[Nonviolenza] Telegrammi. 1917



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1917 del 7 marzo 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Ancora alcune parole sull'otto marzo

2. Per Jean Baudrillard

3. Per l'incontro dell'11 marzo del "Tavolo per la pace" di Viterbo

4. Jean-Marie Muller: Momenti e metodi dell'azione nonviolenta (parte terza e conclusiva)

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. ANCORA ALCUNE PAROLE SULL'OTTO MARZO

 

Tutto si logora, anche le ricorrenze.

Nella perdita di senso e di significati indotta dall'azione percussiva e incessante degli ideologi del potere onnisfruttatore che gestisce la comunicazione globale e le tecnologie totalitarie e cosi' impone anche le mode e le amnesie, per molte persone ormai il primo maggio e' l'occasione per una scampagnata, il 25 aprile una pasquetta laica, "e cosi' via", direbbe Kilgore Trout.

Figurarsi se l'otto marzo puo' sfuggire a questo processo di svuotamento e riconfigurazione alienata, a questa massiccia pressione omologatrice agli immanenti ferrigni decreti della societa' dello spettacolo, all'universal mercificazione.

Non solo: l'opera degli ideologi del potere vi si accanisce particolarmente, cercando di capovolgerlo nel suo opposto: una ripigliata stracca e sbilenca della zuccherosa festa della mamma, quasi una sorta di giuliva festa della fidanzata modesta e virtuosa o della moglie fedele custode della casa, in cui l'iniziativa e' ancora una volta del maschio padrone e dei suoi istituti, con dispiegamento degli strumenti e dei rituali del corteggiamento e finanche della momentanea carnevalizzazione funzionale al richiamo all'ordine che subito segue: all'ordine patriarcale della societa' gerarchica, della produzione disciplinata, della gabbia di ferro e della famiglia del padre padrone.

E quindi: le magnifiche rose e la libera uscita semel in anno, ovvero l'ora d'aria e naturalmente l'onnipresente comando: "sii bella e taci".

Invece.

*

Invece l'otto marzo e' ancora quello memore delle operaie in lotta bruciate vive dal padrone.

E' ancora quello di Clara Zetkin e "se non si puo' ballare, questa non e' la mia rivoluzione".

E' ancora quello di Aleksandra Kollontaj e del suo bicchier d'acqua.

E' ancora quello di Virginia Woolf e della sua stanza tutta per se' e delle tre sue ghinee.

E' ancora e sempre quello di Simone Weil insegnante e miliziana, operaia e contadina.

E' quello delle madres de Plaza de Mayo.

Di Rigoberta Menchu' e di Shirin Ebadi, di Bertha von Suttner e di Wangari Maathai. E di Jane Addams e di Emily Greene Balch, di Mairead Corrigan e di Betty Williams, di madre Teresa di Calcutta e di Alva Myrdal, di Aung San Suu Kyi e di Jody Williams, di Ellen Johnson Syrleaf e di Leymah Gbowee, di Tawakkul Karman e di Malala Yousafzai.

Del pane e delle rose, dell'insurrezione nonviolenta, della dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, della dichiarazione d'indipendenza di Seneca Falls.

*

L'otto marzo e' il giorno della resistenza contro il fascismo femminicida.

L'otto marzo e' il giorno che convoca alla lotta contro la dittatura maschilista e patriarcale.

L'otto marzo e' l'appello alla lotta per l'eguaglianza di diritti di tutte le persone umane.

E da tre anni l'8 marzo comincia gia' il 14 febbraio con l'azione diretta nonviolenta globale One Billion Rising che sta trasformando il mondo nella direzione indicata da Rosa Luxemburg e da Hannah Arendt, da Simone de Beauvoir e da Shulamith Firestone, da Franca Ongaro Basaglia e da Laura Conti, da Bianca Guidetti Serra e da Assia Djebar.

L'otto marzo e' il giorno in cui ci si ricorda che la rivoluzione nonviolenta in cammino.

*

Uscire dalla subalternita'. Uscire dall'amnesia.

Entrare nella lotta di liberazione dell'umanita' cominciando col contrastare la violenza maschilista, che di tutte le violenze e le menzogne e' la prima radice.

La verita' e' in marcia, e niente potra' fermarla.

Questo significa l'otto marzo.

 

2. MEMORIA. PER JEAN BAUDRILLARD

 

Il 6 marzo 2007 scompariva Jean Baudrillard, filosofo e sociologo autore di almeno due libri di notevole rilievo: Il sistema degli oggetti, del 1968, e Lo scambio simbolico e la morte, del 1976.

