Archivi. 56



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XII)

Numero 56 del 25 febbraio 2011

 

In questo numero:

1. Alcuni estratti dai "Telegrammi della nonviolenza in cammino" di maggio 2010 (parte prima)

2. Opporsi sempre alla guerra e al razzismo

3. Alcune parole per Alfio Pannega

4. Esseri umani

5. Ogni giorno

6. Il colpo di stato razzista in Italia

7. La guerra terrorista e stragista in Afghanistan

8. Il regime dei torturatori

9. La guerra assassina

10. Storia di Erminia

11. La guerra

12. Il razzismo

13. Il contesto

14. Dell'urgenza di ridurre l'automobilismo privato e la velocita' dei trasporti

15. Storia di Alfio

16. Sulla marcia per la pace Perugia-Assisi del 16 maggio

17. Alcune brevi riflessioni (e alcuni materiali di lavoro) sull'utilizzo del gioco di ruolo come tecnica di addestramento alla nonviolenza

18. Contro la guerra e contro il razzismo

19. Per costruire la pace e la giustizia

 

1. MATERIALI. ALCUNI ESTRATTI DAI "TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO" DI MAGGIO 2010 (PARTE PRIMA)

 

Riproponamo alcuni estratti dai "Telegrammi della nonviolenza in cammino" di maggio 2010.

 

2. OPPORSI SEMPRE ALLA GUERRA E AL RAZZISMO

 

Opporsi sempre alla guerra e al razzismo.

Costruire ogni giorno la pace e la solidarieta'.

Difendere tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani.

 

3. ALCUNE PAROLE PER ALFIO PANNEGA

[Ricostruite a memoria - e frettolosamente ora scritte - questo sono, se non le esatte parole, alcune delle cose dette il primo maggio al cimitero di Viterbo dinanzi al feretro di Alfio Pannega]

 

Questo uomo aveva la bonta' e l'ira dei profeti, di coloro che sanno dire la verita' in faccia alle persone e al mondo: con la virtu' della misericordia verso tutte le creature sofferenti, e con la virtu' dell'indignazione contro ogni ingiustizia.

Aveva la pazienza di Giobbe: fedele sempre al vero e al giusto, senza mai un cedimento al male, senza mai una meschinita', senza mai una vilta'.

Recava la verita' di Qohelet: sapeva che tutto e' vanita' di vanita' e fame di vento, e che proprio per questo e' dovere di ciascuno recare aiuto a tutti, giacche' e' meglio essere in due che uno solo, poiche' chi e' solo, se lungo il cammino della vita inciampa, allora cade e non si risolleva, ma se ha compagni essi lo sosterranno, reciprocamente si sosterranno.

*

Era un poeta, educato alla lingua e alla musica e alla tempra di Dante del cui capolavoro sapeva declamare a memoria interi canti, e cresciuto alla scuola dei poeti a braccio, per i quali la poesia e il pane, il lavoro quotidiano e l'estro armonico, la cruda realta' e la sublime bellezza sono una stessa cosa.

Ed era un testimone, e non di una generica viterbesita', formula astratta e vuota, ma di quella Viterbo popolare, civile, resistente, antifascista, che fu anche quella di Achille Poleggi e di Sauro Sorbini.

Ed era un esempio della sublime e luminosa dignita' e generosita' dei poveri: tutto cio' che era suo era di tutti, tutti accoglieva ed aiutava; all'ora della consumazione in comune dei pasti prima accudiva gli animali, poi gli ospiti e solo alla fine mangiava anche lui.

Era un educatore alla solidarieta' con tutti i viventi: e le persone che hanno condiviso con lui un tratto di strada, un'ora del giorno, da lui hanno imparato questo dovere nativo, sorgivo, elementare: di essere con gli altri e per gli altri.

Ed e' stato un dono, un dono grande, per chi ha avuto la fortuna, la grande fortuna, di averlo piu' intimamente conosciuto.

E che quest'uomo sia vissuto tra noi resta un'alta ragione di orgoglio per questa citta', che oggi gli rende omaggio.

*

Ma detto questo ancora non e' detto tutto, e forse non e' detto ancora l'essenziale.

Gia' anziano, sofferente dei malanni di una travagliata vita di vicissitudini e fatiche, e dimorante allora in umana solitudine in una zona abbandonata della citta', 17 anni fa Alfio ebbe una seconda nascita, una seconda vita, partecipando fin dal primo giorno all'occupazione dell'ex-gazometro e alla nascita quindi del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", e del centro sociale e' stato simbolo e anima, il cuore pulsante, e il centro sociale si e' riconosciuto in lui: in questi 17 anni lui e' stato il centro sociale e il centro sociale e' stato lui; e questi 17 anni da quell'estate del 1993 sono stati gli anni di un amore reciproco cosi' appassionato che ieri vedendo nella camera ardente, presso il centro sociale allestita, sgambettare e giocare ai piedi del feretro, o dalle braccia dei giovani genitori guardarlo e salutarlo, bambini di pochi anni e di non molti mesi, e insieme vedendo Giselle che venne al centro sociale bambina ed ora e' una meravigliosa giovane donna, tu vedevi che grande fioritura di vita e di bellezza Alfio ha saputo coltivare con l'esempio amorevole ed autorevole della sua dignita', della sua generosita'. E che grande eredita' lascia di umanita' fraterna e sororale, di persone sensibili e solidali, che alla scuola del suo esempio sono cresciute splendide.

