Coi piedi per terra. 757



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 757 del 28 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di novembre 2000 (parte seconda)

2. Rileggere Elias Canetti

3. Un campo a tre sponde: Anders, Bloch, Jonas

4. Quelli che festeggiano il quattro novembre

5. Alcune proposte di lettura sulla guerra

6. Pensiero delle donne e nonviolenza

7. Il vocabolario di Scarpantibus: compagno

8. Una richiesta ai ventiquattro lettori

9. Il vocabolario di Scarpantibus: persona, profeta, religione, Resistenza, rivoluzione

10. Educare ed addestrare alla nonviolenza il personale addetto alla pubblica sicurezza

11. Il vocabolario di Scarpantibus: meticcio

12. La cronaca della marcia Perugia-Assisi su "A. rivista anarchica"

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2000 (PARTE SECONDA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2000.

 

2. RILEGGERE ELIAS CANETTI

 

L'opera di Elias Canetti ci sembra costituire un contributo fondamentale per l'elaborazione di una cultura della pace e della dignita' umana.

La sua analisi e denuncia del potere svolta nella gigantesca ricerca di Massa e potere e compendiata in uno dei suoi spunti decisivi nel breve saggio Potere e sopravvivenza, denuncia centrata sulla caratterizzazione del potere come sopravvivere alla morte altrui, e dunque sull'esercizio del potere come inflizione altrui della morte in un delirio che tende alla distruzione dell'umanita' intera, tale analisi costituisce una delle riflessioni piu' lucide sulle mozioni profonde di figure, apparati, vicende storiche e concrezioni e ideologie di potere pressoche' ovunque dominanti.

I saggi raccolti ne La coscienza delle parole (oltre al gia' citato Potere e sopravvivenza, altri ve ne sono magnifici) lumeggiano temi e vicende cruciali, tra gli altri: l'hitlerismo, Hiroshima.

Nella concezione e nella pratica canettiana la letteratura, la scrittura, il racconto, il ricordo, e' impegno solidale di umanita' contro la morte. Ed i volumi della sua monumentale autobiografia sono davvero un esempio di come scrivere, narrare, fare memoria, significhi contrastare la morte, prolungare, recuperare, ritrovare la vita propria ed altrui, in qualche modo espandere in una rete di relazioni l'umana finitudine, e proteggere nel calore della comunita' che il raccontare istituisce la fragilita' umana.

Ma anche i suoi volumi di aforismi, la sua opera teatrale, i suoi libri extravaganti, ed il suo unico e straordinario romanzo, Auto da fe', sono altrettante azioni ed opere, opere-azioni, intese ad affermare la dignita' umana, a contrastare l'orrore, la disumanizzazione, la morte.

Elias Canetti è nato nel 1905 a Rustschuk (nel sud dell'impero austro-ungarico, oggi in Bulgaria); ha vissuto a Manchester, a Vienna, a Zurigo, a Francoforte, Parigi, Londra, ed ha molto viaggiato. Nel 1981 ottiene il Premio Nobel per la letteratura. E' scomparso nel 1994. Per l'intera sua vita ha denunciato la morte e il potere che uccide. In italiano le opere di Canetti sono apparse presso diversi editori; Adelphi ha in corso la pubblicazione delle opere complete; un'edizione delle Opere in due volumi è apparsa presso Bompiani. Per un avvio alla conoscenza dell'opera di Canetti cfr. Matteo Galli, Invito alla lettura di Canetti, Mursia, Milano 1986 (ma come per tutti i classici il modo migliore di conoscerlo e' aprire un suo libro ed immergercisi dentro).

 

3. UN CAMPO A TRE SPONDE: ANDERS, BLOCH, JONAS

 

Nella nostra comune e necessaria riflessione ci pare siano ineludibili, tra altri, tre riferimenti da assumere in tensione dialettica, in rapporto conflittuale e cooperativo tra loro: la riflessione di Guenther Anders, che sintetizzeremo, come altri ha fatto, nella formula del "principio disperazione" (ma subito avvertendo, come scrive Anders nell'ultima delle sue Tesi sull'eta' atomica: "Se siamo disperati, che ce ne importa? Continuiamo come se non lo fossimo!"); la riflessione di Ernst Bloch, che ovviamente puo' riassumersi nel celebre titolo del "principio speranza" (ma anche altre sue formule sono di grande forza sintetica: "l'utopia concreta", "l'ortopedia del camminare eretti"); e la riflessione di Hans Jonas, condensabile nel concetto di "principio responsabilita'" (un principio responsabilita', diciamolo subito, che e' cosa ben distinta dalle precedenti etiche della responsabilita').

Vorremmo aggiungere anche che consonanze profonde con la riflessione andersiana hanno alcune ricerche di Hannah Arendt (per un breve periodo essi furono anche coniugi) e di Karl Jaspers; che un intimo legame con l'apertura blochiana hanno le meditazioni e le prassi di Aldo Capitini e di Franco Basaglia, oltre che, ovviamente, di Juergen Moltmann, di Giulio Girardi, di Gustavo Gutierrez e la teologia della liberazione; che alla proposta di Jonas a nostro avviso possono collegarsi alcune sublimi tracce di Simone Weil, e per altro verso decisive meditazioni di Emmanuel Levinas, e le lucide e concrete riflessioni attuali di Vandana Shiva.

