Archivi. 112



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 112 del 17 febbraio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di novembre 2002 (parte terza)

2. Elogio del salvare questo mondo ancor prima di progettarne un altro

3. Documentazione: l'esito di un processo

4. Tre paragrafi per Benedetto Croce, nel cinquantesimo anniversario della scomparsa

5. Piantiamola...

6. Nell'anniversario della morte di Leone Tolstoj

7. Il sangue per le strade

8. Sulla sentenza di Perugia

9. Televisioni

10. Rileggendo Pippo Fava

11. I malumori atri di Mascarillo Scorticoni: una sconfitta

12. Una testimonianza per Sebastian Matta

13. Da una lettera di Misone all'amico suo Macario

14. "Slavista"

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI NOVEMBRE 2002 (PARTE TERZA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di novembre 2002.

 

2. ELOGIO DEL SALVARE QUESTO MONDO ANCOR PRIMA DI PROGETTARNE UN ALTRO

 

Ha ragione Enrico Euli, ci sono domande da tempo ineludibili.

Ad esempio: cosa sono diventati gli stati negli ultimi decenni.

E' una domanda che in relazione agli sconquassi provocati dalla globalizzazione neoliberista ha tematizzato con acutezza e limpidezza ad esempio un intellettuale liberale come Ralf Dahrendorf in un libriccino la cui lettura sarebbe assai piu' utile delle logorroiche ciance su "imperi e moltitudini" che oggi troppi ripetono a orecchio senza accorgersi che sono scatole vuole e trappole ideologiche che nascondono un sostanziale smarrimento.

E forse ai piu' giovani sarebbe utile leggere dei grandi dibattiti degli anni sessanta e settanta sulla crisi fiscale dello stato, e sulla crisi della forma stessa dello stato-nazione come lo abbiamo conosciuto dall'inizio dell'eta' moderna; sul nesso a coppia conica delle strategie e dei progetti di riforma graduale e di trasformazione radicale; e ancora prima, i grandi dibattiti nel movimento operaio e socialista (e liberalsocialista, anche e forse soprattutto) sul welfare, sul controllo dal basso, sulle ipotesi consiliari, su quella che Aldo Capitini chiamava "omnicrazia", il potere di tutti, e Mohandas Gandhi "swaraj" (l'autogoverno, la vera indipendenza); e si dovrebbe risalire ancora prima (ma un prima che si prolunga ancor oggi e che ci accompagnera' nel futuro - c'e' una pagina fulminante di Marx all'inizio del Capitale in cui ricorda il detto che "le mort saisit le vif" -, e nell'eredita' del passato vi e' tutto il futuro, e sarebbe ora di farla finita di gettare i bambini con l'acqua sporca).

Enrico ha ragione: se non si accetta la societa' della "personalita' autoritaria" indagata da Orwell e da Fromm, occore sottoporre le istituzioni e le leggi al vaglio della coscienza: e' il principio di Antigone (e di Socrate ateniese, e di Gesu' di Nazareth), che da Thoreau, a Tolstoj, a Gandhi, a Virginia Woolf, alla Resistenza, al movimento delle donne, tutte le grandi figure ed esperienze storiche della nonviolenza in cammino hanno affermato.

Ed occorre saper obiettare e pagarne il prezzo.

D'altronde e' questa la forza della democrazia: che come diceva quello statista britannico sara' pure una pessima forma di governo ma e' pur sempre "la meno peggio" che fin qui l'umanita' abbia saputo escogitare e mettere in pratica.

Poi, ovviamente, vi possono essere punti di vista diversi, ed e' bene che siano in feconda dialettica anche tra gli amici della nonviolenza, tra chi ad esempio e' piu' incline o affine a una visione della societa' e della politica piu' caratterizzata in senso libertario ed anarchico, e chi esprime altri punti di vista; tra chi propugna forme piu' specificamente federaliste e chi no; tra chi propone alcune forme consiliari e chi altre. In un dibattito che tutti accoglie, rispetta e discute i punti di vista che siano comunque caratterizzati dal rispetto intransigente dei diritti umani di ogni essere umano, dall'opposizione alla violenza, dalla scelta della nonviolenza.

Personalmente, ad esempio, ritengo che lo stato di diritto e la democrazia siano una conquista grande dell'umanita' intera, e che vadano estese, e difese - come si dice - con le unghie e coi denti.

E non credo affatto che nella globalizzazione la forma statuale e l'ordinamento giuridico siano solo cadaveri o maschere; al contrario, ritengo che la forma repubblicana dell'organizzazione istituzionale della societa' sia un utile strumento di resistenza alla ferocia predatoria e onnivora dei potentati economici che non a caso sono sempre piu' intrecciati ai poteri criminali tout court; e ritengo altresi' che il principio di legalita' sia la chiave di volta per la resistenza alla barbarie.

In concreto, e per fare un esempio cruciale: la difesa della Costituzione della Repubblica Italiana mi pare sia un diritto e un dovere per tutti.

I casi della vita hanno fatto si' che alcuni dei miei amici piu' cari siano morti per colpa dei poteri criminali; che alcuni dei miei amici piu' cari siano familiari di vittime della mafia; e che anch'io abbia sentito il dovere di impegnarmi, nei limiti delle mie capacita' naturalmente, nella lotta contro il potere mafioso.

La nonviolenza e' questo: la lotta contro la violenza, o non e' nulla. E in questi ultimi decenni in Italia innanzitutto essa e' stata, e' e sara' lotta contro i poteri criminali di tipo mafioso che opprimono e uccidono e sempre piu' pervadono l'economia, la societa', le istituzioni stesse (si leggano i libri fondamentali di Umberto Santino o alcuni lavori di Jean Ziegler, o anche quella utile sintesi di Luciano Violante di qualche anno fa, per avere un quadro nitido e terribile; e se si e' cosi' sciaguratamente pigri da non voler leggere, e' sufficiente che ci si guardi intorno).

