Telegrammi. 628



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 628 del 26 luglio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Ancora un italiano ucciso dalla guerra

2. Sempre piu' personalita' ed associazioni aderiscono all'appello affinche' il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia

3. Maria G. Di Rienzo: La cultura di Pilato

4. Alcuni testi del mese di agosto 2006 (parte quarta e conclusiva)

5. Prima che vi uccidano

6. Non possiamo tacere

7. Una postilla

8. L'uomo nel coccodrillo

9. Del casarse pronto y mal

10. Fallibili

11. Le scaglie sugli occhi

12. Buridano e l'altra stalla

13. Le stupefazioni di Giangrullo

14. Segnalazioni librarie

15. La "Carta" del Movimento Nonviolento

16. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: ANCORA UN ITALIANO UCCISO DALLA GUERRA

 

Ancora un giovane soldato italiano vittima della guerra in Afghanistan. E' il quarantunesimo. In una guerra in cui le persone uccise sono ormai innumerevoli, ed ancor piu' innumerevoli quelle mutilate, ferite, ridotte all'indigenza e alla sofferenza piu' estreme.

Cessino le guerre. Cessino le stragi. Cessi questa folle semina di morte e di odio, di distruzioni e di barbarie.

*

Ed innanzitutto, per quanto concerne specificamente la responsabilita' di noi italiani, cessi la partecipazione italiana alle guerre e alla stragi in Afghanistan e in Libia.

La partecipazione italiana a quelle guerre e' infatti due volte criminale: perche' partecipa di un crimine contro l'umanita' che si e' gia' concretizzato nella morte di innumerevoli esseri umani; e perche' viola in modo flagrante e scellerato la Costituzione della Repubblica Italiana, oltre che il diritto internazionale.

Il Parlamento italiano puo' e deve prendere una decisione: non rifinanzi piu' la partecipazione italiana alla guerra e alle stragi.

Il Parlamento italiano puo' e deve prendere una decisione: faccia cessare immediatamente questa sanguinaria violazione della Costituzione della Repubblica Italiana.

Il Parlamento italiano scelga la pace e la legalita'.

Il Parlamento italiano scelga il diritto e la civilta'.

Il Parlamento italiano decida di utilizzare le risorse pubbliche per salvare le vite umane anziche' per farle sopprimere.

Vi e' una sola umanita'.

 

2. INIZIATIVE. SEMPRE PIU' PERSONALITA' ED ASSOCIAZIONI ADERISCONO ALL'APPELLO AFFINCHE' IL PARLAMENTO NON RIFINANZI LE GUERRE E LE STRAGI IN AFGHANISTAN E IN LIBIA

 

All'appello affinche' il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia, tra altre illustri personalita' della cultura e dell'impegno civile hanno aderito anche Marco Bersani, presidente di Attac-Italia; Michele Boato, storica figura dell'ambientalismo; Massimo Bonfatti, presidente dell'autorevole associazione umanitaria "Mondo in cammino"; Marinella Correggia, prestigiosa giornalista e saggista; Enrico del Vescovo, animatore di innumerevoli iniziative ambientaliste, di pace e di solidarieta'; il professor Osvaldo Ercoli, maestro di vita e di pensiero per generazioni di viterbesi; la cantautrice pacifista Agnese Ginocchio; la prestigiosa saggista ed attivista umanitaria Floriana Lipparini; la dottoressa Antonella Litta, dell'"Associazione italiana medici per l'ambiente"; il professor Dario Mencagli, educatore con grande esperienza nella cooperazione internazionale; il professor Giorgio Nebbia, uno dei "padri nobili" dell'ecologia nel nostro paese; l'architetto ed esperto di sicurezza cantieristica Ferdinando Pesce; il professor Luigi Piccioni, storico dell'ambiente e dell'ambientalismo; il professor Alessandro Pizzi, gia' sindaco di Soriano nel Cimino e fondamentale punto di riferimento dell'ambientalismo scientifico e delle buone pratiche amministrative nell'Alto Lazio; il pedagogista Pasquale Pugliese, del comitato di coordinamento del Movimento Nonviolento; Anna Puglisi ed Umberto Santino, tra le piu' autorevoli figure dell'impegno antimafia, da sempre animatori del "Centro Impastato" di Palermo; la professoressa Annamaria Rivera, figura di riferimento dell'impegno antirazzista; il drammaturgo, regista ed attore Saverio Tommasi; l'editore Olivier Turquet...

All'appello hanno aderito anche movimenti ed associazioni da ogni parte d'Italia: dall'"Associazione senza paura" di Genova, al Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", al Centro studi umanisti "Ti con Zero", al Comitato "Nepi per la pace", a numerosi altri.

*

Di seguito riproduciamo il testo integrale dell'appello affinche' il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia:

"Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona e di retto sentire di far sentire la propria voce al Parlamento italiano affinche' non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia.