E sia Anders, che Bloch, che Jonas hanno interagito (per vicende esistenziali, per reciproco e conflittuale influsso) con Walter Benjamin e la scuola di Francoforte, con Gyorgy Lukacs e la scuola di Budapest (che continuiamo a ritenere di grande valore e interesse anche nei suoi sviluppi ed esiti recenti - pensiamo a tutto il percorso di Agnes Heller); ed ovviamente anche con le vicende tremende del secolo che si chiude, secolo il cui epicentro e' la Shoah, secolo i cui metuendi simboli sono Auschwitz e Hiroshima.

Crediamo che l'analisi della "eta' atomica" svolta da Anders costituisca un quadro di riferimento concettuale e la definizione di una condizione storica insuperati, entro cui ci troviamo, e ci troviamo a dover agire avendone piena consapevolezza (ci permettiamo di segnalare che nella rete telematica e' disponibile il testo andersiano delle "Tesi sull'eta' atomica" nel documento dal titolo "Guenther Anders, la condizione atomica").

Crediamo che certi aspetti forse meno evidenziati dell'opera blochiana, quelli critici, spesso espressi, oltre che nella fluenza dello stile trattatistico anche nella lampeggiante forma aforistica (e purtroppo sovente il bagliore della prosa e delle immagini paradossalmente fa velo all'intellezione della profondita' e densita' del concetto), costituiscano un contributo non rinunciabile.

E ci pare che il grande tema della terza fase dello svolgimento teorico di Jonas (dopo la fase degli studi sullo gnosticismo, e quella degli studi di filosofia della natura) non solo sia un punto di riferimento fondamentale per la riflessione e la prassi ecologista e la costituzione stessa della bioetica, ma rappresenti una base indispensabile per l'elaborazione teoretica e la pratica concreta di un'etica in grado di fronteggiare i problemi terribili che l'umanita' ha oggi di fronte a se' (e su questo ci si consenta di rinviare anche alla riflessione di Giuliano Pontara e altresi' al nostro tentativo di riferire sinteticamente del suo bel libro Etica e generazioni future, di cui abbiamo dato conto nell'ultima parte del nostro scritto disponibile nella rete telematica su "Giuliano Pontara, le ragioni della nonviolenza").

Principio disperazione, principio speranza, principio responsabilita', vicendevolmente si implicano e nel loro confliggere  e cooperare costituiscono uno spazio teorico ed operativo entro cui ci pare si collochi tanta parte del nostro riflettere, del nostro agire.

 

4. QUELLI CHE FESTEGGIANO IL QUATTRO NOVEMBRE

 

I.

 

Quelli che festeggiano la guerra vinta

festeggiano la guerra persa dagli altri.

 

I vivi marciano, s'abbracciano i vivi, i morti

giacciono, giacciono senza piu' risveglio.

 

Tutto cio' che e' stato distrutto

e' divenuto seme di nuove distruzioni.

Tutto cio' che e' sopravvissuto

e' l'odio che lo ha tenuto in piedi.

 

Molti i malvagi

prima della guerra

dopo la guerra

solo i malvagi.

 

A guerra finita i governanti

si stringono la mano, e dalla stretta

il sangue ancora stilla delle vittime.

A guerra finita i governati

stringono l'ultima lettera dei morti

sulle macerie in nota di cicogna.

 

L'ultima guerra sempre ne prepara

una nuova. Piu' vasta e piu' crudele.

 

II.

 

Dell'esercito l'unica utile

ragionevole riforma

e' la sua abolizione.

 

5. ALCUNE PROPOSTE DI LETTURA SULLA GUERRA

 

Infinita e' la bibliografia sulla guerra ed i suoi orrori. Qui si propone un percorso di lettura minimo redatto con l'obiettivo di segnalare approcci e materiali assai eterogenei ma tutti fortemente stimolanti. Ai testi di seguito indicati potrebbe aggiungersi l'invito alla visione dell'opera grafica e pittorica di Francisco Goya.

- Virginia Woolf, Le tre ghinee, varie edizioni.

- Bartolome' de Las Casas, Brevissima relazione della distruzione delle Indie, varie edizioni.

- Euripide, Le Troiane, varie edizioni.

- Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell'umanita', Adelphi, Milano 1980, 1996.

- Enzo Forcella, Alberto Monticone, Plotone di esecuzione, Laterza, Bari 1972.

- Guenther Anders, Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961.