 

3. DOCUMENTAZIONE: L'ESITO DI UN PROCESSO

[Venendo incontro alla richiesta di vari interlocutori pubblichiamo qui a fini documentari il comunicato emesso dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo il 7 ottobre 2002 al termine del processo che ha visto la vittoria di Peppe Sini. L'Enzo Cafari di cui qui si parla secondo autorevoli fonti e' l'ultima persona ad essersi incontrata con Mino Pecorelli prima che fosse ucciso. Il capo della corrente andreottiana a Viterbo, Rodolfo Gigli, e' attualmente deputato in parlamento per Forza Italia; l'allora suo vice, Giuseppe Fioroni, e' attualmente deputato in parlamento per la Margherita - nota del 2002 -]

 

Vittorioso Peppe Sini in Tribunale.

Assolto dall'imputazione di diffamazione a mezzo stampa per il documento "Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995".

Sconfitto il querelante Enzo Cafari.

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Il Tribunale di Viterbo nella seduta odierna ha assolto Peppe Sini (gia' consigliere provinciale di Viterbo ed allora presidente della commissione d'inchiesta sulla penetrazione dei poteri criminali promossa dall'Amministrazione Provinciale di Viterbo, attualmente responsabile del "Centro di ricerca per la pace") dall'accusa di diffamazione a mezzo stampa, accusa avanzata dal signor Enzo Cafari in relazione ad un testo di Peppe Sini dal titolo "Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995".

Peppe Sini era difeso dall'avvocato Marcello Polacchi, una delle figure piu' autorevoli e prestigiose della societa' civile viterbese (e gia' presidente dell'Amministrazione Provinciale di Viterbo).

Peppe Sini ha citato e illustrato in aula una cospicua mole di documentazione, sia di provenienza giudiziaria, sia estratta dalla letteratura scientifica prodotta dai piu' qualificati autori impegnati nello studio e nella lotta contro la corruzione politica, l'economia illecita e i poteri criminali.

L'assoluzione di Peppe Sini e' stata piena.

Dopo la sentenza Peppe Sini ha dichiarato: "Una vittoria del diritto, una vittoria della verita'".

Alleghiamo una minima documentazione ai fini della comprensione dei fatti, rinviando ad un ulteriore comunicato una piu' ampia documentazione recante, quando sara' disponibile, la motivazione della sentenza emessa quest'oggi dalla magistratura.

Viterbo, 7 ottobre 2002

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Elenco degli allegati:

- Allegato 1: Peppe Sini, Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995;

- Allegato 2: alcuni documenti depositati in Tribunale;

- Allegato 3: breve notizia su Peppe Sini [qui omessa].

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Allegato 1. Peppe Sini, Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo. Dieci note bibliografico-documentarie del 22 settembre 1995

1. Il "caso Gigli-ICEM": l'ICEM di Palermo, occultamente controllata dalla famiglia Matta e titolare della manutenzione dell'illuminazione pubblica del capoluogo siciliano, venne a Viterbo negli anni '70 Rodolfo Gigli sindaco, a vincere l'appalto per la realizzazione dell'impianto di illuminazione pubblica cittadino. La vicenda ICEM diede luogo a una serie di processi, tra cui uno intentato dal Gigli nei confronti di Peppe Sini, autore di un articolo dal titolo "La mafia a Viterbo". Quel processo si concluse con la vittoria di Peppe Sini e la condanna del Gigli al pagamento delle spese. Peppe Sini sosteneva nell'articolo che il sistema di potere viterbese di cui l'andreottiano Gigli era il vertice operativo aveva costruito i prerequisiti per la penetrazione mafiosa a Viterbo.

Sulla vicenda si veda l'esauriente opuscolo di Peppe Sini, Il caso Gigli-ICEM, Viterbo, 1991.

2. Le imprese dei "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania penetrano nell'Alto Lazio: e' documentata la presenza sia nel cantiere della centrale di Montalto, sia nell'operazione "CAT-nuovo porto di Civitavecchia" di imprese dei gruppi facenti capo ai "cavalieri dell'apocalisse mafiosa" di Catania, particolarmente Graci e Rendo. Sui "cavalieri" di Catania si espressero duramente il giudice Livatino, il generale Dalla Chiesa, il giornalista Pippo Fava, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tutti poi assassinati dalla mafia; li fece arrestare il giudice Carlo Palermo che anch'eglì subi' poi un attentato mafioso da cui si salvo' a stento. Collegate ai cavalieri erano anche alcune delle imprese che avevano composto il consorzio "Alosa" che doveva ristrutturare la Valle di Faul a Viterbo.

Sui cavalieri di Catania cfr. Peppe Sini (a cura di), L'arrembaggio del cavaliere, (dossier documentario con testi, fra gli altri, di Santino, Dalla Chiesa, Bocca, Falcone e Borsellino, Palermo), Viterbo 1992; ed i fascicoli monografici di "Alternativa Vetrallese" nn. 69, 70, 73, 96.

3. La presenza di Alvaro Giardili: l'imprenditore, collegato alla camorra cutoliana e al Supersismi del faccendiere Pazienza, che svolse un ruolo nella vicenda del Banco Ambrosiano (fu l'ultimo a contattare il banchiere Calvi poi trovato morto a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri), e nella vicenda della trattativa tra DC, servizi segreti deviati, camorra, brigate rosse, in relazione al sequestro Cirillo. Anni fa subi' un attentato con autobomba. Coinvolto in vari processi su alcuni dei piu' gravi misteri d'Italia.

Su Giardili cfr., tra le tantissime pubblicazioni in cui e' citato, l'atto d'accusa del giudice Carlo Alemi pubblicato in L'affare Cirillo, Roma 1993; ed il rapporto della Commissione Parlamentare Antimafia, Camorra e politica, Roma-Bari 1994.

4. La presenza nel viterbese dei boss mafiosi Pippo Calo' e Gaspare Mutolo: Pippo Calo', il "cassiere" di Cosa Nostra, il plenipotenziario della mafia a Roma, il contatto con la banda della Magliana e con gli ambienti politico-affaristici e dell'eversione di destra romana, per lungo tempo ha avuto un alloggio a Tuscania ove era in clandestinita'; Gaspare Mutolo, importante boss palermitano poi divenuto collaboratore di giustizia, e' stato arrestato a Montalto di Castro.

Sui citati personaggi la letteratura e' immensa e si identifica con quanto pubblicato di valido sulla mafia negli ultimi anni.

