[Nonviolenza] Telegrammi. 2005



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2005 del 3 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: La sfilata

2. Per Alain

3. "La letteratura al tempo di internet". Un incontro di riflessione a Viterbo

4. Si riunisce oggi il "Tavolo per la pace" di Viterbo

5. "Una donna sconosciuta" a Viterbo il 7 giugno

6. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

7. Un appello per l'uscita dell'Italia dalla Nato

8. Umberto Santino: Oltre gli stereotipi: le ricerche del Centro Impastato

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: LA SFILATA

 

Mi sono sempre chiesto cosa diamine c'entri la sfilata militare con il 2 giugno.

Poiche' il 2 giugno si celebra la festa della Repubblica nella ricorrenza del referendum del 2 e 3 giugno 1946 con cui il popolo italiano finalmente a suffragio universale abbatte' la monarchia e scelse la repubblica.

Non ci fu uso delle armi, ma del voto.

La piu' grande, la piu' bella rivoluzione del nostro paese fu fatta con lo strumento nonviolento per eccellenza: contare le teste invece di romperle.

E cosi' come la scelta della Repubblica fu il frutto prezioso della Resistenza e della Liberazione dal fascismo assassino, analogamente frutto prezioso della scelta repubblicana fu la Costituzione della Repubblica Italiana, che difende i diritti umani e ripudia la guerra, guerra che sempre e solo consiste nell'uccisione di esseri umani.

Ne consegue che la Repubblica nasce con un gesto di pace: il libero voto delle cittadine e dei cittadini tutti.

Ne consegue che la Repubblica proclama come sua legge fondamentale, come sua Costituzione, il riconoscimento dei diritti di tutti gli esseri umani, l'opposizione alla guerra che e' sempre assassina.

*

E dunque: che diamine c'entrano con la festa della Repubblica l'esibizione delle armi, la parata degli armati? La Repubblica ripudia la guerra, e ripudiando la guerra la Repubblica si oppone altresi' agli eserciti e alle armi che alla preparazione ed all'esecuzione della guerra sono ordinati.

E poiche' la Repubblica riconosce e tutela i diritti umani, che diamine c'entrano con la festa della Repubblica i messeri che da decenni al governo di questo paese i diritti umani hanno costantemente violato decidendo guerre e riarmo, imponendo misure razziste e assassine come ad esempio le scellerate ed incostituzionali antinorme che impedendo a chi e' in fuga dalla fame e dall'orrore di entrare in modo legale e sicuro nel nostro paese sono le prime responsabili della strage in corso nel Mediterraneo?

*

Vi e' un solo modo per essere fedeli alla Repubblica: abolire le guerre, gli eserciti, le armi; riconoscere, difendere e promuovere il diritto di tutti gli esseri umani alla vita, alla dignita' e alla solidarieta'.

Vi e' un solo modo per essere fedeli alla Repubblica: realizzare la politica dettata dalla Costituzione, che e' la politica della nonviolenza in cammino.

 

2. MAESTRI. PER ALAIN

 

Ricorreva ieri l'anniversario della scomparsa di Emile-Auguste Chartier, universalmente noto col nom de plume di Alain (1868-1951), filosofo e saggista, strenuamente impegnato per la pace, maestro di umanita'.

*

Nel ricordo e alla scuola di Alain proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. INCONTRI. "LA LETTERATURA AL TEMPO DI INTERNET". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO

 

Si e' svolto la sera di martedi' 2 giugno 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione sul tema: "La letteratura al tempo di internet".

All'incontro ha preso parte Paolo Arena.

*

Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta.

 

4. INCONTRI. SI RIUNISCE OGGI IL "TAVOLO PER LA PACE" DI VITERBO

 

Si riunisce oggi, mercoledi' 3 giugno, il "Tavolo per la pace" di Viterbo.

La riunione avra' inizio alle ore 17,15, presso il Palazzetto della Creativita' in via Carlo Cattaneo 9 (sito nell'area del complesso scolastico degli istituti comprensivi Canevari e Vanni).

