Nonviolenza. Femminile plurale. 396



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 396 del 25 luglio 2011

 

In questo numero:

1. Un appello: Il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia

2. "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice": Contro la guerra in Libia un appello ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu

3. Lea Melandri: La dignita' dei manichini viventi

4. Ornella Bolzani: Il 9-10 luglio 2011 a Siena con "Se non ora quando". Un resoconto

5. Angela Giuffrida: La protesi

 

1. REPETITA IUVANT. UN APPELLO: IL PARLAMENTO NON RIFINANZI LE GUERRE E LE STRAGI IN AFGHANISTAN E IN LIBIA

 

Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona e di retto sentire di far sentire la propria voce al Parlamento italiano affinche' non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia.

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La partecipazione italiana a quelle guerre e' illegale, poiche' viola l'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.

La partecipazione italiana a quelle guerre e' gia' costata troppe morti, tra cui quaranta giovani soldati italiani.

*

La partecipazione italiana a quelle guerre costituisce anche uno sperpero scellerato ed assurdo di enormi risorse finanziarie dello stato italiano.

Quegli ingenti fondi non siano piu' utilizzati per provocare la morte di esseri umani, e siano utilizzati invece per garantire in Italia a tutti il diritto alla casa, alla scuola, alla salute, all'assistenza.

*

Chiediamo che il Parlamento ripudi la guerra, nemica dell'umanita'.

Chiediamo che il Parlamento riconosca, rispetti e promuova la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.

Chiediamo al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.

Chiediamo al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.

Chiediamo al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Solo la pace salva le vite.

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Appello promosso dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo

Viterbo, 21 luglio 2011

 

2. APPELLI. "RETE NO WAR" E "U.S. CITIZENS FOR PEACE & JUSTICE": CONTRO LA GUERRA IN LIBIA UN APPELLO AI MEMBRI NON BELLIGERANTI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU

[Riproponiamo il seguente appello che abbiamo ricevuto dalle amiche e dagli amici di "U.S. Citizens for Peace & Justice" di Roma (per contatti: e-mail: info at peaceandjustice.it, sito: www.peaceandjustice.it), e da altre amiche ed altri amici ancora]

 

Stop alla guerra Nato in Libia: scriviamo ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza Onu.

Campagna e-mail promossa dalla "Rete No War" e da "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome".

Alcuni paesi della Nato, in alleanza con alcune petromonarchie del Golfo, stanno conducendo da tre mesi in Libia una guerra illegale a sostegno di una delle due fazioni armate che si affrontano; una guerra fondata su informazioni false, portata pervicacemente avanti con vittime dirette e indirette; una guerra che continua malgrado le tante occasioni negoziali

disponibili fin dall'inizio.

Che fare? La pressione popolare nei confronti dei paesi Nato e' certo necessaria, ma non basta. Potrebbe essere utile, se attuata in massa, una campagna di e-mail dirette a paesi non belligeranti e membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, chiedendo loro di agire. Molti di quei paesi hanno gia' manifestato volonta' negoziali e potrebbero utilizzare come strumento di pressione questo appoggio popolare da parte di cittadini di paesi Nato. Gia' agli inizi di marzo, Fidel Castro chiede - invano - ai popoli e ai governi

di appoggiare la proposta di mediazione del Venezuela, approvata dai paesi dell'Alleanza Alba.

Per questa ragione i gruppi "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome" hanno consegnato un analogo appello ad alcune ambasciate a Roma.

Ecco come partecipare alla campagna, semplicemente, con una e-mail. Basta mandare il testo qui sotto (in inglese) nel corpo del messaggio agli indirizzi e-mail di: Russia, Cina, India, Sudafrica, Nigeria, Gabon, Bosnia Erzegovina, Libano, Colombia, Portogallo, Germania.

Per ulteriori informazioni su questa iniziativa, scrivete a: boylan at interfree.it o mari.liberazioni at yahoo.it oppure visitate i siti: www.radiocittaperta.it, www.disarmiamoli.org, www.peaceandjustice.it

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e-mail delle rappresentanze dei paesi: ChinaMissionUN at Gmail.com, rusun at un.int, India at un.int, portugal at un.int, contact at lebanonun.org, chinesemission at yahoo.com, delbrasonu at delbrasonu.org, siumara at delbrasonu.org, bihun at mfa.gov.ba, colombia at colombiaun.org, pmun.newyork at dirco.gov.za,  perm.mission at nigerdeleg.org, aumission_ny at yahoo.com, presidentrsa at po.gov.za, info at new-york-un.diplo.de, dsatsia at gabon-un.org, LamamraR at africa-union.org, waneg at africa-union.org, JoinerDJ at africa-union.org, gabon at un.int, Nigeria at un.int, unsc-nowar at gmx.com

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Nell'oggetto della e-mail scrivere:

Pleare stop Nato war in Libya. Appeal to non-belligerant members of the U. N. Security Council

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Testo da inviare:

We appeal to non-belligerent members of the U. N. Security Council

to put an end to the misuse of U. N. Security Council Resolution 1973 to influence the internal affairs of Libya through warfare, by revoking it, and to press for a peaceful resolution of the conflict in Libya, backing the African Union's central role in this context.

