Nonviolenza. Femminile plurale. 299



 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 299 del 18 marzo 2011

 

In questo numero:

1. Giulia Stok intervista Luisa Muraro

2. Luisa Muraro: Un canto nella notte

3. Luisa Muraro: Margherita Porete

4. Luisa Muraro: Mandare in prigione un prete non e' la risposta

5. Luisa Muraro: Senza maschere

6. Luisa Muraro: Il liberismo ci incattivisce

7. Luisa Muraro: Di una verita' che viene al mondo

8. Luisa Muraro: La responsabilita' delle donne

9. Luisa Muraro: Loro sono veri

10. Una bibliografia di Luisa Muraro

 

1. RIFLESSIONE. GIULIA STOK INTERVISTA LUISA MURARO

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo la seguente intervista originariamente apparsa sul supplemento "TuttoLibri" del quotidiano "La Stampa" il 6 marzo 2010 col titolo "Diario di lettura. Luisa Muraro. La filosofa delle donne. 'Teresina, nostra santa femminista'".

Giulia Stok e' redattrice di "Giudizio universale", collabora con "La Stampa" e "I Viaggi di Repubblica", dirige il mensile locale "Nuova Voce".

Luisa Muraro, una delle piu' influenti pensatrici femministe, ha insegnato all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel 1997". Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo la seguente breve notizia biobibliografica aggiornata "Luisa Muraro, profonda conoscitrice del femminismo delle origini, e' tra le fondatrici della Libreria delle Donne di Milano (1975) e nel 1984 della Comunita' filosofica Diotima. Ha lavorato al concetto della differenza, favorendone la divulgazione e contribuendo a renderlo imprescindibile anche nel dibattito politico e filosofico italiano. Autrice di molte monografie, ha pubblicato numerosi saggi e articoli, ospitati in riviste accademiche, ma anche in quotidiani e riviste indirizzate al grande pubblico. Tra le sue pubblicazioni: La signora del gioco. Episodi della caccia alle streghe, Milano, Feltrinelli, 1976; Maglia o uncinetto. Racconto linguistico-politico sulla inimicizia tra metafora e metonimia, Milano, Feltrinelli, 1981; L'ordine simbolico della madre, Roma, Editori Riuniti, 1991; Lingua materna, scienza divina. Scritti sulla filosofia mistica di Margherita Porete, Napoli, D'Auria, 1995; Le amiche di Dio, Napoli, D'Auria, 2001; Il Dio delle donne, Milano, Mondadori, 2003; Guglielma e Maifreda, Milano, La Tartaruga, 1985, 2003; Al mercato della felicita'. La forza irrinunciabile del desiderio, Milano, Mondadori, 2009; Hipatia de Alejandria, Sabina Editorial, 2010"]

 

Nell'accogliente casa milanese di Luisa Muraro, sulla Darsena, gli ultimi libri arrivati sono divisi secondo il sesso degli autori. "E' un modo come un altro per orientarsi - dice lei - e piuttosto immediato per chi, come me, e' lettrice lenta e amante delle riletture, e non segue passo passo l'attualita'". Filosofa cresciuta con Gustavo Bontadini, scrittrice, traduttrice, figura importante del femminismo italiano, la Muraro e' stata tra le fondatrici della Libreria delle Donne e della Comunita' filosofica Diotima. E con l'8 marzo va d'accordo da poco. "E' una ricorrenza che ho sempre snobbato, ma mi ci sono riconciliata qualche anno fa, rendendomi conto che molte donne, di varia condizione, ne facevano un uso buono, riempiendo i locali pubblici in modo allegro e festoso. Ora mi capita di partecipare anche ad alcune iniziative organizzate per l'occasione, facendo attenzione, pero', a scegliere solo quelle veramente sentite".

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- Giulia Stok: Come si e' avvicinata al femminismo?

- Luisa Muraro: Negli Anni Sessanta, quando arrivarono le prime ondate dagli Stati Uniti, ancora prima che iniziasse il movimento italiano, ho iniziato a leggere Sexual Politics di Kate Millet e Betty Friedan, La mistica della femminilita'. Poi da noi sono iniziati i gruppi di autocoscienza: il trionfo dell'oralita', un'esperienza molto intensa, cui non rendono giustizia le spente trascrizioni. Quindi con la maggioranza delle donne gli scambi restavano orali. Solo il rapporto con Carla Lonzi e' stato sempre mediato dalla scrittura: non l'ho mai conosciuta, ma ho molto apprezzato i suoi librini verdi, come Sputiamo su Hegel. Poi, dal 1975 ho scoperto Luce Irigaray, con Speculum e Questo sesso che non e' un sesso, che e' diventata il mio punto di riferimento per il pensiero della differenza. Insieme agli scritti politici di Virginia Woolf, Le tre ghinee e poi Una stanza tutta per se', che leggo e rileggo.