Tra i primi indago' con strumenti adeguati la fenomenologia della relazione degli esseri umani alle merci dal versante del consumo, e come il consumo (e il consumismo) plasmasse sempre piu' la societa'.

Le sue ricerche, riflessioni e proposte sullo scambio simbolico, sulle rappresentazioni sociali, i simulacri, gli strumenti della comunicazione e come sia radicalmente mutata la percezione della realta' e quindi la realta', intrecciandosi ovviamente con le ricerche e le esperienze di molti altri studiosi - da Simmel a Anders, da Debord a Bourdieu, da Lyotard a Bauman, alle varie correnti del femminismo teorico e pratico ed ai movimenti che ne sono derivati -, hanno apportato contributi di conoscenza irrinunciabili.

Dopo l'11 settembre applico' la sua griglia ermeneutica a quell'evento e a quanto esso rivelava di inedito e inaudito, e fu tra i primi a cogliere le nuove e sconvolgenti caratteristiche del terrorismo nell'epoca della comunicazione globalizzata.

Anche chi non condivideva alcuni esiti della sua ricerca e alcuni vezzi linguistici ed argomentativi (del resto propri di non pochi pensatori francesi del secondo Novecento) ne ha valorizzato ed utilizzato strumenti concettuali e linee di riflessione.

*

Anche nel ricordo di Jean Baudrillard proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. LETTERE. PER L'INCONTRO DELL'11 MARZO DEL "TAVOLO PER LA PACE" DI VITERBO

[Riceviamo e diffondiamo]

 

Carissime e carissimi,

come ricorderete il prossimo incontro del "Tavolo per la pace" di Viterbo e' convocato per mercoledi' 11 marzo (non essendosi verificata la sovrapposizione con altre iniziative e quindi la necessita' di spostarlo), come al solito con inizio alle ore 17,15, sempre presso il Palazzetto della Creativita' in via Carlo Cattaneo 9 (sito nell'area del complesso scolastico degli istituti comprensivi Canevari e Vanni).

*

1. Alcuni temi per l'incontro dell'11 marzo:

se non vi saranno novita', prevedibilmente l'11 marzo ci concentreremo su argomenti gia' da tempo proposti alla riflessione e piu' volte rinviati. Di seguito un elenco certo non esaustivo:

I. La prosecuzione e la conclusione dell'iter delle due proposte di delibera "per l'istituzione della Consulta comunale per l'immigrazione" e "per la cittadinanza onoraria alle bambine e ai bambini non cittadine e cittadini italiani con cui la comunita' viterbese ha una relazione significativa e quindi impegnativa";

II. l'adeguato sostegno al centro antiviolenza "Erinna" (con riferimento anche alla doverosa richiesta che il Comune di Viterbo superando un lungo, iniquo ed incomprensibile ritardo consegni finalmente al centro antiviolenza "Erinna" i fondi per esso stanziati dalla Regione Lazio nel 2012, fondi a suo tempo già trasmessi al Comune ed ancora non consegnati al Centro antiviolenza cui erano diretti per la realizzazione delle sue indispensabili attivita' gia' realizzate e debitamente rendicontate);

III. l'eventuale presentazione di situazioni critiche e le eventuali proposte di iniziative concrete ed urgenti di solidarietà;

IV. l'esame e l'eventuale approvazione della proposta di documento programmatico ed organizzativo del Tavolo per la pace;

V. il sostegno al percorso amministrativo per la realizzazione dello sportello comunale di informazione ed assistenza per le persone immigrate;

VI. il sostegno alla proposta di promuovere incontri di conoscenza e condivisione, di riconoscimento della comune appartenenza alla citta' e quindi alla comunita' viterbese di tutte le persone e le comunita' culturali variamente aggregate che nel territorio vivono;

VII. il sostegno al percorso tecnico ed amministrativo per la revoca degli atti amministrativi pregressi che configurino palesi violazioni dei diritti umani ovvero siano in contrasto con le guarentigie stabilite erga omnes nella Costituzione della Repubblica Italiana;

VIII. la prosecuzione dell'iniziativa per il recupero ad usi civili di aree e strutture gia' militari non piu' utilizzate o ampiamente sottoutilizzate;