We thank those countries that have tried, and are still trying, to work towards peace.

Our appeal is based on the following:

- the military intervention in Libya undertaken by some Nato members has now gone far beyond the provisions of Security Council Resolution 1973, and is based on hyped-up accounts of defenseless citizens being massacred by their government, while the truth is that, in Libya, there is an on-going and intense internal armed conflict;

- we are aware of the economic and geo-strategic interests that lie behind the war in Libya and, in particular, behind Nato support of one of the two armed factions;

- Nato military intervention in Libya has killed (and is continuing to kill) countless civilians, as well harming and endangering the civilian population, including migrants and refugees, in various other ways;

- the belief that, at this stage, only non-belligerent countries - and particularly those with U.N. Security Council voting rights - can

successfully bring a peaceful end to the conflict through negotiations and by implementing the opening paragraph of U.N. Security Council Resolution 1973, which calls for an immediate ceasefire.

Respectfully yours,

Name (or association)

Address (optional)

 

3. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: LA DIGNITA' DEI MANICHINI VIVENTI

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "Gli altri" del 22 luglio 2011.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

 

La vicenda che ha visto coinvolte la Filcams Cgil e la Camera del Lavoro di Milano, a proposito dell'iniziativa della Coin di mettere in vetrina ragazzi e ragazze per pubblicizzare prodotti da spiaggia, si puo' considerare emblematica delle implicazioni ambigue, contraddittorie, che si porta dietro, con evidente esitazione a nominarle, il movimento che da alcuni anni si batte contro la mercificazione del corpo delle donne.

La folta schiera di ragazze-immagine che popolano la televisione, la pubblicita', gli intrattenimenti degli uomini di potere, che altro sono se non "manichini viventi", modelli di bellezza, oggetti scambiabili di uso e consumo, moneta incarnata di quel grande mercato che sta diventando la comunita' umana? Cosi' come si puo' vendere la propria forza lavoro, alienandosi nell'oggetto che si e' prodotto a vantaggio di altri, allo stesso modo oggi e' il corpo stesso a farsi "cosa". Ma pur sempre di lavoro si tratta. Lo ha detto con molta chiarezza il portavoce dei giovani dipendenti della Coin in risposta al documento polemico della Cgil: "questo e' un lavoro che ci gratifica, pagato regolarmente". Per chi poteva sospettare che dietro i loro cartelli di protesta ci fosse "lo zampino dell'azienda", c'e' poi una aggiunta che mi sembra inequivocabile: "meglio qui che fare il muratore" ("La Repubblica", 17 luglio 2011).

A cancellare l'umiliazione dei corpi e l'offesa al decoro della persona interviene, inaspettata, la difesa della dignita' del lavoro. Ma soprattutto colpisce e fa pensare il giudizio di un soggetto di cui non si era tenuto conto, inglobato da un meccanismo perverso di oggettivazione che lo avrebbe reso inesistente. Il "manichino" parla e costringe a chiedersi che cosa significa una "denuncia" che viene "doverosa" da un versante esterno alla sua consapevolezza, ai suoi desideri, alle sue scelte. L'idea rassicurante che lo vuole vittima suo malgrado di un potere manipolatore, appare estremamente debole quando chi decide di vendere la propria giovinezza e prestanza fisica dice di essersi lasciato alle spalle mestieri molto piu' faticosi e umilianti.

Nessuno nega il pesante condizionamento della cultura dominante, cosi' ben descritta dall'ultimo Rapporto Censis (6 giugno 2011): crisi dell'autorita', pervasiva sregolatezza delle pulsioni, primato della coscienza individuale, bisogno di apparire, esaltazione narcisistica del modello estetico. Ma ne' le persone ne' i corpi sono tabulae rasae su cui la societa' imprime il suo marchio. Gli infiniti adattamenti a cui la storia costringe da sempre l'agire di uomini e donne presuppongono quel margine di liberta' che rende comunque possibile il cambiamento. E' in questo scarto che va a collocarsi la contraddittoria, ambigua emancipazione della donna e di tutto cio' che e' stato identificato col femminile: corpo, sessualita', sentimenti, pulsioni, desideri. "La donna e' soggetto solo se resta oggetto" - scrive Genevieve Fraisse (La differenza fra i sessi, Bollati Boringhieri 1996), con la lucida consapevolezza di chi sa che non basta certo la comparsa sulla scena pubblica, e nemmeno l'assunzione di potere, per cancellare i segni della "differenza" che ha fatto della donna un oggetto di scambio.

