Archivi. 156



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 156 del 2 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di dicembre 2003 (parte seconda e conclusiva)

2. Due note sull'azione diretta nonviolenta

3. Sulla nuova edizione di "Liberarsi dal dominio mafioso" di Augusto Cavadi. Divagazione prima, in forma di tre tesi

4. Sulla panchina

5. Tre note su "Il nuovo disordine mondiale" di Tzvetan Todorov, ovvero: quale alternativa per l'Europa

6. Dell'uccidere

7. Una sera di Chico Mendes

8. Venti letture per una cultura della pace

9. La guerra continua

10. Dell'essere uccisi

11. Alcuni frammenti da due cantate in memoria di due persone amiche scomparse in questi giorni

12. La nonviolenza e' un rischio

13. Cantata per Danilo

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI DICEMBRE 2003 (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di dicembre 2003.

 

2. DUE NOTE SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

 

Il fatto che da un po' di termpo in qua si abusi della definizione di "azione diretta nonviolenta" per designare fatti i piu' diversi, dalle pagliacciate al teppismo (fatti che, va da se', con la nonviolenza non hanno nulla a che vedere), e' un sintomo insieme interessante e pessimo.

Interessante, perche' l'aggettivo "nonviolento" sta cessando di essere inteso  nel linguaggio comune (scilicet: quotidiano, ovvero mercificato e alienato) come sinonimo di quietismo e astensione, e sempre di piu' della nonviolenza viene colto finalmente il significato autentico (meglio: uno dei significati autentici) di intervento attivo, di teoria e pratica del conflitto, di proposta di lotta.

Pessimo, perche' ad un ignobile calunnioso stereotipo (quello secondo cui la nonviolenza sarebbe impotenza e lagna, rassegnazione e ipocrisia) se ne aggiunge un altro non meno ignobile e calunnioso: l'abuso cialtrone della parola "nonviolenza" come trucco verbale per legittimare condotte che se definite nella loro nudita' con precisione e chiarezza sarebbero evidentemente inammissibili perche' ridicole, grottesche, squallide, o peggio: irresponsabili e sciagurate.

*

Varra' allora la pena di ricordare che perche' un'azione diretta possa essere qualificata come nonviolenta essa deve avere caratteristiche precise: il ripudio della violenza e la lotta contro ogni violenza; l'adesione alla verita'; la coerenza tra i mezzi e i fini; la concretezza e la pubblica utilita'; un programma costruttivo; il riconoscimento e la promozione dell'umanita' di tutti i soggetti coinvolti; la limpidezza nei comportamenti di chi la attua; la disponibilita' a soffrire anziche' a far soffrire; la sollecitudine per il bene di tutti, il rispetto per la vita e la dignita' di tutti; la coscienza del significato comunicativo, educativo ed esemplare di ogni gesto nello spazio pubblico; il rigore intellettuale e morale e la preparazione - l'ascesi - che la nonviolenza esige.

Il che implica anche essere pienamente consapevoli delle conseguenze del proprio agire, e rinunciare a  tutte quelle azioni che possano provocare a chiunque altro lesioni e umiliazioni, diminuzioni di umanita'.

Ed infine e soprattutto implica di essere disposti a pagare il prezzo delle proprie azioni anche in termini di accettazione delle persecuzioni che ne possono discendere per la propria persona: Gandhi accetto' lunghissime carcerazioni come conseguenza delle sue campagne nonviolente, conscio di avere ragione ed altrettanto conscio che anche quel subire la detenzione iniqua fosse parte della lotta, e dell'esempio da dare: l'esempio di chi non si sottrae alla responsabilita' delle proprie azioni, e subisce anche l'ingiustizia per realizzare la lotta giusta contro l'ingiustizia, per affermare il dovere di resistere.

Al di fuori di questo, ahinoi, vi e' l'equivoco; o peggio.

 

3. SULLA NUOVA EDIZIONE DI "LIBERARSI DAL DOMINIO MAFIOSO" DI AUGUSTO CAVADI. DIVAGAZIONE PRIMA, IN FORMA DI TRE TESI

 

I. E' nella lotta alla mafia che si sono date in Italia alcune delle piu' grandi lotte nonviolente.

Con le lotte del movimento contadino all'epoca delle occupazioni delle terre.

Con le straordinarie esperienze e riflessioni promosse e suscitate da Danilo Dolci lungo un ampio arco di tempo.