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- Giulia Stok: E Simone de Beauvoir?

- Luisa Muraro: Con Simone de Beauvoir non c'e' stato feeling: nel suo Secondo sesso, che pure parla in modo intelligente della storia delle donne, non ho trovato cenni alle streghe, e mi e' sembrata una grave mancanza. E poi era compagna di scuola di Simone Weil, di cui sono grande appassionata, ma non si sono mai incontrate. Non sono una pensatrice critica: non ho tutte le mediazioni della critica letteraria dotta, e quelle letture che si devono fare per essere informati per lo piu' le evito. Non mi sono mai avvicinata, ad esempio, a Dacia Maraini, ne' a Oriana Fallaci. Ne', piu' di recente, alla Lipperini. Del resto a suo tempo non mi aveva convinto Dalla parte delle bambine di Elena Gianini Belotti: non mi e' piaciuto quel modo di censurare il modo materno di festeggiare una figlia femmina.

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- Giulia Stok: Oltre all'incontro con Luce Irigaray, nel 1975 apri' anche la Libreria delle donne.

- Luisa Muraro: Si', e fu un'iniziativa rivoluzionaria. Adesso si fatica a comprenderne la portata, ma a quei tempi vendere solo libri scritti da donne aveva un gran significato, poiche' persino le donne colte avevano poca familiarita' con la letteratura femminile. Si avevano pregiudizi verso le scrittrici: io stessa ad esempio pensavo che Jane Austen scrivesse per dare consigli di comportamento alle ragazze, e l'avevo sempre evitata. Dopo anni passati ad occuparmi solo di saggi, l'ho scoperta allora, insieme a Ivy Compton-Burnett e a Elsa Morante. Il femminismo e' uno sfondamento di ordine intellettuale, oltre che simbolico e sociale: quando la differenza femminile interviene, cambia il paesaggio circostante. E' il processo simbolico di un movimento interiore, e la lettura si presta benissimo a questi viaggi, e' come e meglio delle droghe.

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- Giulia Stok: A proposito di moti interiori, lei si e' occupata a lungo di misticismo.

- Luisa Muraro: Si', per anni ho seguito la letteratura mistica. Da Guglielma e Maifreda, su cui poi ho anche scritto, fino a Clarice Lispector, La passione secondo G. H. Un'altra mia passione e' Margherita Porete, che avrei anche voluto tradurre in una versione laica, piu' completa di quella uscita per San Paolo. Sicuramente Simone Weil l'aveva letta, senza sapere chi fosse. Tornando ai nostri tempi, sono significativi gli scritti autobiografici di Therese di Lisieux, nata Martin, conosciuta dai cattolici come Teresina del Bambin Gesu'. Lei viveva la religione in una dimensione sciamanica, aveva l'idea di poter riversare dei benefici sull'umanita' andando nell'aldila'. Ma si capisce che alla fine della sua vita perde la fede, e arriva a teorizzare che l'ateismo non e' un'aberrazione, ma il frutto del nostro tempo: l'uomo moderno non puo' piu', antropologicamente, credere nell'immortalita' dell'anima. Anche Therese e' una donna di frontiera.

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- Giulia Stok: In questa idea di viaggio e di frontiera, come si colloca la poesia?

- Luisa Muraro: La poesia e' insieme riposo e fatica. Quelle di Amelia Rosselli sono come un viaggio per la mente in luoghi difficili che ti cambiano e ti purificano, strappandoti ai vizi e alle cattive abitudini. Quelle di Emily Dickinson le uso per esprimere i miei pensieri, e faccio le mie personali traduzioni. E' un parlare allegorico il suo, per comprenderlo e' necessario un salto in un altro mondo.

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- Giulia Stok: E gli scrittori uomini? Ce n'e' qualcuno che ha amato?

- Luisa Muraro: A un certo punto della mia giovinezza sono arrivata a leggere Moravia, La noia, ma era cosi' brutto che per un periodo ho smesso di leggere narrativa. Ci sono alcune eccezioni, tra cui Gadda e Italo Svevo. Tra i miei prediletti c'e' anche Luigi Meneghello, che viene dalle mie stesse parti. E Giacomo Leopardi, che per me e' soprattutto il pensatore e il filosofo dello Zibaldone, non tanto il poeta. E poi il Manzoni dei Promessi sposi e della Colonna infame, che consiglio agli studenti e racconto ai nipotini.

