[Nonviolenza] Telegrammi. 1958



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1958 del 17 aprile 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Al Presidente del Consiglio dei Ministri, per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza

2. Proponiamo a chi ci legge

3. Commemorato Bruno Ciari a Viterbo

4. Paolo Arena presenta "Il sognatore d'armi" di Philip K. Dick

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. LETTERE. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA

 

Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,

mi permetto di sollecitare la sua attenzione su alcune proposte di legge depositate lo scorso anno da vari senatori e deputati di diversi gruppi parlamentari, tutte convergenti nella richiesta che le forze dell'ordine siano formate alla conoscenza e all'uso dei valori e delle risorse della nonviolenza.

Una proposta di legge con la medesima finalità, sottoscritta da parlamentari di tutte le forze politiche (primo firmatario il senatore Achille Occhetto), fu già depositata all'indomani della tragedia di Genova nel 2001, ma restò allora lettera morta.

Le sarei assai grato se Lei volesse prendere visione delle proposte di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza depositate nella presente legislatura, farne proprio l'assunto ed impegnarsi affinché al più presto si legiferi in tal senso.

Distinti saluti,

Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo

Viterbo, 16 aprile 2015

 

2. APPELLI. PROPONIAMO A CHI CI LEGGE

 

Proponiamo a chi ci legge, e ne abbia la possibilita', di inviare al Centro antiviolenza "Erinna" un contributo economico affinche' possa continuare nella sua indispensabile azione.

I contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

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L'associazione "Erinna" e' un'associazione di donne impegnate contro la violenza alle donne che da molti anni opera a Viterbo: ha realizzato un centro antiviolenza e una casa rifugio in cui ospita donne, bambine e bambini.

In questo momento "Erinna" ha bisogno di un aiuto straordinario da parte di tutte le persone di volonta' buona.

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Grazie a chi aderira' a questo appello, grazie a chi lo diffondera' ulteriormente.

 

3. MAESTRI. COMMEMORATO BRUNO CIARI A VITERBO

 

Ricorrendo il 16 aprile l'anniversario della nascita di Bruno Ciari (Certaldo, 16 aprile 1923 - Bologna, 27 agosto 1970), partigiano, educatore, intellettuale e militante del movimento delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita', il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo lo ha ricordato con un incontro di studio.

Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni brani dalle opere di Bruno Ciari.

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Bruno Ciari (1923-1970), partigiano, insegnante, pedagogista, impegnato nel Movimento di Cooperazione Educativa (Mce), direttore delle scuole comunali di Bologna, collaboro' anche a vare riviste, tra cui "Riforma della scuola", "Scuola e citta'", "Cooperazione educativa". Opere di Bruno Ciari: Le nuove tecniche didattiche, Editori Riuniti, Roma 1961, 1971, 1984; Corso di scienze per la scuola media inferiore, Sansoni, Firenze 1966; La grande disadattata, Editori Riuniti, Roma 1972; I modi dell'insegnare, Editori Riuniti, Roma 1972, 1975. Opere su Bruno Ciari: AA. VV., Bruno Ciari e la nascita di una pedagogia popolare in Italia, Certaldo 1971; Enzo Catarsi, Andrea Spini (a cura di), L'esperienza educativa e politica di Bruno Ciari, La Nuova Italia, Firenze 1982. Cfr. anche il sito del "Centro studi Bruno Ciari": http://centrociari.it

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Anche nel ricordo e alla scuola di Bruno Ciari proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanità intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione da tutte le oppressioni.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

4. LIBRI. PAOLO ARENA PRESENTA "IL SOGNATORE D'ARMI" DI PHILIP K. DICK

[Ringraziamo Paolo Arena per questo articolo.

Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi due anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta.

Philip K. Dick (1928-1982), autore di racconti e romanzi di fantascienza (o di speculative fiction, o come altrimenti li si voglia catalogare), e' uno dei piu' interessanti narratori statunitensi della seconda meta' del Novecento]

 

Lars Powderdry e' un precog - un veggente - a capo di un'azienda che progetta armi per il dipartimento Sicurezza della Nazioni Unite del Blocco Occidentale all'inizio del ventunesimo secolo. Il suo lavoro e' quello di ricevere in stato di trance la visione di progetti per congegni sempre piu' elaborati dagli effetti sempre piu' fantasiosi che poi una grande industria dovrebbe sperimentare e produrre.

