[Nonviolenza] Telegrammi. 2008



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2008 del 6 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Parole dette a Viterbo nella giornata mondiale per la difesa dell'ambiente

2. "Una donna sconosciuta" a Viterbo il 7 giugno

3. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

4. Un appello per l'uscita dell'Italia dalla Nato

5. Enrico Peyretti: Non abbiamo viaggiato invano

6. Paolo Arena presenta "La colazione dei campioni" di Kurt Vonnegut

7. Segnalazioni librarie

8. La "Carta" del Movimento Nonviolento

9. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PAROLE DETTE A VITERBO NELLA GIORNATA MONDIALE PER LA DIFESA DELL'AMBIENTE

 

Il primo nemico

Il primo nemico e' la guerra: che tutto devasta, che tutto distrugge, che dove era vita reca morte.

Il primo nemico sono le armi: macchine il cui fine e' uccidere gli esseri umani, macchine il cui fine e' ridurre l'essere al nulla.

*

Il primo dovere

Il primo dovere e' salvare le vite. Le vite umane, ma anche l'intero mondo vivente.

Il primo dovere e' sentire la responsabilita' che e' propria di ogni essere umano: la responsabilita' di riconoscere, rispettare, difendere, promuovere, accudire, confortare, onorare, salvare la vita altrui.

*

Il primo sapere

Il primo sapere e' sapere di essere parte dell'unico mondo vivente, sapere di essere parte dell'unica umanita', sapere di essere parte della civilta' e della natura che sono sia il luogo mentale e fisico in cui abitiamo, sia la trama e la stoffa di cui noi stessi consistiamo.

Il primo sapere e' la coscienza della relazione che tutte e tutti ci lega e sostiene, memoria e progetto, coessenziale pluralita', infinita apertura.

*

Il primo miracolo

Il primo miracolo e' l'essere, l'esserci: che qualcosa vi sia anziche' il nulla.

Il primo miracolo e' la nascita: che rinnova e preserva e infutura il nostro mondo comune, il mondo comune che noi stessi siamo.

Il primo miracolo e' la solidarieta': senza la quale ne' io ne' tu saremmo sopravvissuti all'ingresso nel mondo, senza la quale ne' tu ne' io avremmo pensieri e parole.

*

Ancora della virtu' del limite

Riconoscere l'altrui esistenza e' riconoscere il proprio limite.

E' la cognizione del limite che fonda la liberta', la giustizia, la misericordia.

Tutti dobbiamo affrontare la sofferenza e la morte: e' ragionevole unirsi a mutuo sostegno; e' ragionevole unirsi per salvare le vite; e' ragionevole unirsi per condividere il bene.

La stessa biosfera ha dei limiti: e quindi un modo di produzione fondato sul principio della crescita infinita, della massimizzazione del profitto, dell'asservimento della vita all'accumulo delle ricchezze, della trasformazione in merci inerti di cio' che era vivente svolgimento ed incontro, della frantumazione ai fini dell'appropriazione privata di cio' che era integro bene comune, ebbene, questo modo di produzione rapinatore flagrantemente confligge con i limiti della natura, ed e' quindi irrazionale e immorale ad un tempo, insostenibile e mortifero.

*

Concreta utopia, realismo operante

Il "modello di sviluppo" dominante sta imbarbarendo e degradando l'umanita', avvelenando e desertificando la biosfera.

Cio' che la "globalizzazione" oggi globalizza e' la rapina e la distruzione, l'inquinamento e la sopraffazione, il dolore e la morte.

Non e' questa la vocazione, la missione, il compito dell'umanita'.

Compito dell'umanita' e' realizzare una societa' giusta che riconosca e garantisca il diritto di ogni essere umano alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Compito dell'umanita' e' realizzare una societa' giusta che rispetti e preservi quest'unico mondo vivente, che e' insieme la casa comune dell'umanita' ed il tutto di cui l'umanita' stessa e' parte.

Alla violenza che rompe, corrompe ed annienta occorre opporre la nonviolenza che ripara, risana e preserva.

Alla guerra opporre la pace.

Al male opporre il bene.

Abolire la guerra, gli eserciti e le armi.

Uscire dal sistema dello sfruttamento e delle stragi, ed inaugurare la societa' solidale della convivenza.

Una sola umanita', un unico mondo vivente: sii tu a prendertene cura.

La nonviolenza e' la via.

 

2. INIZIATIVE. "UNA DONNA SCONOSCIUTA" A VITERBO IL 7 GIUGNO

 

Per iniziativa dell'Auser a Viterbo domenica 7 giugno si svolgera' l'iniziativa "Una donna sconosciuta", l'appuntamento e' alle ore 10 in piazzale Gramsci davanti al cippo che ricorda tre vittime viterbesi della violenza nazista.

*

La lapide recita:

"Qui

l'8 giugno 1944

colpiti dalla rappresaglia tedesca

cadevano

una donna rimasta sconosciuta

Pollastrelli Giacomo

Telli Oreste

vittime d'inumana ferocia

custodi di patria liberta'".

