[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 713



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 713 del 17 giugno 2015

 

In questo numero:

1. Il riconoscimento

2. A cosa servono le istituzioni

3. Semplice una cosa da fare subito per contrastare razzismo, schiavismo, poteri mafiosi, partiti nazisti e regime di apartheid nel nostro paese: riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni comunali e regionali a tutti gli stranieri residenti

4. Simone Scala: Gli interventi di Cesare Cases e Renato Solmi sul "Notiziario Einaudi" riguardanti "Minima moralia"

 

1. INSISTENZE. IL RICONOSCIMENTO

 

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto alla vita.

Riconoscere a tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalla morte il diritto ad essere soccorsi, accolti, assistiti nel nostro paese, come recita la Costituzione.

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro in Italia e in Europa.

*

Facciamo cessare la strage nel Mediterraneo.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Aboliamo lo scellerato regime di apartheid su scala planetaria.

Il primo dovere e' salvare le vite.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

 

2. INSISTENZE. A COSA SERVONO LE ISTITUZIONI

 

Le istituzioni che l'umanita' ha creato a questo servono: a salvare le vite, a proteggere e sostenere gli esseri umani, a promuovere e garantire il vivere assieme, la civile convivenza.

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Quei Comuni, quelle Regioni e quegli Stati che per decisione necrofila e insensata di chi li governa rifiutano di soccorrere, accogliere e assistere esseri umani in pericolo, esseri umani bisognosi di aiuto, esseri umani sofferenti, esseri umani perseguitati e minacciati, esseri umani abbandonati alla fame e alla morte, ebbene, quelle istituzioni tradiscono il loro mandato, la loro ragion d'essere, la loro legittimita'; quelle istituzioni denegano il diritto, ripudiano l'umanita'.

*

Il primo dovere di ogni essere umano e' salvare le vite.

A maggior ragione e' il primo dovere di ogni umana istituzione.

*

Il primo diritto di ogni essere umano e' il diritto a non essere ucciso, e' il diritto ad essere soccorso e sostenuto.

A questo servono le istituzioni legittime, le istituzioni civili, le istituzioni autentiche: ad opporsi alla violenza e alla barbarie; a soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani; a salvare le vite.

 

3. INSISTENZE. SEMPLICE UNA COSA DA FARE SUBITO PER CONTRASTARE RAZZISMO, SCHIAVISMO, POTERI MAFIOSI, PARTITI NAZISTI E REGIME DI APARTHEID NEL NOSTRO PAESE: RICONOSCERE IMMEDIATAMENTE IL DIRITTO DI VOTO NELLE ELEZIONI COMUNALI E REGIONALI A TUTTI GLI STRANIERI RESIDENTI

 

Semplice una cosa da fare subito per contrastare razzismo, schiavismo, poteri mafiosi, partiti nazisti e regime di apartheid nel nostro paese: riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni comunali e regionali a tutti gli stranieri residenti.

*

Cinque milioni di persone regolarmente residenti in Italia sono tuttora privati del diritto di partecipare alle decisioni che li riguardano.

Una persona, un voto.

Opponiamoci al razzismo, alla mafia, al regime della corruzione e della sopraffazione con la forza della democrazia.

Una persona, un voto.

Riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni comunali e regionali a tutti gli stranieri residenti.

Una persona, un voto.

*

Vi e' una sola umanita'.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Una persona, un voto.

 

4. RICERCHE. SIMONE SCALA: GLI INTERVENTI DI CESARE CASES E RENATO SOLMI SUL "NOTIZIARIO EINAUDI" RIGUARDANTI "MINIMA MORALIA"

[Il testo che segue riproduce il secondo paragrafo del secondo capitolo del lavoro di Simone Scala, "Renato Solmi a confronto con Th. W. Adorno e M. Horkheimer. Storia intellettuale ed editoriale di una mediazione culturale", tesi di dottorato in Teoria e storia delle culture e letterature comparate, Universita' degli studi di Sassari, a.a. 2011-2012 (il testo integrale e' disponibile on line nel sito http://eprint.uniss.it).

Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. E' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

 

Nel ricordare, dopo circa cinquant'anni, l'importanza della pubblicazione del 1954 (303) dei Minima moralia nella collana dei Saggi Einaudi, Cesare Cases (che curiosamente in Confessioni di un ottuagenario - come nota Massimo Ferrari (304) - ne colloca l'uscita nel 1962, confondendosi probabilmente con la data di pubblicazione in Italia di Angelus novus di Walter Benjamin, tradotto dallo stesso Solmi) definisce il libro di Adorno come "uno dei grandi, intramontabili testi del Novecento. Era il punto di approdo di due tradizioni filosofiche assai diverse: quella hegeliana, che pretendeva di catturare il reale nel concetto, e quella nietzscheana, che rinunciava a tale pretesa e preferiva ricamare sui bordi del reale la trama del pensiero. La forma, passata attraverso Benjamin, era piu' vicina alla seconda, l'aspirazione alla prima. L'aporia che ne risultava era quella stessa del secolo, sospeso dopo il ritorno alla barbarie tra l'inveramento della promessa e la negazione definitiva" (305). Nei primi anni Cinquanta, pero', Cases era ancora profondamente influenzato dal marxismo di Lukacs, e cio' determino' che la sua prima reazione nei confronti degli aforismi di Adorno fosse tutt'altro che benevola. Prima di analizzare nel dettaglio l'operazione di Solmi, ci pare opportuno anticipare, con una funzione introduttiva, cio' che Cases scrisse tanto sui Minima moralia, quanto sull'introduzione di Solmi sotto forma di una sorta di lettera aperta indirizzata al traduttore sul "Notiziario Einaudi" (che, come abbiamo gia' avuto modo di esaminare per esempio a proposito degli interventi di Fortini e di Solmi su questioni di politica culturale, era qualcosa di piu' di una semplice rivista pubblicitaria a favore dei libri stampati dalla casa editrice in quanto ospitava e promuoveva, come in questo caso, una discussione anche dai toni critici ed accesi con il fine non secondario di suscitare un ampio dibattito attorno all'opera e all'autore in questione). Riassumendo i termini della polemica di quello che lo stesso Cases definisce nel suo articolo lo "scandalo" della "bomba Adorno" (306), il germanista - pur considerando Adorno un pensatore interessante e degno di essere tradotto, in quanto capace di smuovere il terreno della cultura italiana ed ammirando lo sforzo e le capacita' di Solmi nel portare a termine questa operazione - individua subito quelli che secondo lui sono i due limiti principali del pensiero adorniano, ma che vengono invece rafforzati dall'introduzione di Solmi. Innanzitutto Cases critica l'insistenza del francofortese nel porre l'accento sulla coscienza dell'individuo e sulle modificazioni da essa subite nella societa' capitalista invece di dedicarsi - da marxista - alla critica e alla definizione delle leggi della societa'. Da questo punto di vista, Cases sostiene che Solmi nella sua introduzione ha sottolineato entusiasticamente il tentativo di Adorno di descrivere una fenomenologia della vita privata e dei tempi moderni, senza considerare che il libro risulta essere un insieme di riflessioni che si avvicinano - in questo senso - all'aforisma nietzscheano, mentre la fenomenologia (hegeliana) procede organicamente per afferrare il nesso tra lo sviluppo della coscienza individuale e quello della coscienza dell'umanita': "il 'soggetto' si presenta ai nostri occhi solo in quanto impersona in modo eminente un grado di sviluppo della 'sostanza'" (307). Seguendo la critica di Cases, quindi, il problema starebbe nell'accertare se esiste la possibilita' di stabilire in ogni caso esaminato un rapporto univoco tra "soggetto" e "sostanza", di afferrare la seconda mediante l'analisi del primo, in modo da consentire - tra l'altro - di passare da quello a questa e viceversa. Insomma, cio' che Cases mette in discussione, tanto nel libro di Adorno quanto nell'introduzione di Solmi, e' la difficolta teoretica di passare dal particolare fenomeno preso piu' o meno arbitrariamente in esame alla sostanza filosofica complessiva. Cio' ancora di piu' se si tiene conto della originale forma stilistica non omogenea e asistematica usata soprattutto dal francofortese (ma in parte anche dallo stesso Solmi). Per Cases in Adorno regna la staticita' (sia per il particolare punto di vista dell'osservazione adorniana proiettata su un unico oggetto, sia perche' la coscienza dell'individuo e' sospesa fuori dalla storia) mentre la sua analisi acquisirebbe maggior senso e profondita' se cercasse di indicare uno sviluppo dinamico e se il soggetto particolare fosse inserito in un insieme omogeneo - alla maniera di Hegel: "Adorno prende in esame una societa' statica, quella del capitalismo monopolistico, americano-fascista, e da' la descrizione fenomenologica dei suoi riflessi sulla "vita alienata" del soggetto. E' una descrizione acutissima e terrificante, d'accordo. Altrettanto acute sono le tue estrapolazioni riguardanti la vita italiana. Ma come non pensare che l'applicazione del metodo hegeliano a un solo 'stato del mondo' dia il risultato di vedere la sostanza la' dove non c'e'? Di assumere a particolare significante quello che non lo e'?" (308).

