Coi piedi per terra. 764



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 764 del 5 maggio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di marzo 2001

2. Una presentazione di questo notiziario su "A. rivista anarchica"

3. Cio' che e' mancato

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI MARZO 2001

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di marzo 2001.

 

2. UNA PRESENTAZIONE DI QUESTO NOTIZIARIO SU "A. RIVISTA ANARCHICA"

[Questo articolo di presentazione del nostro notiziario e' apparso sul mensile "A. rivista anarchica" di marzo 2001, che ringraziamo per l'attenzione. "A. rivista anarchica" e' una delle migliori riviste di riflessione politica e culturale, per informazioni e contatti (e per richiedere copia saggio): tel. 02.2896627, fax 02.28001271, e-mail: arivista at tin.it, in rete: www.anarcabolo.ch/a-rivista; nel fascicolo di marzo sono molti i materiali degni di segnalazione, ne parleremo prossimamente]

 

"La nonviolenza e' in cammino" e' un notiziario con periodicita' che vorrebbe essere quotidiana diffuso unicamente per e-mail.

Lo redige il Centro di ricerca per la pace di Viterbo ed e' inviato per posta elettronica a chiunque ne faccia richiesta (ma puo' essere letto anche sulla rete telematica pacifista Peacelink, che lo pubblica nell'archivio della mailing-list "peacelink news").

Nato alla fine di agosto per documentare le riflessioni e le iniziative viterbesi in preparazione della marcia Perugia-Assisi del 24 settembre 2000, dopo la marcia le pubblicazioni sono proseguite dapprima per ospitare gli interventi e le proposte di chi vi aveva preso parte, poi per continuare un'esperienza di riflessione e discussione che ad alcuni interlocutori pareva interessante.

Gli intenti del notiziario sono: dare notizia di iniziative nonviolente o di movimenti ed esperienze che alla nonviolenza si richiamano; proporre temi di riflessione e suscitare ricerche e dibattiti; segnalare opere, autori, esperienze di riferimento o comunque degne di menzione; mettere a disposizione materiali di lavoro.

Gli interlocutori a cui il notiziario si rivolge sono assai diversificati: mezzi d'informazione; persone e gruppi gia' interessati alla proposta della nonviolenza; persone e gruppi impegnati per la pace, l'ambiente, la giustizia, i diritti, nella solidarieta', nell'educazione e la formazione, o comunque nelle lotte politiche, sindacali, sociali, e almeno potenzialmente interessati alla nonviolenza o ad alcuni suoi aspetti (tecniche di deliberazione e di lotta, strategie e dinamiche, esperienze storiche, progetto sociale, fondamenti teoretici e morali).

Ne consegue che alcuni interventi e materiali hanno carattere panoramico, introduttivo o meramente informativo, altri di approfondimento e discussione, e che il notiziario segnala, documenta ed ospita posizioni, esperienze e riflessioni diverse e sovente in feconda tensione e fin esplicito contrasto tra loro.

Tutto cio' giova alla chiarezza? Tutto cio' costituisce un contributo alla causa della dignita' umana? Tutto cio' e' parte attiva di un impegno di verita' e di liberazione? Io che scrivo queste righe vorrei crederlo, lo spero, ma non ne sono certo; nel dubbio comunque proseguiamo le pubblicazioni.

Per richiedere "La nonviolenza e' in cammino" inviare una e-mail alla redazione, al recapito di posta elettronica nbawac at tin.it

 

3. CIO' CHE E' MANCATO

[Questo intervento e' stato scritto e diffuso l'8 giugno 1999, e successivamente ripubblicato come primo capitolo de La nonviolenza contro la guerra, Viterbo 2000... Lo riproponiamo senza alcuna modifica]

 

Una lettera aperta a tutte le persone impegnate per la pace

Poteva il movimento per la pace essere piu' efficace nel contrastare la guerra? Si'.

Cosa ci e' mancato? La limpidezza di posizioni e la preparazione all'uso delle tecniche di lotta nonviolente.

Carissimi amici,

nella speranza che la guerra stia volgendo al termine, e mentre dobbiamo continuare a manifestare contro la scellerata continuazione sia dei bombardamenti sia della "pulizia etnica", e mentre dobbiamo prepararci agli impegni ulteriori contro la guerra, i suoi apparati ed i suoi presupposti (ed a tal fine occorrera' una rinnovata iniziativa per il disarmo; per lo scioglimento della Nato; contro il razzismo e in difesa dei diritti umani ovunque), occorre altresi' che riflettiamo sui limiti della nostra iniziativa in questi mesi.

