Ogni vittima ha il volto di Abele. 19



 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 19 del 24 ottobre 2011

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Una nuova realta'

2. Un appello del Movimento Nonviolento, di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele

3. Silvia Berruto: L'altro e' un altro me stesso

4. Giorgio Giannini: Assurdita' della guerra

5. Carla Ravaioli: Guerra e devastazione ambientale

6. "Coordinamento per la pace nel centopievese": Trasformare una ricorrenza "armata" in una pacifica "Memoria dei caduti di tutte le guerre" (2010)

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: UNA NUOVA REALTA'

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

"La vera nonviolenza non accetta nemmeno le violenze del passato, e percio' non approva l'umanita', la societa', la realta', come sono ora". Non accettiamo la violenza inaudita della prima e della seconda guerra mondiale, le violenze feroci delle guerre in Afghanistan e in Libia.

Il 4 novembre parteciperemo alle commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, per iniziare una nuova umanita', una nuova societa', una nuova realta'.

 

2. INIZIATIVE. UN APPELLO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, DI PEACELINK E DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO PER IL 4 NOVEMBRE: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

*

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

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A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Peacelink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. SILVIA BERRUTO: L'ALTRO E' UN ALTRO ME STESSO

[Ringraziamo Silvia Berruto (per contatti: s.berruto at gmail.com) per questo intervento.

Silvia Berruto, fotoreporter e giornalista freelance aderente a "Giornalisti contro il razzismo", operatrice culturale, amica della nonviolenza, e' impegnata nell'associazionismo democratico, nel giornalismo d'impegno civile, in molte iniziative di pace, di solidarieta', per la nonviolenza; cfr. anche i siti: http://silviaberruto.wordpress.com e www.liberostile.blogspot.com Si veda anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 356, da cui riprendiamo la seguente breve notizia autobiografica: "Sono nata a Brescia nel 1961. Ho insegnato alcuni anni e sono stata cooperatrice sociale. Sono fotoreporter e giornalista freelance con specializzazione nel reportage sociale. Appartengo all'Associazione nazionale fotografi professionisti Tau Visual Milano, all'Ordine dei Giornalisti della Valle d'Aosta, e sono aderente a Giornalisti contro il razzismo (www.giornalismi.info/mediarom/). Il mio sito e': http://silviaberruto.wordpress.com e sono ricercatrice in ambito storico-fotografico, studio nonviolenza, o almeno ci provo. Sono ideatrice e progettista. Tra i progetti culturali piu' importanti, rinvio al mio blog e su internet. Vedere "Collettivamente Memoria" (2008, 2009, 2010, 2011) e "Mds - Matti da slegare" 2009. Dal 2008 sono giornalista contro il razzismo e mi do da fare perche' altre/i si aggreghino"]

 

Se l'altro e' un altro me stesso, come mi piace pensare, ricordandolo prima a me stessa, e poi lasciandolo come "prestito" a chi volesse accogliere questa sollecitazione, allora c'e' una pura questione di reciprocita' dell'emanciparsi e dell'epurarsi dalle violenze.

E' questa una buona pratica collettiva. Valida ed efficace solo se conseguente ad un serio lavoro effettuato sul se'. A partire da se'.

In questa prospettiva il 4 novembre e' lutto, non festa.

Solo lutto.

Secondo la mia personale visione ogni guerra ha prodotto e produce sempre e solo vinti.

Anche quando essa ha restituito la liberta' a singoli e a popoli, ci si domandi a che prezzo questo e' avvenuto.

A proposito del rapporto liberta'-liberazione non sempre bi-direzionale, qualche anno fa titolavo su Giuliana Sgrena: "Giuliana Sgrena libera... ma non liberata!". Alcune guerre, infatti, hanno reso, forse, liberi, alcune donne ed alcuni uomini, ma non li hanno certo "liberati" come spesso si sente dire e come, di fatto, credo non possa mai avvenire.

A mio avviso nessuna guerra ha mai prodotto vincitori e vinti, se non in improbabili e poco felici titoli di saggi (saggi?) dai contenuti spesso effimeri e strumentali. Saggi... Il richiamo va inesorabilmente ad una maggiore attenzione all'uso delle parole.

