La nonviolenza contro il razzismo. 13



 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 13 del 16 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di gennaio 2002 (parte prima)

2. Le occhiatacce di Scontentone

3. Per l'impegno contro la schiavitu' in Italia

4. Alcuni dissensi

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI GENNAIO 2002 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di gennaio 2002.

 

2. LE OCCHIATACCE DI SCONTENTONE

[Scontentone e' quello che quando passa per strada perennemente lo senti bofonchiare, in mancanza d'altro contro il bel tempo, che vorrei proprio sapere cosa ha da essere cosi' bello di questi tempi. Ma c'e' sempre qualcosa d'altro]

 

Contare. Non partecipo al macabro esercizio del contare i morti. Non sono conti che vanno a pareggio, due morti non fanno una resurrezione.

Controcanto. Ma vi e' un esercizio ancora piu' macabro: applaudire chi li ha assassinati.

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Civile. E' il contrario di barbaro, ed e' il contrario di militare. Significhera' pur qualcosa.

Controcanto. Ma oggi e' solo un aggettivo che designa le vittime, il cui altro nome nella neolingua vigente e' "effetti collaterali".

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Come cambia il mondo. C'era in Afghanistan un regime islamico insediato dagli americani. Ora esso e' stato abbattuto dagli americani. Ed e' stato sostituito da un regime islamico insediato dagli americani.

Postilla. Il tutto al modico costo di migliaia e migliaia di morti innocenti e di sofferenze infinite per i superstiti.

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"Perche' ci odiano tanto?", dicono si chiedano i nipotini di Eichmann.

 

3. PER L'IMPEGNO CONTRO LA SCHIAVITU' IN ITALIA

[Riproduciamo qui... un fascicolo del notiziario "Campagna contro la schiavitu' in Italia. Materiali di lavoro", anno III, n. 2 del 6/8/2000. Per contatti: "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, e-mail: nbawac at tin.it]

 

I. Editoriale: la chiave di volta e' liberare, accogliere ed assistere le vittime

Far cessare in Italia la schiavitu' a fini di sfruttamento sessuale non e' cosa difficile, basterebbe che le istituzioni volessero farlo.

Un'associazione di volontariato come la Comunita' Papa Giovanni XXIII presieduta da don Oreste Benzi ha dimostrato che e' possibile, oltre che necessario.

Se le istituzioni italiani, anche stante l'attuale quadro normativo, volessero intervenire in modo corretto ed efficace, sarebbe possibile sconfiggere il racket schiavista in breve tempo e definitivamente.

La chiave di volta e' liberare le vittime: oggi esse vengono sfruttate e torturate dal racket e dai clienti che comprano servizi sessuali resi in condizione di schiavitu', e vengono perseguitate dalle forze dell'ordine che le ricacciano vieppiu' nella clandestinita' e nella schiavitu' applicando ad esse la parte piu' ignobile della legge 40/98, l'insensato provvedimento di espulsione; occorre invece che le istituzioni finalmente intervengano:

a) applicando la parte migliore della legge 40/98 (l'art. 16; poi art. 18 del Testo Unico, D. Lgs. 286/98): liberando le vittime e garantendo ad esse permanenza legale in Italia, piena assistenza, sostegno economico, alloggio e difesa da rappresaglie;

b) contrastando gli schiavisti ed i loro complici (dai consolati ai cosiddetti clienti del sesso schiavo) applicando gli articoli del Codice Penale relativi al reato di riduzione in schiavitu' (artt. 600-602).

Occorrerebbe cioe' che le istituzioni addette alla pubblica sicurezza invece di perseguitare le vittime le aiutassero appunto riconoscendole come vittime da soccorrere, dando loro indicazioni utili, fornendo assistenza, agendo d'intesa con gli enti locali ed il volontariato qualificato.

Ed occorrerebbe che gli enti locali adottassero nelle loro politiche sociali misure specifiche di intervento per liberare ed assistere adeguatamente chi in Italia e' stato reso schiavo.

In Italia ci sono ottomila Comuni: se ognuno di essi (per quelli di dimensioni piu' piccole sarebbero possibili forme consortili) decidesse di realizzare unita' di strada per avvicinare, informare, assistere ed aiutare le persone schiavizzate, e decidesse altresi' di garantire alloggio, assistenza, difesa ed un adeguato aiuto economico alle vittime da liberare, lo sforzo congiunto degli enti locali basterebbe per liberare tutte le persone oggi schiave sulle strade, negli appartamenti e nei locali notturni d'Italia; e liberando le vittime dall'asservimento e dalla paura, si spezzerebbe il legame tra vittime e carnefici, e si potrebbe con efficacia colpire e sconfiggere il racket schiavista ed i suoi complici.