Il mondo e' diviso in "Blocco Occidentale" ed "Est Spione", in piena guerra fredda e corsa agli armamenti. Naturalmente anche la controparte ha un precog alle sue dipendenze: e' una donna di nome Lilo. Lars e' il tipico imprenditore creativo di successo occidentale, quasi una star - al centro anche di una certa attenzione dei media di propaganda e costantemente affiancato dall'industria e tallonato dai militari; Lilo opera invece nello stato di controllo burocratico di un paese del socialismo reale, anche lei sorvegliata strettamente dalle forze militari, tallonata dall'industria eccetera. Le condizioni dei due sono piu' simili di quanto la propaganda vorrebbe far credere: per quanto entrambi siano piuttosto abili sono passibili di improvvisa sostituzione in caso di logorio mentale o di dubbi sulla loro fedelta' alle rispettive cause.

A fare da tramite trai due blocchi c'e' la Kach, un'ambigua agenzia privata di spionaggio che traffica informazioni sui congegni appena inventati dalle controparti, mescolando bene le acque e centellinando i dettagli importanti cosi' da massimizzare il profitto e da non compromettere realmente l'equilibrio della guerra fredda.

Mister Lars desidera conoscere la sua controparte "sovietica": per curiosita', ma anche per un soggiacente bisogno di sapere se ella condivide con lui la stessa frustrazione, senso di sottomissione, paura dell'inutilita' e forse perche' essendo egli un "diverso" vuole conoscere qualcuno con la sua stessa peculiarita', con cui condividere la particolare visione del mondo di chi ha un "potere" particolare - forse si sente piu' vicino a lei, per quanto "nemica", che ai suoi compatrioti impegnati dal primo all'ultimo nello sforzo politico e bellico.

Un giorno appare un satellite sconosciuto ed entrambi i blocchi si allarmano all'idea che sia una nuova imprevista arma della controparte, una che possa veramente essere usata al contrario dei fantascientifici congegni che pero' restano per lo più confinati nell'ambito della propaganda: ma ne avrebbero avuto notizia perche' le "fughe" di informazioni sono all'ordine del giorno e non ci sono realmente segreti tra i due blocchi, se non forse proprio il fatto che non ci sono davvero segreti. I satelliti si moltiplicano e restano imperscrutabili, il primo satellite e poi gli altri "attaccano" facendo letteralmente svanire alcune citta'.

Nessuno riesce a capirne l'origine o le vulnerabilita'; il sospetto reciproco tra i due blocchi cresce e questo stato di cose fa molto comodo all'agenzia di spionaggio Kach.

I due blocchi decidono poi sorprendentemente di collaborare, stabilendo una sede neutrale in Islanda dove far incontrare i due precog per farli cooperare.

Durante le operazioni in Islanda Lars (e poi Lilo) acquisiscono progressivamente la consapevolezza del fatto che i progetti da loro elaborati sono improbabili all'utilizzo e che provengono da una connessione empatica tutt'altro che universale ma diretta nella mente di un disegnatore di rivistine di fantascienza, la cui fantasia sfrenata genera questi progetti che vengono poi catturati dalle menti dei due sensitivi, per poi finire anche nella rivista. Tutto si svela quindi come una farsa: l'impegno bellico, la possibilita' di annientamento reciproco dei due blocchi, tutte le energie sprecate nelle attivita' di intelligence, i fondi sperperati per finanziare i contractors e gli eserciti. I loro congegni sofisticatissimi altro non sono che gingilli di lusso per chissa' chi. Nel frattempo Lars e' attratto dalla giovane Lilo, anche se lei appare decisamente instabile (oppure orientata in base ad una diversa gerarchia di valori, magari per via della propaganda e della disinformazione) e cerca di sottrarla al controllo dell' Est Spione.