La partecipazione italiana a quelle guerre e' illegale, poiche' viola l'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.

La partecipazione italiana a quelle guerre e' gia' costata troppe morti, tra cui quarantuno giovani soldati italiani.

La partecipazione italiana a quelle guerre costituisce anche uno sperpero scellerato ed assurdo di enormi risorse finanziarie dello stato italiano.

Quegli ingenti fondi non siano piu' utilizzati per provocare la morte di esseri umani, e siano utilizzati invece per garantire in Italia a tutti il diritto alla casa, alla scuola, alla salute, all'assistenza.

Chiediamo che il Parlamento ripudi la guerra, nemica dell'umanita'.

Chiediamo che il Parlamento riconosca, rispetti e promuova la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.

Chiediamo al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.

Chiediamo al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.

Chiediamo al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Solo la pace salva le vite".

 

3. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: LA CULTURA DI PILATO

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

La ragazzina, pakistana immigrata, sta in ospedale dove tentano di salvarle l'esofago bruciato dall'acido muriatico. Chi l'ha spinta nell'angolo, verso la disperazione e la morte, sa pero' cosa dire alla nostra opinione pubblica, glielo stiamo insegnando da anni: e' tutta "cultura". I "matrimoni combinati" sono cultura in Pakistan, bere acido e' cultura, schiaffeggiare una sorella, picchiare una figlia, coercizioni, maltrattamenti: cultura. E i giornalisti abbozzano, le Ministre sproloquiano, e noi ci sentiamo tanto tolleranti e comprensivi. Crepa pure, piccola, dandoti la morte per tua stessa mano o vivendo un'esistenza infame con un marito che non hai scelto e che non ami. Vedi come rispettiamo la tua diversita'? Pilato e' libertario e anticolonialista.

Primo distinguo, lessicale: un "matrimonio combinato" o "arrangiato" e' quella situazione che si da' quando i due contraenti vengono presentati da altri come possibili partner. Tipo, la zia che dice al nipote celibe trentacinquenne: "La figlia di un'amica mia ha circa la tua eta' e non e' sposata, ti andrebbe di incontrarla?", I due si incontrano, si piacciono o no, decidono o no che sposarsi e' una buona idea. Quando se non vuoi lo sposo che ti hanno scelto ti prendono a botte, e sei pure minorenne, e tenti il suicidio, si parla di "matrimonio forzato". Mi seguite, si'?

Secondo distinguo, legale: il diritto alla scelta nel matrimonio e' sancito dalla "Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne" (Cedaw, 1979) che il Pakistan ha sottoscritto. Le leggi nazionali del Pakistan, e di tutta l'Asia del sud, proibiscono i matrimoni forzati. Il matrimonio forzato e' formalmente una violazione del diritto penale internazionale. Il Pakistan ha firmato anche la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore (fra cui istruzione, salute, liberta' da violenze e torture). Perche' mai il Pakistan ha fatto tutto cio' in contrasto con i sacri, immutabili, monolitici, granitici pilastri della sua "cultura"? E' un complotto occidentale? O ci sono sanzioni e dissenso, rispetto alla violenza in famiglia e altrove anche in questo (per noi) distante ed esotico paese? E a noi sta bene o meno contrastare la violenza, oppure la scusa "culturale" ci permette semplicemente di voltare lo sguardo ogni maledetta volta in cui la vittima e' di sesso femminile?

La sedicenne in questione aveva gia' tentato il suicidio in precedenza, ed a causa delle botte ecumenicamente distribuite dal padre ai familiari la polizia era gia' entrata in casa sua quattro volte. Definire cio' "la cultura pakistana" e' un insulto ai pakistani, e all'umana intelligenza.

 

4. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2006 (PARTE QUARTA E CONCLUSIVA)

 

Riproponiamo altri testi ancora apparsi sul nostro notiziario nel mese di agosto 2006.

 

5. HERI DICEBAMUS. PRIMA CHE VI UCCIDANO

 

Lo diciamo per tesi, nella forma piu' sintetica possibile. Chissa' che qualche persona di volonta' buona non legga queste righe.

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1. Il conflitto israelo-libanese non puo' avere soluzioni militari, ma solo politiche, diplomatiche e negoziali.

Ogni intervento militare lo aggrava ulteriormente.

L'unico intervento internazionale utile e' quello disarmato e nonviolento: di aiuto umanitario e infrastrutturale a tutte le vittime del conflitto, e di interposizione e mediazione nonviolenta tra le parti, atta alla costruzione di spazi di fiducia, di dialogo (ovvero di ascolto reciproco), di condivisione, di cooperazione, di riconciliazione, di convivenza.

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2. Il conflitto israelo-palestinese va anch'esso smilitarizzato: la via per la soluzione, secondo tutti i vari modelli proposti, passa attraverso la cessazione dell'occupazione dei territori palestinesi da parte dell'esercito e degli insediamenti israeliani e la nascita di uno stato palestinese nell'area di prima della guerra dei sei giorni, con eventuali aggiustamenti territoriali concordati.

