[Nonviolenza] Telegrammi. 2316



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2316 del 12 aprile 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'

2. "L'esperienza di solidarieta' dell'Afesopsit". Un incontro con Vito Ferrante

3. Al referendum del 17 aprile voteremo si'

4. Dieci ragioni piu' una per il si' al referendum del 17 aprile

5. Due siti utili per l'informazione sul referendum del 17 aprile

6. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

7. Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre

8. Hic et nunc, quid agendum

9. Franco Fortini: Canto degli ultimi partigiani

10. Franco Fortini: Complicita'

11. Franco Fortini: Per Serantini

12. Franco Fortini: Lontano lontano...

13. Franco Fortini: La lampadina fulminata

14. Franco Fortini: Marxismo

15. Franco Fortini: Comunismo

16. Segnalazioni librarie

17. La "Carta" del Movimento Nonviolento

18. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. SOLO LA NONVIOLENZA PUO' SALVARE L'UMANITA'

 

Basta aprire gli occhi per accorgersene.

 

2. INCONTRI. "L'ESPERIENZA DI SOLIDARIETA' DELL'AFESOPSIT". UN INCONTRO CON VITO FERRANTE

 

Si e' svolto lunedi' 11 aprile 2016 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione con Vito Ferrante, presidente dell'"Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia" (Afesopsit) e presidente della Consulta dipartimentale per la salute mentale della Asl di Viterbo.

Nel corso dell'incontro Vito Ferrante ha illustrato l'esperienza piu' che ventennale dell'"Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia".

*

Una breve notizia su Vito Ferrante

Vito Ferrante, persona di straordinario rigore morale e di sconfinata generosita', e' il presidente e l'anima dell'"Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia" (Afesopsit), una fondamentale esperienza di solidarieta', di partecipazione, di democrazia, di difesa nitida e intransigente dei diritti umani. Gia' consigliere comunale di Viterbo, apprezzatissimo scultore, presidente della Consulta dipartimentale per la salute mentale della Asl di Viterbo, Vito Ferrante e' una delle personalita' piu' stimate nell'ambito del volontariato e dell'impegno sociale e civile, promotore di innumerevoli iniziative di solidarieta' concreta, diuturnamente impegnato nel recare aiuto a chi piu' ne ha bisogno; e' a Viterbo un luminoso punto di riferimento per la societa' civile, per le esperienze di solidarieta' e di liberazione, per i movimenti democratici, per i servizi pubblici impegnati nell'assistenza rispettosa e promotrice della dignita' e dei diritti umani.

 

3. REPETITA IUVANT. AL REFERENDUM DEL 17 APRILE VOTEREMO SI'

 

Al referendum del 17 aprile voteremo si'.

Per difendere le coste italiane dalle devastazioni, dal degrado e dai pericoli provocati dalle trivellazioni.

Per difendere dall'inquinamento l'ambiente marino e tutte le sue forme di vita.

Per difendere il diritto di tutte le persone alla salute e a un ambiente salubre.

Per difendere il diritto delle generazioni future a un mondo vivibile.

Per difendere la bellezza della natura, un bene comune prezioso e insostituibile.

Per sostenere l'approvvigionamento energetico da fonti pulite e rinnovabili.

Per far cessare lo sfruttamento dissennato e distruttivo delle risorse naturali.

Per far prevalere la ragione, la responsabilita', il diritto, la solidarieta'.

Con la forza della verita', con la forza della democrazia, per il bene comune.

Al referendum del 17 aprile voteremo si'.

*

Osvaldo Ercoli, Antonella Litta, Emanuele Petriglia, Alessandro Pizzi, Peppe Sini

 

4. REPETITA IUVANT. DIECI RAGIONI PIU' UNA PER IL SI' AL REFERENDUM DEL 17 APRILE

 

La prima ragione

La prima ragione e' quasi ovvia: con il referendum si chiede che le concessioni a trivellare in mare nei pressi delle coste italiane in cerca di combustibili fossili non abbiano di fatto una durata pressoche' illimitata, ma limiti certi e insormontabili, come ogni legittimo negozio giuridico.

Votare si' a regole certe e limiti rigorosi e' quindi un atto di puro e semplice buon senso.

*

La seconda ragione

La seconda ragione e' che l'unico quesito referendario su cui si vota (gli altri proposti - e proposti non solo da movimenti di cittadini, ma da istituzioni dello stato italiano come le Regioni che si affacciano su ambienti marini devastati dagli impianti di trivellazione) assume obiettivamente un significato piu' ampio: esso ha infatti il valore di difesa dell'ecosistema marino, delle coste italiane, dei legittimi interessi e dei diritti soggettivi delle popolazioni (e delle istituzioni di esse rappresentative) che nelle aree immediatamente interessate dalle conseguenze delle trivellazioni vivono e lavorano.

Votare si' per difendere legittimi diritti e interessi collettivi di primaria rilevanza e' un dovere ineludibile di impegno per la legalita', per la civilta' giuridica, per il bene comune della popolazione (e delle istituzioni democratiche) del nostro paese.

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La terza ragione

La terza ragione e' che il referendum pone in termini stringenti un caso concreto di difesa dell'ambiente, e quindi del diritto degli esseri umani a un ambiente vivibile, non inquinato, non devastato.

Votare si' per proteggere la natura, il mondo vivente che e' la casa comune dell'umanita', e' un diritto e un dovere di tutte le persone ragionevoli e responsabili.

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La quarta ragione

La quarta ragione e' che il referendum pone quindi anche - per il medesimo motivo - un caso concreto di difesa della salute, ovvero del diritto di tutti gli esseri umani a vivere in un ambiente salubre, ergo non inquinato e non devastato; giacche' il benessere psicofisico delle persone e' ovviamente correlato all'ambiente in cui vivono.

Votare si' significa quindi difendere il diritto di tutti alla salute e al benessere.

