Coi piedi per terra. 325



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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 325 del 16 agosto 2010
 
In questo numero:
1. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Giulio Vittorangeli
2. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
 

1. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO GIULIO VITTORANGELI

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Giulio Vittorangeli.

Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Per un breve profilo di Giulio Vittorangeli - che e' da sempre uno dei principali collaboratori di questo foglio e degli amici piu' cari - si veda la risposta alla penultima domanda di questa intervista, in cui lui stesso cita una nostra presentazione della sua persona]

 

- Giulio Vittorangeli: Considerando la quantita' e la qualita' delle domande, ho cercato in alcuni casi di dare una risposta unitaria; in altri, non conoscendo nel dettaglio la tematica affrontata, non mi sono sentito di dare un giudizio. Mi preme, inoltre, sottolineare che le risposte non hanno nessuna pretesa di fornire certezze; piuttosto quanto scritto nasce dalla necessita' di ragionare, confrontarsi, fra dubbi e incertezze.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Giulio Vittorangeli: E' avvenuto agli inizi degli anni ’80. Allora militavo in un piccolo partito di sinistra, estremamente vivace dal punto di vista del dibattito e dell’analisi; oltre che partecipare a quello che possiamo definire l’arcipelago ecopacifista di quegli anni, sintetizzato nello slogan “agire localmente e pensare globalmente”.

C’era l’impegno contro la realizzazione della centrale nucleare a Montalto di Castro, contro l’ampliamento del poligono militare di Monteromano; e poi le grandi questioni internazionali, all’interno della Guerra fredda (conflitto Est-Ovest), rappresentata emblematicamente dall’installazione dei missili Cruise a Comiso e Pershing nell’Occidente e gli SS20 nell’Europa dell'Est.

Allo stesso tempo le lotte di liberazione nel cosiddetto Terzo Mondo definivano i contorni di un nuovo conflitto tra Nord e Sud. Si pensi alla lotta contro l’apartheid in Sudafrica, quella in Palestina, l’intero Centroamerica sconvolto dalla guerra di bassa intensita', in realta' ad alta intensità per le popolazioni che ferocemente la subivano. Non avrebbe risparmiato niente e nessuno: dall'arcivescovo monsignor Romero assassinato nel 1980 ai gesuiti trucidati nel 1989, sempre in Salvador. Dieci anni aperti pero' anche dalla speranza della rivoluzione sandinista in Nicaragua e terminati con la sua sconfitta ed involuzione. Evidentemente tutto questo imponeva una seria riflessione sul rapporto tra i mezzi ed il fine: per cui un fine che aveva bisogno di mezzi ingiusti non era un fine giusto.

Da qui l’incontro con la nonviolenza, in particolare con la figura e gli scritti di Aldo Capitini, a cui sarebbe seguito l’abbonamento ad "Azione nonviolenta", rivista fondata da Capitini stesso. Era la scelta della nonviolenza non come strumento tattico e contingente, ma come strategia irrinunciabile e come vera opzione di principio.

Allo stesso tempo una nonviolenza “impura”, perche' sceglieva (sotto la forma della solidarieta' internazionale) di schierarsi con gli oppressi, con chi lottava per la propria liberazione, non avendo paura di sporcarsi con la storia, ma avendo sempre la capacita' di ripulirsi. Cercava di superare il contrasto tra movimenti di liberazione e movimenti per la pace, tra le culture che li ispiravano: “Come essere solidali con i movimenti del Terzo Mondo che praticano la lotta armata, quando in Europa ci si batte per il disarmo totale?”.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?

- Giulio Vittorangeli: Come ho gia' detto, inizialmente dal punto di vista teorico, Aldo Capitini.