- Di Carlo Cassola gli opuscoli dedicati all'impegno per il disarmo unilaterale: Ultima frontiera, Rizzoli, Milano 1976; Il gigante cieco, Rizzoli, Milano 1976; La lezione della storia, Rizzoli, Milano 1978 (poi ristampati con in copertina solo il titolo del primo saggio, con una introduzione di Ernesto Balducci, a un anno dalla morte di Cassola, sempre presso Rizzoli, Milano 1988); La rivoluzione disarmista, Rizzoli, Milano 1983. Cfr. anche il libro-intervista a cura di Domenico Tarizzo, Carlo Cassola: letteratura e disarmo, Mondadori, Milano 1978.

- Di Nuto Revelli tutte le opere: La guerra dei poveri, La strada del davai, Mai tardi, L'ultimo fronte, Il mondo dei vinti, L'anello forte, Il disperso di Marburg, Il prete giusto, tutti pubblicati presso Einaudi.

- Atti del processo di don Milani, L'obbedienza non e' piu' una virtu', LEF, Firenze varie ristampe (altre edizioni: Movimento Nonviolento, nei Quaderni di "Azione nonviolenta", varie ristampe - senza il testo della denuncia ne' quello della sentenza; Stampa Alternativa, a cura di Carlo Galeotti, dapprima nella collana dei "millelire", varie ristampe, poi in Don Lorenzo Milani, L'obbedienza non e' piu' una virtu' e gli altri scritti pubblici, 1998 - in entrambi i casi senza il testo della denuncia ne' quello della sentenza, ma con un ampio apparato biobibliografico e, per la prima volta, con un testo ricostituito criticamente attraverso una revisione effettuata sui volantini originali).

- Luigi Bonanate, La guerra, Laterza, Roma-Bari 1998.

- Kenneth Brown, La prigione, Einaudi, Torino 1977.

 

6. PENSIERO DELLE DONNE E NONVIOLENZA

 

Chiunque si accosti con limpido sguardo ed ascolto partecipe alla nonviolenza non puo' non percepire subito il legame cosi' forte e decisivo tra pensiero delle donne e nonviolenza, il contributo fondamentale che all'elaborazione e alla pratica della nonviolenza le donne hanno dato.

Vi e' in questo anche il portato di un'oppressione, di una sofferenza: in questo pesano secoli di oppressione maschilista e patriarcale (che tuttora perdura, fino alle forme estreme di cui l'Afghanistan e' solo uno dei numerosi esempi), e pesa la maggior lucidita' e finezza delle pensatrici e delle esperienze di riflessione e di liberazione delle donne. E' un dato di fatto ineludibile: dal punto di vista del pensiero della liberazione, e soprattutto dal punto di vista di quel pensiero della liberazione che vuole essere coerente e trasparente nel suo stesso costituirsi e nei suoi metodi e le sue pratiche oltre che nei suoi fini, pochi sono i pensatori che apportano utili contributi, le cose fondamentali sono state pensate e dette quasi esclusivamente da donne.

Le vittime di oppressione pensano la verita' piu' facilmente degli oppressori, proprio perche' chi opprime preferisce evitare di dover affrontare la verita' del suo essere e del suo agire, mentre chi e' oppresso quella verita' non teme ma ricerca e reca: la verita' e' rivoluzionaria.

Da Luce Fabbri a Virginia Woolf, da Vandana Shiva a Ursula K. Le Guin, da Lidia Menapace a Rossana Rossanda, da Adriana Zarri a Giuliana Martirani, da Luciana Castellina a Edoarda Masi, da Germaine Greer a Carla Lonzi, da Judith Mitchell a Luce Irigaray, da Franca Ongaro Basaglia a Simone de Beauvoir, e naturalmente da Hannah Arendt a Simone Weil, da Khalida Messaoudi ad Aung San Suu Kyi, da Adrienne Rich a Sylvia Plath, da "Mother" Jones a Rosa Luxemburg, da Joan Robinson a Carla Ravaioli, da Marianella Garcia a Rigoberta Menchu', da Marthe Robert a Marta Meszaros, da Annarita Buttafuoco a Giancarla Codrignani.

La nonviolenza e' una parola femminile.

 

7. IL VOCABOLARIO DI SCARPANTIBUS: COMPAGNO

 

Compagno: all'inizio significa quello che condivide il suo pane con gli altri. Scarpante quando sente qualcuno dare del compagno a tizio e a caio come fosse parola da dissipare a casaccio, e' aduso a questa certa sua sarchiaponata: dopo essersi avvicinato con passo felpato (felpato: ma se pesa piu' di cento chili!) al distrattone, all'orecchio rauco gli sussurra: e quando mai abbiamo mangiato alla stessa taverna? quando mai abbiamo ingollato la medesima sbobba? quando mai io ero affamato e tu hai spezzato il tuo pane e l'hai spartito con me?

 

8. UNA RICHIESTA AI VENTIQUATTRO LETTORI

 

Stiamo cercando di mettere ordine nel nostro indirizzario, ed anche di definire meglio senso e fini di questo notiziario e la sua tecnica organizzazione. Avremmo bisogno di qualche minuto della vostra attenzione.