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La quinta ragione

La quinta ragione e' che su cio' che tutti riguarda - le questioni concernenti l'ambiente, la salute, la civile convivenza, la sicurezza comune - e' giusto e necessario che tutti possano e debbano esprimersi; e che se devono essere prese delle decisioni importanti e impegnative, esse siano prese da tutti insieme: e' la democrazia come metodo e come sistema, e' la democrazia come potere del popolo. Chi invita a non votare, ad astenersi, in realta' vuole che decisioni che riguardano tutti siano prese solo da pochi avidi potentati economici e politici a danno della stragrande maggioranza della popolazione.

Votare al referendum e' quindi un atto di democrazia e di difesa della democrazia.

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La sesta ragione

La sesta ragione e' che le trivellazioni sono finalizzate ad estrarre fonti energetiche fossili. Ma l'umanita' ormai sa che le fonti energetiche fossili non solo sono perlopiu' altamente inquinanti ma anche esauribili, e sa anche che tanta parte della crisi ambientale globale che minaccia l'intera umanita' e' legata a un'economia fondata sulle fonti fossili; e sa quindi che e' necessario ed urgente passare a fonti pulite e rinnovabili, in primis l'energia solare.

Votare si' al referendum e' un modo concreto per sostenere il passaggio da un modello di approvvigionamento energetico - e da un modello di sviluppo -  ecologicamente insostenibile a uno sostenibile, da una societa' dell'avvelenamento e della devastazione della biosfera ad una societa' solidale e responsabile.

*

La settima ragione

La settima ragione e' che la scelta referendaria implica anche una scelta su quale modello di economia debba presiedere al presente e al futuro dell'umanita': se si debba perseverare in un'economia predatoria, dello sfruttamento fino all'esaurimento delle risorse, dell'avvelenamento del mondo vivente fino alla desertificazione, della violenza dell'uomo sull'uomo per l'accaparramento di beni che dovrebbero essere e restare comuni, del primato dell'arricchimento individuale ai danni della vita, della dignita' e dei diritti della generalita' degli esseri umani viventi, o se invece si debba finalmente uscire da questa preistoria e sviluppare la civilta' umana nella direzione di una economia (etimologicamente: le regole condivise della casa comune) - ovvero ecologia (etimologicamente: la conoscenza condivisa della casa comune) - della solidarieta', della responsabilita', dell'eguaglianza di diritti, della condivisione dei doveri, della cura reciproca, del rispetto per il mondo vivente, del bene comune.

Votare si' al referendum significa impegnarsi per far cessare l'economia della rapina, della sopraffazione e della devastazione, e per costruire insieme l'economia della condivisione, del rispetto, della responsabilita'.

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L'ottava ragione

L'ottava ragione e' la difesa dei diritti delle generazioni future: poiche' decederemo noi se lasciare loro un mondo vivibile o irreversibilmente devastato; giacche' le generazioni future ancora non esistono, non hanno potere di voto: cosicche' ogni volta che si vota per decisioni pubbliche di interesse collettivo dobbiamo saperci porre anche dal punto di vista dei loro diritti e dei loro interessi: dobbiamo essere noi oggi a rappresentare e salvaguardare i diritti e gli interessi degli esseri umani che verranno. E ponendoci la domanda di come difendere i diritti dell'umanita' futura noi in realta' ci poniamo anche la domanda su come essere fedeli all'umanita' passata: poiche' se noi lasceremo un mondo vivibile all'umanita' futura allora un'umanita' futura vi sara', e l'esistenza delle generazioni passate avra' ancora un senso e un valore nell'impresa comune dell'umanita'; ma se noi distruggiamo oggi il mondo vivente cosi' da mettere a rischio non solo il benessere ma la vita stessa dell'umanita' futura, allora con la fine dell'umanita' futura sara' annichilita per sempre tutta la storia, tutta la memoria, tutta la civilta' umana dalle sue origini.

Votare si' al referendum significa agire nell'interesse delle generazioni future, e quindi nell'interesse dell'umanita' intera: siamo una sola famiglia umana, ogni persona si senta quindi responsabile per l'umanita' intera ed agisca di conseguenza.

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La nona ragione

La nona ragione e' che ogni essere umano in quanto capace di pensare ha il dovere di dire la verita'. Coloro che stanno cercando di indurre la popolazione a non partecipare al referendum mentono sapendo di mentire, e con la loro menzogna offendono e umiliano l'intelligenza e quindi la dignita' delle persone a cui si rivolgono, delle persone che vogliono ingannare per meglio sottometterle ai loro voleri. Ci indigna un governo che mente alla popolazione. Dire la verita' e' la condotta indispensabile per la civile convivenza.

Votiamo si' al referendum anche per questo: per affermare il diritto alla verita', per opporci a chi ci mente e pretende ingannarci, ed ingannandoci vuole aggredire e diminuire la nostra umana dignita'.

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La decima ragione

La decima ragione e' relativa a quel criterio epistemologico noto come principio di precauzione, che afferma che anche se non si avesse certezza che un'attivita' provochera' dei danni, e' sufficiente il dubbio che essa possa provocarli per opporvisi. Noi sappiamo che le trivellazioni marine producono gravi danni; noi sappiamo che l'utilizzo delle fonti fossili produce gravi danni; noi sappiamo che il modello di sviluppo fondato sul profitto privato a detrimento del bene comune dell'umanita' e della biosfera produce gravi danni; noi sappiamo che questa logica predatrice, questo sistema di potere sfruttatore e devastatore, sono la stessa e lo stesso che presiedono alle guerre (e non solo a quelle per il petrolio), all'ecocidio (fino al disastro ambientale globale che ormai tutti i governi sono costretti a riconoscere), alla riduzione alla fame e alla schiavitu' di tanta parte dell'umanita': ed a questa logica e a questo sistema dobbiamo e vogliamo opporci in difesa dell'umanita' e del mondo vivente. Ma anche se non sapessimo tutto cio', ed avessimo solo il fondato dubbio che queste attivita' estrattive, questo modello di sviluppo, questa logica di dominio e questo sistema di sopraffazione possano essere - come in effetti sono - dannosi per l'umanita', ebbene, basterebbe questo ragionevole dubbio a persuaderci all'impegno per contrastare queste attivita', questo modello, questa logica e questo sistema in nome del principio di precauzione che convoca ogni essere umano a fare e permettere solo quello che non danneggia gli esseri umani.

