[Nonviolenza] La nonviolenza contro il razzismo. 60



 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 60 del 28 agosto 2015

 

In questo numero:

1. Fermare il massacro

2. Benito D'Ippolito: Litania dei morti in preghiera (2000)

3. Dino Frisullo: Cronaca nera (2000)

4. Una lettera al Presidente della Repubblica Italiana per la "Giornata internazionale della nonviolenza"

5. In memoria di Lev Tolstoj

6. Martin Luther King: "Io ho un sogno". Il discorso del 28 agosto 1963 a Washington

7. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

8. Mela Hartwig

9. Alice Herdan

10. Helen Hessel

11. Gertrud Isolani

 

1. LE ULTIME COSE. FERMARE IL MASSACRO

 

Fermare il massacro dei migranti.

E l'unico modo e' riconoscere immediatamente a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in Europa in modo legale e sicuro.

Questo devono legiferare i parlamenti europei. Questo deve legiferare il parlamento italiano. E' l'unico modo per fermare la strage.

Soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.

Salvare le vite, il primo dovere.

 

2. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA (2000)

[Nuovamente proponiamo questa litania che l'autore scrisse nell'ottobre 2000, alla notizia del ritrovamento dei cadaveri di sei migranti abbandonati in una discarica. Inviata questa lettera all'amico suo Dino Frisullo, questi rispose con la sua che di seguito anch'essa nuovamente si riporta]

 

Leggo sul giornale la notizia assente

lungo una strada una discarica abusiva

sulla discarica deposti, scaricati

morti asfissiati sei giovani migranti:

sei clandestini, leggo sul giornale

che aggiunge: il tir

partendo in fretta e furia

con una ruota ha calcato il capo spento

di uno dei morti, schiacciandolo

facendone scempio.

 

Vedo

la scena tutta: la strada, il grande camion

il cumulo maleodorante dei rifiuti

la fretta di sgravare a terra il carico

inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso

le bestemmie masticate in gola

di chi scaglia tra i residui i residui

corpi. Vedo

il camion pesante macigno, il fumo

dei gas di scappamento, il crocchiare

orribile che non posso, non posso dire.

E vedo ancora

come sacchi quei corpi rotti

che attendono l'alba, il giorno, il passaggio

delle automobili, il sole

che alto si leva, il tempo

che passa e che fermenta, finche' viene

qualcuno e si ferma

ed e' tardi.

Poi vedo che arrivano uomini molti,

si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.

Vengono le telecamere, le macchine

fotografiche, un momento ancora,

ancora un momento prima di gettare

un velo pietoso, il pubblico cannibale

vuole vedere il sangue, lo scempio.

Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.

Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo

nero che sembra quasi rosso. E un silenzio

tumescente.

 

Leggo il giornale, uno dei poveri

cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie

transnazionali cui lo stato ha appaltato

il mercato del diritto a fuggire

dalla morte altra morte trovando,

leggo il giornale uno dei cristi poveri

stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina

da preghiera.

 

Mentre affogavano tra le balle di cotone

pregavano, pregavano i miseri clandestini.

 

Ascoltala tu la loro pia preghiera.

Ascoltala tu, che leggi queste righe.

Tu poni mano a far cessar la strage.

 

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.

Ascoltala tu la voce dei morti

e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

 

3. LUTTI. DINO FRISULLO: CRONACA NERA (2000)

[Nell'ottobre 2000 Benito D'Ippolito invio' ad alcuni amici la litania qui sopra riprodotta; Dino Frisullo gli rispose con la lettera che di seguito nuovamente ripubblichiamo.

Dino Frisullo (1952-2003), impegnato nel movimento antirazzista e per i diritti umani, per la pace e la liberazione dei popoli, fondatore delle associazioni "Senzaconfine" e "Azad", per il suo impegno di solidarieta' con il popolo kurdo e' stato detenuto in Turchia. E' deceduto il 5 giugno 2003 nel giorno del suo cinquantunesimo compleanno. Tra le opere di Dino Frisullo: L'utopia incarcerata, L'altritalia, Roma 1998; Se questa e' Europa, Odradek, Roma 1999; postumo e' apparso Sherildan, La citta' del sole, Napoli 2003. Il seguente suo testo epistolare in versi e' apparso nel n. 27 di "Un uomo, un voto" e poi piu' volte ripubblicato ne "La nonviolenza e' in cammino". Alcune testimonianze in ricordo di Dino Frisullo sono nei nn. 577 e 1008 de "La nonviolenza e' in cammino"]

 

Ali veniva, poniamo, da Zako.

Portava in tasca un pane di sesamo

comprato in fretta nel porto a Patrasso

profumo di casa

garanzia di vita

prima di calarsi nel buio del ventre del camion.

Ali aveva gia' visto l'Italia, poniamo.

Aveva l'odore dolciastro del porto di Bari l'Italia,

e il primo italiano che vide

vestiva la divisa di polizia di frontiera

e fu anche l'ultimo.

Respingeteli, disse,

Ali non capi' le parole ma lesse lo sguardo

guardo' a terra poi si volse

perche' un uomo non piange.

Ali veniva da Zako, poniamo,

e sapeva gia' usare il kalashnikov

ma di raffiche ne aveva abbastanza

e di agenti turchi irakeni americani arabi

e di kurdi che ammazzano kurdi

e di paura masticata amara con la fame

e dell'eco delle bombe

Qendaqur come Halabje

bombardieri turchi come gli aerei irakeni

gli stessi occhi sbarrati contro il cielo che uccide.

Ali, poniamo, aveva una ragazza

rimasta sola, la famiglia in Germania,

con lei aveva sognato l'Europa

con lei aveva cercato gli agenti turchi e turkmeni

e kurdi, maledizione, anche kurdi

per contrattare il passaggio della prima frontiera,

batteva forte il loro cuore al valico di Halil

divise verdeoliva

nel buio fasci di banconote stinte di tasca in tasca

e poi liberi

corre veloce l'autobus da Cizre verso Mardin

ogni mezzora un posto di blocco

divise verdeoliva banconote via libera

colonna di autobus veloce di notte tre notti

trenta posti di blocco

da Mardin fino a Istanbul,

e quella notte ad Aksaray nel piu' lurido degli alberghi

fra ubriachi che russano e scarafaggi

per la prima volta avevano fatto l'amore

e per l'ultima volta.