Di quale "dignita'" ci stanno allora parlando ragazzi e ragazze accomunati dal desiderio di trarre gratificazioni e vantaggi economici dalla messa a frutto dei loro corpi? Scrivendo sui loro cartelli "anche il nostro e' un lavoro", dicono in sostanza che non si puo' ignorarli come persone, prescindere dalla loro scelta, per quanto discutibile, ridurli a materia passiva e inconsapevole di poteri manipolatori, che attende dall'esterno la sua salvezza. Forse si sarebbe potuto prevedere fin dagli anni '70 che la riappropriazione di corpi, sessualita', sentimenti negati, non sarebbe stata automaticamente la loro liberazione dai modelli culturali che vi sono passati sopra e che ancora si fanno sentire come residuo di una preistoria mai tramontata. Non era difficile immaginare che il corpo, cadute le barriere che lo hanno messo al bando dalla polis e sottoposto al controllo violento delle sue leggi, si sarebbe preso la sua rivalsa giocando la carta del potere, reale o immaginario, che gli e' stato attribuito: conservazione della vita, ma anche erotismo, seduzione, piacere estetico.

Se non vuole rischiare di apparire ideologico, o soltanto moralistico, alle generazioni cresciute all'insegna della liberta' di mercato e del progressivo impoverimento di riflessione portata su di se', anche il movimento "Se non ora quando", che ha fatto della critica alla rappresentazione della donna nei media la propria bandiera, non puo' limitarsi a pronunciamenti contro la mercificazione e il misconoscimento della donna come persona. Presenti quantitativamente come mai prima d'ora nella sfera pubblica, le donne oggi parlano, scelgono, agiscono secondo logiche e orientamenti che possono dispiacerci, ma che chiedono, prima ancora che li si discuta e li si giudichi, di essere visti e ascoltati.

 

4. ESPERIENZE. ORNELLA BOLZANI: IL 9-10 LUGLIO 2011 A SIENA CON "SE NON ORA QUANDO". UN RESOCONTO

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente intervento del 21 luglio 2011.

Ornella Bolzani e' restauratrice, saggista, intellettuale femminista]

 

Sono tornata da Siena in macchina con Silvia Freschini, una ragazza boyscout di Verona, che tre settimane fa e' riuscita a formare una nutrita associazione di "Se non ora quando" nella sua citta' e portarla alla chiamata di Siena per il 9 e 10 luglio (e non e' l'unico episodio italiano). La sua determinazione a battersi per il raggiungimento di una vera cittadinanza delle donne mi ha reso ulteriormente felice, dopo l'ebbrezza quasi dionisiaca vissuta nella due giorni di Siena.

Due giornate luminose e non solo per il cielo terso e le facciate dei bellissimi palazzi illuminate dal sole, fin troppo caldo per la verita', ma anche per la qualità degli interventi. Ho ascoltato i discorsi tutti appassionati, noti e meno noti, le speranze e le proposte innovative, recitati (spesso da vere attrici) con toni e parole potenti, incisive che segnavano la mia pelle e lasciavano una cicatrice: per ricordarmi che non potevamo piu' tornare indietro. Mai piu'! Il clima era magico, circolava molta energia, ci si sentiva a casa propria: ecco, li', nel grande prato di S. Agostino, una piazza di  donne, 2000 circa, 120 comitati e molte adesioni di singole donne, ci siamo sentite cittadine a pieno titolo, dentro la Polis, nostra era la citta'.

L'obiettivo e' organizzarci costruendo una rete nazionale autonoma e inclusiva che ci rappresenti tutte e dialoghi con le istituzioni per concretizzare le nostre richieste. Speriamo che le vacanze estive non diluiscano questa determinazione.

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E ripenso ad uno dei primi interventi proprio riguardo al corpo e alla Polis scritto da Francesca Comencini che ha fortemente voluto e organizzato, insieme alla sorella Cristina, l'incontro di Siena, e che ha letto insieme a Fabrizia Giuliani, filosofa del linguaggio.

Trascrivo dai miei appunti: "Il 13 febbraio e' stata una esperienza fisica. L'appello, col suo nesso tra dignita' e cittadinanza, gia' conteneva la centralita' del corpo. Dalle varie mail ricevute si evidenziava la presa di coscienza che la dignita' offesa non era una questione di morale o di decoro ma il sigillo che sanciva il nostro non essere cittadine di ogni paese. Ma e' stato l'impatto fisico a rompere l'argine e i corpi hanno trovato sintonia e assonanza ed e' cosi' che i corpi hanno capito che le brutte immagini che disegnavano il centro della citta' e delimitavano il perimetro delle piazze non ci rappresentavano. Abbiamo capito che sono le immagini di quei corpi che ci allontanano dalla sfera pubblica ed e' da qui che bisogna ripartire. Le nostre rivendicazioni economiche, sociali e politiche restano scatola vuota se non sono riempite dalla consapevolezza pratica e simbolica di cui il rifiuto del corpo delle donne e' oggetto nella nostra societa': esso si arrocca su due punti, maternita' e desiderio. E' il corpo in gravidanza cacciato dalle fabbriche, dalle universita', dai call-center, dagli uffici, dalla sfera pubblica. E' il corpo nudo, fatto a pezzi nel significare di se' solo la sua disponibilita'. E' un corpo fissato nella sua staticita', non attraversato dal tempo e quindi dalla vita. E' la fissita' di quei corpi a segnare l'impossibilita' di ogni cambiamento: sociale, economico, politico e simbolico. Le forme della vita che il tempo scandisce sono contraddette da quella fissita' dei corpi. Ed e' questa fissita' a preservare quest'ordine da qualunque cambiamento. Donne chiuse in una corporeita' al di qua del linguaggio, quindi 'naturalmente' estranee all'esercizio pieno della cittadinanza. Si cerca di oscurare le trasformazioni del tempo che segnano la vita del corpo, col succedersi delle sue eta'. Il tempo inscritto nel corpo e' il segno della sua vita e della sua liberta'".