*

Per ulteriori informazioni e contatti: info at auserviterbo.it

 

3. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

4. REPETITA IUVANT. UN APPELLO PER L'USCITA DELL'ITALIA DALLA NATO

[Nuovamente diffondiamo il seguente appello del Comitato promotore "No guerra, no Nato" (per contatti: e-mail: noguerranonato at gmail.com, sito: www.noguerranonato.it) "per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un'Italia neutrale, per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra, per attuare l'articolo 11 della Costituzione"]

 

L'Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realta' superiore che l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (Sipri) quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell'Alleanza, la spesa militare italiana dovra' essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

E' un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un'alleanza la cui strategia non e' difensiva, come essa proclama, ma offensiva.

Gia' il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la Nato aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvo' il "Nuovo concetto strategico", ribadito ed ufficializzato nel vertice dell'aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in "risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza", per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l'aggressione militare.

La nuova strategia e' stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il "Nuovo concetto strategico" viola i principi della Carta delle Nazioni unite.

Uscendo dalla Nato, l'Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.

L'appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacita' di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La piu' alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato e' percio', di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L'appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell'Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave e' il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L'Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

L'Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranita': sarebbe cosi' in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

 

5. RIFLESSIONE: ENRICO PEYRETTI: NON ABBIAMO VIAGGIATO INVANO

[Dal sito de "Il foglio. Mensile di alcuni cristiani torinesi" (www.ilfoglio.info) riprendiamo questo articolo di Enrico Peyretti apparso sul n. 420 del marzo 2015.

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

 

Gli antichi chiamavano "confessioni" le pagine personali affidate al lettore che si spera benevolo. L'eta', gli anni che passano, non sono una perdita, ma un guadagno. Perdi qualcosa e incontri, acquisti, ricevi in dono - come un dono e' la vita - altro, cose nuove, risultati di cio' che lasci e di ciò che ti attende.

Chi e' nato prima del '50, o non molto dopo, puo' darsi che venga da un tempo di dogmatismi, di troppe certezze imposte, indiscusse, con la paura di discuterle. Non si vive del tutto male con addosso una corazza che ti difende. Ma poi la corazza diventa stretta, e forse e' di latta. Non erano tempi stupidi, come qualcuno vuol farci credere. C'erano grosse paure, anche inconsapevoli. Ci si attaccava agli scogli. Ma c'erano grandi orizzonti del nostro viaggio. Non li dimentichiamo. E io discuto ma non irrido e non offendo, non sbeffeggio quelle verita' pesanti, e soffro quando cio' avviene, perche' mi hanno fatto le ossa. Ho pena per chi e' denutrito di orizzonti.

Vennero gli anni '60. Veniva altra gente nel nostro mondo. I figli somigliavano meno ai padri, erano anche ribelli, anche parricidi. Certe rottamazioni di oggi fanno sorridere. Si liberavano le donne, i popoli, i lavoratori. Nella nostra religione, la verita' dell'amore, della giustizia e della pace cominciava a valere piu' delle dottrine geometriche della verita'. Avvenivano cose giuste, e anche alcune ingiuste. C'era chi impugnava strumenti mortali, credendo che fossero forcipi per partorire vita.

*

Non vi si rinunciava

I vecchi padroni si attrezzarono. Adescarono i piu' interiormente deboli. Sapevano come si corrompe un combattente. Sussurrarono e poi gridarono sempre piu' forte un antico slogan (questa parola vuol dire: "grido di guerra", e quella e' gente nutrita di guerra) che conoscevano bene: "arricchitevi!". E comincio' l'epoca della liberte' senza egalite' ne' fraternite'. Senza scopi alti. La post-modernita' tradiva il meglio della modernita'. Non e' che prima ce ne fosse molta, di liberta' e fraternita'. Ma non vi si rinunciava. Anzi, si sperava e si voleva che venissero, che crescessero, quei beni della vita. Per liberta', fraternita', giustizia e pace, si lottava senza violenza, con la passione umana, con la ricerca, con la riforma delle nostre societa'. Oggi, si', vi si rinuncia, cioe' si rinnegano.

In questa epoca ci siamo dentro. Noi non siamo nati in quest'epoca. Siamo stranieri, qui. Non vogliamo assimilarci. Ma qualcuno si', si assimila, si adegua. Ci trova da guadagnare. Noi pero' guardiamo tutte le moltitudini che, coi loro debiti, pagano i pochi che si arricchiscono, vincitori in questo mondo trasformato in un circo di gladiatori. Molti degli indebitati che continuano a pagare sono stati indottrinati per una manciata di generi alimentari, di trovate tecnologiche, di lotterie delle illusioni. Stanno per ora un po' meglio dei loro padri, e sono meno liberi. Noi siamo preoccupati per i bambini che nascono in questo mondo. Specialmente se sono i nostri nipotini, che ci fanno di nuovo gustare la dolcezza pulita della vita. Essi sono in pericolo, piu' di noi.

*

Tutto liquido?

