[Nonviolenza] Telegrammi. 2138



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2138 del 16 ottobre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. No

2. Hic et nunc, quid agendum

3. Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Stefano Rodota', Massimo Villone: La peggiore riforma

4. Marwan Barghouti: L'ultimo giorno dell'occupazione sara' il primo giorno della pace

5. Peppe Sini: Un discorso a Terni per la liberta' e i diritti del popolo palestinese (2002)

6. In memoria di Gaston Bachelard, di Dino Buzzati, di Mary Daly, di Ivan Della Mea

7. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"

8. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. NO

 

Non entreremo nel gioco del "meno peggio": se sia preferibile sostenere i fascisti di una casacca o i fascisti di un'altra tra quanti si fronteggiano oggi nelle guerre imperialiste e stragiste in corso.

Noi siamo contro tutte le guerre, contro tutte le dittature, contro tutti i fascismi.

Noi crediamo che ogni vita umana sia un valore infinito e quindi che nessuna uccisione sia ammissibile.

Noi crediamo che tutte le guerre siano contro l'umanita'.

Noi sosteniamo che l'unica salvezza per l'umanita' e' nella scelta della nonviolenza che a tutte le violenze si oppone, che lotta contro tutte le oppressioni, che vuole salvare tutte le vite.

 

2. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM

[Riproponiamo ancora una volta]

 

Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.

Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.

Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.

Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.

Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.

Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.

In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.

In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.

In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.

L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.

L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

 

3. APPELLI. GAETANO AZZARITI, LORENZA CARLASSARE, GIANNI FERRARA, ALESSANDRO PACE, STEFANO RODOTA', MASSIMO VILLONE: LA PEGGIORE RIFORMA

[Dai Comitati Dossetti (per contatti: comitatidossetti at tiscali.it) riceviamo e diffondiamo il seguente appello del 13 ottobre 2015 sottoscritto da Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Stefano Rodota', Massimo Villone]

 

La proposta di legge costituzionale che il Senato votera' oggi dissolve l'identita' della Repubblica nata dalla Resistenza. E' inaccettabile per il metodo e i contenuti; lo e' ancor di piu' in rapporto alla legge elettorale gia' approvata.

Nel metodo: e' costruita per la sopravvivenza di un governo e di una maggioranza privi di qualsiasi legittimazione sostanziale dopo la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' del "Porcellum". Molteplici forzature di prassi e regolamenti hanno determinato in Parlamento spaccature insanabili tra le forze politiche, giungendo ora al voto finale con una maggioranza raccogliticcia e occasionale, che nemmeno esisterebbe senza il premio di maggioranza dichiarato illegittimo.

Nei contenuti: la cancellazione della elezione diretta dei senatori, la drastica riduzione dei componenti - lasciando immutato il numero dei deputati - la composizione fondata su persone selezionate per la titolarita' di un diverso mandato (e tratta da un ceto politico di cui l'esperienza dimostra la prevalente bassa qualita') colpiscono irrimediabilmente il principio della rappresentanza politica e gli equilibri del sistema istituzionale. Non basta l'argomento del taglio dei costi, che piu' e meglio poteva perseguirsi con scelte diverse. Ne' basta l'intento dichiarato di costruire una piu' efficiente Repubblica delle autonomie, smentito dal complesso e farraginoso procedimento legislativo, e da un rapporto Stato-Regioni che solo in piccola parte realizza obiettivi di razionalizzazione e semplificazione, determinando per contro rischi di neo-centralismo.

