[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 712



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 712 del 16 giugno 2015

 

In questo numero:

1. La sola politica degna

2. Simone Scala: Renato Solmi e i "Minima moralia": scoperta, pubblicazione e prime reazioni

3. In memoria di Marita Bonner

4. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

 

1. EDITORIALE. LA SOLA POLITICA DEGNA

 

Salvare le vite.

Soccorrere, accogliere, assistere ogni persona.

Riconoscere che una e' l'umanita'.

*

Abbandonare alla morte, riconsegnare ai carnefici, respingere nell'orrore, ridurre in schiavitu': tutto cio' non e' una politica, e' un crimine, e' la barbarie, e' il fascismo.

La sola politica degna e' quella che salva le vite.

La sola politica degna e' quella che reca aiuto ad ogni persona bisognosa, ad ogni persona perseguitata, ad ogni persona oppressa, ad ogni persona sofferente.

La sola politica degna e' la nonviolenza, che ad ogni violenza si oppone, che in difesa di tutti gli esseri umani interviene.

*

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Il primo dovere di ogni essere umano e di ogni civile istituto e' salvare le vite.

 

2. RICERCHE. SIMONE SCALA: RENATO SOLMI E I "MINIMA MORALIA": SCOPERTA, PUBBLICAZIONE E PRIME REAZIONI

[Il testo che segue riproduce il primo paragrafo del secondo capitolo del lavoro di Simone Scala, "Renato Solmi a confronto con Th. W. Adorno e M. Horkheimer. Storia intellettuale ed editoriale di una mediazione culturale", tesi di dottorato in Teoria e storia delle culture e letterature comparate, Universita' degli studi di Sassari, a.a. 2011-2012 (il testo integrale e' disponibile on line nel sito http://eprint.uniss.it).

Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. E' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

 

Nel capitolo precedente abbiamo anticipato molto sinteticamente come Renato Solmi fu colui che per primo scopri' e introdusse in Italia i Minima moralia di Adorno. Nel marzo del 1952, infatti, appena venticinquenne, egli propose all'esame del Consiglio editoriale della casa editrice Einaudi il libro del filosofo tedesco. Nel sottolinearne tanto il valore dell'analisi critica quanto quello letterario, sostenne con forza l'opportunita della pubblicazione - scontrandosi contro le riserve di altri redattori e consulenti einaudiani che allora avevano una voce sicuramente piu' autorevole della sua all'interno del Consiglio stesso. In questo capitolo vogliamo ritornare sull'argomento per ampliarlo e trattare con maggiori dettagli il rapporto tra Solmi e il libro di Adorno, rapporto che dalla gia' ricordata scoperta alla prima pubblicazione della traduzione completa nel 1979 e' durato per quasi un trentennio.

E' noto che Solmi venne a conoscenza dell'autore del libro di meditazioni sulla societa' occidentale contemporanea leggendo Die Entstehung des Doktor Faustus, il "romanzo di un romanzo" in cui Thomas Mann descrive la genesi del suo libro che ha come protagonista il compositore Adrian Leverkuhn. Theodor W. Adorno, infatti, vicino di casa di Mann a Los Angeles durante l'esilio, fu il "consigliere segreto" del romanziere soprattutto per quanto riguarda gli aspetti che legavano la musica (in particolar modo la tecnica dodecafonica), la sociologia e la filosofia. E' lo stesso Mann, quindi, a testimoniarlo quando scrive ad esempio: "Dieser merkwuerdige Kopf hat die berufliche Entscheidung zwischen Philosophie und Musik sein Leben lang abgelehnt. Zu gewiss war es ihm, dass er in beiden divergenten Bereichen eigentlich das Gleiche verfolge. Seine dialektische Gedankenrichtung und gesellschaftlich geschichtsphilosophische Tendenz verschraenkt sich auf eine heute wohl nicht ganz einmalige, in der Problematik der Zeit begruendete Weise mit der musikalischen Passion" ["Quest'uomo singolare ha rifiutato per tutta la vita di decidersi tra la professione della filosofia e quella della musica. Troppo era sicuro di mirare allo stesso scopo nei due diversi campi. La sua mentalita' dialettica e la tendenza sociologico-filosofica si intrecciano con la passione musicale in un modo che oggi forse non e' l'unico e ha le sue radici nei problemi del nostro tempo" (Thomas Mann, Romanzo di un romanzo. La genesi del "Doctor Faustus", in Scritti minori, Verona 1958, p. 132)] (291). Da queste parole appare chiaramente la stima che lo scrittore tedesco provava nei confronti di Adorno, sottolineando - tra l'altro - la capacita' di quest'ultimo di far convergere verso un obiettivo unico discipline apparentemente distanti. E furono probabilmente le parole dello stesso Thomas Mann a far nascere immediatamente nel giovane lettore italiano la curiosita' per un tale personaggio. Ed infatti la lettura da parte di Solmi dei Minima moralia risale all'inizio del 1952, pochi mesi dopo la pubblicazione tedesca del libro (292).