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3. Il conflitto arabo-israeliano puo' trovare risoluzione solo alla condizione della cessazione di ogni confronto armato, ed il passo decisivo e' il riconoscimento ufficiale ed esplicito di Israele e del suo diritto ad esistere in sicurezza da parte di tutti i governi e le forze politiche legali di tutti i paesi dell'area mediorientale; riconoscimento che deve essere accompagnato da atti reali e cogenti: di scambio di rappresentanze diplomatiche e consolari dirette; di cooperazione economica tra governi e tra soggetti imprenditoriali; di cessazione, proibizione e repressione di ogni propaganda di odio antiebraico comunque mascherata; di cessazione, proibizione  e repressione di ogni azione ed organizzazione terroristica (a tal fine sara' necessario ovviamente anche negoziare con adeguati incentivi positivi la trasformazione di radicati movimenti politici anche armati - ma non solo armati - in movimenti politici che ripudino le armi e cessino ogni azione terroristica).

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4. Il conflitto nord/sud puo' trovare risoluzione solo attraverso il riconoscimento del debito del nord ricco ed industrializzato grazie alla rapina delle risorse del sud del mondo, la cessazione di tale rapina, la restituzione del maltolto in una cooperazione finalmente onesta in cui ai plurisecolari rapinati sia riconosciuto un effettivo e adeguato risarcimento.

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5. Il conflitto occidente imperialista vs islamismo radicale (intendendo per occidente imperialista le politiche di sopraffazione e rapina tuttora in corso in vaste aree del pianeta da parte dei potentati politici-economici-militari mondiali, e per islamismo radicale le forze politiche - e politico-militari - che fanno dell'islam come fatto religioso uno strumento ideologico per legittimare la loro azione politica - e politico-militare e politico-criminale - di carattere totalitario) anch'esso richiede una smilitarizzazione e un disarmo delle parti che puo' aver luogo solo con incentivi positivi alla pace, al riconoscimento e al dialogo. Finche' perdurano politiche razziste, imperialiste e rapinatrici, finche' perdurano guerre terroriste, finche' si rifiuta di ascoltare le voci e di riconoscere le ragioni delle vittime, di tutte le vittime, la pace non verra' mai. Spetta ovviamente ai soggetti piu' forti - gli stati - fare il primo passo: ad esempio cessando di occupare militarmente i territori altrui e di rapinarne le risorse. Ad esempio avviando una politica di cooperazione orientata non allo sfruttamento ma alla promozione della sicurezza, della qualita' della vita e della dignita' di tutti gli esseri umani. Ad esempio cessando di creare, proteggere, tollerare, armare o finanziare organizzazioni e pratiche terroristiche. Ovviamente molte altre cose possono essere fatte, e un grande contributo puo' esere dato dalle agenzie educative e della socializzazione; dalle grandi tradizioni di pensiero; da una effettiva cooperazione internazionale contro i poteri criminali. Ma senza cessazione delle guerre e senza disarmo tutto restera' inutile.

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6. Cosa puo' fare l'Italia?

Impostare una politica internazionale fondata sulla costruzione della pace con mezzi di pace, sull'accoglienza, sulla cooperazione: una politica internazionale nonviolenta.

E' parte di questa politica fare passi di disarmo unilaterale, di riconversione dell'industria armiera a produzioni civili, di contrasto al commercio delle armi; fare passi di progressiva smilitarizzazione della politica della difesa, sostituendo sempre piu' lo strumento militare con forme di difesa popolare nonviolenta e corpi civili di pace; fare passi di sostegno ad ipotesi di creazione di uno strumento di polizia internazionale non militarizzato delle Nazioni Unite; fare passi di costruzione della sicurezza comune attraverso una politica di incentivi positivi alle scelte di disarmo e di democrazia.

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7. Cosa non deve fare l'Italia?

Non deve fare quello che l'attuale governo (come gia' quelli precedenti) sta sciaguratamente facendo: una politica internazionale fondata sull'intervento militare, una politica internazionale razzista e stragista nei confronti dei migranti, una politica internazionale di partecipazione alle guerre, una politica internazionale di potenza, di rapina e a suo modo colonialista ed imperialista e complice dell'imperialismo e del colonialismo.

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8. Si e' di fronte a un'alternativa secca: o centrare la politica internazionale di sicurezza comune su intervento nonviolenti e quindi di pace, o continuare con gli intervento militari e quindi di guerra.

Le due cose insieme non sono possibili.

Il risultato degli interventi militari di guerra e' sotto gli occhi di tutti. Lo strumento militare e la scelta della guerra stanno portando l'umanita' alla catastrofe.