5. Il finanziamento della Cassa di Risparmio di Viterbo all'operazione "Hotel Costa Tiziana" a Crotone: la Carivit finanzio' Cafari e Telesforo nell'operazione Hotel Costa Tiziana su cui e' in corso un processo a Roma per reati gravissimi. Cafari in particolare e' personaggio collegato alla 'ndrangheta, alla criminalita' romana, alla massoneria deviata.

Cfr. al riguardo il dossier inviato alla Procura della Repubblica di Viterbo da Peppe Sini in data 19/9/'94 ed i materiali successivamente raccolti dalla Commissione conoscitiva istituita dalla Provincia di Viterbo e presieduta dallo stesso Peppe Sini; inoltre cfr. Tranfaglia (a cura di), Cirillo, Ligato e Lima: tre storie di mafia e politica, Bari 1994; vedi anche il volume che da' conto delle inchieste del giudice Cordova, di Forgione e Mondani, Oltre la cupola, Milano 1994; inoltre cfr. Ciconte, 'Ndrangheta: dall'Unita' ad oggi, Bari 1992.

6. Le inquietanti allusioni di Sbardella: nel 1990 attraverso l'agenzia giornalistica "Repubblica" diretta dall'inquietante personaggio Lando Dall'Amico (su cui cfr. De Lutiis, Storia dei servizi segreti in Italia, Roma 1991), il leader andreottiano romano Vittorio Sbardella lanciava oscure allusioni a viaggi ed interessi del leader andreottiano viterbese Rodolfo Gigli in Sicilia (a Termini Imerese): cio' durante un durissimo scontro tra i luogotenenti andreottiani risoltosi rapidissimamente con una nuova alleanza di ferro tra i due; a Viterbo, feudo di Gigli, Sbardella operava con la Coop Casa Lazio guidata dall'altro andreottiano Falco che, successivamente arrestato, ammise dinanzi ai magistrati che lo inquisirono che le spericolate operazioni edilizie e finanziarie illecite eseguite erano sostenute da amministratori pubblici collegati al gruppo. A seguito di altre vicende i fratelli Gigli (Rodolfo, gia' sindaco di Viterbo, assessore e presidente della Regione Lazio, segretario regionale della DC, attualmente presidente Arsial; e Ugo, direttore generale dello IACP di Viterbo) sono tuttora titolari di un fascicolo presso la Procura di Roma per l'ipotesi di reato di ricettazione. Il sistema di potere andreottiano domina notoriamente da decenni a Viterbo.

Su questi argomenti cfr. riassuntivamente l'ultimo dossier documentario trasmesso alla magistratura da Peppe Sini in data 21 agosto 1995 (in relazione ad una precedente serie di esposti sui fratelli Gigli) con centinaia di pagine di documenti.

7. Salvo Lima a Viterbo: nel 1977 Salvo Lima presiedeva il congresso provinciale della DC viterbese (una DC dominata pressoche' totalitariamente dalla corrente andreottiana; gli andreottiani ovviamente controllano anche enti locali, istituti di credito, Usl, Universita', et similia).

Al riguardo cfr. quanto riportato nell'esposto-dossier citato al punto 6.

8. La banda della Magliana: e' presente nel viterbese per vari contatti ed in varie forme. Oltre ai contatti con vari personaggi citati ai  punti precedenti, va rilevato che anni fa fu presidente della societa' calcistica cittadina l'Annibaldi condannato per il crack dell'Ambrosiano, del clan Annibaldi collegato alla banda della Magliana.

Sulla banda della Magliana cfr. almeno Flamini, La banda della Magliana, Milano 1994.

9. La confessione Mammoliti: pochi giorni fa e' stata resa nota la confessione dello 'ndranghetista Mammoliti di un intervento di Andreotti tramite la mafia siciliana su quella calabrese per far cessare attentati ai danni di un imprenditore viterbese operante in Calabria, e diminuire l'importo del "pizzo" richiesto.

Su questo argomento cfr. i quotidiani degli ultimi giorni che riportano la notizia della confessione acquisita agli atti del processo a carico di Andreotti; particolarmente "La Repubblica" del 20/9/'95, ed "Il messaggero", cronaca di Viterbo, del 21 e 22/9/'95. Una intervista all'estensore di queste note e' sul "Corriere di Viterbo" del 22/9/'95.

10. Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali nel viterbese: da anni alcuni osservatori della realta' altolaziale, ed in particolare l'estensore di queste note, hanno elaborato un modello interpretativo della situazione viterbese fondato sulla relazione tra sistema di potere andreottiano, intreccio politico-affaristico, modello di sviluppo, penetrazione dei poteri criminali.

Su questo tema, sull'approccio interpretativo e sui riscontri documentari su cui il paradigma si appoggia cfr. ad esempio i seguenti lavori: Peppe Sini, Modello di sviluppo, sistema di potere, penetrazione mafiosa, (con enorme bibliografia ragionata), Viterbo 1989; Idem, Regime della corruzione e penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio, Viterbo 1993.

Fondamentale e' la consultazione delle varie annate del settimanale viterbese "Sotto Voce" che dagli anni '80 conduce un'importante azione di informazione e sensibilizzazione su questi temi.

Viterbo, 22 settembre 1995

(Postilla del 7 ottobre 2002 al documento sopra riportato: e' ovvio che questo documento riferisce di situazioni e cognizioni dell'epoca; nel frattempo ad esempio i procedimenti giudiziari citati si possono essere conclusi con diversi esiti. Naturalmente questo documento e' qui riprodotto esclusivamente per necessaria conoscenza del lettore. del presente comunicato. Dal '95 ad oggi molte cose sono accadute).