IX. l'assunzione e l'impegno a promuovere la proposta formulata dall'Auser di Orte di inviare una lettera ai sindaci affinche' essi inviino una "lettera di auguri di buon compleanno" ai giovani stranieri nati e residenti in Italia domiciliati nei loro comuni che compiono 18 anni; lettera con cui li si informi del loro diritto di richiedere la cittadinanza italiana usufruendo entro il termine di un anno di una procedura semplificata rispetto a quella consueta assai piu' lenta e ardua;

X. la condivisione e realizzazione della proposta formulata durante l'incontro del 7 febbraio che il Tavolo proponga iniziative nelle scuole;

XI. la prosecuzione della discussione degli altri temi su cui nei mesi scorsi e' stata avviata la riflessione senza ancora essere giunti a conclusioni operative;

XII. naturalmente l'incontro sara' anche occasione, come di consueto, per scambiarsi informazioni sulle iniziative realizzate, in corso e in programma da parte dei vari soggetti che partecipano al Tavolo;

XIII. ed ovviamente sara' anche possibile trattare gli ulteriori argomenti su cui vi fosse la disponibilita' dei partecipanti (e sono naturalmente molti: da un approfondimento del concetto di pace, all'impegno specifico contro la guerra, al recupero di altri argomenti accennati in precedenti riunioni ma poi non sviluppati).

*

2. Una minima notizia su alcune altre iniziative:

- l'iniziativa per l'8 marzo che il centro antiviolenza "Erinna" sta organizzando si svolgera' probabilmente il 20 marzo;

- dal 15 al 22 marzo si svolgera' la settimana di impegno contro la discriminazione promossa dall'Anci (l'Associazione nazionale dei Comuni italiani); come ricorderete vorremmo cogliere l'occasione per far progredire l'iter delle nostre due proposte di delibera sopra citate;

- il 19 marzo ricorre il primo anniversario del "Tavolo per la Pace": la prima riunione si svolse infatti il 19 marzo 2014; sarebbe opportuno pensare se vogliamo organizzare una qualche sia pur minima iniziativa ad hoc;

- il 21 marzo si svolgera' in piazza del Sacrario l'iniziativa per i diritti umani promossa dallo "sportello di cultura lesbica", iniziativa di cui abbiamo gia' parlato con vivo apprezzamento nella riunione del 4 febbraio;

- ricorderete anche che nella riunione del 25 febbraio abbiamo nuovamente parlato della raccolta delle firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per la "Istituzione e modalita' di funzionamento del Dipartimento della Difesa Civile non armata e nonviolenta", iniziativa della quale sono promotrici a livello nazionale molte delle associazioni che partecipano al Tavolo (dalle Acli all'Agesci, all'Arci, all'Operazione Colomba, ad altre ancora); il 25 febbraio mi sembra che sia stato ampiamente condiviso dalle persone partecipanti all'incontro l'invito alle associazioni promotrici ad avviare anche a Viterbo la raccolta delle firme;

- segnalo infine che e' in preparazione (la data dovrebbe essere l'11 aprile, anniversario della "Pacem in Terris") una "Giornata di studi per la pace in onore di don Dante Bernini" (che il 20 aprile compie 93 anni); ci stiamo lavorando con Antonella Litta e Dario Vitali, tra qualche giorno dovremmo definire la proposta di programma di massima, e naturalmente vorremmo coinvolgere anche il "Tavolo per la pace"; avremo modo di parlarne nell'incontro dell'11 marzo (chi volesse fin d'ora saperne di piu' puo' telefonarmi al n. 0761353532).

*

3. Naturalmente per ogni comunicazione il punto di riferimento e' come sempre Pigi Moncelsi: tel. 0761348590, cell. 3384613540, e-mail: pmoncelsi at comune.viterbo.it

Scusate la consueta frettolosita', un abbraccio a tutte e tutti...

 

4. TESTI. JEAN-MARIE MULLER: MOMENTI E METODI DELL'AZIONE NONVIOLENTA (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)

[Riproponiamo ancora una volta il testo di un opuscolo edito dal Movimento Nonviolento che a sua volta riproduceva anastaticamente un capitolo di una piu' ampia opera. L'opuscolo e': Jean-Marie Muller, Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, s. i. l. 1981; il libro e' Jean-Marie Muller, Strategia dell'azione nonviolenta, Marsilio, Venezia-Padova 1975 (il capitolo e' il settimo, alle pp. 73-99). Noi riproduciamo qui il testo di Muller senza le note dell'autore e senza la presentazione del traduttore Matteo Soccio (uno dei maggiori studiosi ed amici della nonviolenza in Italia), rinviando per la lettura del testo integrale all'acquisto dell'opuscolo, disponibile presso il Movimento nonviolento, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org