Per ulteriori informazioni e per ogni comunicazione il punto di riferimento e' Pigi Moncelsi: tel. 0761348590, cell. 3384613540, e-mail: pmoncelsi at comune.viterbo.it

 

5. INIZIATIVE. "UNA DONNA SCONOSCIUTA" A VITERBO IL 7 GIUGNO

 

Per iniziativa dell'Auser a Viterbo domenica 7 giugno si svolgera' l'iniziativa "Una donna sconosciuta", l'appuntamento e' alle ore 10 in piazzale Gramsci davanti al cippo che ricorda tre vittime viterbesi della violenza nazista.

*

La lapide recita:

"Qui

l'8 giugno 1944

colpiti dalla rappresaglia tedesca

cadevano

una donna rimasta sconosciuta

Pollastrelli Giacomo

Telli Oreste

vittime d'inumana ferocia

custodi di patria liberta'".

*

Per ulteriori informazioni e contatti: info at auserviterbo.it

 

6. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

7. REPETITA IUVANT. UN APPELLO PER L'USCITA DELL'ITALIA DALLA NATO

[Nuovamente diffondiamo il seguente appello del Comitato promotore "No guerra, no Nato" (per contatti: e-mail: noguerranonato at gmail.com, sito: www.noguerranonato.it) "per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un'Italia neutrale, per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra, per attuare l'articolo 11 della Costituzione"]

 

L'Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realta' superiore che l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (Sipri) quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell'Alleanza, la spesa militare italiana dovra' essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

E' un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un'alleanza la cui strategia non e' difensiva, come essa proclama, ma offensiva.

Gia' il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la Nato aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvo' il "Nuovo concetto strategico", ribadito ed ufficializzato nel vertice dell'aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in "risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza", per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l'aggressione militare.

La nuova strategia e' stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il "Nuovo concetto strategico" viola i principi della Carta delle Nazioni unite.

Uscendo dalla Nato, l'Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.

L'appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacita' di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La piu' alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato e' percio', di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L'appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell'Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave e' il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L'Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

L'Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranita': sarebbe cosi' in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

 

8. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: OLTRE GLI STEREOTIPI: LE RICERCHE DEL CENTRO IMPASTATO

[Dal sito del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: www.centroimpastato.com) riprendiamo il seguente intervento.

Umberto Santino e' con Anna Puglisi il fondamentale animatore del Centro Impastato, che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia]

 

Nando Dalla Chiesa afferma che non e' sua intenzione fare una rassegna critica ne' fornire un aggiornamento sistematico e richiama un mio contributo offerto nel volume Dalla mafia alle mafie. Mi pare pero' che, al di la' delle intenzioni, la sua sia una rassegna critica o quantomeno un almanacco ragionato delle sue preferenze, e l'esposizione ha una sua sistematicita'.

E' vero, molta della letteratura esistente su mafia e antimafia e' episodica, casuale, discontinua, manca dei necessari riferimenti teorici, direi che e' in gran parte improvvisata e il piu' delle volte galleggia sulle increspature del mercato, coltiva e avalla stereotipi. Ma i riferimenti cari a Dalla Chiesa, da Sereni a Hess, ad Arlacchi, mi sembrano molto poco convincenti. Nella mia Storia del movimento antimafia, testo che e' totalmente ignorato da Dalla Chiesa, e anche in altri testi, dedico un certo spazio alle analisi di Sereni. La sua tesi della mafia come "borghesia impedita nel suo sviluppo", dal "doppio volto", da un lato contro i proprietari latifondisti, dall'altro contro i contadini poveri e i braccianti, con un ruolo sostanzialmente progressista, e' frutto di una visione ideologica bloccata sui residui feudali, di una scarsa conoscenza del ruolo reale della mafia, piu' parassitaria che produttrice, ed e' alla base di una concezione della lotta politica tendente allo sviluppo del capitalismo, liberato dai ceppi arcaici. Un marxismo di scuola, con forti venature di ortodossia stalinista. Girolamo Li Causi, segretario del Partito comunista siciliano, cercando di mettere in pratica quelle indicazioni, tento' di conquistare i mafiosi al movimento riformistico degli anni '40 e '50. Diceva in un comizio del maggio del 1946: "... soltanto il Partito comunista, che non e' mai entrato in compromesso con la mafia, puo' dirvi: voi potete salvarvi se rientrerete nella legalita', se non tratterete piu' i contadini come mandrie, se vi sgancerete dalle caste feudali interessate a mantenere il loro sfruttamento sul popolo siciliano. Nessuno tocchera' i vostri averi, i vostri possedimenti saranno rispettati, nei limiti che la riforma agraria sancira' per lo smantellamento del latifondo". Nel settembre del '44 il dirigente comunista, reduce dal confino fascista, aveva gia' sperimentato gli spari di Villalba e, nonostante i suoi appelli e le sue assicurazioni, negli anni successivi i mafiosi con la decimazione sistematica dei dirigenti e dei militanti delle lotte contadine diranno chiaramente da che parte stavano. Comunque la tesi della mafia come ribellismo popolare, raccolta da Hobsbawm, e' stata una malattia passeggera e il Partito comunista nei primi anni '40 si era ben guardato dal farla sua, cercando di convogliare strati popolari attratti dal banditismo e tradizionalmente vocati alla jaquerie nell'alveo delle lotte organizzate. Ma gia' i Fasci siciliani dell'ultima decade del XIX secolo si erano posti il problema del coinvolgimento di strati popolari e anche di piccoli delinquenti, prendendo esplicitamente le distanze dai mafiosi.