Con il nuovo movimento che ereditando riflessioni ed esperienze della nuova sinistra (ovvero delle sinistre nuove) degli anni sessanta e settanta, ed intrecciandosi con la nuova cultura di pace coagulatasi intorno alla lotta contro il nucleare e il dispiegamento dei missili a Comiso, ed interagendo con l'eroica lotta condotta da rilevanti figure della magistratura e delle forze dell'ordine negli anni ottanta e novanta, ha nel corso degli ultimi decenni dato vita a una pluralita' di esperienze di resistenza e di liberazione che costituiscono forse quanto di meglio - insieme alla profonda riflessione e alle plurali pratiche del movimento delle donne - vi e' oggi nel nostro paese in termini di consapevolezza storica e azione politica (di utopia concreta, principio speranza, ortopedia del camminare eretti - ed insieme principio responsabilita').

Che molti che pure affollano le piazze nei giorni comandati e s'impancano ventriloqui nei media ad autoproclamatisi portavoce di confusi e immemori "movimenti di movimenti" non se ne siano neppure accorti, su di essi ricade l'onta e il disdoro.

*

II. Ed e' nel vivo della lotta alla mafia che si e' dato nel nostro paese il primo e piu' grande contributo teorico e politico alla riflessione sulla globalizzazione e alla lotta piu' urgente e decisiva che e' da condurre.

Ne e' stato e ne e' luogo di elaborazione il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e ne e' artefice principale Umberto Santino, che oltre ad essere una delle piu' luminose figure del movimento antimafia e' senza ombra di dubbio il piu' grande studioso vivente sui poteri criminali; ed e' autore - tra altre fondamentali opere - di un saggio, "La mafia finanziaria. Accumulazione illegale del capitale e complesso finanziario-industriale", che quando nel 1986 lo lessi sulla stupenda rivista diretta da padre Nino Fasullo "Segno", subito seppi che una parola decisiva era stata detta e da li' avrebbe dovuto muovere ogni riflessione ed azione ulteriore: non solo per contrastare la mafia, ma per far luce su questa epocale distretta del mondo, e proseguire la lotta per liberare l'umanita' dall'oppressione.

*

III. Ed e' nella lotta alla mafia che si sono incontrate, e hanno dato alta prova di se', alcune delle persone che piu' a fondo hanno saputo vedere qualcosa che tutti ci riguardava, e per tutti lottare hanno saputo mentre altri tacevano o peggio. Non poche di loro sono state assassinate.

E se tu le dimentichi o abbandoni la lotta o non ne cogli la centralita' e l'urgenza e' come se anche tu affondassi vigliacca la lama della sica a far strazio ancora delle loro carni martoriate: e questa infamia tu non commetterla, non commetterlo tu questo orrore.

*

Questo piccolo libro di Augusto Cavadi che ora si ripubblica in ampliata edizione e' di quanto qui abbiamo in forma cursoria accennato una testimonianza viva, e per cosi' dire possente e necessario un enchiridion: manuale ma anche strumento di lotta; vivamente lo raccomandiamo a tutti coloro che questo foglio leggono, come un nutriente pane, uno specchio ineludibile, una cassetta degli attrezzi, un dono prezioso ed esigente.

 

4. SULLA PANCHINA

 

Trovo assai penoso che autorita' istituzionali che pur hanno giurato fedelta' alla Costituzione della Repubblica Italiana possano continuare a violarla e oltraggiarla e dileggiarla impunente quando essa e' nitida nel dichiarare illecita e delittuosa la partecipazione italiana alla guerra in corso in Iraq. Ne' meno penoso e' che altre istituzioni, altri pubblici ufficiali, che avrebbero il compito di difendere e applicare la legge e di contrastare i delitti e di punire i criminali, facciano finta di niente, e chiudano gli occhi dinanzi a questo crimine che ha gia' provocato la morte di innumerevoli donne e uomini iracheni, e un mese fa anche un primo mannello di italiani.

*

Ma trovo assai piu' penoso che tante brave persone impegnate, cosi' dicono, nel cosiddetto "movimento per la pace" continuino a farsi moine e salamelecchi nel ricordo zuccheroso ed equivoco delle manifestazioni del 15 febbraio e non muovano un dito per cercare di far cessare il crimine della partecipazione italiana illegale e criminale alla guerra criminale e illegale.

Che da parte di persone egregie si produca non altro che carte sovente tanto prolisse quanto ambigue e spettacolini che evocano il retablo cervantino, ove occorrerebbe invece l'azione diretta nonviolenta contro la guerra.