Il secondo punto delle riserva critiche di Cases e' quello per cui l'attuale vita alienata nella societa' borghese sarebbe gia' prefigurata all'origine dell'illuminismo, origine personificata dalla figura emblematica di Ulisse. Si tratta, dunque, di un tema sviluppato piu' nella Dialektik der Aufklaerung che nei Minima moralia e sarebbe la conferma della staticita' del pensiero di Adorno, in quanto in ogni singola fase storica - secondo quest'ultimo - si troverebbe la tendenza dell'illuminismo, piu' o meno latente, a trasformarsi in violenza. Scrive, dunque, Cases: "qui si esce, a parer mio, non soltanto da Marx e da Hegel, ma da ogni riflessione filosofica degna di questo nome" (309). L'esempio che il germanista porta a sostegno della sua obiezione e' il capitolo della Dialektik der Aufklaerung dedicato a Sade quale momento tipico del trapasso dell'illuminismo nel suo contrario. Ma, secondo Cases, non e' possibile, partendo da un esempio esplicativo delle indubbie contraddizioni interne all'illuminismo, dall'estremizzazione di una sua determinata tendenza, giungere a conclusioni valide per "tutto" l'illuminismo nel suo complesso. A questo punto ne va anche dei rapporti tra marxismo e illuminismo, per cui - in sintesi - nel momento in cui oggi la borghesia non e' piu' illuminista e ha rinunciato alla propria eredita' progressiva "il marxismo eredita dall'illuminismo lo sforzo positivo dell'ideologia borghese, ma non le sue contraddizioni. Quindi e' contemporaneamente illuminista e antilluminista" (310). Certo, un ulteriore problema e' definire sistematicamente i limiti di cio' che puo' essere compreso all'interno della tradizione illuminista, tanto piu' se si prende in considerazione lo sviluppo culturale di ciascun paese: "tuttavia certi punti della tua introduzione sembrano validi anche a me, in quanto da noi, in opposizione alla cultura cattolica, si tende ad esaminare con eccessiva indulgenza ogni pensiero purchessia che si presenti come 'laico' e 'moderno'. Ma non e' questo, rovesciato, l'errore di Adorno? Si tratta di distinguere i falsi nuovi illuministi dai vecchi e veri, e non di salvare i primi in nome dei secondi, ne' di gettare, col pretesto di colpire i primi, un'ombra di sospetto sui secondi, legati da questa inesistente continuita'" (311). Appunto questa "inesistente continuita'" sta alla base della fenomenologia descrittiva di Adorno, errata perche' basata su un presupposto errato e perche' una data caratteristica del soggetto non e' piu' determinata dalle condizioni oggettive presenti in un preciso momento dello sviluppo storico, ma diviene una sorta di "peccato originale" risalente ad un periodo che rimane piuttosto indefinito. Inoltre - ancora secondo Cases - bisogna considerare che Adorno non tiene affatto conto che, nella fase storica in cui scrive, vi sono larghe zone di mondo sottratte al neocapitalismo monopolistico. Insomma, sotto molti punti di osservazione, il pensiero di Adorno e' difficilmente riconducibile all'interno della dottrina marxista, soprattutto se si tiene conto che il filosofo, dopo aver dato un quadro certamente impressionante della situazione nella moderna societa' occidentale, non indica nessuna via d'uscita e rifiuta per se' il ruolo di guida. I Minima moralia, infatti, consegnano un peculiare e originale punto di vista sui fenomeni tipici del capitalismo americano. Tuttavia resta dubbio, per Cases, il valore filosofico complessivo di quest'opera in quanto vi manca del tutto una sistematicita' generale. E cio' per di piu' nell'attuale fase storica in cui il moralismo aforistico ha perso la funzione che aveva nel passato: "la posizione di Adorno e' molto peculiare: quasi quella di un Nietzsche che ha studiato profondamente Hegel e Marx (cio' che Nietzsche non avrebbe mai fatto) e che ne ha desunto una diabolica capacita' di estrarre tutta una complessa dialettica dai fenomeni piu' semplici. Cio' rende i Minima moralia molto piu' profondi di un buon reportage giornalistico sull'America, ma anche molto piu' pericolosi, in quanto conferiscono sanzione filosofica ad aspetti che altrove apparirebbero, e forse a ragione, fatti periferici di costume" (312).