Il vero obiettivo della riforma e' lo spostamento dell'asse istituzionale a favore dell'esecutivo. Una prova si trae dalla introduzione in Costituzione di un governo dominus dell'agenda dei lavori parlamentari. Ma ne e' soprattutto prova la sinergia con la legge elettorale "Italicum", che aggiunge all'azzeramento della rappresentativita' del Senato l'indebolimento radicale della rappresentativita' della Camera dei deputati. Ballottaggio, premio di maggioranza alla singola lista, soglie di accesso, voto bloccato sui capilista consegnano la Camera nelle mani del leader del partito vincente - anche con pochi voti - nella competizione elettorale, secondo il modello dell'uomo solo al comando. Ne vengono effetti collaterali negativi anche per il sistema di checks and balances. Ne risente infatti l'elezione del Capo dello Stato, dei componenti della Corte costituzionale, del Csm. E ne esce indebolita la stessa rigidita' della Costituzione. La funzione di revisione rimane bicamerale, ma i numeri necessari sono alla Camera artificialmente garantiti alla maggioranza di governo, mentre in Senato troviamo membri privi di qualsiasi legittimazione sostanziale a partecipare alla delicatissima funzione di modificare la Carta fondamentale.

L'incontro delle forze politiche antifasciste in Assemblea costituente trovo' fondamento nella condivisione di essenziali obiettivi di eguaglianza e giustizia sociale, di tutela di liberta' e diritti. Sul progetto politico fu costruita un'architettura istituzionale fondata sulla partecipazione democratica, sulla rappresentanza politica, sull'equilibrio tra i poteri.

Il disegno di legge Renzi-Boschi stravolge radicalmente l'impianto della Costituzione del 1948, ed e' volto ad affrontare un momento storico difficile e una pesante crisi economica concentrando il potere sull'esecutivo, riducendo la partecipazione democratica, mettendo il bavaglio al dissenso. Non basta certo in senso contrario l'argomento che la proposta riguarda solo i profili organizzativi.

L'impatto sulla sovranita' popolare, sulla rappresentanza, sulla partecipazione democratica, sul diritto di voto e' indiscutibile. Piu' in generale, l'assetto istituzionale e' decisivo per l'attuazione dei diritti e delle liberta' di cui alla prima parte, come e' stato reso evidente dalla sciagurata riforma dell'articolo 81 della Costituzione.

Bisogna dunque battersi contro questa modifica della Costituzione. Facendo mancare il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in seconda deliberazione. E poi con una battaglia referendaria come quella che fece cadere nel 2006, con il voto del popolo italiano, la riforma - parimenti stravolgente - approvata dal centrodestra.

 

4. TESTIMONIANZE. MARWAN BARGHOUTI: L'ULTIMO GIORNO DELL'OCCUPAZIONE SARA' IL PRIMO GIORNO DELLA PACE

[Pubblichiamo la lettera di Marwan Barghouti apparsa l'11 ottobre 2015 su "The Guardian".

Marwan Barghouti e' il Nelson Mandela palestinese, attualmente detenuto nelle carceri israeliane. Tutti sanno che e' la persona che puo' guidare a una soluzione nonviolenta del conflitto israelo-palestinese. E' indispensabile che sia liberato affinche' possa condurre le trattative che portino all'esistenza di due stati - Israele e Palestina - indipendenti, democratici e sicuri, in cui due popoli possano vivere nella liberta', nel benessere e nella sicurezza; affinche' possa dare il suo fondamentale ed insostituibile contributo al processo che porti alla fine dell'oppressione, alla guarigione delle ferite e alla convivenza nella giustizia e nel rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani]

 

L'escalation di violenze non e' cominciata con l'uccisione di due coloni israeliani, e' cominciata molto tempo fa ed e' andata avanti per anni. Ogni giorno ci sono palestinesi uccisi, feriti, arrestati. Ogni giorno che passa, il colonialismo avanza, l'assedio del nostro popolo a Gaza continua, oppressioni e umiliazioni si susseguono. Mentre molti oggi ci vogliono schiacciati dalle possibili conseguenze di una nuova spirale di violenza, io continuero', come ho fatto nel 2002, a chiedere di occuparsi delle cause che stanno alla radice della violenza: il rifiuto della liberta' ai palestinesi.