Lutto, dunque.

Per me e' solo lutto.

Da continuare ad elaborare, purtroppo, poiche' le guerre non cessano. Anzi aumentano e spesso sono o diventano permanenti. E se il loro costo economico e' quantizzabile, il prezzo da pagare a carico di ogni persona coinvolta risulta essere sempre incommensurabile.

Le guerre sono necessarie alle economie e a coloro che sulla guerra basano i loro utili "utili" e su di esse costruiscono e sanciscono la propria esistenza.

Sul 4 novembre credo sia da accogliere e da condividere, monitorando con lucidita' tutte le guerre passate e quelle in essere, se e' possibile, attraverso studi permanenti, conosciuti e riconosciuti dal basso, l'invito di Anna Bravo che sottoscrive l'appello dicendo:  "Aderisco con convinzione all'appello per un 4 novembre consapevole e storicamente fedele".

Per comprendere.

Per sapere.

Per sostenere e per promuovere il diritto di non uccidere, gli "incontri di civilta'", le lotte, piu' che le discriminazioni, per i diritti collettivi.

In una dimensione in cui il gioco delle parti, di tutte le parti, avviene in una dimensione di reciprocita' in cui l'altro e' sempre un altro me stesso.

Sull'aggettivazione delle guerre spesso mi sono chiesta e mi chiedo, poiche' non ho trovato, come molte e molti altri, in aggiunta alle persuase e ai persuasi della nonviolenza che dovrebbero riflettere in modo mirato e permanente su questi temi, risposta alcuna, quale sia il senso di termini quali "umanitaria", "giusta", "portatrice di democrazia". Mi vengono in mente sempre e solo aggettivi contrari e dispregiativi come disumana, ingiusta, assassina, incivile.

Resta infine solo il posto per l'imperativo categorico e risolutivo della nonviolenza.

Disciplina che implica l'impegno ad agire contro tutte le guerre e le uccisioni.

Non posso astenermi qui ed ora dal fare riferimento all'uccisione di Muammar Gheddafi. Sono rimasta impietrita. Esterrefatta e sconvolta, dalla consapevolezza di aver vissuto in diretta la diretta di un'esecuzione.

Ricordo bene quanto dice Aldo Capitini in "Verso i morti". Capitini sostiene: "Non lasciamo l'Oriente e accenniamo a una manifestazione di pieta', che si puo' ricondurre anche all'infinito rispetto per l'individuo a cui si volge il tu: quando egli sia morto, l'affettuosa pieta' al suo cadavere".

Perche' e' assolutamente indispensabile che noi, un noi allargato, restiamo umani.

 

4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. GIORGIO GIANNINI: ASSURDITA' DELLA GUERRA

[Ringraziamo Giorgio Giannini (per contatti: giannini2000 at libero.it) per questo intervento.

Giorgio Giannini, nato a Roma nel 1949, docente di discipline giuridiche, storico della Resistenza e della nonviolenza, impegnato in vari centri studi e movimenti per la pace e i diritti umani. Opere di Giorgio Giannini: segnaliamo almeno L'obiezione di coscienza, Satyagraha, Torino 1985; L'obiezione di coscienza al servizio militare. Saggio storico-giuridico, Edizioni Dehoniane, Napoli 1987; (a cura di), La lotta nonarmata nella Resistenza, Centro Studi Difesa Civile, Roma 1993; (a cura di), La Resistenza nonarmata, Sinnos, Roma 1995; (a cura di), L'opposizione popolare al fascismo, Qualevita, Torre dei Nolfi (Aq) 1996; Il giorno della memoria. Per non dimenticare, Edizioni Associate, Roma 2005]

 

Il 4 novembre dovrebbe essere non la festa delle Forze Armate, che sono uno strumento di guerra e quindi di morte, ma una giornata per riflettere, soprattutto insieme con i giovani, sull'assurdita' della guerra, che comporta sempre tremende conseguenze (nella prima guerra mondiale ci furono per l'Italia 600.000 soldati morti e piu' di 1.100.000  feriti e mutilati) e quindi sulla necessita' di agire per mantenere la pace, che favorisce anche la collaborazione tra i popoli.