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Potevamo come pacifisti fermare la guerra? Si'

Poteva il nostro movimento per la pace essere piu' efficace nel contrastare la guerra? A nostro parere, si'. La mobilitazione generosa in tutta Italia di centinaia di migliaia di persone, la tenacia nell'opporsi alla guerra e nel chiedere il rispetto della Costituzione italiana e del diritto internazionale che questa guerra proibiscono, la capacita' di argomentare con chiarezza ed efficacia le ragioni della pace proprio coniugandole con le ragioni della solidarieta', dell'opposizione al razzismo e della difesa dei diritti umani, e l'aver tenuto costantemente unite l'opposizione alla guerra con l'aiuto concreto alle vittime della guerra, delle deportazioni, della repressione nei Balcani, sono tutti elementi che hanno caratterizzato e qualificato il movimento per la pace nel nostro paese rendendolo un autentico rappresentante del popolo italiano nel momento in cui il nostro governo tradiva la legge fondamentale e si rendeva complice di un orribile cumulo di crimini, di un'orribile serie di stragi.

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Una particolare circostanza che aumentava la nostra responsabilita'

Ed il nostro movimento per la pace poteva essere piu' efficace nel contrastare la guerra anche in virtu' di una particolare circostanza tattica: che la gran parte dei bombardamenti stragisti sulla Jugoslavia sono partiti dalle basi Nato dislocate in territorio italiano. Questo aumentava la nostra responsabilita', la nostra angoscia, ma anche le nostre possibilita' di intervento efficace contro la guerra.

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Perche' non siamo riusciti a fermare la guerra?

La domanda che ora ci poniamo e': perche' non siamo riusciti ad essere piu' efficaci contro la guerra? Cosa ci e' mancato? Non ci e' mancata la possibilita' di agire: l'abbiamo avuta. Non ci e' mancata la cognizione del ruolo peculiare dell'Italia, ridotta a gigantesca portaerei di bombardieri stragisti: lo abbiamo saputo fin dall'inizio. Non ci e' mancata neppure la volonta' di opporci intransigentemente alla guerra: ripetiamo, a centinaia di migliaia lo abbiamo saputo, lo abbiamo detto, abbiamo cercato di farlo.

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E' mancata la scelta corale e persuasa della nonviolenza

Quello che ci e' mancato e' stata l'adozione del punto di vista giusto: il punto di vista della nonviolenza e quindi la scelta della lotta nonviolenta; e conseguentemente l'adozione delle tecniche di lotta giuste: le tecniche dell'azione diretta nonviolenta; punto di vista e tecniche che richiedevano un serio ed onesto dibattito di tutto il movimento su questa grande sconosciuta: la nonviolenza, l'accoglimento collettivo e persuaso di essa, e una seria e rigorosa formazione alla nonviolenza. Questo e' mancato.

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Una posizione limpida contro la violenza

E' mancata una posizione limpida nel giudizio sulla violenza: anche nel movimento che si oppone alla guerra molti hanno idee confuse e posizioni ambigue su questo decisivo punto.

Sulle bandiere delle manifestazioni hanno campeggiato perlopiu' volti di eroici combattenti per la giustizia, ma certo non per la pace. Per dirla in termini schematici, i manifestanti facevano riferimento piu' a Guevara che a Gandhi. Orbene, il riferimento a Guevara e' sicuramente di grande valore nella storia della lotta di liberazione, per affermare l'uguaglianza, per contrastare l'oppressione imperialista e colonialista; ma in un movimento di lotta contro la guerra e per la pace sarebbe bene che si facesse riferimento a figure piu' coerenti con l'obiettivo per cui ci si sta impegnando.

Molti, invece, hanno avuto un atteggiamento ambiguo: proprio mentre criticavano la Nato per aver condotto una guerra spacciandola per "giusta" (e nessuna guerra lo e'), riproducevano lo stesso schema argomentativo definendo "giusta" la violenza a seconda di chi ne fa uso (e nessuna violenza lo e'; naturalmente fermo restando il principio giuridico che ad ogni aggredito va riconosciuto il diritto di legittima difesa).

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E' mancata una conoscenza seria ed onesta della nonviolenza

Questo limite di confusione e di ambiguita' e' dipeso dalla purtroppo ancora scarsa conoscenza e presenza nel nostro paese, nella nostra riflessione, nel nostro dibattito, nella nostra comune formazione morale e civile (e quindi politica), di quella straordinaria tradizione di lotta e di pensiero che e' la nonviolenza.

Purtroppo anche molti, moltissimi pacifisti, hanno della nonviolenza un'immagine del tutto falsa: la confondono con la vilta', con la passivita', con la mera predicazione retorica, o al piu' con la vocazione al martirio come scelta individualistica ed ininfluente, o con l'astrattezza di chi pretende di collocarsi al di sopra della mischia ed invece se ne trova al di sotto, e cosi' via: riproducendo cosi', senza rendersene conto, gli stessi stereotipi e le stesse mistificazioni che contro la nonviolenza sono usati dagli oppressori, dai militaristi, dagli idolatri della violenza.

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La nonviolenza e' lotta, la piu' rigorosa

Ed invece la nonviolenza e' lotta, e' la piu' rigorosa forma di lotta, quella che va alla radice, quella che pratica la coerenza tra i fini ed i mezzi, quella che nel corso stesso della lotta contro la violenza istituisce un'umanita' fraterna e di eguali.