Alcuni hanno detto che il motivo per cui non si e' raggiunto un accordo di pace e' stata la mancata volonta' del defunto presidente Yasser Arafat o l'incapacita' del presidente Mahmoud Abbas, mentre sia l'uno che l'altro erano disposti e capaci di firmare un accordo di pace. Il vero problema e' che Israele ha scelto l'occupazione al posto della pace ed ha usato i negoziati come una cortina di fumo per portare avanti il suo progetto coloniale. Tutti i governi del mondo conoscono questa semplice verita', eppure molti di loro fanno finta che un ritorno alle ricette fallite del passato ci potrebbe permettere di raggiungere liberta' e pace. Follia e' continuare a fare sempre la stessa cosa e aspettarsi che il risultato cambi.

Non ci puo' essere negoziato senza un chiaro impegno di Israele a ritirarsi completamente dal territorio palestinese che ha occupato nel 1967 (tra cui Gerusalemme), una completa cessazione di tutte le pratiche coloniali, il riconoscimento dei diritti inalienabili dei palestinesi, compreso il loro diritto all'autodeterminazione e al ritorno, la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi. Non possiamo convivere con l'occupazione, e non ci arrenderemo all'occupazione.

Ci si esorta ad essere pazienti e lo siamo stati, offrendo occasioni e occasioni per raggiungere un accordo di pace, dal 2005 ad oggi. Forse val la pena ricordare al mondo che, per noi, espropriazione, esilio forzato, trasferimento e oppressione durano ormai da quasi 70 anni e che noi siamo l'unico problema bloccato nell'agenda dell'Onu dalla sua fondazione.

Ci e' stato detto che se ci affidavamo a metodi pacifici e alla strada della diplomazia e della politica, ci saremmo guadagnati l'appoggio della comunita' internazionale per porre fine all'occupazione. Eppure, come gia' era avvenuto nel 1999 alla fine del periodo di interim, la comunita' internazionale non ha intrapreso alcuna azione significativa, come ad esempio costituire una struttura internazionale per applicare la legge internazionale e le risoluzioni dell'Onu, varare misure per garantire la responsabilizzazione delle parti, anche attraverso boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni, come era stato fatto per liberare il mondo dal regime dell'apartheid.

E allora, in mancanza di un intervento internazionale per porre fine all'occupazione, in mancanza di una seria azione dei vari governi per interrompere l'impunita' di Israele, in mancanza di qualunque prospettiva di protezione internazionale per il popolo palestinese sotto occupazione, e mentre il colonialismo e le sue manifestazioni violente hanno un'impennata (compresi gli atti di violenza dei coloni israeliani), cosa dovremmo fare? Stare inerti ad aspettare che un'altra famiglia palestinese sia bruciata, che un altro giovane palestinese sia ucciso, che un altro insediamento sia costruito, che un'altra casa palestinese sia distrutta, che un altro bambino palestinese sia arrestato, che i coloni facciano un altro attacco, che ci sia un'altra aggressione contro il nostro popolo a Gaza?

Tutto il mondo sa che Gerusalemme e' la fiamma che puo' ispirare la pace e che puo' accendere la guerra. E allora perche' il mondo rimane immobile mentre gli attacchi israeliani contro i palestinesi della citta' e contro i luoghi santi musulmani e cristiani - specialmente Al-Haram Al-Sharif - continuano senza sosta? Le azioni e i crimini di Israele non distruggono soltanto la soluzione dei due stati secondo i confini del 1967 e non violano soltanto la legge internazionale, ma minacciano di trasformare un conflitto politico risolvibile in una guerra religiosa senza fine che indebolira' ulteriormente la stabilita' in una regione che e' gia' preda di un disordine senza precedenti.

Nessun popolo della terra accetterebbe di convivere con l'oppressione. E' nella natura dell'uomo anelare alla liberta', lottare per la liberta', sacrificarsi per la liberta'. E la liberta' del popolo palestinese e' in grave ritardo. Durante la prima Intifada il governo di Israele lancio' lo slogan "spezza le loro ossa per spezzare la loro volonta'", ma, una generazione dopo l'altra, il popolo palestinese ha dimostrato che la sua volonta' e' indistruttibile e non deve essere messa alla prova.

