[Nonviolenza] Telegrammi. 2026



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2026 del 26 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Silvana

2. Dal profondo del cuore. Una lettera aperta

3. Un incontro di studio a Viterbo su Michel Foucault

4. In ricordo di Ernesto Buonaiuti e di Giacomo Debenedetti

5. Sergio Casali presenta "La conta dei salvati" di Anna Bravo

6. Pasquale Pugliese presenta "La conta dei salvati" di Anna Bravo

7. "Il foglio" presenta "La conta dei salvati" di Anna Bravo

8. "Via Dogana" presenta "La conta dei salvati" di Anna Bravo

9. L'Unione Femminile presenta "La conta dei salvati" di Anna Bravo

10. Segnalazioni librarie

11. La "Carta" del Movimento Nonviolento

12. Per saperne di piu'

 

1. LUTTI. PEPPE SINI: SILVANA

 

E' deceduta Clara Silvana Pagano, insegnante impegnata, cittadina attiva e solidale, militante del movimento delle oppresse e degli oppressi, persona generosa e coraggiosa, amica e partecipe dell'impegno del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo.

Da anni era gravemente malata e da mesi era in ospedale. E' morta il 24 giugno, i funerali si svolgeranno questa mattina alle ore 10 nella chiesa di Sant'Angelo in Spatha a Viterbo.

Al figlio Luca ed alle altre persone che le vollero bene e le sono state vicine anche in questi ultimi dolorosi anni le nostre condoglianze.

L'ho vista per l'ultima volta venerdi' scorso, prostrata dalla sofferenza, una persona minuta, fragile e gentile, luminosa; abbiamo parlato ancora una volta - per l'ultima volta - delle lotte da condurre per i diritti di tutti gli esseri umani, della difesa del mondo vivente, della civilta', del bene comune. Era stanchissima, ma lucida, nitida, ironica come sempre; lei che per tutta la vita e' stata cosi' combattiva, cosi' impetuosa, mi e' parsa infine quasi rasserenata, ma di quella serenita' che non e' rinuncia a nulla di cio' che e' vero, che e' giusto, che e' bello e che e' buono; cosi' Socrate parlava agli amici negli ultimi giorni; cosi' Eleonora de Fonseca Pimentel.

Anche nel ricordo di Silvana, nella fedelta' a Silvana, nell'amicizia per Silvana, continueremo a portare avanti la lotta per la dignita' e i diritti di ogni essere umano, per la difesa della biosfera, per la liberazione dell'umanita'.

Anche nel ricordo di Silvana, nella fedelta' a Silvana, nell'amiciza per Silvana, la nonviolenza e' in cammino.

 

2. NON POSSIAMO TACERE. DAL PROFONDO DL CUORE. UNA LETTERA APERTA

 

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

mentre le scrivo questa lettera aperta so gia' che l'attenzione di tutti i mass-media (e quindi dell'opinione pubblica da essi plasmata) sara' prevalentemente rivolta alla vicenda della riforma della scuola, ma oggi lei ha detto - riferiscono unanimi le principali agenzie di stampa - parole assai gravi su un altro, decisivo argomento, e queste parole, che possono avere conseguenze disastrose, occorre che lei le corregga al piu' presto.

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Lei avrebbe detto: "i richiedenti asilo si accolgono, i migranti economici vengano rimpatriati".

Temo che non si sia reso conto che i cosiddetti "migranti economici" hanno altrettanto diritto dei perseguitati politici ad essere accolti, poiche' la poverta' - e sovente l'estrema poverta', la desertificazione, la fame - imposta nei loro luoghi d'origine da un ordine internazionale iniquo (coadiuvato sovente da ordinamenti locali dispotici) e da una lunga storia di rapine e violenze che tuttora continuano, e' essa stessa una forma di oppressione politica, una violazione dei diritti umani, una denegazione di democrazia, talche' a tutti gli effetti i cosiddetti "migranti economici" rientrano tra le persone per le quali l'articolo 10 della Costituzione della Repubblica Italiana prevede il diritto di asilo.

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Corregga pertanto le sue parole e dica invece: "Tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita; tutte le persone bisognose di aiuto devono essere soccorse; tutti gli esseri umani costretti ad abbandonare le loro case, le loro famiglie, i loro paesi, hanno diritto ad essere accolti e assistiti; l'Italia e' una repubblica democratica che riconosce i diritti umani e tra essi il primo e fondamentale diritto e' certamente quello alla vita, alla dignita', alla solidarieta' - diritto che si puo' inverare solo se gli altri esseri umani e le istituzioni che garantiscono e promuovono la civile convivenza si impegnano per questo".