 

5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. CARLA RAVAIOLI: GUERRA E DEVASTAZIONE AMBIENTALE

[Ringraziamo Carla Ravaioli (per contatti: carla.ravaioli at libero.it) per averci messo a disposizione il seguente articolo originariamente apparso su "Il grandevetro" di giugno 2011.

Carla Ravaioli e' un'autorevole giornalista e saggista, si e' occupata principalmente di movimenti sociali, dell'oppressione sulle donne, di economia e di ambiente. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente scheda: "Carla Ravaioli (Rimini, 15 gennaio 1923) e' una giornalista, saggista e politica italiana. Laureata in Lettere all'Universita' di Bologna con una tesi in Storia dell'Arte su Guido Cagnacci, discussa con Roberto Longhi. Dai primi anni '50 al 1970 ha vissuto a Milano. In seguito si e' poi trasferita a Roma. Giornalista e saggista, ha scritto per numerosi quotidiani e riviste tra cui Il Giorno, L'Europeo, Il Messaggero, La Repubblica, Il Manifesto, Liberazione, Critica Marxista, Carta, Tempi moderni, La critica sociologica, Quaderni piacentini, Rinascita, Rocca, Aprile e Decrescita; collabora con la Rai. Nei primi decenni della sua attivita' si occupa soprattutto della condizione femminile. In seguito, pur mantenendo sempre presente e centrale nelle sue riflessioni la condizione della donna, ha esteso il proprio orizzonte di ricerca all'intero modello socioeconomico, soprattutto in rapporto alle questioni ambientali. In passato ha svolto seminari e corsi a contratto presso le universita' di Sassari, Cosenza, Ancona, Roma tre, Cassino. NeIl'VIII legislatura e' eletta al Senato come membro della Sinistra Indipendente. Al di fuori dell'attività istituzionale svolge diverse attivita' politiche, in particolare riguardanti la condizione femminile, l'ambiente e il rapporto economia-ambiente. Partecipa all'esperienza di Controparola, attivo gruppo femminista composto da note scrittrici e giornaliste, collabora con l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, con Rosso-Verde e con Sinistra Europea". Tra le opere di Carla Ravaioli: La donna contro se stessa, Laterza 1969; Maschio per obbligo, Bompiani 1973; La questione femminile, Bompiani, Milano 1976; Il quanto e il quale. La cultura del mutamento, Laterza 1982; Tempo da vendere, tempo da usare, Angeli 1986; (con Enzo Tiezzi), Bugie, silenzi, grida. La disinformazione ecologica in un'annata di cinque quotidiani, Garzanti 1989; Il pianeta degli economisti, ovvero l'economia contro il pianeta, Isedi 1992; La crescita fredda, Datanews, Roma 1995; Le 35 ore. Dialogo con Mario Agostinelli, Editori Riuniti, Roma 1998; Processo alla crescita. Dialogo con Bruno Trentin, Editori Riuniti, Roma 2000; Lettera aperta agli economisti. Crescita e crisi ecologica, Manifestolibri, Roma 2001; Un mondo diverso e' necessario, Editori Riuniti, Roma 2003; Ambiente e pace. Una sola rivoluzione, Punto Rosso, Milano 2008]

 

"La guerra e' sempre esistita". Cosi', sempre - e sempre con una  sfumatura d'impazienza - anche persone di inalterabile cortesia, oltre che di intelligenza e disponibilita' al dialogo, reagiscono quando si accenni a un possibile futuro di pace.