Che si continui a discettare sulla guerra irachena invece di organizzare un'insurrezione democratica e nonviolenta in difesa della legalita' costituzionale e del diritto internazionale per far cessare la partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista.

Un'insurrezione democratica e nonviolenta in difesa della legalita' italiana ed internazionale, in difesa della Costituzione che e' a fondamento del nostro ordinamento giuridico, della nostra democrazia, del nostro stato di diritto, della nostra civile convivenza; in difesa del diritto a vivere degli esseri umani che giorno dopo giorno la guerra assassina sta falcidiando in Mesopotamia, e altrove. Un'insurrezione democratica e nonviolenta necessaria piu' del pane, piu' del respiro.

*

E trovo assaissimo penoso, infine, che non altro io sappia costi' fare - certo, la salute malferma, l'eta' non piu' adiutrice, le vecchie cicatrici che ridolgono come ripullulava il frangente della Casa dei doganieri - che concionare cosi', mentre seduto su questa panchina attendo a dar da mangiare ai piccioni codeste briciole rafferme.

 

5. TRE NOTE SU "IL NUOVO DiSORDINE MONDIALE" DI TZVETAN TODOROV, OVVERO: QUALE ALTERNATIVA PER L'EUROPA

 

1. Un libro da leggere, e da discutere appassionatamente, questo piu' recente di Tzvetan Todorov, Il nuovo disordine mondiale. Le riflessioni di un cittadino europeo, Garzanti, Milano 2003, pp. 94, 10 euro).

Tzvetan Todorov e' autore di alcuni libri di decisiva importanza; le sue analisi sono sempre di grande profondita' e finezza, fondate su una rigorosa documentazione, una grande capacita' di ascolto, un attento esercizio interpretativo, una limpida lealta' verso chi legge.

In questo nuovo breve libro tre cose principali (tra altre non meno interessanti) vengono esposte: a) un'analisi attenta e corrucciata dell'attuale situazione del mondo; b) la proposta che un'Europa politicamente unificata costituisca un efficace contrappeso (una "potenza tranquilla") alla frenesia bellicista dei neofondamentalisti (e non "neoconservatori", come suona una ideologica e fuorviante definizione diffusa dai mass-media) che guidano la politica della superpotenza americana; c) l'idea-forza che per costituire questo contrappeso l'Europa deve puntare essenzialmente sulla costituzione di un esercito europeo.

In me che scrivo queste righe molte pagine di questo breve libro suscitano vivo consentimento. Invece non mi convincono affatto ne' alcune diagnosi troppo rigide del capitolo quinto (pure di effettuale suggestione nel loro realismo - ma realismo statico e quindi solo parziale, dunque realismo solo apparente), ne' soprattutto le proposte dei capitoli 6 e 8 (che pure sono il cuore e il motore del libro).

Non mi convince affatto, e' chiaro, la proposta per Todorov decisiva e pressoche' fondativa dell'esercito europeo come perno della costruzione dell'Europa come soggetto politico adeguato, proposta che pure il grande studioso argomenta con una chiarezza e un rigore intellettuale e morale che non ho trovato in nessun altro degli autori che di questo hanno scritto e che ho avuto modo di leggere.

E non mi convince perche' noi abbiamo un'altra opinione, un'altra proposta.

Che non e' affatto la conservazione di uno status quo palesemente gia' reso del tutto obsoleto dagli eventi dell'ultima dozzina d'anni. E' un'altra, piu' forte e cogente ed esatta proposta.

La proposta della nonviolenza, la proposta di un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta; la proposta della difesa popolare nonviolenta e dei corpi civili di pace, la proposta della nonviolenza giuriscostituente come criterio e  progetto per un'Europa che sia costruttrice di pace con mezzi di pace; la proposta insomma avanzata da Lidia Menapace e dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre, fatta propria da vari movimenti nonviolenti, per la pace e la giustizia, su cui a Verona l'8 novembre e a Venezia l'8 dicembre si sono tenuti due convegni che ulteriormente l'hanno tematizzata, e che sta crescendo - se la mia percezione non e' fallace - come un punto di riferimento per l'intero movimento per la pace europeo e come un terreno di confronto, dialogo, apertura, costruzione con l'intero panorama politico ed istituzionale dell'Unione Europea, o almeno con quei settori dei movimenti politici e sociali, delle rappresentanze e delle funzioni istituzionali, dell'amministazione pubblica, dell'operare sociale, ed anche della cultura e dell'informazione, che hanno a cuore il bene comune, la democrazia e il diritto, la vita e la dignita' delle persone.