I. Quanto all'indirizzario:

a) pregheremmo tutti coloro che desiderano non ricevere il notiziario di segnalarcelo (ovviamente non appena ci giunge la richiesta provvediamo a depennare gli indirizzi relativi: ci e' capitato talvolta che ci siano pervenute richieste di cancellazione da parte di persone che lo ricevono da liste di discussione o "girato" da altri nostri interlocutori: in questi casi non siamo in grado di provvedere);

b) pregheremmo tutti coloro che fossero in contatto con persone o strutture che potrebbero essere interessate a ricevere il nostro notiziario di segnalarlo loro affinche' possano richiedercelo.

II. Quanto al senso ed ai fini:

a) il notiziario e' nato - col titolo "In cammino verso Assisi" - come foglio di collegamento tra amici della nonviolenza viterbesi, come contributo e come piccolo ripetitore verso vari interlocutori organizzati e non (istituzioni, media, strutture e militanti politici, sindacali, dell'associazionismo, della solidarietà) in preparazione della partecipazione alla marcia Perugia-Assisi del 24 settembre;

b) poi abbiamo proseguito la pubblicazione - con il titolo attuale - per ridiffondere piu' ampiamente i materiali della marcia e le riflessioni successive;

c) cammin facendo ci e' parso potesse essere uno strumento di informazione e un luogo di proposta e discussione non disutile.

d) Infine ci e' parso un modo per contribuire a fare della nonviolenza una proposta politica e un movimento di massa, per contribuire a rispondere alla proposta formulata da Pietro Pinna nel suo invito che ha originariamente promosso la marcia del 24 settembre.

Ci e' sembrato interessante sperimentare la possibilita' di realizzare un notiziario telematico quotidiano specifico sulla nonviolenza, per ospitare e ridiffondere contributi diversi e promuovere una piu' approfondita riflessione.

Una delle calunnie piu' spiacevoli che si fanno alla nonviolenza e' che essa sia una teoria rozza e banale, appiattibile su una sorta di galateo minimo per rustici e candidi. Ai vari dottor Dulcamara e nipotini di Hegel che ci dipingono come allegri mattacchioni o inutili idioti cui e' d'uopo propinare i loro magici elisiri e le loro dialettiche capriole e summule dommatiche, ci piace far sapere che la nonviolenza e' invece un campo di ricerche e di pratiche di straordinaria ricchezza ed apertura, di molteplici dimensioni, e di una complessita' che da' luogo ad opzioni assai diversificate ed a posizioni talvolta (e forse si potrebbe dire sovente) tra esse fin confliggenti.

E ci e' sembrato ragionevole lavorare in questo modo a proporre (dovremmo dire piuttosto: riproporre, poiche' un tentativo analogo facemmo in vario modo in molti circa vent'anni fa) la nonviolenza come punto di riferimento per l'agire non solo sociale ma politico in senso forte. Ci e' sembrato ragionevole lavorare in questo modo a proporre che la nonviolenza diventi anche un progetto e soggetto politico riconoscibile ed operativo (ovviamente non il partitino, ne' certe molte altre sgradevolezze che molti di noi hanno conosciuto fino alla nausea: ma un punto di vista teorico e pratico, una cultura politica e un movimento di massa; un abbozzo di discussione in tal senso e' nel documento di Aldo Capitini e Lanfranco Mencaroni di quasi quarant'anni fa che abbiamo ripubblicato tempo addietro).

Puo' servire un foglio come questo? E come puo' interagire con gli altri strumenti di comunicazione alla nonviolenza attenti? Sono domande a cui non abbiamo risposte, e che giriamo a chi ci legge.

III. E venendo alle note tecniche:

a) abbiamo ricevuto molti suggerimenti e molte proposte per migliorare la fattura del notiziario. Di tutti i contributi ovviamente teniamo conto, e ne siamo grati. Ma cio' che ci rende difficile fare alcune scelte (ad esempio: passare a realizzare un sito, diffondendo per e-mail solo la notizia dei materiali via via li' collocati; oppure: inviare per e-mail solo titoli e link; o ancora: passare a una periodicita' piu' dilatata) e' che i fruitori e gli usi di questo notiziario sono assai diversificati e vorremmo riuscire a continuare a fornire un servizio a tutti; e per essere espliciti:

- alcuni interlocutori stampano questi fogli e li diffondono tra amici che non hanno ne' modem ne' computer;

- alcuni interlocutori hanno piacere di ricevere nostre notizie ma non hanno la pazienza o l'agio o il modo di navigare nella rete;

- alcuni interlocutori sono interessati solo ad alcuni dei materiali che diffondiamo, e non ad altri.