Votiamo si' al referendum anche per questo: per il principio di precauzione, per esercitare la virtu' della prudenza, per l'amore e il rispetto che dobbiamo all'umanita' e al mondo, per il principio responsabilita'.

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L'undicesima ragione

L'undicesima ragione e' che le trivellazioni deturpano e distruggono la bellezza dei nostri mari e delle nostre coste. Ed anche la bellezza e' un bene comune e tanta parte della felicita' accessibile agli esseri umani. Difendere la bellezza significa difendere il mondo e la civilta' umana - in questo senso "la bellezza salvera' il mondo".

Votiamo si' al referendum anche per difendere la bellezza e quindi l'esistenza del mondo vivente e dell'umanita' in esso.

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Ergo

Votiamo si' al referendum del 17 aprile in difesa del vero, del bello, del bene.

Votiamo si' al referendum del 17 aprile perche' vi e' una sola umanita' in unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Votiamo si' al referendum del 17 aprile per far prevalere il bene comune con la forza della verita', con la forza della ragione, con la forza della democrazia.

 

5. STRUMENTI. DUE SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE SUL REFERENDUM DEL 17 APRILE

 

Per l'informazione e la riflessione sul referendum del 17 aprile molti utili materiali sono disponibili sui siti internet www.fermaletrivelle.it e www.notriv.com

 

6. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

[L'associazione e centro antiviolenza "Erinna" e' un luogo di comunicazione, solidarieta' e iniziativa tra donne per far emergere, conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza fisica e psichica e lo stupro, reati specifici contro la persona perche' ledono l'inviolabilita' del corpo femminile (art. 1 dello Statuto). Fa progettazione e realizzazione di percorsi formativi ed informativi delle operatrici e di quanti/e, per ruolo professionale e/o istituzionale, vengono a contatto con il fenomeno della violenza. E' un luogo di elaborazione culturale sul genere femminile, di organizzazione di seminari, gruppi di studio, eventi e di interventi nelle scuole. Offre una struttura di riferimento alle donne in stato di disagio per cause di violenze e/o maltrattamenti in famiglia. Erinna e' un'associazione di donne contro la violenza alle donne. Ha come scopo principale la lotta alla violenza di genere per costruire cultura e spazi di liberta' per le donne. Il centro mette a disposizione: segreteria attiva 24 ore su 24; colloqui; consulenza legale e possibilita' di assistenza legale in gratuito patrocinio; attivita' culturali, formazione e percorsi di autodeterminazione. La violenza contro le donne e' ancora oggi un problema sociale di proporzioni mondiali e le donne che si impegnano perche' in Italia e in ogni Paese la violenza venga sconfitta lo fanno nella convinzione che le donne rappresentano una grande risorsa sociale allorquando vengono rispettati i loro diritti e la loro dignita': solo i Paesi che combattono la violenza contro le donne figurano di diritto tra le societa' piu' avanzate. L'intento e' di fare di ogni donna una persona valorizzata, autorevole, economicamente indipendente, ricca di dignita' e saggezza. Una donna che conosca il valore della differenza di genere e operi in solidarieta' con altre donne. La solidarieta' fra donne e' fondamentale per contrastare la violenza]

 

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it, facebook: associazioneerinna1998

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

7. REPETITA IUVANT. CONTRO TUTTI I TERRORISMI, CONTRO TUTTE LE GUERRE

 

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni uccisione e' un crimine.

Non si puo' contrastare una strage commettendo un'altra strage.

Non si puo' contrastare il terrorismo con atti di terrorismo.

A tutti i terrorismi occorre opporsi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

La guerra e' il terrorismo portato all'estremo.

Ogni guerra consiste di innumerevoli uccisioni.

La guerra e' un crimine contro l'umanita'.

Con la guerra gli stati divengono organizzazioni terroriste.

Con la guerra gli stati fanno nascere e crescere le organizzazioni terroriste.

A tutte le guerre occorre opporsi.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Un'organizzazione criminale va contrastata con un'azione di polizia da parte di ordinamenti giuridici legittimi.

La guerra impedisce l'azione di polizia necessaria.

Occorre dunque avviare un immediato processo di pace nel Vicino e nel Medio Oriente che consenta la realizzazione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali, democratici, rispettosi dei diritti umani.

Occorre dunque che l'Europa dismetta ogni politica di guerra, di imperialismo, di colonialismo, di rapina, di razzismo, di negazione della dignita' umana di innumerevoli persone e di interi popoli.

Occorre dunque una politica europea di soccorso umanitario, di pace con mezzi di pace: la politica della nonviolenza che sola riconosce e promuove e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

La violenza assassina si contrasta salvando le vite.

La pace si costruisce abolendo la guerra.

La politica della nonviolenza richiede il disarmo e la smilitarizzazione.

La politica nonviolenta richiede la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Si coalizzino tutti gli stati democratici contro il terrorismo proprio ed altrui, contro il terrorismo delle organizzazioni criminali e degli stati.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per l'indispensabile aiuto umanitario a tutte le persone ed i popoli che ne hanno urgente bisogno.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per contrastare le organizzazioni criminali con azioni di polizia adeguate, mirate a salvare le vite e alla sicurezza comune.

