda, Pinna viveva a Ferrara quando, alla fine del 1948, fu chiamato alle armi. Diventato fortemente antimilitarista dopo aver vissuto gli orrori della seconda guerra mondiale, e influenzato dal pensiero di Aldo Capitini, decise di rifiutare di prestare il servizio di leva, passando alla storia come il primo obiettore di coscienza d'Italia per motivi politici.

Processato per disobbedienza, fu condannato al carcere una prima volta per dieci mesi, e successivamente per altri otto. Al processo venne difeso dall'avvocato Bruno Segre, che diventera' uno dei piu' famosi difensori italiani nel campo dell'obiezione di coscienza. Venne infine riformato per "nevrosi cardiaca". Pinna in seguito divenne uno dei piu' stretti collaboratori di Capitini, con cui organizzo' la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi nel 1961 (e dopo la scomparsa del filosofo perugino le tre successive), e con Capitini fu fondatore del Movimento Nonviolento di cui fu anche segretario nazionale dal 1968 al 1976. Ha continuato ad operare nel Movimento Nonviolento per tutta la vita e ad essere direttore responsabile della rivista "Azione nonviolenta". Infaticabile promotore della nonviolenza, per le sue storiche, luminose azioni dirette nonviolente per la pace, il disarmo e la smilitarizzazione, pago' piu' volte in prima persona con il carcere le sue scelte. Il 17 gennaio 1973, gia' segretario del Movimento Nonviolento, in seguito ad una affissione contro la celebrazione delle Forze armate il 4 novembre ("Non festa ma lutto"), fu arrestato a Perugia e condannato per direttissima per vilipendio alle Forze armate. In seguito alle manifestazioni avvenute in suo sostegno in diverse citta', venne liberato quattro settimane dopo su istanza di grazia dell'allora Presidente della Repubblica. Nell'aprile del '79 fu condannato dalla Corte d'Appello di Trieste ad una pena di otto mesi di reclusione per blocco stradale, pena successivamente condonata. Con Carlo Cassola e Davide Melodia fu animatore della "Lega per il disarmo unilaterale". Fu tra gli organizzatori della Marcia Catania-Comiso (24 dicembre 1982 - 3 gennaio 1983) per protestare contro l'installazione della base missilistica statunitense, prima azione concreta di lotta nonviolenta contro le installazioni militari in Italia. Nel 2008 e' stato insignito del Premio Nazionale Nonviolenza. Nel 2012 la Facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Pisa gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze per la Pace. Tra le opere di Pietro Pinna, fondamentale e' "La mia obbiezione di coscienza", Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1994; numerosi suoi contributi sono stati pubblicati in vari volumi, oltre ai molti suoi scritti apparsi su "Azione Nonviolenta". Cfr. anche le interviste riprodotte ne "La nonviolenza e' in cammino" n. 381 e 472, "La domenica della nonviolenza" n. 21 (ripubblicata anche in "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 252), "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 285; tutte disponibili on line.

 

2. COMPRESENZA. LE ACLI RICORDANO PIERO PINNA

 

E' morto il 13 aprile Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza "politico" italiano. Il suo rifiuto all'uso delle armi gli costo' anni di carcere. Con Capitini, filosofo antifascista considerato il "Gandhi italiano", Pinna organizzera' la prima Marcia della Pace Perugia-Assisi nel 1961 e successivamente fondera' nel 1962 il Movimento Nonviolento.

"E' una grave perdita per tutto il Movimento Nonviolento e per quanti hanno lottato nel nostro Paese perche' un'altra difesa della Patria fosse possibile, attraverso l'istituzione del Servizio civile. Il suo no alle armi e agli eserciti fu un no alla guerra pagato in prima persona". Questo il primo commento, appena appresa la notizia, da parte di Alfredo Cucciniello, della presidenza nazionale delle Acli, responsabile del dipartimento "Pace e cittadinanza attiva" e del Servizio civile.