Insomma, fin qui siamo riusciti ad individuare questa modalita' di diffusione come quella piu' versatile; ma ovviamente continuiamo a ragionarci sopra e contiamo che ci giungano altre idee ancora.

b) Quanto alla periodicita': vorremmo insistere sulla frequenza quotidiana. Se vogliamo che la nonviolenza diventi "pane quotidiano", dobbiamo cominciare a farne una cosa che ogni giorno si possa esaminare da diverse prospettive, ogni giorno si possa discutere, ogni giorno si possa proporre. Alcuni amici ci hanno garbatamente posto il problema che se tutti volessero far sentire la loro voce ogni giorno sarebbe un caos; a questi amici rispondiamo che non solo il mondo e' gia' un caos, ma che forse dovremmo interrogarci tutti sul dato di fatto che oggi gli oppressori, con i loro giornali, le loro televisioni, le loro agenzie e quant'altro, essi si' che parlano tutti i giorni assordendoci e narcotizzandoci: e dunque, perche' mai ai manipolatori e' ovvio che sia concesso di parlare sempre, ed a noi dovrebbe essere da noi stessi impedito? Questa sorta di autocensura non e' forse il portato di una censura che subiamo, cosi' forte che rischiamo di averla addirittura interiorizzata?

E' naturale che non pretendiamo che tutti leggano tutto il notiziario, ognuno vi scegliera' quel che gli interessa, se e quando gli interessa, come si fa con un giornale qualsiasi.

Del resto non abbiamo alcuna pretesa, non diciamo di essere esaustivi, ma neppure di essere sufficientemente orientativi e panoramici: di molti argomenti non ci occupiamo, e di molte iniziative non diamo notizia, solo perche' gia' molti altri in rete e altrimenti lo fanno egregiamente; ed ovviamente di tante altre cose che stanno fra cielo e terra non diciamo: o per mera ignoranza, o perche' la nostra finitudine ci preclude di averne chiara nozione.

c) Beninteso: chi scrive queste righe e' da sempre contrario ai vocalizzi, al rumore di fondo, al ciarlare senza costrutto solo per colmare il vuoto dei nostri giorni. E trova che gran parte delle cose che compaiono nella rete telematica come nei giornali e negli altri media siano inutili, sciocche, ripetitive, fasulle, in definitiva favoriscano la menzogna e l'alienazione. Come ebbe a scrivere Danilo Dolci: "ciascuno umilmente s'informi". Ma per informarsi e poter poi aprir bocca con cognizione di causa occorre trovare fonti ed interlocutori, occorre aver iniziato l'azione comunicativa.

IV. Finendola qui:

saremo grati a tutti coloro che ci daranno una mano a migliorare l'indirizzario, a tutti coloro che vorranno darci suggerimenti tecnici (chi scrive queste righe e' di una ignoranza abissale in campo informatico), a tutti coloro che vorranno inviarci interventi e commenti e notizie. E scusate se per avventura ci e' capitato di esservi di noia, che neanche noi, per dirla manzoniana, lo abbiamo fatto apposta.

 

9. IL VOCABOLARIO DI SCARPANTIBUS: PERSONA, PROFETA, RELIGIONE, RESISTENZA, RIVOLUZIONE

 

Persona: significa la nostra identita', ma significa anche nessuno, e maschera. Ne consegue che questo solo siamo: persona, nessuno, maschera. Ci sia dunque prezioso questo nulla di cui consistiamo, ci stia dunque a cuore come gli altri ci vedono e ci interpretano; e se ci pare di essere dappoco, o che altri dappoco sia, ci sia comunque prezioso questo nostro e questo suo esserci, null'altro abbiamo che questa breve e spoglia vita, cerchiamo di condurla senza farci del male.

Volendo farla piu' lunga: che la maschera sia il nostro vero volto ci dice che siamo un essere sociale, e che nel costituirsi della nostra complessa e cangiante identita' conta come gli altri ci percepiscono; lo sapevano le culture arcaiche: chi indossa una maschera, diventa quella maschera (e quindi: non fate mai la faccia feroce, o il male si impadronira' di voi).

O ancora: che consistiamo di un nulla, di una parola, di un soffio, di un silenzio (ma in un antico libro oltre il roveto ardente e' il silenzio, e quel silenzio e' tutto), e dunque la nostra persona, il nostro essere, e' il nostro non-essere: e quindi siamo l'insieme delle possibilita' che abbiamo respinto o che non ci sono state date, siamo questo residuo, questo scarto: ma residuo infinito, ma meraviglioso scarto.

E qui mi fermo che mi pare di averla gia' fatta fin troppo lunga, conclude quel sacripante di Scarpante con uno sberleffo: annamosene da Iaiotto a fasse 'n goccio de quello bono.

*

Profeta: designa colui che parla, che parla davanti, che parla al popolo perche' del popolo e' parte e voce. E' il contrario del vate dannunziano, e' il contrario del duce alla balconata, e' il contrario del consigliere del principe e del dottore della legge. Profeta e' uno di noi che dice pane al pane e vino al vino. Gli sprovveduti credono che parli del futuro, ed invece parla del presente.

*

Religione: all'inizio vuol dire cio' che lega, che collega, che tiene uniti. E puo' essere insieme oppressivo legame, come i ceppi, come le catene, ed anche cordata che salva l'alpinista; puo' essere la fune del patibolo e il filo d'Arianna che impedisce ci si perda in questo magnifico palazzo di Cnosso che chiamano labirinto, o biblioteca di Babele, o vita. Dopo il Torrente di Fuoco (Feuerbach, il gioco di parole e' usato dal buon Marx) vediamo tutti piu' chiaro nelle dialettiche di questo concetto.