Ecco, venendo da quell'epoca di dogmi e dogmatismi di vario genere, non abbiamo viaggiato invano negli anni, ne' ad occhi chiusi. Abbiamo imparato molte cose, le abbiamo osservate, ci siamo impegnati in determinate lotte giuste, abbiamo usato ed esercitato anche un certo senso critico. Si', allora c'erano anche troppe verita', e troppo dure. Cosi', tra i nostri compagni di cammino nel tempo, qualcuno ci ha anche proposto di sentirci piu' intelligenti, piu' liberi, piu' fraterni, se, tastando il terreno dell'esistenza, lui ce lo fa sentire piu' morbido, piu' liquido, meno roccioso. Non e' poi male. Talvolta, pero', e' un po' troppo scivoloso, instabile, quasi lastra di ghiaccio. Sapete, con gli anni le gambe sono meno sicure. Ora tutto e' meno sicuro. Non c'e' piu' metafisica. Pare che non rimanga neppure la fisica. Intanto, ci si attacca alle cose, reali o virtuali. Per dirla in modo pesante, vari nostri compagni di cammino, e anche amici cari, ci propongono, senza usare questa parola, una visione piuttosto nichilista del panorama dell'esistenza. Noi ci ricordiamo essenze fin troppo dure, ma non e' che qui, a questo punto, ci troviamo tanto bene nel tutto liquido.

Non possiamo dare tutta la ragione ai nostri amici piu' di noi immersi nell'epoca nuova. D'altra parte, osserviamo il cammino (cammino?) di altri coetanei avvinghiati alle antiche certezze. No, tanto meno a loro possiamo dare ragione, perche' abbiamo vissuto e camminato. Anche pensato, un po' abbiamo pensato. Dunque, ci troviamo quasi senza gli uni e senza gli altri. Oppure, non proprio senza, ma a una certa distanza, non inquadrati. Un po' di solitudine: speriamo che sia per serieta', ma si vorrebbe anche la gioia del sentire insieme.

*

Un timone che sappia il fatto suo

Come dire? La vita (ne abbiamo addosso un bel po') ha bisogno di riferimenti, di alcune chiarezze, di qualche ancoraggio, di solide vele offerte al vento, di un timone che sappia il fatto suo. Non siamo relitti alla deriva. Non accettiamo di esserlo. Un grande, grande amico, di qualche passo avanti a noi nel cammino (ha gia' valicato il colle da dieci anni), diceva, con fremente passione interiore, di avere alcune "faticate, dubitose, irrinunciabili chiarezze". Non certezze, ma chiarezze. Ecco, chiarezze miti, mobili come la vita, vive di quel dubbio che ricerca e non distrugge, non abbandona; chiarezze irrinunciabili come la luce. E anche raccolte con fatica, percio' faticate chiarezze.

Noi non siamo senza verita', non rinunciamo alla verita', perche' la verita' non e' quella la', rocciosa, poco ospitale, ricca di nemici e prodiga di condanne, ma e' la relazione umana buona. Quella di cui e' detto, da Socrate e da Gesu', che e' piu' felice chi ama di chi e' amato. Questo e' terreno solido, per il cammino. Amicizia, speranza, sorriso: sono questi i diritti umani, attesi ma inesigibili, questa e' la verita' umana, vissuta in una rete sociale, estesa fino a tutto il mondo, fitta di intrecci e scambi, idee, utopie, bellezze, interrogativi, gioie e sofferenze. Una rete che ci mette in cuore il dolore delle vittime, popoli interi di vittime. E anche l'ira per i violenti, anzitutto quelli che hanno il sangue delle vittime nascosto sotto i guanti bianchi. Sono i peggiori. Siedono sui seggi a condannare i loro colleghi minori, quelli del sangue senza guanti. E in cuore abbiamo anche l'invocazione al cielo che ci muti l'ira in energia positiva di giustizia costruttiva, libera dalla violenza, nutrita di pietà.

Questi fremiti dell'anima sono anche i sacramenti veri e buoni di tutte le religioni, della religione a cui sei grato perche' vi sei nato e vi trovi piu' luce, ma altrettanto delle altre religioni, raggi diversi dell'unica luce. Sicche' l'unico peccato e' la guerra maledetta tra le false verita' tronche e superbe. E gravissimo autismo irridere le religioni. E l'unica morale e' vivere per gli altri, che' allora vivi anche per te, e con loro cercare e costruire un bene mite. Non chiedetemi di de-finirlo, che sarebbe come stringere in pugno i petali di un fiore o le ali di una farfalla. Chiedetemi pero' di cercarla, questa verita' che e' il bene, insieme a voi, e cercarla vuol dire viverla insieme a voi, e raccontarla sulle strade, la verita' mite della vita, quella che non tradisce.