 

3. COMPRESENZA. LUCA CHIAREI RICORDA PIERO PINNA

 

Ho conosciuto Pinna negli anni '80, quando a 21 anni facevo il servizio civile. Prima era un esempio letto sui libri, poi ricordo quando l'ho conosciuto di averne sentito il carisma e dai libri e' diventato un esempio reale che orientava anche la mia vita di quegli anni. Negli anni del mio impegno attivo nei movimenti nonviolenti e' stato nel bene e nel male un punto di riferimento. I suoi modi diretti, a volte ironici al limite del sarcasmo, con i quali a volte ho polemizzato, anche per diversi orientamenti politici, sono comunque ricordi belli che hanno ancora un senso per il mio presente. Nonostante questo riconosco che Pietro e' stato una delle persone che hanno inciso nella mia formazione: da lui ho appreso come tenere insieme, da una parte la coerenza personale quasi assoluta dell'uomo solo contro tutto e tutti quale era l'obiezione di coscienza alla guerra, agli armamenti, al non uccidere, dall'altra il senso della concretezza, del limite, di come e cosa effettivamente i movimenti nonviolenti di quegli anni (erano gli anni della guerra fredda, dei missili a Comiso, degli SS20...) potevano effettivamente mettere in campo in Italia. La concretezza che la passione a volte fa passare in secondo piano ma di cui la realta' viene poi a chiederti conto. Ricordo tanti suoi interventi in questo senso in assemblee e congressi, che solo in seguito ho compreso pienamente.

Anche se sono passati tanti altri anni senza piu' incrociarci, per quello che puo' servire mi fa piacere, per queste ragioni, dirgli ora grazie.

 

4. COMPRESENZA. MAURIZIO CRIPPA RICORDA PIERO PINNA

 

Il nome di Pietro Pinna non dira' molto alla maggior parte dei lettori e degli attuali cronisti in servizio attivo. Al massimo, come per il sottoscritto, e' una nota incontrata in una pagina, qualche volta e molto tempo fa.

Pietro Pinna e' morto il 13 aprile a Firenze, aveva 89 anni ed e' stato il primo obiettore di coscienza al servizio militare per motivi politici in Italia.

Doveva partire per la naja nel 1948, ma si rifiuto'. Fini' sotto processo nel 1949 e il Tribunale militare di Torino lo condanno' per il reato di disobbedienza: "Volonta' cosciente del fatto negativo, in contrasto con l'ordine ricevuto e nella conoscenza del contenuto dell'ordine stesso". Nel frattempo, in Parlamento comparivano le prime proposte affinche' per gli obiettori fosse riconosciuta la possibilita' di essere destinati a "servizi dove non si uccide, ma si puo' essere uccisi".

Piu' tardi, con Aldo Capitini, fu tra i fondatori del Movimento Nonviolento e organizzo' la prima Marcia per la pace Perugia-Assisi, 1961.

E' una storia antica, anzi preistorica, per l'Italia in cui il servizio militare obbligatorio non esiste piu', esiste un servizio civile nazionale volontario che a Matteo Renzi piace molto - fa bene alla formazione dei giovani - ma funziona poco. E soprattutto per un'Italia, e un mondo, sull'orlo della terza guerra mondiale a pezzi e in cui il no a imbracciare un fucile resta una domanda importante, ma pare posta al vuoto. Pero' cosi', per ricordarselo.

 

5. COMPRESENZA. VALERIA FEDELI RICORDA PIERO PINNA

 

E' con grande dispiacere che ho appreso la notizia della scomparsa di Pietro Pinna.

Protagonista del Movimento Nonviolento, con il suo esempio e' stato un punto di riferimento per la coscienza civile di molte generazioni di italiani. Alla sua famiglia e a tutti i suoi cari voglio esprimere le mie condoglianze.

Pietro Pinna fu identificato nel secondo dopoguerra come il primo obiettore di coscienza italiano, e dopo aver organizzato, con Aldo Capitini, nel 1961, la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi, il suo impegno antimilitarista non ha mai smesso di ispirare le giovani generazioni con i valori della pace e dell'amicizia tra i popoli, un messaggio che adesso sta a tutte e tutti noi far continuare a vivere.

 

6. COMPRESENZA. MASSIMO MANCA RICORDA PIERO PINNA

 

Ci ha lasciati un combattente pacifico: e' morto Pietro Pinna. Lo so... pressoche' nulla troverete oggi sui giornali. A Pinna - Piero per tutti - dobbiamo pero' qualcosa. Primo obiettore di coscienza "politico" italiano, si e' sempre distinto per affermare principi e tecniche della nonviolenza in Italia, avendo sempre ben chiaro che non si puo' battere la guerra senza eliminare gli eserciti, gli strumenti che la rendono possibile.