Ho voluto condividere questo discorso cosi' bello e cosi' vero quasi integralmente, anche per vanificare la tentazione, che spesso ci sfiora, di imbalsamarci in un non tempo e in un non luogo.

Questo da' anche la misura di quanto sia importante, oltre che in rete, incontrarci anche fisicamente. Solo i corpi in relazione possono svelare la realta' del mondo.

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Sulla rappresentazione delle donne nei media, sulla loro rappresentazione di corpi desiderati e che ha spinto molte donne ad approfittarne per uno scambio sessuo-economico, visto che il titolo di studio non garantisce la sopravvivenza, se n'e' parlato abbastanza.

Sabina Castelfranco dice che nella stampa estera, nei giornali stranieri, non esiste, come anche in Grecia e Spagna, una simile rappresentazione delle donne, in cui il corpo della donna nuda conta piu' di un buon curriculum. Ci vorrebbe una rivoluzione culturale, dice Sabina, e dopo il 13 febbraio ci siamo gia' messe sulla buona strada.

Ylenia De Bernardi  irrompe sul palco con un grido: come ci vediamo noi giovani che siamo bombardate da queste immagini nei media? Vogliamo ricostruire un nuovo immaginario, ricostruendo parole nuove, pratiche nuove e ripartire tutte assieme.

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Seguono i moltissimi interventi, forse s'e' sfiorata la soglia di 150. Le relazioni sono condotte a quattro mani per sottolineare il riconoscimento reciproco, il rispecchiamento che e' alla base delle relazioni tra donne e hanno la durata tassativa di tre minuti.

Dietro il palco vengono proiettati i video del 13 febbraio, in basso a destra lo striscione delle Ragazze del Rubi(y)cone, il sottofondo e' quello di Patti Smith, in prima fila le donne del Comitato di Siena che ha organizzato, e accanto le politiche, Buongiorno (class action delle donne), Perina (essere trasversali), e poi Turco, Concia, Bindi e Pollastrini. Applausi non viscerali e anche qualche critica. Applaudita pure la Camusso anche se la sua scelta di condividere il contratto nazionale con Uil e Cisl non e' stato da tutte digerita. Anzi, una neonata "snoq" della Calabria, che ha ottenuto il punto piu' alto del referendum sul legittimo impedimento, parla di tradimento.

E' stata una maratona incredibile, ma senza pesantezza, fluida, gioiosa, condotta in modo intelligente dalle promotrici e il pubblico era attentissimo (c'era anche qualche uomo), condivideva per la maggior parte e applaudiva. Tutti in piedi con una grande ovazione quando, il 10 mattina, e' apparsa Lidia Menapace dentro un'aura di intelligenza, sapienza ed umanita'.

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Dal 13 febbraio e' partita una grande sfida

Francesca Izzo apre la rassegna degli interventi. Ribadisce il successo del 13 febbraio, tutte insieme senza simboli e bandiere, la maggior parte senza aver mai partecipato prima ad alcuna manifestazione. "Siamo uscite dall'isolamento, dall'impotenza della sola denuncia, e' fondamentale il segno impresso dalle donne che annuncia la nascita di un sommovimento nel profondo della societa'. E' un movimento politico che valica molte frontiere, da quelle partitiche-ideologiche a quelle delle associazioni femministe ed esprime un forte desidero di stare insieme, vivere la frammentazione che ci penalizza tutte. E' questo desiderio di stare insieme che annuncia un cambiamento radicale profondo. Si e' gia' verificato l'impossibile nelle elezioni amministrative, nei referendum. Certo nei consigli comunali non ci sono ancora donne presenti al 50% e questo anche perche' c'e' una diffidenza antica che bisogna superare: le donne non votano le donne e sarebbe ora di pensare in grande. Vorrei anche ricordare come l'ideologia individualistica si sia impadronita di noi per decenni facendoci credere che ogni forma di organizzazione collettiva sarebbe nemica delle eccellenze e fonte di debolezza e abbia pure provocato la dispersione di una delle acquisizioni piu' importanti della cultura delle donne, cioe' l'idea che uguaglianza e differenza vanno assieme. La differenza non e' un dato biologico ne' solo storico, ma una delle manifestazioni interne alla societa' capace di esprimere tutto il suo genere. Vogliamo costruire una societa' a misura di uomini e di donne. A Siena si parlera' delle donne italiane perche' i nostri problemi riflettono un mondo bloccato, una societa' senza desideri, e il13 febbraio abbiamo espresso una energia straordinaria aiutando l'Italia ad uscire dal tunnel della depressione. Tiriamo fuori tutta l'energia necessaria perche' le donne possano arrivare a governare l'Italia".