Questa nuova generazione palestinese non ha aspettato colloqui di riconciliazione per incarnare quell'unita' nazionale che i partiti politici non hanno saputo raggiungere, ma si e' posta al di sopra delle divisioni politiche e della frammentazione geografica. Non ha aspettato istruzioni per sostenere il suo diritto, e il suo dovere, di opporsi a questa occupazione. E lo fa disarmata, di fronte ad una delle maggiori potenze militari del mondo. Eppure continuiamo ad esser convinti che liberta' e dignita' trionferanno, e noi avremo la meglio. E che quella bandiera che abbiamo innalzato con orgoglio all'Onu sventolera' un giorno sulle mura della citta' vecchia di Gerusalemme, e non per un giorno ma per sempre.

Mi sono unito alla lotta per l'indipendenza palestinese 40 anni fa e sono stato imprigionato per la prima volta a 15 anni. Questo non mi ha impedito di adoperarmi per una pace basata sulla legge internazionale e sulle risoluzioni dell'Onu. Ma ho visto Israele, la potenza occupante, distruggere metodicamente questa prospettiva un anno dopo l'altro.

Ho trascorso 20 anni della mia vita, tra cui gli ultimi 13, nelle prigioni di Israele e tutti questi anni mi hanno reso ancora piu' convinto di questa immutabile verita': l'ultimo giorno dell'occupazione sara' il primo giorno della pace.

Coloro che cercano quest'ultima devono agire, e agire subito, perche' si realizzi la prima condizione.

 

5. REPETITA IUVANT. PEPPE SINI: UN DISCORSO A TERNI PER LA LIBERTA' E I DIRITTI DEL POPOLO PALESTINESE (2002)

[Il 25 ottobre 2002 si svolse a Terni in largo Villa Glori una iniziativa pubblica sul tema "Liberta' e diritti per il popolo palestinese", promossa dal Terni Social Forum. Ad essa intervennero come relatori Bassam Saleh, portavoce della comunita' palestinese di Roma, e Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo; riportiamo ancora una volta una sintesi della relazione svolta da quest'ultimo, che successivamente apparve anche su "A. Rivista anarchica" n. 286 del dicembre 2002 - gennaio 2003 col titolo "Al fianco del popolo palestinese. E di quello israeliano"]

 

1. Tra i maestri che ho avuto due mi sono assai cari, defunti ormai da anni; si chiamavano - si chiamano, poiche' la memoria non muore - Primo Levi e Vittorio Emanuele Giuntella. Entrambi erano superstiti dei lager nazisti.

Primo Levi credo sia il piu' grande testimone della dignita' umana; e forse grazie a lui piu' che a ogni altro noi serbiamo memoria dell'orrore di Auschwitz; da lui piu' che da ogni altro abbiamo ereditato la consegna di impedire che Auschwitz ritorni. Non possiamo dimenticare.

Vittorio Emanuele Giuntella fu uno degli ufficiali italiani nei Balcani che dopo l'8 settembre 1943 dovettero scegliere tra continuare la guerra al servizio dei nazisti, o il lager. Scelse il lager, scelse quella che Alessandro Natta ha chiamato "l'altra Resistenza", la Resistenza dimenticata ma non meno eroica di migliaia e migliaia di soldati italiani che dissero di no a Hitler e Mussolini, e subirono il lager: migliaia e migliaia di uomini spesso molto giovani che posti per la prima volta in vita loro di fronte a una concreta e cogente possibilita' di scelta tra diventare complici dei carnefici ed avere garantita la vita, o essere fedeli all'umanita' e subire ogni sorta di angherie ed essere esposti alla morte, seppero fare la scelta giusta, la scelta metuenda e sublime di donare interamente se stessi alla causa dell'umanita'. Non possiamo dimenticare.