Sul comodino un vaso di fiori secchi stecchiti

lei gliene regalo' uno

come fosse una rosa di maggio.

Fu all'alba che vennero a prenderli

taxi scassati il cielo grigio del Bosforo

poi a piedi verso un'altra frontiera

in fila indiana nel fango in silenzio

fino alle ginocchia l'acqua del Meric

ha la pistola il mafioso, "piu' in fretta" sussurra,

di la' la Grecia l'Europa

e' calda la mano di Leyla

si chiamava Leyla, poniamo

era calda la mano di Leyla

prima che scoppiasse sott'acqua la mina

prima che i greci cominciassero a sparare

prima dell'inferno.

Un uomo non piange

ma il cuore di Ali galleggiava nell'acqua sporca del Meric

mentre si nascondeva nel canneto

perche' i greci non scherzano

e se ti consegnano ai turchi e' la fine

i maledetti verdeoliva che hanno intascato i tuoi soldi

ti fanno sputare sangue

nelle celle di frontiera.

In Grecia l'uomo si fa gatto

si fa topo ragno gazzella

a piedi di notte fino a Salonicco

un passaggio da Salonicco a Patrasso

giovani turisti abbronzati, poniamo

Ali ha la febbre batte i denti fa pena

rannicchiato sul sedile della Rover

e' bella la ragazza straniera

ma la sua Leyla era piu' bella

piu' profondi del mare i suoi occhi.

La Rover frena sul mare

di la' c'e' l'Europa davvero

gli ultimi soldi per il biglietto per Bari

Ali il mare non l'aveva mai visto

fa paura di notte il mare

ma un uomo non ha paura

e il cielo dal mare non e' poi diverso

dal cielo dei monti di Zako nelle notti chiare.

Fa piu' paura la polizia di frontiera

"ez kurd im"

"ma che vuoi, che lingua parli,

rispediteli a Patrasso, ne abbiamo abbastanza di curdi qui a Bari,

chiudeteli dentro, che non scendano a terra

senno' chiedono asilo..."

E' triste il cielo dal mare

come il cielo dei monti di Zako nelle notti scure.

E' duro esser kurdi

sperduti fra il cielo ed il mare

erano in dieci, poniamo

che quella notte a Patrasso contrattarono in fretta

seicento dollari a testa disse il camionista

seimila dollari quei dieci corpi

valgono quanto un carico intero

e il suo amico Huseyn pago' anche per lui

prima di coricarsi abbracciati

stretto il pane di sesamo in tasca

stretto in mano un fiore secco

in dieci stretti fra le balle di cotone

che ti prende alla gola

che ti toglie il respiro...

 

E' cronaca

"Morti soffocati a Foggia sei clandestini in un tir"

e' politica

"Piu' di mille clandestini respinti nel porto di Bari"

e' diplomazia

"Accordo con la Grecia sui rimpatri"

e' ipocrisia

"Roma chiede collaborazione ad Ankara"

e' propaganda

"Inasprite le pene contro i trafficanti"

e' nausea e' rabbia e' dolore

 

sotto le stelle di Zako mille Ali sognano l'Europa

in Europa sogneranno il ritorno

 

nella fredda nebbia di Colonia

Huseyn bussa a una porta

ha da consegnare una cattiva notizia

un fiore secco

e un pane di sesamo...

 

4. INIZIATIVE. UNA LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA PER LA "GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA"

 

Al Presidente della Repubblica Italiana

Oggetto: per un impegno adeguato del nostro paese per la "Giornata internazionale della nonviolenza" proclamata dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi, il 2 ottobre

Egregio Presidente della Repubblica,

le segnaliamo che il 2 ottobre, nell'anniversario della nascita di Gandhi, ricorre la "Giornata internazionale della nonviolenza" proclamata dall'Onu.

Sarebbe opportuno che tutte le istituzioni democratiche si impegnassero affinche' la ricorrenza divenisse occasione di riflessione ed impegno adeguati.

Un suo autorevole intervento in merito avrebbe grande valore di per se' e costituirebbe un importante invito alla meditazione e all'azione per tutte le istituzioni come per tutti i cittadini.

Voglia gradire distinti saluti,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 28 agosto 2015

 

5. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI LEV TOLSTOJ

 

Ricorre oggi, 28 agosto, l'anniversario della nascita di Lev Tolstoj (Jasnaja Poljana, 28 agosto 1829 secondo il calendario giuliano, ovvero 9 settembre 1829 secondo il calendario gregoriano - Astapovo, 7 novembre 1910 secondo il calendario giuliano, ovvero 20 novembre 1910 secondo il calendario gregoriano), una delle piu' grandi figure della nonviolenza.

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Lev Tolstoj, nato nel 1828 e scomparso nel 1910, non solo grandissimo scrittore, ma anche educatore e riformatore religioso e sociale, propugnatore della nonviolenza. Opere di Lev Tolstoj: tralasciando qui le opere letterarie (ma cfr. almeno Tutti i romanzi, Sansoni, Firenze 1967; e Tutti i racconti, Mondadori, Milano 1991, 2005), della gigantesca pubblicistica tolstojana segnaliamo particolarmente almeno Quale scuola, Emme, Milano 1975, Mondadori, Milano 1978; La confessione, SE, Milano 1995; Perche' la gente si droga? e altri saggio su societa', politica, religione, Mondadori, Milano 1988; Il regno di Dio e' in voi, Bocca, Roma 1894, poi Publiprint-Manca, Trento-Genova 1988; l'antologia Tolstoj verde, Manca, Genova 1990; La vera vita, Manca, Genova 1991; La legge della violenza e la legge dell'amore, Edizioni del Movimento Nonviolento, Verona 1998; Il cammino della saggezza, Centro Gandhi Edizioni, Pisa 2010. Opere su Lev Tolstoj: dal nostro punto di vista segnaliamo particolarmente Pier Cesare Bori, Gianni Sofri, Gandhi e Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1985; Pier Cesare Bori, Tolstoj, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; Pier Cesare Bori, L'altro Tolstoj, Il Mulino, Bologna 1995; Amici di Tolstoi (a cura di), Tolstoi il profeta, Il segno dei Gabrielli, S. Pietro in Cariano (Vr) 2000.