*

E ci sono questi ultimi anni, dalla fine del 2007 a oggi, caratterizzati soprattutto dalla sua lotta per il diritto alla casa: Alfio getto ' il suo cuore e la sua vita stessa nella lotta per il diritto di ogni essere umano ad avere un tetto, per il diritto sociale alla casa, per il diritto umano alla casa. Ed e' un dolore grande per noi che restiamo che sia deceduto senza che quel diritto almeno lui abbia potuto vederlo riconosciuto. Un dolore che non potremo dimenticare.

*

E poi ci sono questi ultimi mesi, questi ultimi felici mesi, mesi che per Alfio sono stati forse i piu' gioiosi della sua vita da tanto tempo a questa parte.

La realizzazione del libro delle sue poesie, arricchito di un'ampia intervista ed impreziosito da tante stupende fotografie; un ringraziamento grande va a tutte le persone che hanno reso possibile questa pubblicazione, adempiendo quello che era da molti anni un suo profondo desiderio e una promessa solenne che i compagni del centro sociale a lui e a se stessi avevano fatto.

E con il libro, le sue presentazioni pubbliche con immensa e commossa partecipazione popolare, e la mostra fotografica sulla sua vita, e la lectio magistralis che tenne alla Sala Regia del Comune conclusa, dopo aver esortato ancora una volta i piu' giovani al sapere e alla generosita', con quel gesto sublime del rifiuto di un'onorificenza finche' non fosse stato riconosciuto un diritto, il diritto alla casa.

Con quel discorso e con quel gesto la grande cultura, la vera civilta', e l'autentica dignita' umana facevano irruzione nelle stanze del palazzo, divenivano ora di verita', sfida all'ipocrisia, alla menzogna e all'ingiustizia.

E poi ancora i manifesti col suo volto a segnalare l'emergenza casa, e la sottoscrizione pubblica promossa in suo nome cui lui magnanimamente acconsenti' ancora una volta mettendo tutto se stesso nella lotta per un diritto di tutti.

*

Ma anche detto questo forse non e' ancora detto cio' che e' decisivo: per molti di noi, e mi perdonerete se qui il discorso si fa piu' intimo, Alfio e' stato un maestro e un compagno, di vita e di lotte. Un maestro e un compagno di vita: nella piena condivisione del pane, e di tutto. E un compagno di lotte, contro la guerra, contro razzismo, discriminazione, sfruttamento. Sempre dalla parte degli ultimi, degli umiliati e offesi, degli oppressi, dell'umanita in lotta per la liberazione.

E in lotta per l'ambiente casa comune, per la difesa qui a Viterbo del Bulicame, il Bulicame cantato da Dante e a un tiro di sasso dal centro sociale; e resta indimenticabile per chi lo visse quel suo meraviglioso discorso tenuto al Bulicame in quella notte in cui proprio dinanzi alle sorgenti e alle pozze di acqua sulfurea manifestammo in molti per salvare quel prezioso bene ambientale e culturale dalla devastazione cui lo avrebbe condannato la realizzazione di un mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.

*

Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.

*

Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.

*

Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".

*

Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti; e se posso rivolgermi in particolare a tutti gli amici piu' vicini, a tutti i compagni che hanno condiviso e che proseguiranno, che proseguiremo insieme, l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, ogni volta che accadra' che qualcuno vi chieda, ci chieda, "Chi era Alfio Pannega?", ebbene, che noi tutti che lo abbiamo conosciuto e che lo abbiamo avuto nostro compagno si possa essere degni di rispondere, testimoniandolo con ogni nostra azione: "Io sono Alfio Pannega, Viterbo e' Alfio Pannega, l'umanita' e' Alfio Pannega".

 

4. ESSERI UMANI

 

Sono esseri umani: non ucciderli.

Sono esseri umani: non perseguitarli.

Sono esseri umani: reca loro aiuto.

*

Alla guerra e al razzismo opponiti tu.

Sii tu l'umanita' come dovrebbe essere.

 

5. OGNI GIORNO

 

Ogni giorno la guerra miete nuove vittime.

Ogni giorno miete nuove vittime il razzismo.

Ogni giorno al razzismo e alla guerra occorre opporsi.

 

6. IL COLPO DI STATO RAZZISTA IN ITALIA

 

Il colpo di stato razzista in Italia.

Ti chiedi cosa stai facendo tu per salvare le vittime, per far cessare l'orrore.

Occorre un'insurrezione nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

7. LA GUERRA TERRORISTA E STRAGISTA IN AFGHANISTAN

 

La guerra terrorista e stragista in Afghanistan.

Ti chiedi cosa stai facendo tu per salvare le vittime, per far cessare l'orrore.

Occorre un'insurrezione nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

8. IL REGIME DEI TORTURATORI

 

Le violenze che vengono commesse su immigrati e rom in Italia in questi ultimi anni, e particolarmente in questi ultimi mesi da quando e' stato compiuto il colpo di stato razzista, sono inenarrabili.

