Nonviolenza. Femminile plurale. 327



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 327 del 19 aprile 2011

 

In questo numero:

1. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento

2. Gisella Bassanini: Lina Bo Bardi

3. Gisella Bassanini: Eileen Gray

4. Gisella Bassanini: Charlotte Perriand

5. Marzia Rosti: Esther Ballestrino

6. Marzia Rosti: Maria Ponce

7. Marzia Rosti: Azucena Villaflor

8. Liliana Moro presenta "La donna segreta. Storia di Metilde Viscontini Dembowski" di Marta Boneschi

 

1. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Giova ripetere le cose che e' giusto fare.

Tra le cose sicuramente ragionevoli e buone che una persona onesta che paga le tasse in Italia puo' fare, c'e' la scelta di destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.

"Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". Cosi' recita la "carta programmatica" del movimento fondato da Aldo Capitini.

Sostenere il Movimento Nonviolento e' un modo semplice e chiaro, esplicito e netto, per opporsi alla guerra e al razzismo, per opporsi alle stragi e alle persecuzioni.

Per destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' sufficiente apporre la propria firma nell'apposito spazio del modulo per la dichiarazione dei redditi e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione: 93100500235.

Per contattare il Movimento Nonviolento, per saperne di piu' e contribuire ad esso anche in altri modi (ad esempio aderendovi): via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

2. PROFILI. GISELLA BASSANINI: LINA BO BARDI

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Gisella Bassanini "e' architetta e dottore di ricerca in Tecnologia dell'Architettura e dell'Ambiente. Insegna Metodi partecipati della progettazione architettonica al Politecnico di Milano, sede di Piacenza. Nella sua attivita' di progettista e di ricercatrice per conto di istituzioni pubbliche e private osserva e interpreta la citta' e le sue trasformazioni privilegiando un approccio partecipativo e un'ottica spaziotemporale e di genere. Esperta di storia dell'abitare femminile da piu' di venti anni e' impegnata nella valorizzazione del contributo delle donne all'architettura e alla pianificazione urbana e territoriale. Tra le sue pubblicazioni: Tracce silenziose dell'abitare. La donna e la casa, Franco Angeli, 1990 e Per amore della citta'. Donne, partecipazione, progetto, Franco Angeli, 2008. Vive a Milano con sua figlia Matilde"]

 

Lina Bo Bardi (Roma 1914 - San Paolo 1992).

E' senza dubbio una delle figure piu' significative e rivoluzionarie dell'architettura del Novecento. La sua opera concentra un crescente interesse, anche in Italia, paese che poco conosce e valorizza l'opera svolta dalle donne nell'architettura, e generalmente nel mondo del progetto.

Dopo la laurea in architettura conseguita a Roma nel 1939, si trasferisce a Milano dove inizia la sua collaborazione professionale con Carlo Pagani e con lo studio di Gio' Ponti. Contemporaneamente inizia un'intensa attivita' editoriale. Tra i periodici con i quali collabora si ricordano: "Tempo", "Stile", "Grazia", "L'Illustrazione Italiana". Nel 1944 con Carlo Pagani e' vicedirettore della rivista "Domus". L'anno successivo i due fondano e dirigono "Quaderni di Domus" e, con il sostegno di Bruno Zevi, creano la rivista "A - Cultura delle vita" per diffondere anche fra un pubblico piu' vasto un modo di abitare "razionale".

Partecipa alla Resistenza ed e' tra i fondatori nel 1945 del Movimento Studi Architettura (Msa). Nel 1946, insieme con il marito Pietro Maria Bardi, invitato a dirigere il Museo d'Arte di San Paolo, si trasferisce in Brasile, luogo che sceglie come propria terra - diventera' infatti cittadina brasiliana. Bo Bardi e' convinta che la funzione dell'architetto debba prima di tutto essere quella di conoscere il sistema di vita della gente nelle proprie case e, quindi, di risolvere attraverso la tecnologia le difficolta' che complicano la vita di migliaia di persone.

"Per un architetto, la cosa piu' importante - scrive infatti - non e' costruire bene, ma sapere come vive la maggior parte della gente. L'architetto e' un maestro di vita, nel senso modesto di impadronirsi del modo di cucinare i fagioli, di come fare il fornello, di essere obbligato a vedere come funziona il gabinetto, come fare il bagno. Ha il sogno poetico, che e' bello, di un'architettura che dia un senso di liberta'".

Architettura, design, scenografia, museografia, cinema, attivita' editoriale e didattica, sono i settori in cui opera. Bo Bardi e' un personaggio difficile da collocare per la quantita' di temi che affronta e soprattutto per l'intensita' del suo stile di lavoro. Progettista dallo spirito combattivo e irrequieto, e' costantemente animata da un impeto di sperimentazione nel quale impegno politico e sociale ed attivita' professionale sono inscindibili. Il suo ruolo nello sviluppo della cultura brasiliana e' fondamentale.

Nel 1950 fonda e dirige con il marito la rivista "Habitat" e l'anno successivo costruisce a San Paolo la sua prima opera: la Casa de Vidro, sua residenza ed ora sede della fondazione a lei dedicata. Fonda e progetta diversi musei, fra i quali il Masp, Museo d'Arte di San Paolo (1957-68), il piu' importante museo dell'America Latina che si affaccia sull'Avenida Paulista. La sua azione e' sempre indirizzata a favore della creazione di una cultura brasiliana autentica, in grado di valorizzare le proprie radici. A tale proposito si possono ricordare anche i suoi studi sull'artigianato, nonche' le esposizioni e la creazione del museo di Arte Popolare di Bahia (1959-63), e piu' tardi della Casa del Benin a Bahia (1987). Meno nota e' la sua consistente attivita' nel campo del restauro, attivita' che offre un'interessante chiave di lettura complessiva della sua opera dove il tema della "memoria" si affianca a quello del "moderno", dove il "passato" e' sostituito dalla categoria del "presente storico".