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Anche nel ricordo e alla scuola di Lev Tolstoj proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

6. MAESTRI. MARTIN LUTHER KING: "IO HO UN SOGNO". IL DISCORSO DEL 28 AGOSTO 1963 A WASHINGTON

[Riproponiamo ancora una volta il seguente discorso estratto dall'antologia di scritti e discorsi di Martin Luther King curata da Fulvio Cesare Manara, Memoria di un volto: Martin Luther King, Dipartimento per l'educazione alla nonviolenza delle Acli di Bergamo, Bergamo 2002, che reca traduzioni di discorsi e scritti del grande maestro della nonviolenza. Il testo seguente e' quello dell'indimenticabile discorso tenuto alla marcia a Washington per l'occupazione e la liberta', Washington, 28 agosto 1963; la traduzione (di Tania Gargiulo) e' ripresa da Martin Luther King, "I have a dream", Mondadori, Milano 2000, 2001, pp. 226-230. Cosi' Martin Luther King descrisse la circostanza: "Cominciai a parlare leggendo il mio discorso, e fino a un certo punto continuai a leggere. Quel giorno sentivo nell'uditorio una rispondenza straordinaria, e tutt'a un tratto mi venne in mente questa cosa. Nel giugno precedente, dopo essermi unito a un tranquillo raduno di migliaia di persone nelle strade del centro di Detroit, nel Michigan, avevo tenuto un discorso nella Cobo Hall, in cui mi ero servito dell'espressione 'io ho un sogno'. L'avevo gia' usata piu' volte nel passato, e semplicemente mi venne fatto di usarla anche a Washington. Non so perche': prima di pronunciare il discorso non ci avevo pensato affatto. Dissi la frase, e da quel momento in poi lasciai del tutto da parte il manoscritto e non lo ripresi piu'".

Martin Luther King, nato ad Atlanta in Georgia nel 1929, laureatosi all'Universita' di Boston nel 1954 con una tesi sul teologo Paul Tillich, lo stesso anno si stabilisce, come pastore battista, a Montgomery nell'Alabama. Dal 1955 (e' il primo dicembre quando Rosa Parks da' inizio alla lotta contro la segregazione sui mezzi di trasporto) guida la lotta nonviolenta contro la discriminazione razziale, intervenendo in varie parti degli Usa. Premio Nobel per la pace nel 1964, piu' volte oggetto di attentati e repressione, muore assassinato nel 1968. Opere di Martin Luther King: tra i testi piu' noti: La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994 (edizione italiana curata da Ernesto Balducci); Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993; L'"altro" Martin Luther King, Claudiana, Torino 1993 (antologia a cura di Paolo Naso); "I have a dream", Mondadori, Milano 2001; Il sogno della nonviolenza. Pensieri, Feltrinelli, Milano 2006; cfr. anche: Marcia verso la liberta', Ando', Palermo 1968; Lettera dal carcere, La Locusta, Vicenza 1968; Il fronte della coscienza, Sei, Torino 1968; Perche' non possiamo aspettare, Ando', Palermo 1970; Dove stiamo andando, verso il caos o la comunita'?, Sei, Torino 1970. Presso la University of California Press e' in via di pubblicazione l'intera raccolta degli scritti di Martin Luther King, a cura di Clayborne Carson (che lavora alla Stanford University). Sono usciti sinora sei volumi (di quattordici previsti): 1. Called to Serve (January 1929 - June 1951); 2. Rediscovering Precious Values (July 1951 - November 1955); 3. Birth of a New Age (December 1955 - December 1956); 4. Symbol of the Movement (January 1957 - December 1958); 5. Threshold of a New Decade (January 1959 - December 1960); 6. Advocate of the Social Gospel (September 1948 - March 1963); ulteriori informazioni nel sito: www.stanford.edu/group/King/ Tra le opere su Martin Luther King: Lerone Bennett, Martin Luter King. L'uomo di Atlanta, Claudiana, Torino 1969, 1998, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2008; Gabriella Lavina, Serpente e colomba. La ricerca religiosa di Martin Luther King, Edizioni Citta' del Sole, Napoli 1994; Arnulf Zitelmann, Non mi piegherete. Vita di Martin Luther King, Feltrinelli, Milano 1996; Sandra Cavallucci, Martin Luther King, Mondadori, Milano 2004; Paolo Naso (a cura di), Il sogno e la storia. Il pensiero e l'attualita' di Martin Luther King (1929-1968), Claudiana, Torino 2008; cfr. anche Paolo Naso, Come una citta' sulla collina. La tradizione puritana e il movimento per i diritti civili negli Usa, Claudiana, Torino 2008. Esistono altri testi in italiano (ad esempio Hubert Gerbeau, Martin Luther King, Cittadella, Assisi 1973), ma quelli a nostra conoscenza sono perlopiu' di non particolare interesse. Una introduzione sintetica e' in "Azione nonviolenta" dell'aprile 1998 (alle pp. 3-9), con una bibliografia essenziale]

 

Oggi sono felice di essere con voi in quella che nella storia sara' ricordata come la piu' grande manifestazione per la liberta' nella storia del nostro paese.

Un secolo fa, un grande americano, che oggi getta su di noi la sua ombra simbolica, firmo' il Proclama dell'emancipazione. Si trattava di una legge epocale, che accese un grande faro di speranza per milioni di schiavi neri, marchiati dal fuoco di una bruciante ingiustizia. Il proclama giunse come un'aurora di gioia, che metteva fine alla lunga notte della loro cattivita'.