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Allegato 2. Alcuni documenti depositati in Tribunale

- Estratto da Enzo Ciconte, Isaia Sales, Vincenzo Vasile, a cura di Nicola Tranfaglia, Cirillo, Ligato e Lima. Tre storie di mafia e politica, Laterza, Roma-Bari 1994;

- Estratto da Enzo Ciconte, 'Ndrangheta dall'Unita' a oggi, Laterza, Roma-Bari 1992;

- Estratto da Maria Antonietta Calabro', Le mani della mafia, Edizioni Associate, Roma 1991 (alla p. 158 si cita testualmente una durissima dichiarazione dell'allora Ministro di Grazia e Giustizia Giuliano Vassalli sul Cafari);

- Estratto da Francesco Forgione, Paolo Mondani, Oltre la cupola, Rizzoli, Milano 1994;

- Estratto da Enzo Fanto', Massomafia, Koine', Roma 1997;

- Estratto da Marco Corrias, Roberto Duiz, Mino Pecorelli un uomo che sapeva troppo, Sperling & Kupfer, Milano 1996;

- Estratto da Mario Guarino, I santuari proibiti, Laser Edizioni, Viareggio 1996;

- Estratto dai capi di imputazione a carico di Cafari e altri, riportati nell'ordinanza di custodia cautelare in carcere degli stessi Cafari e altri emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Roma, dott.ssa Maria Luisa Carnevale, in data 12 ottobre 1992;

- Documento della Questura di Roma sui rapporti tra Enzo Cafari ed Alvaro Giardili, in data 8 aprile 1992;

- Estratti dagli atti del processo di Roma sulla vicenda "Costa Tiziana".

* Peppe Sini dispone inoltre nel suo archivio personale di numerosi altri documenti ancora, sia messi a disposizione dalla magistratura romana, sia estratti da pubblicazioni a stampa.

* Peppe Sini redasse inoltre e invio' alla magistatura e ad altre istituzioni un ampio dossier documentario di 219 pagine, dal titolo "Documentazione su caso Carivit; affaire "Costa Tiziana"; contesto politico-affaristico e presenze mafiose nel viterbese. Dossier inviato dal consigliere provinciale Peppe Sini alla Procura della Repubblica di Viterbo in data 19 settembre 1994".

(Postilla del 7 ottobre 2002 all'elenco di documenti sopra riportato: e' ovvio che questi documenti possono aver dato luogo a valutazioni e vicende diverse, nel frattempo ad esempio i procedimenti giudiziari citati si possono essere conclusi con diversi esiti. Naturalmente quanto precede e' qui riprodotto in quanto documentazione esclusivamente per necessaria conoscenza del lettore del presente comunicato).

 

4. TRE PARAGRAFI PER BENEDETTO CROCE, NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA

 

1. Scrisse don Benedetto: "malinconica e triste che possa sembrare la morte, sono troppo filosofo per non vedere chiaramente che il terribile sarebbe se l'uomo non potesse morire mai".

2. Scrisse don Benedetto: "quella fede che si compose di amore alla verita', di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitazione per la liberta', forza e garanzia di ogni avanzamento" (sono parole del manifesto degli intellettuali antifascisti del '25).

3. Per lungo tempo parlar male di Croce e' stato una specie di sport nazionale. Sarebbe ora invece di rileggerlo. Con tutti i suoi limiti, con tutti i suoi difetti, e' ancora un maestro.

 

5. PIANTIAMOLA...

Un primo, immenso, e per noi catastrofico, risultato politico questa oscura vicenda degli arresti di venti militanti di gruppi cosiddetti "no global" lo ha gia' regalato ai padroni della globalizzazione neoliberista.

Per la stupidita' di tanti sedicenti ed autoproclamatisi (o proclamati dai mass-media piu' narcotici, autoritari ed osceni: che e' anche peggio) "portavoce" del movimento per la pace che si oppone ai crimini della globalizzazione neoliberista, la maggioranza del popolo italiano e' resa convinta che chi si batte contro la guerra e l'ingiustizia sia rappresentato da personaggi impresentabili e moralmente peggio che discutibili come i leader dei cosiddetti Disobbedienti.

Congratulazioni.

*

Tutti coloro che all'accusa delirante di essere sovversivi hanno insensatamente risposto di si' ci hanno messo tutti in un cul di sacco.

Complimenti vivissimi.

Tutti coloro che militarescamente e cameratescamente "insorgendo come un sol uomo" hanno detto che le posizioni degli arrestati (e ingiustamente arrestati, a mio avviso, dopo che ho letto una per una tutte le pagine dell'ordinanza - che comunque contengono molte cose assai diverse da quel che i giornali e le tivu ne hanno cavato per il loro frettoloso pubblico consumista) sono "le nostre posizioni", ebbene, costoro hanno appiattito tutto il "movimento dei movimenti" su posizioni moralmente inammissibili, logicamente deliranti ed effettualmente violentiste.

Grazie di cuore.

*

Ed invece questo occorre dir chiaro, e almeno noi lo abbiamo detto chiaro e non ci stancheremo di ripeterlo:

1. chi vuole lottare contro la guerra e contro l'ingiustizia globale deve essere costruttore di pace, operatore di giustizia, deve fare la scelta della nonviolenza, che e' anche nonmenzogna.

La scelta della nonviolenza e' la discriminante fondamentale, chi non la fa non e' affatto un nostro compagno di lotta contro la violenza, il sessismo, il razzismo, lo sfruttamento, l'inquinamento, la guerra.

Chi non fa la scelta della nonviolenza e' un nostro avversario.

2. Il "movimento dei movimenti" e' cosa complessa, germinale, ambigua, ingenua, giustamente senza capi e senza burocrati; ma e' anche cosa gia' purtroppo largamente infiltrata da gruppi e logiche peggio che discutibili; ma nulla e' gia' deciso, questo movimento e' giovanissimo e puo' prendere ancora vie assai diverse.

Battiamoci perche' tenga fermo il criterio del ripudio assoluto della violenza e della menzogna.

Chi ci propone unanimismi idioti con chi propugna o giustifica la violenza e' un nostro nemico. E dei peggiori.

3. Difendiamo i diritti umani degli arrestati, e chiediamone la scarcerazione se essi sono detenuti soltanto per i fin qui resi noti fatti-reato (non dico le qualificazioni di essi in articoli penali, che sono per piu' versi insensate e persino ridicole in questo caso), poiche' essi fatti-reato (che sono comunque gravi se al termine del procedimento dovesse risultare confermata l'ipotesi accusatoria di un agire con metodi violenti; ma questo e' appunto cio' che il processo deve dimostrare o smentire, e ognuno deve essere considerato innocente finche' non se ne provi l'eventuale colpevolezza) non sono tali a me sembra da giustificare una carcerazione preventiva.