Si coalizzino tutti gli stati democratici per la civile convivenza di tutti i popoli e di tutti gli esseri umani.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Cominci l'Italia.

Cominci l'Italia soccorrendo, accogliendo e assistendo tutte le persone in fuga dalla fame e dall'orrore, dalle dittature e dalla guerra.

Cominci l'Italia cessando di partecipare alle guerre.

Cominci l'Italia uscendo da alleanze militari terroriste e stragiste come la Nato.

Cominci l'Italia cessando di produrre  armi e di rifornirne regimi e poteri dittatoriali e belligeranti.

Cominci l'Italia abrogando tutte le infami misure razziste ancora vigenti nel nostro paese.

Cominci l'Italia con un'azione diplomatica, politica ed economica, e con aiuti umanitari adeguati a promuovere la costruzione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali e democratici dalla Libia alla Siria.

Cominci l'Italia destinando a interventi di pace con mezzi di pace, ad azioni umanitarie nonviolente, i 72 milioni di euro del bilancio dello stato che attualmente ogni giorno sciaguratamente, scelleratamente destina all'apparato militare, alle armi, alla guerra.

Cominci l'Italia a promuovere una politica della sicurezza comune e del bene comune centrata sulla difesa popolare nonviolenta, sui corpi civili di pace, sulla legalita' che salva le vite.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

Ogni vittima ha il voto di Abele.

Alla barbarie occorre opporre la civilta'.

Alla violenza occorre opporre il diritto.

Alla distruzione occorre opporre la convivenza.

Al male occorre opporre il bene.

Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre.

Salvare le vite e' il primo dovere.

 

8. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM

 

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

9. MAESTRI. FRANCO FORTINI: CANTO DEGLI ULTIMI PARTIGIANI

[Da Franco Fortini, Foglio di via, Einaudi, Torino 1946, 1999, p. 32, riprendiamo questo notissimo testo del 1945 (da ultimo ristampato anche in Franco Fortini, Versi scelti. 1939-1989, Einaudi, Torino 1990, p. 15).

Franco Fortini (all'anagrafe Franco Lattes, Fortini e' il cognome della madre assunto come nom de plume) e' nato a Firenze nel 1917, antifascista, partecipa all'esperienza della repubblica partigiana in Val d'Ossola. Nel dopoguerra e' redattore del "Politecnico" di Vittorini; in seguito ha collaborato a varie riviste, da "Comunita'" a "Ragionamenti", da "Officina" ai "Quaderni rossi" ed ai "Quaderni piacentini", ad altre ancora. Ha lavorato nell'industria, nell'editoria, come traduttore e come insegnante. E' stato una delle persone piu' limpide e piu' lucide (e per questo piu' isolate) della sinistra italiana, un uomo di un rigore morale ed intellettuale pressoche' leggendario. E' scomparso nel 1994. Opere di Franco Fortini: per l'opera in versi sono fondamentali almeno le raccolte complessive Poesie scelte (1938-1973), Mondadori; Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi; Versi scelti. 1939-1989, Einaudi; cui si aggiungano l'ultima raccoltina Composita solvantur, Einaudi, e postuma la serie di Poesie inedite, sempre presso Einaudi. E' disponibile ora la raccolta di Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2014. Testi narrativi sono Agonia di Natale (poi riedito col titolo Giovanni e le mani), Einaudi; e Sere in Valdossola, Mondadori, poi Marsilio. Tra i volumi di saggi, fondamentali sono: Asia Maggiore, Einaudi; Dieci inverni, Feltrinelli, poi De Donato; Tre testi per film, Edizioni Avanti!; Verifica dei poteri, Il Saggiatore, poi Garzanti, poi Einaudi; L'ospite ingrato, De Donato, poi una nuova edizione assai ampliata col titolo L'ospite ingrato. Primo e secondo, presso Marietti; I cani del Sinai, Einaudi; Ventiquattro voci per un dizionario di lettere, Il Saggiatore; Questioni di frontiera, Einaudi; I poeti del Novecento, Laterza; Insistenze, Garzanti; Saggi italiani. Nuovi saggi italiani, Garzanti (che riprende nel primo volume i Saggi italiani apparsi precedentemente presso De Donato); Extrema ratio, Garzanti; Attraverso Pasolini, Einaudi; e adesso il postumo incompiuto Un giorno o l'altro, Quodlibet, Macerata 2006. Si veda anche l'antologia fortiniana curata da Paolo Jachia, Non solo oggi, Editori Riuniti; la recente bella raccolta di interviste, Un dialogo ininterrotto, Bollati Boringhieri; e la raccolta di Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003. Tra le opere su Franco Fortini in volume cfr. AA. VV., Uomini usciti di pianto in ragione, Manifestolibri, Roma 1996; Alfonso Berardinelli, Fortini, La Nuova Italia, Firenze 1974; Romano Luperini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986; Remo Pagnanelli, Fortini, Transeuropa, Jesi 1988; Daniele Balicco, Non parlo a tutti. Franco Fortini intellettuale politico, Manifestolibri, Roma 2006. Su Fortini hanno scritto molti protagonisti della cultura e dell'impegno civile; fondamentali sono i saggi fortiniani di Pier Vincenzo Mengaldo; la bibliogafia generale degli scritti di Franco Fortini e' in corso di stampa presso le edizioni Quodlibet a cura del Centro studi Franco Fortini; una bibliografia essenziale della critica e' nel succitato "Meridiano" mondadoriano pubblicato nel 2003]

 

Sulla spalletta del ponte

Le teste degli impiccati

Nell'acqua della fonte

La bava degli impiccati.

 

Sul lastrico del mercato

Le unghie dei fucilati

Sull'erba secca del prato

I denti dei fucilati.

 

Mordere l'aria mordere i sassi

La nostra carne non e' piu' d'uomini

Mordere l'aria mordere i sassi

Il nostro cuore non e' piu' d'uomini.

