Archivi. 121



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 121 del 26 febbraio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di gennaio 2003 (parte quarta)

2. Benito D'Ippolito, Osvaldo Caffianchi, Luciano Bonfrate: un dialogo su Lanza del Vasto, in tre sonetti per le rime

3. Un contributo alla riflessione promossa da Antonio Vigilante

4. Blues del nostro fratello dottor King

5. Guardando indietro e portando tutto a casa

6. In memoria di don Beppe Socci

7. Ce la sentiamo di cominciare a preparare lo sciopero generale contro la guerra?

8. Per la chiarezza

9. Domenico Sereno Regis, una litania con una chiusa in forma di epigrafe

10. Errori linguistici, e quindi politici

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI GENNAIO 2003 (PARTE QUARTA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di gennaio 2003.

 

2. BENITO D'IPPOLITO, OSVALDO CAFFIANCHI, LUCIANO BONFRATE: UN DIALOGO SU LANZA DEL VASTO, IN TRE SONETTI PER LE RIME

 

I. Benito D'Ippolito agli amici suoi Osvaldo e Luciano

 

Tra le figure della nonviolenza

piu' grandi, quella di Lanza del Vasto

sempre mi e' parsa nella sua essenza

interrogante ad un fatal contrasto.

 

Cosi' assertiva come avesse scienza

di cio' che e' sano e cio' che invece e' guasto

come se avesse un metro la coscienza

che misurasse tutto in sguardo casto.

 

Enigmatica percio' figura

cosi' esigente e cosi' netta e forte

quasi vedesse la vita futura

 

e invece io solo questo ho avuto in sorte

di dubitar di tutto per natura

sempre sentendo il morso della morte.

 

II. Osvaldo Caffianchi agli amici suoi Benito e Luciano

 

Aveva nello sguardo la sapienza

che si coltiva camminando, e vasto

il mondo andando pellegrino e senza

della violenza sopportare il basto.

 

non ammetteva torpida indolenza,

e univa in sobrieta'; il fasto nefasto

bandiva come esca e come lenza,

e combatteva dei vizi l'impasto.

 

Di salda presa con mano sicura

dava soccorso a quanti gia' ritorte

e ceppi inviluppavan, la statura

 

rivendicando in tutti, e le piu' assorte

chiamando menti a risvegliarsi, e cura

prendendosi di contrastar la morte.

 

III. Luciano Bonfrate agli amici suoi Benito e Osvaldo

 

Nemico sempre di ogni ria violenza,

della saggezza il fiero e dolce pasto

recava in dono con la sua presenza

di buon amico e consiglier teofrasto.

 

Poneva chiara e netta l'esigenza

di verita', di impegno, e facea tasto

dell'altrui persuasione e diligenza

di voti dando rigido un catasto.

 

E' ostica anche a me la scelta dura

dell'ordine, la regola, le accorte

tassonomie in cui sento le mura

 

che per protegger soffocan le smorte

anime, e temo generin rancura

e sian di essenza viva forme morte.

 

3. UN CONTRIBUTO ALLA RIFLESSIONE PROMOSSA DA ANTONIO VIGILANTE

 

Con un lucido intervento (pubblicato sul n. 466 del 4 gennaio 2003 di questo notiziario) Antonio Vigilante, acuto studioso oltre che generoso amico della nonviolenza, ha posto ineludibili questioni sulla violenza intrinseca non solo nell'attuale gestione ma nella stessa funzione ideologica e sociale del medium televisivo. Successivamente Mao Valpiana (cfr. il suo articolo nel n. 475 del 13 gennaio) ha riproposto l'argomento prendendo le mosse dal feroce pestaggio razzista in diretta televisiva di qualche giorno fa.

A questa riflessione vorremmo contribuire con le seguenti brevi sparse osservazioni, sollecitando altri interlocutori ad intervenire in merito.

*

1. Una subalternita'

Molti che credono di opporsi alla tv violenta ed eversiva ne sono essi stessi complici. Molti che dicono di opporsi alla tv di Berlusconi adottano le stesse modalita' comportamentali e gli stessi orientamenti strategici e gli stessi criteri valutativi e valoriali di Berlusconi a cio' indotti dalla tv.