Di origini sarde, nel 1948 fu chiamato a prestare servizio militare di leva, ma decise di rispondere con un plateale no. Probabilmente l'abbiamo dimenticato, ma fino al 1972 l'obiezione di coscienza al servizio militare era considerata, nella migliore delle ipotesi, renitenza alla leva, oppure diserzione, mentre solo dal 2005 e' stata eliminata l'opzione del Servizio Civile obbligatorio. Venne processato per disobbedienza (fu difeso da Bruno Segre) e condannato al carcere per 18 mesi. Non fu l'unica volta. Nel 1973, a seguito di una affissione contro la celebrazione delle Forze armate, Piero fu arrestato e condannato per vilipendio; nel 1979 si becco' un'altra condanna per blocco stradale.

Fu il piu' stretto collaboratore di Aldo Capitini e insieme, nel 1961, organizzarono la prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi. Sempre con Capitini fondo' nel 1962 il Movimento Nonviolento e nel 1964 la rivista "Azione nonviolenta", di cui era direttore fino a ieri. Nel 1976, coi radicali, fu tra gli organizzatori e animatori della prima Marcia antimilitarista internazionale. Partendo dal sacrario militare di Redipuglia e raggiungendo anche Verdun in Francia, la marcia si concluse in Sardegna, alla Maddalena (il prossimo 19 agosto ricorre il quarantennale) con la costruzione di un muro simbolico per bloccare l'accesso militare americano (Paolo Buzzanca, allora segretario del Partito Radicale della Sardegna, fu buttato in mare dai carabinieri, ignari di battezzare in quel modo un futuro consigliere regionale). Su questa, Jean Fabre scrivera': "Gia' semirovinata dalla petrolchimica, luogo di sperimentazioni fatte sulla pelle della gente, sede di carceri speciali, l'isola e' una roccaforte della Nato, o meglio delle forze statunitensi (base di sommergibili nucleari alla Maddalena, poligoni di tiro, terra di esercitazioni militari di terra, mare, aria). E' chiaro il motivo che ci ha indotto a concludere la prima marcia internazionale in Sardegna". Se le cose stavano cosi', non mi sembra che la situazione sia migliorata di molto, ma questa e' un'altra storia.

Artefice nel 1982 della Marcia Catania-Comiso contro l'installazione della base missilistica statunitense, Piero fu anche insignito della laurea honoris causa in Scienze per la Pace dalla facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Pisa. Partendo da motivazioni non solo religiose, ma politiche e filosofiche, assunse il ruolo di alfiere dell'obiezione di coscienza. Il suo caso spinse il mondo giuridico a rivedere il concetto di Difesa: dobbiamo a lui la lunga marcia che porto' gli obiettori italiani ad essere riconosciuti dallo Stato. Un riconoscimento istituzionale arrivato troppo tardi, quando il 3 marzo scorso, in occasione dell'incontro con una delegazione di rappresentanti e volontari del Servizio Civile Nazionale, il presidente della Repubblica Mattarella ha detto: "Sono stati gli obiettori di coscienza al servizio militare obbligatorio ad aprire la strada, talvolta con contrasti e incomprensioni, ad ampliare il significato e le modalita' di servizio alla Patria". Ecco, ricordiamolo ancora: se in Italia, oggi, sono sempre piu' diffuse pratiche di vita nonviolente lo dobbiamo a persone come Piero Pinna, al loro sacrificio e alle solitarie battaglie, al prezzo che hanno pagato per affermare i principi e valori della pace.

 

7. COMPRESENZA. "REDATTORE SOCIALE" RICORDA PIERO PINNA

 

E' morto ieri pomeriggio a 89 anni a Firenze, dove abitava da anni, Pietro Pinna, obiettore di coscienza al servizio militare nel 1948 e fondatore con Aldo Capitini del Movimento Nonviolento in Italia. Nato nel 1927 a Finale Ligure (Sv), di origine sarda, Pinna e' ricordato come il primo obiettore di coscienza "politico" italiano. Dalla sua personale scelta nonviolenta e di rifiuto dell'uso delle armi, per la quale subi' due processi militari e dovette scontare vari mesi di carcere militare prima di essere riformato per motivi medici, nascera' una campagna sostenuta da molti intellettuali, come Aldo Capitini, giuristi e uomini politici, che portera' alla ribalta del dibattito pubblico italiano la questione dell'obiezione di coscienza e del servizio civile alternativo.