*

Saro' utopista

A questo punto, dove guardare? Il passato e' lungo, dice cose differenti, di vario segno. E' passato, e' dentro, eppure si allontana. Inutile guardare ancora indietro. Quel che sapevamo raccogliere, l'abbiamo raccolto. A tante persone e vicende, siamo grati, a conquiste e anche sconfitte, che ci ammaestrano. Quel che potevamo fare, un pochetto, bene o male, l'abbiamo fatto. Ma il tempo incalza, il cammino non ha quiete. Dove guardare? Perche' su qualcosa bisogna posare gli occhi, cioe' appoggiare la tensione dell'anima: "L'anima mia anela...". Anela sempre piu'. Dove guardare? Siamo come il rocciatore incrodato. L'unica via e' in avanti. E' l'unica ed e' tutto. Allora devo solo guardare oltre. Se da giovane avevo diverse possibilita', mi guardavo in giro, ora ho solo quella. Non c'e' scelta. Avanti non ci sono cose acquisite, schemi fatti, da salvaguardare. E' tutto da attendere, e tutto da fare. Non e' un luogo conosciuto: e' un non-luogo, una u-topia. Bene, a questa eta' saro' utopista. Ero prudente, guardingo, osavo poco, avevo poco coraggio, temevo di perdere qualcosa, facevo passi studiati (oppure cosi' mi sembra ora). Ora ho sempre meno da perdere. Sono ugualmente troppo prudente, un po' vile. Ma e' l'ora di spendere. Non ci si porta dietro nulla: "Stolto, a chi andranno le ricchezze che hai accumulato?". Fatelo voi che avete tempo, di organizzare la realta', nei suoi limiti e potenzialita', datele l'ordine razionale che vedete buono. Io devo dire l'inedito, il finora impossibile.

*

Cercare il non trovato

Un vecchio ha solo futuro, e' concentrato su quello, il presente e il passato li ha alle spalle. Fugge in avanti. Immagina l'infinito, proprio perche' tocca la fine del finito, quella che voi non sapete ancora. Mi chiedete di essere razionale. Fatelo voi che vi sentite capaci. Io ho gia' visto le possibilita' della ragione. Non mi aspetto da lei molto di piu'. Ha fatto anche cose criminali, feroci. Mi aspetto dall'invenzione, che e' cercare il non trovato. Ecco, a questo punto siamo al bel confine tra il perdere e il trovare. Come dice una poetessa nel toccante film Still Alice, si tratta di imparare "l'arte di perdere". Va bene. Quello che lasci apre uno spazio che era troppo occupato. Dite la vostra ch'io dico la mia. Io dico - cioe', non dico, ma tendo l'orecchio - quel che non c'e', l'idea, il valore, la verita' sopra la realta'. Magari, anche voi tra un po' di tempo arriverete al modesto artigianato - non e' presunzione, perche' in mano non abbiamo niente! - dell'immaginare, del sognare, che e' guardare oltre, senza poter toccare ne' prendere. Pare che Picasso, pittore di visioni, abbia detto: "Occorrono molti anni per diventare giovani".

 

6. LIBRI. PAOLO ARENA PRESENTA "LA COLAZIONE DEI CAMPIONI" DI KURT VONNEGUT

[Ringraziamo Paolo Arena per questo articolo.

Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta.

Kurt Vonnegut (Indianapolis, 1922 - New York, 2007) e' uno dei maggiori scrittori del Novecento; nel 1944 prigioniero di guerra in Germania assistette alla distruzione di Dresda. Per tutta la vita ha lottato contro la guerra e contro ogni fascismo con le armi della poesia. Opere di Kurt Vonnegut: romanzi: Player Piano,1952; The Sirens of Titan, 1959; Mother Night; 1961; Cat's Cradle, 1963; God Bless You, Mr. Rosewater or Pearls Before Swine, 1965; Slaughterhouse-Five or the Children's Crusade, 1969; Breakfast of the Champions or Goodbye Blue Monday!, 1973; Slapstick or Lonesome No More, 1976; Jailbird, 1979; Deadeye Dick, 1982; Galapagos, 1985; Bluebeard, 1987; Hocus Pocus, 1990; Fates worse than death, 1991; Timequake, 1997; God Bless You, Dr. Kevorkian, 1999; raccolte di racconti: Welcome to the Monkey House, 1968; raccolte di saggi: Wampeters, Foma & Granfalloons, 1974; Palm Sunday: An Autobiographical Collage, 1981; A Man without a Country, 2005; opere di Kurt Vonnegut in traduzione italiana: Mattatoio n. 5 o la crociata dei bambini, Mondadori, 1970, Feltrinelli, 2003; La colazione dei campioni. Ovvero addio triste lunedi', Rizzoli, 1974, Eleuthera, 1992, 1999, Feltrinelli 2005; Le sirene di Titano, Nord, 1981, Eleuthera, 1993, Feltrinelli, 2006; Un pezzo da galera, Rizzoli, 1981, Feltrinelli 2004; Madre notte, Rizzoli, 1984, Bompiani 2000, Feltrinelli 2007; Il grande tiratore, Bompiani, 1984, 1999; Ghiaccio nove, Rizzoli, 1986, Feltrinelli, 2003; Comica finale. Ovvero non piu' soli, Eleuthera, 1990, 1998; Galapagos, Bompiani, 1990, 2000; Perle ai porci. Ovvero Dio la benedica Mr. Rosewater, Eleuthera, 1991, 1998, poi col titolo Dio la benedica, Mr Rosewater o perle ai porci, Feltrinelli, 2005; Benvenuta nella gabbia delle scimmie, SE, 1991; Hocus pocus, Bompiani, 1991, 2001; Il potere, il denaro, il sesso secondo Vonnegut, Eleuthera, 1992; Barbablu', Bompiani, 1992; Piano meccanico, Mondadori, 1994, SE, Feltrinelli, 2004; Catastrofi di universale follia, Mondadori, 1994; Buon compleanno Wanda June, Eleuthera, 1995; Cronosisma, Bompiani, 1998; Dio la benedica dott. Kevorkian, Eleuthera, 2000; Divina idiozia. Come guardare al mondo contemporaneo, E/O, 2002; Destini peggiori della morte. Un collage autobiografico, Bompiani, 2003; Un uomo senza patria, Minimum Fax, 2006. Nel nostro notiziario cfr. anche "Minime" n. 64, 570 e 585, "La domenica della nonviolenza" n. 108, "Voci e volti della nonviolenza" n. 58]

 

Kurt Vonnegut, La colazione dei campioni (Breakfast for champions, or Goodbye Blue Monday!, 1973).