2. Ho fatto questa premessa per due motivi:

a) il primo: la Shoah, e a monte di essa e intorno ad essa la bimillenaria bestiale persecuzione antiebraica, e' per me, per la mia esistenza, nel mio vissuto di essere umano, un nodo storico e morale ed esistenziale decisivo: non tradiro' mai i miei maestri vittime del lager.

b) Il secondo: Primo Levi e' anche l'uomo, il giusto, il saggio, che nel 1982 levo' la sua voce che risuono' in tutto il mondo come la voce stessa dell'umanita' contro i rsponsabili e i complici dei massacri di Sabra e Chatila, e tra essi c'era anche Ariel Sharon. Ed e' nel ricordo e nel nome di Primo Levi e delle sue parole che qui io oggi ripeto: "Sharon deve dimettersi".

3. E un altro ricordo mi affiora alla mente: molti anni fa come molti altri adottai a distanza un bambino palestinese. Non so se e' ancora vivo, oggi sarebbe un uomo. Vorrei che almeno lui, Muatez, possa vedere quel giorno che tarda tanto a venire, in cui due popoli in due stati possano vivere da vicini in fraternita'.

4. Ma perche' questo accada, e mentre la tragedia e' in corso, occorre, io credo, un agire consapevole per la giustizia e quindi la pace e quindi la riconciliazione; un agire che per essere consapevole, di questa tragedia, di questo conflitto, deve cercare e cogliere le radici, le piu' profonde radici, e queste radici stanno qui, in Europa.

Siamo noi europei i responsabili di cio' che accade cola' dal '48; e quindi prima di fare la predica agli altri, facciamo un esame di coscienza a noi stessi.

In due forme l'Europa e' responsabile:

a) per il colonialismo: lungo cinque secoli, e che continua tuttora; rapporto Nord/Sud e' un eufemismo che occulta e insieme dice questa rapina che da cinque secoli le elites del quinto piu' ricco dell'umanita' compiono ai danni dei quattro quinti dell'umanita' impoveriti perche' rapinati.

b) per il razzismo: che oggi raggiunge forme parossistiche e nuovamente atrocemente invade fino le legislazioni; e nell'alveo del pregiudizio e della persecuzione razzista quella sua manifestazione la piu' prolungata e feroce, la persecuzione antiebraica: persecuzione compiuta dai romani prima con l'invasione, la distruzione del tempio, la deportazione, il disconoscimento di dignita'; dalle chiese cristiane poi, con una crudelta' superiore a quella stessa dei romani; al delirante razzismo scientista delle epoche illuminista e romantica; fino al culmine dei pogrom come arma politica e tecnica amministrativa stragista, fino all'orrore assoluto della Shoah. L'antisemitismo che e' ancora cosi' diffuso, pervasivo e virulento in Europa e nel nostro paese, l'antisemitismo che contamina oscenamente anche tante persone che pure si credono sinceramente democratiche ed antifasciste.

Come possiamo, noi che sappiamo questo, non capire le forti autentiche ragioni della maggioranza della popolazione di Israele e dell'ebraismo della diaspora nella difesa di Israele come ultimo, estremo rifugio per le vittime di duemila anni di persecuzione, per i sopravvissuti dei campi di sterminio e i loro figli?

La nostra sodarieta' con il popolo palestinese, ed affinche' cessi la persecuzione, l'occupazione, l'iniquita' mostruosa che esso subisce, e' anche la nostra solidarieta' con la popolazione di Israele e con entrambe le diaspore: affinche' mai piu' alcun essere umano debba temere la persecuzione e la morte; affinche' mai piu' colonialismo e razzismo terrorizzino, opprimano, massacrino, neghino il diritto stesso ad esistere ad alcuna cultura e ad alcun essere umano.

5. Solo recuperando la memoria di tutte le vittime si puo' operare per una strategia nonviolenta di liberazione, per un'azione di pace che costruisca riconoscimento di diritti e convivenza.