Anche sulla base di un mero calcolo utilitario e' giunta l'ora della scelta della nonviolenza come principio-guida delle relazioni internazionali.

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9. Occorre lottare perche' prevalga la scelta che salva le vite invece di esporne ancor piu' alla morte.

Occorre lottare per far prevalere la pace, ed essa puo' prevalere solo attraverso il ripudio delle guerre, degli eserciti e delle armi.

I conflitti culturali vanno affrontati e gestiti sul piano culturale.

I conflitti politici vanno affrontati e gestiti con la negoziazione politica.

I confliti militari vanno aboliti, trasferendoli sul piano della politica, del diritto e della cultura.

La cooperazione economica-ecologica e' lo strumento principe della politica internazionale.

I crimini vanno perseguiti con le polizie ed i tribunali.

A tutti gli esseri umani vanno riconosciuti tutti i diritti umani.

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10. P. Q. M. chiediamo al parlamento italiano:

a) l'immediato completamento del ritiro del contingente militare italiano dalla guerra irachena;

b) l'immediata cessazione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana;

c) l'abolizione di tutte le parti lesive dei diritti umani e del dettato costituzionale contenute nell'attuale legislazione italiana sull'immigrazione, la denuncia e la rinegoziazione degli accordi di Schengen, l'accoglienza dei migranti sulla base di quanto disposto dall'art. 10 della Costituzione della Repubblica Italiana;

d) la scelta di rifiutare l'invio di un contingente militare italiano nel teatro di guerra libanese, ed anzi proporre all'Onu che l'unico intervento internazionale consista di aiuti umanitari ed interposizione non armata e nonviolenta.

 

6. HERI DICEBAMUS. NON POSSIAMO TACERE

 

Siamo arrivati a questo assurdo: che si convoca una manifestazione che si pretende pacifista a sostegno di un intervento militare, armato, di guerra.

Siamo arrivati a questo scandalo: che la principale rete pacifista italiana chiama ad esprimere sostegno a una politica internazionale fondata sulle armi, gli eserciti, le guerre.

Siamo arrivati a questa vergogna: di profanare la citta' del Poverello per propagandare sotto la definizione di pace la politica, gli strumenti e le azioni della guerra.

Come e' stato possibile arrivare a tanto?

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Con l'insediamento del nuovo governo le forze politiche democratiche che nel quinquennio passato dichiaravano di opporsi alla politica di guerra, razzista e militarista del governo golpista berlusconiano hanno ora abbracciato pienamente quella politica.

In questa scelta folle e criminale hanno trascinato anche in primo luogo quei cosiddetti movimenti che vivono di finanziamenti pubblici e di carriere nepotiste e clientelari, poi anche coloro che si lasciano narcotizzare dalla propaganda totalitaria dei media.

Ed hanno anche trascinato personalita' che in anni passati erano consapevoli che la guerra, gli eserciti, le armi, il militarismo sono un male, e che ora si sono arrese per intima disperazione, per completo smarrimento, per rassegnazione a un male che non sanno piu' come combattere, a una realta' alla quale non sanno piu' vedere alternative.

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Ma le alternative ci sono.

Esse si riassumono sotto una scelta, la scelta della nonviolenza.

Che si articola in un insieme vastissimo di risorse atte a costruire la pace, la democrazia, la riconciliazione e la convivenza con mezzi di pace, di verita' e di giustizia.

Che si articola in una diversa - piu' profonda e piu' complessa - idea del conflitto e nella coscienza della possibilita' di una sua gestione e risoluzione fondata su quei principi attestati da tutte le grandi tradizioni giuridiche, politiche, morali: il negoziato, la mediazione, la ricerca comune della verita' e dell'equilibrio, l'impegno alla civile convivenza dell'intera umanita' sull'unica terra che abbiamo.

Essa si articola in forme di lotta non meno ma piu' impegnative delle modalita' militari: la nonviolenza e' la lotta piu' forte.

Ma e' tale la catastrofe politica e morale della sinistra italiana che tutto cio' sembra essere stato dimenticato, insieme a secoli di lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani, insieme a due secoli di lotte del movimento operaio, insieme a due secoli di lotte del movimento delle donne, insieme alle lotte anticoloniali e di liberazione, politiche e sociali, economiche ed ecologiche per la difesa delle basi stesse della vita e della civilta' umana sul pianeta.

*

Davvero e' nel giro di un paio di mesi che si e' verificata una catastrofe politica, morale e intellettuale senza precedenti nel nostro paese?

Davvero e' bastato che i partiti residuati dal crollo dell'Urss andassero al governo perche' si convertissero tutti all'imperialismo e alla guerra?

