[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 722



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 722 del 27 giugno 2015

 

In questo numero:

1. La sproporzione

2. Alcune parole dette tra amici per ricordare Silvana

3. Lettera enciclica "Laudato si'" di papa Francesco sulla cura della casa comune. Capitolo quinto: Alcune linee di orientamento e di azione

4. In memoria di Lucille Clifton

 

1. EDITORIALE. LA SPROPORZIONE

 

Non ti spaventi la sproporzione tra la tua capacita' di bene e l'immensa mole di male che vedi gravare sul mondo. Tu comincia la buona intrapresa: scoprirai lungo il cammino che innumerevoli altri esseri umani gia' questa scelta hanno fatto, la scelta della nonviolenza, la scelta di salvare le vite.

E la civilta' umana e' solo questo impegno, e se c'e' ancora un mondo vivibile e' grazie a questi esseri umani che scelgono il bene. Coloro che sfruttano, opprimono e uccidono, tradiscono la loro stessa umanita'; ed e' l'intera umanita' che sfruttano, opprimono e uccidono. Non volere esser parte anche tu della trista schiera assassina. Tu lotta per salvare le vite.

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Opponiti tu alla guerra e a tutte le uccisioni.

Opponiti tu al razzismo e a tutte le persecuzioni.

Opponiti tu al maschilismo e a tutte le oppressioni.

Tu lotta in difesa dell'intero mondo vivente, tu lotta per salvare le vite.

Ogni vittima ha il volto di Abele. Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'. Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera. Questo e' il tuo primo dovere, il primo dovere di tutti: salvare le vite.

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La nonviolenza e' in cammino.

La nonviolenza e' il cammino.

 

2. AMICIZIE. ALCUNE PAROLE DETTE TRA AMICI PER RICORDARE SILVANA

[Clara Silvana Pagano e' deceduta a Viterbo il 24 giugno 2015, i funerali si sono svolti il 26 giugno. Ricostruite a memoria queste sono alcune delle parole dette tra alcuni amici per ricordarla]

 

Per tutta la vita Silvana e' stata una impetuosa combattente ed un'amorevole educatrice, ferita dal dolore del mondo e sollecita nel porvi riparo. Amante della vita e quindi del bene di tutti, generosa dei suoi talenti.

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Nell'ultimo colloquio mi parve di cogliere in lei, pur fiaccata nel corpo dalla sofferenza - ormai uno scricciolo adagiato sul letto d'ospedale, voce stanca e sguardo profondo -, la consueta lucidita' di pensiero, la parola essenziale ed ironica, il giudizio franco ed acuto di sempre, ed una fermezza morale giammai frantumabile e vieppiu' luminosa; abbiamo parlato ancora una volta delle ingiustizie da denunciare e delle lotte da condurre; era ancora indignata dei mali del mondo - piu' che del suo stesso morire.

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Noi che veniamo dalla scuola di Lucrezio e di Leopardi, di Qohelet e di Giobbe, sappiamo di quale materia e' la stoffa di cui consistiamo. Sunt lacrimae rerum. E sappiamo che composita solvantur. Sappiamo che vi e' un limite a tutto ed in primo luogo alle nostre esistenze, e questo limite non toglie ma conferma il valore, il significato delle nostre vite, delle nostre persone. Infinito valore, significato inesauribile, preziosa pienezza di verita'. Ne discende il dovere dell'universale solidarieta', della responsabilita' personale, dell'impegno comune per il bene comune.

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Un lascito, un compito resta a chi resta e che di lei voglia serbare fedele memoria. Prendersi cura delle persone che lei amava, e dell'universo mondo; promuovere la pace, la giustizia, la riconciliazione; continuare la lotta per la liberazione dell'umanita', per la difesa dei diritti di tutti gli esseri umani, per preservare questo unico mondo vivente; quella lotta che adempie l'unita'-amore del genere umano la cui sola modalita' concreta di esistenza e' nell'incarnarsi nelle singole persone, e quindi nella trama delle loro relazioni di aiuto e memoria.

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Valgono per lei, come per ogni essere umano, le parole del discorso della montagna. Nell'ora dell'estremo saluto, qui le attestiamo una volta ancora la nostra amicizia, la nostra gratitudine.

 

3. TESTI. LETTERA ENCICLICA "LAUDATO SI'" DI PAPA FRANCESCO SULLA CURA DELLA CASA COMUNE. CAPITOLO QUINTO: ALCUNE LINEE DI ORIENTAMENTO E DI AZIONE

[Dal sito http://w2.vatican.va riprendiamo il capitolo quinto (nn. 163-201) della versione italiana della lettera enciclica del 24 maggio 2015 "Laudato si'" di papa Bergoglio]

 

163. Ho cercato di prendere in esame la situazione attuale dell'umanita', tanto nelle crepe del pianeta che abitiamo, quanto nelle cause piu' profondamente umane del degrado ambientale. Sebbene questa contemplazione della realta' in se stessa gia' ci indichi la necessita' di un cambio di rotta e ci suggerisca alcune azioni, proviamo ora a delineare dei grandi percorsi di dialogo che ci aiutino ad uscire dalla spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando.