Ed aggiunga quindi: "Pertanto l'Italia ripudia il razzismo e la guerra, e riconosce, rispetta e sostiene il diritto di ogni essere umano a muoversi liberamente sull'unico pianeta casa comune dell'umanita' intera per salvare la propria vita e migliorare le condizioni dell'esistenza propria e delle persone amate; l'Italia non respinge nessuno, l'Italia non riconsegna le vittime nelle mani dei carnefici, non abbandona l'affamato alla morte; il popolo italiano fa parte dell'umanita'".

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Vi e' una sola umanita'. In un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Dal profondo del cuore la esorto a dire parole di pace e di giustizia, di fraternita' e di verita'.

Dal profondo del cuore la esorto a contrastare ed abolire subito tutte le scellerate pratiche e misure razziste e violente purtroppo ancora presenti anche nel nostro paese, e ad avviare una politica umana, una politica di pace, una politica nonviolenta.

Molte altre cose ancora vorrei aggiungere ed argomentare, ma non in questa lettera che vorrei lei leggesse al piu' presto, che vorrei la persuadesse a correggere immediatamente quella sua improvvida e non meditata dichiarazione ed a modificare profondamente la politica del suo governo in direzione di necessarie ed urgenti scelte nonviolente; mi permetta di concludere con una sola osservazione ancora, che sono certo lei condividera' (e che del resto e' sapienza condivisa dall'umanita' intera fin dai piu' remoti tempi): solo facendo il bene ci si oppone al male.

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Un saluto di pace,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani"

Viterbo, 25 giugno 2015

 

3. INCONTRI. UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO SU MICHEL FOUCAULT

 

Si e' svolto giovedi' 25 giugno 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio sulla figura e l'opera di Michel Foucault, l'illustre filosofo ed attivista per i diritti umani di cui ricorre l'anniversario della scomparsa (avvenuta il 25 giugno 1984 a Parigi; era nato a Poitiers il 15 ottobre 1926).

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Michel Foucault, filosofo francese (Poitiers 1926 - Parigi 1984), critico delle istituzioni e delle ideologie della violenza e della repressione. Opere di Michel Foucault: Storia della follia nell'eta' classica, Rizzoli; Raymond Roussel, Cappelli; Nascita della clinica, Einaudi; Le parole e le cose, Rizzoli; L'archeologia del sapere, Rizzoli; L'ordine del discorso, Einaudi; Io, Pierre Riviere..., Einaudi; Sorvegliare e punire, Einaudi; La volonta' di sapere, Feltrinelli; L'uso dei piaceri, Feltrinelli; La cura di se', Feltrinelli. Cfr. anche i tre volumi di Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste, Feltrinelli, e la recente Antologia, Feltrinelli. In italiano sono stati pubblicati in volume anche molti altri testi e raccolte di interventi di Foucault, come Malattia mentale e psicologia, Cortina; Questa non e' una pipa, Serra e Riva, Scritti letterari, Feltrinelli; Dalle torture alle celle, Lerici; Taccuino persiano, Guerini e associati; e varie altre raccolte di materiali, trascrizioni di conferenze, seminari (alcuni di straordinaria importanza, e tra essi: Il potere psichiatrico, Gli anormali, "Bisogna difendere la societa'", Sicurezza, territorio, popolazione, Nascita della biopolitica, L'ermeneutica del soggetto, tutti presso Feltrinelli). Opere su Michel Foucault: tra le molte disponibili segnaliamo Stefano Catucci, Introduzione a Foucault, Laterza; Vittorio Cotesta, Linguaggio, potere, individuo, Dedalo; Hubert L. Dreyfus, Paul Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle Grazie; Didier Eribon, Michel Foucault, Flammarion; Francois Ewald, Anatomia e corpi politici. Su Foucault, Feltrinelli; Jose' G. Merquior, Foucault, Laterza; Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri; Paolo Veronesi, Foucault: il potere e la parola, Zanichelli; cfr. anche il volume di "Aut aut", n. 232, settembre-ottobre 2004, monografico su "Michel Foucault e il potere psichiatrico".

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Nel corso dell'incontro sono state ripercorse tutte le opere fondamentali dell'autore, di cui sono stati letti e commentati alcuni brani.