No, e' stato un processo di ben piu' lungo periodo: la distruzione della cultura democratica in Italia e' stata il frutto del processi sociali e politici che nel nostro paese hanno dato luogo a quel che semplificando si suole chiamare "berlusconismo", un progetto eversivo che sta proseguendo anche senza Berlusconi, fatto proprio nell'ambito della politica internazionale dalla coalizione che le elezioni di aprile ha vinto proprio perche' dichiarava di opporsi alla politica berlusconiana, ma che dal berlusconismo era stata gia' profondamente colonizzata.

La prosecuzione della partecipazione alla guerra afgana era piu' che un sintomo, era l'ulteriore dispiegarsi di un disegno politico organico e coerente, lo stesso che nel '91 aveva coinvolto l'Italia nella prima guerra del Golfo e che nel '99 aveva fatto dell'Italia la base di partenza dei bombardamenti che recavano strage in Jugoslavia.

Ben prima dell'11 settembre 2001, della guerra afgana e della seconda guerra del Golfo.

Di questo progetto politico di potenza - e sia pure da imperialismo straccione - che si avvale dello strumento militare come della sua risorsa principe, e' pendant la politica razzista e assassina nei confronti dei migranti: politica che ha avuto il suo punto di precipitazione piu' abissale nella riapertura dei campi di concentramento in Italia nel 1998, primo ministro Prodi e firmatari della legge i ministri Turco e Napolitano.

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Occorre resistere al militarismo e alla militarizzazione della politica e delle relazioni internazionali.

Occorre resistere alla guerra e alla cultura della guerra.

Occorre resistere al razzismo imperialista e neocoloniale.

Occorre promuovere una politica della nonviolenza.

Con i corpi civili di pace, con la difesa popolare nonviolenta.

Con l'interposizione-mediazione nonviolenta nelle aree di conflitto.

Con la scelta della condivisione e dell'accoglienza.

Con gli aiuti a tutte le vittime, per affermare i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Opponendosi a tutti gli eserciti di ogni dimensione; opponendosi alla produzione, al commercio e all'uso delle armi; opponendosi ad ogni logica, struttura e progettualita' militarizzate e militariste.

Facendo della nonviolenza il principio giuriscostituente su cui fondare le legislazioni nazionali e gli accordi internazionali.

Modificando profondamente l'Onu, in primo luogo facendo cessare l'equivoco della presunta legittimita' delle missioni militari, e procedendo invece sollecitamente verso la realizzazione di una polizia internazionale che difenda la pace e demilitarizzi i conflitti.

*

Non si puo' essere per la pace e sostenere gli eserciti, le armi, la guerra.

La pace si costruisce con la pace. I diritti umani si difendono riconoscendoli a tutte le persone, e il primo diritto e' non essere uccisi. Le armi servono a uccidere, gli eserciti servono a uccidere, le guerre servono a uccidere.

E' l'ora della scelta della nonviolenza.

Il pacifismo generico e' morto. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

7. HERI DICEBAMUS. UNA POSTILLA

 

Sia consentito a un vecchio marxista amico della nonviolenza esprimere gratitudine e ammirazione per Murray Bookchin, anche se trova ingenerosi e inadeguati alcuni dei giudizi sommari contenuti nel testo che precede: nell'opera di Marx naturalmente vi e' anche ben altro che economicismo e autoritarismo forieri di totalitarismo, ed altresi' l'illuminismo e' stato anche ben altro che ragion strumentale preconizzante la societa' amministrata. Non sono in Voltaire o in Diderot la ghigliottina e il fascismo, come non sono in Marx i gulag. Ma detto questo la lettura di questo saggio vivamente raccomandiamo, i nodi che pone non possono essere elusi.

 

8. HERI DICEBAMUS. L'UOMO NEL COCCODRILLO

 

Solo il delirio militarista e razzista diffuso dai gruppi dirigenti e dai mass-media occidentali (le idee dominanti sono le idee della classe dominante, come scrisse quell'antico esule) puo' stupidamente ignorare o subdolamente occultare quale sia l'interpretazione che della guerra libanese di questa estate e' stata data dai regimi, dai media e dalle popolazioni arabe e/o musulmane (e queste non solo per averla ricevuta dai regimi e dai media ivi dominanti, o per prolungato indottrinamento, ma anche per proprio intimo convincimento) di tutti i paesi del Medio Oriente che non siano Israele: che Hezbollah ha vinto una guerra di resistenza contro Israele, che Israele e' un regime stragista, che l'occidente colonialista, razzista, imperialista e guerrafondaio e' complice di Israele (ovvero che di quella sua politica Israele e' avamposto), e che il mondo arabo e islamico (le due cose non coincidono, ovviamente, ma la tendenza indotta prima dal crollo dell'Urss e poi dal sempre piu' feroce ed esplicito razzismo guerrafondaio occidentale e' in qualche modo a sommarle al di la' di tutte le differenze, complessita' e contraddizioni) dopo aver subito una serie inenarrabile di sconfitte militari e di umiliazioni politiche, di massacri e di rapine di terre e diritti, ed insieme di errori, di orrori e di vilta' commessi da autocratici gruppi dirigenti statali, politici e politico-militari la cui corruzione e il cui cinismo sono ormai proverbiali, ha trovato nella resistenza di Hezbollah alla guerra stragista israeliana un simbolo vittorioso in cui riconoscersi. Ovviamente cancellando del tutto la realta' del ruolo della Siria nella lunga guerra civile libanese, ovviamente cancellando del tutto lo stillicidio di attacchi missilistici terroristici di Hezbollah contro la popolazione civile israeliana, ovviamente cancellando del tutto la causa occasionale dell'inizio della guerra attualmente nella fase del cessate il fuoco dopo un mese di devastazioni ed eccidi apocalittici, ovviamente cancellando del tutto tutto cio' che questa percezione ipersemplificata e per cosi' dire intimamente risarcitoria complessifica o contraddice (in termini di epistemologia fallibilista: falsifica): dopo un secolo di ricerche psicoanalitiche e fenomenologiche (e dopo l'esperienza dei totalitarismi novecenteschi) sappiamo tutti bene come funzionino - e con quanta potenza - certi meccansmi, a livello individuale e collettivo.