*

1. La storia

Dwayne Hoover e' un imprenditore della provincia suburbana americana: nella sua cittadina (Midland) possiede molte imprese: una rivendita di automobili, una serie di fast-food, un motel in franchising, un'attrazione per turisti. E' un uomo che invecchia e la cui vita vissuta nel culto americano della produzione, del profitto e del consumo perde progressivamente senso.

Kilgore Trout e' un prolifico scrittore di fantascienza la cui opera e' disseminata in un'infinita' di pubblicazioni mai autorevoli, spesso pornografiche, ancor piu' spesso non retribuite, irrintracciabili dallo stesso autore. Vive istallando infissi isolati ed e' ben oltre le soglie della poverta'.

Un giorno Trout (che vive nella metropoli New York, dove l'umanita' si manifesta in ogni sua forma, da quella irraggiungibile del bel mondo a quella del cosiddetto uomo della strada, inclusi gli stranamente normali "common people") riceve un invito per il "festival delle arti di Midland City" organizzato da un certo Elliot Rosewater, la cui grafia ricorda a Trout quella di un bambino, forse un lettore di fantascienza che ha convinto i suoi genitori ad organizzare un festival per incontrare il proprio beniamino (in realta' Rosewater e' un miliardario).

Trout decide di offrire una performance esemplare a questo festival, convinto di poter scioccare quelli che lui immagina tranquilli borghesi di provincia portando loro un assaggio della vita degradata dei bassifondi urbani e la parola incendiaria di uno scrittore profeta - cosi' come nelle sue opere aveva spesso cercato di dare messaggi ammonitori all'umanita' (salvo poi finire edito su paginette di fondo di rivistine oscene che in copertina promettevano ben altri contenuti).

Hoover vaga per la sua citta' in preda ad uno stato di amnesia psicotica, in equilibrio sulla propria precaria sanita' mentale ripercorre i luoghi della sua vita e del suo successo economico, peraltro coincidenti: egli ha anche un'amante, la sua segretaria, ed un amico-sottoposto Le Sabre, segretamente un travestito; i suoi affari vanno ormai avanti da soli, nessuno sembra aver bisogno di lui, e' in rottura con i resti della sua famiglia (un figlio pianista omosessuale, che lui avrebbe voluto nell'esercito), tutti lo considerano ormai uno svitato. Le letture di certi romanzi di fantascienza inoltre gli hanno messo in testa strane idee, che a causa del suo stato mentale non sembrano piu' appartenere al mondo della finzione romanzesca.

Il viaggio di Trout verso la cittadina e' avventuroso e strano, umanissima parodia di certe epiche "on the road" americane ma non per questo meno intriso di poesia. Egli viene rapinato, conosce strani individui, si interroga sul senso della sua professione artistica e sul senso della vita; rivive in parte le proprie storie da protagonista, interroga curioso altri naufraghi del sogno americano solo per scoprire che nessuno sembra avere un'idea precisa di cio' che esso sia.

Un terzo protagonista e' poi sulla strada del festival delle arti: l'io narrante, lo scrittore che per sua stessa ammissione ha creato questo mondo-romanzo ed i suoi abitanti, pur non riuscendo ad averne il controllo assoluto; egli sta andando a rivelare a Trout ed Hoover un fatto importante.

Dwayne ha letto il libro di Trout "Ora si puo' dire", che consiste in una lettera del Creatore dell'Universo all'unico vero essere umano del creato, in cui gli rivela appunto questo fatto che tutte le altre creature attorno a lui sono in realta' robot, tutti gli eventi accaduti e da verificarsi sono programmati per essere messi in atto in sua funzione; Hoover e' vulnerabile a questa narrazione e la scambia per vera.

Al termine del viaggio di Trout (in autostop) e di Hoover (un viaggio interiore piu' che altro) i due si incontrano ed incontrano lo scrittore narrante; la trama si risolve: la pazzia di Hoover esplode, il messaggio dello scrittore e' consegnato: egli rivela a Trout che Trout stesso e' solo un personaggio inventato ma che qui ed ora riceve per mano dell'autore il dono del libero arbitrio e della consapevolezza.

*

Lo stile, il contesto

Leggere Kurt Vonnegut e' sempre leggerne contenuto e forma indissolubilmente collegati.