Pensare di contrastare Berlusconi facendo i berluschini e' una di quelle nequizie che si smascherano da se', e che ci rivelano come certi pretesi leader o portavoce di questo e di quello non solo non ci rappresentano, ma sono nostri avversari, e vieppiu' tronfi e tracotanti quanto piu' inconsapevoli e irresponsabili complici di chi tutti ci opprime e calpesta (complici, sia sotto il profilo sociale che sotto quello ideologico, quale che sia l'autocoscienza che ne abbiano nella miseranda alienazione loro - la "falsa coscienza" di cui parlava nitidamente un antico esule).

*

2. Un errore morale, quindi politico

Qualche anno fa fu in gran voga un prolisso libro della giornalista canadese Naomi Klein, No logo, che diceva divulgativamente (e merito ne sia reso all'autrice e all'ufficio marketing del suo editore) alcune cose ben note a chi da decenni si dedica alla lotta contro la violenza e che erano forse riassumibili in poche pagine, che sarebbero allora state splendide e utilissime. In quel libro si proponeva, tra altre piu' ragionevoli cose, anche un uso tattico dei media da parte dei movimenti di opposizione alla violenza dei poteri economici dominanti, strumentalmente sfruttando l'attitudine dei media a rincorrere quanto fosse spettacolare.

Molti accolsero l'infausto - ed in radice ignobilmente subalterno - suggerimento (altri lo avevano gia' messo in pratica nei decenni scorsi, finendo per diventare dei pagliacci), e proseguirono con l'inscenare provocatorie idiozie che ebbero come esito di rendere alcuni sciagurati in carriera dei piccoli divi della peggiore tv-spazzatura (quella dei talk-show e della cosiddetta informazione politica, per intenderci) e contribuendo tra l'altro a creare le condizioni affinche' altri, sadici e nazisti e stipendiati dallo stato per giunta, potessero bestialmente infuriare insanguinando le strade.

Non perdoneremo mai a tanti pretesi leader del movimento per la pace e la globalizzazione dei diritti di aver contribuito col loro cinismo e la loro idiozia di provocatori in carriera a far accadere questo. Li riteniamo anch'essi responsabili - certo indiretti, ma responsabili comunque - degli orrori commessi dai criminali in divisa che hanno colpito e lacerato carni e anime umane; e di una vita - di un giovane nel fiore degli anni - strappata per sempre alla luce dei giorni.

*

3. Dalla televisione parlano gli assassini

Il fatto si e' che dalla televisione parlano gli assassini. E chi finge di non saperlo e' un ipocrita. Tutto sulla televisione ed il suo orrore e' gia' stato detto da lunga pezza: da Guenther Anders nel primo volume de L'uomo e' antiquato, da George Orwell in 1984, da don Milani in Esperienze pastorali, da Marshall McLuhan ne Gli strumenti del comunicare, e - si parva licet componere magnis - da Ray Bradbury in Farenheit 451, da Robert Sheckley in alcuni dei suoi folgoranti racconti di ormai mezzo secolo fa, e da Ballard, e da Dick.

*

4. Poi, certo

Poi, certo, occorre saper distinguere e saper valorizzare; ma gia' l'Adorno dei Minima moralia invitava a non lasciarsi sedurre dalla troppa finezza e bizantineria della nostra stessa intelligenza analitica.

Poi, certo, occore saper distinguere e valorizzare, ed alcune osservazioni di Karl Popper sono assai utili e lodevoli, nell'intento se non negli esiti invero topolineschi rispetto alla montagnosita' della questione posta.

Poi, certo, occorre saper distinguere e valorizzare, ed ancora sono opportune alcune vecchie brillanti opinioni di Umberto Eco sugli apocalittici e integrati (che pur mai ci persuasero se messe a confronto con le posizioni andersiane).

Poi, certo, una cosa e' la tv che trasmette il Pirandello di De Filippo e un'altra quella della trivialita' e dell'eversione berlusconiana, ma cio' non ci esime da un'analisi in profondita' dei portati impliciti (e quindi tanto piu' cogenti) della televisione come rappresentazione - sostituzione, simulacrizzazione, alienazione - del mondo, e ben piu' che mero strumento tecnico, weltanschauung e imperio.

*

5. Congedo e apertura

Cosicche' l'analisi di Antonio Vigilante ci persuade, e ci persuade la proposta di Mao Valpiana (di spegnere la scatola col tubo catodico dentro).

E non ci persuadono affatto, invece, esperienze e personaggi che tanto s'agitano contro il potere, purche' le telecamere siano accese e li riprendano sempre. Pensiamo da tempo, da tempo diciamo, che se vogliamo contrastare la guerra e la violenza dobbiamo cominciare a dotarci di nostri strumenti altri di comunicazione e di riflessione, che siano democratici e non narcotici, che siano partecipativi e non unidirezionali, che siano rispettosi della dignita' e non spettacolarizzanti e cannibaleschi.