E vi e' una religione laica e fin atea, come quella di Leopardi: gli uomini tutti fraternamente solidalmente uniti e stretti "in social catena" in lotta contro l'inerte, il male, la morte; e' la grande visione della Ginestra, la poesia conclusa dettandola dal letto di morte, estremo manifesto politico, capolavoro della coscienza rivoluzionaria egualitaria: "Congiunta esser pensando, Siccome e' il vero, ed ordinata in pria L'umana compagnia, Tutti fra se confederati estima Gli uomini, e tutti abbraccia Con vero amor, porgendo Valida e pronta ed aspettando aita Negli alterni perigli e nelle angosce Della guerra comune. Ed alle offese Dell'uomo armar la destra, e laccio porre Al vicino ed inciampo, Stolto crede..."

E vi e' una religione teista e indicibile: la parola divina data a Mose', e la sua impronunciabilita', e quel dramma che ancora nel secolo nostro sentirono e seppero paradossalmente dire Karl Barth e Arnold Schoenberg, e Dietrich Bonhoeffer.

Noi vecchi comunisti, conclude Scarpante, che la sappiamo lunga sulle debolezze degli uomini, che sono le nostre, noi ci diciamo ancora che essa e' consolazione alienata e protesta concreta, oppio che reca vile una rassegnazione al male, e grido di battaglia degli oppressi; un nodo di verita' e menzogna, di illusione e testimonianza. Ad un tempo medesimo; e non per niente abbiamo fatto lo sgambetto a Hegel. Ma queste cose si possono dire solo per cenni e solo dopo aver trincato di brutto qui da Iaiotto, o giu' da Bozzella.

*

Resistenza: se coloro che giovinotti oggidi' se ne riempiono la bocca per giustificare proprie non limpide condotte avessero avuto la pazienza di ascoltare coloro che l'hanno fatta, o almeno avessero la bonta' di leggerne le testimonianze, scoprirebbero che la Resistenza europea contro il nazifascismo e' stata in massima parte una grande esperienza nonviolenta; dico: non solo "non (staccato) violenta", ma precisamente "nonviolenta" (ovvero di contrapposizione assoluta alla violenza, resistendo ai poteri violenti, contrastando con tutte le forze la violenza orribilmente dispiegata, nel modo piu' rigoroso e intransigente; appunto: una grande esperienza nonviolenta).

*

Rivoluzione: designa un movimento circolare, ed infatti molte rivoluzioni sono finite in un cerchio che si chiude. E in un cumulo di teste mozzate dei buoni e dei cattivi insieme, tra cui le mosche non fanno distinzione. Occorre essere rivoluzionari, conclude Scarpante in una smorfia, assassini no.

 

10. EDUCARE ED ADDESTRARE ALLA NONVIOLENZA IL PERSONALE ADDETTO ALLA PUBBLICA SICUREZZA

[Riproduciamo qui il testo di una lettera aperta inviata il 24 luglio ad alcuni parlamentari impegnati per i diritti umani, la legalita' costituzionale e la civile convivenza, con la quale lettera proponevamo ad essi un'iniziativa legislativa affinche' tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza sia educato e addestrato ai valori ed alle tecniche della nonviolenza; segnaliamo che in data 25 luglio un'altra lettera sul medesimo argomento inviammo al Ministro dell'Interno, e che quest'ultima e' riprodotta nel n. 8 del 4/9/2000 del notiziario "In cammino verso Assisi", e reperibile nel sito di Peacelink]

 

Una proposta di legge per stabilire che tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza sia educato e addestrato ai valori ed alle tecniche della nonviolenza.

Cari amici ed egregi signori,

con questa lettera aperta vi formuliamo la proposta di voler promuovere, d'intesa con gli altri parlamentari a cio' disponibili, una proposta di legge finalizzata a stabilire che tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza, all'attivita' di repressione del crimine, all'intervento delle istituzioni in situazioni di conflitto e di crisi, abbia nel suo curriculum formativo lo studio dei valori e delle esperienze della nonviolenza, e l'addestramento all'uso delle strategie e delle tecniche della nonviolenza.

Gia' mesi addietro, in una lettera inviata ad alcune figure istituzionali locali, proponevamo ad esse "di voler promuovere un corso di formazione ai valori ed alle tecniche della nonviolenza per tutto il personale preposto alla pubblica sicurezza".

E gia' cola' chiarivamo che "la nonviolenza non e' passivita', ma contrasto efficace ed opposizione integrale alla violenza; e le sue specifiche tecniche comunicative, di accostamento psicologico, di interpretazione sociologica e di intervento sociale, costituiscono strumenti sia di formazione morale e intellettuale di se stessi, sia di interazione adeguata e costruttiva con gli altri; particolarmente in situazioni di conflitto, di tensione e di crisi le tecniche della nonviolenza sono di grandissima utilita', e pressoche' insostituibili.