Per tornare alle vicende che portarono alla sua uscita in Italia, ricordando il suo maestro Adorno in un seminario di studi del 2003 dedicato al centenario della nascita di quest'ultimo, Solmi ritorna sulle resistenze che incontro' all'interno della casa editrice quando avanzo' la proposta di pubblicare la raccolta di aforismi. Del resto, in considerazione delle "difficolta' che presentava sia alla traduzione che alla comprensione da parte del lettore comune" (293), egli stesso dubitava della possibilita' di diffondere con successo il libro in Italia. A questo proposito e' bene ricordare che in quei primi anni Cinquanta, con ogni probabilita', le resistenze di fronte ad un libro per molti aspetti straordinario (sia per quanto riguarda lo stile che per quanto riguarda le tesi filosofiche di fondo) fossero riconducibili alla necessita', da parte della casa editrice, di esercitare un certo "autocontrollo ideologico". In modo particolare certi suoi esponenti - come vedremo - volevano evitare di "commettere passi falsi" durante quella difficile fase di ridefinizione della politica culturale dell'Einaudi. Abbiamo gia' accennato che fu principalmente lo storico Delio Cantimori ad opporsi con maggior risolutezza alla traduzione degli aforismi adorniani, giudicando l'opera del francofortese "scadente: e' una lontana risonanza di quella letteratura del periodo 'weimariano', con la novita' dell'impostazione dell'esilio; ma se l'esilio non gli ha insegnato altro... (con tutto il rispetto, mi raccomando bene!) Percio' permettetemi di sorridere della ingenuita' di chi ci trova qualcosa di cosi' importante da doverlo tradurre (e a chi lo date? con la pessima fama che si stan facendo i nostri traduttori...: e un buon traduttore, mi pare sprecato) in italiano" (294). Il giudizio/stroncatura di Cantimori, che vale come una vera e propria recensione, tocca sia gli aspetti contenutistici (come la superficialita' delle considerazioni sociologiche sugli Stati Uniti o quelle morali e psicologiche sulle donne), sia quelli stilistici (per Cantimori la scrittura e' elegante e raffinata, ma risulta presto irritante e causa di un disordine complessivo), sia - infine - quelli piu' strettamente legati al metodo (il libro risulta essere, per il normalista, lo sfoggio ozioso di un'interpretazione che dall'osservazione di un fatto particolare e secondario vuole dedurre un fenomeno generale). Insomma, secondo Cantimori, classico rappresentante dell'intellettuale marxista accademico degli anni Cinquanta, anche Adorno non provocherebbe niente di piu' di quel "solletico intellettuale" di cui aveva gia' scritto - ad esempio - riferendosi a Meaning in History di Loewith (295).