Ben lontano da certe avanguardie spesso contorte ed autoreferenziali, Vonnegut fa della chiarezza un'etica: scrive per essere letto ed essere compreso ed essere sicuro di poter dire cio' che vuole venga ascoltato. Chiaro, composto, dialettico, onesto: persino nei passaggi piu' intricati delle sue opere, dove spesso le trame si complicano in mezzo a paradossi temporali, multidimensionali, metanarrativi occorre tener presente che non c'e' mai l'intento dello scrivere oscuro, ma che anzi e' un trucco, un espediente per perdere il lettore e poi ricondurlo per mano al filo, mostrargli come sia nella finzione che nella vita vissuta spesso le complicazioni siano inutili, siano sovrastrutture dei semplici fatti della vita di tutti gli uomini di tutti gli universi possibili.

Per ottenere questo effetto Vonnegut usa uno stile di scrittura ed un registro linguistico a dir poco confidenziale: parla spesso direttamente al lettore, alterna citazioni, riferimenti diretti, spericolate metanarrazioni, periodare sincopato diviso persino da ampie spaziature, disegni, spezzature al limite del verso, canzoni, musicalita', divagazioni e storielle.

Il vocabolario e' semplice, fantasioso, ricco ma popolare, scevro da tecnicismi (se non funzionali a creare stupore, disorientamento) e non evita un uso garbato e mai gratuito di sconcezze e coprolalia, ma con un fine liberatorio, "umanista" nel senso di spogliare la carne del divino e raccontare la vita nelle sue funzioni piu' basilari; fa uso di questo vocabolario con indole gioiosa ed infantile, rivoluzionaria.

Non sublima mai il nocciolo della questione, persino di fronte all'orrore assoluto (come si vedra' in "Mattatoio n. 5") e mai indora la pillola quando deve dire cio' che va detto; solo che usa un tono mai sacralizzante, mai di condanna che non sia quella della ragione, esponendo i fatti e le loro conseguenze lasciando al lettore la possibilita' di elaborare i dati. In "La colazione dei campioni" ad esempio usa il linguaggio (e soprattutto) il tono della periferia borghese decaduta americana, usandone la materia ed i luoghi e gli abitanti come pasta per la sua storia in cui l'assurdo (metanarrativo) irrompe in questa finta tranquillita' e colora di colori sgargianti le vite di individui ai confini di una vita degna di essere vissuta, che si trascinano tra i resti della loro societa' che hanno consumato e da cui sono stati consumati.

La deflagrazione trattenuta dell'antiretorica di Vonnegut ha effetti piu' incisivi e tutto sommato piu' devastanti di un attacco su larga scala come usavano certi scrittori piu' "di strada" o "di cattedra": limita i cosiddetti effetti speciali usandone con perizia assoluta e non inganna mai il lettore con trucchi del mestiere o facili esagerazioni. E' lucido e colto, ma nonostante questo non si impantana nei grandi temi ostentando astruse competenze linguistiche o forme elitarie che verrebbero lette solo nel mondo del fandom o in qualche salottino da letture di nicchia.

E' popolare e borghese nel senso buono del termine e non cerca mai di nascondere la sua appartenenza. E proprio da buon intellettuale borghese americano parla delle cose che conosce, racconta storie, esprime liberamente la propria opinione sul mondo di cui e' cittadino attivo, e' lontano dagli stereotipi della controcultura (praticamente arrivera' a dire di aver fumato uno spinello solo una volta in compagnia di Jerry Garcia dei Grateful Dead solo perché gli sembrava scortese rifiutare). Questa sua appartenenza gli permette di raccontare la societa' in cui vive e di esserne ad ogni buon diritto critico, proporre comportamenti, modi in cui i cittadini (americani, nel senso "buono" del termine) possano aggiustare da soli l'ambiente in cui vivono - e questo si riflette nella lingua e nello stile, che permettono alla storia di progredire verso la risoluzione finale in cui senza alcun fraintendimento si strizza il succo di quanto letto.

"La colazione dei campioni" e' una prosecuzione della societa' in cui si ambienta, ne e' una visione illuminata da neon rotti, disturbata dal frastuono continuo della televisione che passa da un canale all'altro. E' scritto in uno stile sarcastico, simpatico, educato, amicale, serio ma non serioso, intelligente di un'intelligenza fertile piena di trovate profonde e leggere perche' non c'e' niente di male quando si legge un romanzo di fantascienza (o in questo caso della famigerata "satira sociale") a divertirsi un po' con qualche mortaretto e poi tornare alle cose serie, anche se trattate con leggerezza.

Vonnegut stesso si impegna in prima persona (nell'opera in questione e in altre) facendosi narratore piu' che senziente, presente, finanche personaggio e coprotagonista del racconto, come se realta' e finzione non potessero piu' distinguersi, fossero collassate l'una sull'altra invadendosi reciprocamente. In "La colazione dei campioni" infatti l'affetto per certi personaggi un po' derelitti e' tale che lo scrittore entra nel narrato e parla con loro direttamente, li rassicura del fatto che pur trattandosi di una storia egli avra' cura di loro - lasciando filtrare oltre lo stile la consapevolezza che pur non esistendo alcun dio ogni uomo e' creatore di universi e ne e' responsabile: si tratti della propria citta', del proprio paese o del proprio romanzo - e se l'universo creato ha peer protagonista un creatore di (altri) universi, la compagnia non ci manchera' di certo.