Umiliazioni, sevizie, persecuzioni, pogrom, internamenti in campi di concentramento, deportazioni, fino a provocare la morte.

Innumerevoli innocenti minacciati, ricattati, perseguitati, braccati, torturati, abbandonati alla morte ed alla morte spinti: nel nostro paese, oggi.

Violazioni abominevoli dei piu' fondamentali diritti umani: nel nostro paese, oggi.

Come e' possibile non vedere?

Come e' possibile tacere?

Come e' possibile che il popolo italiano permetta ai nazisti al governo di commettere questa atroce macellazione di vite umane?

*

Cosa si attende ancora a insorgere con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, in difesa della legalita', della democrazia, della civilta', dei diritti umani di tutti gli esseri umani?

Cosa si attende ancora a insorgere con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, per far cessare l'orrore nazista in corso nel nostro paese oggi?

 

9. LA GUERRA ASSASSINA

 

La guerra e' sempre assassina.

La guerra e' sempre nemica dell'umanita'.

La guerra e' il crimine supremo.

E chi alla guerra non si oppone, della guerra e' complice.

*

Cessi la partecipazione italiana alla guerra afgana.

Cessi la complicita' del popolo italiano con questo crimine abominevole.

 

10. STORIA DI ERMINIA

[Qui di seguito ricostruisco a memoria ed in sintesi la trama delle riflessioni, se non le medesime parole, che ho pronunciato lo scorso 25 marzo nella chiesa di S. Maria del Paradiso a Viterbo in occasione dei funerali di mia suocera Erminia, defunta il 23 marzo 2010 dopo una lunga malattia affrontata con immensa serenita']

 

Queste parole sono null'altro che una testimonianza di gratitudine per aver avuto il dono di conoscere la nostra dolce e mite amica Erminia e il privilegio di esserle potuto stare vicino negli anni in cui la malattia, come talvolta accade, ha reso ancor piu' evidenti, piu' luminose le sue qualita', la sua umanita'.

*

La prima qualita' di Erminia che profondamente mi commuove ancora nel rievocarla, era la sua gioiosa meraviglia per la bellezza del mondo, per la bellezza della vita. Come in quell'estrema affermazione del morente protagonista del Diario di un curato di campagna di Georges Bernanos, anche per lei tutto era grazia, e veramente e' cosi' se solo le scaglie ci cadono dagli occhi. Sapeva trovare la bellezza in ogni incontro: in ogni cosa, in ogni evento, in ogni persona; e questa bellezza sapeva comunicare. Non solo vedeva la bellezza, ma la vedeva con sempre nuova, sempre fresca, sempre sorgiva, sempre lucente meraviglia; e questa meraviglia sempre era gioiosa, e questa gioia sempre sapeva donare a chi le era vicino.

*

La seconda caratteristica di Erminia che ora vorrei rievocare era la sua sottile, acuta intelligenza: morale, estetica, religiosa.

Una capacita' di comprensione e valutazione morale limpidamente sororale, misericordiosa sempre; ed insieme nitida e acuminata nel riconoscere e distinguere il bene dal male ed ironica e benigna nell'esprimere i suoi giudizi.

Una intelligenza estetica che rievocava quel greco concetto di kalokagatia per cui il buono e' sempre anche bello, ed ogni cosa buona e giusta e' veritiera, e sempre la verita' - anche la piu' drammatica - evoca e quindi reca un sentire, un sentimento e un appello alla giustizia e alla benevolenza, all'impegno affinche' l'annientamento non prevalga su cio' che vale.

Ed una intelligenza religiosa, nel duplice senso della "religio" come legame tra le persone e tra le persone e il mondo, come relazione empatica di profondo rispetto e di cura reciproca; e religione come appercezione di una plenitudine creaturale, come verticalita' trascendente e reale, come cognizione della sfera del sacro ed intimo valore. Religione come vicinanza al vero e nel vero. Nelle ore ad un tempo liete e dolenti che in questi anni trascorremmo in prossimita' e colloquio - sempre piu' silente e sempre piu' profondo col trascorrere dei mesi e dei giorni -, lei cristiana di confessione cattolica apostolica romana ed io materialista senza aggettivi, sempre avvertii in lei questa luminosa certezza, che se posso tradurla nel mio linguaggio e' la certezza del valore infinito dell'umana vita e di ogni vita, e la scelta del bene come scelta fondamentale che orienta nel mondo.

*

La terza qualita' di Erminia che vorrei ora rievocare era la sua attenzione accudente verso l'altra persona, verso ogni altra persona, incontrata e sentita come incarnazione della verita'.

Quell'attenzione che come ci insegnava Simone Weil e' il fondamento dell'umana convivenza, dell'umana civilta'.

Quella relazione di cura che ha il suo modello nel rapporto tra la madre e il suo bambino.

Quell'empatia che e' anche responsivita' e quindi responsabilita', presa in carico del sentire dell'altra persona. Con le parole di Emmanuel Levinas, la responsabilita' dinanzi al volto muto e sofferente dell'altro che ti chiede aiuto.

