Telegrammi. 451



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 451 del 30 gennaio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Associazione "Respirare": Al professor Osvaldo Ercoli per il suo compleanno

2. Celebrata la "Giornata della memoria" all'istituto tecnico e al liceo di Montefiascone

3. Anna Bravo ricorda Anna Segre

4. Una lettera aperta al Commissario europeo all'Energia

5. Hannah Arendt: Non ci sono paralleli

6. Rosa Luxemburg: Liberta'

7. Simone Weil: Un tempo, oggi

8. Per sostenere il Movimento Nonviolento

9. "Azione nonviolenta"

10. Segnalazioni librarie

11. La "Carta" del Movimento Nonviolento

12. Per saperne di piu'

 

1. MAESTRI. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": AL PROFESSOR OSVALDO ERCOLI PER IL SUO COMPLEANNO

 

Certi di esprimere i sentimenti di tutti i viterbesi di volonta' buona e di retto sentire, in occasione del suo genetliaco che ricorre il 30 gennaio esprimiamo dal profondo del cuore al professor Osvaldo Ercoli il nostro sincero affetto e la nostra immensa gratitudine.

Di questa citta' essendo egli autorevole voce morale, vigile coscienza civile, esempio di generosita', maestro e guida all'amore del vero e del bene, all'azione buona e giusta, alla fraternita' che ogni essere umano riconosce e raggiunge.

Che la sua viva presenza e il suo luminoso magistero ci accompagnino e ci sostengano per molti e molti anni ancora.

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L'Associazione "Respirare"

Viterbo, 29 gennaio 2011

L'associazione "Respirare" e' stata promossa a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.

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Breve notizia sul professor Osvaldo Ercoli

Osvaldo Ercoli, gia' professore amatissimo da generazioni di allievi, gia' consigliere comunale e provinciale, impegnato nel volontariato, nella difesa dell'ambiente, per la pace e i diritti di tutti, e' per unanime consenso nel viterbese una delle piu' prestigiose autorita' morali. Il suo rigore etico e la sua limpida generosita' a Viterbo sono proverbiali. E' tra gli animatori del comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo. Nel 2007 ha promosso un appello per salvare l'area archeologica, naturalistica e termale del Bulicame dalla devastazione.

 

2. INCONTRI. CELEBRATA LA "GIORNATA DELLA MEMORIA" ALL'ISTITUTO TECNICO E AL LICEO DI MONTEFIASCONE

 

Sabato 29 gennaio 2011 presso l'Istituto tecnico e il Liceo di Montefiascone (Vt) e' stata celebrata la Giornata della memoria della Shoah.

Studenti e insegnanti hanno dato vita a una commemorazione caratterizzata da profonda commozione e sincero impegno.

Nel corso dell'iniziativa sono stati tra l'altro letti brani delle opere di grandi testimoni della dignita' umana come Elie Wiesel e Primo Levi.

Alla commemorazione ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.

 

3. MAESTRE. ANNA BRAVO RICORDA ANNA SEGRE

[Dal sito della Fondazione Alexander Langer (www.alexanderlanger.org) riprendiamo l'intervento di Anna Bravo: in ricordo di Anna Segre al convegno di Torino del 16 -17 giugno 2005.

Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia,  Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008. Si veda anche l'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 353, e quella nei "Telegrammi" n. 450.