Si dedica interamente al lavoro (non avra' figli) e predilige il progetto di edifici pubblici, tra i molti va ricordato il progetto di recupero della fabbrica della Pompeia a San Paolo (1977-1986) trasformata in un centro sociale: la "Sesc - Fabbrica da Pompeia" e' un luogo ancora oggi molto frequentato e apprezzato per le numerose attivita' sociali, culturali e sportive che vi si svolgono nonche' un'opera di straordinaria forza espressiva in cui architettura povera ed evento diventano ingredienti di un metissage cosmopolita.

Tra il 1986 e il 1989 si stabilisce a Salvador de Bahia dove viene incaricata di redigere il piano di recupero del centro storico. Nel 1990 inizia il progetto per la nuova sede del Municipio di San Paolo che terminera' due anni dopo. Nel 1991, un anno prima della sua morte, partecipa alla selezione indetta per la progettazione del padiglione del Brasile per l'Esposizione Universale di Siviglia del 1992 con il progetto della "Grande Cassa". Si tratta di un solido puro sollevato da terra, completamente chiuso, con aria condizionata e illuminazione artificiale, attrezzato per esposizioni e convivialita', con bar, auditorium, teatro e show multimediali. Una cassa-monumento completamente rivestita di marmo bianco Neve Brasil significativamente intitolata: "Memoriale per l'Uomo del Sempre Nuovo Mondo".

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Carvalho Ferraz Marcelo (a cura di), Lina Bo Bardi, Milano, Charta 1994; Laura Miotto e Savina Nicolini, Lina Bo Bardi. Aprirsi all'accadimento, Torino, Testo&Immagine, 1998; Laura Miotto e Savini Nicolini, Lina Bo Bardi (1914-1992), in G. Bassanini e R. Gotti (a cura di), Le architettrici, "Parametro", rivista internazionale di architettura e urbanistica, numero monografico 257 maggio-giugno 2005 pp. 48-51; Antonella Gallo (a cura di), Lina Bo Bardi architetto, Venezia, Marsilio 2004; Mostra allo Iuav di Venezia: nel sito www.iuav.it ; Voce biografica (in inglese): nel sito www.institutobardi.com.br ; Voce biografica (in italiano): nel sito scienzaa2voci,unibo.it; Lina Bo Bardi e la musica in un articolo di Roberto Steneri: nel sito musibrasil.net

 

3. PROFILI. GISELLA BASSANINI: EILEEN GRAY

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Eileen Gray (Enniscorthy (Irlanda) 1878 - Parigi 1976).

Francia, novembre 1972. Gli oggetti e i mobili appartenenti al couturier e collezionista parigino Jacques Doucet vengono messi all'asta. Il paravento in lacca dal profetico nome Le Destin, realizzato da Eileen Gray nel 1914, all'inizio della sua carriera, viene acquistato per una cifra talmente alta da fare scalpore. I giornali del periodo parlano con entusiasmo di lei. Scrivono del suo raffinato talento, della sua audacia di creatrice "rivoluzionaria". Raccontano episodi legati alla sua ostinata curiosita', al suo carattere riservato. Evidenziano le tappe della sua eclettica formazione che affonda le radici nella pittura e nelle arti decorative di fine Ottocento per giungere dopo un intenso percorso nel cuore dell'architettura moderna. Il fermento generato attorno alla sua persona non sembra pero' interessarla. Preferisce starsene nella sua casa-studio di Parigi circondata da pochi amici e impegnata nel lavoro che e' per lei una vera passione, nonostante le enormi limitazioni alla vista e all'abilita' manuale dovute all'eta'.

Artista, artigiana della lacca, designer, architetta, Gray rappresenta con la sua vita e le sue opere un vero e proprio cammino nel Novecento.

Nasce il 9 agosto del 1878 a Enniscorthy, contea di Wexford, sud-est dell'Irlanda, da una famiglia aristocratica. Frequenta la classe di disegno presso la Slade School di Londra, una scuola collegata all'Universita' di Londra, luogo conclusivo di formazione concesso alle donne delle classi piu' agiate. Nel 1902 si trasferisce a Parigi con il desiderio di iniziare una vita piu' libera e indipendente. Nella capitale francese si iscrive prima all'Ecole Colarossi e poi all'Academie Julian. Dopo un periodo di apprendistato a Londra nel laboratorio di D. Charles, maestro nell'arte della lacca, nel 1907 ritorna definitivamente a Parigi dove apre un atelier in cui si realizzano opere in lacca, in societa' con il giovane artigiano giapponese Sugawara, giunto nella capitale francese per restaurare i pezzi laccati inviati dal Giappone in occasione dell'Esposizione Universale del 1900. L'arrivo della prima guerra mondiale interrompe provvisoriamente la sua carriera. Si arruola come volontaria con il compito di guidare l'autoambulanza che altro non e' che la sua automobile.

Nell'arco della sua lunga vita (morira' a 98 anni) Gray intreccia la propria sensibilita' di donna e di artista con le vicende e i protagonisti piu' importanti della storia dell'architettura e del design moderni. Nel 1929 e' tra i fondatori dell'Uam (Union des Artistes Modernes), ammirata da Le Corbusier, amica degli olandesi J.J.P. Oud e Jan Wils che tra i primi riconoscono il suo talento, apprezzata da Walter Gropius e da Pierre Chareau.

Nel 1929 conclude in Costa Azzurra la Maison en bord de mer (1926-29), una casa per vacanze affacciata sul mare, poco distante dal centro abitato di Roquebrune Cap-Martin, tra Mentone e Nizza, e progettata con la collaborazione di Jean Badovici, architetto e critico rumeno nonche' direttore della rivista "Architecture Vivante", a cui e' anche legata sentimentalmente.

Nel 1931 si separa da Badovici al quale lascia questa casa che e' anche conosciuta come E.1027 (una sigla che riprende le lettere iniziali del proprio nome e di quelle dell'uomo amato). Tra il 1932 e il 1934 realizza una seconda casa, questa volta per se', e come d'abitudine le attribuisce un nome: Tempe a' Pailla (tempo della mietitura, tempo della raccolta), per riprendere un detto locale che grosso modo recita: "con il tempo e con la paglia i fichi maturano". Si tratta di un piccolo edificio circondato da ulivi e vigneti, inserito nel paesaggio che dalle Alpi Marittime arriva al mare, sulla strada tra Castellar e Mentone, sempre nel sud della Francia. Agli inizi degli anni Cinquanta questa casa verra' acquistata dal pittore inglese Graham Sutherland.