L'antropologo tedesco Henner Hess nel 1970 ha pubblicato un libro che e' il frutto di ricerche d'archivio, e ha avuto una buona fortuna anche grazie alla prefazione di Leonardo Sciascia. A dire di Hess la mafia era una subcultura condivisa da tutta la popolazione della Sicilia occidentale, la tesi di una mafia organizzata a suo giudizio era profondamente errata e la ricostituzione del monopolio della forza da parte dello Stato fascista era la strada da seguire. Neppure una parola sulle lotte contadine,che pure, dagli anni '90 dell'Ottocento agli anni '50 del Novecento, erano state tra le piu' grandi d'Europa.

Arlacchi richiama Schumpeter ma non mostra di aver capito che le innovazioni di cui parla l'autore di Capitalism, Socialism and Democracy, del 1943, non hanno nulla da spartire con il kalashnikov imbracciato dai mafiosi-imprenditori. Ed e' cosi' poco convinto della sua tesi, che pure incontro' immeritata fortuna, da cambiare rapidamente parere passando da un'idea di mafia come "forza della produzione" a quella contrapposta che vede la grande criminalita' come un "ostacolo allo sviluppo". Mentre per scoprire che la mafia non e' un mutante alla deriva ma ha una sua struttura organizzativa, doveva attendere le confessioni di Antonino Calderone. Di questo, e di altro, ho parlato ampiamente nell'introduzione a L'impresa mafiosa e in Dalla mafia alle mafie, ma evidentemente questi testi, pur richiamati, non fanno parte delle preferenze di Dalla Chiesa. Senza dire che per rileggere e utilizzare Franchetti e Sonnino e la loro inchiesta del 1876, privata, non parlamentare come ha scritto Dalla Chiesa in Le ribelli e in Vite ribelli, non ho atteso l'input di altri.

Dalla Chiesa invita a tener conto della narrativa, della poesia, ed e' proprio quello che ho fatto in vari testi, da La cosa e il nome alla Storia del movimento antimafia, richiamando Verga, Capuana, Pirandello, Levi, Sciascia, Buttitta e altre voci della poesia popolare, riportando le testimonianze dei protagonisti, ormai in via di sparizione, delle lotte contadine. Scoprendo figure ignote e dimenticate, come quelle di preti uccisi dalla mafia negli anni '20, ben prima di padre Puglisi e di don Diana, totalmente ignorati dalla chiesa cattolica, che essendo una struttura di potere ha avuto un ruolo di complicita'-convivenza con la mafia, soggetto strategico dell'anticomunismo, con poche eccezioni che confermano una prassi sedimentata.

A mio avviso la letteratura sulla mafia ha sofferto di un eccesso di polarizzazione. Per molti anni ha prevalso l'impostazione culturalista, sulle orme di Hess, che negava l'assetto organizzativo; negli ultimi anni ha prevalso la visione organizzativista, che nega gli aspetti culturali e tutto il resto. Fanno da spartiacque le rivelazioni di Buscetta, per cui ho parlato di un aB (avanti Buscetta) e un dB (dopo Buscetta).