 

Ma noi s'e' letta negli occhi dei morti

E sulla terra faremo liberta'

Ma l'hanno scritta i pugni dei morti

La giustizia che si fara'.

 

10. MAESTRI. FRANCO FORTINI: COMPLICITA'

[Da Una volta per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi, Torino 1978, 1987, p. 151. E' un testo del 1955, apparso dapprima in Poesia e errore (ed ora anche in Versi scelti. 1939-1989). In una nota a questa poesia Fortini scriveva: "Notizia giornalistica. Nella Ruhr, non pochi operai reduci dai campi di concentramento nazisti cercavano di farsi cancellare il tatuaggio del numero allora impresso sul loro braccio, per non essere identificati, sul luogo di lavoro, come ex resistenti e antifascisti"]

 

Per ognuno di noi che dimentica

c'e' un operaio della Ruhr che cancella

lentamente se stesso e le cifre

che gli incisero sul braccio

i suoi signori e nostri.

 

Per ognuno di noi che rinuncia

un minatore delle Asturie dovra' credere

a una seta di viola e d'argento

e una donna d'Algeri sognera'

d'essere vile e felice.

 

Per ognuno di noi che acconsente

vive un ragazzo triste che ancora non sa

quanto odiera' di esistere.

 

11. MAESTRI. FRANCO FORTINI: PER SERANTINI

[Da Franco Fortini, L'ospite ingrato. Primo e secondo, Marietti, Casale Monferrato (Al) 1985, p. 153. E' un testo del 1972. Ora anche in Versi scelti. 1939-1989, Einaudi, Torino 1990 (con due minime varianti); Non solo oggi, Editori Riuniti, Roma 1991; Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003.

Su Franco Serantini, militante libertario, nato a Cagliari nel 1951 ed ucciso a Pisa nel 1972, cfr. Corrado Stajano, Il sovversivo. Vita e morte dell'anarchico Serantini, Einaudi, Torino 1975, Bfs, Pisa 2002; AA. VV., Franco Serantini. Storia di un sovversivo (e di un assassinio di Stato), suppl. ad "A. rivista anarchica", n. 28, maggio 2002]

 

Il cinque di maggio del Settantadue nella citta'

di Pisa in Italia in mezzo alla citta'

alcuni miei concittadini armati

agenti della polizia repubblicana scatenati

coi fucili rompendogli le ossa del cranio hanno ammazzato

e a calci un giovane manifestante chiamato

Franco Serantini. A quelli che lo hanno ucciso

il governo ha benedette le mani con un sorriso.

Alla radio hanno parlato dei nostri doveri.

La gente ha altri pensieri.

Negli anni della mia vita le vittime innocenti

hanno coperto di corpi i continenti

e ogni giorno il potere squarcia e distrugge chi non

accetta chi non acconsente chi non si consuma con

rabbia o devozione. Lo so perche' io

guardo dalle due parti come un ridicolo iddio.

Non voglio impietosire, non lo mostro denudato

con la fronte nera che i grandi gli hanno spezzato.

E potrei farvi piangere saprei farvi gridare

ma non serve al difficile lavoro che abbiamo da fare.

Per questo queste parole non sono poesia

se non per una rima debole che va via

di riga in riga sibilo e memoria

o augurio o rimorso di qualcosa che fu gloria

o pieta' per nostra storia feroce

canto che serbo' un nome voce che amo' una croce.

Non c'e' ragione che valga il male ne' vittoria una vita.

La mia lo sa che fra poco sara' finita.

Ma se tutto e' un segno solo e diventano i destini

uno solo e noi portiamo Serantini

finche' possiamo.

 

12. MAESTRI. FRANCO FORTINI: LONTANO LONTANO...

[Da Franco Fortini, Composita solvantur, Einaudi, Torino 1994, p. 32. E' una delle "Sette canzonette del Golfo"]

 

Lontano lontano si fanno la guerra.

Il sangue degli altri si sparge per terra.

 

Io questa mattina mi sono ferito

a un gambo di rosa, pungendomi un dito.

 

Succhiando quel dito, pensavo alla guerra.

Oh povera gente, che triste e' la terra!

 

Non posso giovare, non posso parlare,

non posso partire per cielo o per mare.

 

E se anche potessi, o genti indifese,

ho l'arabo nullo! Ho scarso l'inglese!

 

Potrei sotto il capo dei corpi riversi

posare un mio fitto volume di versi?

 

Non credo. Cessiamo la mesta ironia.

Mettiamo una maglia, che il sole va via.

 

13. MAESTRI. FRANCO FORTINI: LA LAMPADINA FULMINATA

[Da Franco Fortini, Poesie inedite, Einaudi, Torino 1995, 1997, p. 12]

 

Qualcosa tintinna

nel vuoto, qualcosa

si e' rotto.

 

Il filo rovente

che spento ora oscilla

non vedi

 

ma senti e un ronzio

si ostina se scuoto

nel buio

 

quel filo che piu'

non brilla e che fu

tuo, mio.

 

14. MAESTRI. FRANCO FORTINI: MARXISMO

[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo, da Franco Fortini, Non solo oggi, Editori Riuniti, Roma 1991 (una bella raccolta di testi brevi e dispersi curata da Paolo Jachia, qui fine editore ma anche autore di egregi studi - vedi ad esempio le sue belle monografie laterziane su Bachtin e De Sanctis). Li' il testo che riportiamo e' alle pp. 145-149. Era primieramente apparso sul "Corriere della sera" del 29 marzo 1983]

 

Quelli che hanno la mia eta' Marx l'hanno letto alla luce delle nostre guerre. Hanno sempre sentito chiamare marxista chi le potenze delle armi, del profitto o del potere avevano voluto ridurre al silenzio. "E tu come li chiami i popoli oppressi o uccisi in nome di Marx?", mi si chiedera' ora; forse supponendo che non abbia trovato il tempo, finora, di chiedermelo. Rispondo che sono dalla mia parte. Li conto insieme a quelli che dal Diciassette, quando sono nato, sono nemici dei miei nemici, a Madrid come a Shanghai, a Leningrado come a Roma, a Hanoi, a Santiago, a Beirut... I cacciatori di "bestie marxiste" (cosi' si esprimono) devono sempre aver avuto difficolta' ad apprezzare le differenze teoriche fra marxiano, marxista, socialista, comunista, bolscevico e cosi' via.