Anna Segre, scomparsa nel 2004, e' stata docente di geografia economica e politica dell'ambiente all'Universita' di Torino, ricercatrice nei campi della sostenibilita' ambientale dello sviluppo, dello sviluppo locale e dei sistemi territoriali locali, di una visione di genere dello sviluppo, di problemi ambientali e cartografia; persona di forte impegno civile, impegnata nel tramandare la memoria della Shoah e nel contrastare ogni violazione dei diritti umani. Da un documento sottoscritto da colleghe e colleghi riprendiamo le seguenti parole in suo ricordo: "Le linee di pensiero e di ricerca, le esperienze, le relazioni umane e politiche in cui si e' impegnata nel corso della sua vita sono state molto numerose e varie. Pur se e' ben difficile fare riemergere tutta la complessita' e la ricchezza della sua figura, si vuole dare valore almeno ad alcuni degli aspetti che paiono essere stati per lei piu' intensi e piu' significativi. Il primo e' l'attenta tenacia con cui Anna nella ricerca, nell'insegnamento e nell'impegno civile mirava a saldare le dimensioni teoriche e concettuali della geografia economica e delle politiche ambientali con il piano concreto dei problemi e dei soggetti presenti sul territorio. Insegnava infatti Geografia economica e Politica dell'ambiente presso la Facolta' di Lettere e Filosofia dell'Universita' degli Studi di Torino, ma al tempo stesso si impegnava direttamente nelle iniziative sul terreno: ricordiamo in particolare che all'inizio degli anni '90 era stata eletta nel Consiglio Regionale del Piemonte nelle liste dei Verdi. Importante e' stato poi il rapporto di Anna con l'ebraismo: l'amore per la cultura ebraica, nei suoi fondamenti spirituali e nei suoi aspetti minuti; l'interesse per la storia ebraica, in particolare la storia della Shoah, cui non solo ha dedicato un'attenzione costante, ma ha offerto un contributo di rilievo, pubblicando il diario che suo padre Renzo aveva tenuto nei venti mesi dell'occupazione nazista, ricostruendo le vicende della sua famiglia, promuovendo la conoscenza pubblica dello sterminio fino a assumere su di se' il ruolo difficilissimo di candela della memoria. Sensibile alle questioni sollevate dalla prospettiva di genere, e' stata rappresentante del Dipartimento Interateneo Territorio nel Cirsde (Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne dell'Universita' di Torino) e vicepresidente della Fondazione Langer: amava i costruttori di ponti, gli esploratori di frontiera". Tra le opere di Anna Segre: (a cura di), Renzo Segre, Venti mesi, Sellerio 1995; con Egidio Dansero, Politiche per l'ambiente. Dalla natura al territorio, Utet, Torino 1996; con Egidio Dansero, Per un Atlante dei problemi ambientali del Piemonte, Consiglio Regionale del Piemonte, Torino 2000; con Claudia De Benedetti, Luisa Sacerdote, La Pasqua ebraica Zamorani, Torino 2001; (a cura di), Atlante dell'ambiente in Piemonte, Consiglio regionale del Piemonte, Torino 2003; The local Territorial System and their Environmental Sustainability, paper presentato alla Regional Science Association International Conference, Pisa 12/15 aprile 2003; con A. Calvo, E. Donini, Un approccio di genere al problema dello sviluppo, in "Rivista Geografica Italiana", giugno 2003]

 

Oggi e' un momento importante a cui nessuno di noi avrebbe voluto partecipare. Sara' difficile per tutti trovare parole, non dico giuste, ma pronunciabili senza doversi interrompere per l'emozione. E senza l'impressione di aver dimenticato aspetti essenziali di Anna e della sua vita.

Perche' Anna era molte cose. Una donna ebrea, un'intellettuale libera, una docente universitaria, una cultrice della nonviolenza, una ambientalista appassionata, dirigente e consigliera regionale dei verdi, dopo una militanza in Lotta continua che doveva aver contribuito alla sua idea della politica come servizio. Era una interlocutrice di molte realta' e circuiti politico-culturali - per esempio aveva partecipato al varo della Fondazione Langer, cui portava un affetto particolare legato anche alla sua amicizia con Alex, e accettato il ruolo di vicepresidente; lavorava nel gruppo di ricerca e riflessione su donne e discipline geografiche.

Era una studiosa attenta alla soggettivita' anche dove sembra piu' difficile scovarla; ricordo la sua inchiesta sulle mappe mentali, vale a dire sul modo in cui l'esperienza diretta modella nella mente delle persone l'immagine di un luogo. Era anche una grande viaggiatrice e una grande narratrice di luoghi e incontri - ho vissuto e visto molte cose per interposta Anna, con le sue fotografie e gli oggetti portati in dono.

Era una persona complessa, mutevole, a volte solitaria ma fulcro di un gran numero di reti di relazione, vulnerabile ma capace di mediare i conflitti con l'ironia, e di reagire agli attacchi con durezza quando si rendeva conto che il patto della reciproca lealta' era stato violato.

Per me e' stata ed e' una sorella elettiva, termine disusato, ma, come lei stessa aveva detto in un intervento a Bolzano, non esiste l'equivalente femminile dell'espressione "amico fraterno". Mi sono resa conto che nella mia scelta di studiare deportazione e genocidio aveva contato molto il fatto che lei fosse ebrea; a riguardare la propria storia, dietro certe decisioni all'apparenza "oggettive" capita di scoprire qualcosa di profondamente personale.

Infine Anna era la compagna e moglie di Claudio, la zia putativa di Ada, figlia della sua amica Sandra, e attraverso Ada, di Enrico, di Leah; e lo sarebbe stata di Guido Chaim - un cerchio di affetti che ho lasciato per ultimo, perche' ciascuna delle molte identita' di Anna poggiava su questa riserva di amore, curata con la delicatezza esigente che si applica alle cose piu' care.

Questi sono soltanto alcuni flash della Anna che abbiamo conosciuto, e ciascuno di noi ne aggiungera' altri.

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Io vorrei almeno accennare a tre punti, il suo contributo alla storia della Shoah, in particolare dei Giusti, il suo modo di appartenere al mondo ebraico, la sua esperienza della malattia.