E' possibile, e' necessario, perche' non lo si fa?

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II. Materiali

Lettera aperta del 30 novembre 1998 ai Sindaci dei Comuni italiani con allegata bozza di deliberazione

La schiavitu' sessuale in Italia puo' essere sconfitta da un forte impegno degli enti locali che liberi le vittime e combatta il racket schiavista

Egregio Sindaco,

le scriviamo in merito alla strategia degli enti locali rispetto al fenomeno della prostituzione.

Come certamente sapra', il dato statistico e sociologico di gran lunga piu' rilevante e' il seguente: che la grandissima maggioranza delle persone che si prostituiscono lungo le strade e' costituita da giovani e giovanissime donne, perlopiu' immigrate, tenute in condizioni di schiavitu' da efferati poteri criminali; queste giovani donne sono vittima di schiavitu' e di inenarrabili violenze: il racket che le asservisce e sfrutta le sottopone a brutalita', le priva di documenti, le riduce all'illegalita' e le priva di speranza di trovare assistenza e liberazione.

Stando cosi' le cose, il primo compito delle istituzioni democratiche tutte e' di combattere la schiavitu', punire gli schiavisti, liberare le vittime.

Orbene, tale compito richiede un impegno prolungato, tenace e rigoroso. Finche' non si interviene su questo punto nevralgico, altri interventi rischiano di essere nella migliore delle ipotesi dei meri palliativi, nella peggiore degli atti demagogici che reduplicano la violenza sulle vittime di schiavitu'.

C'e' un intervento che puo' essere decisivo, e che a nostro giudizio costituisce il vero banco di prova per le amministrazioni comunali interessate dal fenomeno della prostituzione schiavista: attuare programmi di liberazione delle vittime, intervenendo affinche' cessino di subire violenza, ricevano aiuto e siano difese da parte dei pubblici poteri, siano sottratte al dominio dei poteri criminali.

Questo implica che gli enti locali intervengano non per scacciare le schiave da una ad altra strada, da un quartiere all'altro, dal centro alla periferia, da una ad altra citta', lasciando che restino schiave: no; questo implica che gli enti locali intervengano per liberare davvero le vittime di schiavitu': ed a tal fine occorre che ad esse sia riconosciuto, anche a titolo di risarcimento per le violenze da esse subite in Italia, il diritto di una permanenza legale nel nostro paese, difesa ed assistenza da parte delle istituzioni pubbliche, sostegno e rispetto, aiuto concreto e prolungato in termini di assistenza sociale ed economica, di alloggio sicuro, di tutela dalle violenze, di aiuto a trovare un lavoro legale e degno.

Pertanto con la presente lettera proponiamo a lei e alla sua amministrazione comunale un impegno in tal senso, con tre forme di intervento:

a) istituire "unita' di strada" che offrano assistenza, ascolto e possibilita' di una via d'uscita, di una alternativa degna e sicura, alle persone che si prostituiscono;

b) realizzare programmi di intervento che offrano difesa, diritti civili, assistenza sociale ed economica, alloggio ed aiuto alle persone da liberare dalla schiavitu';

c) chiedere al governo ed al Parlamento di procedere lungo la direzione indicata dalla Costituzione, dagli articoli 600-602 del Codice Penale (contro il delitto di riduzione in schiavitu'), e dall'articolo 16 della recente legge 40/98, assumendo impegni precisi (non solo normativi ma anche in termini di disponibilita' di spesa) per combattere la schiavitu' e liberare le vittime: decisivo e' che si garantisca alle persone che si riesce a liberare dalla schiavitu' una permanenza in Italia (se desiderata) in condizioni di legalita', sicurezza ed assistenza.

Ribadiamo ancora una volta che garantire diritti civili, sicurezza ed assistenza alle persone che in Italia hanno subito schiavitu', costituisce da parte delle istituzioni un dovere, anche come risarcimento per le violenze da queste persone subite nel nostro paese.