Il compito di chi voglia studiare mafia e antimafia e' partire da una valutazione della letteratura precedente e del senso comune, prima e dopo lo straripamento dei media, registrare stereotipi e paradigmi, formulare un'ipotesi definitoria e verificarla o falsificarla attraverso le ricerche. Queste elementari indicazioni metodologiche valgono non solo per la mafia ma per tutti i fenomeni, eppure non mi pare che siano seguite come dovrebbero (piu' d'uno pensa di partire da zero e di avere fatto grandi scoperte o di essere l'unico eletto in una terra di infedeli).

E' quello che abbiamo cercato di fare con un piccolo centro di documentazione come il Centro Impastato (totalmente autofinanziato non per scelta castitaria ma perche' le istituzioni sono rigidamente ancorate alla spartizione dei fondi pubblici con criteri clientelari che altri centri studi e associazioni che si definiscono antimafia hanno condiviso), con il progetto di ricerca "Mafia e societa'". L'abbiamo proposto a istituti universitari, a fondazioni e associazioni, trovando solo la collaborazione di un docente di Statistica giudiziaria, eppure qualcosa siamo riusciti a condurre in porto: le ricerche sull'omicidio, sulle imprese, sulle idee di mafia, sull'evoluzione del fenomeno mafioso, sulle lotte contro di esso, sul traffico internazionale di droghe. Sono rimaste a meta' strada le ricerche sul ruolo delle donne, sulla mafia finanziaria (abbiamo prodotto materiali su mafie e globalizzazione, partecipando a seminari e convegni nazionali e internazionali). Non siamo riusciti a fare l'inchiesta su Palermo che richiedeva collaborazioni che ci sono state negate. Eppure in trentatre' anni di attivita', siamo riusciti a produrre un corpus di pubblicazioni che meriterebbe qualche attenzione, non foss'altro per l'organicita' che lo caratterizza, che e' proprio quello di cui Dalla Chiesa va alla ricerca. E tutto questo senza abbandonare neppure per un attimo una battaglia, isolatissima, per salvare la memoria e pretendere giustizia per Peppino Impastato, per tanti anni considerato un terrorista-suicida e, dopo la distribuzione del film "I cento passi", asceso a icona guevariana del ribellismo meridionale. E svolgendo, fin dai primi anni '80, un lavoro pionieristico nelle scuole.

A proposito di Impastato, Dalla Chiesa parla di rivolta "eccentrica". E' vero, la sinistra tradizionale non aveva piu' tra i primi punti dell'agenda la lotta antimafia e i gruppi di Nuova sinistra non prestavano molta attenzione al fenomeno mafioso, pero' il Circolo Lenin di Palermo, diretto da Mario Mineo, che nel 1970 aderi' al Manifesto, svolse un compito significativo nell'aggiornamento dell'analisi sulla mafia, parlando di "borghesia capitalistico-mafiosa", e con la proposta di espropriazione della proprieta' mafiosa, che doveva attendere dodici anni prima di essere recepita nella legge antimafia, ma non certo per la nostra iniziativa (se non ci fosse stato l'assassinio del generale-prefetto Dalla Chiesa non ci sarebbe stata nessuna legge antimafia, approvata dieci giorni dopo l'eccidio di via Carini: tutta la legislazione antimafia e' dettata dallo stereotipo dell'"emergenza"). Tanto l'analisi che la proposta trovarono la porta sbarrata del Partito comunista (l'allora segretario regionale Achille Occhetto, interessato ad allacciare rapporti con la Democrazia cristiana per attuare la linea del "patto autonomistico", versione siciliana del "compromesso storico", disse che noi del Manifesto di Palermo vedevamo dappertutto mafia) e il disinteresse dello stesso Manifesto nazionale. Comunque ci abbiamo provato e non e' un caso che l'eredita' di Impastato sia stata raccolta da chi scrive e da pochi altri che in quegli anni parlavano di mafia, andando controcorrente rispetto a chi si accingeva a rivoluzionare il mondo e ben presto sarebbe stato sommerso dal "riflusso" o si sarebbe imbarcato per altri lidi.