Poi, come compagno di strada, Alexander Langer. Ecopacifista concreto, dallo sguardo cosmopolita, portatore di speranza; una vita militante spesa con passione e con generosita', sempre e comunque dalla parte delle vittime a prescindere dal campo di appartenenza. Oltre che un maestro di inquietudini, non ha mai avuto una relazione pacificata con il mondo e non ha mai trovato pace per se stesso. Resta la sua eredita', come il testo intensamente, profondamente politico, scritto il 21 ottobre 1992, per commentare il suicidio di Gert Bastian e Petra Kelly, leaders dei Verdi tedeschi; e le ultime estreme parole, scritte in tedesco, lasciate ai piedi di un albicocco, il 3 luglio 1995: “Non siate tristi, continuate in cio' che era giusto”.

Infine, vorrei ricordare almeno tre personalita' imprescindibili, anche se non so se si possono iscrivere nell’albero genealogico della nonviolenza: Primo Levi, Virginia Woolf e Rosa Luxemburg. Primo Levi che ha saputo, dopo aver vissuto Auschwitz, non solo raccontarcelo memorabilmente ma interpretarlo con lucidita' in tutte le sue connessioni. Virginia Woolf, per aver messo in discussione le categorie  fondamentali della cultura patriarcale. Senza una stanza personale da dove poter pensare la vita e trasmettere pubblicamente le loro convinzioni, le donne si sentono estranee nel pensiero. Rosa Luxemburg, per aver saputo spaziare in un tempo ben piu' ampio di quello disegnato dalla politica del suo tempo e come il mondo era per lei la singolarita' di ogni essere umano, oltrepassando la visione gerarchica degli esseri, anche tra animali e umani, senza, per questo, mai cadere nella retorica e nel vago sentimentalismo.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Giulio Vittorangeli: Esiste una enorme bibliografia ed una enorme produzione editoriale sulla nonviolenza, dalla rivista "Azione nonviolenta" alle Edizioni del Movimento Nonviolento, dai Quaderni di Azione Nonviolenta ai "Quaderni Satyagraha" di Gandhi Edizioni (Pisa); dagli scritti e libri di e su Aldo Capitini, Mohandas K. Gandhi, Danilo Dolci, Martin Luther King, don Lorenzo Milani, Lev Tolstoj, Lanza del Vasto, ecc. Per cui proporrei semplicemente di iniziare a leggere uno qualsiasi degli autori considerati come “classici” della nonviolenza; se non piace, non c’e' problema, basta passare ad un altro, di modo che ciascuno - attraverso una propria strada, un proprio percorso letterario - possa costruire una personale bibliografia.

Quanto ai libri che dovrebbero essere presenti nelle biblioteche, penso che almeno uno per ognuno degli autori e delle personalita' fin qui citate sarebbe indispensabile.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?

- Giulio Vittorangeli: Penso sicuramente alle lotte in cui sono protagoniste le donne, i popoli indigeni, ed a tutte quelle che praticano forme di resistenza popolare non armata e creativa.

Guardando poi all’attualita' non si puo' non pensare, ancora una volta, al Medio Oriente ed al Centroamerica.

Credo che sia di vitale importanza sostenere quelle associazioni ed organizzazioni popolari (la societa' civile palestinese affiancata dai pacifisti israeliani) che cercano di trovare una via di uscita alla drammatica spirale di odio e di violenza tra palestinesi e israeliani. Una violenza fortemente asimmetrica, ma dolorosa per entrambe le parti.

Poi l’Honduras, con la lotta del Fronte Nazionale di Resistenza Popolare (movimento sociale ampio, eterogeneo e unitario), contro il colpo di Stato che ha rovesciato il governo di Manuel Zelaya.

In Italia abbiamo i movimenti cosiddetti territoriali: quello contro la Tav, il movimento No dal Molin, contro la base americana di Vicenza, quello contro il  Ponte sullo Stretto, ecc.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Giulio Vittorangeli: Considerando che viviamo in un mondo dominato da un solo sistema, il capitalismo patriarcale, militare e violento, e' evidente che l’impegno nonviolento deve orientarsi contro la violenza di genere, contro la guerra e la corsa agli armamenti, contro l’ingiustizia ecologica e quella sociale.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Giulio Vittorangeli: A livello nazionale, tanto per citare i primi che vengono in mente, il Movimento Nonviolento, Mir, Centro Gandhi di Pisa, Emergency, Amnesty International, ecc. Oltre ai movimenti territoriali citati precedentemente, aggiungerei il Centro nuovo modello di sviluppo di Vecchiano (Pisa) e lo stesso Centro di ricerca per la pace di Viterbo. Altrettanto importanti sono quelli “minori” che operano a livello locale: associazioni, movimenti sociali, organizzazioni della cosiddetta societa' civile. Senza pero' dimenticare i limiti e le contraddizioni di ciascuno, grandi e piccoli.