Com'e' risaputo, nonostante la tenace opposizione di Cantimori e grazie al parere favorevole di Balbo e Bobbio, il Consiglio editoriale Einaudi decise il 3 dicembre 1952 di avviare la pubblicazione dei Minima moralia. Se in un primo momento si era pensato di affidare la traduzione al germanista Cesare Cases, alla fine e' lo stesso Renato Solmi ad incaricarsi di questo difficile compito. Prima di passare ad analizzare la sua traduzione e la sua altrettanto imponente introduzione, pero', e' bene soffermarsi su un testo di Solmi contemporaneo che ci permette di scorgere i primi riferimenti teorici utili a delineare la sua interpretazione complessiva del libro: egli, infatti, fu autore anche di un'importante (per quanto poco ricordata) recensione ai Minima moralia, realizzata gia' verso la fine del 1952 e che usci' su "Lo Spettatore Italiano" (la rivista allora diretta da Raimondo Craveri e Elena Croce) nel febbraio 1953. Nel leggere questa recensione, bisogna tener presenti le innegabili difficolta' per l'autore di inquadrare un pensatore pressoche' sconosciuto, la cui collocazione in un sistema o in una tendenza culturale risulta complicata ancora oggi nonostante la conoscenza di tutti i suoi scritti (oltreche' la pubblicazione di numerosissimi saggi critici sulla sua opera), ma la cui portata ebbe fin dall'ormai prossima pubblicazione in Italia l'effetto di un sasso lanciato nelle acque stagnanti della cultura italiana del primo decennio del dopoguerra (immobilismo culturale che, almeno in parte, abbiamo cercato di analizzare nel capitolo precedente). In questo scritto - la prima vera traccia della fortuna di Adorno nel nostro paese - Solmi affronta e porta in superficie i principali temi presenti nei Minima moralia e che poi verranno trattati e approfonditi in numerosi interventi successivi. Innanzitutto, egli mette in evidenza la difficolta' per il lettore nel seguire il linguaggio utilizzato dall'autore, un linguaggio "oscuro e difficile, che risente fortemente della tradizione hegeliana (e, fino ad un certo punto, marxista) e dell'influsso del pensiero dialettico" (296). Proprio il legame con il metodo dialettico hegeliano e, in seconda battuta, marxista e' il secondo punto che Solmi mette in evidenza dell'opera di Adorno. In modo particolare egli vuole chiarire come, nonostante le difficolta linguistico-stilistiche di cui parlava precedentemente, riesca ad emergere comunque la stretta relazione e il confluire verso un'unica prospettiva di economia, morale e cultura. Difatti, uno degli aspetti fondamentali dell'interpretazione anche successiva che Solmi propone del pensiero di Adorno sta proprio nel sottolineare l'abilita' del francofortese nell'individuare i fenomeni e i meccanismi che nell'economia capitalista monopolistica influenzano e determinano i comportamenti e - in ultima istanza - la stessa esistenza dell'individuo: il ruolo dell'industria culturale, la divisione del lavoro, l'adattamento della condotta individuale alle esigenze della produzione, l'isolamento dell'individuo rispetto alle componenti sociali da un lato e l'affermarsi del conformismo dall'altro. Una volta chiarite le basi teoriche e gli obbiettivi dell'analisi adorniana, pero', Solmi fa un'affermazione piuttosto sorprendente. Egli, infatti, sostiene che "tutti questi temi, ricorrenti di continuo nel libro di Adorno, sono in fondo gli stessi che sono al centro del pensiero di un Lukacs: e il linguaggio stesso, a parte la maggiore o minore chiarezza, che e' poi il segno di una maggiore o minore organicita' d'insieme, presenta nei due affinita' significative" (297). Certo, e' vero che Solmi continua scrivendo che la base storicistica del suo pensiero rispetto ai problemi filosofici e morali e l'assegnazione del primato del generale sul particolare preserva Adorno, se non da un pessimismo paralizzante (punto centrale della critica alle idee adorniane), sicuramente dall'essere accomunato ai pensatori esistenzialisti che trovano una via d'uscita per il singolo in una soluzione metafisica e trascendente rispetto alla storia. Tuttavia, la distanza di Adorno e di Lukacs dall'esistenzialismo (heideggeriano) non basta - a nostro avviso - a dimostrarne una reciproca affinita'. Infatti, l'idea di una possibile (anche se non meglio chiarita) unita' di fini (per non dire di linguaggio) non solo non viene sviluppata e approfondita oltre, ma neppure compare negli scritti successivi dello stesso Solmi. Anzi, ben presto sara' lo stesso Solmi a chiarire l'inconciliabilita' tra Adorno e Lukacs e - come vedremo in seguito - a prendere coscienza della distanza esistente dal punto di vista teoretico tra il pensiero dei due filosofi (oltre che l'evoluzione personale ed intellettuale di Solmi, tale presa di coscienza condiziono' anche l'attivita' intellettuale di Cesare Cases, sebbene in modo contrario rispetto all'amico).