Anna veniva da una famiglia di Biella, che aveva patito la persecuzione in prima persona. Per quanto giovani e non particolarmente politicizzati, nel settembre 1943 i suoi futuri genitori Renzo e Nella Morelli si erano resi subito conto della gravita' del pericolo, avevano capito che una situazione eccezionale imponeva risposte eccezionali. A differenza di altri, che si stringono alla famiglia, Nella e Renzo lasciano immediatamente la citta', si staccano dalla grande rete parentale e dai luoghi cari ormai insidiosi, valutano ogni spiraglio per la salvezza. Impresa quasi disperata. Non hanno alle spalle una rete di relazioni politicamente importanti, non dispongono di molto denaro, le loro carte d'identita' sono cosi' mal contraffatte che non ingannerebbero nessuno - e' risaputo che il discrimine fra chi puo' mimetizzarsi con relativa facilita' e chi e' totalmente vulnerabile sta proprio nella credibilita' dei documenti falsi.

Chi studia la guerra si chiede se abbia senso parlare di strategie di sopravvivenza in un contesto cosi' imprevedibile e caotico, a maggior ragione per gli ebrei. La storia di Renzo e Nella dice di si'. Con i loro punti di riferimento aleatori e i loro bagagli minimi per non dare nell'occhio, i due giovani partono. Incontrano rifiuti, paura, impreviste solidarieta'. Finche' trovano rifugio nell'ospedale psichiatrico di San Maurizio Canavese, dove Renzo assume la parte di malato, Nella di sua assistente. Per lui, significhera' simulare disturbi devastanti, sopportare terapie che rendano plausibile la finzione; per tutti e due, vivere in allarme continuo, rinunciare a gran parte degli spazi privati, vigilare su ogni dettaglio dei comportamenti. Rimarranno a San Maurizio fino alla liberazione.

In quei mesi Renzo aveva tenuto un diario, in cui narrava fatti e sentimenti di chi si trova in una condizione di massimo rischio, e lo sa. Proprio rifacendosi al diario, aveva raccontato alla figlia quegli anni, a poco a poco, nella forma che riteneva adatta a una bambina, una adolescente, una ragazza.

Solo dopo la morte di lui, Anna aveva potuto leggere per intero quelle pagine sbiadite dal tempo. Erano gli anni Ottanta, si andava intensificando l'interesse per la deportazione, ma il tema dei salvataggi durante la seconda guerra mondiale era pressoche' ignorato. In un paese che dalla pretesa assenza di antiebraismo rivendica un aspetto fondante della propria identita', sembra un paradosso. Non e' del tutto cosi'.

Da un lato, la Shoah e' stata a lungo identificata con il Lager, e le sofferenze patite da chi e' riuscito a sfuggire alla deportazione sono rimaste ai margini.

D'altro lato, dominava (domina?) ancora sul piano simbolico e politico una delle basi tradizionali della cittadinanza, che lega la sua pienezza alla prerogativa del portare le armi, secondo un paradigma maschile e guerriero del rapporto individuo/stato. La pensavano a questo modo anche grandi intellettuali ebrei. In un libro insuperato sul 16 ottobre 1943 a Roma, Giacomo Debenedetti rivendica per le vittime ebree lo stesso statuto storico del combattente in armi, trasfigurando nella figura "eroica" del caduto quelle e quelli che sarebbe piu' giusto definire semplicemente i morti: "e se un giorno, a questi caduti, si vorra' dare una ricompensa al valore, non certo noi, gli ebrei sopravvissuti, la rifiuteremo; ma non si conino apposite medaglie, non si stampino speciali diplomi: siano le medaglie e i diplomi degli altri soldati. Soldato Coen... Soldato Levi... Soldato Abramovic... Soldato Chaim Blumenthal, di anni cinque, caduto a Leopoli, in mezzo alla sua famiglia, mentre, con le mani legate dietro la schiena, ancora difendeva, ancora testimoniava la causa della liberta'". Con Anna, ci chiedevamo se qualcuno all'epoca avesso colto la dissonanza fra il titolo di soldato e la vittima assoluta che era stato quel piccolino.

Nasce anche da questo orizzonte, non solo italiano, il disinteresse della storiografia e dei media verso le forme di resistenza nonviolenta, verso la lotta dei piu' vulnerabili e dei loro pochi protettori per far fronte a un nemico strapotente, a virtu' come la capacita' di "maneggiare" le situazioni e il coraggio morale - le risorse principali nelle azioni di salvataggio e autosalvataggio.

Infatti a raccontare sono stati quasi sempre i sopravvissuti o i loro parenti, e senza di loro i protagonisti sarebbero rimasti totalmente sconosciuti; molti lo sono ancora.

Bisogna aggiungere che fra i pochi salvatori italiani su grande scala si contano figure scomode, accolte nella memoria nazionale da poco tempo - basta pensare a Giorgio Perlasca, che strappa ai nazisti un gran numero di ebrei di Budapest nonostante sia (sia stato) fascista, e nello stesso tempo perche' e' (e' stato) un fascista e ha combattuto al fianco dei fascisti spagnoli. Ad Anna e a me, sembrava una storia fatta apposta per gettare nell'imbarazzo chi giudica le persone dalla loro etichetta politica piu' che dai loro comportamenti.