Il consiglio di Dalla Chiesa di ricostruire il contesto, definire la cornice delle categorie analitiche, abbiamo cercato di seguirlo fin dall'inizio della nostra attivita', con il convegno "Portella della Ginestra: una strage per il centrismo" del 1977, che in tempi di retorica celebrativa (dalle liturgie sempre piu' esangui in memoria della Resistenza a quelle per i martiri delle lotte contadine) collocava la strage del primo maggio 1947 dentro il quadro nazionale e internazionale che porto' alla dissoluzione della coalizione antifascista, alla nascita del centrismo e alla guerra fredda. Evitando sia localismi strapaesani sia dietrologie complottiste e analizzando quell'incrocio di interessi che produsse la "democrazia bloccata". Rifuggendo da ideologismi e semplificazioni. Ritornando in seguito sul tema, anche la teoria del "doppio Stato", da Lederer a Fraenkel, a De Felice, l'abbiamo usata cum grano salis.

Nelle nostre attivita' successive, per definire la soggettivita' politica della mafia ovviamente abbiamo fatto riferimento a Weber e a Bobbio, come per analizzare le attivita' imprenditoriali non potevamo ignorare l'apporto di Sutherland, le riflessioni degli studiosi della teoria neoclassica dell'impresa, da Cournot a Walker e Clark, dei teorici dell'equilibrio economico generale come Walras, Pareto e Marshall, gli studi sul mercato oligopolistico di Sweezy, sulla funzione imprenditoriale di Knight, e per studiare i "fenomeni premafiosi" non potevamo tralasciare Wallerstein e Braudel.

Purtroppo, per ragioni editoriali, l'introduzione alla Storia del movimento antimafia, che ripercorreva la letteratura sulla societa' civile, da Rousseau a Hegel, a Marx e Gramsci, sui movimenti sociali e sull'azione collettiva, dalla scuola di Chicago a Talcott Parsons, al resource mobilization approach e al political process model, da Smelser a Mancur Olson, e sui nuovi movimenti sociali, da Touraine a Offe e a Melucci, e' stata drasticamente amputata ma anche in quella pubblicata non mancano i riferimenti, critici, a Banfield e a Putnam.

Da queste e altre ricerche risulta verificata, ma con continui aggiustamenti, l'ipotesi definitoria riassunta nel "paradigma della complessita'", in cui interagiscono crimine, accumulazione, potere, codice culturale e consenso sociale. Per cui il fenomeno mafioso e' insieme organizzazione criminale e sistema di rapporti, blocco sociale transclassista e borghesia mafiosa. Espressione, quest'ultima, che per anni e' stata marchiata di veteromarxismo, ma che negli ultimi anni e' riemersa, anche nelle pagine di magistrati tra i piu' attenti e attivi, citino o meno la fonte, che hanno verificato nelle loro inchieste che l'apporto di professionisti, imprenditori, pubblici amministratori, politici e rappresentanti delle istituzioni, e' fondamentale e che senza di essi i delinquenti accoscati potrebbero fare ben poco (i due padrini piu' noti degli ultimi anni, Riina e Provenzano, hanno solo la seconda elementare e un bagaglio esperienziale limitato, il controllo sulla sanita', sugli appalti, l'interazione con la politica avvengono attraverso il sistema relazionale). Ma per molti anni ci siamo trovati a recitare la parte del san Sebastiano al tiro al bersaglio di accademici o meno che si degnavano di accorgersi della nostra presenza. Ora molti parlano di "borghesia mafiosa", di "signoria territoriale" (un dominio tendenzialmente o effettualmente assoluto sulle attivita' e sui rapporti interpersonali che si svolgono su un determinato territorio), di "mafia finanziaria": termini di un vocabolario che e' riuscito a scavalcare i recinti di un'elaborazione minoritaria e rischiano, se usati ritualmente, di generare nuovi stereotipi. E per cio' che riguarda l'evoluzione del fenomeno mafioso anche la nostra ipotesi che coniuga continuita' e trasformazione, per cui le estorsioni documentabili fin dal XVI secolo convivono con le innovazioni finanziarie postmoderne, e legge la periodizzazione (fenomeni premafiosi, mafia agraria, urbano-imprenditoriale, finanziaria) come un adattamento ai mutamenti del contesto, con la convivenza tra rigidita' formali ed elasticita' di fatto, si e' rivelata piu' adeguata dell'antico stereotipo "mafia vecchia - mafia nuova", riverniciato in "mafia tradizionale" in competizione per l'onore e "mafia imprenditrice" che solo negli anni '70 avrebbe scoperto la competizione per la ricchezza. Un'autentica sciocchezza.