Contemporaneamente al plot principale procede la storia di un cittadino qualunque chiamato a fare parte del governo e al centro di una trama cospirativa di impronta populista e rivoluzionaria, imbevuta di teoria del complotto, che incrocera' quella principale all'interno di una intricata questione di piani temporali che portera' ad una bizzarra conclusione il romanzo.

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Lo stile del romanzo e' semplice, relativamente asciutto, con momenti visionari ed intricati, necessita a volte di sforzi di astrazione da parte del lettore che deve dedicare la massima attenzione alla narrazione, al completarsi degli elementi collocati lungo l'intreccio delle varie trame, alle complicazioni spaziotemporali. Ma non abbiamo l'esplosione tipica della farsa al momento della risoluzione: questa e' sostituita dalla seconda trama del paradosso temporale e del "cittadino qualunque" e della vera arma fantascientifica creata. Un nodo quasi insolubile raccontato lasciando il tempo al lettore di cercare il proprio modo di disfarlo. La realta' narrata e' cosi' simile a quella contemporanea al lettore che non occorre altro che seminare qualche dettaglio, attirandolo con calma a realizzare che c'e' ben poca fantasia nel "sognatore d'armi" e che questo racconta semplicemente cio' che e' gia' successo, che e' in corso.

Ma anche farsa fantascientifica in stile "Dottor Stranamore" con un progressivo degenerare nell'assurdo della politica, dell'informazione, del patriottismo e della lotta anticomunista dell'America degli anni Sessanta. La creativita' e l'evoluzione umana messe al servizio dello sforzo bellico e del desiderio di annientamento, l'invasivita' della propaganda, la manipolazione dell'opinione pubblica e l'inutilita' dell'apparato militare vengono qui raccontati con un certo lucido garbo e senza "effetti speciali" o scorciatoie. Appaiono molti dei temi cari a Dick: la precognizione, la politica totalitaria, il mondo militare in tutta la sua assurdita', le minacce dell'ignoto proveniente dallo spazio esterno o quello interiore, l'elaborata complicazione di congegni atti a nuocere ma in maniera crudele e creativa (come le armi eterne ed autonome di certi racconti). Ad ingarbugliare il tutto la sottotrama del paradosso temporale e della possibilita' che la storia sia conseguenza di se' stessa, essendo gli esiti di un fatto la sua stessa origine;  una gioiosa inquietudine nei confronti delle grandi forze che attraversano la realta' e che sono del tutto fuori dalla portata della comprensione umana, troppo impegnata a sfornare congegni di distruzione.

Negli anni della guerra fredda e della propaganda a pieno regime di entrambi i blocchi in cui si pretendeva fosse schierata l'umanita' Dick sceglie come altri di attaccare tale sistema sul piano della logica, partendo dal fatto che sono gli stessi operatori di guerra ad essere consapevoli dell'inutilita' di fondo della loro cosiddetta arte; tutto e' necessario perche' motore del sistema-mercato e dell'intera societa' della sicurezza e della divisione; l'unica verita' che vada taciuta e' il fatto che le persone ai due lati della cosiddetta cortina di ferro siano piu' simili di quanto i regimi vogliano far sapere; non sia mai che esse si parlino, si comprendano, decidano di opporsi congiuntamente agli ottusi ordini di morte che ricevono.

La grande ambiguita' delle societa' atomiche era la diffusa consapevolezza che nessuno volesse un conflitto nucleare contemporanea alla agghiacciante prossimita' al fatto che scoppiasse, al correre implacabile del cosiddetto orologio dell'apocalisse. Nell'opera di Dick e' un fatto cosi' assodato che le armi prodotte hanno si' effetti letali ma non sono armi di distruzione di massa, non rientrano nell'ottica della mutua distruzione: raggi che fanno regredire geneticamente l'avversario e cose del genere, come se l'effetto dovesse sbalordire il pubblico dei media per la sua astrusa raffinatezza, ma non nuocere veramente; e' tutto un grande gioco insomma.

L'intera storia dell'ingegno umano per Dick e' sottomessa alla produzione bellica, la ricerca stagnante nelle dinamiche dei brevetti e della loro commerciabilita', il mondo ostaggio di un manipolo di sprovveduti pronti a tutto.