Tra il 1936 e il 1950, individuando nelle questioni del tempo libero, della cultura di massa e della mobilita' una grande occasione per l'architettura, lavora ad alcuni progetti di architettura a carattere sociale (centri vacanze, centri sociali e culturali) purtroppo mai realizzati.

Contemporaneamente si dedica allo studio di "maison minimum", abitazioni prefabbricate per due, tre e quattro abitanti. Dei suoi progetti rimane molto poco a causa di un bombardamento che nel 1944 coinvolge il suo piccolo appartamento a Saint-Tropez, e che distrugge quasi interamente il suo archivio.

Eileen Gray, muore nel 1976 a Parigi nella sua casa-studio al 21 di rue de Bonaparte, attorniata dai suoi amici e da sua nipote, unica erede. Il suo modo di progettare, la ricerca incessante di un'elegante semplicita', il piacere di giocare anche con le cose piu' piccole e apparentemente insignificanti, il senso dell'ironia, la sua passione per l'architettura hanno ancora molto da dire.

L'attenzione ai dettagli, che puo' apparire quasi un'ossessione, e' uno degli aspetti piu' interessanti del suo modo di progettare. Gesti, movimenti, cose, spazi, materiali, tecniche, forme: ai suoi occhi tutto diventa un mondo da esplorare, conoscere, trasformare creativamente convinta che, come lei stessa ha avuto modo di scrivere nel 1929, "un lavoro acquisisce valore solo attraverso l'amore che riesce a manifestare".

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Eileen Gray e Jean Badovici, E.1027. Maison en bord de mer, in "Architecture Vivante", edition Albert Morance', Parigi, 1929 (in questo numero sono raccolti lo scritto De l'ecletisme au doute e la relazione descrittiva del progetto); Peter Adam, Eileen Gray, architect/designer, New York, Harry N. Abrams Inc. 1987; Caroline Constant, Eileen Gray, London, Phaidon 2000; Gisella Bassanini, Dialogo con Eileen Gray: la grammatica della soggettivita', tesi di dottorato, Politecnico di Milano, 1995; Gisella Bassanini, Eileen Gray. Tempe e' Pailla: una casa tutta per se', Castellar, Francia, in Per amore della citta'. Donne, partecipazione, progetto, Milano, Franco Angeli 2008, pp. 96-106; Philippe Garner, Eileen Gray. Designer and Architect. 1878-1976, Koln, Benedikt Taschen Verlag GmbH 1993; Stefan Hecker e Christian F. Muller, Eileen Gray, Barcelona, Editorial Gustavo Gili 1993; cfr. anche il sito del Museo del Design di Londra: designmuseum.org; un video su Eileen Grey e' su YouTube.

 

4. PROFILI. GISELLA BASSANINI: CHARLOTTE PERRIAND

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Charlotte Perriand (Parigi 1903 - 1999).

Il nome di Charlotte Perriand e' in genere collegato a quello di Le Corbusier, e la sua opera circoscritta alla produzione di mobili e oggetti. In realta' la sua attivita' e' molto piu' complessa a articolata e va ben oltre il periodo di collaborazione (1927-37) con il famoso atelier parigino di Le Corbusier e Pierre Jeanneret, con i quali firma alcuni tra i piu' prestigiosi oggetti di equipement degli anni Venti, (alcuni ancora prodotti da Cassina). Nel 1927, con una cartella di disegni sotto il braccio fa il suo ingresso nel prestigioso atelier dei due, al 35 di rue de Sevres. Le Corbusier si avvicina alla giovane ospite, getta un'occhiata veloce ai suoi disegni e rivolgendosi a lei aggiunge sarcastico: "Qui non si ricamano cuscini...". Cosi' lei stessa racconta il suo incontro con "Le Corbu'" con il quale, malgrado le diffidenze iniziali, iniziera' a collaborare con il ruolo di studentessa in architettura e responsabile della progettazione d'interni e del disegno di elementi d'arredo.

Negli anni che seguono la sua uscita dal famoso atelier, continua il sodalizio con Pierre Jeanneret e l'architetto giapponese Junzo Sakakura, suo collega nell'atelier, mantenendo viva "l'etica dello studio" (l'interesse per il lavoro di gruppo e per l'integrazione tra architettura e progetto degli spazi interni, in particolare). Tornera' a lavorare con Le Corbusier alla fine degli anni Quaranta per l'Unite' d'Habitation di Marsiglia con l'incarico di elaborare l'attrezzatura interna della "cellula tipo e la cucina-prototipo I".

E' affascinata dalla cultura industriale che progressivamente si sta sviluppando in Francia, come nel resto dell'Occidente, e dall'influenza che questa puo' avere sui modi di abitare e di progettare: i nuovi materiali (acciaio, alluminio, vetro), le forme e i prodotti messi al servizio del miglioramento della vita quotidiana con risultati del tutto inaspettati. Nel 1929, come la sua collega Eileen Gray, e' tra i fondatori dell'Uam (Union des Artistes Modernes), e nel 1933 si trova a bordo della Patris II, in navigazione tra Atene e Marsiglia, per il IV Congresso del Ciam (Congres Internationaux d'Architecture Moderne).

Nel corso della sua lunga e intensa vita professionale lavora con Fernand Leger. E' amica di Calder e Miro'. Apre uno studio di progettazione a Parigi con J. Prouve', P. Jeanneret e G. Blanchon. Collabora con Junzo Sakakura, Lucio Costa, M. Elisa Costa, Oscar Niemeyer, Burle Marx. Partecipa da protagonista al movimento di rinnovamento dell'architettura e della cultura, e si inserisce nel dibattito che, in particolare negli anni Venti e Trenta, coinvolge il progetto degli spazi abitativi.