Jean-Marie Muller, filosofo francese, nato nel 1939 a Vesoul, docente, ricercatore, e' tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento. E' direttore degli studi presso l'Institut de Recherche sur la Resolution non-violente des Conflits (Irnc). In gioventu' ufficiale della riserva, fece obiezione di coscienza dopo avere studiato Gandhi. Ha condotto azioni nonviolente contro il commercio delle armi e gli esperimenti nucleari francesi. Nel 1971 fondo' il Man (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Nel 1987 convinse i principali leader dell'opposizione democratica polacca che un potere totalitario, perfettamente armato per schiacciare ogni rivolta violenta, si trova largamente spiazzato nel far fronte alla resistenza nonviolenta di tutto un popolo che si sia liberato dalla paura. Tra le opere di Jean-Marie Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento Nonviolento, Torino 1980; Momenti e metodi dell'azione nonviolenta, Movimento Nonviolento, Perugia 1981; Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Desobeir a' Vichy, Presses Universitaires de Nancy, Nancy 1994; Vincere la guerra, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1999; Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004; Dictionnaire de la non-violence, Les Editions du Relie', Gordes 2005]

 

b. Azioni dirette d'intervento

Se la manifestazione e' un confronto diretto con il pubblico che si cerca di far aderire alla propria causa perche' eserciti una pressione capace di provocare il cambiamento ricercato, se l'azione di non-cooperazione ha lo scopo di inaridire le fonti del potere dell'avversario e di costringerlo a soddisfare le rivendicazioni che gli vengono presentate, l'intervento nonviolento e' un confronto diretto con l'avversario attraverso il quale ci si sforza di provocare il cambiamento nei fatti. Con l'intervento nonviolento si porta il conflitto nel campo dell'avversario che e' posto di fronte ai fatti compiuti, per cui lo scontro diventa inevitabile. L'intervento provoca deliberatamente le rappresaglie e la repressione, per cui i rischi in cui si incorre devono essere accuratamente calcolati.

- Il sit-in. Il piu' noto metodo di intervento diretto nonviolento e' il sit-in (letteralmente: stare seduti dentro) che fu impiegato soprattutto dai neri negli Stati Uniti per ottenere la fine della segregazione nei ristoranti, nei cinema, nelle biblioteche, ecc. Si tratto' allora di sfidare i responsabili di quei locali pubblici mettendoli di fronte al fatto compiuto e di obbligarli a cedere di fronte alla pressione sociale cosi' esercitata.

Generalmente il sit-in e' un'occupazione che si fa stando seduti nei locali di proprieta' dell'avversario allo scopo di imporsi a lui come interlocutori necessari e di obbligarlo a riconoscere i diritti che si e' rifiutato, fino a quel momento, di prendere in considerazione. Durante uno sciopero operaio, questo metodo dovrebbe consistere nell'occupare pacificamente gli uffici del padrone per costringerlo a negoziare nel caso che si rifiuti di farlo. Esso dovrebbe essere sistematicamente preferito al sequestro del padrone nel suo ufficio, per ragioni morali e tattiche, e dovrebbe rivelarsi piu' efficace.

In senso lato il sit-in consiste nello svolgere una manifestazione sedendosi in un luogo pubblico. Questo metodo puo' essere impiegato in particolare da quelli che partecipano ad una manifestazione che rischia di scontrarsi con le forze di polizia. Essa permette allora un'occupazione efficace del terreno che diventa molto difficile da "pulire", e permette alla manifestazione di durare. E' possibile allora che le forze di polizia indietreggino di fronte alla responsabilita' di caricare, a colpi di sfollagente e di bombe lacrimogene, una folla silenziosa il cui solo torto e' di star seduta in una strada per far valere i propri diritti. Ma e' anche possibile che esse non indietreggino e si decidano invece a fare una carica. Queste due possibilita' si sono verificate negli Stati Uniti nel corso di manifestazioni nonviolente dei neri in lotta per 1'integrazione. Si tratta di valutare nel modo piu' giusto possibile il rischio che si corre, partendo dall'analisi del clima politico e sociale nel quale si svolge la manifestazione. Se si prendera' la decisione di andare fino in fondo, e' opportuno che le prime file dei manifestanti siano particolarmente preparate, sia psicologicamente che tecnicamente, ad affrontare le cariche della polizia e conoscano in particolare i metodi elementari di protezione che devono essere presi in quel momento (si tratta soprattutto di proteggersi la nuca con le mani). Se la polizia non osa disperdere la manifestazione con la violenza, si trova costretta a portar via uno alla volta tutti i manifestanti.