 

4. MAESTRI. IN RICORDO DI ERNESTO BUONAIUTI E DI GIACOMO DEBENEDETTI

 

Ricorreva ieri, 25 giugno, l'anniversario della nascita di Ernesto Buonaiuti (Roma, 25 giugno 1885 - 20 aprile 1946), e di Giacomo Debenedetti (Biella, 25 giugno 1901 - Roma, 20 gennaio 1967). Due delle grandi figure morali e intellettuali del Novecento italiano, maestri di antifascismo, nitidamente impegnati per l'umanita', contro ogni violenza, contro ogni menzogna. Della dignita' e della civilta', del retto sentire e condursi, dell'azione che educa al bello e al buono, alla giustizia e alla misericordia, due dei testimoni maggiori. Viventi esempi della nonviolenza in cammino.

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Anche nel ricordo di Ernesto Buonaiuti e di Giacomo Debenedetti proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

5. LIBRI. SERGIO CASALI PRESENTA "LA CONTA DEI SALVATI" DI ANNA BRAVO

[Dal sito de "Il cittadino. Settimanale cattolico di Genova" (www.ilcittadino.ge.it) riprendiamo la seguente recensione dell'11 settembre 2013.

Sergio Casali e' docente, volontario della Comunita' di Sant'Egidio, impegnato nella vita ecclesiale e nella solidarieta'.

Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Tra le opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia,  Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008; (con Federico Cereja), Intervista a Primo Levi, ex deportato, Einaudi, Torino 2011; La conta dei salvati, Laterza, Roma-Bari 2013; Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014]

 

La voce di papa Francesco, unica tra quelle dei leader mondiali, che si e' levata per contestare l'aura di inevitabilita' che circonda l'opzione di uso delle armi in Siria, ha contribuito a riaprire un dibattito. Numerosi sono stati gli osservatori che hanno guardato con malcelata ironia all'appello appassionato del Pontefice: "Certo, tutti sono a favore della pace - si potrebbero riassumere molte argomentazioni - ma chi puo' realisticamente pensare a un mondo senza armi e senza conflitti?". Sembra opportuno al riguardo prendere tra le mani lo studio della storica Anna Bravo, pubblicato nel giugno scorso da Laterza: "La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato" (Laterza, 244 pagine, 16 euro).

La Bravo scorre alcune delle vicende geopolitiche piu' significative del Novecento e le analizza a partire da una prospettiva storiografica nuova: non esiste un unico punto di vista per analizzare un periodo, e non sempre aiuta a penetrare una fase della storia a partire dalle vite perdute nei conflitti. A volte, a fare la storia non sono le guerre combattute, le vittime, i danni, ma le vite salvate, i conflitti evitati, il lavoro silenzioso, sotterraneo per comporre le tensioni e per costruire la pace. Perche' la pace non e' "un dono della fortuna o un vuoto tra una guerra e l'altra", ma "il frutto di un lavorio umano, e' quel lavorio stesso".

Certo, questo studio si muove su un terreno insidioso per uno storico. La storia, recita un adagio, non si scrive con i "se" - ed e' vero - ma lo storico, se pure non giudica, scruta con occhio critico, sceglie continuamente che cosa indagare, che peso dare agli avvenimenti. Quanto spazio dare in un manuale di storia a Churchill e quanto a Gandhi? Anna Bravo propone di ridefinire gli standard di valutazione, di rileggere con occhio diverso le grandi vicende del secolo scorso e lo fa lasciando emergere storie concrete.

Ci sono le guerre evitate (anche da diplomazie e governi) tra i secoli XIX e XX, le molte tregue spontanee e le fraternizzazioni fra "nemici" da trincea a trincea nella Grande Guerra. C'e' la storia e il pensiero di Gandhi - figura complessa, controversa -, padre nobile della nonviolenza. E ancora la resistenza disarmata ad Hitler dopo l'armistizio dell'8 settembre in Italia e in Danimarca. Poi ancora il Kosovo di Rugova e il Tibet.

Il libro della Bravo - appassionante, ricco di aneddoti, capace di tracciare un filo rosso che tiene insieme vicende tanto distanti tra loro - aiuta a comprendere che non necessariamente la violenza e' un destino e che non e' indiscutibile l'affermazione - cosi' frequente in questi giorni sulle labbra di intellettuali e giornalisti - "e' impossibile pensare che non esista un nemico". Esiste nella storia degli uomini uno spazio non deterministico, uno spazio di liberta': e lo sbocco finale di molte situazioni non e' dipeso solo dalle cause, ma anche dalle scelte degli attori, perche', come scriveva Christa Wolf: "tra uccidere e morire c'e' una terza via: vivere".