4. Difendiamo la magistratura da chi vuole delegittimarla a vantaggio della destra eversiva al potere.

E chiediamo che l'azione giudiziaria, in questo come in tutti gli altri casi, proceda serenamente, rapidamente, e senza alcun condizionamento, finalizzata solo all'accertamento della verita' e all'affermazione del diritto.

5. Cerchiamo di uscire al piu' presto dalla trappola in cui troppi sono caduti: di accettare il linguaggio e le accuse piu' turpi e irragionevoli, e di replicare a chi ti insulta dicendo che si', siamo proprio cio' che lui dice. Dare ragione ai calunniatori - sia pure per incredulita' e in guisa di scherno - e' sciocchezza grande ed effettuale complicita' con essi.

6. Come ebbero a dire Platone, Sant'Agostino, Marx, Luce Irigaray e Vandana Shiva (perche' sicuramente almeno una volta nella vita lo avranno detto anche loro): piantiamola di fare gli scemi.

7. Per aver sottovalutato il fatto che la violenza corrompe tutto ed e' sempre nostra nemica, negli anni '70 un movimento giovane, ingenuo e generoso, fu (certo, soprattutto anche perche' indottovi dalle trame eversive dei potenti; ma del proprio agire ognuno e' responsabile) travolto nella follia e nel sangue. Impediamo che possa accadere di nuovo.

Solo la nonviolenza puo' salvare la nostra lotta.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

6. NELL'ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI LEONE TOLSTOJ

 

Con quell'aspetto fiero di leone

nell'animo il tormento dell'asceta

che si vuol Lazzaro e si sa Epulone

in lotta contro se', la dura pieta

 

con fermo sostenendo di profeta

cuore, e con sguardo senza remissione,

e voce alta e fonda di poeta,

di Astapovo arriva alla stazione

 

un vecchio. Gia' la morte lo sogguarda

e aspetta che si spenga la coscienza

per trarselo nel nulla la beffarda

 

nera signora, ma nella sua essenza

vive Leone ancora e sempre arda

di luce il suo messaggio: nonviolenza.

 

7. IL SANGUE PER LE STRADE

 

Amasti subito quel libro di Nando dalla Chiesa quando aprendo Delitto imperfetto (che riaprendolo oggi vedo ancora macchiato dalle lacrime di quando lo lessi allora) trovasti in epigrafe quelle parole di Pablo Neruda, da Spagna nel cuore:

"Domanderete perche' la sua poesia

non ci parli del sogno, delle foglie,

dei grandi vulcani del suo paese natale?

Venite a vedere il sangue per le strade,

venite a vedere

il sangue per le strade,

venite a vedere il sangue

per le strade".

Mentre mi accingevo a lavorare a questo numero del notiziario, che non pensavo di aprire con queste righe, mi giunge la notizia di una nuova strage a Gerusalemme; e stanotte leggevo le ultime lettere dei miei amici dell'Operazione Colomba in Palestina.

Una catena di violenze senza fine, ed ogni giorni temo di sentire che qualche mio amico israeliano o palestinese possa essere stato ucciso.

E capisco il dolore e il terrore del popolo palestinese tutto, del popolo israeliano tutto, e del popolo delle due diaspore.

E sento come una spina nella carne che la radice di tutto e' qui: nella storia europea, in duemila anni di persecuzione antisemita, in cinquecento anni di colonialismo, nell'orrore della Shoah che e' l'evento che spezza in due la storia umana dopo di cui tutto deve cambiare nell'agire degli esseri umani perche' l'umanita' intera non sia annichilita.

E che e' innanzitutto a noi europei il compito di fare un primo passo per aiutare tutte le vittime, per soccorrere i popoli e gli stati di Palestina e di Israele, per lenire le ferite, per risarcire per quanto possibile i superstiti poiche' quelle vittime sono le nostre vittime, per lavorare ad aprire percorsi di pace e di giustizia, e quindi di riconciliazione; innanzitutto col riconoscimento dello stato palestinese, ma anche di quello di Israele che ancora troppi nel mondo e anche qui tra noi vorrebbero cancellare con una nuova Shoah; con la cessazione dell'occupazione militare e delle colonie, ma anche con la cessazione della diuturna aggressione dei gruppi terroristici alla popolazione israeliana, aggressione terroristica che ancora troppi nel mondo e anche qui abominevolmente pretendono di giustificare; con la fine di ogni terrorismo da chiunque agito che costringe nel trauma permanente, nell'orrore quotidiano la popolazione di Israele come quella di Palestina.

La lotta delle donne in nero indica una via.

Il Sudafrica, che e' una realta' sicuramente pecularie e sicuramente tanto diversa da quella mediorientale, indica una via.

Quell'antico canto scritto a Parigi mentre prussiani e versagliesi facevano le loro crude cruente sanguinolente vendette sulla nuda umanita', quell'antico canto indica una via: la via della solidarieta' umana fra tutti gli esseri umani; la via del riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani: l'internazionale futura umanita'.

E' l'ora della nonviolenza.

O non vi sara' un futuro per l'umanita'.

 

8. SULLA SENTENZA DI PERUGIA

 

Devo fare una premessa: non sono un patito degli atti giudiziari, scritti perlopiu' malissimo e al limite dell'intelligibilita'; potendo scegliere, passerei il mio tempo a leggere i lirici e i tragici greci, con Dante e Cervantes, Leopardi e Kafka, Hannah Arendt e Simone Weil. Ma, come a tutti, anche a me sono capitati da vivere tempi corruschi di armi e di stragi. E qui finisce il prologo.