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I. Il dialogo sull'ambiente nella politica internazionale

164. Dalla meta' del secolo scorso, superando molte difficolta', si e' andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l'umanita' come popolo che abita una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti, bensi', principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi. L'interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficolta' ambientali e sociali. Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un'agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggiore efficienza energetica, a promuovere una gestione piu' adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l'accesso all'acqua potabile.

165. Sappiamo che la tecnologia basata sui combustibili fossili, molto inquinanti - specie il carbone, ma anche il petrolio e, in misura minore, il gas -, deve essere sostituita progressivamente e senza indugio. In attesa di un ampio sviluppo delle energie rinnovabili, che dovrebbe gia' essere cominciato, e' legittimo optare per il male minore o ricorrere a soluzioni transitorie. Tuttavia, nella comunita' internazionale non si raggiungono accordi adeguati circa la responsabilita' di coloro che devono sopportare i costi maggiori della transizione energetica. Negli ultimi decenni le questioni ambientali hanno dato origine a un ampio dibattito pubblico, che ha fatto crescere nella societa' civile spazi di notevole impegno e di generosa dedizione. La politica e l'industria rispondono con lentezza, lontane dall'essere all'altezza delle sfide mondiali. In questo senso si puo' dire che, mentre l'umanita' del periodo post-industriale sara' forse ricordata come una delle piu' irresponsabili della storia, c'e' da augurarsi che l'umanita' degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosita' le proprie gravi responsabilita'.

166. Il movimento ecologico mondiale ha gia' fatto un lungo percorso, arricchito dallo sforzo di molte organizzazioni della societa' civile. Non sarebbe possibile qui menzionarle tutte, ne' ripercorrere la storia dei loro contributi. Ma grazie a tanto impegno, le questioni ambientali sono state sempre piu' presenti nell'agenda pubblica e sono diventate un invito permanente a pensare a lungo termine. Ciononostante, i Vertici mondiali sull'ambiente degli ultimi anni non hanno risposto alle aspettative perche', per mancanza di decisione politica, non hanno raggiunto accordi ambientali globali realmente significativi ed efficaci.

167. Va ricordato il Vertice della Terra celebrato nel 1992 a Rio de Janeiro. In quella sede e' stato dichiarato che "gli esseri umani sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile" (126). Riprendendo alcuni contenuti della Dichiarazione di Stoccolma (1972), ha sancito, tra l'altro, la cooperazione internazionale per la cura dell'ecosistema di tutta la terra, l'obbligo da parte di chi inquina di farsene carico economicamente, il dovere di valutare l'impatto ambientale di ogni opera o progetto. Ha proposto l'obiettivo di stabilizzare le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera per invertire la tendenza al riscaldamento globale. Ha elaborato anche un'agenda con un programma di azione e una convenzione sulla diversita' biologica, ha dichiarato principi in materia forestale. Benche' quel vertice sia stato veramente innovativo e profetico per la sua epoca, gli accordi hanno avuto un basso livello di attuazione perche' non si sono stabiliti adeguati meccanismi di controllo, di verifica periodica e di sanzione delle inadempienze. I principi enunciati continuano a richiedere vie efficaci e agili di realizzazione pratica.

168. Tra le esperienze positive si puo' menzionare, per esempio, la Convenzione di Basilea sui rifiuti pericolosi, con un sistema di notificazione, di livelli stabiliti e di controlli; come pure la Convenzione vincolante sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora selvatica minacciate di estinzione, che prevede missioni di verifica dell'attuazione effettiva. Grazie alla Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e la sua attuazione mediante il Protocollo di Montreal e i suoi emendamenti, il problema dell'assottigliamento di questo strato sembra essere entrato in una fase di soluzione.

169. Riguardo alla cura per la diversita' biologica e la desertificazione, i progressi sono stati molto meno significativi. Per quanto attiene ai cambiamenti climatici, i progressi sono deplorevolmente molto scarsi. La riduzione dei gas serra richiede onesta', coraggio e responsabilita', soprattutto da parte dei Paesi piu' potenti e piu' inquinanti. La Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile denominata Rio+20 (Rio de Janeiro 2012), ha emesso un'ampia quanto inefficace Dichiarazione finale. I negoziati internazionali non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale. Quanti subiranno le conseguenze che noi tentiamo di dissimulare, ricorderanno questa mancanza di coscienza e di responsabilita'. Mentre si andava elaborando questa Enciclica, il dibattito ha assunto una particolare intensita'. Noi credenti non possiamo non pregare Dio per gli sviluppi positivi delle attuali discussioni, in modo che le generazioni future non soffrano le conseguenze di imprudenti indugi.