6. Ma il conflitto israelo-palestinese va contestualizzato non solo lungo l'asse del tempo ma anche nel campo spaziale, ovvero - come si usa dire oggi - geopolitico. Rispetto al paradigma interpretativo consueto e consunto che vede solo un conflitto tra due soggetti peraltro assimmetrici, uno stato occupante e una popolazione disperata; o all'altro paradigma anch'esso consueto e consunto che vede solo un conflitto tra un popolo perseguitato per millenni e circondato da stati dittatoriali ostilissimi; credo occorra un modello ermeneutico piu' complesso rispetto agli approcci banalizzanti e disutili che in quanto si prestano alla propaganda piu' irriflessa divengono complici degli errori ed orrori ideologici e pratici che ne conseguono.

Da tempo propongo un approccio per cosi' dire "a scatole cinesi": quel conflitto - che pure ha le sue assolute peculiarita' - intendendo come spicchio (ma per molti versi olografico) del conflitto regionale, che a sua volta e' spicchio e specchio del conflitto nord/sud, luogo di precipitazione di cruciali nodi economici, strategici, politici: ovvero del sistema di dominazione di quella che oggi si usa chiamare globalizzazione neoliberista ma che in termini di modellistica economica dovremmo chiamare espansione su scala quasi planetaria del modo di produzione capitalistico nelle forme tipiche dello stadio neoimperialistico - ma mi rendo ben conto che anche questi termini perdono molto della loro capacita' euristica se intesi come etichette ideologiche invece che come indicazioni metodologiche per la riflessione, la ricerca, l'analisi (ed ovviamente per l'azione contro l'ingiustizia e in difesa ed a promozione dell'umanita', ovvero del riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani).

7. Ed anche la memoria delle vittime ha le sue dialettiche (Tzvetan Todorov ha scritto delle pagine indimenticabili ed imprescindibili su questo cruciale argomento), ed occorre quindi avere memoria delle vittime nella prospettiva della liberazione e della riconciliazione (penso all'esperienza dalla Commissione per la verita' e la riconciliazione in Sudafrica, un'esperienza non solo morale e politica, ma giuridica e giuriscostituente che porta la nonviolenza al cuore dell'organizzazione delle istituzioni, dello stato, della societa' e della cultura, proprio a partire dal recupero della memoria e dal riconoscimento della verita' e dei crimini subiti e commessi); la memoria quindi che salva e che libera e che riconcilia, che fonda convivenza; non quella dell'infinitizzazione degli odi e delle faide, del disprezzo e del rancore gentilizio e razzista, degli egoismi di massa e delle abominevoli "pulizie etniche".

8. E allora una strategia di solidarieta' e di liberazione che tenga conto di cio' io credo debba avere due caratteristiche, o - se si preferisce - debba muovere da due persuasioni (come tali indimostrabili):

a) che l'indipendenza dei popoli oppressi o sara' socialista, democratica e libertaria o non sara'; intendendo con il decisivo aggettivo "socialista" purtroppo cosi' abusato e deturpato nel corso del Novecento l'impegno ad una organizzazione sociale che sia intesa al fine della giustizia e della solidarieta', che non permetta la riproduzione sotto mentite spoglie della dominazione oppressiva dei pochi sui piu', ma tutti chiami a cooperare per il comune benessere: la storia delle decolonizzazioni del XX secolo ci rivela come il non essere riusciti a dotare i paesi di nuova indipendenza di autentiche caratteristiche socialiste, democratiche e libertarie abbia provocato la degenerazione delle esperienze di liberazione e il permanere o il riaffermarsi di forme di dominazione ferocissime e sostanzialmente neocoloniali;

b) che la strategia e la prassi della lotta di liberazione dei popoli oppressi o sara' tendenzialmente sempre piu' e sempre piu' unicamente nonviolenta, o quella liberazione non sara'; intendendo con questo aggettivo la scelta intellettuale e morale della lotta piu' nitida ed intransigente contro l'ingiustizia e l'oppressione, la lotta che della violenza della dominazione tutto ripudia e rigetta, nei fatti e nei metodi; la scelta che caratterizzo' la grandissima parte delle esperienze storiche di Resistenza e di liberazione da quando l'umanita' e' in lotta per il diritto a vivere e la dignita'. Di contro ad una storiografia sempre "dalla parte dei vincitori" ed affascinata e fin ipnotizzata dalla violenza, occorre affermare che le lotte piu' grandi e le piu' grandi conquiste di liberta', di diritto, di solidarieta', hanno avuto precipue e decisive caratteristiche nonviolente; e che anche quel grandioso fenomeno di cui tutti noi siamo figli riconoscenti che e' la Resistenza vittoriosa dei popoli contro il nazifascismo e' stata nella sua massima parte una esperienza di lotta nonviolenta, come testimoniano le memorie e le analisi di moltissimi eroici protagonisti dell'antifascismo e della stessa lotta partigiana.