*

2. Il genere letterario in cui questo pamphlet si inscrive, l'intervento pubblicistico sulle decisioni politiche del presente, ha limiti intrinseci a tutti noti: se l'autore vuol essere ascoltato ed ottenere di influire sul dibattito in corso e' evidente che in qualche misura deve adeguarsi al linguaggio comune (la koine' del dibattito) e confrontarsi coi processi in corso: col rischio frequente e forse inevitabile di una o piu' concessioni al cosiddetto sentire comune, al comune discorso, e quindi anche all'ideologia dominante.

Altrimenti si rischia l'isolamento, l'astrattezza, l'inefficacia: ed invece in questo genere di scritture quel che piu' conta e' l'efficacia nell'orientare o almeno influenzare il dibattito. Vi sono in questo ambito saggi magnifici di Franco Fortini splendidi di verita' e restati del tutto inascoltati; e vi sono saggi di autori talora anche egregi che nulla aggiungono e nulla rilevano, eppure diventano discorso comune nelle aree a cui son destinati, sovente assunti e ad un tempo svuotati, ovvero assunti in quanto gia' recuperati, sterilizzati, e non di rado peggio che inerti, nocivi, rumore di fondo.

Questo agile testo di Todorov mi pare confermi la regola del genere letterario cui appartiene: deve discutere con autori di desolante poverta' intellettuale e morale, deve farsi ascoltare da soggetti la cui lingua, i cui pensieri, le cui azioni non ci appaiono commendevoli.

In altre opere Todorov da' ben altre prove, questo libro e' per cosi' dire obbligato a una funzione pratica e per cosi' dire a un livello di approfondimento e di acclaramento minore rispetto ai suoi grandi saggi.

Ma questo mi sembra decisivo di questo libro: che se si crede ancora alla difesa militare, se si crede ancora che la sicurezza possa essere garantita dagli eserciti, se si crede ancora che le armi servano all'umanita', allora quella formulata in questo libro e' una proposta seria e adeguata e quasi direi ineludibile per l'Europa; in queste poche decine di pagine mi pare, ripeto, si trovi la piu' chiara e rigorosa argomentazione in pro della proposta dell'esercito europeo.

Ma noi abbiamo un'altra opinione, un'altra proposta, piu' cogente ed esatta, piu' nitida.

La proposta della nonviolenza, la proposta di un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta; la proposta della difesa popolare nonviolenta e dei corpi civili di pace, la proposta della nonviolenza giuriscostituente come criterio e  progetto per un'Europa che sia costruttrice di pace con mezzi di pace; la proposta insomma avanzata da Lidia Menapace e dalla Convenzione permanente di donne contro le guerre e fatta propria da vari movimenti nonviolenti, per la pace e la giustizia, e che sta crescendo - se la mia percezione non e' fallace - come un punto di riferimento per l'intero movimento per la pace europeo e per tutte le persone di volonta' buona che hanno a cuore il bene comune, la democrazia e il diritto, la vita e la dignita' delle persone.

*

3. Poiche' la nostra opinione e' che la macchina militare come garante di sicurezza, difesa, pace, abbia fallito: e se c'e' un luogo e un tempo che lo dimostrano sono proprio la storia europea del Novecento e la situazione del mondo attuale. Cosi' come Tzvetan Todorov insuperabilmente ce li ha descritti in varie sue indimenticabili opere.

E la nostra proposta e' che sia sorta un'alternativa teorica e pratica, metodologica ed operativa, morale e politica e giuriscostituente: l'alternativa nonviolenta. Cosi' come anche Todorov ce l'ha descritta ad esempio nella parte per cosi' dire costruttiva ed esemplare del suo magnifico libro Memoria del male, tentazione del bene (e particolarmente nelle pagine in cui evoca e propone le figure e le testimonianze di Vasilij Grossman, Margarete Buber-Neumann,  David Rousset, Primo Levi, Romain Gary, Germaine Tillion), ma anche  in varie altre opere sue.