Ma oggi, e sono passati cento anni, i neri non sono ancora liberi. Sono passati cento anni, e la vita dei neri e' ancora paralizzata dalle pastoie della segregazione e dalle catene della discriminazione. Sono passati cento anni, e i neri vivono in un'isola solitaria di poverta', in mezzo a un immenso oceano di benessere materiale. Sono passati cento anni, e i neri ancora languiscono negli angoli della societa' americana, si ritrovano esuli nella propria terra.

Quindi oggi siamo venuti qui per tratteggiare a tinte forti una situazione vergognosa. In un certo senso, siamo venuti nella capitale del nostro paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della nostra repubblica hanno scritto le magnifiche parole della Costituzione e della Dichiarazione d'indipendenza, hanno firmato un "paghero'" di cui ciascun americano era destinato a ereditare la titolarita'. Il "paghero'" conteneva la promessa che a tutti gli uomini, si', ai neri come ai bianchi, sarebbero stati garantiti questi diritti inalienabili: "vita, liberta' e ricerca della felicita'".

Oggi appare evidente che per quanto riguarda i cittadini americani di colore, l'America ha mancato di onorare il suo impegno debitorio. Invece di adempiere a questo sacro dovere, l'America ha dato al popolo nero un assegno a vuoto, un assegno che e' tornato indietro, con la scritta "copertura insufficiente". Ma noi ci rifiutiamo di credere che la banca della giustizia sia in fallimento. Ci rifiutiamo di credere che nei grandi caveau di opportunita' di questo paese non vi siano fondi sufficienti. E quindi siamo venuti a incassarlo, questo assegno, l'assegno che offre, a chi le richiede, la ricchezza della liberta' e la garanzia della giustizia.

Siamo venuti in questo luogo consacrato anche per ricordare all'America l'infuocata urgenza dell'oggi. Quest'ora non e' fatta per abbandonarsi al lusso di prendersela calma o di assumere la droga tranquillante del gradualismo. Adesso ' il momento di tradurre in realta' le promesse della democrazia. Adesso e' il momento di risollevarci dalla valle buia e desolata della segregazione fino al sentiero soleggiato della giustizia razziale. Adesso e' il momento di sollevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell'ingiustizia razziale per collocarla sulla roccia compatta della fraternita'. Adesso e' il momento di tradurre la giustizia in una realta' per tutti i figli di Dio.

Se la nazione non cogliesse l'urgenza del presente, le conseguenze sarebbero funeste. L'afosa estate della legittima insoddisfazione dei negri non finira' finche' non saremo entrati nel frizzante autunno della liberta' e dell'uguaglianza. Il 1963 non e' una fine, e' un principio. Se la nazione tornera' all'ordinaria amministrazione come se niente fosse accaduto, chi sperava che i neri avessero solo bisogno di sfogarsi un po' e poi se ne sarebbero rimasti tranquilli rischia di avere una brutta sorpresa.

In America non ci sara' ne' riposo ne' pace finche' i neri non vedranno garantiti i loro diritti di cittadinanza. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione finche' non spuntera' il giorno luminoso della giustizia.

*

Ma c'e' qualcosa che devo dire al mio popolo, fermo su una soglia rischiosa, alle porte del palazzo della giustizia: durante il processo che ci portera' a ottenere il posto che ci spetta di diritto, non dobbiamo commettere torti. Non cerchiamo di placare la sete di liberta' bevendo alla coppa del rancore e dell'odio. Dobbiamo sempre condurre la nostra lotta su un piano elevato di dignita' e disciplina. Non dobbiamo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Sempre, e ancora e ancora, dobbiamo innalzarci fino alle vette maestose in cui la forza fisica s'incontra con la forza dell'anima.

Il nuovo e meraviglioso clima di combattivita' di cui oggi e' impregnata l'intera comunita' nera non deve indurci a diffidare di tutti i bianchi, perche' molti nostri fratelli bianchi, come attesta oggi la loro presenza qui, hanno capito che il loro destino e' legato al nostro. Hanno capito che la loro liberta' si lega con un nodo inestricabile alla nostra. Non possiamo camminare da soli. E mentre camminiamo, dobbiamo impegnarci con un giuramento: di proseguire sempre avanti. Non possiamo voltarci indietro.

C'e' chi domanda ai seguaci dei diritti civili: "Quando sarete soddisfatti?". Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i neri continueranno a subire gli indescrivibili orrori della brutalita' poliziesca. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' non riusciremo a trovare alloggio nei motel delle autostrade e negli alberghi delle citta', per dare riposo al nostro corpo affaticato dal viaggio. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' tutta la facolta' di movimento dei neri restera' limitata alla possibilita' di trasferirsi da un piccolo ghetto a uno piu' grande. Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i nostri figli continueranno a essere spogliati dell'identita' e derubati della dignita' dai cartelli su cui sta scritto "Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti, finche' i neri del Mississippi non potranno votare e i neri di New York crederanno di non avere niente per cui votare. No, no, non siamo soddisfatti e non saremo mai soddisfatti, finche' la giustizia non scorrera' come l'acqua, e la rettitudine come un fiume in piena.

Io non dimentico che alcuni fra voi sono venuti qui dopo grandi prove e tribolazioni. Alcuni di voi hanno lasciato da poco anguste celle di prigione. Alcuni di voi sono venuti da zone dove ricercando la liberta' sono stati colpiti dalle tempeste della persecuzione e travolti dai venti della brutalita' poliziesca. Siete i reduci della sofferenza creativa. Continuate il vostro lavoro, nella fede che la sofferenza immeritata ha per frutto la redenzione.

Tornate nel Mississippi, tornate nell'Alabama, tornate nella Carolina del Sud, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate alle baraccopoli e ai ghetti delle nostre citta' del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione puo' cambiare e cambiera'.

*

Non indugiamo nella valle della disperazione. Oggi, amici miei, vi dico: anche se dobbiamo affrontare le difficolta' di oggi e di domani, io continuo ad avere un sogno. E un sogno che ha radici profonde nel sogno americano.