9. Perche' questa e' la mia convinzione: che la nostra solidarieta' con il popolo palestinese oppresso deve essere concreta e nonviolenta, rigorosa ed esigente, esigente nei cofnronti di noi stessi e degli altri; e che in quanto questa solidarieta' svolgiamo, dobbiamo chiedere a chi lotta per il diritto ad esistere di voler vivere, di non darsi alla morte, e di accostarsi sempre di piu' alla nonviolenza. Come ci hanno insegnato nel loro estremo agire e nelle loro ultime parole i condannati a morte della Resistenza al nazifascismo; come ci ha insegnato Gandhi; come ci ha insegnato Nelson Mandela; come ci ha insegnato il movimento delle donne, la piu' grande esperienza storica di lotta nonviolenta, la lotta che ha promosso il piu' grande cambiamento positivo della storia, una lotta nel corso della quale le protagoniste di essa non hanno mai ucciso una sola persona.

10. Questa scelta implica altresi' il il rifiuto della menzogna e di ogni atteggiamento totalitario. Implica il rifiuto di ogni ideologia sacrificale.

Implica la scelta di quel principio che e' alla base di tutte le grandi tradizioni di pensiero religiose e laiche: non uccidere.

Implica la solidarieta' piena con tutte le vittime (ha scritto una volta - e per sempre - Heinrich Boell che "ogni vittima ha il volto di Abele").

Implica la condanna di ogni terrorismo: di stato, di gruppo e individuale.

Implica l'affermazione del diritto del popolo e dello stato palestinese a esistere; ed implica il diritto del popolo e dello stato di Israele a esistere. Verra' forse un tempo in cui l'umanita' riuscira' a superare le divisioni di stati e di classi, ma per preparare quel tempo, per muovere in quella direzione, per uscire da questo nostro terribile tempo che quel geniale pensatore defini' "la preistoria dell'umanita'", occorre intanto, qui e adesso, riconoscere il diritto di ogni popolo ad esistere, ad avere la sua cultura, la sua terra in cui vivere liberamente, il suo stato.

11. Ocorre che cessi l'occupazione dei territori palestinesi da parte dell'esercito dello stato di Israele.

Occorre che cessino gli insediamenti coloniali nei territori palestinesi.

Ocorre il riconoscimento immediato della nascita dello stato palestinese.

Ed occorre un piano internazionale di aiuti al popolo e allo stato palestinese per lo sviluppo, la democrazia, la sicurezza e la convivenza; ed occorre altresi' un piano di aiuti al popolo e allo stato di Israele per lo sviluppo, la democrazia, la sicurezza e la convivenza.

Ed occorre sconfiggere il terrorismo, innanzitutto cessando di mettergli a disposizione armi e pretesti, risorse economiche ed esseri umani disperati.

12. E per contrastare il terrorismo occorre altresi' bandire la guerra dal novero delle azioni lecite; le leggi vigenti lo dicono gia': e' scritto nella Carta delle Nazioni Unite; e' scritto anche nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.

Poiche' di tutti gli atti di terrorismo la guerra e' il piu' grande; consistendo essa, come osservava Gandhi, della ripetuta commissione di omicidi di massa di esseri umani del tutto innocenti.

Nessun motivo puo' giustificare una guerra, che invece di sconfiggere il terrorismo ne prosegue e ingigantisce la spirale.