Confidiamo nella sua sensibilita' democratica e nel suo impegno per la promozione dei diritti umani e della legalita'; ritenendo che tutti i pubblici ufficiale devono essere uniti nella promozione del diritto e nella lotta contro il crimine; ritenendo che la schiavitu' in Italia, e particolarmente quella sessuale, possa essere sconfitta solo se vi sara' un impegno convinto e concreto delle istituzioni e dei cittadini di volonta' buona.

Si allega una bozza di proposta di deliberazione.

Allegato: bozza di proposta di deliberazione

Il Consiglio Comunale di ...

rilevato che decine di migliaia di giovani donne sono vittima in Italia di schiavitu' sessuale, costrette a prostituirsi con la violenza da parte di racket criminali;

considerato che e' inammissibile che in Italia si tolleri che delle persone siano ridotte in schiavitu' (reato ovviamente previsto e punito dal Codice Penale); e' inammissibile che in Italia delle persone subiscano abominevoli violenze che configurano reati gravissimi;

considerato altresi' che e' dovere delle istituzioni democratiche applicare i princìpi sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana; e' dovere delle istituzioni democratiche promuovere la dignita' umana;

delibera

1. di promuovere un programma di politica sociale per la liberazione delle persone in condizioni di schiavitu' ed a tal fine di istituire presso il proprio assessorato ai servizi sociali uno specifico servizio;

2. di promuovere un intervento centrato sui seguenti punti:

a) intervento con unita' mobile di riduzione del danno: con autovettura attrezzata, vigile urbano, assistente sociale ed operatori, che rechino assistenza, ascolto ed ogni forma di aiuto possibile alle persone che si trovano lungo le strade in condizioni di schiavitu':

b) intervento di assistenza sociale e di orientamento ai servizi pubblici;

c) intervento di sostegno alla fuoriuscita dalla condizione di schiavitu', a tal fine mettendo a disposizione: casa-alloggio, difesa da ulteriori violenze (in collaborazione con le autorita' di PS), assistenza sociale, assistenza economica adeguatamente protratta, diritto allo studio e alla formazione professionale, corsie preferenziali di avviamento al lavoro;

d) il programma di intervento ovviamente deve prevedere che il Comune garantisca alla persona assistita la residenza legale in Italia e la certezza dei diritti che ad ogni persona devono essere assicurati (come peraltro gia' indica l'art. 16 della legge 40/98).

3. di promuovere la costituzione di strumenti informativi adeguati ed una adeguata formazione degli operatori, anche in collaborazione con il volontariato e la consulenza di operatori di comunita' e di movimenti per i diritti civili gia' attivi e qualificati;

4. di finanziare adeguatamente tale intervento e di richiedere altresi' l'intervento della Provincia e della Regione;

5. di chiedere a governo e Parlamento un impegno per la definizione di un coerente ed univoco quadro normativo di lotta contro la schiavitu' e per la liberazione delle vittime.

Viterbo, 30 novembre 1998

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Un comunicato alle principali agenzie di stampa del 17 febbraio 2000

Una campagna contro la schiavitu' in Italia

Dal 1998 il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo ha promosso una campagna contro la schiavitu' in Italia.

Di seguito se ne riassumono i termini essenziali, invitando istituzioni, movimenti democratici e singoli cittadini ad impegnarsi affinche' cessi in Italia la mostruosa pratica dello schiavismo, oggi diffusa anche grazie ad una vera e propria complicita' di massa (nel caso delle persone soggette a schiavitu' a fini di sfruttamento sessuale, cio' e' particolarmente, atrocemente evidente).