Con Capitini, filosofo antifascista considerato il "Gandhi italiano", Pinna organizzera' la prima Marcia della Pace Perugia-Assisi nel 1961 e successivamente fondera' nel 1962 il Movimento Noviolento e nel 1964 la rivista "Azione nonviolenta", della quale e' stato fino ad oggi direttore responsabile. "Capitini e Pinna si resero conto che se si voleva incidere sull'avanzamento di una proposta di pace occorreva darsi una struttura organizzativa. Da qui l'idea di fondare il Movimento Nonviolento, che incentra le sue prime azioni fondative, portate avanti con i Gruppi d'Azione Nonviolenta (G.A.N.), nel riconoscimento del diritto dell'obiezione di coscienza attraverso una legge", ci dice Pasquale Pugliese, della segreteria nazionale del Movimento Nonviolento. "Se oggi, dopo quasi 70 anni, si e' arrivati alla sperimentazione dei Corpi Civili di Pace - prosegue Pugliese - e' proprio grazie alla scelta di obiezione di Pietro nel 1948, nata nello stesso anno dell'entrata in vigore della Costituzione italiana. Il suo ragionamento, frutto di una consonanza di pensiero con Capitini, era che se la Repubblica 'ripudia la guerra' (art. 11), allora anche io devo farlo rifiutando quegli strumenti, come l'esercito e le armi, che portano verso di essa, e pensare a strumenti diversi. Da qui nasce anche l'idea di un servizio civile alternativo a quello militare e quindi un altro modo di difendere la Patria (art. 52)".

"Pietro Pinna - Piero, per tutti - ha avuto sempre chiaro che non si puo' sconfiggere la guerra senza eliminarne lo strumento che la rende possibile, gli eserciti", ricorda con una nota oggi il Movimento Nonviolento. "E in questo impegno per la nonviolenza specifica - fatto di disobbedienze civili, marce antimilitariste, azioni dirette nonviolente per il disarmo unilaterale - ha speso ogni momento della sua esistenza, coerente e rigoroso soprattutto con se stesso, sempre aperto all'incontro con l'altro nella tensione e familiarita' della ricerca della verita'. Oggi, i giovani, che tanto a cuore stavano a Piero, che si affacciano all'esperienza del servizio civile, sanno - o dovrebbero sapere - che la loro esperienza di difesa civile non armata e nonviolenta e' possibile soprattutto grazie all'impegno di una vita di Pietro Pinna. Ciao Piero", conclude la nota.

Pinna nel 2008 e' stato insignito del Premio Nazionale Nonviolenza e nel 2012 la facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' di Pisa gli ha conferito la laurea honoris causa in Scienze per la Pace. I funerali si svolgeranno sabato prossimo a Firenze.

 

8. COMPRESENZA. IL TAVOLO ECCLESIALE SUL SERVIZIO CIVILE RICORDA PIERO PINNA

 

E' morto ieri sera a Firenze, a 89 anni, Pietro Pinna, obiettore di coscienza nel 1948 e fondatore con Aldo Capitini del Movimento Nonviolento. Dalla sua scelta, che gli costo' vari mesi di carcere militare, nacque un'ampia campagna pubblica per il riconoscimento del diritto di obiezione al servizio militare e di un servizio civile alternativo. Su "Azione Nonviolenta", la rivista da lui fondata e di cui e' stato fino a ieri direttore responsabile, il ricordo del Movimento Nonviolento, a cui si stanno aggiungendo in questo momento quelli di tanti che lo hanno conosciuto in questi anni.

"La sua idea lo lascera' vivo nei ricordi e nella storia del nostro paese", scrive Enrico Maria Borrelli, Presidente del Forum nazionale del servizio civile, mentre don Giovanni D'Andrea, presidente di Salesiani per il Sociale - Federazione Scs, ricorda di avere avuto "l'onore di conoscere Pietro in occasione del convegno di Firenze del dicembre 2012 che celebrava i 40 anni della Legge 772 (legge che istituiva l'obiezione di coscienza). Sentire la sua testimonianza mi e' stata molto utile per comprendere meglio il percorso che ha condotto all'attuale servizio civile. Grazie, Pietro, per avere contribuito a scrivere queste pagine di storia della crescita civile di tanti italiani".