Ne' e' ammissibile l'idea di una guerra contro un paese perche' questo detiene armi di sterminio di massa: da questo punto di vista i sostenitori di tale teoria - in primis il presidente degli Usa - dovrebbero allora muover guerra innanzitutto contro il loro stesso paese.

Ne' e' ammissibile l'idea di una guerra contro un paese sulla base dell'accusa di aver fornito sostegno a gruppi terroristici: sotto questo punto di vista mentre non e' dimostrato che ad esempio il governo dell'Iraq abbia sostenuto i terroristi autori delle stragi dell'11 settembre 2001, e' invece dimostrato che ad esempio il governo degli Usa abbia sostenuto i terroristi autori del golpe cileno dell'11 settembre 1973.

Come si vede le pretese ragioni in pro della guerra si rovesciano contro chi le propone.

Una guerra nell'epoca aperta dall'orrore di Hiroshima e' una guerra che mette in pericolo la sopravvivenza stessa della specie umana: e - per dirlo con le parole di don Lorenzo Milani - noi dovremmo star qui a discutere se sia lecito distruggere l'umanita' intera?

13. Siamo quindi solidali con il popolo palestinese, e siamo altresi' solidali con il popolo israeliano; siamo solidali con il popolo iracheno, e

siamo altresi' solidali con il popolo statunitense.

Siamo contrari al governo dello stato di Israele come a quello dell'Iraq come a quello degli Usa, come a quei decisori in sede Onu che da dieci anni portano la responsabilita' della catastrofe umanitaria in corso in Iraq, l'immane strage determinata dell'embargo.

Siamo contro il terrorismo di stato come contro il terrorismo dei gruppi e dei singoli.

Siamo contro la guerra sempre.

Siamo donne e uomini di pace: ma perche' questa nostra posizione sia credibile dobbiamo fare la scelta della nonviolenza, dobbiamo praticare la solidarieta' concreta, dobbiamo prendere sul serio la nostra comune umanita'.

In questo incontro di oggi qui a Terni di solidarieta' con il popolo palestinese abbiamo sentito le luminose parole del nostro fratello rappresentante palestinese: parole di calda umanita', di eroica dignita', di rivendicazione del proprio diritto ad esistere come essere umano e come popolo, e ad avere un proprio stato; ed insieme parole di sincera fraternita' con il popolo israeliano, di riconoscimento dello stato di Israele, di condanna incondizionata di ogni terrorismo e di ogni forma di razzismo e di antisemitismo.

Ebbene, che anche questo incontro odierno possa essere un piccolo contributo all'affermazione di un'umanita' di liberi ed eguali: si', la Palestina vivra', e vivra' Israele. Che cessi l'occupazione, che cessino tutte le stragi, e che sia impedita la guerra.

 

6. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI GASTON BACHELARD, DI DINO BUZZATI, DI MARY DALY, DI IVAN DELLA MEA

 

Ricorre oggi, 16 ottobre, l'anniversario della scomparsa di Gaston Bachelard (Bar-sur-Aube, 27 giugno 1884 - Parigi, 16 ottobre 1962), della nascita di Dino Buzzati (Belluno, 16 ottobre 1906 - Milano, 28 gennaio 1972), della nascita di Mary Daly (Schenectady, 16 ottobre 1928 - Gardner, 3 gennaio 2010), della nascita di Ivan Della Mea (Lucca, 16 ottobre 1940 - Milano, 14 giugno 2009).

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Anche nel ricordo e alla scuola di Gaston Bachelard, di Dino Buzzati, di Mary Daly, di Ivan Della Mea, proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

7. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"

[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

8. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE

 

Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".

Ovunque si realizzino iniziative.

Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.

Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.

Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Umberto Eco e Riccardo Fedriga (a cura di), Storia della filosofia, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2015, vol. 5. Dall'illuminismo a Kant e Hegel, pp. 406, euro 9,90.

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Riletture

- Milan Kundera, L'identita', Adelphi, Milano 1997, 2013, pp. 184.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2138 del 16 ottobre 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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