Perche' il villaggio bulgaro di Derviche-Tepe, a maggioranza cristiana, ha dato protezione a sessanta turchi, mentre la prima, terribile, guerra balcanica infiammava gli odi etnici? Perche' dopo l'8 settembre 1943 tanti contadini rischiarono la vita per salvare il nemico di ieri? La storia delle vite salvate incrocia quella della nonviolenza: talvolta incontra grandi personalita' (Rugova, Gandhi che arriva a schierarsi contro il suo stesso popolo per proteggere l'ideale del satyagraha), altre un intero stato (la Danimarca della seconda guerra mondiale), altre ancora gente semplice, come i fanti nelle trincee della Grande Guerra, contadini, analfabeti, anti-ideologici, ma profondi cultori della fraternita'.

Un libro bello, schierato senza essere ideologico, che aiuta a comprendere che la pace e' un lavoro e non un sentimento vuoto e che non e' una debolezza femminea, ma "virile" poiche' richiede coraggio - e per questo spesso incontra sulla sua strada molte donne - e profondamente attiva: "le guerre - scrive l'autrice - scoppiano quando si smette di cercare la pace". In controluce si legge nell'autrice - certamente - una passione personale, ricca di citazioni di letteratura pacifista, ma la Bravo e' scienziata onesta: cita, spiega le sue tesi, le confronta con un vasto repertorio di letteratura specialistica.

 

6. LIBRI. PASQUALE PUGLIESE PRESENTA "LA CONTA DEI SALVATI" DI ANNA BRAVO

[Dal sito di "Vita" (http://blog.vita.it) riprendiamo la seguente recensione del primo luglio 2013.

Su Pasquale Pugliese riportiamo la seguente breve nota autobiografica: "dopo gli studi filosofici, durante i quali ho approfondito in particolare il pensiero di Aldo Capitini, per diversi anni ho svolto l'educatore nei servizi educativi del Comune di Reggio Emilia. Oggi mi occupo di progettazione e supervisione educativa e di politiche giovanili. Inoltre, curo percorsi e laboratori di approfondimento e formazione sui temi della cultura di pace, della convivenza interculturale e dell'educazione alla nonviolenza, oltre a svolgere la formazione generale per i volontari in Servizio Civile Nazionale, in particolare sulle questioni legate alla storia dell'obiezione di coscienza ed alla "difesa civile" della Patria. Sono impegnato da molti anni nel Movimento Nonviolento, oggi nella segreteria nazionale, e faccio parte della redazione di 'Azione nonviolenta', rivista fondata nel 1964 da Aldo Capitini (www.nonviolenti.org). A Reggio Emilia, dove ho scelto di vivere, dopo aver partecipato negli anni a reti, coordinamenti e campagne, ho contribuito a fondare e ad animare la Scuola di Pace (www.sdp-re.it)"]

 

Ho letto "La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato", l'ultimo importante lavoro della storica Anna Bravo (Editori Laterza, giugno 2013), proprio nei giorni in cui alla Camera dei Deputati si discuteva sui caccia F-35, si votava quella che e' stata definita l'ipocrita mozione della maggioranza di governo e si ascoltavano le deliranti dichiarazioni del ministro della difesa sull'armare la pace per amare la pace. E' stato un salutare antidoto di lucidita'. Ed anche un punto di riferimento ulteriore, a partire dal quale misurare la lontananza culturale tra chi ha il mandato di gestire i temi fondamentali della vita e della morte (armi e guerre, comunque aggettivate, fatte o risparmiate, di questo trattano) puntando sugli armamenti, e i facitori di pace (per dirla, come fa la Bravo, con Alex Langer) cioe' tutti coloro che nel Novecento e dopo, in tutte le latitudini, noti o sconosciuti, hanno operato ed operano - dal basso e disarmati - per risparmiare il sangue. E costruiscono storia, perche' costruiscono futuro.

"E' un'idea malsana che quando c'e' guerra c'e' storia, quando c'e' pace no. Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato". In fondo e' proprio questa idea malsana, questo paradigma culturale nel quale siamo tutti - piu' o meno - immersi, per cui gli armati fanno la storia e gli inermi non possono che subirla che viene smontato, pezzo dopo pezzo (anzi, esempio dopo esempio, individuali e collettivi) da Anna Bravo, richiamandosi esplicitamente alla cultura che, almeno da Gandhi in avanti, costruisce facendolo un paradigma alternativo.