 

9. COMPRESENZA. CLAUDIO TURRINI RICORDA PIERO PINNA

 

Sono passati 51 anni da quel comunicato dei cappellani militari della Toscana in congedo in cui bollavano la "cosiddetta obiezione di coscienza" come "un insulto alla Patria e ai suoi caduti", oltre che "estranea al comandamento cristiano dell'amore ed espressione di vilta'". Oggi li farebbero visitare da uno psichiatra. Ma in quegli anni trascinarono davanti ad un tribunale don Lorenzo Milani, nel silenzio complice di gran parte del mondo cattolico.

Pochi anni prima, nel 1961, il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, era stato incriminato per aver fatto proiettare il film "Non uccidere" del regista francese Claude Autant-Lara. Erano gli anni in cui un giovane lombardo dell'Ac, Giuseppe Gozzini - primo obiettore di coscienza cattolico -, era stato condannato a sei mesi di carcere per aver rifiutato di indossare la divisa al Car di Pistoia. E lo scolopio padre Ernesto Balducci, che lo aveva difeso pubblicamente in un'intervista al "Giornale del Mattino", veniva denunciato per apologia di reato. Assolto dal Tribunale di Firenze, fu poi condannato dalla Corte d'appello con una sentenza piena di riferimenti teologici preconciliari.

Se oggi ci sembrano fatti paradossali, confinati nel passato, e' grazie a persone che hanno testimoniato la verita' a qualunque costo.

Come Pietro Pinna, morto ieri a Firenze, dove viveva da tempo, all'eta' di 89 anni. Lui che a 21 anni, nel 1948, influenzato dalle idee di Aldo Capitini, con il quale avrebbe poi fondato il Movimento Nonviolento e dato vita nel 1961 alla marcia della pace Perugia-Assisi, fu il primo italiano a rifiutare di indossare la divisa, non in nome di una fede (come facevano i testimoni di Geova), ma per le sue convinzioni etiche, maturate nel corso della guerra. Quella scelta gli costo' 18 mesi di carcere. E nel 1973 era stato di nuovo condannato per direttissima per vilipendio delle Forze Armate per aver affisso un manifesto di lutto il 4 novembre.

Pietro Pinna ha sempre tenacemente testimoniato la sua ferma convinzione che "non si puo' sconfiggere la guerra senza eliminarne lo strumento che la rende possibile, gli eserciti".

Come ci ricorda in una nota il Movimento Nonviolento "oggi, i giovani, che tanto a cuore stavano a Piero, che si affacciano all'esperienza del servizio civile, sanno - o dovrebbero sapere - che la loro esperienza di difesa civile non armata e nonviolenta e' possibile soprattutto grazie all'impegno di una vita di Pietro Pinna".

 

10. COMPRESENZA. VALTER VECELLIO RICORDA PIERO PINNA

 

In molti, e anche chi scrive, dobbiamo qualcosa a Pietro Pinna, il primo obiettore politico italiano.

Da lui ho sentito citare per la prima volta Aldo Capitini, il suo maestro, di cui e' stato per anni preziosissimo collaboratore; e davvero formativa la lettura di "Azione nonviolenta", il mensile che dirigeva e curava, e pubblicava tante notizie, tanti articoli che altrimenti non avrebbero avuto diffusione.

E' stato Pietro a suggerire di vedere un film del regista francese Claude Autant-Lara; ancora non era passato, con un salto davvero sorprendente, nelle fila del Front National di Jean-Marie Le Pen. Autant-Lara dirige un film destinato a fare epoca: "Non uccidere", storia di  un ragazzo che rifiuta di prestare il servizio militare e per questo viene processato e condannato. In quel film l'obiettore a un certo punto dice: "che anch'io abbia un dovere da assolvere, lo sento... A vent'anni ognuno fa il servizio militare. Io no. Sono pronto a servire il mio paese, magari volendo per un periodo piu' lungo, e in condizioni piu' disagiate di quelle del servizio militare; ma non con le armi, ecco tutto".