Molti gli interventi su questa lunghezza d'onda (grazie al cielo). Noi donne ora non vogliamo piu' abbandonare la determinazione ad esserci, almeno mi sembrava questo che aleggiasse su tutte, a partire dalla eterogeneita' e diversita' che esprimiamo ovunque.

Linda Sabbadini, direttrice generale dell'Istat, sciorina tutti i dati che mostrano la discriminazione delle donne sul lavoro di produzione soprattutto precario, che conosciamo gia' bene dai giornali e, cosa interessante, a proposito di part-time come imposizione o scelta, spiega che il part-time non scelto in Italia e' cresciuto il doppio rispetto agli altri paesi europei. Se non sbaglio questo significa che viene utilizzato a profitto delle imprese anche se molte lo considerano una buona occasione (secondo me a torto) per conciliare casa e lavoro, come suggerisce buona parte del femminismo.

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Non un partito ma un movimento protagonista nello spazio pubblico, quindi politico

Fa da protagonista la determinazione delle donne ad entrare nella Polis, governarla, non stare fuori come antipolitica. Comune e' la consapevolezza che la politica siano i cittadini, cioe' noi. Nessun desiderio di sostituzione ai partiti ma la pretesa che la politica ufficiale, i partiti, valutino le proposte che vengono dal basso e verifichino le loro: si vuole solo che i partiti tornino a fare politica sui bisogni delle persone e sullo stato del Paese. Si prendano tutti la responsabilita' di fare politica, ciascuno per la propria parte (anche le donne del Pd esprimevano, a parole, questa intenzione).

Il movimento ha espresso la realta' di tutte le donne sul territorio che fino ad oggi non hanno fatto massa critica perche' non in comunicazione, quindi senza consapevolezza, coscienza collettiva, come dice Maria Serena Sapegno, di cui trascrivo per esteso l'intervento:

"E' stato fatto un passo politico molto importante che manifesta la grande ricchezza e varieta' del movimento che ci caratterizza in realta' da tempo.Una ricchezza e una forza sia come singole che come associazioni che esprime differenze antiche e lontane ma anche nuovissime per le giovani e le aggregazioni recenti che fanno domande nuove.

Esiste una difficolta' oggettiva crescente di pesare nello spazio pubblico. E' importante sapere questo se si vuole partire, prendere atto delle realta' di tutte le donne sul territorio che fino ad oggi non hanno fatto massa critica perche' non si sono comunicate, impedendo soprattutto consapevolezza, coscienza collettiva.

La sfida ora e' rilanciare un grande movimento delle donne il piu' possibile organizzato, inaugurare un processo di tessitura, metterci insieme valorizzando cio' che le donne sanno fare meglio, partire da nodi concreti (es.: nesso tra corpo, maternita', rappresentazione delle donne).

Cosi' si riuscira' a relazionarci, a costruire delle specificita' nei vari territori e collegarci per stare insieme. E sconfiggere tutto quello che ci ha messe le une contro le altre.

Importante l'incontro delle donne fisicamente coi loro pensieri rendera' possibile costruire reti territoriali, proprio sulle affinita' per rendere possibile una circolarita' d'informazione tra le reti territoriali e il comitato nazionale e poi dialogare anche coi partiti e le istituzioni".

N. b.: Le richieste delle donne, le loro domande, solo sulla scena pubblica diventano politiche.

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Valorizzazione delle differenze  e trasversalita'

La portavoce del "Punto G" di Genova non vuole appiattire la differenza per cui si e' lottato tanto (tra cui destra e sinistra). "Sono fiera di fronte alla trasversalita' ma puo' essere anche pericolosa. Non perche' i diritti non siano condivisibili ma perche' queste differenze sono rilevanti sia sul piano sociale che politico. Poi credo che sia importante dire che non e' sufficiente avere una vagina per essere elette".

Anche Lidia Menapace invita, dopo aver riconosciuta che la democrazia e' trasversale, ad attraversare criticamente la trasversalita'. E io vi invito a leggere il suo intervento. Altre, come Pia Locatelli di Torino, sostengono decise che per essere efficaci dobbiamo essere unite e strategiche, che dobbiamo includere le donne di destra nella chiarezza perche' penso che condividano con noi la separazione tra pubblico e privato, lavoro di produzione e riproduzione ecc.

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Tento un riassunto delle due giornate perche' si fa lunga: gli interventi sono ruotati prevalentemente attorno ai temi della politica e del potere, e di questo mi rallegro molto, di rappresentanza politica e di dialogo tra dentro e fuori i partiti e le istituzioni se n'e' parlato soprattutto negli ultimi interventi che ho annotato e che trascrivo in un sccessivo resoconto. E poi attorno ai temi della precarieta', del lavoro, della conoscenza, della cultura, della ricerca. Delle discriminazioni. Di pubblicita' sessista. E poi di inclusione, di superamento delle differenze non per annullarle ma per farne fonte di migliore radicamento nel territorio e quindi avere piu' forza nell'unita' nazionale per il raggiungimento degli obiettivi comuni.

