Ogni vittima ha il volto di Abele. 20



 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 20 del 25 ottobre 2011

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Una storia dimenticata

2. Un appello del Movimento Nonviolento, di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele

3. Paolo Borsoni: Il fiume

4. Luigi De Paoli: Paranoie collettive

5. Lorenzo Galbiati: Vittime e carnefici

6. Adriano Moratto: 4 novembre

7. Paolo Predieri: "Prendi il fucile e gettalo via per terra..."

8. Fabio Ragaini: Da Barbiana

9. Pierluigi Sullo: Guardare alla nonviolenza

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UNA STORIA DIMENTICATA

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

"Pio ricordo che qui fu ucciso Anderloni Alesandro" e' scolpito su una lapide in contrada Negri, a San Rocco di Piegara, sui Monti Lessini Veronesi. Ma di questo soldato, fucilato a 36 anni dai carabinieri, non c'e' traccia ne' sui monumenti in onore ai caduti, ne' sui libri. La sua e' una storia dimenticata, come molte altre storie di poveri cristi mandati a fare una guerra che non volevano, per ideali in cui non credevano, contro nemici che non odiavano.

 

2. INIZIATIVE. UN APPELLO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, DI PEACELINK E DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO PER IL 4 NOVEMBRE: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

*

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. PAOLO BORSONI: IL FIUME

[Ringraziamo Paolo Borsoni (per contatti: borsoni at libero.it) per questo intervento.

Paolo Borsoni e' nato ad Ancona nel 1950, insegna a Padova; ha pubblicato saggi di matematica e di sociologia sulle riviste "L'elaborazione automatica", "Sapere", "La critica sociologica", "Critica del diritto", "Trimestre", "Lineamenti". Tra le opere di Paolo Borsoni: Con passo leggero, Lampi di stampa; Noi che volevamo apprestare il mondo alla gentilezza, Besa; Breve guida per smarrirsi, Campanotto; Ricerca di ecologia della comunicazione, Ianua; Democrazia e potere nelle societa' complesse, Ila Palma. Cfr. anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 311]

 

In ricordo delle vittime di tutte le guerre e in opposizione a ogni guerra

 

"Io allevo maiali - mi dice l'uomo -

sono tornato a casa solo per riposare,

ma riprendero' presto a sparare".

"Io non ho sentito nulla - si sorprende la donna, -

prendo tante di quelle medicine io per dormire!

Malgrado i bombardamenti mi sono svegliata

solo al fragore dell'ultima fucilata".

Io guardo fuori della finestra

nella terra incolta che una volta era un'aia;

tra l'erba e il fango:

un piede, un calzino,

un piede senza calzino, il torace

e qualche metro piu' in la' sotto l'albero,

accanto a una mela bacata,

una testa spaccata, ricoperta di mosche.

"Io vado a rigovernare i maiali

- cinguetta l'uomo tutt'allegro e contento -

una volta ripulito e ben rifocillato

riprendero' fino a sera a sparare

su quei bastardi dell'altra parte del fiume".

"Io ritorno a dormire - mi sussurra la donna

con la sua aria tutt'acqua e sapone, -

ma se lei vuole trattenersi...

questa casa e' anche la sua".

Le faccio segno di no con il capo.

Dal vicino stabbio i maiali sopravvissuti grugniscono:

in quel porcile i vivi mordono i morti.

Il caffe' che m'ha offerto la donna

e' cattivo, bruciato,

lo trangugio fissando ad occhi sbarrati

l'altra parte desolata del fiume:

stringendo al seno un bambino

una donna fugge sfiorando la casa

del proprio vicino, ora assassino;

un uomo mette al sicuro i suoi averi

seppellendoli sottoterra in giardino;

un contadino col suo aratro sta per colpire

la mina celata nel campo dal suo confinante;

frenetiche mosche ronzano sotto l'albero

dell'aia su una testa mozzata, spaccata.

Su un muro di una casa diruta

un orologio a pendola oscilla

e scandisce ogni secondo, ogni istante

di questo residuo giorno morente

di quest'agro tempo presente

dove un Cristo magrissimo

inchiodato a quella parete cadente

raccoglie su di se', sul suo corpo ferito

la follia che attraversa come il vento

questo grumo astioso del niente.