*

In questo incontro nella verita' Erminia sapeva comunicare una gentilezza e una generosita' che ancora vivamente mi toccano: con la parola, con gli occhi, con il mero contatto delle mani.

Con la parola, la parola detta (finche' pote', finche' la malattia non la privo' di essa), e con la parola ascoltata - ed ancora nelle ultime ore ormai sul letto di morte sembrava ascoltare sorridendo le parole dell'altrui prossimita'; con gli occhi, con quel suo sguardo limpido, accogliente, ironico, luminoso; ed anche quando i suoi occhi erano ormai chiusi dal progredire del male, ancora comunicava il suo amore anche solo stringendo con la sua mano la mano amica e riconoscente che a lei si protendeva.

*

Cercando un'immagine in cui racchiudere nella misura del possibile questa pluralita' di sentimenti e riflessioni che la grata memoria di Erminia suscita in me, mi sovviene di quel luogo dell'ultimo libro della bibbia cristiana, l'Apocalisse di Giovanni, 21, 3, in cui e' scritto che la tenda d'Iddio e' situata nell'accampamento degli uomini, e che io traduco nella coscienza che il bene, il sommo bene - cio' che per i credenti e' Dio, e per me e' la legge della coscienza e il concetto del principio dell'essere -, non e' al di fuori della comunita' umana, ma vive tra, con, nei concreti esseri umani.

*

A Nicola, e alle figlie di Nicola ed Erminia, una delle quali e' la compagna della mia vita, la preghiera affettuosa e sollecita di volersi sentire felici - pur in questo momento di lutto - del dono grande dell'esistenza di questa donna, che vive ancora nella nostra memoria, e che vive come ogni essere umano nella comune coscienza dell'intera umanita': e questa e' la civilta' umana, questa e' la cognizione dell'essere l'umanita' un'unica famiglia; e questa memoria e questa compresenza dei defunti, dei viventi e dei venturi, permane e fonda la nostra comune esistenza e varra' finche' vi sara' un'umanita' che lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la salvaguardia della biosfera casa comune di cui siamo beneficiari e parte, per il bene, il bello, il vero.

Sia con tutti noi la pace.

 

11. LA GUERRA

 

E tu opponiti alla guerra. Salvale tu le vite umane.

 

12. IL RAZZISMO

 

E tu opponiti al razzismo. Salvale tu le vite umane.

 

13. IL CONTESTO

 

Tutto oggi qui e' surdeterminato da due eventi da cui nessuna analisi onesta della situazione italiana attuale puo' prescindere: la criminale partecipazione italiana alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan; il colpo di stato razzista che ha introdotto nel nostro paese un regime nazista.

La partecipazione italiana alla guerra afgana viola flagrantemente l'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, e ci rende complici di un crimine contro l'umanita' che perdura da anni.

Il colpo di stato razzista che ha avuto il suo estremo punto di precipitazione nell'hitleriana legge 94/2009 viola non solo la Costituzione, ma i fondamenti stessi della civilta' giuridica, della civilta' umana.

Dinanzi a questi due mostruosi crimini che stanno provocando sofferenze inaudite e cumuli di morti o si resiste o si e' complici.

E quello che occorre e' un'insurrezione nonviolenta per la legalita', per la civilta', per l'umanita'.

Un'insurrezione nonviolenta perche' l'Italia cessi di partecipare alla carneficina afgana; un'insurrezione nonviolenta perche' l'Italia abolisca le norme e le politiche naziste impose da uno scellerato governo golpista.

Un'insurrezione nonviolenta per difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.

 

14. DELL'URGENZA DI RIDURRE L'AUTOMOBILISMO PRIVATO E LA VELOCITA' DEI TRASPORTI

 

E' terribile che cosi' tante persone muoiano in incidenti stradali.

Circolano troppi veicoli e sono troppo veloci.

Occorre ridurre l'automobilismo privato non solo perche' e' una forma di mobilita' dagli esiti irrazionali e insostenibili, fortemente energivora e inquinante, ma anche per ridurre gli incidenti stradali.

Uno studioso rigoroso e acuto come Guido Viale in alcuni suoi pregevoli libri (Tutti in taxi, Feltrinelli, Milano 1996; Vita e morte dell'automobile, Bollati Boringhieri, Torino 2007) ha illustrato alternative immediatamente praticabili, e cosi' vari altri prestigiosi studiosi.

Dovremmo metterci tutti all'ascolto delle sagge voci che con argomenti razionali ed inconfutabili esortano a ridurre l'automobilismo privato e la velocita' dei trasporti. E salvare cosi' tante umane vite.

 

15. STORIA DI ALFIO

[Il seguente testo e' stato scritto ai primi di maggio su richiesta del quotidiano "Il manifesto" per estrarne un articolo che comparira' nell'edizione odierna del giornale; i paragrafi III-VII riprendono la commemorazione funebre gia' apparsa su questo foglio]

 

I. Un attimo, per favore

La camera ardente nel mezzo del capannone del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", la salma composta nella bara aperta, al collo il fazzoletto zapatista portatogli dal Chiapas, ai piedi una rossa bandiera con il volto del dottor Ernesto Guevara, dietro la testa la bandiera arcobaleno della pace, il canto di Bella ciao dei compagni piu' vicini stonato e rotto dal pianto. E un innumerevole concorso di persone a rendergli un ultimo saluto: vecchi, persone giovani e mature, bambini, fino a quell'estremo straziante momento, quando un amico diversamente abile trascinandosi sulle stampelle giunge proprio mentre si sta per chiudere per sempre la bara e in un sussurro dice: "Un attimo, per favore", e lentissimo claudicante si avvicina al corpo immoto e gli porge l'ultima delicatissima carezza.