C'e' una forte domanda partecipativa e l'esigenza di un tavolo strutturato tra esperienze di governo e del movimento, come si e' inaugurato a Milano. Le proposte sono tante e determinate a sviluppare strategie orientate a concretizzarsi.

Le donne non vogliono essere costrette a scegliere tra maternita' e lavoro.

Si e' parlato molto del Welfare italiano che da' per scontato il compito delle donne di supplire ai tagli sui servizi sociali, gratis perche' fa parte del lavoro di riproduzione e sottopagato quando diventa l'unica possibilita' di sussistenza per le migranti, che, tra le donne, sono le piu' discriminate.

Si e' discusso di linguaggio, dello slittamento del senso delle parole anzi del loro stupro che hanno potenziato la perdita di dignita' per cui bisogna ripartire anche dalle parole e dalla conoscenza. "Oltre ad essere critiche possiamo essere trasformative", raccomanda  la filosofa di Verona Olivia, "I nostri esperimenti non saranno solo critici ma creativi. Il nesso sapere-potere e' cruciale per un agire politico: dobbiamo agire sulle parole stuprate. Soprattutto noi che lavoriamo dentro le istituzioni, dentro l'universita'".

E le tecnologie? Per Giorgia e la sua amica "grazie al web le voci si incrociano, esso e' uno strumento politico. Grazie anche a Facebook il personale, soprattutto per i giovani, e' gia' politico".

Si e' parlato anche di  violenza e la richiesta agli insegnanti di impegnarsi ad informare i giovani che la sessualita' non e' violenza (dopo le ripetute pratiche di  violenza di alcune bande giovanili).

Non ho registrato conflitti intergenerazionali ma il desiderio di uno scambio di saperi ed esperienze.

Si e' piu' volte ricordato quanto sia stato sempre vitale, benche' oscurato dai media, il pensiero e la pratica delle donne, un fiume che non ha mai smesso di scorrere anche in superficie. Ed e' a questo che si devono le conquiste e i diritti ottenuti dalle donne e che gia' esistono leggi a loro sostegno, anche se disattese dalle amministrazioni. Si sottolinea questo affinche' le nuove generazioni non partano sempre da zero.

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Elenco le proposte che ho annotato:

a) cambiamento della legge elettorale - da Oristano ci ricordano che abbiamo gia' due strumenti per far si' che l'Italia sia democratica e costituzionale: a) la scheda referendaria e b) il voto. Siamo pronte a marzo a votare una donna? Dopo 60 anni di partitocrazia siamo arrivati alla s/partitocrazia. Bisogna cambiare e solo una donna puo' fare questo.

Per il Comitato del Friuli il primo obiettivo e' "modificare la legge elettorale, poi bisogna affrontare il dibattito sulle quote rosa, il congedo parentale, la difesa della Costituzione ecc. L'autonomia delle donne e' il frutto delle donne che ci hanno preceduto, dobbiamo mantenere storia e memoria".

Molte, tra cui una ricercatrice economica di Messina, buttano li' quattro proposte concrete:

b) assegno di maternita' per tutte le donne madri o non madri,

c) tirare fuori il tesoretto di 4 miliardi accumulato con l'innalzamento delle pensioni delle donne,

d) norme contro le dimissioni in bianco,

e) congedo di paternita' per gli uomini.

A Serena  Sorrentino, Cgil, piace che "dal nesso cittadinanza-dignita'-lavoro si sia passati al nesso corpo-maternita'-lavoro. E' giunta l'ora anche del passaggio d'attenzione dalla conciliazione alla condivisione di casa e lavoro".

Bene, sono contenta che sia stato detto chiaramente. Una condivisione di responsabilita' porterebbe benefici a donne e uomini, ad esempio le prime misurerebbero nuovi spazi di liberta' e creativita', i secondi sarebbero alleggeriti dall'angoscia di dovere portare i soldi a casa, di identificarsi col lavoro, la cui mancanza ha spinto alcuni a gesti estremi. Per arrivare a questa condivisione pero' credo sia necessario un gran lavoro di definizione della maternita', vissuta come "pulsione naturale" estensibile a tutte le attivita' di cura, sia dagli uomini che dalle donne, per cui i primi ne giustificano il rapporto di subordinazione in casa ma anche sul lavoro fuori, il cui stipendio e' di serie b, e trovano ancora "naturale", come e' successo nella fabbrica di Inzago, di licenziare loro per fronteggiare la crisi. Credo che sia questa "pulsione naturale" che disorienta le donne, e, nonostante prese di coscienza avanzata, difendono le qualita' femminili dell'accoglienza, della cura anche quando sono sfruttate e mortificate (che non e' certo naturale). Faticano a collocarsi, con la maternita', nel conflitto tra natura e cultura. Ogni volta che sento parlare di desiderio ormai non mi interrogo piu' sulla sua radice, sento solo l'importanza della sua forza vitale come una chiamata, che mi va di scambiarla, regolamentandola, nel flusso delle mie relazioni sociali (perche' e' qui che e' cresciuto), in base ai valori in cui credo, e accettandone i rischi. Non ho le idee chiare sulla maternita', ma ne ho ora accennato perche' sento in giro molte donne, soprattutto giovani, desiderose di "cercare" le donne, se stesse, in mezzo a tutta la varieta' di modelli di cui sono bombardate.