 

4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. LUIGI DE PAOLI: PARANOIE COLLETTIVE

[Ringraziamo Luigi De Paoli (per contatti: luigi.depaoli at libero.it) per questo intervento.

Luigi De Paoli, sposato e padre di tre figli, e' laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Psicoanalisi di gruppo. Ha insegnato e lavorato per circa dieci anni in universita' estere. E' membro dell'"Istituto di Gruppoanalisi di Roma" (Igars) ed ha fondato l'"Istituto di Psicosociologia" (Ips), attraverso il quale ha condotto ricerche di "psicanalisi delle Istituzioni" su organizzazioni pubbliche e private. Alcune di tali esperienze sono raccolte nel saggio Inconscio di Fabbrica, Edizioni Lavoro, Roma 1981. Per incarico del Ministero della Sanita' ha elaborato un rapporto su "Analisi psicodinamica delle dipendenze da alcool e droga". Ha inoltre contribuito ad analizzare il sistema radiotelevisivo italiano: Televisione e potere. Il contesto extraverbale e intraiconico, Edizioni Rai, Radiotelevisione italiana, 1985. E' inoltre autore di numerosi articoli di psicoanalisi su riviste e giornali italiani e stranieri e del libro Psicoanalisi del Cristianesimo, Di Girolamo Editore, Trapani 2009]

 

Ricordare i morti e' un atto "liturgico" che attraversa tutte le culture. Generalmente la memoria va ai propri cari o alle persone, anche eroi, che hanno acquisito benemerenze per il bene che hanno prodotto nella societa'. Tra questi vi possono essere anche i soldati morti per difendere la comunita' dall'aggressione di nemici o devastatori. Molto piu' imbarazzante e' il ricordo di quei concittadini-soldati che sono morti mentre invadevano militarmente una nazione inoffensiva (per esempio la Libia) e che non si sono sottratti all'ordine di uccidere innocenti.

Questo doppio volto della morte rende molto pericolosa la retorica "patriottica", dal momento che non permette di distinguere coloro che muoiono per difendere valori trans-nazionali, trans-religiosi, trans-tribali, in una parola "universali", da coloro, come i kamikaze, i mafiosi o i soldati di mestiere, che si schierano a favore della violenza in nome di un'apparteneza omicida, sia essa la "famiglia", la "cosca", la nazione o la religione.

Erasmo da Rotterdam (1446-1536) ha scritto pagine memorabili sul rapporto tra Chiesa e guerra: "Ormai i sacerdoti seguono perfino le armate, i vescovi le comandano. Ormai la guerra produce addirittura sacerdoti, prelati, cardinali ai quali il titolo di legato al campo sembra onorifico e degno dei successori degli Apostoli. Per rendere poi il male insanabile, coprono un tale sacrilegio col sacro nome della religione. Sugli stendardi sventola la croce... Colmo poi dell'assurdo, in entrambe le armate, in entrambi gli schieramenti brilla il segno della croce, in entrambe si celebra il sacrificio. Quale mostruosita' e' questa? Ditemi, come il soldato puo' recitare il 'Padre nostro' durante queste messe? Bocca insensibile, osi invocare il Padre mentre miri alla gola del tuo fratello?".

Simili "mostruosita'" sono possibili perche' le persone non sono educate a fare i conti con i demoni interni della distruttivita', che vengono evacuati su bersagli esterni, con il fine di bonificare la propria immagine. In fondo la guerra serve a semplificare la realta' spiacevole: se qualcuno ci rimanda un aspetto riprovevole, criminale o disonesto che non possiamo tollerare, la cosa piu' facile e' eliminarlo o fargli la "guerra". Se si vuole la pace occorre prescindere dalla guerra quale meccanismo di difesa, reimportando il conflitto con le pulsioni dall'esterno del Se' all'interno, in modo da impedire che i demoni che alloggiano nell'inconscio alimentino le paranoie collettive che sostengono le guerre.

 

5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. LORENZO GALBIATI: VITTIME E CARNEFICI

[Ringraziamo Lorenzo Galbiati (per contatti: lorenz.news at yahoo.it) per questo intervento.