Credo contasse e conti anche un altro timore: censire e raccontare le storie di salvataggio smentirebbe l'idea che fosse impossibile fare alcunche'; mostrerebbe che l'aiuto si sviluppa quando e' chiaro che per gli ebrei si tratta di vita o di morte, ma anche che la Germania ha ormai perso la guerra; che, a dispetto del mito nazionale del buon italiano, ad agire e' una minoranza. Ma una minoranza abbastanza consistente e variegata da contrastare l'immagine opposta di un popolo geneticamente opportunista e fascistoide. Stereotipi speculari, che consideravamo escamotages per schivare i dilemmi veri.

Il diario e' rimasto a lungo in un cassetto. Sulla possibilita' e utilita' di pubblicarlo, Anna aveva chiesto consiglio a qualcuno dei nostri "padri simbolici", Primo Levi, Nuto Revelli, e agli amici piu' vicini, me compresa. Avevamo molto discusso intorno al peso incombente sulle "candele della memoria", vale a dire su chi, in una famiglia o una comunita', si fa carico di ricordare e far ricordare; intorno alla difficolta' di svelare squarci di una storia intima, in cui i genitori, primi punti fermi di una figlia, primi suoi mediatori con il mondo esterno, compaiono nel loro coraggio, ma anche nella loro fragilita' e dipendenza.

Dopo anni di esitazioni e rimandi, il libro era uscito da Sellerio nel '95, titolo Venti mesi, introdotto da Nicola Tranfaglia, e accompagnato da una splendida Premessa di Anna; e' stato uno dei primi contributi per una storia dei salvataggi in Italia. Per decidere di pubblicarlo ci e' voluta molta forza, e Anna l'ha tratta da due impulsi potenti: il desiderio di rendere giustizia al "suo" salvatore, il professor Carlo Angela, la convinzione che era il momento di dare spazio nel discorso pubblico a queste vicende e al loro significato.

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Ricordo molti discorsi fatti sui carnefici, sugli indifferenti, sui giusti, dove si affacciavano sempre i grandi nodi dell'autonomia di giudizio e della responsabilita' personale, cosi' come li ha formulato in particolare Hannah Arendt. Anna vedeva in Carlo Angela un esempio di questo doppio talento: pensare liberamente e agire di conseguenza; e via via che scopriva pezzi della sua vita, ne trovava conferme.

Nel 1943 Carlo Angela dirigeva la clinica psichiatrica Villa Turina Amione di San Maurizio Canavese, un paese delle valli torinesi. Aveva moglie e due figli, Sandra e Piero, appena adolescenti, aveva 70 anni e poca salute, era sotto sorveglianza come antifascista di lunga data; il paese era stato piu' volte rastrellato, fascisti e tedeschi entravano a loro piacere nella clinica, fra i dipendenti non mancavano i collaborazionisti. La situazione di Carlo Angela sembra il compendio di tutte le difficolta' soggettive e oggettive che sconsiglierebbero un impegno in prima persona; a molti ne e' bastata una sola per giustificarsi di non aver fatto nulla.

Eppure Angela fa: apre le porte a varie famiglie ebree, a antifascisti e a renitenti alle leve della neofascista repubblica di Salo'; scrive falsi certificati medici; fronteggia le ispezioni dei fascisti. Per Renzo e Nella arriva ad affrontare il temutissimo presidio fascista torinese dove si fa garante della loro identita' fittizia. Il paradosso per cui l'istituzione totale psichiatrica salva dall'istituzione totale assoluta che e' il Lager, parte dalla tenacia di Renzo e Nella, e si realizza grazie al coraggio e al senso di giustizia di una singola persona, appoggiata da un gruppo minuscolo di aiutanti; e in quei momenti, senza voler negare il ruolo di leggi, istituzioni, eventi militari, a essere decisivi sono gli individui, e' un si' o un no detto a un certo momento da una certa persona. In Italia esistevano in quegli anni decine di migliaia di medici, probabilmente centinaia di medici antifascisti, e a tanti di loro devono essere arrivate richieste di aiuto. Ma non si incontrano molti Carlo Angela. Per questo non ritenevamo l'antifascismo un dato di per se' dirimente.

Anna ha avuto bisogno di forza anche per il passo successivo, far conoscere il libro, presentarlo in pubblico, partecipare a dibattiti mettendo sul tavolo un pezzo di vita, un pezzo di se'. Venti mesi e' arrivato al figlio e alla figlia del professor Angela, che Anna, nata dopo la guerra, ancora non conosceva. Si e' visto cosi' che la storia viveva in due memorie familiari ricche e precise, e nel loro corredo di lettere, documenti, fotografie, oggetti - come la sterlina d'oro che Renzo aveva donato a Carlo Angela in segno di affetto e gratitudine.