Eppure, ci tiene a precisare l'autrice, non si tratta di uno studio specifico sulla genealogia della nonviolenza - nonostante richiami le ricerche di Erica Chenoweth e Maria J. Stephan della Columbia University, che dimostrano come tra il 1900 e il 2006 siano state proprio le resistenze civili ad essere di gran lunga piu' "vittoriose" sul pianeta rispetto a quelle armate - ma sulla piu' ampia genealogia del sangue risparmiato, cioe' delle micro o macropratiche di riduzione della violenza. Genealogie in parte coincidenti. "La prima entra nella modernita' con Gandhi. La seconda con quei soldati della Grande Guerra che si accordavano con il nemico per salvare la propria vita, e la sua, grazie all'autolimitazione della distruttivita'; e prosegue con i resistenti antinazisti senza armi, i soccorritori dei piu' vulnerabili, alcuni (criticati) leader politici, i mediatori improvvisati che si interpongono fra i contendenti". Sono questi, molti, "i titolari del sangue risparmiato, e nella storia della nonviolenza, che ne e' la prima intestataria, rientrano per questa via", anzi, rientrano per questa via nella Storia tout court. Non solo - e qui sta il punto -, sono proprio i facitori di pace i protagonisti della storia che ci interpellano maggiormente, perche' dimostrano che ciascuno di noi puo' esserlo. Eppure (o proprio per questo?), le loro storie sono, per lo piu', ampiamente ignorate sia dalla storiografia - per esempio nelle storie delle resistenze europee al nazismo o dei conflitti risolti senza l'uso delle armi - sia dai decisori politico-militari - per esempio la lotta nonviolenta del popolo kosovaro, prima dei bombardamenti della Nato o quella in corso in Tibet contro la colonizzazione cinese.

Riscoprire i loro esempi, anche grazie a questo lavoro di Anna Bravo, ha dunque un doppio valore.

Da un lato e' un riconoscimento dell'invito implicito al "fai come me", ad assumere ed allargare tutte le resistenze: "e' l'invito che l'attivista civile puo' estendere enormemente al di la' del partigiano in armi". E' la dimostrazione che la resistenza efficace puo' diventare "praticabile in molti piu' luoghi e forme, guadagna una fisionomia piu' ricca in termini di genere, eta', religione, etnia, condizione socio-economica ma anche di abilita' operative e di risorse fisiche".

Dall'altro decostruisce ancora una volta sul piano storico - mentre nel nostro Paese e' piu' che mai in auge sotto forma di pervasiva ideologia politica, debitamente foraggiata - l'idea che la pace si generi dalla armi. A partire dallo Grande Guerra, che apre e connota il secolo breve, "la corsa agli armamenti funziona come un piano inclinato: l'aumento degli arsenali bellici in un paese provoca un aumento in altri, il che spinge il primo a rafforzarsi ulteriormente... Questo inseguimento non e' un effetto perverso: e' la conseguenza prevedibile del principio 'si vis pacem para bellum'". Questo principio, ripetuto dall'attuale ministro della difesa fino all'ossessione - e, quel che e' peggio, senza tema di essere dimissionato o quantomeno di apparire anacronistico -, gia' ad un deputato britannico liberale ottocentesco come Wilfred Lawson sembrava ridicolo, come dire ad un ubriaco "se vuoi essere sobrio, vivi in un pub".

Anna Bravo, a proposito della resistenza disarmata dei danesi durante l'occupazione nazista (e del salvataggio, quasi totale, degli ebrei danesi da parte dei connazionali), cita la filosofa Hannah Arendt che, ne La banalita' del male, ha scritto che quella vicenda dovrebbe essere studiata nei corsi universitari di scienze politiche, per dare un'idea delle possibilita' della resistenza nonviolenta "anche se l'avversario e' violento e dispone di mezzi infinitamente superiori". Ecco, penso che l'affermazione della Arendt valga oggi, a sua volta, per questo lavoro di Anna Bravo. Lo indicherei, inoltre, senz'altro tra gli studi preliminari che dovrebbero visionare i parlamentari italiani, che si sono dati sei mesi per decidere sull'acquisto dei cacciabombardieri F-35, i quali - oltre ad un serio ripasso dei "principi fondamentali" della Costituzione italiana - farebbero bene a leggere e meditare proprio La conta dei salvati e poi decidere se vogliono continuare a vivere come ubriachi in un pub o provare a rinsavire ed essere ricordati come facitori di pace, inseriti nelle storie del "sangue risparmiato".