Nel compito che ci incombe la televisione come oggi esiste nel mondo non puo' servirci, neanche se a dirigerla potessimo mettere l'amico Moliere, il maestro Walter Benjamin, o Franz Kafka da Praga (forse Virginia Woolf saprebbe fare una televisione finalmente non fascista, ma Virginia Woolf ci ha lasciato da tanti anni...).

 

4. BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING

 

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King

la storia lo aspettava a una fermata d'autobus

e la storia quel giorno

aveva il volto stanco e i piedi gonfi

di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata.

 

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King

ma aveva un sogno e quando sogni forte

non c'e' muraglia che possa resistere

ed e' quel sogno che mette in cammino

la carovana umana, che sempre sia lodata.

 

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King

paziente lo attendeva il suo sicario

e quelli che pagarono il sicario

ancora comandano, certo

ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata.

 

Ancora comandano, e' vero, gli oppressori

ma la marcia di Martin Luther King,

poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata

essa continua con le nostre gambe

coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra.

 

5. GUARDANDO INDIETRO E PORTANDO TUTTO A CASA

 

Sono di quelli che pensano che sia possibile che il regime dittatoriale iracheno abbia armi di sterminio di massa. Le uso' contro i kurdi quando era l'amico dell'amico americano e l'Italia lo riforniva di armi. Non mi stupirebbe ne avesse tuttora. Quel che contesto in radice e' che il possesso di armi di sterminio di massa da parte di uno stato sia ragion sufficiente a scatenare una guerra: con questa logica occorrerebbe bombardare innanzitutto gli Stati Uniti d'America che tale tesi propugnano.

E sono di quelli che pensano che non possa essere ragion sufficiente a scatenare una guerra neppure il fatto che il governo di uno stato sia o sia stato complice di terroristi: perche' con questa logica occorrerebbe bombardare l'Italia, al cui governo non e' mancato (e chissa' quando vi sara' un governo in cui manchi) chi ha avuto rapporti con la mafia, e chi ha promosso o coperto le stragi di stato; ed occorrerebbe bombardare ancora una volta gli Usa il cui governo di tale tesi e' assertore, paese la cui amministrazione volta a volta e' stata complice decisiva di crimini inenarrabili ai quattro angoli del pianeta, dal golpe dell'11 settembre 1973 in Cile, al sostegno ai gruppi fondamentalisti islamici quando Bin Laden era considerato "un combattente per la liberta'" che e' il titolo che si concede senza esitazioni anche ai terroristi e ai malavitosi piu' feroci quando lavorano per gli interessi statunitensi (cosi' per l'Uck, ed in infinite altre vicende).

Sono di quelli che pensano che alla guerra occorre opporsi sempre, poiche' sempre essa non altro e' che esecuzione di omicidi di massa, strage di innocenti, crimine contro l'umanita'. Ed a maggior ragione occorre opporsi alla guerra quando essa puo' provocare la distruzione della civilta' umana, che e' la situazione precisa e angosciante in cui ci troviamo nell'epoca aperta da Auschwitz e da Hiroshima, epoca che - ci spiego' Guenther Anders, una volta per sempre - non finira' se non con la fine stessa della civilta' umana.

Ma opporsi alla guerra sempre ha una implicazione necessaria: che occorre opporsi altresi' agli eserciti e alle armi, che della guerra sono gli agenti e gli strumenti, che con la loro stessa esistenza anche in tempo di presunta pace sono gia' la guerra in potenza - e per molti versi in atto.

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Ho la ventura di esser di quelli che si batterono contro le forniture di armi italiane a Saddam Hussein quando quel dittatore era sostenuto dagli americani e dal nostro paese; ero tra quelli che allora denunciavano i crimini del regime iracheno, e la compliciita' italiana con esso. Sono stato il principale organizzatore delle manifestazioni nonviolente che qualche decennio fa si opposero alle mostre mercato di armi che avevano luogo nel poligono militare di Monteromano (Vt) col Ministero della Difesa che faceva da maitresse agli affari sporchi (e dagli esiti necessariamente assassini) delle industrie armiere in combutta con regimi violatori dei diritti umani, dittatoriali e fin genocidi.