Come altre volte poi a sparigliare le carte giunge l'ignoto, incomprensibile dai limitati strumenti della tecnica umana, applicata senza etica e senza altra razionalita' che quella strumentale. L'ignoto scaturito dallo spazio o dagli abissi interiori dell'animo umano, l'ignoto unico vero avversario di una societa' in cui la conoscenza tecnica ha la pretesa di sovrapporsi esattamente alla realta', come non vi fosse niente che possa sfuggire agli strumenti costruiti dall'uomo (e superiori persino ad esso, fino a farsi in molte opere dickiane autentiche forme di esistenza alternative alla vita e perfette in quanto prive delle variabili impazzite della natura umana - macchine la cui bellezza e' nella loro possibilita' di funzionare senza desiderio di fare altro che funzionare e poterlo fare al meglio - come nel racconto "I protettori").

Un tema caldo nelle decadi a cavallo della meta' del Novecento quello di armi in grado di funzionare anche nel momento in cui i loro costruttori decidessero di non volerle piu' usare; in questo l'uomo dickiano e' divino, in un certo senso: creatore di congegni (come gli uomini sono congegni di carne) che poi hanno vita propria, siano androidi, armi, calcolatori, astronavi senzienti o intere strutture sociopolitiche che si fanno organismo multiplo.

E l'uomo dickiano e' completamente preso in questa corsa verso l'estinzione, non puo' nulla contro la Macchina, anche se tenta un ultimo colpo di coda evolutivo facendosi precog o altro (come ne "Le tre stimmate").

Il precog dickiano non ha un dono: e' semplicemente un uomo piu' evoluto, gia' stante su un gradino successivo dello sviluppo della specie - inutilmente, dato che i suoi poteri non servono per le faccende importanti ma solo per sfornare nuovi tecno-trastulli da vendere; non ha un dono perche' il protagonista dickiano (quantomeno delle opere lunghe) e' spesso figura tormentata dai dubbi, dalle questioni sentimentali, dalle insoddisfatte curiosita' su cosa riservi la vita oltre cio' che ci viene mostrato, da una nascente consapevolezza riguardo il sistema sociopolitico in cui vive; la precognizione non e' un dono perche' l'uomo non sa cosa farsene e allora Dick mette questi veggenti a fare i cosiddetti creativi (come la societa' occidentale stempera le pulsioni artistiche nella pubblicita' e nei media) o i dirigenti d'azienda (perche' il leader si presume creatura superiore dei sottoposti), profeti del mercato e del warfare, registi della realta' e matrici di una umanita' tutta uguale.

Continua l'attacco dickiano al sistema del Mercato, che qui si svela coincidente con quello della guerra. Coinvolgere tutti i cittadini nello sforzo, tenere in moto l'economia, spacciare sicurezza al popolo, contaminare vita-vera e fiction finche' non siano piu' distinguibili e forse neanche distinte: e' il mondo in cui viveva Dick ed in cui ci continuiamo a trovare noi. La protezione del proprio stile di vita da un nemico e' il prodotto piu' desiderato dagli uomini, che non osano chiamarlo Liberta' per non doverne poi affrontare il prezzo. Liberta' da se stessi piu' che da un nemico che in fondo neanche esiste essendo il blocco avversario solo una minaccia ideologica, solo uno specchio tutt'altro che deformante, un ritratto realistico maledettamente sincero, praticamente un doppio.

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In questo romanzo come in altri mi sembra di cogliere soprattutto una critica all'uso dell'ingegno umano da parte delle societa' lungo la storia in crescendo negativo e mi sembra, forse azzardando un po', che questo rapporto uomo-ingegno-societa' possa offrire due spunti di lettura dell'opera, uno particolare ed uno generale.

In un approccio generale abbiamo uno scrittore che vive in un'epoca di grandi contraddizioni ma anche di grandi energie: sviluppo tecnologico, scientifico, sociopolitico e culturale, considerando la decade dell'opera e le due confinanti, quindi '50,'60,'70; gli Usa e il mondo erano attraversati da forze impetuose, spesso in contrapposizione tra loro, al centro delle quali l'autore si sentiva.