Si puo' dare allora la parola d'ordine di rifiutare qualsiasi cooperazione con le forze di polizia, e cioe' di "diventare molli" (come dicono gli anglosassoni) e lasciarsi "manipolare" con calma dai poliziotti mentre questi riempiono i furgoni destinati a ricevere i manifestanti.

- L'ostruzione. L'ostruzione consiste nell'impedire la libera circolazione su una via pubblica facendo dei proprio corpo un ostacolo inevitabile per chi volesse passare. Questo metodo e' stato utilizzato in particolare in occasione di scioperi operai per impedire ai non-scioperanti di accedere al loro posto di lavoro. Si e' pure ricorso a questo procedimento per ottenere l'arresto e l'immobilizzazione di veicoli che servono ad alimentare direttamente, sia in uomini che in materiali, l'ingiustizia che si combatte. Puo' essere utilizzata anche per impedire una costruzione giudicata indesiderabile come quella di una base militare, di una centrale atomica o di una realizzazione di prestigio che costituirebbe un'ingiuria per i poveri: si tratterebbe in questi casi di occupare il cantiere e di impedire agli operai di lavorare. Si puo' anche concepire l'ostruzionismo simbolico dell'ingresso di un edificio ufficiale: ostruendo ad esempio l'ingresso del ministero della Difesa nazionale per protestare contro la vendita di armi che vanno ad alimentare l'oppressione in diversi paesi stranieri.

In genere, e' preferibile che l'ostruzione sia compiuta da un gran numero di persone piuttosto che da poche. Vi sono soprattutto meno pericoli e l'azione sara' capita meglio dal pubblico.

In questi ultimi tempi, si sono sviluppate altre tecniche di ostruzione: non si tratta piu' soltanto di fare ostruzione con il proprio corpo ma con la propria automobile, con il proprio trattore, o con il proprio camion. Il fine dell'ostruzione qui non e' piu' di impedire gli spostamenti dell'avversario o di rendere impossibile la cooperazione con lui, ma di impedire semplicemente la circolazione al fine di creare il fatto che consenta di far conoscere l'ingiustizia all'opinione pubblica. E' noto che in Francia i commercianti, gli agricoltori e i camionisti sono ricorsi a queste tecniche, e generalmente con successo.

- L'usurpazione civile. Invece che abbandonare il proprio posto e interrompere ogni attivita', puo' essere piu' efficace, per dare scacco al sistema, sovvertirlo dall'interno restando al proprio posto. Si tratta allora di ignorare volutamente le istruzioni che giungono dall'alto e d'impegnarsi a seguire, nel proprio lavoro, le disposizioni dei movimento di resistenza. Invece di scioperare, questa o quella categoria di funzionari o di professionisti puo' esercitare sul governo una pressione maggiore mettendo a disposizione del movimento "le sue armi e i suoi bagagli". Questo metodo di azione e' chiamato "usurpazione civile". Theodor Ebert ne da' la seguente definizione: "Lungi dall'interrompere il lavoro, gli insorti si assumono direttamente l'organizzazione dei lavoro secondo i metodi del sistema sociale che essi auspicano ed e' l'ampiezza di questa azione che costringe gli attuali detentori del potere ad adattarsi alle strutture create dagli insorti". Ci sembra opportuno precisare che non si tratta qui di fare evolvere le strutture dall'interno sforzandosi di sfruttare il piu' possibile il margine d'iniziativa lasciato dal sistema. Salvo qualche eccezione, questo comportamento avalla maggiormente il sistema piu' di quanto non lo metta in discussione. Serve spesso di pretesto a chi non ha il coraggio di rifiutare apertamente la propria collaborazione con l'ingiustizia. L'usurpazione civile si colloca certamente all'interno delle strutture, pero' essa opera una rottura con il sistema dominante e sfida apertamente la gerarchia. Si tratta di dirottare le strutture dal fine che e' loro assegnato dal sistema e di rivolgere la loro efficacia contro di esso.