Queste dunque le principali obiezioni mosse da Cases ai Minima moralia di Adorno e, in misura non minore, all'introduzione di Solmi al libro. Se in questo periodo il germanista (che successivamente si allontanera' dall'influenza del suo maestro Lukacs e si avvicinera' alle teorie dei francofortesi) riconosce da un lato il valore dello stesso Adorno, la genialita' della sua analisi sulla societa' americana, dall'altro non puo' accettarne la fuoriuscita dai binari del marxismo classico, la messa in discussione di alcuni suoi presupposti e le pessimistiche conclusioni a cui conduce la sua serrata dialettica, emergenti anche dallo stile in cui il libro e' scritto. A tali osservazioni polemiche di Cases e' lo stesso Solmi a rispondere nel medesimo numero del "Notiziario Einaudi". In linea generale, con la traduzione dei Minima moralia Solmi, lungi - almeno cosi' sostiene in questa occasione - dal voler far scoppiare "bombe culturali", aveva l'unico obiettivo di far conoscere al pubblico italiano un autore acuto ed originale. Allo stesso modo, nella sua introduzione, anziche' offrire un inquadramento critico e storico, ha cercato di dare un "equivalente" italiano di alcuni motivi di Adorno. Per quanto riguarda poi il linguaggio di quest'ultimo, Solmi nota che sicuramente non si tratta di un linguaggio facile (non lo e' per il lettore, tanto meno per il traduttore), ma non per la volonta' di sembrare originale a tutti i costi, quanto piuttosto per l'adesione, in contrasto con la semplificazione al ribasso dell'espressione generica, all'idea hegeliana dello "sforzo del concetto" ("Die Anstrengung des Begriffs") e per il tentativo di coinvolgere in tale sforzo anche il lettore. Per certi aspetti, come la fedelta' al linguaggio di Hegel e ai temi piu' trascurati del marxismo, Adorno potrebbe passare per un pensatore "antiquato", e come tale essere bollato ad esempio dai neopositivisti (i quali sono, tra l'altro, uno dei principali obiettivi polemici dei Minima moralia) (313).