*

Questa e' la percezione di gran lunga piu' diffusa nel mondo arabo e musulmano mediorientale.

Dinanzi a cio', che truppe occidentali (e di paesi come l'Italia che gia' partecipa con piena criminale corresponsabilita' con propri contingenti militari alle guerre stragiste e razziste dell'Iraq e dell'Afghanistan) occupino il Libano meridionale con un mandato che, al di la' dell'uso talleyrandiano delle parole per occultare il pensiero, e' inteso di fatto in primo luogo a contrastare la possibile prosecuzione dell'azione terroristica di Hezbollah (la cui smilitarizzazione e il cui disarmo possono essere ottenuti solo con un negoziato politico interno libanese e con un'azione di polizia anch'essa interna libanese; ma sia il disarmo che la smilitarizzazione di Hezbollah sono resi assai piu' improbabili dal fatto che secondo la percezione piu' diffusa Hezbollah e' uscito dalla prova di questa estate come vincitore militare, politico e morale e come rappresentativo dei diritti e della dignita' del mondo arabo e musulmano, e possa quindi ragionevolmente aspirare a, anzi: tout court prevedere un suo consistente rafforzamento nel quadro politico-istituzionale libanese - ergo: un futuro ruolo egemone nel parlamento e nel governo di Beirut, ancor piu' consistenti aiuti diretti dai regimi suoi tradizionali patrocinatori, ed una "capitalizzazione" in termini politici, elettorali, finanziari ed organizzativi dell'attuale vastissima simpatia popolare in Libano e nell'intero mondo arabo e musulmano); ebbene, sic stantibus rebus questa occupazione militare del Libano meridionale da parte di truppe occidentali puo' agevolmente essere presentata dai propagandisti fondamentalisti e percepita dalle popolazioni vittime della guerra come complicita' con lo stato di Israele e con i crimini di guerra e contro l'umanita' dall'esercito israeliano effettualmente compiuti: non un'interposizione contro la guerra, ma un'occupazione militare a fini di controllo e oppressione al posto e per conto delle truppe dell'Idf.

Questa spedizione militare e' un crimine e una follia. In se stessa e perche' impedisce di realizzare gli interventi che realmente occorrerebbero.

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Altro e' infatti l'intervento internazionale che occorre.

Un intervento non armato e nonviolento: con Corpi civili di pace.

Un intervento non armato e nonviolento: che rechi soccorsi a tutte le vittime; che rispetti l'integrita' territoriale e la sovranita' popolare libanese; che favorisca processi di smilitarizzazione e disarmo con incentivi positivi; che agevoli processi di riconoscimento, di dialogo, di riconciliazione, di convivenza.

Un intervento non armato e nonviolento che sostenga i vari e complessi negoziati che devono sostituire il conflitto militare spostandolo sul piano politico e diplomatico; un intervento nonviolento di interposizione-mediazione che apra spazi alle societa' civili, spazi di democrazia, spazi di affermazione dei diritti umani, spazi di ascolto reciproco, spazi di comunicazione non eterodiretta e non sussunta alla propaganda, spazi che possono essere aperti solo recando del tutto gratuitamente aiuti umanitari e beni e servizi infrastrutturali che consentano a tutti i superstiti vite dignitose e una ragionevole sicurezza.

Un intervento non armato e nonviolento che sia consapevole che il processo di democratizzazione libanese e' ancora fragile e che la vicenda bellica ha inferto ad esso un colpo tremendo.