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- Giulia Stok: Sta lavorando a qualche libro?

- Luisa Muraro: No, e non ne ho nessuna intenzione. Al momento pero' il tema che mi interessa e' il rapporto tra potere e politica: sembra che ormai siano considerati la stessa cosa, ma non e' cosi'. La politica e' al contrario sfuggire ai meccanismi del potere, per reinventare la condizione e la convivenza umana, con liberta' e giustizia.

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- Giulia Stok: Parlando di politica, di fronte ai recenti scandali pensa che il femminismo abbia fallito?

- Luisa Muraro: Che c'entra il femminismo? Semmai, ne esce confermato nella sua critica della politica e dei partiti, ma anche questa e' una forzatura, le esigenze che avanziamo si pongono su un altro piano rispetto alla storia degli uomini. Oggi ci riconosciamo in una Veronica Lario. Detesto anche il moralismo spicciolo che critica le veline: niente di male a mostrarsi se puo' essere l'inizio di una carriera, purche' non sia l'anticamera della prostituzione. Non fanno fare una bella figura alla tv italiana, ma questo e' un altro discorso. Non bisogna mai giudicare le singole persone che provano a tenersi a galla, piuttosto bisogna prendersela con chi e' in posizione di potere.

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- Giulia Stok: Qualche consiglio di lettura?

- Luisa Muraro: E' difficile senza conoscere chi li riceve. In generale amo darne di trasversali, perche' la gente muova la mente. Oltre a Storia delle colonna infame direi Anna Maria Ortese, che uso anche nella Scuola di scrittura pensante che tengo presso la Libreria delle donne; Gli imperdonabili di Cristina Campo, che e' lettrice di Simone Weil e scrittrice di rara bravura. Per chi e' interessato alla grammatologia come arte scientifica, un bel libro e' Le regole e le scelte di Michele Prandi. A chi vuole riflettere sulla politica propongo il discorso di Roosevelt che ha lanciato il New Deal, un esempio di retorica di ottima qualita'. E a tutti gli uomini consiglio Lettera a D., l'atto di pentimento di Andre' Gorz per non aver detto alla sua compagna quanto fosse preziosa.

 

2. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: UN CANTO NELLA NOTTE

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente sul quotidiano "Metro" del 20 gennaio 2010 col titolo "La speranza a volte e' un canto di notte"]

 

Come l'11 settembre a New York, cosi' la tragedia di Haiti ci avverte che l'umanita' si illude quando crede di aver voltato le spalle al peggio. Piuttosto, impariamo e insegniamo la speranza. Ma come? La speranza non s'insegna con i ragionamenti sul futuro ne' con le belle parole. Impara a sperare nel meglio chi sa vederlo all'opera nel presente, cosi' com'e', a volte terribile, e lo racconta. Lo fece Anna Frank scrivendo il suo Diario, Omero raccontando la guerra di Troia nel poema Iliade, gli evangelisti raccogliendo le testimonianze sulla vicenda di Gesu'... Io ho imparato a sperare ascoltando una tipa di mezza eta', forse povera, con i denti trascurati, che racconto' in televisione (il programma era "Chi l'ha visto?") di aver messo una prolunga dal suo appartamento fino ad un seminterrato dove viveva un immigrato, per dargli l'energia elettrica, che pagava lei. Non ho idea di quante norme comunali violasse quella brava donna con la sua prolunga, ma intanto obbediva ad una piu' importante: ama il prossimo tuo come te stesso. Ascoltarla e vederla, sdentata e tranquilla, ricordo che fu per me una bella spinta fuori dalle mie prudenze.

Avere di questi ricordi e fare di questi racconti, e' come cantare nella notte. Dicono che ad Haiti, in queste terribili notti, si sente cantare. Lo fanno per consolarsi e per tenersi compagnia, naturalmente, ma ancor piu', io credo, per impedire che il cuore si indurisca.

 

3. MEMORIA. LUISA MURARO: MARGHERITA PORETE

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente nel sito "giudiziouniversale.it" il 10 marzo 2010 col titolo "Quando le beghine finivano sul rogo" e il sommario "Nel Medioevo erano chiamate cosi' le donne che non volevano ne' sposarsi ne' chiudersi in monastero, e vivevano libere di muoversi e pensare. Margherita Porete era una di loro, e giusto settecento anni fa venne condannata per eresia: aveva solo scritto che cercare Dio nelle chiese e' da asini"]

 

Quest'anno e' il settimo centenario della morte di Margherita Porete. Era una beghina e mori' sul rogo. Beghina, cosi' come ai nostri giorni femminista, e' uno di quei nomi che gli uomini di potere rendono ridicoli e sospetti perche' sono i nomi di donne indipendenti dal sistema di potere. Non ho niente contro gli uomini ma critico quelli che corrono dietro al potere e le donne che corrono dietro a loro. Beghine si chiamavano nel Medioevo quelle donne che non volevano ne' sposarsi ne' chiudersi in un monastero, e vivevano da sole o in piccoli gruppi, libere di muoversi e di cambiare idea, occupate nel lavoro, nella lettura e nella preghiera.