Entrando poi nello specifico rispetto alle questioni filosoficamente piu' pregnanti sollevate da Cases, Solmi indica che, relativamente alla problematica ampiamente dibattuta del rapporto complesso (a meno che non si accettino acriticamente le prescrizioni del marxismo meccanicistico) tra struttura e superstruttura, ovvero tra sostanza e soggetto, "la tesi di Adorno mira alla risoluzione della differenza tra storia e psicologia, 'processo storico' e 'natura umana', caratteristica della concezione borghese dell'uomo, e presente, a volte, in forma piu' o meno consapevole, negli stessi marxisti. Adorno combatte, in altri termini, la concezione di un substrato costante del processo storico, che sarebbe sottoposto, tutt'al piu', a compressioni o deformazioni esterne" (314). In sostanza, rispetto al rilievo di aver concentrato con troppa insistenza il fuoco della sua analisi sulla coscienza dell'individuo, Solmi sostiene che Adorno rifiuta di riconoscere la presenza di elementi statici ed eternamente ricorrenti della "natura umana" (come fa, ad esempio, l'idealismo). Piuttosto tenta di analizzare il rapporto tra vita pubblica e vita privata entro la dialettica del processo storico e del movimento generale della societa', senza tuttavia finire per costruire un sistema di grande respiro. Se Cases, infatti, ritiene che nel pensiero di Adorno sia riscontrabile una certa staticita' perche' la sua sarebbe una filosofia della storia in cui - dai tempi di Ulisse fino al neocapitalismo - manca uno sviluppo sostanziale, Solmi risponde che Adorno non aveva alcuna intenzione di scrivere ed elaborare una filosofia della storia, per quanto da molti frammenti (sia dei Minima moralia che della Dialektik der Aufklaerung) sia possibile desumere una concezione complessiva della storia.

Altrettanto fermamente il traduttore dei Minima moralia respinge l'accusa relativa alla critica dell'illuminismo. Il pensiero di Adorno non ha niente a che fare - come in qualche modo pare equivocare Cases - ne' con l'apologia positivista ne' con la critica romantica e con la "critica alla cultura" di stampo reazionario/irrazionalista. Infatti, per quanto il suo pensiero sia certamente critico nei confronti della Aufklaerung, egli non predica un ritorno ad una fase preilluministica, ne' la sua concezione e' totalmente e inesorabilmente negativa e priva di speranza. Semmai lo e' - secondo Solmi - nella misura in cui la sua critica e' legata alla fase storica che sta vivendo mentre scrive (a questo proposito e' bene ricordare che Adorno lavora ai Minima moralia durante gli anni dell'esilio negli Stati Uniti). Per Adorno, dunque, "l'illuminismo deve stare continuamente in guardia contro se stesso, e, anziche' rigettare sull''avversario' (la 'superstizione', come avrebbe detto Hegel, o, come si direbbe oggi, l''irrazionale', il 'mito') la responsabilita' di ogni malanno, prendere coscienza delle tendenze regressive immanenti al proprio sviluppo" (315). Insomma, per Adorno non si tratta affatto di rigettare semplicisticamente l'illuminismo, ma piuttosto di impiegare i suoi principi fondanti per svolgere una critica rivolta al suo stesso sviluppo storico, ricorrendo - quando necessario - anche ai mezzi forniti dalla critica antilluminista, ma riconiugandoli in base ai paradigmi della dialettica hegelo-marxista. Per Solmi dunque "da tutto questo dovrebbe risultare chiaro che Adorno non e' - come sostiene Cases - 'un Nietzsche che ha letto Hegel e Marx', ma, caso mai, un marxista che ha letto (e si e' sforzato di intendere) Kierkegaard, Nietzsche e Freud" (316). Ne risulta che, nonostante la forma, secondo Solmi, i temi centrali del pensiero di Adorno sono senza ombra di dubbio marxisti. Inoltre, la sua apertura ad idee e discipline solitamente tenute lontane dai marxisti di stretta osservanza (come la psicoanalisi e la letteratura cosiddetta decadente) rende il suo discorso tanto piu' penetrante, laddove altri si fermano invece ad una critica superficiale, di principio e del tutto parziale. Secondo Solmi, quindi, "il marxismo deve provare la sua superiorita' sui vari linguaggi e sulle varie tecniche elaborate dal pensiero borghese dominandoli e risolvendoli nel proprio discorso". Per il marxismo classico (quello del secondo Lukacs e, di conseguenza, di Cases), invece, tutto cio' che e' stato prodotto dalla cultura borghese dal '48 in poi non e' degno di essere considerato. E, in questa prospettiva, Adorno potrebbe risultare un autore pericoloso (317).