170. Alcune delle strategie per la bassa emissione di gas inquinanti puntano alla internazionalizzazione dei costi ambientali, con il pericolo di imporre ai Paesi con minori risorse pesanti impegni sulle riduzioni di emissioni, simili a quelli dei Paesi piu' industrializzati. L'imposizione di queste misure penalizza i Paesi piu' bisognosi di sviluppo. In questo modo si aggiunge una nuova ingiustizia sotto il rivestimento della cura per l'ambiente. Anche in questo caso, piove sempre sul bagnato. Poiche' gli effetti dei cambiamenti climatici si faranno sentire per molto tempo, anche se ora si prendessero misure rigorose, alcuni Paesi con scarse risorse avranno bisogno di aiuto per adattarsi agli effetti che gia' si stanno producendo e colpiscono le loro economie. Resta certo che ci sono responsabilita' comuni ma differenziate, semplicemente perche', come hanno affermato i Vescovi della Bolivia, "i Paesi che hanno tratto beneficio da un alto livello di industrializzazione, a costo di un'enorme emissione di gas serra, hanno maggiore responsabilita' di contribuire alla soluzione dei problemi che hanno causato" (127).

171. La strategia di compravendita di "crediti di emissione" puo' dar luogo a una nuova forma di speculazione e non servirebbe a ridurre l'emissione globale di gas inquinanti. Questo sistema sembra essere una soluzione rapida e facile, con l'apparenza di un certo impegno per l'ambiente, che pero' non implica affatto un cambiamento radicale all'altezza delle circostanze. Anzi, puo' diventare un espediente che consente di sostenere il super-consumo di alcuni Paesi e settori.

172. Per i Paesi poveri le priorita' devono essere lo sradicamento della miseria e lo sviluppo sociale dei loro abitanti; al tempo stesso devono prendere in esame il livello scandaloso di consumo di alcuni settori privilegiati della loro popolazione e contrastare meglio la corruzione. Certo, devono anche sviluppare forme meno inquinanti di produzione di energia, ma per questo hanno bisogno di contare sull'aiuto dei Paesi che sono cresciuti molto a spese dell'inquinamento attuale del pianeta. Lo sfruttamento diretto dell'abbondante energia solare richiede che si stabiliscano meccanismi e sussidi in modo che i Paesi in via di sviluppo possano avere accesso al trasferimento di tecnologie, ad assistenza tecnica e a risorse finanziarie, ma sempre prestando attenzione alle condizioni concrete, giacche' "non sempre viene adeguatamente valutata la compatibilita' degli impianti con il contesto per il quale sono progettati" (128). I costi sarebbero bassi se raffrontati al rischio dei cambiamenti climatici. In ogni modo, e' anzitutto una decisione etica, fondata sulla solidarieta' di tutti i popoli.

173. Urgono accordi internazionali che si realizzino, considerata la scarsa capacita' delle istanze locali di intervenire in modo efficace. Le relazioni tra Stati devono salvaguardare la sovranita' di ciascuno, ma anche stabilire percorsi concordati per evitare catastrofi locali che finirebbero per danneggiare tutti. Occorrono quadri regolatori globali che impongano obblighi e che impediscano azioni inaccettabili, come il fatto che Paesi potenti scarichino su altri Paesi rifiuti e industrie altamente inquinanti.

174. Menzioniamo anche il sistema di governance degli oceani. Infatti, benche' vi siano state diverse convenzioni internazionali e regionali, la frammentazione e l'assenza di severi meccanismi di regolamentazione, controllo e sanzione finiscono con il minare tutti gli sforzi. Il crescente problema dei rifiuti marini e della protezione delle aree marine al di la' delle frontiere nazionali continua a rappresentare una sfida speciale. In definitiva, abbiamo bisogno di un accordo sui regimi di governance per tutta la gamma dei cosiddetti beni comuni globali.

175. La medesima logica che rende difficile prendere decisioni drastiche per invertire la tendenza al riscaldamento globale e' quella che non permette di realizzare l'obiettivo di sradicare la poverta'. Abbiamo bisogno di una reazione globale piu' responsabile, che implica affrontare contemporaneamente la riduzione dell'inquinamento e lo sviluppo dei Paesi e delle regioni povere. Il XXI secolo, mentre mantiene una governance propria di epoche passate, assiste ad una perdita di potere degli Stati nazionali, soprattutto perche' la dimensione economico-finanziaria, con caratteri transnazionali, tende a predominare sulla politica. In questo contesto, diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali piu' forti ed efficacemente organizzate, con autorita' designate in maniera imparziale mediante accordi tra i governi nazionali e dotate del potere di sanzionare. Come ha affermato Benedetto XVI nella linea gia' sviluppata dalla dottrina sociale della Chiesa, "per il governo dell'economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell'ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorita' politica mondiale, quale e' stata gia' tratteggiata dal mio Predecessore, [san] Giovanni XXIII" (129). In tale prospettiva, la diplomazia acquista un'importanza inedita, in ordine a promuovere strategie internazionali per prevenire i problemi piu' gravi che finiscono per colpire tutti.