Esattamente settecento anni fa, nel 1310, a Parigi, Margherita spiro' tra le fiamme, davanti a una grande folla. C'era gente che piangeva, dicono le cronache. Balzac ha immaginato che Dante, ormai in esilio, sarebbe giunto fino a Parigi proprio in quel tempo, fra persone che parlavano ancora della morte di Margherita.

La sua unica colpa fu di avere scritto un libro, Lo specchio delle anime semplici, che venne giudicato eretico e che lei non volle rinnegare. Avrebbe potuto salvarsi. In quel libro aveva messo in parole, dopo averle messe in pratica, le idee piu' avanzate di un vasto movimento spirituale fatto di laici, fra i quali molte donne: il movimento del libero spirito. Erano idee sul filo del rasoio intorno al tema della deificatio, ossia della mutazione dell'essere umano nell'essere divino, tema fra i piu' rischiosi della vita spirituale perche' coinvolge la liberta' come bene assoluto e ha delle ricadute nella vita pratica. Una, principalmente, era fatta per disturbare il potere clericale. Diceva: e' da asini cercare Dio nelle chiese, nei conventi e nelle cerimonie, Dio si nasconde nel fondo del fondo di noi stessi.

La frase "e' da asini" e' testuale. Margherita scrisse in francese, che allora era la lingua del popolo, gli istruiti usavano il latino, e ha un linguaggio che va dalla piu' ispirata dolcezza, come il passo sull'anima che nuota nel mare della gioia, ad una energica concretezza, come le invettive contro il clero che diceva asinerie teologiche.

Lo specchio e' un libro di ricerca che ha ancora delle cose da dire. La filosofa Simone Weil lo conobbe e ne fu colpita. In esso troviamo anticipata una scoperta di Gregory Bateson, quella dell'alternanza gerarchica fra calibrazione e retroazione. In breve, Margherita comprese che a un certo punto si deve cessare di sforzarsi per ottenere risultati migliori, e lasciare che il meglio venga da se'. Espose la sua scoperta nella forma di una canzone di danza per l'anima in festa che, non piu' sottoposta alla pratica delle virtu', canta la sua liberta'.

Consultati dal tribunale dell'Inquisizione, i magistri (professori) della Sorbona non riconobbero la giustezza di questa idea. La ritroviamo infatti nel dispositivo della condanna, insieme ad altre tesi condannate. Il processo, condotto dal grande inquisitore di Francia, si svolse secondo le regole. Cio' nonostante, Margherita non si sottomise alla procedura e rimase in silenzio. Il perche', non lo sappiamo. In silenzio affronto' la condanna e il martirio.

Oggi alcuni teologi dicono che il libro non e' eretico. Ma ci fu chi lo disse gia' allora, autorevolmente, tre teologi uno dei quali illustre: libro difficile ma valido, validissimo. Non furono ascoltati. Peccato! Peccato per lei, per noi, per tutti. Se le idee di quel movimento e il pensiero di Margherita fossero stati accolti, approfonditi e assimilati, la Chiesa cattolica si sarebbe trovata meglio preparata e piu' disposta ad ascoltare le critiche di un Martin Lutero e le esigenze di liberta' avanzanti con la modernita'.

In considerazione di tutto questo e del grande bisogno che abbiamo anche noi di vivere sotto cieli piu' grandi, volendo festeggiare con le donne e gli uomini di "Giudizio universale" l'Otto marzo 2010, io, senza potere ma con l'autorita' che mi date voi, dichiaro aperto l'anno margheritiano dedicato a ricordare la beghina Porete e a ritrovare la sua ispirazione.

 

4. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: MANDARE IN PRIGIONE UN PRETE NON E' LA RISPOSTA

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo (sviluppo di un testo apparso originariamente sul quotidiano "Metro" del 14 aprile 2010) col titolo "Mandare in prigione un prete non e' la risposta"]

 

Nota bene: Questa e' una versione lunga di un mio testo pubblicato su "Metro" di mercoledi' 14 aprile 2010 con il titolo (redazionale) "Una Chiesa a due facce"; ho scritto la versione lunga su invito della redazione del sito della Libreria, per la quale la versione breve non era condivisibile, a meno di esplicitare le mie ragioni. La prima parte e' il testo originale, la seconda sono le mie ragioni. (L.M.)