Film che non ha vita facile. Autant-Lara impiega dodici anni prima di trovare un produttore, in Italia e' vietato perche', si dice, istiga a delinquere, essendo il servizio militare obbligatorio. L'obiezione di coscienza non e' neppure concepibile, nonostante Teodoro Moneta, l'unico premio Nobel per la pace italiano, la predichi fin dal primo Novecento; difendere la Patria anche con le armi e' considerato sacro dovere costituzionale. Per chi si rifiuta c'e' il carcere, ed e' il caso dei primi due obiettori per motivi religiosi: Rodrigo Castiello, pentecostale, ed Enrico Cerroni, testimone di Geova. Poi, arriva Pietro; che fa del "Non uccidere" e del non imparare a farlo un categorico imperativo. Viene ripetutamente processato e condannato, la prima volta nel 1949. In quell'anno Umberto Calosso, una delle voci di "Radio Londra" durante la guerra, presenta il primo progetto di legge sull'obiezione di coscienza per motivi morali o religiosi. Viene affossato, non basta l'impegno di personalita' cattoliche e laiche come il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, lo scrittore Ignazio Silone, padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani, che vengono processati e condannati per apologia di reato. Chi dice no al servizio militare  continua a finire in carcere: sono anarchici, cattolici, radicali. Arriviamo ai primi anni Settanta: il segretario radicale Roberto Cicciomessere, obiettore anche lui, si fa arrestare; Marco Pannella e un altro obiettore, Alberto Gardin, iniziano un lungo sciopero della fame; e finalmente nel 1972 il Parlamento approva una legge sull'obiezione di coscienza, grazie all'impegno del presidente della Camera di allora, Sandro Pertini, che calendarizza il testo di legge, poi approvato.

Ho cercato di condensare la storia dell'obiezione di coscienza, una conquista che assieme a tante altre segna gli anni Settanta; e di cui poco si sa. Di quella battaglia, di quella vittoria uno dei protagonisti e' Pietro; e tanti di noi gli dobbiamo tanto.

Che la terra ti sia lieve, Pietro.

 

11. I COMPITI DELL'ORA. ESSERI UMANI

 

Salvarne le vite.

 

12. OGGI. NATURALMENTE SI'

 

Si vota oggi dalle ore 7 alle ore 23.

Prima si va a votare, meglio e'.

Il diritto di voto e' il cuore della democrazia.

 

13. REPETITA IUVANT. AL REFERENDUM DEL 17 APRILE VOTEREMO SI'

 

Al referendum del 17 aprile voteremo si'.

Per difendere le coste italiane dalle devastazioni, dal degrado e dai pericoli provocati dalle trivellazioni.

Per difendere dall'inquinamento l'ambiente marino e tutte le sue forme di vita.

Per difendere il diritto di tutte le persone alla salute e a un ambiente salubre.

Per difendere il diritto delle generazioni future a un mondo vivibile.

Per difendere la bellezza della natura, un bene comune prezioso e insostituibile.

Per sostenere l'approvvigionamento energetico da fonti pulite e rinnovabili.

Per far cessare lo sfruttamento dissennato e distruttivo delle risorse naturali.

Per far prevalere la ragione, la responsabilita', il diritto, la solidarieta'.

Con la forza della verita', con la forza della democrazia, per il bene comune.

Al referendum del 17 aprile voteremo si'.

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Osvaldo Ercoli, Antonella Litta, Emanuele Petriglia, Alessandro Pizzi, Peppe Sini

 

14. REPETITA IUVANT. DIECI RAGIONI PIU' UNA PER IL SI' AL REFERENDUM DEL 17 APRILE

 

La prima ragione

La prima ragione e' quasi ovvia: con il referendum si chiede che le concessioni a trivellare in mare nei pressi delle coste italiane in cerca di combustibili fossili non abbiano di fatto una durata pressoche' illimitata, ma limiti certi e insormontabili, come ogni legittimo negozio giuridico.

Votare si' a regole certe e limiti rigorosi e' quindi un atto di puro e semplice buon senso.

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La seconda ragione

La seconda ragione e' che l'unico quesito referendario su cui si vota (gli altri proposti - e proposti non solo da movimenti di cittadini, ma da istituzioni dello stato italiano come le Regioni che si affacciano su ambienti marini devastati dagli impianti di trivellazione) assume obiettivamente un significato piu' ampio: esso ha infatti il valore di difesa dell'ecosistema marino, delle coste italiane, dei legittimi interessi e dei diritti soggettivi delle popolazioni (e delle istituzioni di esse rappresentative) che nelle aree immediatamente interessate dalle conseguenze delle trivellazioni vivono e lavorano.

Votare si' per difendere legittimi diritti e interessi collettivi di primaria rilevanza e' un dovere ineludibile di impegno per la legalita', per la civilta' giuridica, per il bene comune della popolazione (e delle istituzioni democratiche) del nostro paese.

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La terza ragione

La terza ragione e' che il referendum pone in termini stringenti un caso concreto di difesa dell'ambiente, e quindi del diritto degli esseri umani a un ambiente vivibile, non inquinato, non devastato.