Ed ho la ventura di esser di quelli che quando si scateno' la guerra del Golfo cercarono di contrastarla contrastando la partecipazione italiana ad essa; lo facemmo in nome della Costituzione della Repubblica Italiana, della Carta dell'Onu, del diritto internazionale, e lo facemmo proponendo l'impegno nonviolento contro la guerra.

*

Se ripenso alla guerra del Golfo di dodici anni fa la prima cosa che mi viene in mente e' questa: eravamo cosi' sprovveduti. Nel senso di sprovvisti di una preparazione e di una strumentazione adeguate a fronteggiare la guerra: per quanto pessimisti potessimo essere, non avevamo mai pensato che l'Italia potesse nuovamente trovarsi coinvolta in una guerra dopo la fine di quell'immane carneficina che fu la seconda guerra mondiale, ed in presenza di una legge fondamentale dello Stato che la guerra esplicitamente ripudia; nei decenni precedenti ci eravamo battuti contro guerre che avevano luogo altrove, e in casa nostra piuttosto contro il riarmo giacche' l'Italia in guerra non credevamo possibile; ci eravamo illusi che nessun governo e parlamento e capo dello stato sarebbero stati cosi' felloni e perversi da farsi epigoni di Mussolini. Cosi' perdemmo tempo prezioso (i mesi che andarono dall'invasione del Kuwait all'inizio dei bombardamenti sull'Iraq) in iniziative inadeguate e inutili, e non sapemmo costruire un fronte ampio che facendo perno sulla difesa dell'articolo 11 della Costituzione smascherasse che la partecipazione italiana alla guerra configurava un golpe, e chiarisse che una strage e' una strage, ed ottenesse il recedere dell'Italia dal partecipare ai massacri venienti.

Ed eravamo cosi' sprovveduti anche nel senso che durante la guerra non sapemmo spostare il sempre piu' assottigliantesi movimento pacifista italiano dalle parate cittadine sempre piu' esigue e piu' risibili e dalle ciance tanto roboanti quanto ininfluenti verso cio' che solo occorreva a quel punto giunti: l'azione diretta nonviolenta contro la guerra, in difesa della legalita' costituzionale e della vita e della dignita' degli esseri umani, che venivano uccisi mentre le popolazioni rimbambite del ricco e panottico occidente vedevano in tivu' null'altro che le riprese dereistiche di puntini verdi e si bevevano che la guerra fosse solo un videogame.

Ricordo la fatica e l'angoscia di quei giorni e quelle notti: l'opposizione alla guerra che all'inizio era impeto morale di molti scemava rapidamente; quelli che cercammo di organizzare una resistenza in nome della legge e con l'azione diretta nonviolenta ci trovammo, pochi del resto, sui banchi degli imputati all'incirca un anno dopo con imputazioni a dir poco oltraggiose.

Per buona sorte - e grazie a una vasta solidarieta' da padre Balducci a Danilo Dolci a innumerevoli altre e altri, e grazie anche alla difesa di Alfredo Galasso - venni assolto.

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Avevo ben chiaro tutto questo anche nel '99: neppure allora riuscii a persuadere l'insieme del movimento pacifista italiano a fare quel che solo occorreva, riuscii soltanto con pochi amici a darne l'esempio, ma non basto' (ed anche allora aver proposto e realizzato un'azione diretta nonviolenta - che per qualche ora fermo' ad Aviano i decolli dei bombardieri - mi frutto' un procedimento penale, anch'esso per mia fortuna conclusosi senza danni).

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La guerra del Golfo del '91 segno' in Italia anche la bancarotta del pacifismo istituzionale e di quello parolaio, festaiolo e da corteo. Un pacifismo inconcludente e carrierizio, ambiguo e ciarlatano, che e' stato complice anche, con la sua insipienza e la sua corruzione, le sue ambiguita' teoriche e pratiche, delle guerre successive, del '99 e del 2001.

Un pacifismo inconcludente e carrierizio, ambiguo e ciarlatano, che oggi ancora una volta tiene banco, e rischia di corrompere tante persone generose quanto ingenue. E distrarle da cio' che invece occorre scegliere, preparare e fare.

E cio' che occorre scegliere, preparare e fare e' facile da dire in due parole (mentre e' difficilissimo da mettere in pratica): preparare la resistenza nonviolenta alla guerra, in difesa della legalita' costituzionale e del diritto internazionale, in difesa delle concrete vite umane dalla guerra minacciate, e dell'umanita' intera che nella sua interezza e' dalla guerra minacciata.