 

7. LIBRI. "IL FOGLIO" PRESENTA "LA CONTA DEI SALVATI" DI ANNA BRAVO

[Da "Il foglio" del 3 agosto 2013]

 

"La storiografia di oggi e' ampiamente 'civilizzata', ben lontana da quella che nell'Ottocento si lascia ipnotizzare da guerre, dinastie, diplomazie", osserva Anna Bravo, studiosa di storia delle donne, della memoria della deportazione e del genocidio e della Resistenza armata e civile. "Eppure guerra e violenza restano egemoni su vari piani, a cominciare dai termini con cui si classificano le fasi".

Se pero' si parla e si scrive molto di guerre, di eccidi e di violenze, "il racconto del sangue versato", noi non saremmo qui se qualcuno non avesse lavorato per risparmiare il sangue. E Anna Bravo ci racconta allora le storie esemplari di alcuni di questi "risparmiatori". In alcuni casi grandi personalita': Gandhi in India, il Dalai Lama in Tibet, Ibrahim Rugova in Kosovo, Martin Luther King negli Stati Uniti, Nelson Mandela e Desmond Tutu in Sudafrica. In altri casi, persone umili, che pero' riuscirono a ottenere risultati straordinari, anche se spesso misconosciuti dalla storia. Misconosciuti non perche' non produttivi di immensi risultati, ma perche' la storia, in linea di massima, questo tipo di risultati non e' abituata a riconoscerli e misurarli. Vince infatti l'"idea malsana che quando c'e' guerra c'e' storia, quando c'e' pace no".

Gli esempi analizzati dalla storica sono tanti: i soldati della Grande guerra che concordavano tregue tra le trincee opposte; i contadini italiani che salvarono migliaia di prigionieri alleati; i cittadini danesi che, caso unico per dimensioni in Europa, salvarono i loro concittadini ebrei dai nazisti; i paesani che durante quasi un secolo di guerre balcaniche riuscirono a salvare i propri vicini di fede o etnia diversa. Ma si parla anche di quei politici che cercarono di mantenere la pace, perfino nell'ambito della realpolitik. E di quella Belle Epoque che deflagro' infine nella Prima guerra mondiale per colpa della crisi di Sarajevo, ma dopo essere riuscita comunque a disinnescare crisi precedenti tanto da assicurare all'Europa piu' di quarant'anni anni di pace (anche se fuori dai confini d'Europa le guerre imperialiste toccavano il loro culmine).

Anna Bravo non fa del buonismo. Si pone il problema di quando la violenza diventa effettivamente inevitabile, e non nasconde le contraddizioni umane e politiche di personaggi come Gandhi, Rugova o il Dalai Lama, e neanche i limiti di cio' che hanno ottenuto o non ottenuto. Ma alla fine "i costruttori e gli odiatori dei miti si assomigliano su un punto: evitano di porsi le domande cui non possono rispondere", mentre la storia va avanti. "Sebbene ancora non ne esista una storia, le sollevazioni del 2011 in Nordafrica insegnano verita' piu' generali: da un lato rimettono in primo piano l'azione di massa nonviolenta, dall'altro mostrano la difficile coabitazione con pratiche che non lo sono affatto - alcune attiviste e attivisti rifiutano l'espressione 'primavere arabe', perche' 'non puo' esserci primavera dove c'e' sangue' e 'nessuna primavera se non ci sono fiori'".

Insomma, "la nonviolenza ha una storia complessa, vari filoni, radici eterogenee, dal cristianesimo delle origini al buddismo, dall'induismo al pensiero mistico. Nella modernita' ha una parentela con i socialisti cosiddetti utopisti e ha capostipiti come Thoreau e Tolstoj. Non la si puo' identificare con il pacifismo, che ne e' piuttosto un'espressione, e che a sua volta copre realta' diverse. Nell'Ottocento e nel primo Novecento ha lavorato per il disarmo e l'arbitrato internazionale. Durante la Guerra fredda ha lottato contro la logica dei blocchi e il nucleare, anche se spesso in modo sbilanciato (per esempio, no a nuove basi americane in Europa occidentale, silenzio o quasi su quelle sovietiche nell'Europa orientale). Piuttosto che un pacifista, il nonviolento e' un 'facitore di pace'".