Per fare un esempio, mi ha sorpreso negativamente trovare citata tra queste organizzazioni (in piu' di una delle precedenti interviste) anche quella che ha ospitato in Italia il cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, invitato alla conferenza dal titolo: "Oltre la violenza e la poverta'. Proposte di cambiamento per l'America Latina". Era senz’altro la persona meno indicata a parlare di "proposte di cambiamento", avendo legittimato il colpo di stato in Honduras con cui ha avuto brutalmente termine il processo, questo si', di cambiamento avviato dal presidente Manuel Zelaya.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Giulio Vittorangeli: Premesso che non mi convince la visione “assolutista” della nonviolenza, considero la nonviolenza pluridimensionale l’umano ai tempi del disumano. Uno stile di vita ed un metodo per ottenere positivi cambiamenti sociali, senza che questo comporti distruzione, umiliazione, punizione di chi vi si oppone. La nonviolenza attiva e' una risorsa a disposizione di tutte le persone e di tutti i popoli per affermare i propri diritti e dunque la propria dignita'. Combattere percio' i meccanismi di oppressione e ingiustizia senza cadere prigionieri della spirale disumanizzante della violenza.

Detto questo, auspico l’attenzione concreta alle ragioni degli oppressi e considero la nonviolenza un elemento determinante della solidarieta' internazionale “tenerezza dei popoli”. Mi rendo conto che questo comporta una visione “eretica” della nonviolenza stessa (impura, come detto all’inizio dell’intervista) che forse fara' arricciare il naso a molti.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?

- Giulio Vittorangeli: Non e' facile, dal versante maschile, affrontare un tema come questo. Tra genere maschile e femminile esistono delle differenze, anche abbastanza marcate, nel definire che cosa intendiamo per femminismo e che cosa intendiamo per nonviolenza. Mi sembra, pero', che sia stato definitivamente messo in crisi lo stereotipo che vuole il genere femminile come quello “che da' la vita e la protegge” e il genere maschile come quello “che toglie invece la vita con violenza”. Certo, la guerra non e' mai stata abitudine femminile (si pensi al binomio guerra-violenza sessuale), e quello che continua a comparire sulla scena storica e' un genere maschile, e' un individuo mutilato, che lascia gran parte della sua esperienza in consegna al corpo femminile: la vita affettiva, la naturalita' del vivere. Una figura maschile predominante, contemporaneamente fragile e feroce. E' la debolezza maschile oggi a schiacciare le donne, le affossa perche' si continuano ad accettare ruoli di consolazione e di sostegno agli uomini.

Alla luce di queste brevi considerazioni, mi sembra molto appropriata la definizione che e' stata data del femminismo: “Non si tratta di una minoranza oppressa che si organizza su questioni valide ma pur sempre minori: si tratta della maggioranza del genere umano che afferma che ogni problema la riguarda”; e su questo si deve vedere come la scelta nonviolenta possa cancellare gli orrori della violenza e dell’ingiustizia di genere.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?

- Giulio Vittorangeli: C’e' una premessa che mi preme fare, e' quella che vede l’ecologia legata all’ingiustizia sociale. Dobbiamo tenere sempre presente che c’e' un miliardo di persone che vive al limite della sopravvivenza con appena un dollaro al giorno. E ci sono 2,6 miliardi (il 40% dell’umanita') che vive con meno di due dollari al giorno. Per cui un abitante degli Usa mediamente dispone di una ricchezza centinaia di volte superiore ad un abitante del Congo. Ora, se e' vero che la devastazione della natura e l’attuale riscaldamento globale colpiscono tutti i paesi, e' altrettanto vero che i ricchi hanno piu' possibilita' di adattarsi a mitigare gli effetti dannosi dei cambiamenti climatici. Pertanto l’ecologia implica una presa di posizione in primo luogo sul conflitto Nord-Sud, capitale e natura.