Non solo: ma che quest'alternativa va posta in modo netto: a nostro modesto parere si illudono coloro che pensano di poter raggiungere un compromesso con l'apparato bellico, il complesso militare-industriale, i poteri che ritengono l'omicidio di massa una delle risorse della politica: in questo cruciale ambito delle politiche della sicurezza e della difesa, in questo cruciale ambito della scelta tra la pace e la guerra, tra difendere la vita o irrogare la morte, non vige l'et-et hegeliano, ma l'aut-aut di Kierkegaard. O si fa la scelta della nonviolenza o si legittima l'omicidio come arte di governo. Tertium non datur.

La riflessione di Todorov, anche questa contenuta nel libro di cui stiamo discorrendo, ci e' assai congeniale nelle sue premesse e nelle sue diagnosi, ed in buona parte dei suoi esiti; cosi' come l'impegno morale e intellettuale di Todorov e' per noi da decenni un nutrimento e un riferimento, e un pungolo e un esempio.

Cosicche' molto ci piacerebbe che qualcuna o qualcuno dei nostri maestri ed amici (che so: Angela Dogliotti Marasso, Lidia Menapace, Alberto L'Abate, Giuliana Martirani, Enrico Peyretti, Giuliano Pontara, Etta Ragusa, Nanni Salio, Matteo Soccio, Giovanni Scotto, per dire i primi nomi che mi vengono in mente) scrivesse o telefonasse a Todorov, e lo incontrasse, e gli proponesse una riflessione comune.

Se Todorov applicasse il suo acume e il suo rigore alla nostra proposta per un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, potrebbe dare un contributo straordinario alla riflessione in corso, alla mobilitazione che in molti stiamo cercando di promuovere.

Perche' questa nostra di un'Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta, a me pare che sia la proposta che l'ora esige e che oltre il varco della distretta attuale - drammatica distretta che tutti alla responsabilita' chiama - aggetta, ed apre vie al futuro.

La nonviolenza, lo videro chiaro Simone Weil e Aldo Capitini, Virginia Woolf e Danilo Dolci, e' la scelta necessaria e feconda cui qui e ora tutte e tutti siamo chiamati.

 

6. DELL'UCCIDERE

 

Se si ammette la liceita' dell'uccidere allora sempre qualcuno uccidera', ed escogitera' sempre nuovi e sempre uguali motivi e circostanze che le torture, il terrore, gli omicidi, le stragi, le guerre giustifichino. Se non si ammette l'uccidere allora, e solo allora, si apre la via al dialogo e alla convivenza.

Se si ammette l'uccidere allora le armi, gli eserciti, le camere di tortura, el intimo cuchillo en la garganta, i bombardamenti a tappeto, le guerre patriottiche e sante: i morti, i morti per le strade, i morti nel cemento, i morti in fumo. Se non si ammette l'uccidere: persone ancora vive.

La nonviolenza e' anche, tra l'altro, questa consapevolezza: che in ordine alla illiceita' dell'uccidere, cedere un poco - come suonava un antico motto che ancor ci commuove - e' capitolare del tutto, abdicare alla nostra umanita'.

 

7. UNA SERA DI CHICO MENDES

[Riproponiamo questo testo... gia' apparso su questo foglio circa un anno fa]

 

"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede"

(2 Tm 4, 7)

 

La selva e nella selva l'altra selva

quella nei laghi neri del cuore

quella ove incontri lupe, leoni, lonze

e i killer prezzolati dai padroni.

 

La selva e nella selva vivi gli alberi

e sotto la corteccia il sangue loro

ed e' mestieri di cavarne stille,

fratelli alberi, abbiamo fame anche noi.

 

La selva e nella selva gli abitanti

della selva. Ed ecco stabiliamo

un patto nuovo tra noi della foresta,

fratelli umani che dopo noi vivrete.

 

La selva e noi, le donne antiche e gli uomini

antichi e gli uomini e le donne che eccoci.

Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo

parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi

abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti

vogliamo vivere.

 

La selva e nella selva io Chico Mendes

e tre proiettili che passo dopo passo

di ramo in ramo di talento in talento

dal portafogli e dalla scrivania

fino alla tasca e alla cintura e alla fondina

e' tanto che mi cercano, e cercano me

Chico Mendes, il sindacalista

l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza.

 

Ed e' gia' questo ventidue dicembre

del mille novecento ottantotto

questa e' la porta di casa mia, sono

le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno

nel giorno di Natale antica festa.

Piangono nella selva lente lacrime

di caucciu' le piante, piange l'indio

piange Ilzamar, Sandino ed Elenira

piangono e piangono i compagni tutti,

il sindacato piange e piange il cielo

in questa sera senza luce e senza scampo.