 

8. LIBRI. "VIA DOGANA" PRESENTA "LA CONTA DEI SALVATI" DI ANNA BRAVO

[Da "Via Dogana" n. 107, dicembre 2013]

 

"Ho scelto di seguire la genealogia del sangue risparmiato", scrive la storica Anna Bravo in un libro che parte da un'idea straordinaria: parlare non di morti ma di vite salvate. Il libro s'intitola La conta dei salvati. Dalla Grande Guerra al Tibet: storie di sangue risparmiato (Laterza, 2013) e mostra "che fare qualcosa o non farlo dipende dai rapporti di forza ma quasi altrettanto dalla forza interiore, e che il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato" (p. 17). Per poterlo vedere, la storica si e' sottratta al "vecchio automatismo che fa delle guerre qualcosa di simile ai buchi neri del cosmo, che attirano, assorbono, inghiottono quel che gli sta intorno - in questo caso il lavorio fatto di abboccamenti politico-diplomatici, azzardi, intrighi, compromessi, mediazioni, che precede e accompagna i conflitti. A volte si trama la guerra, a volte si trama la pace. [...] Ancora oggi, molte tensioni inesplose, molte guerre rimaste locali, sono definite preludi o antefatti alla guerra 'vera', che cosi' appare scritta nel destino" (pp. 3-4). Invece, "molte ricerche sulle resistenze civili e armate mostrano che fra il 1900 e il 2006 sono state le prime a ottenere piu' successi" sia nelle lotte interne antiregime sia in quelle contro l'occupazione o per l'autodeterminazione (p. 8).

Le storie narrate in questo libro sono state scelte perche' "molto differenti per le caratteristiche e per l'attenzione storica e mediatica che hanno ottenuto (o non ottenuto)" e "perche' mostrano che esistono modi per risparmiare il sangue praticabili anche da chi non ha potere, o ha un potere minimo, e, all'opposto, persino da chi ne ha tanto da rischiare di perdere il senso della realta'" (p. 16). "Molte e molti dei protagonisti riuniti qui sono rimasti anonimi. Le memorie di seconda e terza generazione aiutano, ma per risuscitare la forza di certi eventi bisognera' far entrare nel discorso storico i soggetti senza nome e probabilmente destinati a rimanere tali, che in genere compaiono solo nella fusione rivoltosa o dolente con altri corpi anonimi. 'Consideriamo incompleta una storia che si e' costituita sulle tracce non deperibili', ha scritto Carla Lonzi a proposito della semi-cancellazione delle donne dalle memorie pubbliche; vale anche - un'altra analogia di rilievo - per molte e molti facitrici e facitori di pace" (p. 17).

Anche durante le guerre che non sono state sventate "si incontrano esempi di fraternita', senso dell'onore, autonomia di pensiero [...] che aiutano a limitare la distruttivita'" (p. 37). Nel libro troviamo episodi noti della prima guerra mondiale come la tregua del primo Natale di guerra, decisa dai soldati stessi inglesi e tedeschi, e tanti altri meno noti della vita di trincea, perche' "prima e dopo quel 25 dicembre 1914 non c'e' il vuoto, c'e' un tessuto a macchia di leopardo di accordi taciti, diversi per durata e obiettivi": dalle tregue per il cibo ("quando un gruppo della prima linea usciva per andare a prendere il rancio, dalla parte opposta non si sparava") a quelle per raccogliere i feriti, allo scambio di bigliettini tra trincee opposte... E "c'e' la ritualizzazione della violenza, per risparmiare il sangue persino durante i combattimenti. [...] A Verdun, un volontario tedesco riferisce che i francesi avevano l'ordine di bersagliarli con bombe a mano anche di notte, e di fatto le lanciavano, ma, come da accordi presi con compagni tedeschi, solo sulla destra e la sinistra della trincea". Tutto molto rischioso, va detto, perche' "puo' bastare il sospetto o un episodio minore per deferire alla corte marziale" (pp. 45-47).