Lorenzo Galbiati, docente nelle scuole medie superiori, socio e redattore di Peacelink, e' impegnato in varie iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza]

 

I caduti della Grande guerra oggi sono per lo piu' dimenticati. Cosi' come e' dimenticata quella guerra: la seconda guerra mondiale, con Mussolini, Hitler, la Shoah, le bombe atomiche, e' molto piu' "memorabile" (c'e' anche chi parla di "dovere di ricordare", specie in riferimento alla Shoah: perche', chiedo io, il resto e' dimenticabile?) e ha mandato nel dimenticatoio la prima - a pensarci bene, pero', del crimine delle bombe atomiche non ci si ricorda granche'.

Sulla Grande guerra, e sui suoi caduti, mi vengono in mente due pensieri.

Il primo parte da mia nonna paterna, nata nel 1915, che mi raccontava sempre come non avesse fatto in tempo a vedere suo padre, morto nel 1918. Era orfana di guerra. Mi raccontava anche di quando Mussolini a Monza aveva ricevuto le vedove e gli orfani di guerra, e lei aveva potuto vedere da vicino quel "testone pelato". Orfani e vedove, ecco il primo pensiero sulla Grande guerra. E poi il fascismo. La seconda guerra mondiale. E a pensarci bene anche la guerra fredda, che e' iniziata con le evitabilissime bombe atomiche americane. E poi la guerra di civilta' che stiamo vivendo oggi. Siamo forse alla quarta guerra mondiale? Penso di si', visto che la Cia considerava la guerra fredda come terza guerra mondiale.

E allora ecco il secondo pensiero. A scuola ci insegnavano che l'Ottocento terminava nel 1914, con la Grande guerra. Prima c'era stato un lungo periodo di pace, la belle epoque. Tutto finisce con il 1914. E tutto, dal 1914, sta andando avanti. Perche' la Grande guerra ha fomentato il sentimento di rivalsa che ha portato alle dittature europee fasciste e naziste, che sono state solo tempo di preparazione alla nuova guerra, sfociata nel 1939 con l'invasione della Polonia. E perche' il 6 e il 9 agosto del 1945 non sono stati gli atti finali di una guerra, bensì gli atti iniziali dell'ennesima nuova guerra, quella tra Usa e Urss, guerra condotta soprattutto per interposta persona, o meglio per interposti stati e continenti (Europa, Berlino in particolare, Corea, Vietnam, eccetera). E questa guerra, finita nel 1989, e' continuata nel 1991 con la prima guerra all'Iraq, vero spartiacque dell'era moderna, come scriveva Ernesto Balducci. Da allora e' in atto una guerra planetaria sempre piu' capillare e continua, benche' meno concentrata e cruenta; i suoi protagonisti sono sempre meno gli eserciti e sempre piu' i civili, i suoi atti sono sempre meno di guerra e sempre piu' di terrorismo, sia esso di stato o di eserciti irregolari. La novita' e' che in questa guerra che stiamo vivendo oggi, siamo quasi tutti d'accordo, dato che a gestirla sono gli organismi sovranazionali, Onu in testa, che dovrebbero avere il compito di proteggere la pace. Le vittime, quindi, cioe' noi tutti, sono anche i carnefici.

 

6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. ADRIANO MORATTO: 4 NOVEMBRE

[Ringraziamo Adriano Moratto (per contatti: movimentononviolento.bs at alice.it) per questo intervento.

Adriano Moratto, nato nel 1949, "maestro muratore, aspirante contadino", attualmente e' uno dei responsabili della sede di Brescia del Movimento Nonviolento; impegnato da sempre in molte iniziative di pace e di solidarieta', e' una delle figure piu' note e autorevoli dell'impegno nonviolento in Italia. Un'ampia intervista ad Adriano Moratto e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 221]

 

Nella mia adolescenza la data del 4 novembre e' stata sempre associata alla comparsa sui muri della mia citta' di manifesti con frasi inneggianti alla "Vittoria", ai caduti, ai mutilati e agli invalidi. Era tutto cosi' retorico e assurdo che forse anche da questo e' nato il mio rifiuto del militarismo. L'ipocrita propaganda sulla patria, la solidarieta' cameratesca, il mito del buon soldato italiano contro le barbarie del nemico, ecc. mi pareva inverosimile. Lo scoprire piu' tardi l'inutilita' di quella guerra mi confermo' solo che la logica criminale presiede ogni evento bellico.

4 novembre festa della Vittoria e delle Forze Armate! Seicentomila morti che avevano da festeggiare? La pretesa di festeggiare un massacro con lo strascico di mutilati ed invalidi mi sembrava demenziale.