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I.

C'e' veramente un'ostilita' contro la Chiesa cattolica, in coloro che la attaccano per lo scandalo dei preti pedofili? In parte si', ma bisogna dire che la Chiesa se la attira perche' ha sempre chiesto e continua a chiedere, anzi pretendere, che lo Stato usi le sue leggi per combattere quello che lei Chiesa giudica essere male, una volta lo pretendeva anche per combattere le eresie, ai nostri giorni si tratta del divorzio, dell'aborto, dell'omosessualita', della pillola RU486. Ma quando c'e' da combattere il male che cresce al suo interno, ecco che esclude gelosamente l'intervento dello Stato. Lo scandalo della pedofilia riguarda una minoranza di preti, ma colpisce tutta la Chiesa che li ha tenuti al riparo dalla giustizia penale. Per molti, questo e' lo scandalo piu' grave. Percio' molti, anche fra i cattolici, dicono che l'autorita' ecclesiastica doveva e deve denunciare i colpevoli o i sospetti di pedofilia alla magistratura.

Se chiedessero a me che cosa fare, io direi: c'e' un'altra strada. Ed e' questa, che la Chiesa combatta il male, ovunque si presenti secondo il suo giudizio, facendo ricorso unicamente ai suoi mezzi piu' autentici, che sono quelli usati da Gesu' Cristo. E lasci perdere la giustizia penale, che non c'entra con la missione affidata da Gesu' ai suoi seguaci. Non vuol dire che allora i colpevoli di pedofilia saranno tollerati! La tolleranza verso gli abusi sessuali in passato era molto diffusa perche' tutti, preti e non preti, mettevano al primo posto l'onore della famiglia, della Chiesa, della scuola, ecc. Era la mentalita' patriarcale, adesso il patriarcato e' finito e le cose stanno cambiando in meglio. Donne e bambini non sono piu' categorie inferiori. Consideriamolo l'inizio di un nuovo corso dove la voce dei piu' piccoli (piccoli per eta' o per forza contrattuale) sara' ascoltata. Aiutiamo questo nuovo corso, il resto e' tempo perso.

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II.

Io non mi oppongo alla posizione di chi dice: l'autorita' ecclesiastica doveva, deve denunciare i sospetti o i colpevoli. Penso pero' che vi sia una risposta migliore della denuncia penale, da parte dell'autorita' ecclesiastica, quella che dico nel mio testo. In generale, farsi aiutare dalla giustizia penale di questo mondo per combattere il male costituisce, da parte dei seguaci di Gesu' Cristo, un funesto compromesso che, a conti fatti, ha causato piu' male che bene. (Non tutti la pensano cosi', molti pensano che la Chiesa ha potuto svolgere la sua missione solo perche' si e' alleata con i poteri di questo mondo).

Ma la risposta migliore che io sostengo, sarebbe tale anche nel caso degli abusi sessuali su minori? Di questo si tratta in questo momento. Allora, ragioniamo: in una societa' non barbara la denuncia e la condanna servono a proteggere la societa' e a fare giustizia per il torto patito dalle vittime; la pena si cerca poi che serva a recuperare il delinquente. Tutto questo e' nell'ordine della lotta al male e percio' riguarda anche la Chiesa. Se la Chiesa con le sue forze spirituali e pratiche non e' in grado di proteggere la societa', di dare soddisfazione alle vittime, di mettere il colpevole sulla strada giusta, allora deve farsi aiutare. Da chi? Non necessariamente dalla giustizia penale, io dico. Puo' farsi aiutare dalla scienza, dalla mobilitazione di base, dai suoi tribunali o da quelli dello Stato, ma tutto questo senza perdere di vista i suoi mezzi piu' autentici. Facciamo un confronto di fantasia con la vicenda dell'Innominato nei Promessi sposi. L'uomo era colpevole di orrendi misfatti ma Manzoni pensa chiaramente che basti la sua conversione, nei termini che racconta: sincera e profonda, tesa alla riparazione dei torti, pronta a inginocchiarsi davanti alle vittime, garantita dall'autorita' del Cardinale di Milano.