Questo metodo puo' essere utilizzato allo scopo di incominciare a realizzare direttamente nei fatti il cambiamento sociale che si vuole promuovere, invece che esercitare una pressione per ottenerlo. Arriviamo percio' alla nozione di "controllo operaio" cosi' come e' stato gia' espresso nel contesto della lotta di classe. "L'assunzione del controllo da parte dei lavoratori significa che questi smettono di giocare secondo le regole. Significa che essi stessi decidono delle loro condizioni di lavoro, e soprattutto della loro produzione. Significa rifiutare totalmente la collaborazione con il sistema esistente. Significa farsi carico della vita dell'impresa (formazione professionale, ritmi, sicurezza, orari, ripartizione dei lavoro, movimenti del personale...). (...) La strategia del fatto compiuto e' sempre comprensibile a condizioni che sia onesta' fin dall'inizio della sua proposta. Infatti, non bisogna nascondere ai lavoratori che l'esercizio del controllo non puo' essere transitorio e legato ad un rapporto di forza. Cio' finisce sempre in uno scontro globale con l'avversario di classe (lock-out...). Ma soprattutto, l'esercizio dei controllo collettivo resta la forma migliore di apprendimento da parte dei proletariato delle responsabilita' che l'attendono per la presa del potere e la transizione verso il socialismo" ("Le controle ouvrier").

Cosi', invece di porsi in sciopero per reclamare nuovi ritmi di lavoro in fabbrica, gli operai decidono da soli di lavorare con i nuovi ritmi e instaurano in fabbrica una situazione di fatto. La pressione cosi' esercitata puo' rivelarsi piu' efficace.

L'usurpazione civile realizza contemporaneamente sia il programma di non-cooperazione con il quale ci si rifiuta di servire un sistema ingiusto, sia il programma costruttivo che permette di realizzare nei fatti le soluzioni concrete proposte dal movimento. I settori di attivita' sociale, in cui l'organizzazione dei lavoratori e' riuscita a soppiantare la direzione legata al sistema e in cui diventa possibile applicare concretamente i principi della nuova societa', costituiscono dei "territori liberati".

Certo, anche qui si dovra' fare i conti con i mezzi di risposta di cui dispone l'avversario. Egli tentera' di porre fine a questa usurpazione e di riprendere possesso dei servizi amministrativi o dei settori sociali che sono sfuggiti al suo controllo. Questa risposta dell'avversario potra' essere piu' o meno efficace a seconda dei rapporti di forza gia' esistenti. Puo' divenire necessario evacuare i territori momentaneamente liberati e organizzare la resistenza facendo ricorso unicamente ai metodi classici di non-cooperazione, e cioe' alle diverse forme di sciopero. Ma e' anche possibile che l'avversario si trovi disarmato per riprendere questi territori e che questi giochino allora un ruolo determinante nell'evoluzione del conflitto.

- Usurpazione delle funzioni governative e governo parallelo. Quando tutto un paese e' abbandonato all'arbitrio di un governo che intende imporre il dominio rinnegando tutti i principi della vita democratica, non si tratta piu' soltanto di opporsi a una legge particolare, si trattera' di opporsi al governo. Converra' percio', allo scopo di bloccare i meccanismi del governo e di paralizzarlo, estendere la disobbedienza civile alle leggi che, pur non essendo di per se stesse ingiuste, servono nondimeno ai progetti del governo.

Nella misura in cui la disobbedienza civile avra' potuto essere organizzata su scala nazionale, i leader dei movimento di resistenza potranno essere considerati come rappresentanti dell'autorita' legittima del paese. Se la situazione l'esiga e lo permetta - e bisogna ammettere che cio' si puo' verificare solo eccezionalmente - il movimento di resistenza puo' essere condotto a usurpare certe funzioni governative, fino a creare un governo parallelo. La popolazione ignorerebbe allora sistematicamente le decisioni del governo per obbedire solo alle disposizioni del movimento di resistenza. "Quando un gruppo di uomini rinnega lo Stato sotto la cui dominazione hanno vissuto fino ad allora - scrive Gandhi -, essi costituiscono quasi un proprio governo. Dico "quasi" perche' essi non arrivano al punto d'impiegare la forza quando lo Stato resiste".

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Piero Ciardella, La conoscenza. Breve introduzione alla logica ed alla filosofia della conoscenza, Piemme, Casale Monferrato (Al) 1991, 2000, pp. 200.

- Antonio Colasanto, Sociologia, Piemme, Casale Monferrato (Al) 1992, 2000, pp. 128.

- Rossana Rossanda, Le altre, Bompiani, Milano 1979, pp. 240.

- Rossana Rossanda, Quando si pensava in grande, Einaudi, Torino 2013, pp. IV + 244.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1917 del 7 marzo 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

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