Tra il 1940 e il 1942 risiede in Giappone invitata dal Ministero del Commercio e dell'Industria con il compito - iniziato nel 1933 dall'architetto Bruno Taut - di definire nuovi orientamenti e strategie da dare alla produzione industriale nipponica. In questo periodo visita universita', fabbriche, laboratori e botteghe artigianali. Durante il suo soggiorno, che dura circa due anni, segue il programma stabilito dal Ministero che prevede la visita di universita', fabbriche, laboratori artigianali, scuole d'arte, al fine di approfondire le tecniche e i materiali tradizionali (bambu', legno, lacca, ceramica, ferro) e di conoscere il livello della produzione artigianale selezionando i migliori prodotti da destinare all'esportazione. Nel mese di marzo del 1941 organizza presso i grandi magazzini Takashimaya di Tokio l'esposizione "Tradition, selection, creation" (riproposta l'anno successivo a Osaka) con l'obiettivo di far conoscere al grande pubblico la tradizione artigianale del Paese. Con alcuni artigiani realizza una serie di elementi d'arredo e oggetti d'uso utilizzando i materiali locali. Riproduce in bambu' i mobili in acciaio e pelle realizzati negli anni precedenti da lei, Le Corbusier e Pierre Jeanneret o da altri colleghi come Alvar Aalto. Cessato il contratto con il governo giapponese, e nell'impossibilita' di rientrare in Europa a causa della guerra, si dedica allo studio dell'architettura e cultura giapponese. Nel 1942 con Junzo Sakakura scrive il libro Contatto con il Giappone, nel quale vengono illustrati i temi che caratterizzano la tradizione giapponese e i risultati raggiunti delle diverse esposizioni realizzate.

Nel 1946 ritorna a Parigi e riprende la sua attivita' professionale mantenendo sempre stretto il legame con l'Oriente. Piu' volte vi fa ritorno, creando occasioni di incontro e di scambio, scrivendo, traducendo una parte dello spirito giapponese nel proprio modo di progettare e di interpretare le cose del mondo. Le sue riflessioni evidenziano l'interesse per tutti quegli aspetti considerati "moderni" che caratterizzano le abitazioni tradizionali e affascinano lei come molti altri suoi colleghi. Cinquanta anni piu' tardi, nel 1993, si ripresenta per lei un'altra importante occasione di confronto con la cultura orientale. Si tratta di realizzare una "Casa del Te'" all'interno del Festival culturale del Giappone organizzato a Parigi dall'Unesco. Intento di questa manifestazione, curata da Hiroshi Teshigahara, e' di sviluppare il dialogo tra culture al fine di creare un luogo universale di scambio, dimensione questa - evidenziano gli organizzatori - piu' che mai necessaria oggi. Un invito a celebrare il rito dell'ospitalita', il piacere della creativita', la ricchezza del dialogo multiculturale. Perriand interpreta in chiave contemporanea la tradizionale Casa del Te' giapponese. Il piccolo edificio che realizza ha una pianta circolare ed e' composto da una struttura costituita da diciotto bambu' freschi che convergono al centro, sovrastati da una vela (mylar) in uso nella nautica, leggera ma resistente. In parte andata distrutta da una grande nevicata nel 1996 questa piccola ma significativa opera rappresenta una sorta di preghiera: "uno spazio per meditare e sognare una nuova eta' dell'oro, tanto attesa, tanto sperata...", come la stessa Perrinad annota.

Tra le sue numerose opere di design e di architettura si ricorda anche la stazione di sport invernali Les Arcs in alta Savoia (1967-1982) realizzata da un gruppo di progettazione (responsabile l'architetto Roger Godino) composto da architetti, ingegneri e urbanisti di cui Perriand e' la coordinatrice. Questo progetto, che prevede edifici a 1600, 1800 e 2000 metri d'altitudine, intende offrire in tempi brevi e a costi accettabili strutture adeguate per il tempo libero e lo sport di massa. Un omaggio ben riuscito ad un'altra sua passione: la montagna. Responsabile dell'archivio di Charlotte Perriand a Parigi e' oggi Pernette Perriand che per piu' di venti anni ha fatto da assistente alla madre.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Charlotte Perriand, Un art de vivre, Paris, Flammarion 1985; Charlotte Perriand, Io, Charlotte tra Le Corbusier, Leger e Jeanneret (trad. it. Editori Laterza, 2006); Gisella Bassanini, L'arte di costruire, l'arte di abitare. Il progetto domestico nell'opera di Charlotte Perriand, Ricerca post-dottorato, Politecnico di Milano, 1998; Gisella Bassanini, Charlotte Perriand (1903-1999), in G. Bassanini e R. Gotti (a cura di), Le architettrici, in "Parametro" (rivista internazionale di architettura e urbanistica), numero monografico 257, maggio-giugno 2005, pp. 30-35; Charlotte Benton, Charlotte Perriand, Modernist Pioneer, Catalogo della mostra, Design Museum, London, 1996; Mary McLeod (a cura di), Charlotte Perriand. An Art of Living, Harry N. Abrams Inc., New York, 2003; Michele Porcu e Attilio Stocchi (a cura di), Charlotte Perriand, testi di Charlotte Perriand, Rodrigo Rodriquez, Gisella Bassanini, Marco Ferreri, Enrico Morteo, tratto dalla conferenza di C. Perriand tenuta alla Triennale di Milano, 19.11.98, Oltremano 03, collana della Triennale di Milano, distribuzione Edizioni Charta, Milano, 2000; cfr. anche il sito del Museo del Design di Londra: designmuseum.org

 

5. PROFILI. MARZIA ROSTI: ESTHER BALLESTRINO

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Marzia Rosti "e' dottore di ricerca in Sociologia del diritto, ricercatrice in Storia e Istituzioni delle Americhe presso l'Universita' degli Studi di Milano, dove insegna Culture ispanofone. Le sue ricerche vertono sulle trasformazioni degli ordinamenti giuridici latinoamericani nella prospettiva della tutela dei diritti umani e dei diritti indigeni. Fra le sue pubblicazioni: Il diritto per la memoria dei desaparecidos argentini, in "Teoria politica", n. 1, 2007; L'Italia e i desaparecidos argentini d'origine italiana, in Pasado y Presente: Algo mas sobre los italianos en la Argentina, in M.C.V. de Flachs y L. Gallinari (comp.), Baez Ediciones, Cordoba, 2008 e anche su www.24marzo.it"

Sulle Madri di Plaza de Mayo cfr. anche i testi ne "La nonviolenza e' in cammino" n. 327, 948, 1238; e nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 87, 379-380]

 

Esther Ballestrino de Careaga (Uruguay 1918 - Argentina 1977).