Ho un sogno, che un giorno questa nazione sorgera' e vivra' il significato vero del suo credo: noi riteniamo queste verita' evidenti di per se', che tutti gli uomini sono creati uguali.

Ho un sogno, che un giorno sulle rosse montagne della Georgia i figli degli ex schiavi e i figli degli ex padroni di schiavi potranno sedersi insieme alla tavola della fraternita'.

Ho un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, dove si patisce il caldo afoso dell'ingiustizia, il caldo afoso dell'oppressione, si trasformera' in un'oasi di liberta' e di giustizia.

Ho un sogno, che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della pelle, ma per l'essenza della loro personalita'.

Oggi ho un sogno.

Ho un sogno, che un giorno, laggiu' nell'Alabama, dove i razzisti sono piu' che mai accaniti, dove il governatore non parla d'altro che di potere di compromesso interlocutorio e di nullification delle leggi federali, un giorno, proprio la' nell'Alabama, i bambini neri e le bambine nere potranno prendere per mano bambini bianchi e bambine bianche, come fratelli e sorelle.

Oggi ho un sogno.

Ho un sogno, che un giorno ogni valle sara' innalzata, ogni monte e ogni collina saranno abbassati, i luoghi scoscesi diventeranno piani, e i luoghi tortuosi diventeranno diritti, e la gloria del Signore sara' rivelata, e tutte le creature la vedranno insieme.

Questa e' la nostra speranza. Questa e' la fede che portero' con me tornando nel Sud. Con questa fede potremo cavare dalla montagna della disperazione una pietra di speranza.

Con questa fede potremo trasformare le stridenti discordanze della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fraternita'.

Con questa fede potremo lavorare insieme, pregare insieme, lottare insieme, andare in prigione insieme, schierarci insieme per la liberta', sapendo che un giorno saremo liberi.

Quel giorno verra', quel giorno verra' quando tutti i figli di Dio potranno cantare con un significato nuovo: "Patria mia, e' di te, dolce terra di liberta', e' di te che io canto. Terra dove sono morti i miei padri, terra dell'orgoglio dei Pellegrini, da ogni vetta riecheggi liberta'". E se l'America vuol essere una grande nazione, bisogna che questo diventi vero.

E dunque, che la liberta' riecheggi dalle straordinarie colline del New Hampshire.

Che la liberta' riecheggi dalle possenti montagne di New York.

Che la liberta' riecheggi dagli elevati Allegheny della Pennsylvania.

Che la liberta' riecheggi dalle innevate Montagne Rocciose del Colorado.

Che la liberta' riecheggi dai pendii sinuosi della California.

Ma non soltanto.

Che la liberta' riecheggi dalla Stone Mountain della Georgia.

Che la liberta' riecheggi dalla Lookout Mountain del Tennessee.

Che la liberta' riecheggi da ogni collina e da ogni formicaio del Mississippi, da ogni vetta, che riecheggi la liberta'.

E quando questo avverra', quando faremo riecheggiare la liberta', quando la lasceremo riecheggiare da ogni villaggio e da ogni paese, da ogni stato e da ogni citta', saremo riusciti ad avvicinare quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, protestanti e cattolici, potranno prendersi per mano e cantare le parole dell'antico inno: "Liberi finalmente, liberi finalmente. Grazie a Dio onnipotente, siamo liberi finalmente".

 

7. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

8. PROFILI. MELA HARTWIG

[Dal sito "Esilio, espatrio, migrazione al femminile nel Novecento tedesco" (www.exilderfrauen.it) riprendiamo la seguente notizia biobibliografica curata da Stefania De Lucia]

 

Mela Hartwig nasce a Vienna il 10 ottobre 1893. Il padre e' un sociologo ebreo.

Dopo aver conseguito la maturita' liceale intraprende gli studi di pedagogia all'universita' di Vienna, che abbandona ben presto per frequentare le lezioni di canto e recitazione impartite in conservatorio.

A partire dal 1917 si esibisce su numerosi palcoscenici viennesi sino ad arrivare allo "Schiller-Theater" di Berlino.

Smette di recitare nel 1921, quando sposa l'avvocato Robert Spira e si trasferisce con lui a Graz. In quella citta' inizia la sua carriera di scrittrice, alla quale si dedica con passione, anche grazie al fatto che la coppia non ha figli.

Il suo debutto come scrittrice avviene nel 1927 con la novella Das Verbrechen. Il racconto partecipa ad un concorso letterario bandito dalla rivista "Die literarische Welt". Tra i membri della giuria compare il nome di Alfred Doeblin, che valuta lo scritto in modo positivo, apprezzando il suo contenuto psicologico e segnalando la sua autrice alla "Psychoanalytischen Verlag", che a sua volta la segnala alla "Zsolnay Verlag", presso la quale, nel 1928, viene pubblicata con il titolo di Ekstasen la prima raccolta di novelle di Mela Hartwig. I cinque racconti che la compongono ruotano attorno allo scontro tra diverse forme di potere maschile e la risposta "erotica" di un femminile imprigionato nella propria corporeita'.

Il romanzo Das Weib ist ein Nichts appare invece nel 1929, provocando grande scandalo. Il libro viene tradotto anche in italiano; negli archivi della casa editrice sono inoltre stati rinvenuti documenti che testimoniano della cessione dei diritti per la versione cinematografica, ma gli eventi politici sopraggiungono inesorabili e impediscono la realizzazione del film: i temi del romanzo vengono infatti ritenuti non conformi allo spirito dell'epoca. Sorte simile tocchera' al manoscritto Bin ich ein ueberfluessiger Mensch? che dovra' aspettare il 2001 per vedere la luce nel catalogo della casa editrice Droschl di Graz.

Con l'annessione dell'Austria alla Germania del 1938, Mela Hartwig e il marito emigrano in Inghilterra e si stabiliscono a Londra. Mela inizia subito a lavorare come traduttrice e proprio attraverso il suo lavoro conosce Virginia Woolf, al cui aiuto ricorrera' piu' volte nei momenti di bisogno.