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II. Il dialogo verso nuove politiche nazionali e locali

176. Non solo ci sono vincitori e vinti tra i Paesi, ma anche all'interno dei Paesi poveri, in cui si devono identificare diverse responsabilita'. Percio', le questioni relative all'ambiente e allo sviluppo economico non si possono piu' impostare solo a partire dalle differenze tra i Paesi, ma chiedono di porre attenzione alle politiche nazionali e locali.

177. Dinanzi alla possibilita' di un utilizzo irresponsabile delle capacita' umane, sono funzioni improrogabili di ogni Stato quelle di pianificare, coordinare, vigilare e sanzionare all'interno del proprio territorio. La societa', in che modo ordina e custodisce il proprio divenire in un contesto di costanti innovazioni tecnologiche? Un fattore che agisce come moderatore effettivo e' il diritto, che stabilisce le regole per le condotte consentite alla luce del bene comune. I limiti che deve imporre una societa' sana, matura e sovrana sono attinenti a previsione e precauzione, regolamenti adeguati, vigilanza sull'applicazione delle norme, contrasto della corruzione, azioni di controllo operativo sull'emergere di effetti non desiderati dei processi produttivi, e intervento opportuno di fronte a rischi indeterminati o potenziali. Esiste una crescente giurisprudenza orientata a ridurre gli effetti inquinanti delle attivita' imprenditoriali. Ma la struttura politica e istituzionale non esiste solo per evitare le cattive pratiche, bensi' per incoraggiare le buone pratiche, per stimolare la creativita' che cerca nuove strade, per facilitare iniziative personali e collettive.

178. Il dramma di una politica focalizzata sui risultati immediati, sostenuta anche da popolazioni consumiste, rende necessario produrre crescita a breve termine. Rispondendo a interessi elettorali, i governi non si azzardano facilmente a irritare la popolazione con misure che possano intaccare il livello di consumo o mettere a rischio investimenti esteri. La miope costruzione del potere frena l'inserimento dell'agenda ambientale lungimirante all'interno dell'agenda pubblica dei governi. Si dimentica cosi' che "il tempo e' superiore allo spazio" (130), che siamo sempre piu' fecondi quando ci preoccupiamo di generare processi, piuttosto che di dominare spazi di potere. La grandezza politica si mostra quando, in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine. Il potere politico fa molta fatica ad accogliere questo dovere in un progetto di Nazione.

179. In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l'autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l'ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilita', l'istanza locale puo' fare la differenza. E' li' infatti che possono nascere una maggiore responsabilita', un forte senso comunitario, una speciale capacita' di cura e una creativita' piu' generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti. Questi valori hanno radici molto profonde nelle popolazioni aborigene. Poiche' il diritto, a volte, si dimostra insufficiente a causa della corruzione, si richiede una decisione politica sotto la pressione della popolazione. La societa', attraverso organismi non governativi e associazioni intermedie, deve obbligare i governi a sviluppare normative, procedure e controlli piu' rigorosi. Se i cittadini non controllano il potere politico - nazionale, regionale e municipale - neppure e' possibile un contrasto dei danni ambientali. D'altra parte, le legislazioni municipali possono essere piu' efficaci se ci sono accordi tra popolazioni vicine per sostenere le medesime politiche ambientali.

180. Non si puo' pensare a ricette uniformi, perche' vi sono problemi e limiti specifici di ogni Paese e regione. E' vero anche che il realismo politico puo' richiedere misure e tecnologie di transizione, sempre che siano accompagnate dal disegno e dall'accettazione di impegni graduali vincolanti. Allo stesso tempo, pero', in ambito nazionale e locale c'e' sempre molto da fare, ad esempio promuovere forme di risparmio energetico. Cio' implica favorire modalita' di produzione industriale con massima efficienza energetica e minor utilizzo di materie prime, togliendo dal mercato i prodotti poco efficaci dal punto di vista energetico o piu' inquinanti. Possiamo anche menzionare una buona gestione dei trasporti o tecniche di costruzione e di ristrutturazione di edifici che ne riducano il consumo energetico e il livello di inquinamento. D'altra parte, l'azione politica locale puo' orientarsi alla modifica dei consumi, allo sviluppo di un'economia dei rifiuti e del riciclaggio, alla protezione di determinate specie e alla programmazione di un'agricoltura diversificata con la rotazione delle colture. E' possibile favorire il miglioramento agricolo delle regioni povere mediante investimenti nelle infrastrutture rurali, nell'organizzazione del mercato locale o nazionale, nei sistemi di irrigazione, nello sviluppo di tecniche agricole sostenibili. Si possono facilitare forme di cooperazione o di organizzazione comunitaria che difendano gli interessi dei piccoli produttori e preservino gli ecosistemi locali dalla depredazione. E' molto quello che si puo' fare!