Sono passati molti anni ed il 4 novembre e' stato messo un po' in ombra.

Si parla poco di "Vittoria" e della festa delle forze armate. E' ritornata invece la guerra, in spregio all'articolo 11 della nostra Costituzione.

Le lobby militari e la propaganda militarista giocano ora la carta dell'"intervento umanitario".

In nome della sicurezza, della democrazia, della lotta al terrorismo si bombarda indiscriminatamente: in Serbia come in Afghanistan, in Iraq come in Libia, e ora si comincia a minacciare l'Iran.

Risento nuove voci che senza pudore rilanciano la cinica tesi che la guerra offre nuove opportunita' economiche per una societa' in crisi. Cosi' dicono e' stato per gli Usa con la seconda guerra mondiale.

Basta avere l'accortezza di esportarla in paesi lontani. Non c'e' piu' bisogno della retorica bolsa e datata del 1918, basta ricordare la carenza dei posti di lavoro e finanziare corsi di reclutamento nelle scuole: al giorno d'oggi la guerra e' un affare pulito.

Ma quali trincee e quali confini? Il nostro e' un mondo globalizzato per specialisti ben addestrati ad "annichilire" chi e' a tiro di sofisticati sistemi d'arma in cambio di un congruo stipendio e di un'adeguata indennita'; persino standosene comodamente seduti davanti ad una consolle.

L'esercito ed il militarismo non sono piu' nostalgie per vecchi reduci, hanno ricominciato ad essere dagli anni '90 una presenza "culturale" nella nostra societa', con la proposta del nuovo modello di difesa.

Non so fino a che punto si capisce, si coglie questo imbarbarimento. Il nostro stesso linguaggio, i nostri comportamenti stanno diventando sempre piu' violenti ed aggressivi.

Il continuo martellamento mediatico sulla sicurezza, sulla difesa del nostro stile di vita, sulla paura di ogni diversita' ci porta alla sola risposta militare nelle controversie internazionali.

Con la stessa logica siamo trascinati ad accettare, tollerare e subire atteggiamenti e modi violenti e prevaricatori per risolvere anche i conflitti interpersonali.

L'escalation della logica militare, della risposta armata, una volta legittimata si riverbera sempre piu' anche nella quotidianita' delle nostre vite, nella competizione e nella concorrenza ad oltranza, nella litigiosita' impaziente ed insofferente.

Da una cultura dell'accoglienza e della solidarieta' si passa alla giustificazione della legge della giungla e del "si salvi chi puo'".

Mah! Ero partito dal 4 novembre, retorica commemorazione di una tragica ed inutile guerra e mi trovo ora di fronte ad una generale e tacita accettazione di una nuova guerra condotta da sedicenti eserciti democratici che in varie parti del mondo agiscono con crudele professionalita' distruggendo abitazioni ed uccidendo civili.

Mi torna alla mente un vecchio slogan delle marce antimilitariste degli anni '70: "Tutti gli eserciti sono neri" (il "nero" era riferito al colore delle camicie della milizia della sciagurata dittatura fascista). E' una normale logica che la storia ci ricorda: troppe armi finiscono per sparare.

Per questo se voglio la pace chiedo l'eliminazione delle istituzioni e dei mezzi che promuovono la guerra: eserciti ed armamenti.

 

7. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. PAOLO PREDIERI: "PRENDI IL FUCILE E GETTALO VIA PER TERRA..."

[Ringraziamo Paolo Predieri (per contatti: web43_paoloanto.pred at lillinet.org) per questo intervento.

Per un breve profilo di Paolo Predieri riprendiamo dall'ampia intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 253 la seguente notizia autobiografica: "Sono nato a Casalecchio di Reno (Bo) il 12 agosto 1952; vivo a Brescia dal 1990; sono sposato con Antonella e ho tre figlie (Gaia 15 anni, Irene 12 e Chiara 9); sono obiettore al servizio militare (servizio civile nel 1977-1978), ho partecipato, far l'altro, al movimento antinucleare italiano (1976-1987 - seguendo direttamente la vicenda di Montalto di Castro fino al 1980), alla campagna Osm. Lavoro nelle cooperative sociali che attuano l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate attraverso attivita' ambientali (raccolte differenziate e attivita' connesse).  Per un certo periodo ho avuto un'attivita' di cantautore, che lascia traccia in alcuni cd e cassette ed e' testimoniata nel cd-rom 'Mattoni di pace', edito a Padova dal Comitato italiano per il Decennio. Sono redattore del mensile "Azione Nonviolenta" per la rubrica musicale"]

 

Sono tante le canzoni contro la guerra nate nel periodo 1915-18. Fra le tante, possiamo ricordare le parole di una canzone popolare del tempo modificate dai soldati in trincea. La canzone diceva: "Prendi il fucile e vattene alla frontiera / la' c'e' il nemico che alla frontiera aspetta".