Ma nonostante nel nostro paese siano vissuti uomini come Aldo Capitini e Danilo Dolci, Lorenzo Milani ed Ernesto Balducci, in Italia la nonviolenza e' ancora largamente sconosciuta, anche tra coloro che pur se ne riempiono la bocca a sproposito.

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Era possibile opporci efficacemente: usando le tecniche della nonviolenza

La conoscenza della nonviolenza, e l'uso delle tecniche della nonviolenza, sarebbero state straordinariamente efficaci in questo terribile frangente.

Un esempio per tutti: era possibile bloccare tutti i decolli da tutte le basi Nato in Italia semplicemente lanciando mongolfiere di carta nello spazio aereo sovrastante e circostante le piste di decollo. Questa azione diretta nonviolenta, realizzata da un piccolo gruppo di poche persone, blocco' i decolli per alcune ore ad Aviano in aprile. Se fosse stata fatta propria dall'intero movimento pacifista e realizzata a livello di massa dinanzi a tutte le basi Nato in Italia giorno dopo giorno avrebbe potuto avere un ruolo rilevante, ed avrebbe dimostrato come la nonviolenza possa intervenire efficacemente nel conflitto ed essere concretamente piu' forte del piu' forte apparato militare del mondo.

Per oltre due mesi abbiamo proposto a tutti gli interlocutori possibili di far propria questa iniziativa rigorosamente nonviolenta e dimostratamente efficace, ma solo in pochi hanno aderito, solo pochissimi l'hanno realizzata o hanno tentato di realizzarla.

Purtroppo quasi tutte le grandi organizzazioni e le piu' ampie reti di affinita' presenti nel movimento non hanno colto questa occasione, preferendo perlopiu' iniziative meramente simboliche (quando non semplicemente propagandistiche) e largamente inefficaci, ed inefficaci anche perche' sovente non limpide. Non limpide perche' da una parte si e' preferito mantenere rapporti ambigui (anche per convergenti interessi) con il governo responsabile della guerra e le principali forze politiche che lo compongono; da un'altra si e' privilegiata una presenza prevalentemente autopromozionale nel movimento; da un'altra parte ancora si e' restati chiusi su posizioni nichiliste che quanto piu' si ammantavano di retorica ultrarivoluzionaria assolutamente dereistica tanto piu' erano totalmente subalterne ed effettualmente autoreferenziali.

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Perche' e' andata cosi'? E' mancata la formazione alla nonviolenza

Perche' e' andata cosi', e il movimento per la pace non e' stato sufficientemente efficace, sebbene abbia comunque svolto un'azione generosa che ha ottenuto dei risultati non disprezzabili (si pensi alla decisiva influenza della marcia Perugia-Assisi nel forzare il Parlamento italiano alla richiesta di sospensione dei bombardamenti)?

A noi sembra di poter dire che e' andata cosi' perche' e' mancata la formazione alla nonviolenza: occorreva aver cominciato tutti da anni a fare dibattiti sulla nonviolenza, ad esaminarne, approfondirne ed introiettarne criticamente valori, metodi, dimensioni; ed occorreva aver cominciato tutti da anni a fare training di addestramento alle tecniche della nonviolenza. Quei purtroppo ristretti settori del movimento che queste esperienze di dibattito e di formazione avevano condotto, e che hanno proposto all'intero movimento di fare un salto di qualita' in questa direzione, si sono trovati di fatto isolati: sovente rispettati per il loro rigore e addotti ad esempio, ma quasi sempre inascoltati nelle loro proposte di intervento concreto, di impegno comune.

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Per non concludere

Speriamo che la guerra stia per concludersi: ma dopo questa altre guerre verranno se non sapremo lottare per prevenirle. Ed e' quindi una necessita' per il nostro movimento cominciare subito una permanente attivita' di studio e discussione della nonviolenza, una permanente attivita' di formazione alla nonviolenza, di vero e proprio addestramento all'uso delle tecniche della nonviolenza ed alla comprensione dei valori della nonviolenza.

Non abbiamo tempo da perdere. I bombardieri decollano ancora, le industrie armiere producono ancora, i poteri stragisti persistono ancora. La voce strozzata della pace, o della coscienza, ci chiede un impegno ancora piu' profondo, ancora piu' persuaso: ci chiede di far crescere la nonviolenza come unica coerente alternativa alla guerra e all'oppressione.

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Che ne pensate?

Saremo grati a tutti coloro che vorranno farci sapere la loro opinione su queste appena accennate, frettolose e provvisorie riflessioni. La discussione e' aperta. Frattanto facciamo tutti tutto quel che possiamo per ottenere la cessazione della guerra.

Un abbraccio,

Viterbo, 8 giugno 1999

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

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Numero 764 del 5 maggio 2013

 

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