Votare si' per proteggere la natura, il mondo vivente che e' la casa comune dell'umanita', e' un diritto e un dovere di tutte le persone ragionevoli e responsabili.

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La quarta ragione

La quarta ragione e' che il referendum pone quindi anche - per il medesimo motivo - un caso concreto di difesa della salute, ovvero del diritto di tutti gli esseri umani a vivere in un ambiente salubre, ergo non inquinato e non devastato; giacche' il benessere psicofisico delle persone e' ovviamente correlato all'ambiente in cui vivono.

Votare si' significa quindi difendere il diritto di tutti alla salute e al benessere.

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La quinta ragione

La quinta ragione e' che su cio' che tutti riguarda - le questioni concernenti l'ambiente, la salute, la civile convivenza, la sicurezza comune - e' giusto e necessario che tutti possano e debbano esprimersi; e che se devono essere prese delle decisioni importanti e impegnative, esse siano prese da tutti insieme: e' la democrazia come metodo e come sistema, e' la democrazia come potere del popolo. Chi invita a non votare, ad astenersi, in realta' vuole che decisioni che riguardano tutti siano prese solo da pochi avidi potentati economici e politici a danno della stragrande maggioranza della popolazione.

Votare al referendum e' quindi un atto di democrazia e di difesa della democrazia.

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La sesta ragione

La sesta ragione e' che le trivellazioni sono finalizzate ad estrarre fonti energetiche fossili. Ma l'umanita' ormai sa che le fonti energetiche fossili non solo sono perlopiu' altamente inquinanti ma anche esauribili, e sa anche che tanta parte della crisi ambientale globale che minaccia l'intera umanita' e' legata a un'economia fondata sulle fonti fossili; e sa quindi che e' necessario ed urgente passare a fonti pulite e rinnovabili, in primis l'energia solare.

Votare si' al referendum e' un modo concreto per sostenere il passaggio da un modello di approvvigionamento energetico - e da un modello di sviluppo -  ecologicamente insostenibile a uno sostenibile, da una societa' dell'avvelenamento e della devastazione della biosfera ad una societa' solidale e responsabile.

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La settima ragione

La settima ragione e' che la scelta referendaria implica anche una scelta su quale modello di economia debba presiedere al presente e al futuro dell'umanita': se si debba perseverare in un'economia predatoria, dello sfruttamento fino all'esaurimento delle risorse, dell'avvelenamento del mondo vivente fino alla desertificazione, della violenza dell'uomo sull'uomo per l'accaparramento di beni che dovrebbero essere e restare comuni, del primato dell'arricchimento individuale ai danni della vita, della dignita' e dei diritti della generalita' degli esseri umani viventi, o se invece si debba finalmente uscire da questa preistoria e sviluppare la civilta' umana nella direzione di una economia (etimologicamente: le regole condivise della casa comune) - ovvero ecologia (etimologicamente: la conoscenza condivisa della casa comune) - della solidarieta', della responsabilita', dell'eguaglianza di diritti, della condivisione dei doveri, della cura reciproca, del rispetto per il mondo vivente, del bene comune.

Votare si' al referendum significa impegnarsi per far cessare l'economia della rapina, della sopraffazione e della devastazione, e per costruire insieme l'economia della condivisione, del rispetto, della responsabilita'.

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L'ottava ragione

L'ottava ragione e' la difesa dei diritti delle generazioni future: poiche' decederemo noi se lasciare loro un mondo vivibile o irreversibilmente devastato; giacche' le generazioni future ancora non esistono, non hanno potere di voto: cosicche' ogni volta che si vota per decisioni pubbliche di interesse collettivo dobbiamo saperci porre anche dal punto di vista dei loro diritti e dei loro interessi: dobbiamo essere noi oggi a rappresentare e salvaguardare i diritti e gli interessi degli esseri umani che verranno. E ponendoci la domanda di come difendere i diritti dell'umanita' futura noi in realta' ci poniamo anche la domanda su come essere fedeli all'umanita' passata: poiche' se noi lasceremo un mondo vivibile all'umanita' futura allora un'umanita' futura vi sara', e l'esistenza delle generazioni passate avra' ancora un senso e un valore nell'impresa comune dell'umanita'; ma se noi distruggiamo oggi il mondo vivente cosi' da mettere a rischio non solo il benessere ma la vita stessa dell'umanita' futura, allora con la fine dell'umanita' futura sara' annichilita per sempre tutta la storia, tutta la memoria, tutta la civilta' umana dalle sue origini.