Purtroppo, in questa storia secolare degli abusi sessuali sui minori, la Chiesa non ha messo in campo le sue forze nel senso giusto, anzi spesso le ha usate per coprire i misfatti e i loro autori, tacitando la voce delle vittime. In altre parole, essa ha seguito una logica di potere, la stessa logica che, in altri casi (lotta alle eresie, problema dell'aborto, ecc.) la spinge ad allearsi con i potenti di questo mondo e a servirsi delle leggi dello Stato. La contraddizione che segnalo all'inizio del mio testo c'e', ma sotto c'e' la coerenza della logica del potere. Io chiedo di lasciarla perdere, lo chiedo a chi dispone di mezzi simbolici che hanno ottenuto e continuano a ottenere grande credito. Sono profondamente convinta che il ricorso alla forza puo' essere talvolta necessario ma c'e' una politica che oltrepassa i rapporti di forza, basata sulla fiducia, sull'alleanza fra le persone oneste, sull'ascolto delle persone senza potere. E questo scandalo sulla pedofilia dei preti e' un'occasione per saperlo.

Infine. Devo dire che trovo parecchio irritanti certi denunciatori dello scandalo che, ignorando bellamente la realta' storica, attaccano la Chiesa cattolica come se la tolleranza degli abusi sessuali fosse una specialita' dei preti. Purtroppo no, e' stato un costume diffuso fino all'altro ieri in tutta la societa', basta avere raggiunto la mia eta' per ricordarlo. Le madri hanno coperto i padri, i padri hanno coperto i parenti e gli amici di famiglia, e cosi' via, in una perversa congiura dell'omerta' che arrivava fino ai professori, ai medici e ai poliziotti. Adesso e' finita perche' e' finito il patriarcato, ne' piu' ne' meno, ed e' finito per merito del femminismo. Le donne, anello debole della catena omertosa, non ci stanno piu' a coprire i misfatti della sessualita' maschile. Non e' mandando in prigione un prete che si risponde alla domanda di dignita' e di amore delle persone piccole: capire questo punto e' intelligenza umana e politica.

 

5. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: SENZA MASCHERE

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente sul quotidiano "Metro" del 13 maggio 2010 col titolo "La diversita' delle donne"]

 

Per quattromila anni abbiamo avuto il patriarcato, che vuol dire che gli uomini si consideravano superiori alle donne in teoria e in pratica. L'ordine pubblico e familiare era fissato da loro ed era in tutto e per tutto favorevole a loro. Il patriarcato ora e' finito, per cui oggi, ad esempio, una ragazza che resta incinta e vuole tenersi la sua creatura, non viene cacciata da casa e la societa' non la disprezza. Altro che scoperta dell'America! Questo si' che e' un avvenimento da scrivere nei libri di storia.

Ma attenzione, la fine del patriarcato non vuol dire che sia finita ogni prepotenza maschile sul sesso femminile. E' cambiato il giudizio, per cui le prepotenze oggi non sono piu' giustificate ne' dalla legge ne' dalla societa'. Ma il comportamento spesso resta quello di una volta. Come mai? E' solo una questione di tempo? Non lo penso. Secondo me, i rapporti fra donne e uomini presentano una speciale difficolta', come si puo' constatare gia' alla scuola materna. La sua natura non e' chiara. Forse, sotto sotto, c'e' una paura maschile del sesso femminile alla quale l'uomo reagisce con la prepotenza, che sarebbe come una maschera. Alla quale le donne reagiscono rimettendosi le loro maschere.

Quello che ci manca oggi non e' l'uguaglianza fra uomini e donne, ma riconoscere la differenza e parlarci apertamente, senza maschere. Questa sarebbe la vera educazione sessuale che la scuola media puo' fare.

 

6. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: IL LIBERISMO CI INCATTIVISCE

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente sul quotidiano "Metro" dell'8 giugno 2010 col titolo "Il liberismo ci incattivisce"]

 

Cinquant'anni fa fu fatto un esperimento di psicologia, ripetuto recentemente con identico risultato: dimostra che delle brave persone come noi, messe in certe circostanze, sono disposte a torturare e perfino a uccidere altre persone come loro, sconosciute e innocenti. Commento unanime: sotto sotto, siamo tutti dei mostri. La dimostrazione e' inconfutabile ma il commento e' terribilmente sbagliato.

Negli esseri umani bene e male si mescolano. Riusciamo a far vincere la parte migliore di noi con l'aiuto della buona volonta' e delle circostanze. Le circostanze sono le condizioni in cui viviamo. Un essere umano non vive in un'isola ma in un crocevia e qui fa le sue scelte.

I due esperimenti sono stati concepiti in modo da rendere quasi ovvia la scelta peggiore. In effetti, la civilta' e la cultura da sole non bastano, perche' le circostanze possono girare male. Da qui viene l'importanza che ha la politica, perche' la politica incide proprio sulle circostanze che condizionano le nostre scelte.