f) leggi contro la pubblicita' sessista - sono molto arrabbiate le donne e le "Donne in Quota" di Milano insieme a "Abcd" e Cgil l'hanno gia' proposta. E fare operazioni di contrasto alla rappresentazione delle donne, oltre al

g) boicottaggio di prodotti che sfruttano questo immaginario, anche

h) l'istituzione di una "Banca delle Competenze";

i) lotta per il 50 e 50 - per Simona Lembi, presidente del Consiglio Comunale di Bologna, ci vogliono strumenti per costruire ponti con le donne delle istituzioni e alcuni ci sono gia' ma sono datati e vanno ripensati. Basta votarli senza passare per iter burocratici. All'inizio si danno liste ai Sindaci per le nomine dentro i poteri veri: Consigli di amministrazione, Fondazioni ecc.

Poi fare una Banca, una

l) rete di Amministratrici per il Benessere (raccolta dati di buone esperienze delle amministratrici locali), che difendano la citta' contro le logiche dei tagli lineari ai servizi pubblici. Ma anche

m) boicottaggio, come stanno facendo le operaie della Omsa contro il marchio della Omsa e della Golden Lady.

Una proposta che suona come una parola d'ordine e'

n) "nessuna paura del potere e conquistare i centri decisionali", magari con le

o) quote rosse invece che rosa, per acquistare piu' autorevolezza e

p) "progettare una diversa storia culturale nel nostro Paese" ma anche

q) guerra agli stereotipi che ci imprigionano in gabbie costruite dagli uomini per rappresentare i loro modelli preferiti travestiti di "naturalita'" e riassumibili  in quello materno ed erotico.

*

Gli interventi si sono susseguiti non stop, alternati da video bellissimi. Ad esempio il racconto di una giovane cui era stato consigliato di non far riconoscere dal padre il figlioletto per non perdere il posto all'asilo. Un'attrice precaria e una ricercatrice precaria di Taranto mettono in scena la realta' delle giovani nel mondo del lavoro. "E' venuto il tempo che il mondo prenda a prestito gli occhi delle donne per cambiare il suo sguardo".

Pia Covre e altre che professano la prostituzione difendono dignita e diritti sul lavoro e chiedono solidarieta' perche' sono attaccate in quanto donne.

Non mancano Concia e Lazzaro con le loro denunce contro l'omofobia sempre dilagante.

Per ultima cito, perche' troppo divertente, l'Associazione di "Donne che si sono stese sui libri e non sui letti dei potenti", che non si  sentono rappresentate da nessuna parte.

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Concludo. Per me il contributo e' stato superiore alle mie aspettative. Certo non si potevano fare a Siena lezioni su questo modo di produzione capitalistico dissennato, che chiede alle donne di sacrificare diritti e conquiste nei tempi bui. Anche il conflitto, pur prezioso, perche' aiuta ad individuare cio' che ci accomuna, gli obiettivi comuni oltre le visioni differenti, era in subordine ma ritengo che un movimento come questo, con tante donne che hanno per la prima volta scoperto l'importanza e la felicita' di essere dentro uno spazio pubblico, dentro una collettivita', ormai politica, che esprime i desideri di ognuna, abbia gia' espresso qualcosa di straordinario.

*

Per approfondire ho redatto un piu' ampio resoconto di vari interventi [disponibile nel sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) - ndr].

 

5. RIFLESSIONE. ANGELA GIUFFRIDA: LA PROTESI

[Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida.43 at libero.it) per questo intervento.

Angela Giuffrida e' docente di filosofia ed acuta saggista. Opere di Angela Giuffrida: Il corpo pensa, Prospettiva edizioni, Roma 2002; La razionalita' femminile unico antidoto alla guerra, Editore Bonaccorso, Verona 2011]

 

Il dibattito sul blog di Lorella Zanardo attorno all'incontro senese di "Se non ora quando" evidenzia la necessita' che le donne ritrovino quel comune denominatore che ha consentito loro di assicurare alla specie la sopravvivenza e la sua peculiare evoluzione. Solo cosi' il conflitto, inevitabile nei rapporti umani, puo' trasformarsi da animosa litigiosita' e chiusura escludente in confronto aperto, capace di promuovere la crescita individuale e collettiva.