1. I termini essenziali della campagna contro la schiavitu' in Italia

I termini essenziali dell'iniziativa sono i seguenti: l'abominevole pratica della schiavitu' e' ovviamente illegale in Italia (cfr. gli articoli 600, 601, 602 del Codice Penale) ma, come dimostrano le cronache, e' evidentemente tuttora diffusamente presente nel nostro paese, e di essa sono vittima particolarmente uomini, donne e bambini immigrati. Noi proponiamo un piano globale di lotta contro la schiavitu' e chiediamo un preciso impegno del governo, del Parlamento e degli enti locali. Fulcro dell'iniziativa la richiesta di un intervento sia amministrativo che legislativo che, attraverso il combinato disposto di normative gia' in vigore (valorizzando in particolare l'art. 16 della recente legge 40/98 sull'immigrazione [ora art. 18 del D. Lgs. 286/98]) e la loro eventuale integrazione in uno specifico indirizzo di intervento che potrebbe altresi' concretizzarsi in una legge ad hoc, preveda in primo luogo un'azione efficace per la liberazione delle persone attualmente in condizioni di schiavitu' in Italia, garantendo loro - a titolo di risarcimento per le violenze subite nel nostro paese - il diritto di permanenza legale nel nostro paese qualora lo desiderino, un'adeguata protezione rispetto al pericolo di rappresaglie da parte delle organizzazioni criminali schiaviste, il pieno riconoscimento di diritti civili, assistenza sociale ed un sostegno economico sufficiente per vivere e protratto nel tempo, aiuto nella ricerca di un lavoro legale. Sottolineiamo che particolarmente nel caso delle persone in condizioni di schiavitu' oggetto di sfruttamento sessuale, una iniziativa da parte delle istituzioni democratiche sarebbe immediatamente praticabile ed efficace. Gli enti locali potrebbero intervenire efficacemente fin d'ora con programmi di riduzione del danno e di percorsi assistiti di liberazione, valorizzando ed estendendo esperienze gia' in corso da parte sia di esperienze di volontariato sia di servizi sociali di enti pubblici.

2. Alcuni recenti libri utili

Recentemente sono stati pubblicati alcuni utili libri, tra cui segnaliamo particolarmente: Pino Arlacchi, Schiavi, Rizzoli, Milano 1999; Oreste Benzi, Una nuova schiavitu', Paoline, Milano 1999; Alessandro Dal Lago, Non-persone, Feltrinelli, Milano 1999.

3. Un semplice ragionamento

Proponiamo questo ragionamento: la "Comunita' Papa Giovanni XXIII" presieduta da don Oreste Benzi, con le sue sole forze ha liberato circa 1.200 ragazze straniere dal racket della prostituzione in Italia.

Ordunque, poiche' le immigrate tenute in condizioni di schiavitu' a fini di sfruttamento come oggetti sessuali in Italia sono circa 26.000 secondo stime attendibili, e' evidente che basterebbe che 20-25 esperienze pubbliche o associative intervenissero con efficacia analoga a quella dispiegata da don Benzi e dalla "Comunita' Papa Giovanni XXIII", per liberare tutte le persone che subiscono questa specifica condizione di schiavitu', e per dare un duro colpo ai poteri criminali che questo mercato schiavista gestiscono.

4. Altri interventi necessari

Naturalmente questo non basterebbe: occorrono anche altri interventi di carattere sia contingente che strutturale:

4.1. occorre colpire il mercato schiavista sul versante della domanda di schiavitu', ovvero colpire i cosiddetti "clienti": ed a tal fine servono interventi sia educativi e di sensibilizzazione, sia anche e soprattutto repressivi. Non e' ammissibile che si tolleri che qualcuno fruisca di beni prodotti e di servizi resi da esseri umani in condizioni di schiavitu', tale "cliente" deve essere considerato pienamente complice dello schiavista e compartecipe degli "utili" della schiavitu', ed in quanto tale punito;

4.2. occorre colpire i poteri criminali che traggono enormi profitti dalla schiavitu': la specifica fattispecie di reato e' prevista e punita dal Codice Penale, si tratta di intervenire con decisione;

4.3. occorre colpire tutte le complicita' che in vario modo favoreggiano la schiavitu', e tali complicita' sono molte:

- delle istituzioni che la schiavitu' permettono e che sovente intervengono contro le vittime invece che contro gli schiavisti (sfruttatori e clienti);

- dei mass-media e degli apparati ideologici che sostengono tale pratica presentandola come normale, ovvia, socialmente accettabile;

- dei poteri e meccanismi economici locali ed internazionali che producendo poverta' e disperazione, fondandosi su logiche e dispositivi di sfruttamento fin disumani e su finalita' di profitto che per realizzarsi costitutivamente reificano e fin annientano gli esseri umani, con cio' favoriscono, propugnano e fin impongono pervasivamente la schiavitu' come forma di relazione economica e sociale.