181. E' indispensabile la continuita', giacche' non si possono modificare le politiche relative ai cambiamenti climatici e alla protezione dell'ambiente ogni volta che cambia un governo. I risultati richiedono molto tempo e comportano costi immediati con effetti che non potranno essere esibiti nel periodo di vita di un governo. Per questo, senza la pressione della popolazione e delle istituzioni, ci saranno sempre resistenze ad intervenire, ancor piu' quando ci siano urgenze da risolvere. Che un politico assuma queste responsabilita' con i costi che implicano, non risponde alla logica efficientista e "immediatista" dell'economia e della politica attuali, ma se avra' il coraggio di farlo, potra' nuovamente riconoscere la dignita' che Dio gli ha dato come persona e lascera', dopo il suo passaggio in questa storia, una testimonianza di generosa responsabilita'. Occorre dare maggior spazio a una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose. Tuttavia, bisogna aggiungere che i migliori dispositivi finiscono per soccombere quando mancano le grandi mete, i valori, una comprensione umanistica e ricca di significato, capaci di conferire ad ogni societa' un orientamento nobile e generoso.

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III. Dialogo e trasparenza nei processi decisionali

182. La previsione dell'impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito.

183. Uno studio di impatto ambientale non dovrebbe essere successivo all'elaborazione di un progetto produttivo o di qualsiasi politica, piano o programma. Va inserito fin dall'inizio e dev'essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da ogni pressione economica o politica. Dev'essere connesso con l'analisi delle condizioni di lavoro e dei possibili effetti sulla salute fisica e mentale delle persone, sull'economia locale, sulla sicurezza. I risultati economici si potranno cosi' prevedere in modo piu' realistico, tenendo conto degli scenari possibili ed eventualmente anticipando la necessita' di un investimento maggiore per risolvere effetti indesiderati che possano essere corretti. E' sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che possono apportare diverse prospettive, soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su cio' che vogliono per se' e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalita' che trascendono l'interesse economico immediato. Bisogna abbandonare l'idea di "interventi" sull'ambiente, per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti interessate. La partecipazione richiede che tutti siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e possibilita', e non si riduce alla decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o monitoraggio costante. C'e' bisogno di sincerita' e verita' nelle discussioni scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o meno dalla legislazione.

184. Quando compaiono eventuali rischi per l'ambiente che interessano il bene comune presente e futuro, questa situazione richiede "che le decisioni siano basate su un confronto tra rischi e benefici ipotizzabili per ogni possibile scelta alternativa" (131). Questo vale soprattutto se un progetto puo' causare un incremento nello sfruttamento delle risorse naturali, nelle emissioni e nelle scorie, nella produzione di rifiuti, oppure un mutamento significativo nel paesaggio, nell'habitat di specie protette o in uno spazio pubblico. Alcuni progetti, non supportati da un'analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualita' della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro come, ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell'ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell'uso dell'energia nucleare. La cultura consumistica, che da' priorita' al breve termine e all'interesse privato, puo' favorire pratiche troppo rapide o consentire l'occultamento dell'informazione.

185. In ogni discussione riguardante un'iniziativa imprenditoriale si dovrebbe porre una serie di domande, per poter discernere se portera' ad un vero sviluppo integrale: Per quale scopo? Per quale motivo? Dove? Quando? In che modo? A chi e' diretto? Quali sono i rischi? A quale costo? Chi paga le spese e come lo fara'? In questo esame ci sono questioni che devono avere la priorita'. Per esempio, sappiamo che l'acqua e' una risorsa scarsa e indispensabile, inoltre e' un diritto fondamentale che condiziona l'esercizio di altri diritti umani. Questo e' indubitabile e supera ogni analisi di impatto ambientale di una regione.

186. Nella Dichiarazione di Rio del 1992, si sostiene che "laddove vi sono minacce di danni gravi o irreversibili, la mancanza di piene certezze scientifiche non potra' costituire un motivo per ritardare l'adozione di misure efficaci" (132) che impediscano il degrado dell'ambiente. Questo principio di precauzione permette la protezione dei piu' deboli, che dispongono di pochi mezzi per difendersi e per procurare prove irrefutabili. Se l'informazione oggettiva porta a prevedere un danno grave e irreversibile, anche se non ci fosse una dimostrazione indiscutibile, qualunque progetto dovrebbe essere fermato o modificato. In questo modo si inverte l'onere della prova, dato che in questi casi bisogna procurare una dimostrazione oggettiva e decisiva che l'attivita' proposta non vada a procurare danni gravi all'ambiente o a quanti lo abitano.