Comportamento non gratuito, occorre riconoscere. Perche' e' vero che la storia umana e' per larghissima parte storia di conflitti piu' o meno distruttivi e feroci; cosi' come e' vero che molte grandi civilta' che illustrano la vicenda della nostra specie sono nate da devastanti vittorie riportate su altri paesi. Non so pero' se questo ci autorizzi a pensare che la guerra fatalmente debba appartenere all'agire umano, come imprescindibile categoria del nostro esistere. Perche', dopotutto, la storia e' un susseguirsi di eventi, incontri, invenzioni, idee, che prima non esistevano... E forse e' proprio l'accelerazione della storia piu' recente (con una moltiplicazione senza precedenti di acquisizioni culturali, e di "scoperte" scientifiche e tecnologiche) a collocarci in una realta' aperta a tutti i possibili: forse perfino al "rifiuto" della guerra quale "mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (come recita la Costituzione italiana), specie in presenza di strumenti bellici di mostruosa capacita' distruttiva; cio' che vale, o dovrebbe valere, anche per i derivati ad uso civile di tecniche di tale sorta.

Oggi comunque l'uso della guerra "come prosecuzione della politica con altri mezzi" resta una verita' acquisita, accettata come un luogo comune che nessuno contesta; cosi' come nessuno sembra scandalizzarsi, e neppure stupirsi, quando con serena brutalita' si parla di "torta del dopoguerra": da sempre "la guerra e' guerra", come recita il buonsenso popolare. E pero' sembra difficile non vedere come la guerra, o anche solo una conflittualita' diffusa e in pratica onnipresente, risulti particolarmente congeniale alla logica di un sistema economico fondato sull'accumulazione di plusvalore, qual e' il capitalismo; e addirittura appaia una "risorsa" cui ricorrere quando la produttivita' ristagna, e la crescita del Pil lascia a desiderare. Cio' che d'altronde hanno analizzato e dimostrato  autori come Keynes, Galbraith, Chomsky, ecc.; secondo i quali di regola appunto la guerra e' utilizzata dal capitalismo per il rilancio di economie in crisi.

D'altronde non solo fornire strumenti indispensabili alla guerra, ma alimentarne concretamente la possibilita', e' ormai "normale" funzione dell'industria di strumenti bellici, ritenuta irrinunciabile anche in assenza di conflitti: voce di tutto rispetto nella contabilita' del globo, che vale il 3,5 % del Pil mondiale, e tocca livelli assai piu' elevati in alcuni singoli paesi (ad esempio il 4,7 %  del prodotto Usa). Queste che riporto sono peraltro cifre ufficiali, ritenute largamente inferiori alla realta' dagli esperti della materia; i quali ben sanno che, per una quota tutt'altro che trascurabile, armi di ogni sorta e potenza vengono fabbricate, trasportate, vendute, di contrabbando; oltre che sovente usate in conflitti minori, ignorati dalla grande informazione.

In questa sostanzialmente passiva accettazione della guerra come parte della "normalita'" umana, non mancano pero' eccezioni di tutto rispetto. Il pacifismo ha una lunga storia, con momenti di vastissima adesione e popolarita', e anche oggi (sebbene il movimento non abbia piu' l'ampiezza e il risalto di qualche decennio fa) il rifiuto della guerra e' largamente presente, specie tra i giovani. Nessuno pero', o solo pochi, sembrano valersi di un dato che potrebbe essere un'ulteriore e potente ragione di rilancio della domanda di pace: e cioe' la denuncia della guerra anche come fattore di devastazione ambientale. Cio' che, se appena ci si rifletta un attimo, appare evidente.

Che la guerra, in se', significhi distruzione nei modi e ai livelli piu' diversi, e' un dato che non richiede dimostrazioni: questa e' la sua funzione e la sua stessa natura. Ma non soltanto la "guerra guerreggiata" e' devastazione, spesso cancellazione, dei luoghi che colpisce o anche solo attraversa. La guerra, in ogni suo momento, fin dalla produzione dei suoi strumenti (che pure si avvale del piu' avanzato sapere tecnico e scientifico) e' sempre una pesante aggressione all'ecosistema. A partire dall'estrazione di minerali, spesso scarsi o in via di estinzione, necessari alla produzione delle armi; continuando con la loro fabbricazione, che notoriamente si avvale anche di processi fortemente tossici; quindi con il loro trasporto che esige enorme consumo di carburante con relativo inquinamento atmosferico; infine con il loro "consumo", che non solo distrugge spesso fino alla cancellazione campagne, citta', monumenti, manufatti di ogni sorta e valore, ma riversa nell'atmosfera quantita' massicce di gas venefici, quali le esplosioni comportano. E neppure voglio accennare a cio' che significa, anche sotto l'aspetto dello squilibrio ecologico, l'uso delle armi atomiche; d'altronde - come noto - non dissimile da quello prodotto dagli "incidenti" piu' volte occorsi a centrali nucleari per usi civili.