5. Una strategia integrata

Contro la schiavitu' occorre una strategia integrata; si tratta di lavorare a piu' livelli e coinvolgendo in un'azione convergente e coordinata piu' soggetti:

5.1. interventi con unita' di strada per prestare soccorso materiale immediato alle vittime ed offrire loro relazioni umane significative e prospettare autentiche e persuasive possibilita' di alternative reali;

5.2. interventi per sottrarre le vittime ai loro aguzzini;

5.3. azione delle forze dell'ordine e della magistratura per liberare le vittime, e per perseguire e condannare schiavisti e complici;

5.4. azione degli enti locali e dei servizi sociali per realizzare interventi ed alternative;

5.5. produzione di un nuovo quadro normativo efficace contro la schiavitu', con interventi legislativi ed amministrativi specifici, espliciti, coordinati e coerenti;

5.6. mobilitazione della societa' civile, delle esperienze di solidarieta' e di volontariato, delle reti sociali della "welfare community" oltre che delle agenzie del "welfare state" e del cosiddetto terzo settore;

5.7. mobilitazione dei mass-media democratici e dell'intellettualita' per una adeguata e ragionata sensibilizzazione e mobilitazione dell'opinione pubblica contro la schiavitu' e di aiuto alle vittime;

5.8. promozione di un piano nazionale di lotta contro la schiavitu' che sia discusso e legificato dal Parlamento ed adeguatamente finanziato dallo Stato con l'obiettivo di cancellare la schiavitu' in Italia entro quest'anno.

6. Materiale disponibile

Coloro che volessero impegnarsi nella campagna contro la schiavitu' in Italia possono richiedere al nostro indirizzo il materiale da noi predisposto, e particolarmente il testo della proposta di delibera che puo' essere adottata dagli enti locali che intendessero impegnarsi a tal fine.

Viterbo, 17 febbraio 2000

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Un documento del Gruppo Abele contro la prostituzione forzata, del 1996

Prostituzione forzata e sfruttamento delle persone a fini sessuali: un documento comune

[Fonte: "Aspe", periodico di informazione del Gruppo Abele di Torino, fascicolo monografico del 17 ottobre 1996 su: Prostituzione, un mondo che attraversa il mondo, pp. 30-31]

I gruppi, le associazioni, gli enti che sottoscrivono il presente documento si rivolgono alle seguenti persone e ai seguenti organismi: Presidente del Consiglio dei Ministri; Ministra per le Pari Opportunita'; Ministra per la Solidarieta' Sociale; Ministro dell'Interno; Ministro di Grazia e Giustizia; Ministro degli Esteri; Ministro del Bilancio e Tesoro; Ministro del Lavoro e Previdenza Sociale; Ministra della Sanita'; Ministro della Pubblica Istruzione; Presidenti delle Regioni; Presidenti delle Aziende Sanitarie Locali; Parlamentari europei; Associazione nazionale comuni italiani; Segreterie dei Partiti di tutto l'arco costituzionale.

Fatti salvi i principi contenuti nella legge "Merlin" in merito alla liberta' - per ciascuna persona maggiorenne - di prostituirsi o comunque di autodeterminarsi rispetto all'esercizio della sessualita', purche' cio' non comporti lo sfruttamento di altre persone a questo fine; e fatto salvo il divieto di qualsiasi schedatura, sia essa sanitaria o di polizia, delle persone che si prostituiscono.

Considerato che qualsiasi proposta di legge che venga avanzata e che proponga, tra l'altro, la riapertura delle "case chiuse" o case di tolleranza va considerata come lesiva della dignita' delle persone e delle donne in particolare, e pertanto non va presa in considerazione come possibile soluzione al problema della prostituzione e dello sfruttamento a fini sessuali.

Facendo riferimento ai lavori prodotti dalla Commissione per le pari opportunita' e dal Consiglio d'Europa e contenuti nelle risoluzioni del Parlamento Europeo (relatrici Maria Paola Colombo Svevo) e richiamandosi agli orientamenti emersi dalla conferenza di Vienna sulla tratta delle persone e dal Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori a scopo commerciale, nonche' ai dati emersi dai progetti europei a cui partecipa anche il nostro Paese (Tampep e Europap) e ai lavori condotti dal ministero della Sanita'.

Tenendo conto delle molte esperienze laiche e cattoliche presenti in Italia che operano a fianco delle donne vittime dello sfruttamento a fini sessuali.

Tenendo conto della vastita' del fenomeno dello sfruttamento in particolare a carico delle donne e degli uomini straneri nonche' delle e dei minori - italiani e stranieri - sia nel nostro Paese sia in tutti i Paesi europei con particolare incidenza di persone provenienti da Paesi poveri o investiti da conflitti armati.