Esther Ballestrino crebbe e studio' in Paraguay, ove la sua famiglia si era trasferita, conseguendo il diploma di maestra e, poi, la laurea in Biochimica e Farmacia presso l'Universita' di Asuncion.

Sostenne il Partito Revolucionario Febrerista d'ispirazione socialista e fu tra le promotrici, nel 1946, della Union Democratica de Mujeres (Udm), che si sciolse gia' nel 1947 per dare origine al Movimento Feminino Febrerista de Emancipacion (Mffe), nel 1949.

Perseguitata durante la dittatura di Morinigio (1940-1948), si rifugio' in Argentina, dove si sposo' con Raymundo Careaga ed ebbe tre figlie: Esther, Mabel e Ana Maria. Stabilitasi a Buenos Aires, prosegui' la professione di biochimica, partecipando a importanti ricerche e pubblicazioni scientifiche.

Dopo il golpe del 24 marzo 1976 che instauro' la dittatura militare, chiese e ottenne la condizione di rifugiata dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr/Acnur), ma cio' non impedi' che la sua abitazione venisse piu' volte perquisita e che alcuni suoi familiari venissero arrestati.

Il 13 settembre 1976 fu sequestrato il genero Manuel Carlos Cuevas, marito della figlia Mabel, e, il 13 giugno 1977, venne arrestata la figlia Ana Maria di soli 16 anni e incinta di tre mesi, che fu torturata nel centro clandestino di detenzione Club Atletico e liberata solo in ottobre.

Esther partecipo' alle prime riunioni delle Madres de Plaza de Mayo, collaboro' con i Familiares de Detenidos y Desparecidos por Razones Politicas e con la Liga Argentina por los Derechos del Hombre. Infine, aderi' alle riunioni organizzate da un gruppo di giovani militanti della Vanguardia Comunista nella chiesa di Santa Cruz, nel quartiere di San Cristobal a Buenos Aires.

La ricordano come una donna colta e intelligente, molto politicizzata, con un'elevata capacita' espositiva e sempre disposta a collaborare per la stesura di documenti, petizioni e lettere. Quando la figlia Ana Maria fu liberata, Esther decise di rifugiarsi con le tre figlie, dapprima in Brasile e poi in Svezia, per rientrare poco dopo in Argentina per proseguire la propria attivita' con le Madres de Plaza de Mayo che, invece, le consigliavano di restare in Svezia.

La sua decisione di continuare a militare nelle Madres la distingue dalla maggior parte dei familiari di persone scomparse che, invece, una volta ritrovato il proprio parente erano soliti allontanarsi dall'organizzazione. Fra Esther e le madri si era creato invece un legame molto forte se, come ebbe a dire, "voy a seguir hasta que aparezcan todos, porque' todos los desaparecidos son mis hijos".

Venne arrestata fra l'8 e il 9 dicembre 1977 all'uscita della chiesa di Santa Cruz insieme alla madre Maria Ponce, al termine di una riunione per raccogliere fondi per la pubblicazione sul quotidiano "La Nacion" della lettera che chiedeva conto alle istituzioni delle persone scomparse. Il suo arresto rientrava nell'operazione di sequestri guidata dal capitano Alfredo Astiz, svoltisi fra l'8 e il 10 dicembre 1977, e che coinvolse una decina di persone legate alle Madres de Plaza de Mayo e, il 10 dicembre, anche Azucena Villaflor, proprio mentre andava ad acquistare il quotidiano.

Secondo alcune testimonianze, Esther trascorse insieme ad Azucena e Maria qualche giorno nel settore Capucha dell'Esma (Escuela Mecanica de la Armada), il piu' efferato centro di detenzione situato proprio nel cuore di Buenos Aires, per venire poi eliminata con un volo della morte.

Nel 2005 i suoi resti sono stati identificati insieme a quelli delle altre due madri in una fossa comune del cimitero General Lavalle, ove erano stati sepolti come N.N., dopo essere stati ritrovati fra il 1977 e il 1978 sulle spiagge di Santa Teresita e di Mar de Tuyu, a sud di Buenos Aires.

Il 24 luglio 2005 e' stata sepolta nel giardino della Chiesa Santa Cruz, insieme a Maria Ponce.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Disappearance of Mother Group's 'Supporters': latest developments, in The National Security Archive, US Declassified Documents: Argentine Junta Security Forces Killed, Disappeared Activists, Mothers and Nuns, December, 20, 1977, in www.gwu.edu ; List of Mothers Group Members who Disappeared on December 8 and 10 [1977], in The National Security Archive, US Declassified Documents: Argentine Junta Security Forces Killed, Disappeared Activists, Mothers and Nuns, January 1978, in www.gwu.edu ; En emotiva ceremonia, sepultan a dos fundadoras de Madres de Plaza de Mayo, "La Jornada", Unam, 25.07.2005; U. Gorini, La rebelion de las Madres. Historia de las Madres de Plaza de Mayo (1976-1983), Buenos Aires, 2006; D. Padoan, Le pazze. Un incontro con le madri di Plaza de Mayo, Bompiani 2005; Misa en la Santa Cruz, "Pagina 12", 9.12.2005; Por primera vez hallan cuerpos de los vuelos de la muerte, "Rio Negro", 9.07.2005.

 

6. PROFILI. MARZIA ROSTI: MARIA PONCE

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Maria Eugenia Ponce de Bianco (Tucuman 1924 - Argentina 1977).

Maria Ponce nacque nel 1924 a Tucuman e fu senza dubbio una donna molto emancipata per la societa' argentina dell'epoca: leggeva molto, benche' avesse frequentato solo i primi cinque anni di scuola, fumava, indossava i pantaloni ed era lei ad occuparsi del negozio di materassi di famiglia.