Un altro aspetto importante nei Minima moralia che per la prima volta Solmi mette in evidenza in questo scritto e' la critica di Adorno al concetto di "immediatezza" (concetto attribuito a Nietzsche e soprattutto ad una sua interpretazione reazionaria e misticheggiante), contrapposto a quello hegeliano della "universale mediazione". Quest'ultimo rimanda ancora una volta ad una profonda coscienza della storicita' delle forme di vita e alla correlazione dialettica tra "strutture" e "superstrutture" (298). Tuttavia, secondo Solmi, talvolta Adorno resta impigliato nella dialettica che egli stesso si costruisce, lasciando intravedere un residuo di individualismo e di romanticismo: il concetto di "mediazione" diviene cosi' un concetto puramente negativo e che non lascia nessun livello di autonomia all'individuo. In questo senso - secondo Solmi - mancherebbe ad Adorno ogni riferimento alla coscienza di classe (o comunque ad un gruppo socialmente e politicamente organizzato) che medi tra individuo e societa' e - in ultima istanza - avvii un reale processo di liberazione della societa' e quindi dell'individuo. Si', ci troviamo ancora di fronte ad uno storicismo, ma ad uno "storicismo 'negativo' o addirittura 'sconsolato'" (299). A cio' collegato e' un tema centrale di tutto il pensiero di Adorno (che torna anche in altre opere posteriori ai Minima moralia), oltreche' di molti suoi critici, e riguarda la dialettica della Aufklaerung, ovvero il riconoscimento di un crescendo costante dell'orrore e della crudelta' (e in questo senso non puo' che palesarsi l'esperienza diretta dell'intellettuale ebreo tedesco in esilio per sfuggire alle violenze naziste), crescendo insito nel processo storico stesso. Da questo punto di vista Solmi sostiene che, sebbene egli ne faccia proprie alcune asserzioni, Adorno non vada confuso con i critici conservatori e romantici. Per il francofortese le radici dell'alienazione dell'individuo vanno certamente ricondotte alle origini della societa' di massa, ma tuttavia cio' non significa che non ci sia la possibilita' di rivolgere dialetticamente il processo. L'elemento dialettico hegeliano consente di conservare la speranza di trovare - in un tempo futuro e indeterminato ma immanente e storicamente fondato - una via di fuga ed ha quindi il sopravvento sull'aspetto irrazionalista e decadente. In questo modo, sebbene nella sua analisi siano presenti anche elementi provenienti da pensatori riconducibili alla critica reazionaria della cultura, Adorno e' riuscito a ricondurli con originalita' entro gli schemi della dialettica hegeliana e dello storicismo.

Solmi prende in considerazione e vuole far emergere anche le idee di Adorno relative alla cultura e - piu' in particolare - all'arte. Per farlo pone ancora una volta Adorno a confronto con Lukacs e sottolinea l'interpretazione del francofortese in merito alla crisi del dramma: "l'impossibilita', in una societa' 'ipermediata' di fondere artisticamente psicologia e politica, vita pubblica e vita privata: donde le frequenti ricadute nello psicologismo (coi suoi effetti anacronistici) o, viceversa, la soluzione simbolica, pseudopolitica degli espressionisti (dove l'individuo diventa, direttamente e senza mediazione, simbolo della classe, e il destino individuale simbolo del destino collettivo: e nessuno meglio di Adorno ha messo in luce l'inadeguatezza, la provvisorieta' di questa soluzione, in cui l'individuo non diventa tipo, ma, appunto, simbolo, e la ricchezza della vita individuale si perde mentre la dialettica delle classi e' rappresentata in forme improprie e rudimentali)" (300). Secondo il recensore la condanna dell'espressionismo e del "simbolismo" (ovvero dell'immediato) contrapposti alla salvaguardia del "tipico" e' un altro di quegli elementi che accomunerebbero Adorno a Lukacs, anche se la condanna, per il pensatore ungherese, varrebbe per i movimenti di avanguardia in genere, mentre il concetto di "tipico" e' si' centrale nelle teorie estetiche di quest'ultimo ma molto meno nel francofortese - e anche in questo caso siamo di fronte, probabilmente, ad una forzatura da parte di Solmi nel far coincidere due pensatori con in realta' pochi tratti in comune. Solmi stesso, poi, ci indica un aspetto in cui i punti di vista dei due pensatori divergono sostanzialmente, ovvero nella capacita' dell'arte di diventare strumento di rappresentabilita' e di conoscibilita' della realta' moderna, in quanto per Lukacs (assertore di un'idea estetica fondata sul realismo inteso anche come lotta contro la decadenza) e' ancora possibile rappresentare artisticamente la realta' (anche se con grandi difficolta'), mentre per Adorno la realta' contemporanea non puo' essere conosciuta mediante l'arte, ma solo mediante l'economia politica: "Dove divergono, e' nell'apprezzamento delle possibilita': mentre per Adorno, la societa' moderna - e la vita dell'individuo in questa societa' - e' 'irrappresentabile artisticamente', Lukacs attribuisce allo scrittore - per lo meno in via teorica - la facolta' di vincere l''Ungust der Zeit', di rivoltare e smascherare le mediazioni (l'engelsiano 'trionfo del realismo'). Ma per lo stesso Lukacs, e' questo un compito 'terribilmente difficile', e lo scrittore 'spontaneo', in ogni caso, e' destinato ad uscire sconfitto dalla prova. L'unica forma di conoscenza adeguata alla realta' contemporanea e', aggiunge Adorno, la scienza della produzione e dello scambio: l'economia politica" (301).