Mi spieghero' meglio, per loro beneficio. C'e' una foto russa, del tempo della guerra civile: un plotone di morti di fame, in panni ridicoli, cappellucci alla Charlot in testa, scarpe slabbrate; e a spall'arm i fucili dello zar. Questo e' marxismo. C'e' un'altra foto, Varsavia 1956, un giovane magro, impermeabile addosso, sta dicendo nel microfono, a una sterminata folla operaia che il giorno dopo l'Armata rossa, come a Budapest, puo' volerli morti o deportati. Anche questo e' marxismo. Con chi queste cose dice di non capirle, di marxismo e' meglio non parlare neanche.

Un certo numero di italiani miei coetanei sparve anzitempo dalla faccia della terra, combattendo borghesi e fascisti. Grazie a loro se le forze dell'ordine volessero perquisirmi, potrei mostrare che sul miei scaffali invecchiano le opere di Marx, di Lenin e di Mao, senza temere, ancora, di venire trascinato alla tortura e alla fossa com'e' accaduto e ogni giorno accade a poche ore di aereo da casa nostra. Dieci o quindici anni fa poco e' mancato che la civica arena o il catino di San Siro non accogliessero, come lo stadio di Santiago del Cile, le "bestie marxiste". So chi mi avrebbe aiutato, in quel caso: non sarebbero stati davvero quelli che mi conoscono perche' hanno letto i miei libri. E ora approfitto di queste righe per salutare Alaide Foppa, mia collega di letteratura italiana a Citta' di Messico. La conobbi anni fa. In questi giorni ho saputo chi l'ha ammazzata, in Guatemala. Anche questo e' marxismo.

Cominciai nel 1940 col Manifesto, per consiglio di Giacomo Noventa e Giampiero Carocci; senza alcun entusiasmo. Capii poi qualcosa da Trockij e Sorel. Durante la guerra vissi in fanteria un buon corso di marxismo pratico. A Zurigo, nell'inverno 1943-44, non so quanti libri lessi, riassunsi e annotai, che parlavano di socialismo e di materialismo storico. Si faceva fuoco di ogni frasca, allora. Un opuscolo in francese, ricordo, mi fu molto utile; l'aveva scritto un tale che firmava con lo pseudonimo, seppi poi, di Saragat. L'apprendistato comprendeva testi anche troppo disparati: Malraux e Rosselli, Victor Serge e Silone, Mondolfo e Eluard...

A guerra finita vennero letture meno selvagge: le opere storiche (Le lotte di classe in Francia, Il diciotto brumaio, La guerra civile in Francia), parte della Sacra famiglia, i primi capitoli, splendidi di genio e forza sintetica, della Ideologia tedesca, i due volumi del primo libro del Capitale, e a partire dal 1949 quei Manoscitti economico-filosofici del 1844 oggi tanto derisi e che mai hanno cessato di stupirmi per la loro capacita' di guidarci da Hegel fino ai giorni che ancora ci aspettano; e di dirci parole di incredibile attualita'. E altro ancora.

Dopo vent'anni di diatribe storico-filologiche sul primo e il secondo Marx; dopo Lukacs e Sartre, Bloch e Sohn-Rethel, Adorno e Althusser, Mao e gli amici torinesi di "Quaderni rossi", a quelle pagine non ho piu' sentito il bisogno di tornare se non nei termini di cui parla Brecht in una poesia intitolata, appunto, "Il pensiero nelle opere dei classici":

 

Non si cura

che tu gia' lo conosca; gli basta

che tu l'abbia dimenticato...

senza l'insegnamento

di chi ieri ancora non sapeva

perderebbe presto la sua forza rapido decadendo.

 

Non stiamo commemorando la nostra giovinezza. Anche se fondamentale, quel pensiero non e' se non un passaggio dell'ininterrotto processo che porta da luce a oscurita' poi ad altra luce, e dal credere di sapere al sapere di credere. Se ne compone (come quella di chiunque) la nostra esistenza. O per la gioia dei piu' sciocchi dovremmo ripetere qual che ci sembra di aver detto sempre e cioe' di non aver creduto mai che il pensiero di Marx potesse fungere da chiave interpretativa del mondo piu' o meglio di quanto lo faccia, ad esempio, la poesia dell'Alighieri? Una educazione alla storia ci faceva almeno intravvedere quel che era stato detto e fatto ben prima e sarebbe stato detto e patito molto dopo di noi.

Quando, per l'Italia, almeno dal 1900, data del libro di Croce, ci viene ogni qualche anno ripetuto che quella di Marx e' filosofia superata, non ho difficolta' ad ammetterlo; sebbene subito dopo domandi che cosa significa superare la filosofia di Platone o di Kant. Quando ci viene spiegato che la teoria marxiana del valore o quella sulla caduta tendenziale del saggio di profitto sono manifestamente errate, non ho difficolta' ad ammetterlo; anche perche' mai l'ho impiegata per capire come vadano le cose di questo mondo. Quando mi si dimostra che l'idea, certo marxiana, di un passaggio dalla preistoria umana alla storia mediante la fine della proprieta' privata, dello Stato e del lavoro alienato, si fonda su di una antropologia fallace e senz'altro smentita dai "socialismi reali", apertamente lo riconosco; anche perche' ho sempre attribuita la figura d'un progresso illimitato all'errore che afferma la indefinita perfettibilita' dell'uomo, un errore illuministico-borghese che Marx ebbe a ereditare.