A tale denominatore conduce la significativa affermazione di Audre Lorde "non si puo' smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone", piu' volte citata. L'attrezzo per eccellenza di cui il maschio umano si serve per vivere da "padrone", reificando non solo il genere femminile, ma anche l'altro uomo e tutti i viventi, e' il suo punto di vista sul mondo, contrabbandato per l'unico possibile e magnificato come la quintessenza della razionalita'. Poiche', come asserisce Albert Einstein, "i problemi non possono essere risolti al medesimo livello di pensiero che li ha creati", l'attrezzo da sostituire non puo' che essere il pensiero unico che governa - in malo modo e abusivamente - l'intero pianeta.

Purtroppo millenni di cattivita' hanno prodotto un restringimento forzato della visione del mondo femminile. Oramai ognuna di noi possiede una specie di protesi che riduce drasticamente l'apertura della nostra mente e ci porta ad utilizzare meccanismi di pensiero a noi estranei. Non c'e' dubbio, infatti, che i rapporti tra donne ripetono spesso la frammentazione, la conflittualita', la chiusura, la proiezione sull'altra della propria parte rifiutata, tipiche del mondo maschile. Pur non determinando i medesimi stati parossistici che appiattiscono la vita pubblica e privata degli uomini sullo schema semplicistico amico-nemico, scaturigine permanente di guerra, gli aspetti prima menzionati impediscono alle donne di riconoscere cio' che le accomuna al di la' delle differenze, cioe' stare intere nel mondo usando tutti i sensi per conoscerlo nella sua interezza e ricchezza.

La differenza femminile consiste proprio nell'ampiezza dello sguardo che conferisce alla mente larghezza e plasticita' tali da ospitare un reale complesso, intimamente coeso e in divenire. Il problema nasce con l'imposizione alle donne delle categorie maschili, parziali e riduttive, che producono una deformazione della realta', rendendola illeggibile, quindi ingestibile. Siccome la conoscenza e' la caratteristica fondamentale del vivente perche' gli permette di mantenersi in vita, confrontarsi con la realta' qual e', non con una sua fantastica interpretazione, e' un imperativo categorico.

Le donne, pero', continuano a considerare valida la razionalita' maschile, nonostante la sua palese insensatezza e inadeguatezza, pretendendo di far scaturire la realta' dalla finzione. Si battono strenuamente, infatti, per assicurare la soddisfazione delle loro reali esigenze a viventi singoli e concreti che non esistono nel sistema di pensiero dominante. Anzi, avendo interiorizzato il concetto maschile di organismo, diffidano anche loro della biologia, divenuta una parola impronunciabile. Il fatto e' che, malgrado la cancellazione simbolica, noi continuiamo ad essere organismi che proprio al fatto di essere viventi e senzienti devono la capacita' di pensare ed agire. L'ignoranza di cio' che realmente siamo e' all'origine delle scelte distruttive che stanno mettendo in serio pericolo la nostra permanenza sulla terra.

Possiamo uscire da questa tragica situazione abbandonando completamente la strada intrapresa dagli uomini. Non si tratta, infatti, di aiutali nell'impresa disperata di modificare il reale per farlo rientrare nel collo di bottiglia di categorie mentali inadatte a contenerlo. Viceversa si possono e si devono modificare, allargandole, le categorie di riferimento. L'organismo, ad esempio, non e' la rigida carcassa che gli uomini credono sia, ne' la biologia e' il destino, come Freud pensava, perche' gli organismi sono in continuo stato di formazione, trasformazione e rinnovamento. L'assetto concettuale puo' rispecchiare benissimo tale plasticita', ricchezza, mutevolezza, a condizione che l'esperienza sia in grado di nutrire in modo adeguato la mente.

Gli uomini hanno costruito le loro societa' scartando proprio le esperienze vitali, per questo si sono defilati per la tangente dell'ideale-generale-astratto, approdando in un mondo nebuloso dove non c'e' posto per la vita, basti pensare che le spese militari fagocitano la maggior parte delle risorse a livello planetario. Il nostro compito principale e', percio', rimettere al centro il vivente e riassegnare alle attivita' di cura e di sostegno il valore cognitivo ed etico che di fatto hanno. Solo comunita' che si organizzano per custodire la vita, non per inseguire il potere, possono difatti sperare di promuovere in tutti i membri lo sviluppo intelligente dell'affettivita' e quindi l'evoluzione razionale della mente.

Ostacolano la realizzazione del superiore compito la lamentata rivalita', l'invidia - che non e' "la peste delle donne", come e' stata definita, ma il tratto costitutivo della psiche maschile - e la molesta attribuzione all'altra donna di intenzioni che non le appartengono. Pero' la consapevolezza del fatto che questi ed altri aspetti negativi derivano dall'acquisizione di modalita' cognitive limitanti, dovrebbe portare al loro graduale abbandono e al recupero di quell'ampia visione nella quale ciascuna/o trova posto. A mio parere l'intelligente pratica femminista di partire da se' dovrebbe ora essere rivolta al superamento dei meccanismi mentali maschili, rintracciandoli nei propri pensieri e nelle proprie azioni prima ancora che all'esterno.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 396 del 25 luglio 2011

 

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