Nell'incontro delle due memorie, le figure dei protagonisti si erano arricchite. Piero e Sandra ricordavano Renzo e Nella e alcuni episodi che li riguardavano, altri ne hanno appresi da Anna. Anna ha conosciuto aspetti del professore di cui non sapeva, gli anni di studi e di spesso avventurosi soggiorni all'estero, il suo ruolo importante nell'esperienza antifascista e libertaria di Democrazia sociale, la sua cultura scientifica avversa al biologismo razzista. E ogni scoperta per lei era un tassello prezioso del ritratto mentale che andava costruendosi. Tra i figli dei protagonisti e' nato un rapporto discontinuo, affettuoso e carico di significati. Senza Carlo Angela, forse Anna non sarebbe nata; senza Anna, Carlo Angela sarebbe probabilmente rimasto una figura luminosa nell'album privato dei suoi figli. Sia resa lode alla memoria familiare, che ha conservato storie come queste, creando i presupposti perche' entrassero nell'area del pubblicamente memorabile.

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Venti mesi e' stato importante dal punto di vista storiografico, ha avuto recensioni e echi sul piano internazionale: un mio contributo (mi scuso per l'autocitazione) sulla storia di Nella, Renzo e Carlo Angela, uscito di recente in un volume collettaneo negli Stati Uniti, ha suscitato uno speciale interesse. Naturalmente Anna l'aveva letto e corretto, come faceva con molti miei lavori - e qui c'era asimmetria: dati i miei temi di ricerca, erano molte di piu' le sue riletture di miei scritti che non le mie di suoi. Oggi quel suo sguardo amico e rigoroso mi manca come il dialogo quotidiano, perche' fra questi e altri aspetti del nostro rapporto non c'e' mai stata separazione.

Con il tempo, il libro ha fruttificato. Il 25 aprile del 2000, a San Maurizio, la cerimonia per il giorno della Liberazione e' stata semplice e bella: si e' scoperta una lapide in ricordo di Carlo Angela, la prima in Italia in cui compare l'espressione "resistenza civile". Alcuni studiosi e le autorita' locali hanno ricordato la vicenda, le suore che ancora si occupano della clinica hanno offerto un rinfresco, la banda del paese suonava canzoni anni Quaranta. Al centro della giornata, Sandra, Piero, e Anna, raggiante.

Ma per Carlo Angela lei voleva di piu': decide cosi' di chiedere che gli sia assegnato il titolo di Giusto fra le nazioni, gia' ammalata si districa nelle molte e giustamente complesse tappe necessarie per il riconoscimento, lo ottiene. E' stata una gioia e una vittoria.

Anna aveva nel cuore il professor Angela e i suoi figli, si sentiva in un certo senso garante e custode della sua memoria contro possibili usi strumentali; sul piano generale, le sembrava urgente opporsi alle banalizzazioni e ai fraintendimenti che circolavano sul tema dei salvataggi di ebrei. Il 27 gennaio del 2002, per esempio, sui media se ne era brevemento parlato, "spiegando" la scarsa conoscenza di quelle vicende con la scelta dei protagonisti di tacere per riserbo e per discrezione. Argomentazione inverificabile, che si arroga il diritto di decidere quali siano state le motivazioni di persone cui non si e' chiesto di raccontare quando sarebbe stato possibile farlo (e' quel che era accaduto a Carlo Angela). Argomentazione culturalmente miserevole: come hanno mostrato le ricerche, i salvatori non si assomigliano affatto fra loro, non possono in alcun modo essere ricondotti a un determinato "tipo" sociale e umano; e nonostante tutto, avrebbero prodigiosamente avuto in comune la vocazione sacrificale al silenzio! Ricordo l'irritazione che ci aveva preso allora, la lettera di protesta scritta a "Diario", che non si era astenuto dal fare propria quella sciocchezza.

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Forse la storia della pubblicazione di Venti mesi e del suo percorso successivo e' anche un esempio del rapporto di Anna con la cultura ebraica e con l'essere ebrea. Anna diffidava del filoebraismo acritico o interessato, delle "smancerie" sulla superiore intelligenza ebraica. Ragionava in termini di persone, non di gruppi. Respingeva sia le generalizzazioni e le definizioni troppo vincolanti, sia l'universalismo a tutti i costi, ma distinguendone le diverse matrici: una cosa era stato quello inclusivo, affettivo, estremista, del '68 e dei movimenti successivi, in cui non c'era letteralmente posto che per l'identita' unificante della politica, e le peculiarita' delle persone scomparivano. Tutt'altra cosa l'universalismo ottuso di questi anni, che reagisce alla sacralizzazione delle differenze minimizzandole in nome della comune natura umana - come se proprio questo non fosse gia' uno spartiacque fra culture.

Anna, credo di poter dire, vedeva l'essere ebrei come un'identita' condivisa filtrata da ciascuno in modi propri, come un nucleo fondativo della soggettivita' che poteva assumere sfumature diverse a seconda dei contesti e dei momenti. Lo vedeva come una ricchezza in alcuni aspetti "esportabile". Aveva una conoscenza notevole della cultura ebraica e ne era una dispensatrice - storie, tradizioni, libri, oggetti. Finche' ha potuto, ha festeggiato la Pasqua ebraica con una cena a casa sua per un gruppo di amici, ebrei e non ebrei, cui offriva i cibi prescritti dal rito, rievocandone il significato. Non contavano fedi e appartenenze, contava l'essere vicini, l'interesse reciproco, la buona curiosita', la capacita' di stupirsi.