In un primo tempo milito' nel Partido Comunista Argentino (Pca), dal quale si discosto' dopo qualche anno non condividendone piu' la linea politica, poiche' non si era opposto al golpe del 24 marzo 1976, che aveva instaurato la dittatura, ne' denunciava le violazioni dei diritti umani da parte del regime. Aderi' dunque all'Ejercito Revolucionario del Pueblo (Erp), il movimento guerrigliero piu' attivo in quegli anni nel paese, fondato da Roberto Santucho nel 1970.

La scomparsa della terzogenita Alicia la indusse a chiudere l'attivita' di famiglia, per potersi meglio dedicare alla sua ricerca: raccolse infatti l'esortazione di Azucena Villaflor e fu tra le prime donne a riunirsi in Plaza de Mayo il 30 aprile 1977, dando origine al movimento delle Madres de Plaza de Mayo.

La sua militanza nelle organizzazioni dell'opposizione, la sua elevata politicizzazione e la partecipazione alle riunioni organizzate da un gruppo di giovani della Vanguardia Comunista nella chiesa di Santa Cruz, nel quartiere di San Cristobal a Buenos Aires, non restarono indifferenti al regime militare, che decise di arrestarla fra l'8 e il 9 dicembre 1977 all'uscita della chiesa di Santa Cruz insieme all'altra madre Esther Ballestrino, al termine di una riunione per raccogliere fondi per la pubblicazione sul quotidiano "La Nacion" di una richiesta alle istituzioni di informazioni sulle persone scomparse.

L'arresto di Maria era parte di una piu' ampia operazione di sequestri guidata dal capitano Alfredo Astiz, svoltisi fra l'8 e il 10 dicembre 1977, che coinvolse una decina di persone legate alle Madres de Plaza de Mayo e, il 10 dicembre, anche Azucena Villaflor, proprio mentre andava ad acquistare il quotidiano sul quale era stato pubblicato l'appello alle istituzioni, intitolato "Por una Navidad en Paz solo pedimos Verdad", che elencava fra i nomi delle persone scomparse anche quello di Maria.

Secondo alcune testimonianze, Maria trascorse insieme alle altre donne sequestrate qualche giorno nel settore Capucha dell'Esma (Escuela Mecanica de la Armada), il piu' efferato centro di detenzione situato proprio nel cuore di Buenos Aires, per venire poi eliminata con un volo della morte.

Nel 2005 i suoi resti sono stati identificati insieme a quelli delle altre due madri in una fossa comune del cimitero General Lavalle, ove erano stati sepolti come N.N., dopo essere stati ritrovati fra il 1977 e il 1978 sulle spiagge di Santa Teresita e di Mar de Tuyu, localita' balneari a sud di Buenos Aires.

Il 24 luglio 2005 e' stata sepolta nel giardino della Chiesa Santa Cruz, insieme a Esther Ballestrino.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: Disappearance of Mother Group's 'Supporters': latest developments, in The National Security Archive, US Declassified Documents: Argentine Junta Security Forces Killed, Disappeared Activists, Mothers and Nuns, December, 20, 1977, in www.gwu.edu ; List of Mothers Group Members who Disappeared on December 8 and 10 [1977], in The National Security Archive, US Declassified Documents: Argentine Junta Security Forces Killed, Disappeared Activists, Mothers and Nuns, January 1978, in www.gwu.edu ; En emotiva ceremonia, sepultan a dos fundadoras de Madres de Plaza de Mayo, "La Jornada", Unam, 25.07.2005; U. Gorini, La rebelion de las Madres. Historia de las Madres de Plaza de Mayo (1976-1983), Buenos Aires, 2006; D. Padoan, Le pazze. Un incontro con le madri di Plaza de Mayo, Bompiani 2005; Misa en la Santa Cruz, "Pagina 12", 9.12.2005; Por primera vez hallan cuerpos de los vuelos de la muerte, "Rio Negro", 9.07.2005.

 

7. PROFILI. MARZIA ROSTI: AZUCENA VILLAFLOR

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it]

 

Azucena Villaflor (vellaneda 1924 - Gran Buenos Aires 1977).

Azucena Villaflor nacque in una famiglia della classe operaia da Emma Nitz, di soli 15 anni, e da Florentino Villaflor, che ne aveva 21 e lavorava in un lanificio. Terminata la scuola primaria a 16 anni, inizio' a lavorare come centralinista presso la metalmeccanica Siam, ove conobbe Pedro De Vincenti, delegato della Union Obrera Metalurgica, con il quale si sposo' nel 1949 e dal quale ebbe quattro figli: Pedro, Nestor, Adrian e Cecilia. Alcuni membri della sua famiglia aderirono apertamente al peronismo: lo zio Anibal Villaflor partecipa alla marcia del 17 ottobre 1945 - la protesta spontanea che i lavoratori argentini fecero in Plaza de Mayo per reclamare la liberazione di Peron - e contribuisce alla creazione del Comite' de Unidad Sindical della Provincia di Buenos Aires; alcuni suoi cugini (Rolando, Raimundo e Jose' Osvaldo) militano nella Confederacion General del Trabajo e aderiscono al Peronismo de Base e alle Fuerzas Armadas Peronistas e, infine, il figlio Nestor milita nella Juventud Peronista.