Partendo da questo la nonviolenza puo' dare un contributo determinante, non solo praticando uno stile di vita rispettoso della natura e delle sue risorse, ma nelle analisi e nella ricerca di alternative tra la logica produttivistica e competitiva del grande capitale e la difesa dell’ambiente.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?

- Giulio Vittorangeli: Se restringiamo il campo di analisi all’Italia, la situazione mi sembra veramente disarmante. Non siamo riusciti (non solo come movimento nonviolento) a porre un solo argine al dilagare dei “valori” razzisti,  del “mors tua vita mea”. C’e' stata e c’e' una sottovalutazione della questione razzista, che va ben oltre l’azione dell’attuale governo che, non a caso, punta il suo consenso sull’assecondare le viscere piu' basse dei propri cittadini. Mi sembra che la possibilita' di invertire la situazione sia estremamente legata al ruolo che sapranno svolgere gli immigrati stessi nel far valere i propri diritti. Sara' fondamentale la capacita' di creare un vasto movimento di migranti e di associazione antirazziste. Questo e' il nuovo terreno in cui dovra' misurarsi la nonviolenza.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?

- Giulio Vittorangeli: Penso che la lotta alla mafia non e' soltanto una opera di repressione, “ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti”, per ricordare le parole di Paolo Borsellino, pronunciate poco prima che fosse assassinato. In questo senso mi sembra che il lavoro culturale svolto da diverse associazioni (come Libera, il Centro di documentazione Peppino Impastato, il Centro Studio Pio La Torre, i ragazzi di "Addio pizzo", di "E adesso ammazzateci tutti", l'Associazione Rita Atria, la Fondazione Antonio Caponetto e di tante altre, altrettanto attive e altrettanto importanti) abbia tutti i connotati di una lotta nonviolenta per la legalita' e contro il regime criminale mafioso.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?

- Giulio Vittorangeli: C’e' un paradigma dilagante che descrive le conseguenze del mondo in cui viviamo, ma non analizza le cause. Mi sembra particolarmente evidente nell’attuale conflitto capitale-lavoro. Lo sfruttamento non diminuisce, semmai si estende e torna prepotentemente, anche sotto forma di schiavitu', nei cosiddetti punti alti dello sviluppo. Basta vedere il tentativo, per il momento fallito, della Fiat di introdurre nello stabilimento di Pomigliano d’Arco il meccanismo delle "zone franche", zone industriali dove i salari, i diritti, i tempi di lavoro sono completamente sganciati dalla legislazione e dalla contrattazione nazionale. E' il meccanismo gia' conosciuto delle maquiladoras, presenti in Centroamerica, rilocalizzato pero' dentro il cosiddetto Primo Mondo. Tutto questo dovrebbe spingere lo stesso movimento nonviolento a pensare ancora piu' in grande la liberazione di masse di poveri, di oppressi e di emarginati divenute, a tutte le latitudini, piu' numerose. A cercare nuove forme che permettano di trasformare i rapporti sociali di produzione, in modo da rendere la societa' a misura dell’essere umano: una societa' di liberi e uguali.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?