187. Questo non significa opporsi a qualsiasi innovazione tecnologica che consenta di migliorare la qualita' della vita di una popolazione. Ma in ogni caso deve rimanere fermo che la redditivita' non puo' essere l'unico criterio da tener presente e che, nel momento in cui apparissero nuovi elementi di giudizio a partire dagli sviluppi dell'informazione, dovrebbe esserci una nuova valutazione con la partecipazione di tutte le parti interessate. Il risultato della discussione potra' essere la decisione di non proseguire in un progetto, ma potrebbe anche essere la sua modifica o l'elaborazione di proposte alternative.

188. Ci sono discussioni, su questioni relative all'ambiente, nelle quali e' difficile raggiungere un consenso. Ancora una volta ribadisco che la Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, ne' di sostituirsi alla politica, ma invito ad un dibattito onesto e trasparente, perche' le necessita' particolari o le ideologie non ledano il bene comune.

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IV. Politica ed economia in dialogo per la pienezza umana

189. La politica non deve sottomettersi all'economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l'economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l'intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potra' solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l'occasione per sviluppare una nuova economia piu' attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell'attivita' finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c'e' stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo. La produzione non e' sempre razionale, e spesso e' legata a variabili economiche che attribuiscono ai prodotti un valore che non corrisponde al loro valore reale. Questo determina molte volte una sovrapproduzione di alcune merci, con un impatto ambientale non necessario, che al tempo stesso danneggia molte economie regionali (133). La bolla finanziaria di solito e' anche una bolla produttiva. In definitiva, cio' che non si affronta con decisione e' il problema dell'economia reale, la quale rende possibile che si diversifichi e si migliori la produzione, che le imprese funzionino adeguatamente, che le piccole e medie imprese si sviluppino e creino occupazione, e cosi' via.

190. In questo contesto bisogna sempre ricordare che "la protezione ambientale non puo' essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L'ambiente e' uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente" (134). Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. E' realistico aspettarsi che chi e' ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascera' alle prossime generazioni? All'interno dello schema della rendita non c'e' posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessita' degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall'intervento umano. Inoltre, quando si parla di biodiversita', al massimo la si pensa come una riserva di risorse economiche che potrebbe essere sfruttata, ma non si considerano seriamente il valore reale delle cose, il loro significato per le persone e le culture, gli interessi e le necessita' dei poveri.

191. Quando si pongono tali questioni, alcuni reagiscono accusando gli altri di pretendere di fermare irrazionalmente il progresso e lo sviluppo umano. Ma dobbiamo convincerci che rallentare un determinato ritmo di produzione e di consumo puo' dare luogo a un'altra modalita' di progresso e di sviluppo. Gli sforzi per un uso sostenibile delle risorse naturali non sono una spesa inutile, bensi' un investimento che potra' offrire altri benefici economici a medio termine. Se non abbiamo ristrettezze di vedute, possiamo scoprire che la diversificazione di una produzione piu' innovativa e con minore impatto ambientale, puo' essere molto redditizia. Si tratta di aprire la strada a opportunita' differenti, che non implicano di fermare la creativita' umana e il suo sogno di progresso, ma piuttosto di incanalare tale energia in modo nuovo.

192. Per esempio, un percorso di sviluppo produttivo piu' creativo e meglio orientato potrebbe correggere la disparita' tra l'eccessivo investimento tecnologico per il consumo e quello scarso per risolvere i problemi urgenti dell'umanita'; potrebbe generare forme intelligenti e redditizie di riutilizzo, di recupero funzionale e di riciclo; potrebbe migliorare l'efficienza energetica delle citta'; e cosi' via. La diversificazione produttiva offre larghissime possibilita' all'intelligenza umana per creare e innovare, mentre protegge l'ambiente e crea piu' opportunita' di lavoro. Questa sarebbe una creativita' capace di far fiorire nuovamente la nobilta' dell'essere umano, perche' e' piu' dignitoso usare l'intelligenza, con audacia e responsabilita', per trovare forme di sviluppo sostenibile ed equo, nel quadro di una concezione piu' ampia della qualita' della vita. Viceversa, e' meno dignitoso e creativo e piu' superficiale insistere nel creare forme di saccheggio della natura solo per offrire nuove possibilita' di consumo e di rendita immediata.