I soldati (ignoti) che vogliamo ricordare questo 4 novembre le hanno cosi' modificate: "Prendi il fucile e gettalo via per terra / vogliam la pace e mai mai piu' la guerra!".

 

8. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FABIO RAGAINI: DA BARBIANA

[Ringraziamo Fabio Ragaini (per contatti: grusol at grusol.it) per questo intervento.

Fabio Ragaini e' impegnato da molti anni nell'esperienza del Gruppo Solidarieta', un'associazione di volontariato operante dal 1980 nella regione Marche. Redattore della rivista "Appunti sulle politiche sociali", cura il sito di approfondimento su politiche e servizi, www.grusol.it; ha curato diverse pubblicazioni dell'associazione; ultimo testo pubblicato: La programmazione perduta. I servizi sociosanitari nella regione Marche (2011). Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 352.

Lorenzo Milani nacque a Firenze nel 1923, proveniente da una famiglia della borghesia intellettuale, ordinato prete nel 1947. Opera dapprima a S. Donato a Calenzano, ove realizza una scuola serale aperta a tutti i giovani di estrazione popolare e proletaria, senza discriminazioni politiche. Viene poi trasferito punitivamente a Barbiana nel 1954. Qui realizza l'esperienza della sua scuola. Nel 1958 pubblica Esperienze pastorali, di cui la gerarchia ecclesiastica ordinera' il ritiro dal commercio. Nel 1965 scrive la lettera ai cappellani militari da cui derivera' il processo i cui atti sono pubblicati ne L'obbedienza non e' piu' una virtu'. Muore dopo una lunga malattia nel 1967; era appena uscita la Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana. L'educazione come pratica di liberazione, la scelta di classe dalla parte degli oppressi, l'opposizione alla guerra, la denuncia della scuola classista che discrimina i poveri: sono alcuni dei temi su cui la lezione di don Milani resta di grande valore. Opere di Lorenzo Milani e della scuola di Barbiana: Esperienze pastorali, L'obbedienza non e' piu' una virtu', Lettera a una professoressa, pubblicate tutte presso la Libreria Editrice Fiorentina (Lef). Postume sono state pubblicate le raccolte di Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, Mondadori; le Lettere alla mamma, Mondadori; e sempre delle lettere alla madre l'edizione critica, integrale e annotata, Alla mamma. Lettere 1943-1967, Marietti. Altri testi sono apparsi sparsamente in volumi di diversi autori. La casa editrice Stampa Alternativa ha meritoriamente effettuato nell'ultimo decennio la ripubblicazione di vari testi milaniani in edizioni ultraeconomiche e criticamente curate. La Emi ha recentemente pubblicato, a cura di Giorgio Pecorini, lettere, appunti e carte varie inedite di don Lorenzo Milani nel volume I care ancora. Altri testi ha pubblicato ancora la Lef. Opere su Lorenzo Milani: sono ormai numerose; fondamentali sono: Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell'ultimo, Rizzoli, Milano 1993; Giorgio Pecorini, Don Milani! Chi era costui?, Baldini & Castoldi, Milano 1996; Mario Lancisi (a cura di), Don Lorenzo Milani: dibattito aperto, Borla, Roma 1979; Ernesto Balducci, L'insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, Roma-Bari 1995; Gianfranco Riccioni, La stampa e don Milani, Lef, Firenze 1974; Antonio Schina (a cura di), Don Milani, Centro di documentazione di Pistoia, 1993. Segnaliamo anche l'interessante fascicolo monografico di "Azione nonviolenta" del giugno 1997. Segnaliamo anche il fascicolo Don Lorenzo Milani, maestro di liberta', supplemento a "Conquiste del lavoro", n. 50 del 1987. Tra i testi apparsi di recente: il testo su don Milani di Michele Ranchetti nel suo libro Gli ultimi preti, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1997; David Maria Turoldo, Il mio amico don Milani, Servitium, Sotto il Monte (Bg) 1997; Liana Fiorani, Don Milani tra storia e attualita', Lef, Firenze 1997, poi Centro don Milani, Firenze 1999; AA. VV., Rileggiamo don Lorenzo Milani a trenta anni dalla sua morte, Comune di Rubano 1998; Centro documentazione don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana, Progetto Lorenzo Milani: il maestro, Firenze 1998; Liana Fiorani, Dediche a don Milani, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 2001; Edoardo Martinelli, Pedagogia dell'aderenza, Polaris, Vicchio di Mugello (Fi) 2002; Marco Moraccini (a cura di), Scritti su Lorenzo Milani. Una antologia critica, Il Grandevetro - Jaca Book, Santa Croce sull'Arno (Pi) - Milano 2002; Jose' Luis Corzo Toral, Lorenzo Milani. Analisi spirituale e interpretazione pedagogica, Servitium, Sotto il Monte (Bergamo) 2008]