Ma quando mi si dice che la teoria delle ideologie e' falsa, che la lotta delle classi e' una favola e che il socialismo e' una utopia senza neanche l'utilita' pragmatica delle utopie, chiedo allora un supplemento di istruttoria. Primo, perche' il pensiero epistemologico contemporaneo, dalla critica psicanalitica del soggetto fino alla semiologia, conferma la fine d'ogni immediata coerenza fra parola, coscienza e realta', come fra mondo e concezioni del mondo; secondo, perche' a tutt'oggi e' difficile negare - e lo si sapeva ben prima di Marx - l'esistenza di ininterrotti conflitti di interessi fra gruppi umani per il possesso dei mezzi di produzione e la ripartizione del prodotto sociale; conflitti determinati dai modi del produrre e determinanti l'assetto, o lo sconvolgimento, dell'intera societa'. Per quanto e' del terzo ed ultimo punto, convengo volentieri che esso rinvia ad una persuasione indimostrabile.

La volonta' di eguaglianza e giustizia pertiene alla politica solo grazie alla mediazione dell'etica e della religione. Marx non ne ha data nessuna ragione migliore. Indipendentemente da ogni mito perfezionista, credo si debba continuare a volere (un volere che implica lotta) una sempre piu' sapiente gestione delle conoscenze e delle esistenze. Il "sogno di una cosa" e' la realizzata capacita' dei singoli e delle collettivita' di operare sul rapporto fra necessita' e liberta', fra destino e scelta, fra tempo e attimo.

Il movimento socialista e comunista si e' fondato per cent'anni su quel che si chiamava l'insegnamento di Marx. Ne era parte maggiore l'idea che il passaggio al comunismo dovesse essere conseguenza dello sviluppo delle forze produttive, della industrializzazione e della crescita della classe operaia; e compiersi con una pianificazione centralizzata. In questi nodi di verita' e di errore si e' legato il "socialismo reale". Oggi gli esiti del passato ci impediscono di guardare al futuro. Sono esiti tragici non solo per cadute politiche, economiche o culturali ne' solo per costi umani; ma perche', anche al di fuori dei paesi comunisti, il "marxismo reale" ha accettato il quadro mentale del suo antagonista: primato della tecnologia, etica della efficienza, sfruttamento dei piu' deboli. Sembrano falliti tutti i tentativi per uscire da questa logica: massimo quello cinese. Eppure, Bloch dice, non e' stata data nessuna prova che quella uscita sia impossibile. L'eredita' marxiana e' divisa: una meta' e' ancora nostra, l'altra e' dei nemici del socialismo e comunismo, sotto ogni bandiera, anche rossa.

Quanto alla mente geniale morta cent'anni fa, e' anche grazie ad essa che e' stato ridimensionato il ruolo delle grandi personalita' e dei loro sepolcri. Pero' ho visitato con commozione a Parigi il Muro dei Federati, a Nanchino la Terrazza della Pioggia di Fiori o dei Centomila Fucilati; mi fosse possibile, andrei a onorare i morti dei Gulag: sono tutti di una medesima parte, tuttavia parte; non ipocrita bacio tra vittime e carnefici. Marx ci ha infatti insegnato a capire una volta per sempre quale opera implacabile gli ignoti, gli infiniti vinti vincitori, compiano entro le societa' che preferirebbero ignorarli ed entro di noi; quali cunicoli scavino, quali fornelli di mina preparino anche in coloro che li odiano per aver voluto qualcosa che interi popoli oppressi continuano, morti e vivi, a volere. Tutta la storia umana, ci dice, deve essere ancora adempiuta, interpretata, "salvata". E o lo sara' o non ci sara' piu' - sappiamo che e' possibile - nessuna storia. O ti interpreti, ti oltrepassi, ti "salvi" o non sarai esistito mai.

L'amico di Federico Engels non e' stato davvero il primo a dircelo. L'ultimo si'. E meglio ancora ogni giorno lo dice, oscuro a se stesso, "il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" (Ideologia tedesca, 1845-46, I, a). Anche questo e' marxismo.

 

15. MAESTRI. FRANCO FORTINI: COMUNISMO

[Riproponiamo ancora una volta il seguente testo, da Franco Fortini, Extrema ratio, Garzanti, Milano 1990, pp. 99-101; era stato pubblicato per la prima volta nell'inserto settimanale satirico "Cuore" del quotidiano "L'Unita'" del 16 gennaio 1989. Dopo la pubblicazione in Extrema ratio, questo testo e' stato ristampato anche nell'opuscolo Una voce: comunismo, Edizioni del Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1990; in Non solo oggi, Editori Riuniti, Roma 1991; in Saggi ed epigrammi, Mondadori, Milano 2003]

 

"Termine con cui si designano dottrine che propugnano e descrivono una societa' basata su forme comunitarie di produzione ovvero di produzione e consumo, in alternativa a societa' basate su forme di proprieta' privata ovvero di distribuzione e di consumo diseguali. Possesso comune della terra e dei mezzi di produzione, lavoro per tutti, regolazione pianificatrice dei bisogni e delle funzioni (...) parte integrante di tali dottrine e' l'educazione comune, pubblica, di tutti gli individui" (Enciclopedia Garzanti).

 

Il combattimento per il comunismo e' gia' il comunismo. E' la possibilita' (quindi scelta e rischio, in nome di valori non dimostrabili) che il maggior numero di esseri umani - e, in prospettiva, la loro totalita' - pervenga a vivere in una contraddizione diversa da quella oggi dominante. Unico progresso, ma reale, e' e sara' il raggiungimento di un luogo piu' alto, visibile e veggente, dove sia possibile promuovere i poteri e la qualita' di ogni singola esistenza. Riconoscere e promuovere la lotta delle classi e' condizione perche' ogni singola vittoria tenda ad estinguere la forma presente di quello scontro e apra altro fronte, di altra lotta, rifiutando ogni favola di progresso lineare e senza conflitti.