*

Avevo letto la motivazione della sentenza di primo grado del processo di Perugia: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

Avevo letto la domanda di autorizzazione a procedere inviata dalla Procura al Senato: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

Ho letto anche i libri sull'argomento della morte di Pecorelli usciti anni fa, lavori giornalistici ma non disprezzabili: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

E ho letto anche la raccolta degli scritti di Pecorelli pubblicati da Franca Mangiavacca in Memoriale Pecorelli dalla Andreotti alla Zeta, due volumoni per piu' di mille pagine: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

Ma ho letto anche i fascicoli originali di intere annate di "OP" (per un colpo di fortuna diversi anni fa ne trovai una copia rilegata grazie a un amico rivenditore di libri usati): la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

*

Ho letto anche la memoria della Procura di Palermo alla base del processo sui rapporti tra Andreotti e la mafia (e' stata pubblicata, e merito gliene sia reso, dall'editore Pironti, in un volume di quasi mille pagine): la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

Ho letto anche diversi dei molti libri, scritti perlopiu' da giornalisti, ma anche da studiosi e personalita' autorevolissime, sulle vicende oggetto del processo di Palermo: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

E ho letto anche le opere - fondamentali - di Umberto Santino e i lavori - fondamentali - della Commissione parlamentare antimafia quando la presiedette Luciano Violante: la mia opinione e' che si poteva arrivare a una condanna di Andreotti.

*

E fin qui sto parlando di letture.

Ma non sono solo un lettore. Sono da molti anni un militante politico impegnato contro i poteri criminali e il regime della corruzione, e vivo in un luogo molto lontano dalla Sicilia, ma contrastare la mafia e i suoi complici e' necessario anche qui nell'alto Lazio.

E sono stato per molti anni un pubblico amministratore impegnato contro la mafia, in un luogo molto lontano dalla Sicilia, ma contrastare la mafia e i suoi complici e' necessario anche qui nell'alto Lazio.

E sono stato per molti anni uno degli animatori del principale settimanale d'informazione di Viterbo impegnato contro la mafia, in un luogo molto lontano dalla Sicilia, ma contrastare la mafia e i suoi complici e' necessario anche qui nell'alto Lazio.

E questa esperienza mi ha condotto ad una convinzione che credo di avere documentato in molti interventi, esposti, pubblicazioni, lungo migliaia di pagine che ho scritto: che il sistema di potere andreottiano ha favorito la penetrazione mafiosa anche nell'alto Lazio. Significhera' pur qualcosa che il boss Pippo Calo' per anni durante la sua latitanza abbia abitato nel viterbese; e che Gaspare Mutolo sia arrestato a Montalto di Castro, in provincia di Viterbo (e non la faccio piu' lunga qui, rinviando al mio "Sistema di potere andreottiano e penetrazione dei poteri criminali a Viterbo" riportato integralmente in questo stesso notiziario qualche giorno fa, nel n. 421 del 20 novembre).

Il capo degli andreottiani viterbesi, Rodolfo Gigli, ora deputato di Forza Italia, volle querelare per diffamazione molti anni or sono un mio articolo dal titolo "La mafia a Viterbo", e mal gliene incolse: io venni assolto, nei miei confronti lui usci' duramente sconfitto in tribunale. Fa parte dei paradossi di questo paese che io abbia vinto il processo, che la magistratura mi abbia dato ragione, e che il capo degli andreottiani viterbesi (uno dei massimi capi della DC a livello regionale, all'epoca presidente della Regione Lazio e segretario regionale della DC, e parliamo della regione al cui interno si trova Roma) sconfitto e smascherato in tribunale abbia potuto continuare la sua carriera politica e progredirvi fino al parlamento.

*

Sono contrario all'istituto del carcere; cosi' come l'umanita' ha saputo superare altre forme penali piu' crudeli, penso che un ulteriore miglioramento della civilta' umana portera' anche al superamento del carcere. Ma sono favorevole al fatto che i delitti siano denunciati, giudicati, sanzionati.

Non sono un perdonatore per conto terzi, e provo ripugnanza per chi si dichiara tale; credo che il perdono sia una prerogativa esclusivamente delle vittime: solo la vittima puo' perdonare, se vuole, il suo carnefice; ma quando le vittime sono state assassinate, gli assassini non possono piu' essere perdonati da alcuno. Per questo chi ha eseguito o promosso o giustificato o contribuito a uccisioni da se stesso si e' privato della possibilita' di poter essere un giorno perdonato.

Non sono un giudice, non sta a me emettere sentenze. Ma sono un essere umano, e per avventura un cittadino italiano, e so che la mia parola ha un valore; e la mia opinione e' questa: che la sentenza emessa dalla corte d'appello di Perugia in relazione all'imputato Andreotti vada rispettata.

E che quanti in questi giorni si sbracciano in favore di Andreotti, col loro sbracciarsi dimostrano una cosa soltanto: una cosa che non scrivero' qui, poiche' tutti i gentili lettori e le gentili lettrici di queste righe l'hanno gia' pensata da se'.

E adesso che cali il sipario.

 

9. TELEVISIONI

 

Cosi' come nell'Opera da tre soldi si afferma che fondare una banca e' un crimine peggiore che rapinarla, credo vi sia chi commette un crimine peggiore di chi possiede o e' a capo di reti televisive intese alla corruzione del gusto e delle anime e della cosa pubblica: coloro che accettano di comparirvi come ospiti.

 

10. RILEGGENDO PIPPO FAVA

 

E' una frase retorica bella

e trita e bugiarda, la frase che dice

che quando muore una persona buona

cento altri sorgono a prendere il suo posto.

 

Quegli occhi che videro la luce

sono spenti per sempre.

Quelle mani, quella voce, per sempre

ridotte a nulla.

Quell'inesausta voglia di vivere

divorata per sempre dall'orco.

 

Restano le opere, frutto dei giorni

e dell'orgoglio di essere vivi.

Restano queste parole che adesso rileggo

e che prolungano la lotta di un giusto.

 

Quel che non muore e' solo quel che lasci,

quello che agli altri doni,

la decisione presa, una volta per sempre.

 

11. I MALUMORI ATRI DI MASCARILLO SCORTICONI: UNA SCONFITTA

 

Mi e' sempre sembrato chiarissimo che il cosidddetto "movimento dei movimenti" sia il frutto di una sconfitta, la sconfitta delle sinistre novecentesche. Ma io che son uno di quegli sconfitti non sono disposto a far finta di niente, ed a lasciar buttare "nella spazzatura della storia" la nostra vicenda, il nostro sentire, le proposte nostre; non sono disposto a far finta che il passato non esista; non sono disposto a ingannare tanti giovani cui si vuol far credere che il mondo sia cominciato a Seattle e che tutto quanto accadde prima fu favola e sogno.