 

Menre mi accascio guardo ancora il mondo

che possa vivere

ho fatto la mia parte.

 

8. VENTI LETTURE PER UNA CULTURA DELLA PACE

[Questa proposta di un percorso di lettura e' apparsa sulla "Rivista del volontariato" n. 12, dicembre 2003]

 

Ovviamente non c'e' la biblioteca ideale della pace e della nonviolenza, non ci sono ne' i dieci ne' i cento libri che occorre aver letto. Perche' ogni persona puo' accostarsi all'impegno di pace e alla scelta della nonviolenza (ed e' opinione di chi scrive queste righe che senza la scelta della nonviolenza l'impegno di pace resti inadeguato, subalterno ed ambiguo) a partire dal suo vissuto, dalle sue esperienze e riflessioni, dalle letture che incontra, dal colloquio corale di cui si trova ad esser parte.

E cosi' vi e' chi ha fatto la scelta della nonviolenza perche' ha letto Tolstoj e chi l'ha fatta perche' ha letto Dostoevskij; chi e' passato attraverso Voltaire e Zola, e chi per Erasmo e Thomas More, chi leggendo Leopardi e Kafka, e chi i Vangeli e la Bhagavad Gita, o i tragici greci, o Shakespeare e Cervantes, o Kant, o Martin Buber, o Norberto Bobbio.

Qui di seguito si indicano alcune autrici ed alcuni autori, e talvolta dei singoli libri, che a chi scrive queste righe dicono cose toccanti ed ortative in tal senso. Ma certo tanti altri libri e persone citar si potrebbero.

*

1. Di Simone Weil tutto quello che ha scritto, ma particolarmente i Quaderni, in quattro volumi presso Adelphi (e la sua bella biografia scritta da Simone Petrement, sempre presso Adelphi).

2. Anche di Primo Levi va letto tutto (adesso vi e' per fortuna un'edizione complessiva delle opere in due volumi presso Einaudi) ma prima di ogni altra cosa direi I sommersi e i salvati, l'ultima testimonianza di una Resistenza che ancora ci chiama alla lotta in difesa e a inveramento della dignita' umana.

3. Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, edito da Einaudi, e' la migliore silloge in un solo volume, a cura di Giuliano Pontara, che vi ha premesso un saggio introduttivo importante quanto e forse piu' della stessa antologia, poiche' costituisce la migliore sintesi del pensiero gandhiano disponibile in Italia.

4. Virginia Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli (ma anche presso altri editori); un libro fondamentale, chi non lo ha letto ancora non sa qualcosa di decisivo.

5. Anche di Hannah Arendt si dovrebbe leggere tutto, ma almeno Le origini del totalitarismo (Comunita'), La banalita' del male (Feltrinelli), Vita activa (Bompiani), La vita della mente (Il Mulino); e la sua biografia scritta da Elisabeth Young-Bruehl (Bollati Boringhieri).

6. E tutto bisognerebbe leggere anche di Franco Basaglia e di Franca Ongaro Basaglia; ma del primo almeno i due volumi degli Scritti (Einaudi), e della seconda, oltre i testi a quattro mani nella raccolta teste' citata, anche almeno Salute/malattia (Einaudi) e Una voce (Il Saggiatore).

7. Tutto va letto di Vandana Shiva, ma almeno Terra madre (Utet).

8. Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi.

9. Di Danilo Dolci almeno alcuni libri che raccolgono - scelti dall'autore - vari interventi, come Esperienze e riflessioni (Laterza), e parte cospicua dell'opera poetica, come Creatura di creature (successive edizioni presso vari editori); e Dal trasmettere al comunicare (Sonda).

10. Rosa Luxemburg e' figura imprescindibile; due buone antologie sono Scritti scelti (Einaudi), e Scritti politici (Editori Riuniti); per un'introduzione: Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg (Mondadori).

11. Di Rigoberta Menchu' va letto il notissimo libro-intervista a cura di Elisabeth Burgos, Mi chiamo Rigoberta Menchu' (Giunti).

12. Anche di Assia Djebar tutto va letto, e per un primo incontro La donna senza sepoltura, Il Saggiatore.

13. Di Nelson Mandela va letta la bella autobiografia Lungo cammino verso la liberta' (Feltrinelli).

14. Tutto di Guenther Anders, ma almeno L'uomo e' antiquato (Il Saggiatore, Bollati Boringhieri), Noi figli di Eichmann (Giuntina), Essere o non essere (Einaudi), il carteggio con Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima (Einaudi, Linea d'ombra).