Altri giochino a lanciare slogan tanto imbecilli quanto futili ed autolesionisti (ad esempio: il farneticante "siamo tutti sovversivi"); altri perdano tempo a far le sfilate col chitarrone e il mandolino; altri giochino a travestirsi da sottoproletari mentre campano di soldi pubblici e di pubbliche prebende e di ben rimpannucciate carriere e privilegi; altri giochino a riprodurre il militarismo (le folli "dichiarazioni di guerra", e poi i proclami di vittoria mentre il sangue era ancora fresco per le strade; le manifestazioni  in cui si recita la guerriglia urbana ad uso dei media e poi qualcuno - piu' ingenuo o piu' sfortunato degli altri - si trova rovinata per sempre la vita; le provocazioni di mascalzoni che in capo a qualche anno indefettibilmente te li ritrovi in parlamento o nelle redazioni o sulle cattedre - se gia' non vi sono quando recitano le loro tragiche farse - o almeno almeno in qualche commissione istituita dal governo o dall'assessore in carica per foraggiare un po' di amici e amici degli amici). Altri giochino, e quel gioco ancor ci offende.

Noi proponiamo invece un'altra cosa, anzi cinque, da preparare subito poiche' il tempo stringe, e da discutere a fondo poiche' si tratta di scelte impegnative che non possono esser fatte a cuor leggero:

a) la scelta della nonviolenza, senza di cui non si da' azione per la pace che possa dirsi onesta e persuasa; la scelta della nonviolenza, che implica il prender sul serio le nostre idee e il rigorizzare le nostre condotte; la scelta della nonviolenza, che impone la necessita' della formazione e dell'addestramento alla nonviolenza, un processo di chiarificazione e di coscientizzazione non breve ne' facile, studio e discussione, lavoro e fatica;

b) l'azione diretta nonviolenta, che sola puo' contrastare la guerra concretamente, operativamente, in modo limpido e rigoroso; e che puo' esser realizzata solo da persone alla nonviolenza accostatesi per tempo e intimamente persuase di essa, ed all'azione nonviolenta stessa lungamente preparatesi;

c) la disobbedienza civile di massa, che paralizzi i poteri che allo scatenamento della guerra presiedono; e che deve essere studiata e preparata con una lunga e profonda discussione pubblica, che coinvolga tutti i soggetti coinvolti (ed e' incompatibile con le solite ignobili modalita' autoritarie e spettacolari con cui vengono lanciati tanti appelli e tante campagne che sarebbero comiche se non avessero esiti nefasti e sovente fin tragici);

d) lo sciopero generale ad oltranza contro la guerra scatenata, fino alle dimissioni del governo che la guerra promuove ed avalla;

e) la denuncia alla magistratura ordinaria e la richiesta di intervento delle forze dell'ordine per arrestare quelle persone che investite di pubblici poteri a cio' efficienti avessere deciso ed avallato l'ingresso del nostro paese in una guerra illegale e criminale ai sensi dell'articolo 11 della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

*

Vivamente spero che la guerra possa essere fermata, e credo fermamente che se il nostro paese prendesse ufficiale posizione - come il dettato della Costituzione impone - contro di essa potrebbe condizionare anche altri paesi i cui governi oggi guidati da delinquenti cinici e sadici come quel giovine inglese e quel figlio di presidente americano stanno facendo di tutto per arrivare alla catastrofe.

Ma se non riusciremo a fermarla prima, occorrera' cercare di fermarla anche quando sara' scoppiata, e per fermarla avremo a disposizione pressoche' solo le iniziative che ho elencato sopra, che richiederanno addestramento vero, rigore intellettuale e morale, e se posso usare la brutta parola: anche quella cosa che chiamiamo coraggio, e disponibilita' a subire le eventuali spiacevoli conseguenze che sempre sono nel conto quando si  sceglie la nonviolenza, che e' la lotta piu' nitida ed intransigente contro la violenza (e intendo conseguenze come arresti, condanne, detenzioni: da accettare come e' dovere di ogni amico della nonviolenza).

 

6. IN MEMORIA DI DON BEPPE SOCCI

 

C'e' una Viareggio che non va in diretta

sui network degli assassini.

E' la Viareggio di cuore grande

la Viareggio degli animi bambini.

 

Don Beppe Socci, prete operaio

come don Sirio scelse la sua parte:

al fianco di chi soffre costruire

pace e giustizia fu la loro arte.

 

Viveva l'utopia che costruisce

mani di fabbro, e agile anima di ballerina

aveva fede nello spirito incarnato

nella piu' fonda notte recare la mattina.