Non sono neppure disposto a lasciar che si spaccino per miracolosi trovati di novelli Dulcamara le banalizzazioni e gli offuscamenti oggi correnti di idee e progetti ed esperienze che molto meno confusi e subalterni pensammo e cercammo di agire nel secolo andato. Certe banalita' che oggi vanno per la maggiore sono sovente la versione immeschinita e caricaturale - e talora da catechismo neostalinista - di idee che ebbero ben altra complessita', profondita' ed apertura nella riflessione e nella prassi dei movimenti di resistenza e di liberazione del secolo trascorso da appena due anni e gia' trattato come se fosse una remota e indecifrabile preistoria.

Ed infine non sono disposto a lasciar credere che il nostro passato sia stato una notte in cui tutte le vacche erano nere. Ci fu la sinistra degli stalinisti e ci fu la sinistra delle vittime degli stalinisti; ci fu una sinistra criminale, e ci fu una sinistra che contro ogni crimine si batte'.

E soprattutto nel secolo XX ci furono Auschwitz e Hiroshima e il totalitarismo, e mi pare che la loro decisivita' oggi troppi tendano a rimuovere. Ed invece sono li', eventi rocciosi e ineludibili, confitti nella storia e nella coscienza dell'umanita', che ci interpellano, e dinanzi ai quali tu devi agire perche' mai piu' si ripetano. E chi pensa di poter non fare i conti coi traumi del passato e' destinato a non poterli superare mai; e gli orrori di cui non prendi coscienza li riproduci. Sara' un caso che tra tanti autori citati a proposito e a sproposito quasi nessuno di quelli che piu' danno fiato agli ottoni abbia mai aperto un libro di Tzvetan Todorov? Possiamo sommessamente suggerire che il suo Memoria del male, tentazione del bene e' un'opera la cui lettura e' indispensabile?

*

Discende da queste premesse il fatto che non mi appassionino gli sdilinquimenti e le prosopopee per certi episodi, pur importanti, che ai neofiti appaiono svolte epocali, e che tanti zuzzurelloni e marpioni d'antan accondiscendono a far credere essere quel che non sono.

Quanto accadde a Genova non e' stata "una vittoria" come con espressione lugubre e insensata, necrofila e sciagurata, taluno ha detto nel suo folle desiderio di miti di fondazione (e tutti i miti di fondazione sono naturalmente macchiati di sangue: visione sacrificale e militarista della storia che a me ripugna), ma una catastrofe. E una catastrofe assai prevedibile. E non averla evitata e' responsabilita' grave di tutti coloro che hanno cooperato allo scatenamento delle violenze commesse da sadici e nazisti.

E quanto accaduto a Firenze qualche settimana fa non e' stata la renovatio del mondo, ma una cosa certo buona e giusta e importante, ma di portata limitata nel quadro della societa' in cui viviamo, che e' per piu' versi proprio la debordiana e totalitaria societa' dello spettacolo; e molta strada c'e' ancora da fare, e molte pagnotte da mangiare per crescere in senno ed esperienza e forza quanto occorre, per rovesciare le ingiustizie e le mistificazioni che tutti ci attanagliano e mutilano.

La strada e' la scelta della nonviolenza, e la storia della lotta nonviolenta contro l'inumano e' il nutrimento.

La scelta della nonviolenza, la lotta nonviolenta contro l'inumano: che e' la proposta teorica e pratica, morale  e politica, che le piu' alte esperienze dell'umanita' novecentesca ci consegnano in eredita': la Resistenza, la liberazione dal colonialismo, le lotte del movimento dei lavoratori, il movimento delle donne; Primo Levi, Mohandas Gandhi, Virginia Woolf; Guenther Anders, Hannah Arendt, Simone Weil.

 

12. UNA TESTIMONIANZA PER SEBASTIAN MATTA

 

Con la scomparsa di Sebastian Matta l'umanita' perde assai piu' che uno degli artisti pu' grandi del XX secolo. Altri dira' meglio il cordoglio che e' anche nostro, altri raccoltera' la figura e l'opera e l'ingegno del maestro e dell'uomo estroso e di generosita' ed acutezza vivide e rare.

Qui, adesso, diro' solo come lo conobbi io. Sara' stata la meta' degli anni settanta: a Viterbo un convegno di un piccolo partito della nuova sinistra che nella nostra provincia aveva un forte radicamento contadino e operaio; io ero il relatore, e giovane segretario provinciale ed appassionato com'ero, avevo passato notti insonni a predisporre una di quelle relazioni-fiume che usavano all'epoca, in cui si ricostruiva la storia del mondo e si definivano le linee della vittoria della giustizia e della liberta' su tutto il pianeta senza tralasciare dettaglio alcuno; poi, come faccio sempre, misi da parte le lungamente ponzate scartoffie e parlai a braccio.

Tra i presenti vi erano persone che non conoscevo, una di loro tra altre intervenne e disse alcune calde e non rituali parole di apprezzamento, lo ringraziai commosso; mi commuove sempre che qualcuno apprezzi quello che dico, sono cosi' abituato ad avere opinioni in forte stridore con quelle dominanti in qualunque consesso (anche nelle esperienze cui partecipo sono quasi sempre in minoranza, deve essere un'eredita' di Fortini).

Finita l'assemblea seppi che era Sebastian Matta, uno dei nomi che hanno fatto la storia della cultura del Novecento e che quel giorno li' da Tarquinia (dove viveva e lavorava) se ne era venuto a Viterbo per prendere parte al nostro incontro di piccolo partito della sinistra austera e intransigente. Ho sempre trovato commovente anche questo: un grande intellettuale ed artista cui erano aperti i prosceni piu' lusinghieri, che dedica il suo tempo anche ad ascoltare le idee e le proposte di un piccolo gruppo politico di senza potere. Le sue parole di incoraggiamento. Non l'ho dimenticato.