Ogni parola, ogni costruzione ci ricorda continuamente che abbiamo in mano una favola, una favola seria.

*

Temi

L'opera costruita con la materia appena descritta non puo' che essere un'opera meravigliosamente attuale, come tutte le storie di fantasia che si rispettino.

Conosciamo un'America disastrata, intatta solo nel suo essere costruita con materiali indistruttibili ma vuota - in cui creature timide si aggirano tenendo stretto a se' un fagotto contenente gli stracci della propria esistenza. E' un'America gia' in piena apocalisse cognitiva, sommersa dai rottami della societa' del consumo, costruita per il controllo degli individui e delle loro energie. Motel, centri commerciali, autosaloni, fast-food, grottesche attrazioni per turisti, autovetture che sfrecciano su strade larghe ma non lasciano scelta di destinazione.

Ma e' un mondo dove la grande forza della vita resiste con tenacia, seppure si tratti di una vita e di una forza laiche - vita che altro non e' che aggregazione casuale di materia in un universo che ha in serbo ancora molte stranezze tutte da conoscere per il gusto di farlo, di sentirci meno soli.

Non c'e' mai una riga di pessimismo in Vonnegut, anche nei momenti di drammaticita' piu' intensa ("cosi' e' la vita", ci ricorda spesso). Non c'e' mai una fine ultima, l'annientamento e' sempre sconfitto dalla meravigliosa stranezza del genere umano, che si ammazza da millenni eppure trova sempre il modo di tirare avanti, fare cose belle, persino di amarsi.

La Societa' del Consumo Avanzato in cui si ambienta l'opera e' decadente, moribonda, popolata di anime sperdute che hanno smesso di parlarsi, che non si riconoscono piu' e che non sentono di avere nulla in comune - pur avendone in realta'. Gli intellettuali senza compromessi (come Trout, forse una "trota" che va contro corrente?) sono profeti che parlano al vento e che nessuno vuole ascoltare o capire, i cui strali non spaventano nessuno tanto sono lontani dalla realta' telepercepita. Gli uomini che nel decennio precedente l'opera avevano lavorato duramente per il paese accumulando fortune diventano pazzi quando aprono gli occhi, quando l'irrazionale o l'imprevisto irrompono nelle loro vite (esagero a vedere una somiglianza tra Dwayne Hoover ed il ricco imprenditore del "Teorema" pasoliniano?). E quindi si comprende il secondo titolo dell'opera, quell'"Odio i lunedi'" che suona come il poster motivazionale nell'ufficio di qualche impiegato distrutto dalla routine, annientato da una sequenza di quotidianita' che gli centrifuga via le energie vitali trasformandolo in uno straccio, in un relitto umano - in un pazzo incapace ormai di distinguere il mondo vero da quello "fictional", incapace di riconoscersi nei propri simili.

I cosiddetti "common people" compensano la militarizzazione delle loro vite nei modi piu' strampalati: Le Sabre e' un travestito, il figlio di Hoover un ex militare pianista omosessuale, la segretaria di Hoover ha una relazione extraconiugale con lui, gli altri parenti fanno business con una grotta "miracolosa" in cui l'inquinamento delle acque crea strani effetti speciali.

Non e' meraviglioso questo? Non e' un canto di amore all'uguale diversita' degli abitanti di questa sfera appesa al centro dell'universo? Per Vonnegut e' cosi'. Per Vonnegut e' l'essere in fondo tutti un po' matti che ci unisce e per cui dovremmo parlarci chiaramente e dirci quali sono i nostri problemi, darci reciprocamente sollievo dal peso della societa' che noi stessi abbiamo costruito (convinti da qualcuno certo), dal peso dell'universo dove abitiamo, perche' ovunque nell'universo siamo uguali, abbiamo gli stessi problemi e quindi non siamo soli.

E lo scrittore di Fantascienza (l'intellettuale in genere) non e' uno scrittore di menu dei ristoranti del futuro, un pazzo profeta: e' qualcuno che racconta storie e che andrebbe ascoltato con leggerezza se ha qualcosa di buono da dire, come tutti; e' un americano che si realizza tramite il proprio lavoro - come dovrebbe essere. Ma anche lo scrittore di Fantascienza deve stare attento: un giorno potrebbe rendersi conto di essere solo un personaggio, un burattino nelle mani di qualcuno; per questo Vonnegut-autore si fa Vonnegut-personaggio e va di persona a parlargli, a dargli il libero arbitrio.

E' un'America messa male, questa raccontata nel libro: si spreca tempo andando in giro per il mondo ad uccidere poveracci, si perseguitano i comunisti, si mettono catene alle menti libere, si spreca quella liberta' che ci si e' guadagnati sterminando il popolo che ce l'aveva prima. Non si potrebbe fermare tutta la macchina, ridefinire le regole, ripartire con tranquillita', parlarsi, decidere tutti?

*

L'autore ed il suo stile: la rivoluzione e' un atto di ironia

Kurt Vonnegut nasce nel 1922 ad Indianapolis e muore nel 2007.