Da qui viene anche il limite del liberismo come sistema economico. Anche in condizioni ideali il liberismo, per sua natura, crea una competizione e una insicurezza che ci ostacolano nel far valere la parte buona che e' in noi. Percio', parlando dell'art. 41 della nostra Costituzione, che pone dei limiti al liberismo in nome del bene comune, eliminiamo pure le applicazioni burocratiche che intralciano l'iniziativa, ma salviamo il suo spirito, che e' giusto, anzi prezioso.

 

7. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: DI UNA VERITA' CHE VIENE AL MONDO

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo del 17 luglio 2010 dal titolo "Lady Gaga"]

 

Da una giovane pop star ormai famosa, Lady Gaga, e destinata a raggiungere Madonna, anche lei di origine italiana e di formazione cattolica, strana coincidenza, io ho ascoltato il detto piu' luminoso e breve di cio' che ha significato il femminismo nella mia vita e non soltanto nella mia. Quel suo detto lo interpreto, anzi, come un lampo di luce sul significato del femminismo della differenza.

La pop star - donna o uomo ma capace di giocare con la sua differenza sessuale - e' un'artista che si inventa un personaggio per un pubblico il piu' vasto possibile. La sua arte, pur radicata nella societa' dello spettacolo, brilla nell'atto in cui vince i conformismi di quella societa' e cosi' offre un specchio libero e ultrasfaccettato all'immaginario di un pubblico che possono essere milioni di persone, diverse l'una dall'altra. Nel dicembre 2009 Lady Gaga ha recitato al cospetto della regina d'Inghilterra vestita e truccata che sembrava una principessa da cartoni animati: l'ombra pop di Lady Diana... Con i mezzi della sua arte, che in pratica sono il successo, piu' una somma di abilita' come cantare, danzare, recitare, piu' una buona dose di inventiva, la pop star porta la cultura popolare diffusa a esprimere se stessa per qualcosa che non si sapeva o che si sapeva confusamente.

Parlando della sua parabola di ragazza non proprio bella, neanche tanto popolare tra i coetanei, e ora ai vertici del successo, Lady Gaga (Stefani Joanne Angelina Germanotta, il nome anagrafico) ha dato questa veramente geniale spiegazione: "Io sono sempre stata famosa, solo che nessuno se ne accorgeva".

Questo non e' un semplice motto di spirito, questa e' l'espressione paradossale di una verita' che viene al mondo. L'ho riconosciuta dopo averla gia' incontrata nel pensiero della differenza, in due diverse versioni: l'incipit del Sottosopra rosso sulla fine del patriarcato (che finisce nell'atto in cui finisce il suo credito nella mente femminile); e quel detto della comunita' filosofica Diotima secondo cui l'inizio della liberta' nella vita di una donna coincide con la scoperta che c'e' sempre stata liberta' nella vita delle donne.

Il detto di Lady Gaga e' piu' breve e acuto nell'esprimere la stessa scoperta. E cioe' che la storia fattuale non ha il potere di dettare la misura di quello che siamo, perche' la oltrepassa un'altra misura, nascosta nei desideri della persona singola; quello che la storia fattuale e' chiamata a fare e' di far scoprire, a noi e agli altri, la segreta grandezza di quello che siamo e possiamo essere. Non senza il lavoro della necessaria mediazione: Lady Gaga e' una grande lavoratrice, anche nel senso banale della parola.

A questa idea della storia si puo' collegare un fenomeno facilmente osservabile. Oggi, al protagonismo dei potenti e delle masse e' subentrato un protagonismo di persone comuni, che produce fantasie, inganni, individualismi, per cui lo si copre di facile riprovazione. In realta', questo slancio di persone che non hanno titoli per prevalere sugli altri (e neanche voglia) ma non vogliono fare massa perche' si sentono di esistere in prima persona e chiedono di essere riconosciute come tali, e' carico di potenzialita' positive. Il fatto che tali potenzialita' siano usate dal potere e sviluppate malamente nella cultura dominante, e' solo una ragione in piu' per una politica che le prenda in considerazione e da esse si faccia indirizzare. Il movimento femminista della seconda ondata, non e' questo che ha fatto in pratica (autocoscienza, partire da se') e in teoria (politica del desiderio, pensiero della differenza)? Si tratta, in sostanza, di riscattare il desiderio di protagonismo dalla prigione delle fantasie e di tradurlo nella realta', senza rimpicciolirlo.