 

Aveva quel sapere che si sa

solo se si e' insieme, la sapienza

che solo se e' coscienza vale e va

contro l'orrore e lo sconfigge, scienza

che si fa azione e comunione e gia'

ne sai tu il nome, e il nome e' nonviolenza.

 

7. CE LA SENTIAMO DI COMINCIARE A PREPARARE LO SCIOPERO GENERALE CONTRO LA GUERRA?

 

I governanti che avessero in animo di precipitare l'Italia in guerra devono saperlo: che non la passeranno liscia.

Che dovranno rispondere del loro delitto nelle corti di giustizia: il delitto grave quanto altri mai che consiste nel rendersi colpevoli di crimini di guerra e di crimini contro l'umanita', a tal fine avendo violato la Costituzione della Repubblica Italiana stessa cui hanno giurato fedelta' e su cui si fonda la legittimita' del loro potere e ruolo istituzionale.

Che troveranno un'opposizione popolare in nome della legge fondamentale del nostro ordinamento ed in nome di quel principio che fonda la civilta' umana da quando un'umana civilta', una civile convivenza esiste: tu non uccidere.

Devono saperlo fin d'ora, che alla guerra ci opporremo: e ci opporremo non pro forma, non tanto per fare una passeggiata in quel di Roma un fine settimana, non ammiccando e dando di gomito come nel consueto gioco delle parti che consente dipoi ai prepotenti di commettere ogni sorta di crimini purche' le apparenze sian salve. No. Ci opporremo con l'intenzione e col convincimento di riuscire a fermarla. Con la forza della ragione e della volonta'. Con la forza della nonviolenza.

Devono saperlo i felloni che volessero far carta straccia della Costituzione e reiterare le stragi di cui gia' si macchiarono i loro predecessori nel '91 come nel '99 come nel 2001, che non la passeranno liscia. E che agiremo per fermarli. In nome della legge, con la nonviolenza.

*

Che agiremo in modo limpido ed intransigente. Con la forza della nonviolenza.

E che tra le azioni che cercheremo di mettere in campo ci potra' essere anche questa, ci dovra' essere anche questa - se ne avremo la capacita' -: lo sciopero generale contro la guerra.

Ma uno sciopero generale contro la guerra, che dovra' essere a oltranza fino alle dimissioni dei golpisti stragisti al potere che l'Italia in guerra precipitassero, richiede preparazione, consapevolezza, impegno grandi. Si tratta di cominciare fin d'ora a prepararlo. Con la discussione piu' franca e piu' attenta, piu' ampia e piu' profonda, cercando di coinvolgere tutte le persone di volonta' buona.

Cominciamo dunque a lavorarci.

*

Ma per cominciare a lavorarci occorre innanzitutto sgombrare il campo dagli equivoci e dalle ambiguita'; liberarci delle travi e delle pagliuzze che oggi come oggi ancora accecano e destituiscono di credibilita' la gran parte del movimento che pur dichiara di volersi opporre alla guerra.

E per esser chiari: non si puo' un giorno dichiarare che "siamo tutti sovversivi" e il giorno dopo chiedere agli altri "di rispettare la legalita'"; per la contradizion che nol consente.

Non si puo' un giorno fare le "dichiarazioni di guerra" sia pur per finta o sottovalutar le stragi dei terroristi suicidi, e il giorno dopo sostenere credibilmente che si e' contro tutte le guerre; per la contradizion che nol consente.

Non si puo' sperare di convincere gli incerti con uno slogan cosi' ambiguo e rozzo - e quindi inetto e agevolmente fraintendibile - come "no alla guerra senza se e senza ma" quando invece si tratta di considerare, esaminare, discutere, affrontare, smontare e confutare proprio tutti i "se" e i "ma" che la situazione ineludibilmente propone. Per dire no alla guerra sempre, ma tutti i "se" e i "ma" considerando;  e il no alla guerra assoluto - il nostro persuaso assoluto "no alla guerra" di amici della nonviolenza, gli altri "no" sono solo relativi e non persuasivi - adeguatamente argomentando.

Non si puo' essere contro la guerra quando si e' all'opposizione, ed essere a favore quando si e' al governo.

Non si puo' essere contro la guerra e far finta di niente sulle leggi razziste con cui il nostro paese condanna a vessazioni inaudite e ad esiti di morte tanti innocenti (la Bossi-Fini, ma gia' prima la Turco-Napolitano).