Non ne ho mai scritto prima di adesso, ho sempre temuto che il dirlo sarebbe stato un mio peccato di orgoglio, di vanita' personale. Ora che l'esistenza terrena di Matta e' cessata, ma non cessa l'effetto benefico, smascheratore ed incivilitore, dell'opera sua, della sua testimonianza di resistente antifascista "con le armi della poesia"; ora ho sentito di poter e voler scrivere questo ricordo lungamente taciuto, che valga quale sommesso e personale segno di gratitudine e omaggio all'uomo scomparso che mi esorto' tanti anni fa a continuare in cio' che era e resta giusto.

Anche questa e' nonviolenza in cammino.

 

13. DA UNA LETTERA DI MISONE ALL'AMICO SUO MACARIO

[Misone, ha scritto mi sembra Victor Eremita in Aut aut, pare sarebbe un saggio greco che "gode della rara fortuna d'essere annoverato tra i Sette Sapienti, qualora il numero di questi venga portato a quattordici" (cosi' in Soeren Kierkegaard, Enten-eller, Adelphi, Milano 1976, 1987, p. 65)]

 

Carissimo Macario,

ti ringrazio della tua lettera, ma tu eludi la questione essenziale, e mi dispiace.

Ho gia' visto questo atteggiamento, trent'anni fa.

Anche allora vi era un generoso movimento di giovani, anche allora ne ero parte, anche allora troppi sottovalutarono che la violenza e' il nostro primo e piu' grande nemico; anche allora cercai di oppormi a questa sottovalutazione. Allora io e quelli che la pensavano come me non venimmo ascoltati. Le conseguenze della sottovalutazione e della complicita' con la violenza furono tragiche. Non voglio che accada di nuovo.

E non accetto il trucco di qualificare di "fondamentalismo nonviolento" il richiamo al ripudio della violenza. Dovrebbe essere il convincimento di ogni persona ragionevole e di volonta' buona.

All'invito all'unita' con chi esalta e pratica la violenza oppongo un rifiuto. E credo che cosi' dovrebbe fare ogni persona responsabile.

*

Non dirmi che occorre fare degli esempi sul fatto che nel cosiddetto "movimento dei movimenti" si e' spesso stati corrivi con i violentisti (ideologici) ed i violenti (pratici); poiche' ce ne sono purtroppo a bizzeffe, e solo per riassumere:

a) a Praga due anni fa il cosiddetto "blocco blu" godette di una effettuale ed esplicita complicita' di tutta la leadership del movimento in quella folle pratica di una sorta di "divisione dei ruoli" che era insieme criminale e vigliacca, ed irresponsabile in sommo grado;

b) gli orrori commessi a Genova da appartenenti alle forze dell'ordine sadici e nazisti sono stati anche (non solo e non innanzitutto, certo, ma anche) il frutto di mesi e mesi di insensate provocazioni e della propaganda di idee pazzesche e fin suicide (la "dichiarazione di guerra" in tv; la proposta di invasione della "zona rossa"), ed anche (non solo, certo, ma anche) la conseguenza di gesta scellerate come l'assalto al blindato dei carabinieri e il tentativo di linciaggio di chi vi era dentro; la morte di Carlo Giuliani ha molti responsabili oltre alla persona che lo ha ucciso, e tra essi vi sono sia molte autorita' pubbliche, ma anche molti altri che a far accadere quella tragedia hanno cooperato. Mi sorprende che si faccia finta di niente; mi sorprende che invece di una riflessione autocritica sull'aver portato al massacro tante persone innocenti (ed una alla morte), e sull'aver esposto a rischi estremi centinaia di migliaia di persone di volonta' buona, l'autoproclamata leadership del movimento per bocca di uno dei suoi portavoce abbia potuto follemente definire "una vittoria" quella che invece e' stata una catastrofe;

c) spedire pallottole a un ministro, minacciare ceffoni ai parlamentari, presentarsi alle manifestazioni armati (sia pur di armi improprie e raccattate in loco) e mascherati, fare l'elogio della guerriglia, puntare a provocare gli scontri: ebbene, tutto cio' e' moralmente lecito? Di tutto cio' dobbiamo essere complici? Non scherziamo, a tutto cio' dobbiamo opporci;

d) attenti infine a fare l'elogio della "sovversione", poiche' chi lo fa parla senza sapere quel che si dice: persone che non farebbero del male a una mosca usano parole e lanciano slogan che nelle loro intenzioni non significano altro che solidarieta' e volersi bene e battersi contro le ingiustizie, ed invece tra chi li ascolta vi puo' ben essere chi coglie in esse parole ed in essi slogan un invito e un avallo a ben altro.

*

Naturalmente ho per te l'amicizia di sempre, ma vorrei che mi ascoltassi un po' di piu'. Scusami, un abbraccio,

Misone

 

14. "SLAVISTA"

 

C'e' una poesia di Angelo Maria Ripellino in cui dice di come tutti incontrandolo per strada gli diano la baia gridandogli dietro "slavista".

A me capita questo: sono trent'anni che dico le stesse cose.

Trent'anni fa per questo mi dicevano che ero un "communista estremista", ma anche - contemporaneamente - un "bieco riformista" (addirittura in quest'antica citta' di Viterbo un gruppo di autonomi - che poi passarono pressoche' tutti al Psi di Craxi - fecero un manifesto che recava una mia fotografia e la didascalia "un esorcista della nuova sinistra").

Negli anni ottanta cambio' questo: che mi definivano "khomeinista" (all'epoca andava di moda dire che chi si opponeva al regime della coruzione doveva per forza essere come minimo un teocrate islamista, ed il fatto che il nome del dittatore iraniano fosse molto simili all'aggettivo del partito della classe operaia pareva una gran spiritosaggine).

Ma il tempo vola, negli anni novanta per darmi la baia si adotto' "giustizialista savonaroliano", perche' ero tra quelli che pensavano (e lo penso tuttora, me reprobo) che anche i potenti possono e devono essere processati quando commettono crimini (e ne commettono, e "di che tinta" come si dice dalle parti nostre).

E siam giunti - wow, come nei flipper di una volta - al duemila, ed in questi anni, le stesse cose sempre ridicendo, mi scopro ad essere definito "fondamentalista nonviolento".

Oh, come muta il linguaggio. Oh, come restiamo sempre uguali pur malamente invecchiando. Davvero non imparero' mai niente.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 112 del 17 febbraio 2013

 

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