Ma cio' che parrebbe autorizzarci forse a ridiscutere la guerra come momento imprescindibile del nostro esistere, e' la progressiva dilatazione del "senso" stesso della guerra, della sua qualita', dei suoi obiettivi; che dalla specificita' del confronto armato - della "guerra" senza aggettivi - e' andata via via a invadere, e sempre piu' definire, momenti dell'esistenza in passato caratterizzati da tutt'altro senso e qualita'. Forse basta riflettere un attimo sui modi in cui, negli ultimi 150 anni, e' cambiato il lavoro produttivo, via via dovunque impostosi secondo qualita' tutt'affatto nuove. E a conferma di questo mutamento, basta pensare ad alcune locuzioni entrate nell'uso comune: per cui e' normale parlare di "guerra dei mercati", affermare la necessita' di "uccidere i concorrenti", corredare un'offerta di lavoro con esplicita richiesta di "aggressivita'" come qualita' necessaria per l'assunzione; ecc. Piccoli fatti, all'apparenza di scarso peso; che pero' sono tanti, e tutti inconfondibilmente parlano del sistema produttivo oggi operante come di un perenne conflitto. Che non riguarda solo i "padroni", nella "sfida" della loro funzione imprenditoriale, ma coinvolge e contamina i lavoratori stessi, sollecitandoli alla propria individuale affermazione secondo i modelli che la comunicazione di massa impone: nel nome del consumo come dovere e della competitivita' come regola, nella corsa per la conquista dell'automobile piu' grossa, della vacanza piu' esotica, dell'acquisizione di ogni novita' che il mercato proponga; in ciò travolgendo chiunque venga ritenuto di ostacolo, facendo propria e riproducendo anche nella normalita' del quotidiano quella regola di spregiudicatezza e aggressivita' che e' alla base delle piu' riuscite carriere, come del moltiplicarsi e prosperare di mafie.

Ho gia' detto che parlare di disarmo significa suscitare nel mondo politico (sempre che se ne ottenga ascolto) reazioni di fastidio prima ancora che di rifiuto, come in presenza di ipotesi fuori dalla realta'. Eppure quanto qui brevemente accennato si riferisce a fatti reali e di innegabile gravita', che pero' di solito non vengono considerati all'interno di una prospettiva unitaria, definita dalla realta' socioeconomica nel suo "intero", e in quella reciprocita' di determinazione che di fatto connette fenomeni all'apparenza diversi e lontani. Non e' un caso che pacifismo e ambientalismo siano due movimenti separati, operanti ciascuno per un impegno definito e dichiarato nella sua specificita'. Eppure, analizzati nei loro obiettivi e nelle loro ragioni determinanti, di fatto ambedue si pongono come bisogno sia di un ordine economico-sociale, sia di un ethos culturale e morale, tutt'affatto diversi da quelli che appartengono al capitalismo.

 

6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. "COORDINAMENTO PER LA PACE NEL CENTOPIEVESE": TRASFORMARE UNA RICORRENZA "ARMATA" IN UNA PACIFICA "MEMORIA DEI CADUTI DI TUTTE LE GUERRE" (2010)

[Da Franco Bardasi (per contatti: fbardasi at tiscali.it) riceviamo il seguente documento del 10 ottobre 2010 del "Coordinamento per la pace nel centopievese" dal titolo completo "4 novembre: trasformare una ricorrenza 'armata' in una pacifica 'Memoria dei caduti di tutte le guerre'"]

 

Giunge la data del 4 novembre, dopo 92 anni dalla fine della prima guerra mondiale, e si continua a ripetere la cosiddetta "Festa dell'Unita' nazionale e delle Forze armate".