Non si puo' essere contro la guerra ed essere a favore degli eserciti e delle armi.

Non si puo' pensare di opporsi alla guerra se non si fa una scelta inequivocabile per la pace. E perche' la scelta di pace sia inequivocabile occorre che essa si traduca nella scelta della nonviolenza (non c'e' bisogno di aggiungere l'aggettivo "attiva", la nonviolenza o e' attiva o non e' niente; la nonviolenza e' lotta o non e' niente; la noviolenza combatte contro la violenza o non e' niente).

La scelta teorica e pratica della nonviolenza: e' il varco se non si supera il quale si resta complici della guerra.

 

8. PER LA CHIAREZZA

 

Vorremmo che fossero chiare alcune cose.

La prima: non basta esprimere il proprio dissociarsi dalla guerra, occorre impedire la guerra.

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La seconda: al governo, al parlamento ed al capo dello Stato italiano va chiesto - e se necessario imposto (lo ripeto: imposto) - il rispetto della legge, che nella fattispecie significa il rispetto dell'articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra, punto e basta.

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La terza: al Consiglio di sicurezza dell'Onu va chiesto - e se necessario imposto (lo ripeto: imposto) - il rispetto della Carta dell'Onu, che anch'essa ripudia in modo assoluto la guerra.

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La quarta: ai soggetti istituzionali citati non va chiesto di esprimere una mera dissociazione, ma di esercitare un'azione contro la guerra; non va chiesto di lavarsene le mani, ma di opporsi alla guerra.

Se "L'Italia ripudia la guerra" vuol dire che la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico la obbliga a lottare contro la guerra.

Se l'Onu esiste per preservare i popoli del mondo dal flagello della guerra, vuol dire che ha l'obbligo giuridico cogente e ineludibile di impedire le guerre.

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La quinta: nessuno si illuda di poter delegare ad altri la propria responsabilita': nel mondo unificato dagli orrori di Auschwitz e di Hiroshima ognuno deve sentirsi responsabile di tutto. E quindi non basta chiedere ad altri di fare qualcosa, sei tu che devi fare qualcosa. E la prima cosa da fare hic et nunc e' impedire la guerra.

Ma per poter avere una speranza di riuscire a impedire la guerra occorrre assumerla con rigore morale e intellettuale, con intellettuale e morale limpidezza, la propria responsabilita': e questo implica una scelta preliminare e necessaria: la scelta della nonviolenza come unica forma interamente coerente e intransigentemente combattiva (combattiva, si': la nonviolenza e' lotta) di opposizione alla guerra e alla violenza, a tutte le guerre e tutte le violenze. Se non si sceglie la nonviolenza si resta complici dei presupposti culturali e politici ed economici e psicologici della guerra e della violenza; se non si sceglie la nonviolenza non si puo' credibilmente essere costruttori e costruttrici di pace.

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La sesta: noi cittadini italiani possiamo impedire la guerra? Si'.

Imponendo al nostro paese e quindi al suo governo cio' che il "principio fondamentale" espresso nell'articolo 11 della legge fondamentale del nostro Stato richiede e dunque impone: un'azione internazionale netta ed energica contro la guerra.

E per ottener questo dobbiamo dir chiaro al governo, al parlamento ed al capo dello Stato che se loro intendono tradire la Costituzione cui hanno giurato fedelta', saremo noi, il popolo italiano, a difendere la legalita' costituzionale e saremo noi, il popolo italiano, a cacciarli dal potere e a trarli in tribunale, in quanto essi si sarebbero resi fuorilegge, golpisti, stragisti e complici degli stragisti, poiche' la guerra sempre e solo e' esecuzione di omicidi di massa, annientamento di esseri umani.

Dobbiamo dirlo chiaro, subito; e dobbiamo farci ascoltare, subito.