Poi il funerale (rigorosamente laico, secondo la sua volonta' piu' volte espressa - e con particolare intensita' in occasione di precedenti esequie, quelle dei compagni partigiani Gaspare Bocchini e Biagio Gionfra) al cimitero di Viterbo il primo maggio, il rosso delle piante fiorite (le piante vive, non i fiori morti), i canti del movimento operaio e della Resistenza, l'orazione funebre. Centinaia di viterbesi in silenzio e in lacrime, ed in silenzio a capo chino nella folla i rappresentanti delle istituzioni.

Una citta' intera piegata dal dolore, e molti anche dalla vergogna di non aver saputo rispettare ed onorare in vita la persona che ora dirottamente piangono morta.

Chi era Alfio Pannega?

*

II. Una vita proletaria

Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i  motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi.

Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. Raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi fa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): "Ho fatto er carzolaro, ho fatto er pecoraro... facevo li travetti", e ancora: "Ho tirato il carrettino del cartone, poi ho fatto il garzone in campagna, ho lavorato pe' 'n muratore"; per decine di anni ha raccolto per la citta' gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava.

E nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: "c'era un gran movimento... so' zompato il muretto e so' annato in mezzo a loro. J'ho detto: Ma che e' tutto 'sto movimento?... dice: Dovemo occupa' qui il centro sociale. E allora vengo pure io - dico - porca miseria!". Certe cose "le fanno sempre i giovani... allora ero giovane pure io".

Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente: "Io me sa che so' l'ultimo che so' rimasto de 'na vorta... ma mica m'arrendo. Io la mattina m'arzo, arzo 'na mano, accenno la luce da capo al letto. So' le quattro. Dormo fino alle otto". Il 30 aprile non si e' piu' risvegliato.

*

III. Un'orazione funebre

Questo uomo aveva la bonta' e l'ira dei profeti, di coloro che sanno dire la verita' in faccia alle persone e al mondo: con la virtu' della misericordia verso tutte le creature sofferenti, e con la virtu' dell'indignazione contro ogni ingiustizia.

Aveva la pazienza di Giobbe: fedele sempre al vero e al giusto, senza mai un cedimento al male, senza mai una meschinita', senza mai una vilta'.

Recava la verita' di Qohelet: sapeva che tutto e' vanita' di vanita' e fame di vento, e che proprio per questo e' dovere di ciascuno recare aiuto a tutti, giacche' e' meglio essere in due che uno solo, poiche' chi e' solo, se lungo il cammino della vita inciampa, allora cade e non si risolleva, ma se ha compagni essi lo sosterranno, reciprocamente si sosterranno.

Era un poeta, educato alla lingua e alla musica e alla tempra di Dante del cui capolavoro sapeva declamare a memoria interi canti, e cresciuto alla scuola dei poeti a braccio, per i quali la poesia e il pane, il lavoro quotidiano e l'estro armonico, la cruda realta' e la sublime bellezza sono una stessa cosa.

Ed era un testimone, e non di una generica viterbesita', formula astratta e vuota, ma di quella Viterbo popolare, civile, resistente, antifascista, che fu anche quella di Achille Poleggi e di Sauro Sorbini.

Ed era un esempio della sublime e luminosa dignita' e generosita' dei poveri: tutto cio' che era suo era di tutti, tutti accoglieva ed aiutava; all'ora della consumazione in comune dei pasti prima accudiva gli animali, poi gli ospiti e solo alla fine mangiava anche lui.

Era un educatore alla solidarieta' con tutti i viventi: e le persone che hanno condiviso con lui un tratto di strada, un'ora del giorno, da lui hanno imparato questo dovere nativo, sorgivo, elementare: di essere con gli altri e per gli altri.

Ed e' stato un dono, un dono grande, per chi ha avuto la fortuna, la grande fortuna, di averlo piu' intimamente conosciuto.

E che quest'uomo sia vissuto tra noi resta un'alta ragione di orgoglio per questa citta', che oggi gli rende omaggio.

*

IV. Una resurrezione

Ma detto questo ancora non e' detto tutto, e forse non e' detto ancora l'essenziale.