- Giulio Vittorangeli: Come prima cosa dobbiamo riconoscere che la relazione tra strategia liberatrice armata e nonviolenza e' stata, ed e', incentrata sulla diffidenza e la polemica. Per i movimenti di liberazione, il discorso nonviolento copre la violenza del sistema e, pertanto, non reagisce in modo efficace contro di essa. La critica e' verso chi considerava normale la violenza dei piu' forti e demonizza la violenza dei piu' deboli. In effetti la nonviolenza, definita essenzialmente come alternativa alla lotta armata, si presenta come contrapposta alla cultura della liberazione, finendo con il diventare un'arma ideologica della conservazione che occulta la violenza del sistema in cui viviamo. Conseguentemente la prospettiva nonviolenta, dissociata dalla cultura della liberazione, rischia di eclissare il suo obiettivo di trasformazione globale e strutturale, e di rimanere prigioniera del solo orizzonte metafisico e aconflittuale. Per i nonviolenti, i movimenti di liberazione oppongono alla violenza vigente un’altra forma di violenza e di conseguenza non riescono a cambiare profondamente le cose perche' mezzi violenti possono solo generare nuove situazioni di violenza. In effetti, separata dalla prospettiva nonviolenta, la cultura della liberazione rischia di perdere di vista il carattere alternativo del suo progetto di liberazione, che appunto puo' essere definito solo in antitesi al sistema imperniato sulla violenza. Una contrapposizione radicale che, paralizzando entrambe, ha impoverito il loro impatto trasformatore della storia. E' possibile, invece della sterile contrapposizione, un incontro tra le due culture per spezzare il dominio dell'ingiustizia e della violenza nella storia? In questo caso la cultura della nonviolenza non e' solo strategica, ma un'alternativa di cultura e di civilta', che inevitabilmente si trova a doversi schierare nel conflitto Nord-Sud, imperi-popoli. Una prospettiva nonviolenta elaborata percio' dal punto di vista dei popoli oppressi che prendono coscienza del loro diritto non solo alla vita, ma alla liberta' ed all'iniziativa storica. L'esperienza del Nicaragua sandinista, con la scelta rivoluzionaria dei cristiani, ha rappresentato un tentativo assai significativo di articolare la cultura della liberazione e della nonviolenza. “Considerare l’opzione per gli oppressi come anima della rivoluzione recava con se' anche una opzione strategica. Cioe' che se la rivoluzione aveva dovuto ricorrere alle armi per spezzare la violenza schiacciante della dittatura, l’asse della sua strategia non era la forza delle armi, bensi' la forza del diritto, la giustizia, la solidarieta', l’amore. Solo una strategia nonviolenta, proclamava il sandinismo, poteva fondare una societa' nonviolenta e contribuire alla gestazione di una civilta' alternativa (...) Essa infine crea le condizioni di quella confluenza tra marxismo e cristianesimo, che e' una delle caratteristiche piu' innovative di quella rivoluzione" (Giulio Girardi). Sull'esperienza sandinista Girardi ha scritto pagine interessantissime ed umanamente commoventi; cito, per tutti, il libro Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, Borla, Roma 1986. Un'ultima considerazione: in perfetta buona fede, il termine nonviolenza e' stato genericamente schiacciato sulla questione dell’uso o non uso delle armi, con risultati molto riduttivi, finendo con il perdere di vista la pari dignita' tra mezzi e fini. Se analizziamo le cosiddette “rivoluzioni colorate”, quelle che, a partire dal modello applicato in Serbia nel 1999 dal movimento Otpor per scalzare il regime di Milosevic, sono state esportate in altri paesi dell’ex-Urss; possiamo affermare che sono rivoluzioni nonviolente nei mezzi, ma assai discutibili per quanto riguarda i fini, che si riducono ad essere un generico ingresso nelle democrazie capitaliste, spesso all’insegna di uno sfrenato neoliberismo. Si evita la violenza diretta della lotta armata, ma si cade “dalla padella nella brace” di una violenza strutturale persino peggiore di quella dei regimi precedenti. Se poi aggiungiamo che queste rivoluzioni sono state finanziate e sostenute da varie fondazioni statunitensi, ed agenzie collegate piu' o meno direttamente con la Cia, allora  possiamo parlare (non tanto provocatoriamente) di “nonviolenza della Cia”. Mi sembra che anche su questo manchi una seria riflessione da parte del movimento nonviolento; l’unica avanzata e' stata da parte di Nanni Salio nei "Quaderni Satyagraha".

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo, tra nonviolenza e antimilitarismo, tra nonviolenza e disarmo?