15. Hans Jonas, almeno Il principio responsabilita', Einaudi.

16. Anche di Ernesto Balducci occorrerebbe leggere tutto, ma almeno l'antologia curata insieme a Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia (Principato), che costituisce un'ottima introduzione al pensiero di pace dal Rinascimento al XX secolo.

17. Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, tre volumi, Edizioni Gruppo Abele.

18. Di Lev Tolstoj almeno La confessione (SE), Il regno di Dio e' in voi (Publiprint-Manca), La vera vita (Manca).

19. Di Aldo Capitini almeno gli Scritti sulla nonviolenza (Protagon), e gli Scritti filosofici e religiosi (Fondazione centro studi Aldo Capitini).

20. Infine segnaliamo tutti i lavori del Centro nuovo modello di sviluppo (di Vecchiano, Pisa) che e' una delle eredita' feconde dell'esperienza della scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani; sono editi perlopiu' dalla Emi.

 

9. LA GUERRA CONTINUA

 

La guerra irachena, ovviamente, continua.

E le forze armate italiane sono parte di questa guerra, parte della coalizione terrorista e stragista guidata dal presidente degli Stati Uniti d'America.

L'Italia e' una delle potenze straniere occupanti, corresponsabile delle stragi, dell'invasione, della dominazione coloniale e razzista.

L'Italia e' parte del criminale dispositivo di potere che pratica il terrorismo e al terrorismo alleva ed incita interi continenti.

In violazione della legalita' costituzionale, in violazione del diritto internazionale, in violazione del diritto delle genti, dei diritti umani, del comune sentire morale dell'umanita' intera. E mettendo il mondo intero a rischio di imbarbarimento e distruzione, mettendo l'umanita' intera a rischio di una catastrofe non piu' reversibile. L'Italia e' in guerra.

*

E gli italiani invece di insorgere in difesa della democrazia, dello stato di diritto, della legalita', della Costituzione, della repubblica, dell'umanita', in difesa della pace, del diritto alla vita di ogni essere umano, in difesa del nostro stesso diritto, della nostra stessa dignita', della nostra stessa umanita', che fanno, che facciamo?

Fanno, facciamo festa, e fanno, facciamo shopping. Dopotutto la guerra si fa per questo: lo shopping, la prosecuzione della rapina delle risorse di interi continenti, il godimento sfrenato di un benessere orgiastico e dissipatore che implica la condanna a morte - per fame e schiavitu' e violenze inaudite - delle popolazioni di interi continenti.

Sarebbe bene non dimenticarlo, che i terroristi siamo noi.

 

10. DELL'ESSERE UCCISI

 

Chi ammette la liceita' dell'uccidere ammette ipso facto la liceita' di venire da altri ucciso.

Ma chi ammette questo con questo autorizza chiunque ad ucciderlo, ad uccidere lui, proprio lui.

Chi invece ritiene che la propria vita abbia un valore, ed in quanto essa e' unica ed irripetibile tale valore sia incommensurabile, ed essa dunque non assoggettabile allo scambio con altro, non riducibile a merce - e sente pertanto che sia suo diritto non essere ucciso, con cio' stesso pone un criterio: che ciascuno alla propria vita ha diritto, ha diritto a non essere ucciso; e suscita un impegno, un patto: il patto che fonda la civile convivenza: tu non uccidere, e a questa sola condizione puoi chiedere una ragionevole reciprocita' di condotta.

 

11. ALCUNI FRAMMENTI DA DUE CANTATE IN MEMORIA DI DUE PERSONE AMICHE SCOMPARSE IN QUESTI GIORNI

 

Avro' per sempre orrore del telefono

che reca le male novelle

dei lividi trionfi della morte.

Che spoglia la vita che resta

che cicatrice sopra cicatrice

incide questo sacco che si svuota.

 

*

 

Qui rendo omaggio al compagno Paolo Bemporad

insieme al quale negli anni poi detti di piombo

lottammo per aprire varchi nuovi

di liberta' per l'umanita' intera.

 

Qui rendo omaggio al compagno Paolo Bemporad

ed attraverso lui all'anarchia.

 

Nulla di quello che insieme facemmo mi pare sbagliato,

nulla sprecato, nulla

indegno o insensato. Tutto

rifarei di nuovo e per sempre.