Famiglia borghese di buon livello intellettuale, giovinezza tranquilla: si avvia a studi tecnico-scientifici (la cui impostazione rimarra' nell'opera di scrittore: razionalismo, logica, ordine). Parte per l'Europa in guerra, e' prigioniero a Dresda durante il bombardamento inglese. Questo fatto lo cambia e lo colpisce profondamente: ci rimuginera' sopra per diverso tempo prima di scriverne.

Al ritorno studia antropologia, lavora in ambito pubblicitario ed editoriale, poi scrive a tempo pieno.

Si fa testimone della societa' in cui vive ma anche operatore dei cambiamenti a lui possibili: interviene, commenta, propone, critica. Diventato suo malgrado un mito della controcultura universitaria non cede mai allo stereotipo, alla maniera, all'esaltazione di essere un mito per molti; si esprime sempre liberamente, con lucidita', con attenzione alle cose dette, contro la guerra, contro la stupidita' in cui sa cacciarsi il genere umano, contro l'oppressione dei potenti.

Chiamato spesso a motivare gli studenti durante i discorsi di laurea, e' anche speaker pubblico: mette in gioco se stesso su un palco ed incanta gli ascoltatori con discorsi sospesi tra narrazione, opinione, commento sociale, incitamento, oppure commenta su riviste e pubblicazioni.

Tranquillo padre di famiglia attraversa la seconda meta' del Novecento senza cedere a nessuna delle stramberie che lo caratterizzano: ascolta molta musica (di cui e' intenditore finissimo), si da' al mondo senza risparmio. In seguito si fa accanito critico sociale prendendo spesso la parola pubblicamente sul governo Bush e sulla deriva violenta e reazionaria che il suo paese ed  il mondo stanno intraprendendo di nuovo: scrive su varie pubblicazioni, la sua opinione e' ricercata ma lui non cede al populismo, pur rimanendo democraticamente popular.

La sua chiarezza, la sua simpatia, la sua educata risolutezza, la sua apertura al dubbio, all'altro, all'ignoto e persino all'irrazionale (seppure in senso laico) caratterizzano la sua opera nel corso di decenni: dall'attenzione alle problematiche per un mondo sempre piu' affollato e meccanizzato, alla possibilita' che arrivino nuove guerre a distruggerci, alla necessita' che la scienza non perda mai la sua etica e degeneri in semplice tecnica disumana; scava con l'innocenza di un fanciullo nell'orrore piu' grande dell'umanita' moderna riuscendo ad ascoltare le ragioni di tutti, persino del Nemico novecentesco per eccellenza.

Presidente onorario (dopo Asimov) del Partito Umanista si batte per un approccio scientifico disincantato e dialettico alla vita ed all'umanita', lasciando aperte le porte all'imprevisto e senza fuggire la tristezza e la morte, ma accogliendole con una certa sarcastica allegria, come fatti naturali, esortando piu' che altro a non infliggercene reciprocamente.

Libertario, a volte si esprime con un certo rispetto per certe correnti socialiste, come a dire che una minima quantita' di stato debba essere quella fatta dai cittadini con le proprie mani e che impedisca a chi perda il controllo di accumulare troppo, di togliere agli altri, di produrre dolore ed ingiustizia; uno stato la cui stupidita' sia sotto il controllo del cittadino la cui stupidita' sia sotto il controllo dello stato.

E' la stupidita' il vero antagonista dell'opera narrativa di Vonnegut: quell'ostinata negazione della propria intelligenza che l'uomo sfoggia nei momenti peggiori della sua storia, quello scomodo contrappeso che rischia ogni volta di rendere ogni fantastica nuova scoperta vana, ogni meravigliosa invenzione un'arma, ogni avventura una guerra; Vonnegut si batte contro la stupidita' e lo fa raccontando in forma di fiaba la banalita' del male, l'assurdita' di gettare bombe sulle case, di mandare generazioni di ragazzi ad ammazzarsi tra di loro, di costruire un mondo sempre piu' stretto ed inabitabile, di fabbricare macchine che ci annientino. Lo fa sempre con ironia; per Vonnegut la rivoluzione e' un atto di ironia.

Tra romanzi e racconti a volte di fantascienza, a volte di satira sociale, ne ricordiamo alcuni, di cui varra' sicuramente la pena parlare in futuro: Piano Player (1952, Piano Meccanico), The Sirens of Titan (1959, le Sirene di Titano), Mother Night (1961, Madre Notte), Cat's Cradle (1963, Ghiaccio Nove), Slaughterhouse five or The Children's Crusade (1969, Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini) considerato il suo capolavoro, opera di stile assolutamente originale che mescola memoria, introspezione, fantascienza spinta, surrealismo ed opposizione rigorosa a tutte le guerre e tutte le uccisioni.

 

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Carlo Izzo, La letteratura nord-americana, Edizioni Accademia, Milano 1967, 1979, pp. 708.

- Tommaso Pisanti, Storia della letteratura americana, Newton Compton, Roma 1994, pp. 98.

- Marshall Walker, La letteratura degli Stati Uniti, Sellerio, Palermo 1997, pp. 460.

 

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

9. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2008 del 6 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Gli unici indirizzi di posta elettronica utilizzabili per contattare la redazione sono: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com