La rinascita post-bellica con la sua estasi tecnologica ed il sogno di costruire finalmente il mondo del futuro (questione che generera' certa fantascienza, sia della migliore che della peggiore - e che in alcuni racconti dickiani e' trasfigurata in un autentico tecnofeticismo militarista).

La forza vitale delle persone liberate apparentemente dal lavoro servile ed in attesa di essere reindirizzata in nuove attivita' (il tempo libero, i media, il piacere: tutti sedativi del potenziale eversivo di queste forze, aspetto che la fantascienza di Dick, di Sheckley e delle successive nuove ondate coglie da vera avanguardia, in assoluta sincronia con l'interesse accademico ma in piu' militante, impegnata).

La consapevolezza ormai diffusa che il mondo sia uno e l'umanita' una sola, sull'onda lunga della decolonizzazione e con le distanze ormai abbreviate dai trasporti aerei a basso costo e con le telecomunicazioni in rapido sviluppo (e per questo la persistente ridicolizzazione della politica dei blocchi contrapposti che si scoprono invece simili, popoli che scoprono di desiderare la pace mentre i propri governanti proseguono la guerra).

Una certa convinzione male ammessa che prima o poi l'uomo avrebbe inventato un congegno in grado di difendere l'uomo dall'uomo stesso (di qui "l'uomo sostituito" di molta narrativa dickiana e non solo) proprio per una maggior fede nell'uomo facitore che nell'uomo entita', incapace di essere migliore fabbrica un prodotto che abbia questa funzione in sua vece.

Ma sono anche gli anni della repressione di queste energie: controllo politico, divisione in blocchi, tensione internazionale, cospirazioni autoritarie non solo americane, l'interferenza continua del televisore acceso nei pensieri della gente, l'immagine propagandistica della casa americana perfetta con gli elettrodomestici nuovi, il modernissimo cibo in scatola da scaldare al microonde, il rifugio antiatomico nel giardino e la pistola sotto il cuscino per difendersi dal rosso o dal nero - il tutto insaporito dalla new-wave della pubblicita' novecentesca, quei "Mad Men" di cui oggi Hollywood celebra il cinismo e l'elevato tasso alcolico; Dick ha afferrato subito il pericolo che gli uomini corrono in questo sistema, anzi forse ritiene gia' irrimediabilmente compromessa l'ecologia mentale umana.

E per chi non si conforma o integra in questi rapporti di produzione c'e' la controcultura, spesso lo stesso prodotto ma con una confezione diversa per sfilare soldi e potere anche a chi si voglia credere libero pensatore: un lavorio di infiltrazione che confonde le intenzioni genuine dei molti uomini che vogliono fare il bene e le trasformi in merce: il rock, il cinema, l'arte, l'ozio arrabbiato giovanilista che faccia finire in tragedia i sogni di maturita' e autonomia della generazione dei ribelli senza causa.

Ogni spazio vuoto tra questi elementi e' riempito di merce, prodotti per l'acquisto d'impulso, pubblicita' della merce, pubblicita' della pubblicita', canzonette, minigonne, hamburger, teleschermi, guerra al comunismo, auto nuove, telefilm, coca cola, missioni spaziali, eroina, case a rate, pelli bianche, alta finanza, religioni vecchie e nuove, produzione, consumo e morte.

Dick e' in questo mondo, l'America, la California: lo stato che fa buona parte del pil di tutto il paese, lo stato delle star del cinema e dei braccianti messicani, dello champagne e dell'eroina, di Philip Marlowe e dei pestaggi della polizia, di Disneyland e di Berkeley, dell'informatica e della natura incontaminata, degli hippies e dei produttori hollywoodiani spietati, della spiritualita' new age e del peggior fondamentalismo, di Mark Twain giornalista e Schwarzenegger governatore; lo stato della corsa all'oro e della poverta' e dello sfruttamento che gia' finiva di annientare la famiglia di Tom Joad.