E' evidente la necessita' che particolarmente coloro che svolgono il delicatissimo e difficilissimo compito di contrastare crimine e violenza, di promuovere e difendere con la legalita' la serenita' e il benessere di tutti, devono avere conoscenze e capacita' tali da saper intervenire adeguatamente in primo luogo in aiuto di chi e' in difficolta'.

Conoscere le tecniche della nonviolenza, ed essere addestrati al loro uso, significa avere a disposizione una strumentazione interpretativa ed operativa di grande valore ed efficacia.

Contrastare la violenza significa contrastare effettivamente ed efficacemente il crimine (che sulla violenza si fonda), significa altresi' garantire autentica sicurezza, che solo puo' nascere dal rispetto piu' scrupoloso dei diritti della persona, di ogni persona, dal rispetto e dalla promozione della dignita' umana, dall'aiuto a chi di aiuto ha bisogno".

E' nostra ferma convinzione che la conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori, delle sue tecniche, delle sue strategie di intervento comunicativo, sociale, solidale e umanizzante, sia indispensabile per ogni operatore pubblico e soprattutto per quelli addetti alla sicurezza ed alla protezione dei diritti.

Naturalmente non si tratta di "convertire" delle persone, bensi':

- in primo luogo, di mettere a disposizione strumenti interpretativi ed operativi adeguati per agire in modo costantemente legale, efficace e rispettoso della dignita' umana nello svolgimento delle proprie mansioni;

- in secondo luogo, di fornire agli operatori addetti al controllo del territorio ed alla protezione dei diritti, un quadro di riferimento categoriale ed applicativo coerente con la Costituzione, e quindi con la fonte stessa della legalita' nel nostro paese; e con la Dichiarazione universale dei diritti umani, che costituisce un comune orizzonte di riferimento per le codificazioni giuridiche e le prassi amministrative dei paesi democratici;

- in terzo luogo, di offrire un'occasione di riflessione sulle dinamiche relazionali e sulle strategie operative e cooperative nel rapporto interpersonale e particolarmente nel conflitto con la persona o le persone nei cui confronti si interviene e con cui quindi si interagisce;

- in quarto luogo di mettere a disposizione indicazioni utili ad un approfondimento delle problematiche non solo giuridiche, procedurali, amministrative e tecniche, ma anche psicologiche, sociologiche, comunicative e antropologico-culturali connesse ed implicate dall'attivita' che si svolge.

I valori teoretici, le strategie d'intervento e le tecniche operative della nonviolenza, e quindi l'educazione e l'addestramento ad essi ed esse, costituiscono una opportunita' formativa che a nostro parere sarebbe necessario ed urgente che entrasse nel bagaglio di conoscenze, nei curricula studiorum e nell'addestramento di tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica.

Vi saremmo assai grati se voleste prendere in considerazione questa proposta, e - qualora la riteneste persuasiva ed opportuna - se voleste impegnarvi per tradurla in una proposta di legge o in altro atto legislativo equipollente.

 

11. IL VOCABOLARIO DI SCARPANTIBUS: METICCIO

 

Meticcio: all'inizio vuol dire fuori di casa, che e' condizione cui tutti siamo esposti.

Ma essere fuori di casa vuol dire anche: essere in cammino, non avere una patria (se non nel senso in cui ne dice Ernst Bloch nelle righe conclusive del Principio speranza), scoprire il mondo come meraviglia, cercare qualcuno e qualcosa che inesauribilmente ti compulsa a cercare ancora. Vuol dire dover contare sugli altri. Vuol dire sentirsi dispersi ed avere al contempo contezza del proprio essere centro del mondo, poiche' ogni luogo e' il centro del mondo (cosi' come ogni religione e' l'unica autentica, scrisse Simone Weil), e sapere che il prossimo villaggio e' irraggiungibile eppure tu ti metti in cammino verso di esso, come quell'anziano parente di Franz Kafka, come in quella visione herzoghiana di Kaspar Hauser (del quale Kaspar Hauser, or mi sovviene, scrisse quel Feuerbach padre di Ludwig). E vuol dire sapere che la propria identita' e' il frutto di tanti sguardi, di tante eredita', di tante ricerche, delle esperienze che abbiamo fatto e di quelle che ci attendono al varco se siamo abbastanza curiosi ed anche se non lo siamo; e ne ha scritto ben bene Amin Maalouf cosicche' posso dispensarmi dal trinciar ciance oltre.

Siamo tutti meticci, grazie al cielo; e' la sentenza di quell'animaccia materialista di Scarpantibus.