Abbiamo parlato spesso di come far parte di una maggioranza o di una minoranza segni l'atteggiamento verso la cultura e la spiritualita' di origine, generalmente piu' distratto nel primo caso, piu' consapevole e impegnato alla salvaguardia dei valori nel secondo. Su questo a Anna capitava di scherzare; parlava ridendo di "ebrei e associati", intendendo per associati i suoi amici cattolici, o di nessuna religione, ma legati all'ebraismo dall'apprezzamento per la sua cultura, e - qui non rideva piu' - dalla convinzione che bisogna volere bene a Israele per quel che rappresenta per il popolo ebraico e per quel che ci rivela della storia umana.

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Nella Premessa a Venti mesi, Anna scrive: "Il rapporto con mio padre, nel suo duplice aspetto, di grande vicinanza e complicita' nell'infanzia, di contrasto (pur pieno di affetto) durante l'adolescenza, ha rappresentato uno dei nuclei portanti su cui si e' costruito tutto il mio modo di interpretare la vita, fino al momento attuale, quello in cui sto scrivendo. Nel bene e nel male, evidentemente, dandomi la sicurezza di chi ha imparato presto a radunare tutte le sue forze per seguire le proprie idee, e, al tempo stesso, ha conosciuto per tutta la vita l'ansia di abbandono vissuta precocemente non solo attraverso la morte, ma anche con la fatica di comunicare sensazioni e sentimenti, di comunicare anche a me stessa il mio reale malessere soffocato dai sensi di colpa". Anna doveva a Renzo la "curiosita' verso le storie del mondo", una cultura affinata ed eclettica, la paura di restare sola, forse alcuni incontri con la depressione - a volte diceva che la persecuzione aveva logorato le risorse psichiche del padre.

E a Nella Morelli, cosa doveva? Sempre nella Premessa si legge: "Mia madre era diversa, lei dalla tragedia aveva tratto forza; l'aver superato momenti terribili le aveva rinvigorito lo spirito vitale, intraprendente, gioviale, lei era altruista, disponibile, protettiva nei miei confronti, ma non indulgente. Al contrario di mio padre, non aveva maturato un'eccessiva ansia per il futuro, anzi, pensava di dover vivere al meglio il presente, e soprattutto di farlo vivere bene a me".

Sono parole di cui sento un'eco nei modi in cui Anna ha vissuto la malattia. Con smarrimento, paura, collera, tristezza infinita. Che le sono rimaste. Ma gradatamente le e' sbocciata anche tanta voglia di vivere, e al meglio possibile nella situazione data. Aveva conquistato piu' fiducia in se stessa, piu' fermezza nelle decisioni, un'elasticita' mentale che e' di pochi - mi raccontava con che nuova facilita' riusciva a intervenire nei dibattiti, di come il suo pensiero prendeva forma e fluiva spontaneamente mentre parlava, anche quando si trattava di temi nuovi. Continuava a fare lezione, a partecipare a convegni, metteva insieme persone, coordinava ricerche. Si concedeva piu' cose, oggetti per la casa, vestiti, viaggi, una scintillante auto blu, che aveva guidato in una sola tirata fino a Bolzano in occasione di una cerimonia per il premio Langer; si era fatta costruire un caminetto nel soggiorno della bella casa ai piedi della collina. Spero che non vi sembrino divagazioni: in quei tocchi di leggerezza e "frivolezza", in quel desiderio di agio, si esprimeva una Anna in parte nuova, meno doverista rispetto ai tempi in cui la nostra priorita' era la politica, piu' dolce con se stessa, piu' ragazzina, mi verrebbe da dire. E piu' creativa: sono certa che tutti riconoscono l'originalita' dell'Atlante, a cominciare dall'immagine di copertina, quasi un simbolo della sua sensibilita'.

Sono stati anni pieni. Anna si crogiolava nel calore della nuova famiglia in cui l'aveva introdotta Claudio, si godeva Leah, e Ada in versione materna. Sperimentava cose nuove, la discesa di un fiume in canoa con tanto di caschetto protettivo, nuove terapie per l'emicrania, l'incontro in canada con le balene, lo shatsu, la scrittura narrativa - ricordo un suo breve racconto in cui fotografava i vari tipi di borse che i pazienti in attesa della chemioterapia portavano con se' a Candiolo, scegliendo la strada difficile di far parlare gli oggetti e i gesti invece di descrivere i sentimenti. Faceva progetti: una vacanza, una speciale sorpresa per Claudio, un giro in Provenza alla ricerca delle terracotte locali, un soggiorno in una beauty farm dove tutti i trattamenti erano a base di uva, un libro da scrivere insieme sulla storia di Nella, Renzo e Carlo Angela, un altro che avrebbe dovuto intitolarsi "Intanto vivo" e raccontare come la malattia (certe malattie con l'"aura", il cancro, l'infarto) ridefiniscono le relazioni, certe amiche e amici che si dileguano, persone meno intime che corrono a starti vicino, alcuni che neppure chiedono: "come stai?", perche' e' faticoso cercare parole adatte, altri che pur rischiando la goffaggine, provano e riprovano a comunicare. Progettava il matrimonio, che e' avvenuto, e subito dopo un viaggio con Claudio ad Agrigento. Ma fino ad Agrigento non e' potuta arrivare.