 

Ieri con altri amici siamo saliti a Barbiana.

Nei giorni scorsi abbiamo ripreso anche i documenti del processo di don Milani. Vale sempre la pena rileggere quelle lettere non solo per capire la carica profetica e l'intatta attualita' del priore di Barbiana, ma per avere sempre maggiore consapevolezza di cosa sono le guerre, a chi servono e cosa producono.

La responsabilita', come ci ricorda Milani, riguarda i vivi, per fare in modo che quelle inutili morti siano da monito per il presente e il futuro.

 

9. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. PIERLUIGI SULLO: GUARDARE ALLA NONVIOLENZA

[Ringraziamo Pierluigi Sullo (per contatti: sullo.zero at gmail.com) per questo intervento.

Pierluigi Sullo, giornalista, e' direttore della rivista "Carta" e promotore di Attac Italia. Ha lavorato per oltre vent'anni al "Manifesto", quotidiano di cui e' stato direttore editoriale e vicedirettore, per poi fondare "Carta". Come inviato ha seguito avvenimenti come il terremoto in Irpinia nell'80, il crollo dell'Urss nel '91 e l'insurrezione zapatista in Messico; ha partecipato alla delegazione italiana a Porto Alegre; ha partecipato all'edizione 2001 del World Social Forum]

 

Puntualmente, ogni volta che qualcuno cita la "prima guerra mondiale", e quando si ripresenta l'anniversario della "vittoria", il 4 novembre, mi affiorano alla mente, come relitti incapaci di affondare, i versi di Ungaretti (tra i pochi che ho imparato a memoria per passione e non per dovere).

"Un'intera nottata / buttato vicino / a un compagno / massacrato / con la sua bocca / digrignata / volta al plenilunio / con la congestione / delle sue mani / penetrata / nel mio silenzio / ho scritto / lettere piene d'amore".

Non credo si possa in modo altrettanto emozionante descrivere l'orrore della guerra, di quella e di tutte le guerre, e allo stesso tempo lo slancio verso qualcos'altro, verso un'evoluzione o una rottura, o un futuro alternativo: l'amore. La pace.

Oh, lo so che la guerra, di qualunque genere, l'ammazzare per qualunque causa, e' insieme una pulsione irresistibile, per la specie umana, ma anche un tabu'. In molte persone come me, che hanno creduto nell'insurrezione, nella rivoluzione, si e' ormai fatta strada la convinzione che un mezzo abietto genera fini autolesionisti e cannibali. Perfino nella guerra di liberazione, nel '45. Anche nella resistenza dei popoli del sud del mondo, all'epoca delle guerre di liberazione nazionale. Per non parlare delle guerriglie.

Pero'. Perche' l'atto di liberazione - simbolico e pratico - di un popolo si condensa nella testa tagliata di un re, nel corpo di un dittatore appeso a testa in giu' in una piazza, nel linciaggio del tiranno (come in Libia in questi giorni)?

Non credo che i precetti morali possano da se' rispondere a questa domanda. Bisogna andare oltre. Guardare alla nonviolenza come a un mezzo radicale di ribellione, il piu' efficace, piuttosto che come a una visione irenica, e quindi falsa, del mondo.

 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Numero 20 del 25 ottobre 2011

 

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