Propongono:

a) che si realizzi un reale coordinamento dei Ministeri competenti in materia di tratta delle persone;

b) che il problema non venga affrontato in termini esclusivamente repressivi ma, sempre, con un'ottica di sostegno di tipo psico-socio-sanitario nonche' economico alle vittime (trattate spesso come criminali);

c) che le persone che decidono di denunciare i loro sfruttatori siano protette e aiutate, sia economicamente sia attraverso il rilascio - per gli stranieri e le straniere in particolare - di documenti regolari di soggiorno che permettano loro - se lo desiderano - di trovare un lavoro regolare nel nostro Paese;

d) di favorire progetti di cooperazione con i Paesi definiti Terzi affinche' coloro che vogliono e possono rientrare siano protetti e accompagnati con progetti di reinserimento adeguato;

e) di avviare forme di sensibilizzazione e informazione nei Paesi di origine (anche attraverso le ambasciate e i consolati) affinche' le persone siano informate della reale situazione del nostro Paese in termini di prostituzione forzata e condizioni di sfruttamento;

f) di recepire le proposte portate avanti dall'Ecpat in merito di prostituzione minorile, pornografia e sfruttamento sessuale a fini commerciali;

g) di sostenere i progetti di limitazione del danno volti a ridurre il rischio della diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili sia riguardo a persone - italiane o straniere - che si prostituiscono sia riguardo ai clienti;

h) di affrontare il problema dei clienti e della sessualita' e affettivita' in generale nelle diverse sedi, dalla Scuola ad altri organismi di tipo educativo;

i) di sensibilizzare e formare le forze di polizia in merito al problema della prostituzione in modo da evitare, e punire, le forme di violenza che a volte si verificano a carico delle donne e degli uomini che si prostituiscono; nonche' di incentivare maggiori e piu' seri controllo sul traffico e sullo sfruttamento di persone. A questo proposito vanno indagate - a livello locale, nazionale e di cooperazione internazionale - le connessioni tra le varie forme di criminalita', nonche' gli eventuali collegamenti con altre forme di traffico. Non vanno altresi' trascurate le indagini - anche locali - per appurare forme di sfruttamento anche di tipo immobiliare. Nelle indagini non vanno dimenticate le ambasciate e i consolati;

l) di mettere a disposizione alloggi e case da destinare a persone che vogliono uscire dal giro, da tenere, ovviamente se richiesto, protette e sorvegliate;

m) di confiscare i beni sequestrati agli sfruttatori e utilizzare gli stessi o gli utili derivanti per progetti finalizzati alla limitazione del danno e al reinserimento delle persone che vogliono cambiare "lavoro";

n) di prevedere che tutti i contratti di lavoro vengano tradotti anche nella lingua madre del contraente in modo da evitare strumentalizzazioni come quelle che hanno coinvolto talune lavoratrici dello spettacolo;

o) di dare sostegno alle associazioni e ai gruppi che si occupano di progetti finalizzati al mondo della prostituzione con appositi capitoli di spesa;

p) di favorire forme di collegamento tra le diverse realta' attraverso la messa a disposizione di locali, strumenti e quanto altro possa essere utile ad affrontare i problemi anche in termini di allarme sociale;

q) di promuovere progetti di "mediazione" tra quartieri, citta' o aree in cui il fenomeno della prostituzione e' fortemente presente, promuovendo il contatto fra i diversi attori (Comune, prostitute/i, cittadini, etc.);

r) di coinvolgere rappresentanti delle prostitute (comitato, Mit o altro) in ogni progetto istituzionale che riguarda il fenomeno;

s) di intraprendere azioni congiunte con i Tribunali per i minorenni per quanto riguarda le varie forme di prostituzione minorile, da supportare, anche in questo caso, con case-famiglia, forme di affidamento familiare, tutela e aiuto a diversi livelli;

t) di attivare, con personale preparato e laddove ne sia valutata l'esigenza, linee telefoniche a livello nazionale, in alcuni casi anche locali, atte a far emergere "mondi sommersi" e collegate a progetti articolati e professionalmente supportati che agiscano in merito alle problematiche relative alla sessualita' (anche dei clienti), alla pedofilia, etc.;

u) di coinvolgere nelle campagne informative e formative sull'argomento i mass-media e i loro organi di rappresentanza, affinche' si facciano parte attiva, positiva e propositiva - anziche' "giudicante" - nel processo di sensibilizzazione sulla problematica della prostituzione e della tratta delle persone.