Infine, un aspetto sostanzialmente originale ed interessante - ma anche questo in seguito poco approfondito ed analizzato - e' la convinzione di Solmi che sia possibile riscontrare una certa convergenza tematica tra la filosofia di Adorno e le opere di Thomas Mann, convergenza che si esplica in modo particolare nel volgere argomenti reazionari in senso progressivo: "Anche di Mann si puo' dire, come di Adorno, che non fa che 'rivolgere tutti gli argomenti reazionari contro la cultura occidentale al servizio dell'illuminismo progressivo'; anche in Mann si riscontra il caratteristico impasto di romanticismo e illuminismo, di coscienza sociale e 'interiorita''. Il lettore attento non tardera' a riconoscere, nelle pagine di Adorno, i temi fondamentali della narrativa manniana" (302). I nuclei di interesse intellettuale comuni sono quello della convenzione e della rottura della regola, ovvero un rapporto complesso con le regole e le norme della tradizione, e quello della malattia. Sotto quest'ultimo aspetto, risulta che l'uomo malato rappresenta sia per Adorno che per Mann il principio sano in una societa' malata: in una societa' che si vuole e si rappresenta come sana, ma che in realta' e' malata, la malattia dell'individuo costituisce la vera differenza e in ultima istanza il principio di ribellione rispetto all'universale. Secondo Solmi da cio' deriva - marxisticamente - la condanna della psicoanalisi moderna, in quanto questa sarebbe lo strumento medico normalizzatore rispetto ad una societa' alienata, il mezzo per guarire il "socialmente diverso", uno strumento quindi nelle mani dell'oppressore contro l'emancipazione piena dell'oppresso. Insomma, Solmi, in questa recensione (della cui stesura non nasconde al lettore la difficolta' data l'asistematicita' del modo di procedere di Adorno) si propone di far emergere alcuni dei temi maggiormente caratterizzanti i Minima moralia. Alcuni di essi diventeranno temi ricorrenti della critica all'opera e al pensiero di Adorno, altri vengono invece lasciati cadere senza essere analizzati oltre, ne' da Solmi ne' da altri critici. Si tratta, forse, di quegli aspetti per i quali Solmi maggiormente subisce l'influenza di testi e teorie che accompagnano queste prime fasi del suo avvicinamento all'opera del francofortese, alla ricerca di appigli e spunti teoretici che gli permettano di affrontare le asperita' del suo pensiero.

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Note

291. T. Mann, Die Entstehung des Doktor Faustus. Roman eines Romans. S. Fischer Verlag, Frankfurt a. M. 2012, p. 37.

292. Il libro Minima moralia. Reflexionen aus dem beschaedigten Leben venne pubblicato nel 1951 dalla casa editrice Suhrkamp Verlag. Ora e' presente anche nel quarto volume delle "Gesammelte Schriften" uscite per la stessa casa editrice nel 2003.

293. R. Solmi, "Il mio grande maestro", in M. Ferrari, A. Venturelli (a cura di), Theodor Wiesengrund Adorno. La ricezione di un maestro conteso. Atti del seminario internazionale di Villa Vigoni 23 aprile 2003, Leo S. Olschki, Firenze 2005, p. 255. Anche in Idem, Autobiografia documentaria, cit.

294. D. Cantimori, Politica e storia contemporanea, cit., pp. 808-810.

295. G. Miccoli, Delio Cantimori. La ricerca di una nuova critica storiografica, Einaudi, Torino 1970, p. 256: "Il solletico intellettuale prodotto dalla negazione ironica, intelligente e colta (intelligentissima e coltissima, se volete, questa del Loewith) rimane pero' solletico: non puo' essere fecondo in nessuna maniera, e' sterile di per se stesso. Potra' piacere ed essere utile anche... per scopi particolari di ricerca: ma per scopi molto particolari. Non merita affatto la ulteriore diffusione di una traduzione [...]".

296. R. Solmi, Recensione di "Minima moralia" di Theodor W. Adorno, in Idem, Autobiografia documentaria, cit, p. 163. Precedentemente in "Lo Spettatore Italiano", VI, 2, febbraio 1953, pp. 79-82.

297. Ibidem, p. 163.

298. Ibidem, p. 164.

299. Ibidem, p. 165.

300. Ibidem, p. 166.

301. Ibidem, p. 166.

302. Ibidem, p. 167.

 

3. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI MARITA BONNER

 

Ricorre oggi, 16 giugno, l'anniversario della nascita di Marita Bonner (Boston, 16 giugno 1899 - Chicago, 6 dicembre 1971), illustre scrittrice e drammaturga afroamericana, una delle figure piu' rilevanti della "Harlem Renaissance", fortemente impegnata contro il razzismo e il maschilismo.

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Anche nel ricordo di Marita Bonner proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

4. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 712 del 16 giugno 2015

 

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