Infine, scrive ancora Solmi, il tema di piu' profonda incomprensione - tanto dal punto di vista politico, quanto da quello filosofico/culturale - di Adorno da parte di Cases, riguarda il fatto che il secondo vorrebbe che il primo si sforzasse di svolgere un ruolo egemonico e di guida nella formulazione di una teoria politica, ruolo che invece Adorno non ha e non vuole avere. La funzione del pensiero di Adorno e' prettamente critica e non costruttiva (e in cio' sta la maggiore difficolta' nel momento in cui lo si vuole inserire nell'alveo del marxismo). Certo, per Adorno si puo' parlare di un'ipersensibilita' al negativo, cioe' della sua capacita' di scovare il "male" (che non e', ovviamente, una forza esterna e misteriosa, ma assolutamente interna alla societa') laddove si nasconde piu' profondamente e di reagire ad esso: "C'e' una funzione costruttiva della filosofia, ma c'e' anche una funzione socratica: convincere gli altri (e se stessi) del proprio torto, e' il primo, se non il piu' alto, compito del pensiero" (318). In questo senso, acquisisce una maggiore profondita' la concezione "negativa" o "sconsolata" della storia di cui Solmi ha scritto nella recensione pubblicata nel 1953 e che probabilmente era rimasta un po' nebulosa in quella prima formulazione: "e se l'individuo in quanto tale e' impotente di fronte all'astuzia del 'principio informatore' (e a nulla valgono, come dimostra Adorno, le regole della condotta privata e le mistificazioni della coscienza), le volonta' coalizzate e consapevoli possono (sia pure al prezzo di altre - ma di altre - alienazioni) prendere il sopravvento sul principio e forzare la mediazione. Con tutto questo, il pensiero di Adorno e' pur sempre storicismo: una sottospecie particolare di storicismo 'negativo' o addirittura 'sconsolato'" (319). Resta certamente il fatto che la critica di Adorno non si traduce in prassi, non diventa "antisistema". Se si accetta che egli non dia alcuna indicazione concreta ed esplicita per un'eventuale via d'uscita, non voglia indicare alcuna prassi rivoluzionaria, la critica di Adorno (anche se non se ne condivide il pessimismo) puo' essere intesa per quello che e' in tutta la sua originalita' e profondita', ovvero: "una critica alla societa' contemporanea nelle sue molteplici manifestazioni. [...] Potrebbe darsi che la rinuncia alla connessione esplicita della teoria con l'azione politica sia - in circostanze storiche determinate - la condizione dolorosa, ma necessaria, di un approfondimento della verita'" (320).

*

Note

303. Nel catalogo della casa editrice presente nel gia' citato Cinquant'anni di un editore e' erroneamente riportata come prima data di pubblicazione il 1957.

304. M. Ferrari, "Adorno in Italia", in Theodor Wiesengrund Adorno. La ricezione di un maestro conteso, cit., p. 3.

305. C. Cases, Confessioni di un ottuagenario, cit., p. 193.

306. C. Ca, "Il 'caso Adorno'", in "Notiziario Einaudi", Anno III, n. 9, dicembre 1954, pp. 10-11. Le citazioni sono tratte da: Idem, Il testimone secondario, cit., p. 83.

307. Ibidem. p. 84.

308. Ibidem, p. 85.

309. Ibidem, p. 85.

310. Ibidem, p. 86.

311. Ibidem, p. 86.

312. Ibidem, p. 87.

313. R. Solmi, "Il 'caso Adorno'. Risposta a Cesare Cases", in "Notiziario Einaudi", Anno III, n. 9, dicembre 1954, pp. 11-12. Le citazioni sono tratte da: Idem, Autobiografia documentaria, cit. pp. 211-212.

314. Ibidem, p. 212.

315. Ibidem, p. 213.

316. Ibidem, p. 213.

317. Ibidem, p. 214.

318. Ibidem, p. 215.

319. R. Solmi, "Recensione di Minima moralia di Theodor W. Adorno", cit., p. 165.

320. Idem, "Il 'caso Adorno'", cit. p. 215.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

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Numero 713 del 17 giugno 2015

 

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