Gia' anziano, sofferente dei malanni di una travagliata vita di vicissitudini e fatiche, e dimorante allora in umana solitudine in una zona abbandonata della citta', 17 anni fa Alfio ebbe una seconda nascita, una seconda vita, partecipando fin dal primo giorno all'occupazione dell'ex-gazometro e alla nascita quindi del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", e del centro sociale e' stato simbolo e anima, il cuore pulsante, e il centro sociale si e' riconosciuto in lui: in questi 17 anni lui e' stato il centro sociale e il centro sociale e' stato lui; e questi 17 anni da quell'estate del 1993 sono stati gli anni di un amore reciproco cosi' appassionato che ieri vedendo nella camera ardente, presso il centro sociale allestita, sgambettare e giocare ai piedi del feretro, o dalle braccia dei giovani genitori guardarlo e salutarlo, bambini di pochi anni e di non molti mesi, e insieme vedendo Giselle che venne al centro sociale bambina ed ora e' una meravigliosa giovane donna, tu vedevi che grande fioritura di vita e di bellezza Alfio ha saputo coltivare con l'esempio amorevole ed autorevole della sua dignita', della sua generosita'. E che grande eredita' lascia di umanita' fraterna e sororale, di persone sensibili e solidali, che alla scuola del suo esempio sono cresciute splendide.

E ci sono questi ultimi anni, dalla fine del 2007 a oggi, caratterizzati soprattutto dalla sua lotta per il diritto alla casa: Alfio getto ' il suo cuore e la sua vita stessa nella lotta per il diritto di ogni essere umano ad avere un tetto, per il diritto sociale alla casa, per il diritto umano alla casa. Ed e' un dolore grande per noi che restiamo che sia deceduto senza che quel diritto almeno lui abbia potuto vederlo riconosciuto. Un dolore che non potremo dimenticare. E un'onta per l'amministrazione comunale che per anni il riconoscimento di quel diritto promise a parole e cinicamente nego' nei fatti.

E poi ci sono questi ultimi mesi, questi ultimi felici mesi, mesi che per Alfio sono stati forse i piu' gioiosi della sua vita da tanto tempo a questa parte.

La realizzazione del libro delle sue poesie, arricchito di un'ampia intervista ed impreziosito da tante stupende fotografie; un ringraziamento grande va a tutte le persone che hanno reso possibile questa pubblicazione, adempiendo quello che era da molti anni un suo profondo desiderio e una promessa solenne che i compagni del centro sociale a lui e a se stessi avevano fatto.

E con il libro, le sue presentazioni pubbliche con immensa e commossa partecipazione popolare, e la mostra fotografica sulla sua vita, e la lectio magistralis che tenne alla Sala Regia del Comune conclusa, dopo aver esortato ancora una volta i piu' giovani al sapere e alla generosita', con quel gesto sublime del rifiuto di un'onorificenza finche' non fosse stato riconosciuto un diritto, il diritto alla casa.

Con quel discorso e con quel gesto la grande cultura, la vera civilta', e l'autentica dignita' umana facevano irruzione nelle stanze del palazzo, divenivano ora di verita', sfida all'ipocrisia, alla menzogna e all'ingiustizia.

E poi ancora i manifesti col suo volto a segnalare l'emergenza casa, e la sottoscrizione pubblica promossa in suo nome cui lui magnanimamente acconsenti' ancora una volta mettendo tutto se stesso nella lotta per un diritto di tutti.

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V. Compagni

Ma anche detto questo forse non e' ancora detto cio' che e' decisivo: per molti di noi, e mi perdonerete se qui il discorso si fa piu' intimo, Alfio e' stato un maestro e un compagno, di vita e di lotte. Un maestro e un compagno di vita: nella piena condivisione del pane, e di tutto. E un compagno di lotte, contro la guerra, contro razzismo, discriminazione, sfruttamento. Sempre dalla parte degli ultimi, degli umiliati e offesi, degli oppressi, dell'umanita in lotta per la liberazione.

E in lotta per l'ambiente casa comune, per la difesa qui a Viterbo del Bulicame, il Bulicame cantato da Dante e a un tiro di sasso dal centro sociale; e resta indimenticabile per chi lo visse quel suo meraviglioso discorso tenuto al Bulicame in quella notte in cui proprio dinanzi alle sorgenti e alle pozze di acqua sulfurea manifestammo in molti per salvare quel prezioso bene ambientale e culturale dalla devastazione cui lo avrebbe condannato la realizzazione di un mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.

Alfio Pannega non e' mai stato riducibile a un'immaginetta pittoresca di una Viterbo che fu coi suoi antichi mestieri e le sue vetuste tradizioni che vanno scomparendo, non e' mai stato un personaggio museale, da mummificare e archiviare; al contrario: fino all'ultimo dei suoi giorni Alfio e' stato un vitale, ardente, consapevolissimo militante del movimento degli oppressi in lotta per i diritti umani di tutti gli esseri umani; per la difesa della natura che conosceva intimamente, essere vivente per essere vivente, animale per animale, pianta per pianta; per la liberazione dell'umanita' dallo sfruttamento e dall'oppressione, per l'uscita da questa preistoria verso il regno della liberta'.

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VI. Il nostro primo maggio

Oggi e' il primo maggio, e per il movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, per il movimento delle oppresse e degli oppressi, e' il giorno della memoria e dell'impegno per la liberazione dell'umanita' dalla violenza dello sfruttamento; e vedete come sono strane e imprevedibili le coincidenze della vita: accingendoci proprio in questo giorno a recare l'estremo saluto ad Alfio, l'indomito combattente antifascista e il lavoratore che conosceva per averli sperimentati tutti i piu' faticosi mestieri - di pastore e di contadino, di artigiano e di operaio -, per noi da oggi il primo maggio lo sara' due volte quell'appello alla lotta solidale contro l'ingiustizia: nel ricordo dei martiri di Chicago uccisi nell'Ottocento dalla violenza del potere perche' lottavano per i diritti dei lavoratori, e nel ricordo di Alfio: e' la stessa memoria, e' la stessa lotta.