 

12. LA CRONACA DELLA MARCIA PERUGIA-ASSISI SU "A. RIVISTA ANARCHICA"

[Riportiamo qui la cronaca della marcia Perugia-Assisi apparsa nel fascicolo n. 267 del novembre 2000 di "A. rivista anarchica". Nello stesso fascicolo della rivista (una delle voci piu' significative tra le pubblicazioni di politica e di cultura in Italia) segnaliamo anche un'ampia intervista a Roberto Freire (medico, scrittore e psicoanalista brasiliano), un perspicuo saggio di Margareth Rago su Luce Fabbri (la grande intellettuale e militante libertaria recentemente scomparsa), una accurata ricostruzione dell'esperienza della scuola moderna razionalista di Clivio (in questo paese nei pressi di Viggiu' dal 1909 al 1922 ebbe luogo una rilevante esperienza pedagogica libertaria ispirata alla proposta di Francisco Ferrer). Per richieste, informazioni, contatti: "A. rivista anarchica", c. p. 17120, 20170 Milano, tel. 022896627, fax 0228001271, e-mail arivista at tin.it ; in rete: www.anarca-bolo.ch/a-rivista ]

 

Domenica 24 settembre si e' svolta da Perugia ad Assisi la marcia per la nonviolenza contro tutti gli eserciti e le guerre promossa dal Movimento Nonviolento e dal Movimento Internazionale per la Riconciliazione (MIR); vi hanno preso parte alcune migliaia di persone persuase della necessita' di opporsi direttamente ed integralmente alla violenza e all'ingiustizia; di lottare nel modo piu' coerente ed intransigente contro tutti i poteri oppressivi; di contrastare la guerra, i suoi apparati, i suoi strumenti.

La marcia del 24 settembre ha segnato una cesura profonda nella vicenda del pacifismo italiano e nella tradizione degli appuntamenti in cammino tra le cittadine e per le campagne umbre sulle orme di due grandi resistenti e rivoluzionari come Francesco d'Assisi ed Aldo Capitini. Una rottura ed insieme un ritorno alle origini, alla radicalita' ed alla limpidezza di una posizione rigorosa dal punto di vista intellettuale e morale, quindi anche politico.

Una cesura poiche' prende atto delle ambiguita', e le smaschera e le denuncia, che hanno portato lo scorso anno alla catastrofe del movimento pacifista italiano cosi' come s'era definito negli ultimi due decenni dopo quel grande momento di "gruppo in fusione" del tempo dell'opposizione ai missili a Comiso.

Lo scorso anno il movimento pacifista italiano collasso'.

Da un lato perche' erano prevalse tendenze burocratiche e per cosi' dire parastatali, subalterne alle trame governative; e soprattutto era prevalso un atteggiamento pusillanime e colluso di fronte alla protervia degli stragisti: occorreva fermare la guerra, ed invece ci si limitava alle lamentazioni ed alle sommesse richieste agli assassini che erano troppo indaffarati alle loro opere di bassa macelleria per trovare il tempo di ascoltare i queruli e garbati signori in attesa nelle anticamere. Occorreva l'azione diretta nonviolenta, occorreva un movimento nonviolento di massa che andasse a fermare materialmente i decolli dei bombardieri (un tentativo in questa direzione facemmo ad Aviano con l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace, di cui su "A" si e' gia' scritto).

Dall'altro perche' erano presenti nel movimento che si opponeva alla guerra, ed emersero in modo flagrante e dirompente, ambiguita' profonde sulla violenza: ma la violenza e' sempre l'arma dei ricchi, e' sempre lo strumento degli oppressori, e' sempre la legittimazione del forte rispetto al debole, allo sfruttato, all'oppresso, al denegato. La violenza non porta alla liberazione, ma a nuovi potenti e nuove oppressioni.

Cosi' quest'anno, accogliendo un invito di Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza in Italia, i movimenti nonviolenti hanno chiamato a marciare non le organizzazioni ma le singole persone, e le hanno chiamate a marciare non genericamente per la pace, ma specificamente per la nonviolenza.

Quella nonviolenza che e' lotta la piu' intransigente contro tutte le violenze, contro tutte le ingiustizie; quella nonviolenza che e' rivoluzione aperta che afferma la dignita' di ogni essere umano e la solidarieta' di tutti gli esseri umani contro il male e la morte.

Questa scelta per la nonviolenza ha segnato quindi anche una novita' profonda rispetto alle marce "per la pace" degli ultimi venti anni, ricollegandosi direttamente ed intimamente alla prima marcia Perugia-Assisi, quella promossa da Capitini il 24 settembre 1961.

Ed e' stata una esperienza forte: con piu' momenti di riflessione cui hanno dato voce, tra altri, persone come Mao Valpiana, Angelo Cavagna, Alberto L'Abate, Beppe Marasso, Sandro Canestrini, Alex Zanotelli: alcune delle figure piu' belle dell'antimilitarismo intransigente, della solidarieta' concreta, della lotta in cui si paga di persona, della condivisione della sorte dei piu' oppressi, della rivoluzione dal basso (della "omnicrazia" avrebbe detto Capitini: "il potere di tutti").

La marcia e' un'assemblea itinerante: per incontrarci e riflettere insieme, per illimpidire posizioni e definire lotte e ricerche; essa non finisce ad Assisi: da Assisi comincia. La nonviolenza e' una rivoluzione in cammino.

Per saperne di piu': "Azione nonviolenta", via Spagna 8, tel. 045/8009803, e-mail: azionenonviolenta at sis.it ...

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Numero 757 del 28 aprile 2013

 

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