Un intervento nonviolento che sia consapevole che restano inoltre i due nodi politici decisivi dell'area, senza una gestione e risoluzione negoziale, politica e nonviolenta dei quali non vi sara' ne' pace ne' giustizia ne' convivenza: il primo, la necessita' che Israele cessi di occupare i territori palestinesi (con tutte le pratiche fin efferate all'occupazione connesse: tra cui le reiterate stragi che costituiscono evidenti crimini contro l'umanita'), e che al piu' presto sorga lo stato di Palestina; il secondo, la necessita' che cessino gli attentati terroristici e la costante minaccia di genocidio contro la popolazione israeliana di origine ebraica, ovvero che vi siano atti politici e diplomatici ufficiali ed espliciti negoziati fin minuziosissimamente da parte di tutti i governi e le forze politiche legali dei paesi dell'area di riconoscimento dello stato di Israele e di cessazione di ogni complicita' diretta e indiiretta con il terrorismo e con la propaganda antiebraica e fin esplicitamente genocidaria che lo alimenta.

Solo un percorso nonviolento, solo una scelta nonviolenta, puo' portare alla risoluzione di questi due nodi. Gli interventi armati non solo non servono, ma hanno come esito principale di alimentare paura e incomunicabilita', odio e violenza, disprezzo e chiusura, devastazioni ed eccidi.

*

Che in italia di tutto cio' non si voglia avere alcuna contezza; che in Italia si menta spudoratamente sulle tragiche ambiguita' e sugli immani rischi di una missione militare, armata e di guerra spacciandola per il suo contrario; che in italia non si percepisca quale e quanto grave responsabilita' abbia anche il nostro paese nelle guerre in corso e nel razzismo contro le vittime delle guerre e di un ordine iniquo del mondo che condanna le popolazioni di interi continenti alla rapina neocoloniale delle loro risorse, alle dittature, alle guerre e alla fame; che in Italia non si veda come le politiche correnti facciano crescere il cancro del razzismo sia antiebraico, sia antiarabo, sia antimusulmano; tutto cio' ci persuade ancor piu'  della necessita' che le persone amiche della nonviolenza dispieghino ogni loro capacita' di impegno per far luce sulla tragica distretta dell'ora, e per costruire qui e adesso un'alternativa nonviolenta nella politica internazionale, un'alternativa nonviolenta concreta e urgente.

Un'alternativa fondata sul riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani; una politica fondata sull'opposizione a tutte le guerre e tutti i terrorismi; una politica fondata sul contrastare in modo netto, concreto e intransigente ogni oppressione: totalitaria, imperialista, coloniale, razzista, classista, patriarcale.

Abbandonando hic et nunc, qui, in italia, ogni subalternita', ogni ambiguita', ogni delega, ogni illusione, ogni rassegnazione: occorre una politica della nonviolenza, che e' l'unico modo per inverare nel nostro paese e nell'azione internazionale del nostro paese la legalita' costituzionale, il portato e il valore del pensiero giuridico che fonda la convivenza temprato al vaglio dell'esperienza storica cosi' come si e' strutturato nei principi fondamentali di quel monumento civile che e' la Costituzione della Repubblica Italiana.

 

9. HERI DICEBAMUS. DEL CASARSE PRONTO Y MAL

 

A molti cari amici vorremmo suggerire di essere piu' cauti nel mettersi al servizio della politica militarista, guerrafondaia e razzista del governo "senza se e senza ma".

Comprendiamo: c'e' il fascino della divisa (abbiamo letto anche noi i romanzi dell'Ottocento), c'e' il riconoscimento e la promozione sociale (invece della fame e delle galere, ed e' certo una bella differenza); ma succede sovente che chi s'illude di fare il consigliere del principe diviene invece l'usignolo dell'imperatore, quando non il sergente di servizio.

*

Si vuol sostenere la poltiica militarista e razzista del governo in carica? chi ha stomaco per farlo ne ha facolta'.

Ma non si pretenda di dire che questa politica militarista e razzista e' pacifista e nonviolenta.

Si abbia un po' di rispetto se non per le vite altrui, se non per la propria ed altrui intelligenza, almeno per la lingua italiana.

 

10. HERI DICEBAMUS. FALLIBILI

 

Uno dei motivi fondamentali per scegliere la nonviolenza e' la consapevolezza che nei nostri ragionamenti siamo fallibili.

Possiamo sbagliarci: e poiche' possiamo sbagliarci e' comunque sempre preferibile scegliere di compiere quell'azione che non ha conseguenze irreversibili (ovvero astenersi da quell'azione che conseguenze irreversibili ha). La piu' irreversibile delle conseguenze e' provocare la morte di qualcuno.

Per questo la nonviolenza e' quella lotta contro la violenza che invera l'antico principio "tu non uccidere" nella forma piu' adeguata. Per questo essa si oppone a tutte le tradizioni vittimarie. Per questo essa puo' tradursi, con Schweitzer, nella formula "rispetto per la vita".

Vedi come convergono nella scelta della nonviolenza le piu' longeve radici sapienziali e gli esiti piu' preziosi dell'epistemologia contemporanea.