Difficile non accorgersi di quanto Anna somigli a sua madre in questa determinazione a non disperdere il tempo che rimane, a capitalizzare le esperienze belle: "amore per la vita" l'ha definito Fabio Levi. Ricordo l'ammirazione che tutte e due avevamo per queste parole di un ex deportato: "ero la', e pensavo: Hitler puo' farmi di tutto, ma il fatto di aver vissuto bene, facendo quel che mi piaceva, divertendomi, quello non poteva togliermelo". Credo che la forza di Anna venisse anche dalla sua capacita' di fare propri messaggi fuggevoli.

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Non vorrei aver disegnato una immagine eroicistica. Disperazione e ripiegamento su se stessa a volte prevalevano. Come avrebbe potuto essere diversamente? Anna non coltivava illusioni, solo speranze, non aveva un atteggiamento guerresco verso la malattia, nessuna sfida prometeica, nessuna scorciatoia psicologista; sulle orme di Susan Sontag, rifiutava l'ideologia che riconduce il male alla depressione, e le guarigioni al pensiero positivo. Anna sapeva; ma voleva avere ancora bei giorni, passare tempo con le persone care, fare un'escursione in montagna, una nuotata al mare, un saggio, un corso. Questo e molto altro aveva raccontato in un'intervista a "Una citta'", uno dei testi piu' coraggiosi e generosi fra i tanti usciti finora.

Forse questo discorso sembra un'apologia, e non me ne dispiace. Anna la merita per molte ragioni, non ultimo un tratto cui mi affido per concludere, come mi sono affidata tante volte in passato per altre cose: la virtu' quotidiana della cura. Essere intelligenti e' facile, un po' piu', un po' meno lo siamo tutti. La differenza sta nel cuore. Ricordo come Anna si era prodigata per una amica argentina, il suo dolore per il dramma familiare di un'altra amica, la condivisione dei momenti difficili dei suoi cari; ricordo una sua visita notturna mentre ero in ospedale, e al mattino la aspettava la chemio.

*

I testi cui faccio riferimento, oltre che Renzo Segre, Venti mesi, Palermo, Sellerio 1995, sono:

- Hannah Arendt, Le origini del totalirismo, Edizioni di Comunita', Milano 1996, ed. or. 1951.

- Hannah Arendt, Appendice a La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli, Milano 1993, ed. or. 1963.

- Enrico Deaglio, La banalita' del bene, Feltrinelli, Milano 1991.

- Adriano Zamperini, Psicologia dell'inerzia e della solidarieta'. Lo spettatore di fronte alle atrocita' collettive, Einaudi, Torino 2001.

- Giacomo Debenedetti, 16 ottobre 1943, Editori Riuniti, Roma 1978.

- Anna Bravo, The rescued and the rescuers in private and public memories, in J. Zimmerman (ed), The Jews of Italy under Fascist and Nazi Rule: 1922-1945, Cambridge University Press, 2005.

 

4. DOCUMENTI. UNA LETTERA APERTA AL COMMISSARIO EUROPEO ALL'ENERGIA

[Riceviamo e diffondiamo]

 

Al Commissario Europeo all'Energia

e per opportuna conoscenza: ai capigruppo parlamentari del Parlamento Europeo, al prefetto di Viterbo, al sindaco del Comune di Viterbo, al presidente della Provincia di Viterbo, alla Presidente della Regione Lazio, all'assessore all'ambiente del Comune di Viterbo, a tutti i consiglieri del Comune di Viterbo, all'assessore all'ambiente della Provincia di Viterbo, a tutti i consiglieri della Provincia di Viterbo, all'assessore all'ambiente della Regione Lazio, a tutti i consiglieri della Regione Lazio, alla ministra dell'Ambiente, al ministro dell'Economia, al ministro della Salute, ai mezzi d'informazione locali e nazionali

Oggetto: Segnalazione ed appello contro il nucleare

*

Gentile Commissario Europeo all'Energia,

la decisione del governo italiano di promuovere il ritorno dell'Italia alla realizzazione di impianti intesi alla produzione di energia attraverso la tecnologia nucleare e' insensata, immorale, illegittima.