E qualora non venissimo ascoltati dobbiamo fin d'ora prepararci ad agire, e per agire cinque cose occorre fare, al di la' delle iniziative simboliche, al di la' dei cortesi inviti e delle squisite maniere, al di la' delle parate e delle prosopopee, dei comizi e delle sfilate, dello spettacolo e delle chiacchiere. E le cinque cose che occorre fare a nostro modesto avviso sono (e mi scuso se ripeto testualmente quanto gia' apparso su questo notiziario due giorni fa, che a sua volta ripeteva idee che e' dai tempi della guerra del Golfo che andiamo gridando dai tetti):

a) la scelta della nonviolenza, senza di cui non si da' azione per la pace che possa dirsi onesta e persuasa; la scelta della nonviolenza, che implica il prender sul serio le nostre idee e il rigorizzare le nostre condotte; la scelta della nonviolenza, che impone la necessita' della formazione e dell'addestramento alla nonviolenza, un processo di chiarificazione e di coscientizzazione non breve ne' facile, studio e discussione, lavoro e fatica;

b) l'azione diretta nonviolenta, che sola puo' contrastare la guerra concretamente, operativamente, in modo limpido e rigoroso; e che puo' esser realizzata solo da persone alla nonviolenza accostatesi per tempo e intimamente persuase di essa, ed all'azione nonviolenta stessa lungamente preparatesi;

c) la disobbedienza civile di massa, che paralizzi i poteri che allo scatenamento della guerra presiedono; e che deve essere studiata e preparata con una lunga e profonda discussione pubblica, che coinvolga tutti i soggetti coinvolti (ed e' incompatibile con le solite ignobili modalita' autoritarie e spettacolari con cui vengono lanciati tanti appelli e tante campagne che sarebbero comiche se non avessero esiti nefasti e sovente fin tragici);

d) lo sciopero generale ad oltranza contro la guerra scatenata, fino alle dimissioni del governo che la guerra promuove ed avalla;

e) la denuncia alla magistratura ordinaria e la richiesta di intervento delle forze dell'ordine per arrestare quelle persone che investite di pubblici poteri a cio' efficienti avessere deciso ed avallato l'ingresso del nostro paese in una guerra illegale e criminale ai sensi dell'articolo 11 della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

 

9. DOMENICO SERENO REGIS, UNA LITANIA CON UNA CHIUSA IN FORMA DI EPIGRAFE

 

Aveva un nome che era gia' un programma.

 

Domenico vuol dire la persona

che e' del Signore ed ha la sua fiducia

un nome che portato porta festa.

 

Sereno poiche' nulla e' la bonta'

se non sa dare la serenita'

senza di cui solo il dolore resta.

 

Quel Regis che tradotto vuole dire

"del re" a quale re allude? Certo

il Re che volle farsi servo attesta.

 

Aveva un nome che era gia' un programma

ma il nome e' nulla e nulla e' il programma

se non sovviene virtu' d'operare

che' l'opera e' che invera la parola

e la parola a farsi carne aspira.

 

Fu operatore di pace, Domenico Sereno Regis.

Gli amici non l'hanno dimenticato.

 

10. ERRORI LINGUISTICI, E QUINDI POLITICI

 

E' una stupidaggine dire che contro la guerra occorre esprimere un dissenso.

Occorre esprimere un'opposizione, che e' un'altra cosa.

Il dissenso e' l'azione testimoniale di una minoranza che si sente impotente a rovesciare rapporti di forza iniqui.

Una opposizione quelle ingiustizie e quei crimini vuole e quindi sa e quindi puo' e quindi deve contrastare e sconfiggere.

La nostra opposizione alla guerra vuole, sa, puo' e deve impedire la guerra.

*

E' una stupidaggine continuare a vomitare slogan deliranti e sciagurati come il famigerato "siamo tutti sovversivi". Sovversivi sono i fascisti.

Noi vogliamo il rispetto del diritto e della democrazia; noi vogliamo il rispetto della Costituzione italiana che ripudia la guerra; noi vogliamo il rispetto della carta dell'Onu che si oppone alla guerra; noi vogliamo il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani sanciti nella dichiarazione universale del '48.

Sovversivi sono i fascisti, anche e soprattutto quando sono al governo.

*

E' una stupidaggine lo slogan "non in nostro nome": poiche' esso implica la premessa implicita che la guerra sia ammissibile purche' fatta in nome altrui. Ed invece no: la guerra e' inammissibile sempre.

*

E' una stupidaggine dare per scontato che la guerra ci sara', poiche' proprio in questo e' la nostra complicita' con la guerra, nell'accettarla vigliaccamente come ineluttabile; quel che dobbiamo dire, ma possiamo dirlo solo se ne siamo convinti, e ne dobbiamo essere convinti, e' che la guerra non s'ha da fare. E ad impedirla la nostra azione deve essere intesa.

*

Chi vuol fare solo il testimone e' un complice degli assassini.

Ed e' complice degli assassini anche chi non si prende cura delle parole che pronuncia, chi dice cio' che non pensa come chi cio' che pensa non dice.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 121 del 26 febbraio 2013

 

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