 

11. HERI DICEBAMUS. LE SCAGLIE SUGLI OCCHI

 

Le immense risorse che verranno sperperate per finanziare la missione militare nel Libano meridionale sono risorse sottratte agli aiuti umanitari alle vittime della guerra, sono risorse sottratte all'umanita' sofferente, sono risorse sottratte alla politica internazionale che costruisce la pace con mezzi di pace, sono risorse sottratte all'alternativa nonviolenta necessaria e urgente.

Gia' solo questo alimenta la guerra, alimenta il terrorismo, alimenta la rapina dei ricchi sui poveri, dei barbari armati sui civili disarmati, alimenta ulteriore paura, ulteriore odio, ulteriore disprezzo, ulteriore disumanita'.

Gia' solo questo e' razzismo, e' razzismo assassino.

*

Chi non vuole vederlo continui pure a pavoneggiarsi, sanguinario demente, carnefice insensato, danzando cieco sull'orlo dell'abisso.

Ma non pretenda la nostra complicita'.

 

12. HERI DICEBAMUS. BURIDANO E L'ALTRA STALLA

 

No, non sono scelte equivalenti un intervento armato e un intervento disarmato, non e' la stessa cosa finanziare gli eserciti o gli aiuti umanitari, c'e' differenza tra le armi che uccidono e i soccorsi che curano, sostentano, salvano le vite. Sono scelte alternative, reciprocamente incompatibili.

No, non solo equivalenti la violenza e la nonviolenza, gli apparati della guerra e gli strumenti della pace, il riarmo e il disarmo, le spese militari e le spese sociali. Sono scelte opposte, o l'una o l'altra.

La pace si costruisce con la pace, la democrazia con la democrazia, la giustizia con la giustizia. Chi pensa il contrario replica ancora lo sciagurato ritornello delle streghe di Macbeth e del Socing orwelliano, la solfa del parabellum, la litania del fine che giustifica i mezzi e via delirando e fucilando. Una volta per tutte spiego' Mohandas Gandhi che tra i mezzi e i fini vi e' lo stesso rapporto che intercorre tra il seme e la pianta.

Scegliere occorre, e non sono affatto due identici mucchi di fieno.

 

13. HERI DICEBAMUS. LE STUPEFAZIONI DI GIANGRULLO

 

Gnaffe, io proprio non mi ci raccapezzo.

Ma come, non si era andati anche in Iraq con l'avallo dell'Onu a portar pace e tante buone cose?

Ma come, non si era andati anche in Afghanistan con l'Onu a portar pace, amore e fantasia?

Non sara' mica che tutti i governi militaristi e colonialisti mandano gli eserciti ad occupare le terre altrui e a prender parte alle guerre con le stesse belle parole?

E non sara' mica che chi ieri tuonava contro la politica delle cannoniere del governo guerrafondaio di cui non faceva parte il partituccio suo oggi ha smesso di farlo - anzi: tuona ancora, ma per sostenere l'esatto contrario - perche' le cannoniere le manda il governo guerrafondaio di cui invece ora il Partito fa parte?

E quest'Onu di cui tanto si parla e per cui si sventolano striscioni da stadio non sara' mica per caso quell'Onu dei dieci anni di embargo genocida contro il popolo iracheno? Non sara' che anche l'Onu avrebbe bisogno di una riforma che inveri le premesse contenute nella carta che la fondava? (Siamo troppo estremisti? Ma non era la posizione di tutto il pacifismo italiano prima della recente conversione militarista di tanti bennati ingegni e garzoncelli scherzosi?).

Gnaffe, io proprio non mi ci raccapezzo.

 

14. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- AA. VV., Michel Foucault e il potere psichiatrico, "Aut aut", n. 323, settembre-dicembre 2004, pp. 176.

- Stefano Catucci, Introduzione a Foucault, Laterza, Roma-Bari 2000, pp. IV + 204.

- Vittorio Cotesta, Linguaggio potere individuo. Saggio su Michel Foucault, Dedalo, Bari 1979, pp. 240.

- Hubert L. Dreyfus, Paul Rabinow, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle grazie, Firenze 1989, pp. 320.

- Didier Eribon, Michel Foucault, Flammarion, 1991, pp. 418.

- Francois Ewald, Anatomia e corpi politici. Su Foucault, Feltrinelli, Milano 1979, pp. 72.

- Jose' G. Merquior, Foucault, Laterza, Roma-Bari 1988, pp. VIII + 216.

- Michelle Perrot (a cura di), L'impossibile prigione, Rizzoli, Milano 1981, pp. 278.

- Judith Revel, Foucault, le parole e i poteri, Manifestolibri, Roma 1996, pp. 112.

- Paolo Veronesi (a cura di), Foucault: il potere e la parola, Zanichelli, Bologna 1978, pp. IV + 154.

 

15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

16. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 628 del 26 luglio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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