Molti anni fa, commemorando Duilio Mainella, Sauro Sorbini concluse la sua orazione funebre col canto della Marsigliese, simbolo della lotta dell'umanita' contro la tirannide; vorrei oggi almeno ricordare le parole del refrain di quel canto composto un secolo dopo a rivendicare le ragioni dell'umanita' e della lotta per la sua liberazione proprio mentre la reazione persecutrice dilagava con la caccia all'uomo e le fucilazioni dei comunardi parigini, quel canto che e' l'Internazionale, che da quasi un secolo e mezzo e' il canto di quanti si levano a contrastare ogni oppressione: "Su', lottiam, l'ideale / nostro fine sara' / l'internazionale / futura umanita'".

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VII. Hic et nunc

Ed ora che, con quelle indimenticabili parole di Paolo nella seconda lettera a Timoteo, di Alfio Pannega possiamo dire che ha concluso la sua corsa dopo aver combattuto la buona battaglia senza perdere la tenerezza, ora che Alfio ha compiuto la sua vita che e' stata fino all'ultima ora la vita di un giusto, ora sta a noi che restiamo di essere fedeli a quello che ci ha donato, che ci ha insegnato, e testimoniarlo a nostra volta, con le parole ed ancor piu' con gli atti, continuando la sua lotta, continuando a mettere in pratica i suoi insegnamenti; e se posso rivolgermi in particolare a tutti gli amici piu' vicini, a tutti i compagni che hanno condiviso e che proseguiranno, che proseguiremo insieme, l'esperienza del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo, ogni volta che accadra' che qualcuno vi chieda, ci chieda, "Chi era Alfio Pannega?", ebbene, che noi tutti che lo abbiamo conosciuto e che lo abbiamo avuto nostro compagno si possa essere degni di rispondere, testimoniandolo con ogni nostra azione: "Io sono Alfio Pannega, Viterbo e' Alfio Pannega, l'umanita' e' Alfio Pannega".

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VIII. Envoi

In una sua poesia al centro sociale dedicata ha scritto: "Oggi e' bello stare fra la gioventu' / come un fiore appassito / nel mezzo del giardino della vita".

 

16. SULLA MARCIA PER LA PACE PERUGIA-ASSISI DEL 16 MAGGIO

 

Che la marcia Perugia-Assisi che si terra' domenica 16 maggio possa richiamare tutte le persone di volonta' buona e di retto sentire a due doveri troppo a lungo disattesi: l'opposizione alla guerra, e particolarmente alla partecipazione italiana alla guerra afgana; l'opposizione al colpo di stato razzista nel nostro paese.

Se non ci si oppone alla guerra se ne e' complici, e si e' complici delle stragi di cui essa consiste.

Se non ci si oppone al colpo di stato razzista se ne e' complici, e si e' complici delle persecuzioni, degli omicidi e delle stragi che esso ha promosso ed avallato.

La marcia Perugia-Assisi e' un'idea luminosa, e frugifera un'eredita', di Aldo Capitini, l'apostolo della nonviolenza nel nostro paese.

Chi marcia per la pace deve opporsi alla guerra e al colpo di stato razzista.

 

17. ALCUNE BREVI RIFLESSIONI (E ALCUNI MATERIALI DI LAVORO) SULL'UTILIZZO DEL GIOCO DI RUOLO COME TECNICA DI ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA

 

Nell'addestramento finalizzato all'azione diretta nonviolenta, ma anche in molti altri ambiti, il "gioco di ruolo" (role-play) e' una tecnica ed un'esperienza di grande utilita'.

Nella forma in cui lo proponiamo nei training nonviolenti da noi condotti esso e' semplificato in una breve recitazione in cui viene proposta come canovaccio una situazione conflittuale (articolata per quadri successivi) sufficientemente vicina all'esperienza di vita dei partecipanti ma anche abbastanza distanziata da essa, per evitare sia una eccessiva astrazione, sia un'inopportuna identificazione.

Ma e' necessario che il gioco di ruolo ovvero la recitazione sia agita correttamente, con estrema prudenza e solo con persone che abbiano gia' raggiunto una forte affinita' tra loro e tra cui vi sia una sufficente empatia.

Poiche' nel corso di una esercitazione fondata sul gioco di ruolo si esplorano conflitti irrisolti e possono emergere vissuti dolorosi e fin laceranti, e' necessario che l'esperienza sia preparata adeguatamente e che comunque sia presente una figura facilitatrice che fermi il gioco ogni volta che ha l'impressione o il timore che qualche persona possa dire o fare alcunche' di spiacevole, o vi sia il rischio di ferire la sensibilita' di qualcuno dei partecipanti.