193. In ogni modo, se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comportera' nuove modalita' per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si e' prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po' il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi. Sappiamo che e' insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre piu', mentre altri ancora non riescono a vivere in conformita' alla propria dignita' umana. Per questo e' arrivata l'ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perche' si possa crescere in modo sano in altre parti. Diceva Benedetto XVI che "e' necessario che le societa' tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti caratterizzati dalla sobrieta', diminuendo il proprio consumo di energia e migliorando le condizioni del suo uso" (135).

194. Affinche' sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di "cambiare il modello di sviluppo globale" (136), la qual cosa implica riflettere responsabilmente "sul senso dell'economia e sulla sua finalita', per correggere le sue disfunzioni e distorsioni" (137). Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell'ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualita' di vita integralmente superiore, non puo' considerarsi progresso. D'altra parte, molte volte la qualita' reale della vita delle persone diminuisce - per il deteriorarsi dell'ambiente, la bassa qualita' dei prodotti alimentari o l'esaurimento di alcune risorse - nel contesto di una crescita dell'economia. In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all'interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilita' sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo piu' a una serie di azioni di marketing e di immagine.

195. Il principio della massimizzazione del profitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, e' una distorsione concettuale dell'economia: se aumenta la produzione, interessa poco che si produca a spese delle risorse future o della salute dell'ambiente; se il taglio di una foresta aumenta la produzione, nessuno misura in questo calcolo la perdita che implica desertificare un territorio, distruggere la biodiversita' o aumentare l'inquinamento. Vale a dire che le imprese ottengono profitti calcolando e pagando una parte infima dei costi. Si potrebbe considerare etico solo un comportamento in cui "i costi economici e sociali derivanti dall'uso delle risorse ambientali comuni siano riconosciuti in maniera trasparente e siano pienamente sopportati da coloro che ne usufruiscono e non da altre popolazioni o dalle generazioni future" (138). La razionalita' strumentale, che apporta solo un'analisi statica della realta' in funzione delle necessita' del momento, e' presente sia quando ad assegnare le risorse e' il mercato, sia quando lo fa uno Stato pianificatore.

196. Qual e' il posto della politica? Ricordiamo il principio di sussidiarieta', che conferisce liberta' per lo sviluppo delle capacita' presenti a tutti i livelli, ma al tempo stesso esige piu' responsabilita' verso il bene comune da parte di chi detiene piu' potere. E' vero che oggi alcuni settori economici esercitano piu' potere degli Stati stessi. Ma non si puo' giustificare un'economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un'altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale. La logica che non lascia spazio a una sincera preoccupazione per l'ambiente e' la stessa in cui non trova spazio la preoccupazione per integrare i piu' fragili, perche' "nel vigente modello 'di successo' e 'privatistico', non sembra abbia senso investire affinche' quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita" (139).

197. Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi. Molte volte la stessa politica e' responsabile del proprio discredito, a causa della corruzione e della mancanza di buone politiche pubbliche. Se lo Stato non adempie il proprio ruolo in una regione, alcuni gruppi economici possono apparire come benefattori e detenere il potere reale, sentendosi autorizzati a non osservare certe norme, fino a dar luogo a diverse forme di criminalita' organizzata, tratta delle persone, narcotraffico e violenza molto difficili da sradicare. Se la politica non e' capace di rompere una logica perversa, e inoltre resta inglobata in discorsi inconsistenti, continueremo a non affrontare i grandi problemi dell'umanita'. Una strategia di cambiamento reale esige di ripensare la totalita' dei processi, poiche' non basta inserire considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la logica soggiacente alla cultura attuale. Una politica sana dovrebbe essere capace di assumere questa sfida.

198. La politica e l'economia tendono a incolparsi reciprocamente per quanto riguarda la poverta' e il degrado ambientale. Ma quello che ci si attende e' che riconoscano i propri errori e trovino forme di interazione orientate al bene comune. Mentre gli uni si affannano solo per l'utile economico e gli altri sono ossessionati solo dal conservare o accrescere il potere, quello che ci resta sono guerre o accordi ambigui dove cio' che meno interessa alle due parti e' preservare l'ambiente e avere cura dei piu' deboli. Anche qui vale il principio che "l'unita' e' superiore al conflitto" (140).

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V. Le religioni nel dialogo con le scienze

199. Non si puo' sostenere che le scienze empiriche spieghino completamente la vita, l'intima essenza di tutte le creature e l'insieme della realta'. Questo vorrebbe dire superare indebitamente i loro limitati confini metodologici. Se si riflette con questo quadro ristretto, spariscono la sensibilita' estetica, la poesia, e persino la capacita' della ragione di cogliere il senso e la finalita' delle cose (141). Desidero ricordare che "i testi religiosi classici possono offrire un significato destinato a tutte le epoche, posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti [...]. E' ragionevole e intelligente relegarli nell'oscurita' solo perche' sono nati nel contesto di una credenza religiosa?" (142). In realta', e' semplicistico pensare che i principi etici possano presentarsi in modo puramente astratto, slegati da ogni contesto, e il fatto che appaiano con un linguaggio religioso non toglie loro alcun valore nel dibattito pubblico. I principi etici che la ragione e' capace di percepire possono riapparire sempre sotto diverse vesti e venire espressi con linguaggi differenti, anche religiosi.