Sono sempre stata grande come i miei desideri, solo che nessuno se ne era reso conto. E' ora di saperlo, e' ora di provarlo. Diventare famosa (o famoso): sinonimo-pseudonimo di un agire politico finalizzato a ottenere dalla storia fattuale la verifica della grandezza delle persone in prima persona, secondo una nuova concezione della politica e della storia che il femminismo ha anticipato.

 

8. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: LA RESPONSABILITA' DELLE DONNE

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente sul quotidiano "Metro" del 16 settembre 2010 col titolo "La responsabilita' delle donne"]

 

La responsabilita' delle donne, sento dire: da quelle che si svestono per la mostra-mercato dei culi e dei seni, alias miss Italia, a quelle che si rivestono per offrirsi come pubblico idiota a Gheddafi, passando per le seminude in tv e le nude sui letti di Putin. D'accordo, ma ci vuole piu' precisione. Lo spettacolo di donne che si prestano a un uso degradato del loro corpo e della loro mente, fa un danno considerevole: alimenta la misoginia, ostacola l'educazione delle persone giovani, avvilisce la qualita' della televisione. Ma la responsabilita' delle singole che partecipano a quello spettacolo non e' piu' grande di quella degli operai che lavorano nelle fabbriche di armi. Che non vuol dire: nulla o minima.

Non ho dato una misura, ho dato un criterio. Stiamo parlando di donne che, pur essendo libere, non hanno il potere di organizzare e decidere l'andamento delle cose in generale. La prima responsabilita' ricade su coloro che questo potere lo hanno e lo usano per corrompere. E sono arrivati alla spudoratezza di chiamarla liberta' femminile. Non assolvo nessuna e nessuno. Non mi piace la denuncia che campa sopra lo scandalo, ma lo scandalo c'e'.

Dico che le donne che si prestano a farsi strumento della volgarita' dei potenti, portano una responsabilita' che riguarda principalmente loro stesse, per quello che stanno facendo delle loro vite. Per il resto, per le conseguenze generali, la persona che si trova in basso nella scala sociale porta una responsabilita' indiretta e la condivide con tutti noi.

 

9. RIFLESSIONE. LUISA MURARO: LORO SONO VERI

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo il seguente articolo apparso originariamente sul quotidiano "Metro" del 6 ottobre 2010 col titolo "Loro sono veri"]

 

Dal 5 agosto trentatre' uomini sono sepolti vivi in una miniera di rame del Cile, il piu' giovane, Jimmy, ha 19 anni, Mario, il piu' vecchio, 63. Tutto il meglio della tecnologia e' all'opera per salvarli ma non sara' in tempi brevi. In superficie e' sorto un campo che si chiama Speranza dove i loro parenti e amici aspettano, pregano e, in qualche modo, fanno sentire la loro amorosa presenza ai minatori intrappolati. "Metro" segue regolarmente la loro vicenda e anch'io, non passa giorno senza che pensi a quei trentatre' che sento fratelli e figli, con una pena resa sensibile dal fatto che sono claustrofoba. Sara' festa grande il giorno in cui li riporteranno in superficie. Ho detto "giorno" ma sara' di notte, per evitare ai loro occhi il trauma della luce. Notte benedetta, come recita la liturgia del Natale.

La loro storia e i loro nomi hanno fatto il giro del mondo. Un collegamento con loro esiste, e' stato possibile ricevere i loro messaggi e vedere i loro volti che portano dipinto il dramma ma anche il bisogno di essere visti e di restare in contatto con noi. Qualcuno ha fatto un accostamento con i reality, come l'"Isola dei famosi". No, no, e' tutto il contrario. Voglio dire che Jimmy, Mario e i loro compagni di sventura sono veri e aiutano noi a ritrovare il senso della vita e della realta', loro per i quali il tempo scorre al buio con una paurosa lentezza, minuto dopo minuto, in quel buco dove i piu' forti aiutano i piu' fragili a resistere. Loro sono la notizia che dura, che non si consuma nella corsa delle novita' piu' o meno fasulle.

 

10. MATERIALI. UNA BIBLIOGRAFIA DI LUISA MURARO

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo la seguente segnalazione]

 

E' disponibile la bibliografia 1963-2009 degli scritti di Luisa Muraro, a cura di Clara Jourdan (129 pagine). Si puo' richiederla a

info at libreriadelledonne.it

Verra' inviata gratuitamente in un documento pdf a biblioteche, archivi, studiose ecc. (e' possibile anche ordinarne una copia stampata, da ritirare presso la Libreria delle donne, via Pietro Calvi 29, Milano).

 

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE

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Numero 299 del 18 marzo 2011

 

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