Sempre a Londra Hartwig diviene anche membro del P.E.N. Club tedesco, ma tutti i suoi tentativi di riprendere l'attivita' letteraria interrotta dall'esilio sembrano fallire miseramente.

Dopo la guerra, la coppia fa ritorno in Austria un paio di volte, ma decide di risiedere a Londra, dove Mela Hartwig muore il 24 aprile 1967 seguita, dopo poco, dal marito.

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Opere: Das Weib ist ein Nichts, romanzo, 1929; Das Wunder von Ulm, novella, 1936; Der verlorene Traum, romanzo, 1944; Inferno, romanzo, 1948; Spiegelungen, poesie, 1953; Ekstasen, novelle, 1992; Bin ich ein ueberfluessiger Mensch?, romanzo, 2001; Das Verbrechen, novelle e racconti, 2004.

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Traduzioni italiane: La donna e' un niente, Bologna - Rocca S. Casciano, 1931; Il crimine, Bari, 2008.

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Critica: Faehnders, Walter, Ueber zwei Romane, die 1933 nicht erscheinen durften. Mela Hartwigs "Bin ich ein ueberfluessiger Mensch?" und Ruth Landshoff-Yorcks "Roman einer Taenzerin", in A. E. Walter (Hg.), Regionaler Kulturraum und intellektuelle Kommunikation vom Humanismus bis ins Zeitalter des Internet. Festschrift fuer Klaus Garber, Amsterdam-Atlanta, 2004; Fraisl, Bettina, Koerper und Text: (De-)Konstruktionen von Weiblichkeit und Leiblichkeit bei Mela Hartwig, Wien, 2002; Id., Wer hat Angst vor Mela Hartwig? Stuermische Texte. Stuermische Reaktionen, in "Schreibkraft" 7, 2002, S. 37-40; Kanz, Christine, Mela Hartwig, in Psychoanalyse in der literarischen Moderne. Schriftstellerinnen und das Wissen um das Unbewusste, Marburg, 2011, pp. 145-152; Schmied-Bortenschlager, Sigrid, Der zerbrochene Spiegel. Weibliche Kritik der Psychoanalyse in Mela Hartwigs Novellen, in "Modern Austrian Literature. Journal of the International Arthur Schnitzler Research Association", 12, 1979, Heft 3 /4, S. 77-95; Schoenwiese, Ernst, Mela Hartwig, in "Literatur + Kritik", 2, 1967, 16/17, S. 392-399 e 406-409; Id., Literatur in Wien zwischen 1930 und 1980, Wien, 1980; Wall, Renate, Lexikon deutschsprachiger Schriftstellerinnen im Exil 1933-1945, Giessen, 2004; Wende, Petra Maria, Eine vergessene Grenzgaengerin zwischen den Kuensten. Mela Hartwig 1893 Wien - 1967 London, in "Ariadne" 31, 1997, S. 31-37.

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Sitografia: www.single-generation.de; www.literaturepochen.at; www.zeit.de; www.nzz.ch; www.literaturkritik.de; www.gewi.kfunigraz.ac.at

 

9. PROFILI. ALICE HERDAN

[Dal sito "Esilio, espatrio, migrazione al femminile nel Novecento tedesco" (www.exilderfrauen.it) riprendiamo la seguente notizia biobibliografica curata da Stefania De Lucia]

 

Nasce a Vienna il 4 aprile 1901, tre mesi dopo la separazione dei genitori. La bambina non incontrera' mai il padre e crescera' con la madre, nota attrice del Burgtheater.

Sin dall'infanzia Alice Herdan stringe un rapporto stretto con la pedagoga e femminista Eugenie Schwarzwald, amica materna, nonche' direttrice del liceo femminile viennese di Franziskanerplatz, una scuola di eccellenza della Vienna di quegli anni, che la lungimiranza e l'impegno di Eugenie Schwarzwald riuscirono presto a trasformare in un vero e proprio centro culturale, dalla molteplice offerta formativa.

Grazie alla formazione ricevuta presso la scuola di Eugene, pur senza completare il percorso di studi liceali, Alice Herdan riesce a frequentare laboratori di pittura e disegno con Oskar Kokoschka e di musica con Arnold Schoenberg.

E' sempre Eugenie Schwarzwald che nel 1919 presenta ad Alice quello che nello stesso anno sarebbe diventato suo marito, il giovane comunista Karl Frank. La giovane coppia si trasferisce dapprima a Berlino e poi a Monaco, dove, mentre Frank sconta una pena detentiva, nasce una bambina. Alice decide di tornare a Berlino, dove vive insieme a due vecchie compagne di scuola (una di loro e' l'attrice Helene Weigel).

Per Alice Herdan quelli sono anni di lavoro intenso, necessario a portare avanti il menage familiare. Lavora presso numerosi teatri berlinesi, non solo come attrice ma anche come segretaria tuttofare per il disbrigo di pratiche burocratiche o la battitura di copioni e lavori in poesia e prosa. Ed e' proprio nello svolgimento di queste mansioni che incontra lo scrittore, al tempo ancora sconosciuto, Carl Zuckmayer, che sposa nel 1925, dopo il divorzio da Karl Frank. L'anno successivo la coppia mette al mondo una bambina.

Quattro anni piu' tardi Alice completa gli studi liceali e si iscrive alla facolta' di medicina, ma i suoi studi debbono bruscamente interrompersi nel 1933, quando a causa delle origini ebraiche del marito l'intera famiglia e' costretta a trasferirsi nei pressi di Salisburgo. Anche il soggiorno austriaco non costituisce tuttavia un porto sicuro e l'anno successivo la famiglia si trasferisce in Svizzera per poi raggiungere gli Stati Uniti d'America, stabilendosi in una fattoria, con tanto di animali e campi da coltivare, nei pressi di New York. Le lettere che Alice spedisce ai suoceri in Germania, per raccontare stile e ritmi della nuova vita, vengono pubblicate periodicamente sul quotidiano di Monaco "Neue Zeitung" e, grazie alla mediazione di Erich Kaestner, nel 1949 vengono raccolte e pubblicate con il titolo Die Farm in den gruenen Bergen.