Un'ultima considerazione: se i circuiti editoriali su cui navigano le nostre pubblicazioni non sono i piu' gettonati, se le recensioni scarseggiano, non sappiamo cosa farci. Questo e' il destino di chi non ha appartenenze, ne' accademiche, ne' politiche, ne' mediatiche.

D'altra parte i bestsellers sono fenomeni da decodificare piu' per le dinamiche del successo che per i loro contenuti. Com'e' il caso di Gomorra e di Saviano. Abbiamo espresso solidarieta' per le minacce ricevute, la rinnoviamo per le condizioni in cui e' costretto a vivere, sappiamo bene i pericoli che si corrono a dire e a fare certe cose, poiche' li abbiamo vissuti sulla nostra pelle, e per giunta senza scorta, reputiamo semplicemente ridicole le considerazioni di Berlusconi, che per un verso demonizza chi parla di mafia, per un altro intasca i proventi dei libri di successo di Mondadori, dei film della Medusa e degli sceneggiati delle televisioni, come l'esaltazione del padrino nel Capo dei capi, ma gia' prima del successo avevamo scritto che Gomorra e' un romanzo di grande leggibilita' ma per conoscere la camorra sono piu' utili altri testi, piu' documentati e puntuali, a cominciare dal Marco Monnier del 1863. Dopo il successo Saviano e' diventato il tuttologo che sciorina giudizi su tutto e su tutti, il maestro di vita a cui fare riferimento e qualcuno pensa di lanciarlo nell'agone politico e candidarlo alla presidenza del Consiglio! In una societa' dello spettacolo, che spesso somiglia a un avanspettacolo, siamo alla ricerca di un antiberlusconi e non c'e' di meglio che cercarlo tra gli astri della televisione, come dire che al berlusconismo ormai non c'e' scampo. Lo confessiamo: tra i nostri vizi o peccati capitali c'e' quello di non adorare miti e di non sgomitare per iscriverci ai vari clan mediatici, dalla carta stampata al piccolo e al grande schermo. Se i peccati si scontano, li abbiamo scontati e continuiamo a scontarli.

Di seguito alcune indicazioni sul progetto "Mafia e societa'" e sulle ricerche effettuate e pubblicate.

- Idee di mafia: Umberto Santino, La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Umberto Santino, Dalla mafia alle mafie. Scienze sociali e crimine organizzato, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006.

- Evoluzione del fenomeno mafioso: Amelia Crisantino, Capire la mafia, La Luna, Palermo 1994; Umberto Santino, La cosa e il nome, Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Amelia Crisantino, Della segreta e operosa associazione. Una setta all'origine della mafia, Sellerio, Palermo 2000; Umberto Santino, Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo, Trapani 2008.