Fu la sparizione del figlio Nestor insieme alla fidanzata Raquel, il 30 novembre 1976, ad accostare Azucena alle donne (all'epoca madri, sorelle, cognate e suocere) che, a pochi mesi dall'inizio della dittatura instauratasi il 24 marzo 1976, si rivolgevano alle istituzioni in cerca di notizie sui propri parenti scomparsi. A lei si riconduce la famosa esortazione che, nel 1977, dopo mesi di infruttuose ricerche e un inutile incontro con monsignor Grasselli (segretario del vicario militare Tortolo), rivolse ad alcune donne mentre si trovava nell'anticamera della parrocchia Stella Maris di Buenos Aires. Facendosi interprete del loro disagio la ricordano in piedi, in mezzo alla sala, che con voce alta, decisa, con la borsa che batteva sulla gamba, Azucena esclamava: "Madres, asi' no conseguimos nada. Nos mienten en todas partes, nos cierran todas las puertas. Tenemos que salir de este laberinto infernal que nos lleva a recorrer inutilmente despachos oficiales, cuarteles, iglesias y juzgados. Tenemos que ir directamente a la Plaza de Mayo y quedarnos alli' hasta que nos den una respuesta. Tenemos que llegar a ser cien, docientas, mil madres, hasta que nos vean, hasta que todos se enteren y el propio Videla se vea obligado a recibirnos y darnos una respuesta". La sua proposta fu raccolta da alcune madri che infatti il 30 aprile 1977 si radunarono in Plaza de Mayo, dinanzi alla Casa Rosada, sede del governo, dando origine alle Madres de Plaza de Mayo, la prima organizzazione femminile impegnata nella lotta per i diritti delle vittime della dittatura, il cui simbolo e' appunto il luogo in cui da allora, ogni giovedi' pomeriggio, le donne si riuniscono; le loro invenzioni simboliche sono ormai famose in tutto il mondo: il fazzoletto bianco sul capo, le foto dei parenti scomparsi, le silhouette disegnate sull'asfalto e la marcia circolare.

Anche Azucena fu sequestrata dai militari il 10 dicembre 1977, Giornata Internazionale per i Diritti Umani, mentre andava verso la Avenida Mitre per acquistare il quotidiano "La Nacion" sul quale, insieme alle altre madri, era riuscita a far pubblicare un appello alle istituzioni intitolato "Por una Navidad en Paz solo pedimos Verdad", che elencava i nomi delle persone scomparse di cui si chiedevano notizie. Qualche giorno prima erano state sequestrate altre due madri - Maria Eugenia Ponce de Bianco e Esther Ballestrino de Careaga - le quali, per la militanza in organizzazioni dell'opposizione, erano state individuate insieme ad Azucena come fondatrici o comunque ispiratrici della protesta e, dunque, soggetti da eliminare sia per spaventare le altre donne e indurle a non riunirsi piu', sia per spezzare quel legame con i guerriglieri Montoneros sospettato dai militari, per i quali era impossibile che un gruppetto di madri disperate potesse sfidarli, mentre era piu' probabile che fossero collegate con i sovversivi e che le loro riunioni fossero in realta' cospirazioni. Secondo alcune testimonianze, Azucena insieme alle altre sequestrate trascorse qualche giorno nel settore Capucha dell'Esma (Escuela Mecanica de la Armada), il piu' efferato centro di detenzione situato proprio nel cuore di Buenos Aires, per venire poi eliminata con un volo della morte.

Nel 2005 i suoi resti sono stati identificati insieme a quelli delle altre due madri in una fossa comune del cimitero General Lavalle, ove erano stati sepolti come N.N., dopo essere stati ritrovati fra il 1977 e il 1978 sulle spiagge di Santa Teresita e di San Bernardo, localita' balneari a sud di Buenos Aires. Per volonta' dei figli sopravvissuti, l'8 dicembre 2005, al termine della XXV marcia della Resistencia, le sue ceneri sono state poste ai piedi della piramide al centro di Plaza de Mayo, con una targa che recita: "Creadora de las Madres, detenida y desaparecida buscando a su hijo Nestor y a los treinta mil secuestrados. Fue mantendida en cautiverio en la Esma y arrojada viva al mar. Juicio y castigo a los culpables". Dal 2003 e' stato istituito il premio Azucena Villaflor de Vincenti, che viene conferito a coloro che si sono distinti nella difesa dei diritti umani e della democrazia.

Ad Azucena segui' nella "guida" delle madri Hebe de Bonafini, eletta presidentessa nel 1979 e ancora oggi alla testa dell'associazione. Dal nucleo originario, nel 1978, nacquero le Abuelas de Plaza de Mayo, oggi presiedute da Estela Carlotto, e, nel 1986, le Madres de Plaza de Mayo - Linea Fundadora, guidate da Marta Ocampo.

Fonti, risorse bibliografiche, siti: E. Arrosagaray, Biografia de Azucena Villaflor. Creadora del Movimiento Madres de Plaza de Mayo, Buenos Aires, 2006; E. Arrosagaray, Los Villaflor de Avellaneda, Buenos Aires, 1993; J. P. Bousquet, Las locas de Plaza de Mayo, Buenos Aires, 1983; U. Gorini, La rebelion de las Madres. Historia de las Madres de Plaza de Mayo (1976-1983), Buenos Aires, 2006; sito ufficiale dell'Asociacion Madres de Plaza de Mayo: www.madres.org.ar ; sito ufficiale delle Madres de Plaza de Mayo - Linea Fundadora: www.madresfundadoras.org.ar ; sito ufficiale delle Abuelas de Plaza de Mayo: www.abuelas.org.ar

 

8. LIBRI. LILIANA MORO PRESENTA "LA DONNA SEGRETA. STORIA DI METILDE VISCONTINI DEMBOWSKI" DI MARTA BONESCHI

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano riprendiamo la seguente recensione.

Liliana Moro, storica e saggista, docente di italiano e storia, fa parte della Societa' Italiana delle Storiche e collabora con la Libera Universita' delle Donne come docente. Si occupa di storia dell'istruzione e di storia della scienza e collabora con la rivista "Il paese delle donne". E' una delle webmaster del sito dell'Universita' delle donne, e cura in particolare le rubriche Storia, Guerra, Pensiamoci e l'Agenda. Opere di Liliana Moro: AA. VV., Profumi di donne, Cuen, 1997; con Sara Sesti, Donne di scienza. 55 biografie dall'antichita' al duemila, Pristem - Universita' Bocconi, seconda edizione 2002, ora nella nuova edizione ampliata Scienziate nel tempo. 65 biografie, Edizioni Lud, Milano 2008.