La coppia Zuckmayer fa ritorno in Europa per un breve periodo nel 1946 e definitivamente nel 1958, trasferendosi in Svizzera, dove l'autrice muore, a Visp, l'11 marzo 1991.

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Opere: Die Farm in den gruenen Bergen, schizzi autobiografici, 1949; Das Kaestchen. Die Geheimnisse einer Kindheit, racconto, 1962; Das Scheusal. Die Geschichte einer sonderbaren Erbschaft, romanzo, 1972; Genies sind im Lehrplan nicht vorgesehen, ricordi, 1979; Carl Zuckmayer - Gottfried Bermann Fischer: Briefwechsel 1935-1977. Mit den Briefen von Alice Herdan-Zuckmayer und Brigitte Bermann Fischer, epistolario, 2004.

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Critica: Aures, Inge, Komm, sieh die Welt mit meinen Augen, Ehe-Paare im Exil. Ein Vergleich der weiblichen mit den maennlichen Perspektiven in Exilautobiographien. Univ. Diss. Nashville, Tennessee, 1997; Grieser, Dietmar, Mehr [Alice] Herdan[-Zuckmayer] oder mehr Zuckmayer?: Dichterwitwe mit Eigenleben, in Musen leben laenger: Begegnungen mit Dichterwitwen, Wien, 1981; Ullmann, Regina, Bemerkungen zu drei Buechern. Zu: Alice Herdan[-Zuckmayer], "Die Farm in den gruenen Bergen", Zuerich um 1950; Adrienne von Speyr, "Johannes, Geburt der Kirche", Kap. 18-21, Einsiedeln um 1950; "Die Masken des Muenchner Komiker Karl Valentin", Mit e. Einl. von Wilhelm Hausenstein u. 43 Bildtaf, Muenchen um 1950, in "Neue Schweizer Rundschau: Wissen u. Leben", N.F. 18, 1950/51; Wall, Renate, Lexikon deutschsprachiger Schriftstellerinnen im Exil 1933-1945, Giessen, 2004.

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Sitografia: www.literaturhaus.at; www.exil-archiv.de

 

10. PROFILI. HELEN HESSEL

[Dal sito "Esilio, espatrio, migrazione al femminile nel Novecento tedesco" (www.exilderfrauen.it) riprendiamo la seguente notizia biobibliografica curata da Stefania De Lucia]

 

Helen Katharina Amita Berta Grund nasce in una famiglia della borghesia berlinese il 30 aprile 1886. La sua propensione per l'arte si manifesta gia' nella prima gioventu'. Con l'intenzione di diventare pittrice Helen frequenta le lezioni di Kaethe Kollowitz e nel 1912 si trasferisce a Parigi, dove completa la sua formazione. Nello stesso anno, nei locali del Cafe' du Dome, conosce lo scrittore Franz Hessel, del quale si innamora e che sposa l'anno successivo. Dalla loro unione nascono due figli.

Nel 1920, la famiglia si trasferisce in provincia di Monaco. In quei luoghi, Helene fa la conoscenza di Henri-Pierre Roche', collezionista d'arte e scrittore francese del quale si innamora perdutamente. Il triangolo tra Helen, Hessel e Roche', che per tutti e tre e' fonte di grande ispirazione artistica, diviene il tema fondante del celebre romanzo di Roche' Jules et Jim, pubblicato nel 1962 e adattato per gli schermi cinematografici da Francois Truffaut, con Jeanne Moreau nel ruolo di Helen. La relazione finisce nel 1933, quando la scrittrice lascia Roche'.

Nel 1925, Helen e i figli si trasferiscono a Parigi, dove lei lavora come giornalista nel campo della moda per il quotidiano "Frankfurter Zeitung". Nella capitale parigina dell'epoca il lavoro di giornalista le consente di condurre una vita tranquilla.

Franz Hessel la raggiunge solo nel 1938, proprio durante i pogrom di novembre che Helen descrive, in lingua inglese, per una rivista americana. L'articolo, come il dramma Blut, composto nello stesso anno, resta inedito.

Estromessa dal mondo del giornalismo, Helen prende a lavorare come vetturino con la propria auto. Nel 1940 lascia Parigi per trasferirsi in Costa Azzurra dove, grazie all'amicizia di Aldous Huxley, riesce a ottenere una casa per se' e la sua famiglia.

Nel maggio 1940 Franz Hessel e Ulrich, uno dei due figli della coppia, vengono deportati nel campo di Les Milles, in quanto stranieri ritenuti pericolosi. Helen riusce a scampare alla deportazione fingendosi malata. Il marito e il figlio saranno rilasciati nel mese di luglio, ma Franz morira' l'anno successivo per la grave debilitazione causata dalle cattive condizioni di vita nel campo.

Nel 1941 la scrittrice cerca di ottenere un visto per gli Stati Uniti per se stessa e per il figlio Ulrich; mentre il secondogenito Stephan, entrato nella resistenza francese, si trova nel maquis.

Il tentativo di espatrio pero' fallisce e solo nel 1947 la scrittrice seguira' il figlio Stephan a New York. Nonostante la sua capacita' di scrivere in lingua inglese, le storie brevi composte in quegli anni non hanno successo. Stanca di gravare sul bilancio familiare del figlio e della nuora, con i quali ha un rapporto molto conflittuale, Helen decide allora di lasciare New York. Vive principalmente in California e si mantiene svolgendo lavori domestici presso numerose famiglie.

Nel 1950 torna a Parigi e si stabilisce presso un'amica, la pittrice Anne Marie Uhde. Negli anni Sessanta traduce in tedesco il romanzo Lolita di Vladimir Nabokov.

Ha gia' 75 anni quando prende a rivedere i diari personali tenuti in gioventu' per raccoglierne dei brani scelti e pubblicarli, nel 1988, in una prima antologia dal titolo Bubikopf - Aufbruch in den Zwanzigern.

Helen Hessel muore a Parigi il 15 giugno 1982.