- La mafia contemporanea: Autori Vari, Ricomposizione del blocco dominante, lotte contadine e politica delle sinistre in Sicilia (1943 -1947), Centro siciliano di documentazione, Palermo 1977; Umberto Santino, The financial mafia. The illegal accumulation of wealth and the financial-industrial complex, in "Contemporary Crises", Vol. 12, No. 3, September 1988, pp. 203-243; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, F. Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, F. Angeli, Milano 1990; Autori Vari, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, F. Angeli, Milano 1992; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Dietro la droga, Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; Umberto Santino, La borghesia mafiosa. Materiali di un percorso d'analisi, Centro Impastato, Palermo 1994; Umberto Santino, La mafia come soggetto politico, Centro Impastato, Palermo 1994; Umberto Santino, L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997; Umberto Santino, La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997; Umberto Santino, Die Mafia und Mafia-aehnliche Organisationen in Italien, in M. Edelbacher (heraugegeben von), Organisierte Kriminalitaet in Europa, Linde Verlag, Wien 1998, pp. 103-129; Umberto Santino, From the mafia to transnational crime, in "Nuove Effemeridi", Anno XIII, n. 50, 2000, pp. 92-101; Umberto Santino, Mafia and Mafia-type Organisations in Italy, in J.S. Albanese, D.K. Das, A. Verma (editors), Organized Crime. World Perspectives, Prentice Hall, New Jersey 2003, pp. 82-100; Umberto Santino, Mafia, crime transnational et mondialisation, in Defaire le developpement. Refaire le monde, Parangon, Paris 2003, pp. 89-100; Umberto Santino, Scienze sociali, mafia e crimine organizzato, tra stereotipi e paradigmi, in "Studi sulla questione criminale", Nuova serie di "Dei delitti e delle pene", Anno I, n. 1, Carocci 2006, pp. 99-114; Umberto Santino, Borghesia mafiosa e societa' contemporanea, in L. Pepino e M. Nebiolo (a cura di), Mafia e potere, Ega, Torino 2006, pp. 45-60; Umberto Santino, Mafie e globalizzazione, Di Girolamo, Trapani 2007; Antonio Mazzeo, I padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina, Edizioni Alegre, Roma 2010.

- Lotta antimafia: Umberto Santino (a cura di), L'antimafia difficile, Centro Impastato, Palermo 1989; Umberto Santino, Fighting the Mafia and Organized Crime: Italy and Europe, in W.F. McDonald (ed.), Crime and Law Enforcement in the Global Village, Anderson Publishing, Cincinnati 1997, pp. 151-166; Umberto Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma 2000, Editori Riuniti University Press, Roma 2009 (l'introduzione originaria sul sito: www.centroimpastato.it, Pubblicazioni, Saggi e articoli, con il titolo: "Movimenti sociali e movimento antimafia"); Giovanni Abbagnato, Giovanni Orcel. Vita e morte per mafia di un sindacalista siciliano, Di Girolamo, Trapani 2007; Umberto Santino, L'altra Sicilia. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dai Fasci siciliani ai giorni nostri, Di Girolamo, Trapani 2010.

- Donne e mafia: Felicia Bartolotta Impastato, a cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Anna Puglisi, Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990; Anna Puglisi, Donne, mafia e antimafia, Di Girolamo, Trapani 2005; Anna Puglisi, Storie di donne. Antonietta Renda, Giovanna Terranova, Milly Giaccone raccontano la loro vita, Di Girolamo, Trapani 2007.

- Palermo: Amelia Crisantino, La citta' spugna. Palermo nella ricerca sociologica, Centro Impastato, Palermo 1990; Nino Rocca, Umberto Santino (a cura di), Le tasche di Palermo. I bilanci del Comune dal 1986 al 1991, Centro Impastato, Palermo 1992; Umberto Santino, Il '68 e il '77 a Palermo, Centro Impastato, Palermo 2008.

- Cinisi, il paese di Gaetano Badalamenti e di Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio. Atti relativi all'omicidio di Giuseppe Impastato, Centro Impastato, Palermo 1998; Giuseppe Impastato, a cura di Umberto Santino, Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro Impastato, Palermo 2003-2008; Anna Puglisi, Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro Impastato, Palermo 2005; Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna dei mandanti del delitto Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, Centro Impastato, Palermo 2008; Giovanni Impastato e Franco Vassia, Resistere a Mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009.

- Per le scuole: Umberto Santino, Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro Impastato, Palermo 1997-2002; Augusto Cavadi (a cura di), A scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze didattiche, Centro Impastato, Palermo 1994, Di Girolamo, Trapani 2006. Altri materiali sul sito del Centro: www.centroimpastato.com

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Roberto Garaventa (a cura di), Jaspers, Rcs, Milano 2015, pp. 168, euro 5,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

*

Riletture

- Giuseppe Cantillo, Introduzione a Jaspers, Laterza, Roma-Bari 2001, pp. IV + 244.

- Giorgio Penzo (a cura di), Karl Jaspers. Filosofia - scienza - teologia, Morcelliana, Brescia 1983, pp. 240

- Giorgio Penzo (a cura di), Karl Jaspers e la critica, Morcelliana, Brescia 1985, pp. 160.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2005 del 3 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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