Meno consapevole di se' quanto piu' lacerante e reale, il conflitto e' fra classi di individui dotati di diseguali gradi e facolta' di gestione della propria vita. Oppressori e sfruttatori (in Occidente, quasi tutti; differenziati solo dal grado di potere che ne deriviamo) con la non-liberta' di altri uomini si pagano l'illusione di poter scegliere e regolare la propria individuale esistenza. Quel che sta oltre la frontiera di tale loro "liberta'" non lo vivono essi come positivo confine della condizione umana, come limite da riconoscere e usare, ma come un nero Nulla divoratore. Per dimenticarlo o per rimuoverlo gli sacrificano quote sempre maggiori di liberta', cioe' di vita, altrui; e, indirettamente, di quella propria. Oppressi e sfruttati (e tutti, in qualche misura, lo siamo; differenziati solo dal grado di impotenza che ne deriviamo) vivono inguaribilita' e miseria di una vita incontrollabile, dissolta ora nella precarieta' e nella paura della morte ora nella insensatezza e non-liberta' della produzione e dei consumi. Ne' gli oppressi e sfruttati sono migliori, fintanto che ingannano se stessi con la speranza di trasformarsi, a loro volta, in oppressori e sfruttatori di altri uomini. Migliori cominciano ad esserlo invece da quando assumono la via della lotta per il comunismo; che comporta durezza e odio per tutto quel che, dentro e fuori degli individui, si oppone alla gestione sovraindividuale delle esistenze; ma anche flessibilita' e amore per tutto quel che la promuove e la fa fiorire.

Il comunismo in cammino (un altro non esiste) e' dunque un percorso che passa anche attraverso errori e violenze, tanto piu' avvertiti come intollerabili quanto piu' chiara si faccia la consapevolezza di che cosa gli altri siano, di che cosa noi si sia e di quanta parte di noi costituisca anche gli altri; e viceversa. Il comunismo in cammino comporta che uomini siano usati come mezzi per un fine che nulla garantisce invece che, come oggi avviene, per un fine che non e' mai la loro vita. Usati, ma sempre meno, come mezzi per un fine, un fine che sempre piu' dovra' coincidere con loro stessi. Ma chi dalla lotta sia costretto ad usare altri uomini come mezzi (e anche chi accetti volontariamente di venir usato cosi') mai potra' concedersi buona coscienza o scarico di responsabilita' sulle spalle della necessita' o della storia.

Chi quella lotta accetta si fa dunque, e nel medesimo tempo, amico e nemico degli uomini. Non solo amico di quelli in cui si riconosce e ai quali, come a se stesso, indirizza la propria azione; e non solo nemico di quanti riconosce, di quel fine, nemici. Ma anche nemico, sebbene in altro modo e misura, anche dei propri fratelli e compagni e di se stesso; perche' non dara' requie ne' a se' medesimo ne' a loro, per strappare essi e se stesso agli inganni della dimenticanza, delle apparenze e del sempreuguale.

Dovra' evitare l'errore di credere in un perfezionamento illimitato; ossia che l'uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Questo errore, con le piu' varie manipolazioni, ha gia' prodotto, e puo' produrre, dei sottouomini o dei sovrauomini; egualmente negatori degli uomini in cui ci riconosciamo. Ereditato dall'Illuminismo e dallo scientismo, depositato dalla cultura faustiana della borghesia vittoriosa dell'Ottocento, quell'errore ottimistico fu presente anche in Marx e in Lenin e oggi trionfa nella maschera tecnocratica del capitale. Quando si parla di un al di la' dell'uomo, e' dunque necessario intendere un al di la' dell'uomo presente, non un al di la' della specie. Comunismo e' rifiutare anche ogni sorta di mutanti per preservare la capacita' di riconoscersi nei passati e nei venturi.

Il comunismo in cammino adempie l'unita' tendenziale tanto di eguaglianza, fraternita' e condivisione quanto quella di sapere scientifico e di sapienza etico-religiosa. La gestione individuale, di gruppo e internazionale, dell'esistenza (con i suoi insuperabili nessi di liberta' e necessita', di certezza e rischio) implica la conoscenza delle frontiere della specie umana e quindi della sua infermita' radicale (anche nel senso leopardiano). Quella umana e' una specie che si definisce dalla capacita' (o dalla speranza) di conoscere e dirigere se stessa e di avere pieta' di se'. In essa, identificarsi con le miriadi scomparse e con quelle non ancora nate e' un atto di rivolgimento amoroso verso i vicini e i prossimi; ed e' allegoria e figura di coloro che saranno.

Il comunismo e' il processo materiale che vuol rendere sensibile e intellettuale la materialita' delle cose dette spirituali. Fino al punto di sapere leggere nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini fecero e furono sotto la sovranita' del tempo; e interpretarvi le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascera' traccia.

 

16. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Giovanni Cecchetti, Il Verga maggiore. Sette studi, La Nuova Italia, Firenze 1968, 1975, pp. VI + 222.

- Romano Luperini, L'orgoglio e la disperata rassegnazione. Natura e societa', maschera e realta' nell'ultimo Verga, Savelli, Roma 1974, pp. 136.

- Romano Luperini (a cura di), Interpretazioni di Verga, Savelli, Roma 1975, 1976, pp. 304.

- Giorgio Santangelo, Storia della critica verghiana, La Nuova Italia, Firenze 1954, 1973, pp. VIII + 212.

*

Riedizioni

- Gabriella Alfieri, Verga, Salerno, Roma 2016, Rcs, Milano 2016, pp. 366, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

18. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2316 del 12 aprile 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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