Al gioco di ruolo come esperienza di addestramento alla nonviolenza si puo' contribuire come partecipanti o come osservatori; le persone che non se la sentono di entrarvi come partecipanti possono assistervi come osservatori; a tutti e' richiesto il massimo rispetto di tutte le altre persone e di ricordare che nel corso della recita agiscono delle maschere, non delle persone reali.

Di seguito riportiamo alcuni criteri, alcun principi di riferimento, alcune note tecniche e alcune letture utili che abbiamo proposto in occasione di incontri di formazione svoltisi a Viterbo lo scorso anno.

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Alcuni criteri

- e' un gioco, non e' una prova, ne' un esame;

- e' una recita, non e' la realta';

- non si giudica nessuno: assunto un personaggio, ovvero indossatane per cosi' dire la maschera, il suo dire ed agire non e' il dire e l'agire della persona che lo impersona; ma solo quello che l'attore immagina potrebbe essere il condursi di quel personaggio fittizio;

- non c'e' la risposta giusta, e non si vince ne' si perde niente;

- ci si mette nei panni degli altri, ci si "decentra";

- si esplorano emozioni, conflitti, pregiudizi, limiti;

- ci si addestra ad ascoltare, all'empatia;

- ci si addestra a capire ed a farsi capire;

- la respirazione e' fondamentale;

- solo nella lentezza e' la relazione.

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Alcuni principi di riferimento

- la verita' e' il bene; il bene e' la verita';

- rispetto di se' e degli altri;

- prendersi cura del mondo;

- non infliggere sofferenze;

- oltre il ruolo: una persona; oltre il personaggio: una persona; nella situazione: persone; tutto e' relazione tra persone;

- il "presentarsi"/autorappresentarsi, ovvero il comportamento in pubblico (lo svolgimento di un ruolo sociale), e' insieme adeguamento a un modello e realta', rappresentazione e verita', voler essere un dover essere ed insieme semplicemente esserci (essere nel mondo).

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Alcune note tecniche

- non identificarsi nei personaggi: "giocare" il personaggio e guardarsi dall'esterno;

- si gioca con serieta';

- la rappresentazione come metodo per pensare concretamente le situazioni;

- non e' un addestramento tecnico, ma un'eplorazione di dinamiche interpersonali e conflitti infrapsichici;

- non ha finalita' strumentale orientata alla performance, ma e' esperienza di accostamento, di sguardo su di se' e gli altri, di presa in carico, di consapevolezza relazionale, di reciprocita', di responsabilita';

- fermare il gioco ogni volta che si e' a disagio e si vogliono comunicare emozioni o dubbi, intuizioni o richieste di chiarificazione;

- nei momenti critici fermarsi a respirare e riflettere, fermare il gioco e socializzare crisi ed aporie, problemi e proposte;

- un gioco di ruolo come forma di addestramento alla nonviolenza si esegue meglio in situazioni di lieve affaticamento e stress: tenerne conto nella preparazione e nella gestione;

- nulla deve essere nascosto a nessuno; chiunque ha bisogno di un'informazione o di una chiarificazione blocchi il gioco e chieda;

- alternare recita e discussione (evitando pero' - se possibile - di frammentare troppo la recitazione);

- e' un'esperienza intensa, prima dell'inizio e dopo la fine, ma anche tra un quadro e l'altro, eseguire altre attivita' di socializzazione e di rilassamento (mangiare insieme, cantare, ascoltare musica, leggere poesie, scherzare...);

- e' necessaria una buona sceneggiatura/canovaccio ed una precisa e costantemente consapevole distinzione tra universo diegetico ed extradiegetico;

- e' indispensabile la presenza di una figura facilitatrice.

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Alcune letture utili

- il teatro di Bertolt Brecht e la riflessione brechtiana sul "teatro epico";

- alcune opere teatrali - come dire: scacchistiche - di Marivaux (ad esempio: Il gioco dell'amore e del caso);

- di Denis Diderot il Paradosso dell'attore e - soprattutto - Il nipote di Rameau;

- le commedie di Oscar Wilde e particolarmente L'importanza di chiamarsi Ernesto;

- il racconto di Borges Tema del traditore e dell'eroe (in Jorge Luis Borges, Finzioni);

- gli Esercizi di stile di Raymond Queneau;

- la Pragmatica della comunicazione umana di Watzlawick, Helmick Beavin, Jackson;

- Hannah Arendt, Vita activa;

- Primo Levi, I sommersi e i salvati;

- Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene;

- Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza;

- Emanuele Arielli, Giovanni Scotto, Conflitti e mediazione;

- Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza.

 

18. CONTRO LA GUERRA E CONTRO IL RAZZISMO

 

Occorre opporsi alla guerra. Occorre opporsi al razzismo. Occorre difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Vi e' una sola umanita'.

 

19. PER COSTRUIRE LA PACE E LA GIUSTIZIA

 

Per costruire la pace e la giustizia occorre opporsi alla guerra, ai suoi strumenti e ai suoi apparati.

Per costruire la pace e la giustizia occorre opporsi al colpo di stato razzista.

Chi non si oppone alla guerra in corso non costruisce la pace e la giustizia.

Chi non si oppone alla politica razzista, schiavista e squadrista del governo e dei complici suoi, non difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 56 del 25 febbraio 2011

 

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