200. D'altra parte, qualunque soluzione tecnica che le scienze pretendano di apportare sara' impotente a risolvere i gravi problemi del mondo se l'umanita' perde la sua rotta, se si dimenticano le grandi motivazioni che rendono possibile il vivere insieme, il sacrificio, la bonta'. In ogni caso, occorrera' fare appello ai credenti affinche' siano coerenti con la propria fede e non la contraddicano con le loro azioni, bisognera' insistere perche' si aprano nuovamente alla grazia di Dio e attingano in profondita' dalle proprie convinzioni sull'amore, sulla giustizia e sulla pace. Se una cattiva comprensione dei nostri principi ci ha portato a volte a giustificare l'abuso della natura o il dominio dispotico dell'essere umano sul creato, o le guerre, l'ingiustizia e la violenza, come credenti possiamo riconoscere che in tal modo siamo stati infedeli al tesoro di sapienza che avremmo dovuto custodire. Molte volte i limiti culturali di diverse epoche hanno condizionato tale consapevolezza del proprio patrimonio etico e spirituale, ma e' precisamente il ritorno alle loro rispettive fonti che permette alle religioni di rispondere meglio alle necessita' attuali.

201. La maggior parte degli abitanti del pianeta si dichiarano credenti, e questo dovrebbe spingere le religioni ad entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternita'. E' indispensabile anche un dialogo tra le stesse scienze, dato che ognuna e' solita chiudersi nei limiti del proprio linguaggio, e la specializzazione tende a diventare isolamento e assolutizzazione del proprio sapere. Questo impedisce di affrontare in modo adeguato i problemi dell'ambiente. Ugualmente si rende necessario un dialogo aperto e rispettoso tra i diversi movimenti ecologisti, fra i quali non mancano le lotte ideologiche. La gravita' della crisi ecologica esige da noi tutti di pensare al bene comune e di andare avanti sulla via del dialogo che richiede pazienza, ascesi e generosita', ricordando sempre che "la realta' e' superiore all'idea" (143).

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Note

126. Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo (14 giugno 1992), Principio 1.

127. Conferenza Episcopale Boliviana, Lettera pastorale sull'ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia El Universo, don de Dios para la Vida (2012), 86.

128. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Energia, Giustizia e Pace, IV, 1, Citta' del Vaticano (2013), 56.

129. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 67: AAS 101 (2009), 700.

130. Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 222: AAS 105 (2013), 1111.

131. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 469.

132. Dichiarazione di Rio sull'ambiente e lo sviluppo (14 giugno 1992), Principio 15.

133. Cfr Conferenza Episcopale Messicana. Commissione Episcopale per la Pastorale Sociale, Jesucristo, vida y esperanza de los indigenas y campesinos (14 gennaio 2008).

134. Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 470.

135. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2010, 9: AAS 102 (2010), 46.

136. Ibid.

137. Ibid., 5: p. 43.

138. Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 50: AAS 101 (2009), 686.

139. Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 209: AAS 105 (2013), 1107.

140. Ibid., 228: AAS 105 (2013), 1113.

141. Cfr Lett. enc. Lumen fidei (29 giugno 2013), 34: AAS 105 (2013), 577: "La luce della fede, in quanto unita alla verita' dell'amore, non e' aliena al mondo materiale, perche' l'amore si vive sempre in corpo e anima; la luce della fede e' luce incarnata, che procede dalla vita luminosa di Gesu'. Essa illumina anche la materia, confida nel suo ordine, conosce che in essa si apre un cammino di armonia e di comprensione sempre piu' ampio. Lo sguardo della scienza riceve cosi' un beneficio dalla fede: questa invita lo scienziato a rimanere aperto alla realta', in tutta la sua ricchezza inesauribile. La fede risveglia il senso critico, in quanto impedisce alla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formule e la aiuta a capire che la natura e' sempre piu' grande. Invitando alla meraviglia davanti al mistero del creato, la fede allarga gli orizzonti della ragione per illuminare meglio il mondo che si schiude agli studi della scienza".

142. Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 256: AAS 105 (2013), 1123.

143. Ibid., 231: p. 1114.

 

4. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI LUCILLE CLIFTON

 

Ricorre oggi, 27 giugno, l'anniversario della nascita della grande poetessa Lucille Clifton (Depew, 27 giugno 1936 - Baltimora, 13 febbraio 2010).

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Nel ricordo di Lucille Clifton proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 722 del 27 giugno 2015

 

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