Nel 1991 escono postume, con il titolo Journal d'Helen, le pagine del diario che avevano per oggetto la reazione tra lei, Hessel e Roche'.

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Opere: Bubikopf - Aufbruch in den Zwanzigern, antologia, 1988; Journal d'Helen, diario, 1991.

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Critica: Gammel, Irene, Confessional Politics: women's sexual self-representation in life writing and popular media, 1999; Ganeva, Mila, In the waiting Room of Literature: Helen Grund and the practice of Travel and Fashion Writing. In "Women in German. Yearbook", 13, 2004, pp. 117-139; Ead., Women in Weimar Fashion. Discourses and Displays in German Culture, 1918-1933, New York, 2008; Foster, Barbara M. - Foster, Michael - Hadady, Letha, Three in Love: menage a' trois from ancient to modern Times, 1997; Wall, Renate, Lexikon der deutschen Schriftstellerinnen im Exil 1933-1945, Giessen, 2004.

 

11. PROFILI. GERTRUD ISOLANI

[Dal sito "Esilio, espatrio, migrazione al femminile nel Novecento tedesco" (www.exilderfrauen.it) riprendiamo la seguente notizia biobibliografica curata da Stefania De Lucia]

 

Gertrud Isolani nasce a Dresda il 7 febbraio 1899 in una famiglia ebrea molto impegnata culturalmente. Il padre, il critico teatrale Eugen Isaacsohn - che aveva mutato il suo cognome in Isolani per proteggere se stesso e la sua famiglia -, riunisce infatti intorno a se' un circolo di intellettuali, scrittori e artisti che creano un ambiente di forti stimoli, ai quali Gertrude reagisce manifestando una precoce attitudine alla scrittura.

A 17 anni pubblica i primi articoli giornalistici che la rendono famosa, diviene una speaker radiofonica, scrive saggi per diverse riviste culturali e letterarie, e poi ancora racconti, drammi e radiodrammi. A soli 19 anni termina una biografia su Christian Morgenstern.

Con l'avvento al potere di Adolf Hitler, i suoi testi ricevono l'epiteto negativo di "letteratura dell'asfalto" e la scrittrice, che intanto si e' sposata e ha una figlia, lascia Berlino e fugge verso la Francia. Ma anche Parigi non costituisce un approdo sicuro: nel 1940, dopo i primi anni di tranquillita' in cui aveva trovato lavoro presso il "Pariser Tageblatt", sia lei che la figlia, in quanto cittadine tedesche, vengono internate nel campo femminile di Gurs. Le esperienze vissute nel campo confluiscono nel romanzo Stadt ohne Maenner (pubblicato nel 1945). Solo nel luglio dello stesso anno, grazie all'aiuto del marito, Gertrud e la figlia riescono a scappare.

La famiglia rimane nascosta in Francia fino al 1942 quando, valicata la catena del Giura, raggiunge la Svizzera.

Il peso delle esperienze vissute grava sulla mente della piccola Ursula, che inizia a mostrare segni di forte squilibrio. Anche il marito si ammala, spossato com'e' dalle umiliazioni fisiche e morali subite sia nei lunghi anni di soggiorno nei campi di lavoro che nell'esperienza della fuga.

Un nuovo equilibrio giunge solo nel 1944, quando la famiglia giunge nella cittadina di Binningen. Dal 1945, anno della morte del marito, Gertrud riprende a scrivere pubblicando sia romanzi e racconti che articoli giornalistici. Nel 1964 ottiene la cittadinanza tedesca a Binningen che lei considera come la sua vera patria, e trascorre gli ultimi anni prima della morte, avvenuta il 19 gennaio 1988, nell'ospizio Charmille a Riehen.

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Opere: Malererbe - Studie zu Christian Morgestern, studio, 1919; Der tanzende Eros, novella, 1920; Die Seelenklinik, racconto, 1930; Die letzte Havanna, romanzo, 1934; Stadt ohne Maenner, romanzo, 1945; Der Donor, romanzo, 1949; Nacht aller Naechte, romanzo, 1956; Maitressen, racconto storico, 1964; Der Juenger des Rabbi Jochanan, racconto, 1968; Golda Meir. Israels Mutter Courage, biografia, 1969; Die Hochzeit des Jahres findet nicht statt, commedia, 1975; Schwiegermutter! Schwiegermutter!, studio, 1975; Kein Blatt vor dem Mund, Briefe, Gespraeche, Begegnungen, 1985; Beitraege: Stadt ohne Maenner, Die Hochzeit des Jahres findet nicht statt, radiodrammi, 1966. Il lascito di Gertrud Isolani si trova presso l'"Archivialenkatalog des Deutschen Exilarchivs 1933-1945" della "Deutsche Nationalbibliothek".

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Critica: Bilsky, Lisa Anne, Adrienne Thomas, Getrud Isolani, Gabriele Tergit: German Jewish Women Writers and the Experience of Exile. Doctoral Diss. University of Wisconsin-Madison, 1995; Clarenbach, Anja, Gertrud Isolani und Heinrich Eduard Jakob: Korrespondenz ueber "Stadt ohne Maenner". In "Exil. Forschung - Erkenntnisse - Ergebnisse", XVI Jg., 1994, 2; Eichmann-Lautenegger, Beatrice, "Gejagt, gehezt, verfolgt, verbrannt...". Emigrantinnen des 20. jahrhunderts in der Schweiz, Zuerich, 1994; Mittag, Gabriele, Es gibt Verdammte nur in Gurs. Literatur, Kultur und Alltag in einem suedfranzoesischen Internierungslager 1940-1942, Tuebingen, 1996; Ead.,  "Die Suende und Schande der Christenheit hat ihren Kulminationspunkt erreicht", geschlechtsspezfische Aspekte der in den franzoesischen Internierungslagern entstandenen Literatur, Muenchen, 1999; Wall, Renate, Lexikon deutschsprachigen Schriftstellerinnen im Exil 1933-1945, Giessen, 2004.

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Sitografia: www.exil-archiv.de

 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 60 del 28 agosto 2015

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, centropaceviterbo at outlook.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/