["Aspe - documento prostituzione forzata", presso Gruppo Abele, via Giolitti 21, 10123 Torino, fax 011/8395577, tel. 011/8142716].

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III. Notiziario

* Segnaliamo che il Ministero della Solidarieta' Sociale, d'intesa con quelli delle Pari Opportunita' e dell'Interno, ha istituito un numero verde per aiutare le vittime di schiavitu' in Italia, il numero e' 800.290290.

* Segnaliamo l'intervista a don Oreste Benzi in "L'emigrato", n. 4 del giugno 2000 (per richieste: e-mail riv.emigrato at altrimedia.it).

* Segnaliamo il servizio in "Roma Caritas", n. 3 dell'aprile 2000 (per informazioni: tel. 06/69886112).

* Segnaliamo l'intervento di Elisa Pozza Tasca in "L'Italia democratica" n. 24 dell'agosto 2000 (per richieste: e-mail tistou at tin.it).

* Abbiamo gia' segnalato nel precedente fascicolo l'articolo di Gianni Barbacetto, Nuovo schiavismo e vecchie omerta', in "MicroMega" 1/2000 (per richieste: tel. 06/4940439-4959242).

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IV. Alcuni riferimenti utili

* Nei dodici numeri di questo notiziario pubblicati lo scorso anno abbiamo diffuso vari materiali che riteniamo possano essere utili a quanti intendono impegnarsi contro la schiavitu'. Essi possono esserci richiesti (al recapito di posta elettronica nbawac at tin.it) e provvederemo ad inviarli gratuitamente per posta elettronica.

* Alcuni utili punti di riferimento per la solidarietà concreta...

* Per la lotta contro il potere mafioso, alcuni riferimenti nella rete telematica...

 

4. ALCUNI DISSENSI

 

Mi permetto di esprimere alcuni dissensi rispetto ad alcuni correnti discorsi; correnti, intendo, tra quanti si dicono impegnati per la pace. E quando si dice dissensi, sono dissensi veri. Beninteso, non ho la verita' in tasca (e' una vita che giro con le tasche bucate), e so che vi sono ottime ragioni per sostenere tesi opposte alle mie, e che esse sono sostenute da persone che ammiro ed onoro. E come preambolo basti.

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Sulla giustizia, che e' una parola che mette paura.

Giusitizia non e' vendetta; e non e' neanche perdono.

Giustizia, non vendetta: perche' la vendetta e' altra ingiustizia che l'ingiustizia reduplica e rifermenta in una catena infinita di lutti che tutti inabissa ed arruola nei ranghi di vittime o carnefici (o peggio ancora: di carnefici e vittime a un tempo).

Giustizia, non perdono: perche' il perdono e' prerogativa delle vittime, non di chi non ha subito l'oltraggio, la lesione, il colpo che annienta. E cosi' le esortazioni al perdono, se fatte da chi non e' vittima diretta, sono talora peggio che disutile retorica, sono sovente insensata vacuita' e quasi indifferenza all'altrui dolore, e in casi estremi percepite come beffardo incanaglire.

Lo diciamo in timore e  tremore: non sono ascoltabili, non sono credibili le invocazioni al perdono fatte da chi non ha subito.

Il perdono e' l'ultima prerogativa che resta alle vittime, nessuno puo' usurparla; e' quella cosa che si concede gratutamente e non per suggerimento autorevole o imposizione dall'alto. Ma quando le vittime sono state assassinate, i loro carnefici da se stessi si sono tolti la possibilita' di esser perdonati. Essi dunque vanno puniti, non altro dovere ai superstiti residua. Il terzo che pretendesse lui di perdonare al carnefice il male fatto altrui, con cio' stesso ne diverrebbe complice, e della vittima nuovamente farebbe scempio.

Ma vi e' certo, lo so e lo affermo, una giustizia piu' alta e profonda del mero punire, che e' la misericordia. Ma che e' appunto misericordia, altra cosa dal perdono.

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Mi permetto di esprimere un'opinione opposta a quella di tanti maestri e maestre, amiche ed amici, compagni e compagne di vita e di lotte.

Non sono d'accordo quando si afferma che l'impegno pacifista ha uno spazio di incidenza politica prima che la guerra si scateni, ed a guerra in corso non abbia che a tacere e testimoniare in doglioso annientamento, in pietrificato lutto. No.