Votare si' al referendum significa agire nell'interesse delle generazioni future, e quindi nell'interesse dell'umanita' intera: siamo una sola famiglia umana, ogni persona si senta quindi responsabile per l'umanita' intera ed agisca di conseguenza.

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La nona ragione

La nona ragione e' che ogni essere umano in quanto capace di pensare ha il dovere di dire la verita'. Coloro che stanno cercando di indurre la popolazione a non partecipare al referendum mentono sapendo di mentire, e con la loro menzogna offendono e umiliano l'intelligenza e quindi la dignita' delle persone a cui si rivolgono, delle persone che vogliono ingannare per meglio sottometterle ai loro voleri. Ci indigna un governo che mente alla popolazione. Dire la verita' e' la condotta indispensabile per la civile convivenza.

Votiamo si' al referendum anche per questo: per affermare il diritto alla verita', per opporci a chi ci mente e pretende ingannarci, ed ingannandoci vuole aggredire e diminuire la nostra umana dignita'.

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La decima ragione

La decima ragione e' relativa a quel criterio epistemologico noto come principio di precauzione, che afferma che anche se non si avesse certezza che un'attivita' provochera' dei danni, e' sufficiente il dubbio che essa possa provocarli per opporvisi. Noi sappiamo che le trivellazioni marine producono gravi danni; noi sappiamo che l'utilizzo delle fonti fossili produce gravi danni; noi sappiamo che il modello di sviluppo fondato sul profitto privato a detrimento del bene comune dell'umanita' e della biosfera produce gravi danni; noi sappiamo che questa logica predatrice, questo sistema di potere sfruttatore e devastatore, sono la stessa e lo stesso che presiedono alle guerre (e non solo a quelle per il petrolio), all'ecocidio (fino al disastro ambientale globale che ormai tutti i governi sono costretti a riconoscere), alla riduzione alla fame e alla schiavitu' di tanta parte dell'umanita': ed a questa logica e a questo sistema dobbiamo e vogliamo opporci in difesa dell'umanita' e del mondo vivente. Ma anche se non sapessimo tutto cio', ed avessimo solo il fondato dubbio che queste attivita' estrattive, questo modello di sviluppo, questa logica di dominio e questo sistema di sopraffazione possano essere - come in effetti sono - dannosi per l'umanita', ebbene, basterebbe questo ragionevole dubbio a persuaderci all'impegno per contrastare queste attivita', questo modello, questa logica e questo sistema in nome del principio di precauzione che convoca ogni essere umano a fare e permettere solo quello che non danneggia gli esseri umani.

Votiamo si' al referendum anche per questo: per il principio di precauzione, per esercitare la virtu' della prudenza, per l'amore e il rispetto che dobbiamo all'umanita' e al mondo, per il principio responsabilita'.

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L'undicesima ragione

L'undicesima ragione e' che le trivellazioni deturpano e distruggono la bellezza dei nostri mari e delle nostre coste. Ed anche la bellezza e' un bene comune e tanta parte della felicita' accessibile agli esseri umani. Difendere la bellezza significa difendere il mondo e la civilta' umana - in questo senso "la bellezza salvera' il mondo".

Votiamo si' al referendum anche per difendere la bellezza e quindi l'esistenza del mondo vivente e dell'umanita' in esso.

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Ergo

Votiamo si' al referendum del 17 aprile in difesa del vero, del bello, del bene.

Votiamo si' al referendum del 17 aprile perche' vi e' una sola umanita' in unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Votiamo si' al referendum del 17 aprile per far prevalere il bene comune con la forza della verita', con la forza della ragione, con la forza della democrazia.

 

15. STRUMENTI. DUE SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE SUL REFERENDUM DEL 17 APRILE

 

Per l'informazione e la riflessione sul referendum del 17 aprile molti utili materiali sono disponibili sui siti internet www.fermaletrivelle.it e www.notriv.com

 

16. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Movimento Nonviolento (a cura di), Nonviolenza in cammino. Storia del Movimento Nonviolento dal 1962 al 1992, Movimento Nonviolento, Verona 1998, pp. 248.

- Pietro Pinna, La mia obbiezione di coscienza (scritti 1950-1993), Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1994, pp. 80.

 

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

18. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2321 del 17 aprile 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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