Marta Boneschi (Milano, 1946) e' giornalista e saggista. Tra le opere di Marta Boneschi: Santa pazienza. La storia delle donne italiane dal dopoguerra ad oggi (1999); Senso. I costumi sessuali degli italiani dal 1880 a oggi (2000); Di testa loro. Dieci italiane che hanno fatto il Novecento (2003); Quel che il cuore sapeva (2004)]

 

Marta Boneschi, La donna segreta. Storia di Metilde Viscontini Dembowski, Marsilio, 2010, pp. 237, euro 18.

*

Donne nel Risorgimento: ci sono o non ci sono?

Il dibattito che si e' sviluppato attorno alla scadenza dei 150 anni, pone questioni da sempre aperte nella storia delle donne. A tutta prima si osserva la palese assenza di figure femminili di rilievo in un evento o in un fenomeno, come il Risorgimento appunto, di cui si sa fin dai banchi di scuola che e' stato fatto da Garibaldi, Cavour, Mazzini, il re Vittorio Emanuele. Tutti uomini. Naturalmente.

Poi accade che qualcuno, o piuttosto qualcuna, faccia delle ricerche, studi i documenti e si scoprono dei nomi di donna, dei personaggi femminili ben attivi in quegli eventi. Non si tratta solo delle cuoche che hanno cucinato la cena a condottieri e cospiratori, o delle sarte che hanno cucito divise e bandiere, ma emergono le dame della diplomazia, personaggi di primo piano come Cristina Trivulzio Belgiojoso, Eleonora Fonseca Pimentel, Giorgina Saffi.

O come Metilde Viscontini Dembowski (1790 - 1825), esemplare nella sua collocazione centrale e nascosta ad un tempo. Milanese, amica di Foscolo, musa di Stendhal, che per lei scrisse "Dell'amore", fu al centro dei primi moti insurrezionali nel 1821 e attiva nel gruppo che diede vita al "Conciliatore".

Personaggio di rilievo, dunque, ma praticamente ignorata dalla storia fino alla riscoperta ad opera di Marta Boneschi, che giustamente la definisce "donna segreta". L'interessante e' che nel suo caso il silenzio fa parte di una strategia di vita (o forse piuttosto di sopravvivenza?) attuata dalla stessa Metilde Viscontini.

La giovane milanese ebbe la ventura di contrarre un matrimonio particolarmente infelice: a 17 anni ando' sposa a un ufficiale polacco di belle speranze, stanziatosi a Milano con l'armata di Napoleone. Sposo scelto dalla famiglia, com'era normale all'epoca, ma sulla base di una scelta oculata perche' la sua era una famiglia della buona borghesia, culturalmente aperta, serena, normalmente preoccupata del benessere e della felicita' dei figli. Ma il generale Dembowski si rivelo' troppo violento e rude con la moglie. O forse Metilde non era disposta a sopportare cio' che molte donne, anche ricche e nobili, sopportavano. Riusci' a separarsi legalmente (il codice napoleonico aveva introdotto anche in Italia il divorzio) e a mantenere la cura del figlio minore (il maggiore fini' invece in collegio). Un risultato ottenuto contando quasi esclusivamente sulle proprie forze, sull'accortezza e capacita' diplomatica di cui Metilde diede prova, pur attraversando nella sua vita profondi cambiamenti politici e culturali. Milano passo' in quegli anni da provincia serena dell'impero austroungarico, al regno napoleonico per poi tornare sotto gli Asburgo, vivendo la stagione dell'importante illuminismo lombardo, poi del romanticismo e del risorgimento.

"Era cresciuta nel culto della liberta', negli anni del vortice napoleonico in Lombardia, ed era una donna al momento dell'esplosione della moda romantica a Milano".

C'e' quindi uno stretto legame tra le scelte personali di indipendenza da un marito sbagliato e quelle politiche di indipendenza da un governo oppressivo e deprimente per la cultura e le idee: la contessa Dembowski le compi' entrambe.

L'interessante e' che l'autonomia di questa donna e' un'autonomia anche affettiva, nel senso che non si colloca nel solco delle numerose nobildonne che, per reazione a un'insulsa relazione matrimoniale, accettano la corte di uno o piu' amanti. Una situazione ben nota a Ugo Foscolo, appunto, che fece anche a Metilde una corte piuttosto stringente finche' non si rese conto di aver a che fare con una personalita' forte e determinata. Non che la Viscontini fosse un tipo insensibile e arido, tutt'altro, ma era preoccupata soprattutto della sua causa di separazione e non poteva permettersi scandali. Semplice e insieme stupefacente: "A dispetto di quanti sostengono che una donna sola, senza un marito, non e' niente, da quando e' libera Metilde sente finalmente di non essere piu' un oggetto, uno strumento per scopi che non condivide", scrive Boneschi con evidente empatia. Cosi' Metilde puo' serenamente rimanere impassibile alla devozione che il giovane Henri Beyle, in arte Stendhal, le dimostra in ogni modo.

Invece si occupa di politica e nel suo salotto di piazza Belgioioso si trova il fior fiore della gioventu' liberale milanese: Teresa Casati e il marito Federico Confalonieri, L'abate Ludovico di Breme, il conte Giuseppe Pecchio, Bianca Milesi, sua cugina, Camilla Besana Fe', l'avvocato Giuseppe Vismara.

"... Di aspetto fragile e di modi dolcissimi, rivela presto un carattere fermo, convinzioni profonde e una mente agile. Ad affascinare e' piu' di tutto la sua intelligenza duttile, plasmata da un'educazione aperta, dall'abitudine alle relazioni familiari e sociali, dal gusto sobrio e raffinato, che le consentono di dialogare con filosofi, granduchesse e avventurieri".

Una fermezza di carattere che le consente anche di reggere gli interrogatori della polizia austriaca successivi al fallimento del tentativo insurrezionale del 1821, uscendone indenne e senza danneggiare nessuno dei suoi amici, ampiamente compromessi.

La segretezza, dunque, come stile di vita e come espressione di idee chiare e ponderate che si traducono in azioni silenziose e incisive. Un modo d'essere comune a molte donne. Dati i tempi di Metilde una necessita', ma come paiono stranamente attuali quei tempi.

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 327 del 19 aprile 2011

 

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