Al contrario: quando la guerra viene scatenata l'impegno di pace deve accrescersi e contrastare la guerra sul campo, materialmente opporsi al suo agire e ai suoi apparati, operativamente, concretamente fronteggiarla deve. Altrimenti si fa quella cosa che durante l'occupazione nazista in Italia veniva chiamata "attesismo": e l'attendista e' complice degli oppressori non molto meno del collaborazionista. A guerra scatenata il pacifista conseguente deve passare alla resistenza nonviolenta.

La nonviolenza e' questo, o non e' nulla.

*

Sull'abuso del digiuno.

Lo sapeva bene Gandhi: che il digiuno (che e' altra cosa dallo sciopero della fame) e' un'arma terribile ed estrema, ed e' anche l'ultima delle tecniche della nonviolenza, quella oltre cui non si puo' andare.

Lo sapeva bene Danilo Dolci che il digiuno (che e' altra cosa dallo sciopero della fame) e' atto nitido e rigoroso di illimpidimento e di assunzione di responsabilita', ed e' un luogo e un passo essenziale del sentire e dell'agire nonviolento, gesto interiore di convocazione e presenza a se stessi.

Cosicche' sono contrario ad abusarne, a banalizzarlo, ad immeschinirlo e confonderlo in pratiche e azioni generiche, sfocate, in forme ed a fini e in quantita' che ne travolgono e dissipano e infine vanificano il senso, la verticalita', la durezza di diaspro, l'esperienza del deserto.

Vorrei che in quanto tecnica di lotta nonviolenta fose usato solo al termine di una progressione, a illimpidimento interiore, punta o vigilia di un'opera ardua e inequivoca, e solo da persone consapevoli di cio' che esso sia; vorrei che prima di usarne vi fosse una riflessione adeguata; vorrei che non venisse spettacolarizzato e con cio' stesso ridicolizzato. Vorrei che ci si ricordasse dei digiuni di Gandhi e di Dolci.

Tu vorresti un sacco di cose, bello mio. Sono una persona esigente, mio caro.

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Ai molti amici che sperperano tempo e parole a leggere ed a replicare sdegnati agli scritti dei propagandisti piu' ignobili e ridicoli della guerra (con cio' peraltro diffondendoli ulteriormente), vorrei rivolgere l'esortazione a smettere di farlo: abbiamo tanto di quel lavoro da fare, e sono tante le cose utili e importanti da sapere, e c'e' da discutere di cose di grande momento ed urgenza, ed infine potendo scegliere tra Kafka da un lato, e i tamburini del terrorismo di stato dall'altro, davvero vi e' chi preferisce star a leggere e discutere i laudatori dell'omicidio? Davvero vi e' chi preferisce dedicare due ore dello scarso suo tempo alla prosa che inneggia alle stragi piuttosto che a Virginia Woolf o a Cervantes? Possibile che abbiate gia' letto tutto, e non vi resti altro da leggere che i proclami dei nipotini di Hitler? Suvvia.

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Contro il giornalismo.

Tra i principali difetti del movimento pacifista c'e' la diffusa abitudine di essere imprecisi, generici, esagerati, semplicisti, di prendere spesso per buone sciocchezze sesquipedali, di dire sovente inquietanti idiozie.

Qualche esempio banale.

Si abusa di fonti giornalistiche: la cui attendibilita' e' vicina allo zero. Il fatto che una corbelleria e' stata pubblicata su un giornale o e' stata detta in televisione non ne muta la natura di corbelleria. Sono cose che tutti sappiamo ma che di frequente dimentichiamo quando a dire scempiaggini sono i nostri amici, o comunque si tratti di scempiaggini che ci pare possano venir comode all'uso. Ma una scempiaggine e' come una menzogna: mai puo' servire alla buona causa, e sempre la danneggia.

Si prendono per buone analisi cosi' semplicistiche che invece di essere strumenti ermeneutici che aiutano a districare questioni complesse (negare la cui complessita' sarebbe stoltezza) divengono narcotici che aiutano solo a godere della propria stupidita'.

Si commettono errori linguistici grossolani che divengono stupefacenti deliri logici che producono poi orrori pratici colossali.

Se si studiasse un po' di piu' e si cianciasse un po' di meno, il movimento pacifista migliorerebbe di gran lunga la propria credibilita', e la propria autostima.

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Sulla scambiare i simboli per la realta'.

Quanti abominevoli crimini sono stati commessi per questo.

 

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LA NONVIOLENZA CONTRO IL RAZZISMO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 13 del 16 aprile 2013

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it