Il "Coordinamento per la Pace nel Centopievese" ritiene anacronistica e retorica una tale celebrazione che quasi ovunque diventa motivo di esaltazione degli eserciti e non tanto un pacato ricordo dei Caduti in una guerra che lo stesso Pontefice di allora, Benedetto XV, il primo agosto 1917 defini' una "inutile strage", stante la provata possibilita' di addivenire ad accordi che avrebbero comunque consentito all'Italia di acquisire pacificamente le terre poi conquistate invece con le armi ad un prezzo durissimo (fra le due parti, si sono stimati oltre 16 milioni di morti di cui circa 10 milioni i militari).

Il "Coordinamento per la Pace nel Centopievese" ritiene negative, ormai incomprensibili e persino diseducative per i giovani, le consuete manifestazioni con discorsi che esaltano ancora il ruolo degli eserciti  (definiti "difensori della patria"), con sfilate recanti labari e medaglieri, alzabandiera, squilli di tromba, suoni di fanfara, letture di bollettini di guerra, esibizioni di aerei militari, recita di preghiere varie (fante, alpino, marinaio, bersagliere, ecc.), permeate comunque di spirito militaresco, ecc.

Il "Coordinamento per la Pace del Centopievese" ritiene che, dopo quasi un secolo dai tragici avvenimenti della prima guerra mondiale, dopo i gravissimi lutti della seconda guerra, dopo le esperienze pure tragiche degli "interventi umanitari" piu' recenti (vere guerre in cui l'Italia e' stata ed e' presente con suoi contingenti armati, sino a quelle ancora in corso in Iraq e Afghanistan dove ha pagato e sta pagando un alto tributo di sangue), sia giunto il momento di abbandonare ogni retorica militaresca e ripensare una celebrazione nuova e attuale del 4 novembre facendone la "memoria dei caduti di tutte le guerre, sia militari che civili". Questo tanto piu' che l'Italia dal 1948 ha una Costituzione che all'art. 11 la impegna a "ripudiare la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Sappiamo, purtroppo, che tale dettato e' stato spesso aggirato con vari pretesti mascherati di "umanitarismo" ma per fortuna e' aumentata, nei cittadini piu' responsabili, di fronte all'evidenza storica, la consapevolezza che mediante le guerre, tutte le guerre (veri omicidi di massa e sperperatrici di grandi risorse economiche), non si risolvono in modo duraturo i contrasti tra i popoli che si possono sanare soltanto con pazienti accordi e trattati lungimiranti, cioe' con l'adozione convinta della nonviolenza attiva invocata e applicata da tanti profeti e martiri, a cominciare dal grande Mohandas Gandhi.

In forza delle argomentazioni sopra citate, il "Coordinamento per la Pace nel Centopievese" si appella a tutte le Istituzioni preposte e alle tante Associazioni che tradizionalmente sono impegnate nella celebrazione del 4 novembre, per  trasformare, anche mediante una nuova legge, il 4 novembre in "Giornata della memoria dei caduti di tutte le guerre, sia militari che civili", senza alcuna esibizione di apparati militari di qualsiasi genere. Vanno attuate, invece, semplici cerimonie che valorizzino anche l'impegno morale e civile dei cittadini nell'opporsi a tutte le guerre con il metodo della nonviolenza e con l'impegno dei giovani in un efficiente "servizio civile nazionale", anziche' in assurdi corsi paramilitari denominati "Allenati alla vita" che due Ministri hanno introdotto nelle scuole superiori.

In attesa che una legge recepisca queste istanze di pace, invitiamo caldamente Istituzioni e Associazioni a organizzare comunque per il prossimo 4 novembre e in futuro, le manifestazioni secondo il nuovo spirito, dando un forte segnale di maturita' culturale e politica in sintonia con i principi basilari della nostra Costituzione repubblicana, per costruire una societa' piu' pacifica e solidale.

 

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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"

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Numero 19 del 24 ottobre 2011

 

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