Dick e' l'uomo americano di questo mondo, protagonista dei propri romanzi in mondi simili: diviso, strappato brano a brano da questa pazza societa' - Dick e' un cervello tormentato che soffre per non ridursi ad essere l'uomo ad una dimensione di cui parla Marcuse a poche miglia di distanza;  Dick racconta da artista questa societa' e le persone che la popolano; e come per Marcuse l'uomo dickiano e' annientato dal totalitarismo della societa' industriale avanzata, e' l'uomo chapliniano di "Tempi moderni" ma senza poesia, e' l'uomo a tal punto funzione della macchina che opera da essere stato sostituito egli stesso da una macchina senza essersene accorto, senza aver piu' i mezzi per riconoscersi un vivente fratello di viventi; l'uomo e' solo l'indice che accende il teleschermo o clicca su youtube.

Dick lo racconta da testimone, da protagonista; lo racconta in maniera contorta, sofferente, sarcastica e forse pessimista - Dick porta nella fantascienza il sospetto che l'entusiasmo tecnologico vada stemperato e che oltre ad andare nello spazio si impari a stare in pace nel proprio salotto di casa, che il vero ignoto e' dentro di noi, dove i sensi non possono arrivare ed occorre quindi il pensiero introspettivo (che nei suoi racconti rischia di farsi schizofrenia, mania depressiva, paranoia, mistica psichedelica); in poche parole occorre ripensare continuamente e radicalmente il ruolo dell'uomo nel cosmo ed il ruolo del cosmo nell'uomo.

L'altro aspetto e' quello particolare e personale dell'autore e comprende a mio avviso una proposta di riflessione tutt'altro che secondaria sul ruolo dell'artista/intellettuale in questa societa' angosciante. L'America puo' considerarsi il primo luogo dove si e' creata una classe di lavoratori intellettuali folta ed organizzata, seppure non contaminata da questioni etiche: gli operatori dell'intrattenimento mediatico: in una concezione del termine arte del tutto nuova rispetto a quella del vecchio continente ancora profonda, romantica nel senso di uomo che riesca a dar forma a grandi forze misteriose con la propria energia intellettuale e spirituale (motivo per cui in Italia non c'e' un'universita' che insegni la scrittura, quasi che saperlo fare o meno sia un dono del cielo). In America il termine arte torna alla concezione classica di prodotto dell'ingegno in senso prosaico - per questo la' esistono figure come "artista del video", artista del "Make-Up": artista e' chi sa fare qualcosa che debba impararsi e la fa, senza troppe implicazioni teoriche o etiche: e' per questo che poi molti "artisti" americani diventano piu' o meno le infiocchettate pecore orwelliane che cantano le narrazioni della classe egemone. Dick non e' uno di questi artisti e non e' un intellettuale organico al sistema, non e' nemmeno un intellettuale nel senso accademico del termine. Vive ai margini della California della Contestazione (anche per motivi anagrafici), forse vorrebbe essere uno scrittore di successo, uno come quelli che negli anni Cinquanta sfornano cartelle per l'industria del cinema, forse per il teatro mainstream, magari aiutandosi raccontando qualcosa ai federali su qualche collega in odor di attivita' anti-americane.

Dick e' un drogato, ma non un hippy strafatto: e' dentro quella sottocultura delle cosiddette prescription drugs, droghe per bene prescritte da un medico per motivi clinici: disturbi dell'attenzione, panico, ansia, depressione, bisogno di un aiutino - mali che la stessa societa' crea - agli albori di una societa' dopata che oggi vede i propri ragazzini imbottiti di Ritalin al primo segno di irrequietezza quasi a voler significare che un vero americano non possa essere inquieto; in un'America che nega le cure mediche ai propri cittadini qualunque, ma somministra anfetamine arrivate con un medico in aereo al signor Hoover in persona, per tenerlo su.

Dick e' un autodidatta, un lettore accanito ma eclettico: si vede dalle citazioni che spesso abbondano nei suo scritti piu' o meno nascoste (psicanalisi, Jung, Faust, musica classica, testi religiosi, classici eccetera), spesso traspaiono anche letture all'avanguardia, nel pieno del dibattito contemporaneo come nel caso del ruolo dell'uomo all'interno della societa' industriale avanzata; e' anche dentro la ricerca di spiritualita' di quegli anni, dentro e fuori la new-age, un certo tipo di cristianesimo (che cita e reinventa), un po' di orientalismo, certe religioni fantascientifiche stravaganti sicuramente discusse nella metropoli californiana.