Insensata perche' l'intera umanita' e' consapevole dei danni e dei pericoli immensi che il nucleare militare e quello civile ad esso complementare implicano;

immorale perche' la scelta nucleare implica un male certo e grave all'umanita' e alla biosfera;

illegittima perche' nessun governo di un ordinamento giuridico democratico e' autorizzato a provocare tale danno.

Con la presente chiediamo che anche l'Unione Europea - di cui l'Italia fa parte - si associ alla richiesta che quella decisione sia revocata e siano conseguentemente revocate altresi' tutte le deliberazioni e le procedure a suo supporto poste in essere.

Restando a disposizione per ogni ulteriore informazione, distinti saluti,

*

le persone partecipanti all'incontro di formazione alla nonviolenza svoltosi domenica 23 gennaio 2011 presso il centro sociale "Valle Faul" di Viterbo

Viterbo, 30 gennaio 2011

Per comunicazioni: partecipanti agli incontri di formazione alla nonviolenza presso il centro sociale "Valle Faul", strada Castel d'Asso snc, 01100 Viterbo, e-mail: viterbooltreilmuro at gmail.com

 

5. MAESTRE. HANNAH ARENDT: NON CI SONO PARALLELI

[Da Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Edizioni di Comunita', Milano 1967, 1996, p. 607.

Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel 1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951), Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen (1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2. 1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita' e giudizio, Einaudi, Torino 2004; la recente Antologia, Feltrinelli, Milano 2006; i recentemente pubblicati Quaderni e diari, Neri Pozza, 2007. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005; Alois Prinz, Io, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 1999, 2009. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000]

 

Non ci sono paralleli con la vita nei campi di concentramento. Il suo orrore non puo' mai essere interamente percepito dall'immaginazione, perche' rimane al di fuori della vita e della morte.

 

6. MAESTRE. ROSA LUXEMBURG: LIBERTA'

[Da Rosa Luxemburg, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1967, 1976, p. 589.

Rosa Luxemburg, 1871-1919, e' una delle piu' limpide figure del movimento dei lavoratori e dell'impegno contro la guerra e contro l'autoritarismo. Assassinata, il suo cadavere fu gettato in un canale e ripescato solo mesi dopo; ci sono due epitaffi per lei scritti da Bertolt Brecht, che suonano cosi': Epitaffio (1919): "Ora e' sparita anche la Rosa rossa, / non si sa dov'e' sepolta. / Siccome ai poveri ha detto la verita' / i ricchi l'hanno spedita nell'aldila'"; Epitaffio per Rosa Luxemburg (1948): "Qui giace sepolta / Rosa Luxemburg / Un'ebrea polacca / Che combatte' in difesa dei lavoratori tedeschi, / Uccisa / Dagli oppressori tedeschi. Oppressi, / Seppellite la vostra discordia". Opere di Rosa Luxemburg: segnaliamo almeno due fondamentali raccolte di scritti in italiano: Scritti scelti, Einaudi, Torino 1975, 1976; Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1967, 1976 (con una ampia, fondamentale introduzione di Lelio Basso). Opere su Rosa Luxemburg: Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori, Milano 1977; Paul Froelich, Rosa Luxemburg, Rizzoli, Milano 1987; P. J. Nettl, Rosa Luxemburg, Il Saggiatore 1970; Daniel Guerin, Rosa Luxemburg e la spontaneita' rivoluzionaria, Mursia, Milano 1974; AA. VV., Rosa Luxemburg e lo sviluppo del pensiero marxista, Mazzotta, Milano 1977]

 

La liberta' e' sempre soltanto liberta' di chi pensa diversamente.

 

7. MAESTRE. SIMONE WEIL: UN TEMPO, OGGI

[Da Simone Weil, Quaderni. III, Adelphi, Milano 1988, p. 121.

Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita', abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu' importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita', poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi), Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr. AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985; Gabriella Fiori, Simone Weil. Biografia di un pensiero, Garzanti, Milano 1981, 1990; Eadem, Simone Weil. Una donna assoluta, La Tartaruga edizioni, Milano 1991, 2009; Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, Edb, Bologna 1997; Eadem, Simone Weil. Un'intima estraneita', Citta' Aperta, Troina (Enna) 2006; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano 1994]

 

Un tempo faticavo a capire come l'arte e la scienza potessero congiungersi. Oggi fatico a capire come le si possa distinguere.

 

8. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

9. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"

 

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.

E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

10. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Alessandro Aruffo, Thomas Sankara. Un rivoluzionario africano, Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2007, pp. 128, euro 7. Per richieste alla casa editrice: Massari Editore, casella postale 144, 01023 Bolsena (Vt), e-mail: erre.emme at enjoy.it, sito: www.enjoy.it/erre-emme

- Pierre Naville, Ricordi e pensieri. L'ultimo quaderno (1988-1993), Massari Editore, Bolsena (Viterbo) 2010, pp. 224, euro 12.

*

Riedizioni

- Cecilia Gibellini (a cura di), Tiziano, Rcs - Skira, Milano 2003, 2011, pp. 192, euro 1 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

12. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 451 del 30 gennaio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it