 

Ma quell'ironia, quella pazienza, quel dolore

maturato in saggezza, quel lieve

guardare di fronte e attraverso, il parlare

per cenni ed ellissi - e li' e' l'amicizia,

la morte ha rapito per sempre.

 

E solo questo posso ora: salutarti

troppo tardi, antico compagno.

 

*

 

Di Titti ricordo ora soltanto

lo stanco sorriso di dolce fanciulla,

scintillante e dolente lo sguardo

l'incedere incerto e l'incerta parola,

di lungi il ricordo che turba

d'immagine lenta, ormai quasi ombra.

 

No, non e' questo che bisogna dire:

ma quali potrebbero parole

l'immensa dire sciagura della morte

di una giovinetta?

 

E come un lupo mi morde nel cuore

non aver saputo essere li', fermare la freccia.

Anch'io ti devo chiedere perdono

per averti soltanto due volte rivolto

lo sguardo, la parola, e adesso e' tardi,

troppo tardi ancora una volta.

 

*

 

La morte con volto di pietra

la morte con voce di pulce

la morte con guanti di sonno

la morte con grinta di cane.

 

Fame di vento

acque di sogno

pioggia di sabbia

pianto di vetro.

 

E tu, che fosti fiamma,

ormai statua di sale.

 

12. LA NONVIOLENZA E' UN RISCHIO

 

La nonviolenza comincia col dubitare.

Col dubitare non solo dei diritti cui le nostre ragioni danno luogo.

Ma anche delle nostre ragioni stesse.

Ed e' dunque mettersi alla ricerca di alcuni principi su cui regolare la propria condotta, che siano tali da riuscire ammissibili e compatibili con l'esserci altrui e col proprio sentire.

Ed in via provvisoria il mio antico maestro di retorica Giovanni Vainunbrotti suggeriva di attenersi ai seguenti:

a) il ripudio della lesione fisica ad altri;

b) il ripudio dell'indegnita' morale per se';

c) il ripudio dell'azione le cui conseguenze possano essere non adeguatamente prevedibili;

d) la scelta di opporsi sempre all'uso della violenza.

*

La scelta della nonviolenza e' un rischio, un duplice rischio: il rischio della paralizzante incertezza della meditazione e il rischio dell'ininterrompibile frenesia dell'agire. Per fronteggiare i quali un equilibrio, un contemperamento, una compresenza, e un sentimento della contraddizione e del limite occorre. Per questo, diceva il buon maestro Vainunbrotti, la nonviolenza e' tanto azione quanto contemplazione. Senza contemplazione non solo l'azione e' cieca, ma il tuo incessante affanno ti corrompe e infine spezza; e senza azione non solo la contemplazione e' vacua, ma il tuo fermo risiedere ti corrompe e infine sgretola.

La nonviolenza e' anche un terzo rischio: che nella ricerca dell'equilibrio l'equilibrio soffochi la ricerca, o la ricerca l'equilibrio annienti.

E la nonviolenza e' anche un quarto rischio, diceva il buon maestro, di non sapere quando fermarsi, di non riconoscere piu' che vi e' il volto, e lo specchio, e l'enigma. E qualcosa che preme, che urge e compulsa. E che tutto vuole il suo limite, tutto vuole il suo tempo, tutto chiede ascolto, e conforto. E che vi sono le ragioni della ragione, ma anche, come diceva quel francese, le ragioni del cuore, che la ragione non conosce.

 

13. CANTATA PER DANILO

 

Giunse Danilo da molto lontano

in questo paese senza speranza

ma la speranza c'era, solo mancava

Danilo per trovarcela nel cuore.

 

Giunse Danilo armato di niente

per vincere i signori potentissimi

ma non cosi' potenti erano poi,

solo occorreva che venisse Danilo.

 

Giunse Danilo e volle essere uno

di noi, come noi, senza apparecchi

ma ci voleva di essere Danilo

per averne la tenacia, che rompe la pietra.

 

Giunse Danilo e le conobbe tutte

le nostre sventure, la fame e la galera.

Ma fu cosi' che Danilo ci raggiunse

e resuscito' in noi la nostra forza.

 

Giunse Danilo inventando cose nuove

che erano quelle che sempre erano nostre:

il digiuno, la pazienza, l'ascolto per consiglio

e dopo la verifica in comune, il comune deliberare e il fare.

 

Giunse Danilo, e piu' non se ne ando'.

Quando mori' resto' con noi per sempre.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 156 del 2 aprile 2013

 

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