Durante le guerre balcaniche, che precedono di poco la prima guerra mondiale, due villaggi sono i protagonisti della storia che segue, narrata alle pp. 38-39: "Secondo tutti i resoconti, le guerre balcaniche sono un precipizio di spietatezza reciproca, in cui la norma era irrompere nei villaggi del 'nemico', saccheggiarli e incendiarli, stuprare donne e bambine, torturare, uccidere. [...] Nessuno e' esente. Non gli uomini della Lega balcanica, che lasciano dietro di se' cadaveri, rovine, e in qualche caso battesimi forzati a opera di preti ortodossi chiamati appositamente. Non gli ottomani che, salvo le conversioni, fanno lo stesso. L'alternarsi degli eserciti sul territorio da' spazio alle peggiori ritorsioni, in una pratica di 'pulizia etnica' che spingera' molti a emigrare. Ma ci sono due villaggi bulgari, uno a maggioranza cristiana, Derviche-Tepe, l'altro a maggioranza turco-musulmana, Khodjatli, dove le cose vanno diversamente. Durante la prima guerra, mentre l'esercito bulgaro avanza, sessanta turchi chiedono protezione ai loro vicini cristiani. La ottengono, e al passaggio delle truppe restano indisturbati. Fra loro, un mercante di caffe' che racconta ai delegati il seguito: 'quando sono tornati i turchi, avevano l'ordine di non toccare il villaggio: ai contadini hanno detto: Non abbiate paura, voi che avete salvato la nostra gente, abbiamo una lettera da Costantinopoli dove e' scritto di lasciarvi in pace'. Evidentemente quei contadini turchi avevano fatto arrivare la notizia alla capitale".

*

Anna Bravo, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale all'universita'. Fa parte della Societa' italiana delle storiche. Si occupa di storia delle donne, di resistenza armata e non armata, deportazione e genocidio, e di movimenti sociali. Collabora a varie riviste, fra cui "Lo straniero" e "la nonviolenza e' in cammino". Al centro della sua ricerca, le relazioni sociali che hanno cambiato la storia di molte persone e in cui le donne hanno giocato un ruolo decisivo. Tra i suoi libri ricordiamo In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945 (con Anna M. Bruzzone, Laterza 2000).

 

9. LIBRI. L'UNIONE FEMMINILE PRESENTA "LA CONTA DEI SALVATI" DI ANNA BRAVO

[Dal sito dell'Unione Femminile (www.unionefemminile.it)]

 

Il sangue risparmiato fa storia come il sangue versato. Eppure il racconto storico e', nell'esperienza comune, il racconto delle guerre, di chi ha vinto e di chi ha perso.

Accade ancora che la guerra egemonizzi il discorso storiografico fin dal linguaggio che descrive periodi e snodi cruciali. La militarizzazione del pensiero e del linguaggio avviene nonostante la storiografia contemporanea abbracci potenzialmente una molteplicita' di realta' e soggetti ed avviene ben oltre i confini della disciplina storica.

A partire da questa osservazione, Anna Bravo tenta un discorso diverso mettendo a fuoco le alternative alla violenza (di cui il pacifismo e' una delle espressioni). Prima definendo cosa non e' la nonviolenza e poi analizzando alcuni casi del Novecento: la Grande Guerra, l'India di Gandhi, l'Italia e la Danimarca della Resistenza al nazi-fascismo, il Kosovo, il Tibet.

Un'indagine su guerre evitate, esplose, contrastate, in cui si avverte una frequentazione profonda dell'autrice con i temi della nonviolenza ed il suo ormai decennale esercizio dello sguardo di genere sulla storia.

 

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Svetlana Aleksievic, Preghiera per Cernobyl', Edizioni e/o, Roma 2002, 2004, pp. 360.

- Elena Dundovich, Francesca Gori, Emanuela Guercetti (a cura di), Gulag. Storia e memoria, Feltrinelli, Milano 2004, pp. 320.

- Manuela Dviri, Vita nella terra di latte e miele, Ponte alle Grazie, Milano 2004, pp. 168.

- Marina Forti, La signora di Narmada. Le lotte degli sfollati ambientali nel Sud del mondo, Feltrinelli, Milano 2004, pp. 192.

- Nella Ginatempo, Un mondo di pace e' possibile. Scritti contro la guerra globale 1991-2004, Ega, Torino 2004.

- Lidia Menapace, Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001, pp. 86.

- Luisa Morgantini, Oltre la danza macabra. No alla guerra. No al terrorismo, Nutrimenti, Roma 2004, pp. 224.

- Daniela Padoan, Come una rana d'inverno, Bompiani, Milano 2004.

- Françoise Sironi, Persecutori e vittime, Feltrinelli, Milano 2001, pp. 212.

- Vandana Shiva, Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003, 2004, pp. 164.

- Susan Sontag, Davanti al dolore degli altri, Mondadori, Milano 2003, pp. 120.

 

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

12. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2026 del 26 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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