Questo secondo approccio personale pone l'uomo/artista in questa societa' folle e lo chiama a schierarsi: creare per compiacere il padrone e' inammissibile, scrivere per compiacere il pubblico pure, e forse Dick non ne e' nemmeno capace, anche se vuole essere apprezzato; i confini della letteratura di genere si fanno stretti e cerca di romperli piu' volte, ma gli daranno da vivere e lo proiettano bene o male nella storia.

Dick il precog ha un dono? Forse, ma sa che non servira' a niente: la societa' si aspetta dagli artisti inutili sollazzi, strumenti di morte, metodi per far soldi subito, propaganda; per questo egli stesso arrivera' a definire (obliquamente, certo, in un'opera controversa) figure come la sua "Crap Artist". Perche' egli sente di essere dentro questo meccanismo della spazzatura intellettuale: il pubblico chiede genere e maniera, tutto e' prodotto commerciale, tutto ha un costo, tutte le opere dicono la stessa cosa: e' un mondo sempre piu' stretto e soffocante anche se contemporaneamente una parte della societa' ci sguazza piu' o meno intensamente: penso alla parte piu' retriva del wharolismo di cui potremmo considerare prosecuzione il tarantinismo; fare cose con la spazzatura che si ha intorno, ma sempre spazzatura resta; solo che le icone-popstar wharoliane sono morte ed hanno gli occhi vuoti e post-umani che ha Palmer Eldritch, Tarantino invece pesca bocconi succosi nel trash e non fa mistero di apprezzarne il sapore unto - quasi non li distingue piu' dall'alimento genuino; Dick a volte sembra odiare la fantascienza e la letteratura di genere dei romanzetti accanto al suo sullo scaffale eppure la usa, la tira come una pasta per sfornarne pane fragrante.

Dick il precog si sente come molti colleghi chiamati a lavorare per il grande blocco occidentale, per la societa' del benessere e dello spreco, dello sfruttamento, ma in qualche modo si rifiuta, forse fuggendo, forse facendo della scrittura la sua obiezione di coscienza ad una chiamata alle armi a cui la classe dei creativi americani ha risposto con entusiasmo, ma lui no, sopraffatto dalla paranoia e dall'insicurezza e dalla voglia di dimostrarsi un artista, rimarra' di esempio in questo alle successive generazioni di scrittori di fantascienza "ribelli" americani (Sterling, Gibson, Shirley, Rucker ed altri: informatici, lisergici, punk, studenti nella seconda ondata della contestazione, obiettori e via dicendo).

E sara' di esempio a molti proprio per aver calibrato il nuovo focus della fiction speculativa a venire proprio sulla scala dei due argomenti appena trattati: individuo e societa', universo interiore ed universo esteriore o come diremmo in Europa personale e politico, in senso cosmico ovviamente.

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- AA. VV. (a cura di Luigi Russo), La fantascienza e la critica. Testi del convegno internazionale di Palermo, Feltrinelli, Milano 1980, pp. 264.

- Collettivo "Un'Ambigua Utopia" (a cura di), Nei labirinti della fantascienza. Guida critica, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 256.

- Vittorio Curtoni, Giuseppe Lippi, Guida alla fantascienza, Gammalibri, Milano 1978, pp. 232.

- Inisero Cremaschi, Cosa leggere di fantascienza, Bibliografica, Milano 1979, pp. 188.

- Franco Ferrini, Che cosa e' la fantascienza, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1970, pp. 152.

- Francesco Mei, La giungla del futuro. Guida al mondo di domani attraverso la fantascienza, Cooperativa scrittori, Roma 1977 (1978), pp. 360.

- Gianni Montanari, La fantascienza. Gli autori e le opere, Longanesi, Milano 1978, pp. IV + 220.

- Jacques Sadoul, La storia della fantascienza, Garzanti, Milano 1975, pp. 392 (con un inserto di 16 pp. di illustrazioni).

- Robert Scholes, Eric S. Rabkin, Fantascienza. Storia - scienza - visione, Pratiche Editrice, Parma 1979, pp. 300.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1958 del 17 aprile 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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