- Giulio Vittorangeli: Provo ad articolare la risposta sintetizzando la domanda in “quali rapporti esistono tra nonviolenza e movimento pacifista”. Nei “Comitati per la pace” degli anni ’80 si era avviata una prima e feconda riflessione su temi quali: nonviolenza, pacifismo, antimilitarismo, disarmo, riconversione delle fabbriche che producevano armi, ecc. Riflessione non facile, ma estremamente interessante; purtroppo andata dispersa, anche nella memoria storica, con l’esaurirsi di quella prima spinta verso la pace e contro la guerra. E' evidente che, oggi, un primo rapporto tra queste tematiche (per quanto indispensabile) puo' avvenire ad un livello teorico, di analisi, chiarendo anzitutto che cosa si identifica con questi termini. Evitando l’inconveniente di usare spesso le medesime parole, per indicare in realta' concezioni e valori diversi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?

- Giulio Vittorangeli: Su questo mi sembra che, ancora oggi, l’esperienza di Basaglia resti la piu' avanzata. La consapevolezza che un altro modo di curare e' possibile; che non c’e' piu' il malato di mente “pericoloso per se' e per gli altri e di pubblico scandalo”, ma una persona bisognosa di cure. Un individuo che, pur vivendo un profondo disagio, ha in se' risorse per vivere, amare, che ha capacita' di scelta ed e' comunque soggetto di diritto. Antitotalitarismo, antiautoritarismo, l’affermazione dei diritti civili per tutti, non sono ideologia ma conquiste dell’umano; e su questo la nonviolenza puo' apportare un contributo importante. Considerando che, se In Italia i manicomi sono stati chiusi, la “cultura” manicomiale resta “aperta”. Infine credo che sia importante ricordare anche la lezione di Marco Lombardo Radice, in particolare per la psicoterapia dei bambini.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?

- Giulio Vittorangeli: Un rapporto non facile, considerando lo stato e la qualita' della stampa italiana. E' qualcosa che va ben oltre la cosiddetta legge bavaglio. Troppo spesso l’informazione ha scelto da sola di abdicare alla propria liberta'. Lo ha fatto, esemplarmente, tanto per fare un esempio, sulla questione immigrazione. Dove i nostri media hanno colpevolmente voluto narrare una realta' ingannevole, quella che equiparava l’immigrazione alla criminalita'. Credo, invece, che la nonviolenza possa e debba impegnarsi attraverso i canali di quella che possiamo considerare una informazione alternativa, ad iniziare da Peacelink.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?

- Giulio Vittorangeli: Oggi, assistiamo all’uso politico della religione come uno strumento di terrore da un lato, o di disciplina e di controllo dall’altro. Mi sembra che la nonviolenza dovrebbe non solo tentare di rompere questo uso politico e violento, ma anche costruire un ponte con quelle teologie che parlano non solo di peccato individuale ma anche di peccato sociale e strutturale. C’e' un libro, che mi sembra in questo senso estremamente interessante, scritto da Miguel d’Escoto con il titolo Antimperialismo e nonviolenza (Ocean Sur, 2009). “Questo libro - cito dall’introduzione - ha l’obiettivo di aiutare a risvegliare la coscienza sulla nonviolenza militante di Gesu' e sull’antimperialismo. Vogliamo far si' che si comprenda che ogni seguace di Gesu' deve essere nonviolento e, pertanto, anche antimperialista, poiche' l’imperialismo e' sempre violento, criminale e terroristico”.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?

- Giulio Vittorangeli: Il termine educazione e' estremamente vasto; riguarda la famiglia, la scuola, l’intera societa'. L’unica cosa che mi viene in mente, e' che bisogna trovare un linguaggio, anche nell’educazione, che non abbia paura di sporcarsi le mani, di accogliere il presente con il suo miliardo di contraddizioni.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Giulio Vittorangeli: Penso che questo metodo rappresenta un’ulteriore aspetto della democrazia; un ulteriore passo avanti del principio nonviolento per il quale “le teste non si tagliano ma si contano”. Mi sembra una forma di democrazia diretta.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene più importanti, e perche'?

- Giulio Vittorangeli: Dipendono chiaramente dalla situazione di conflitto in cui si deve intervenire. In linea generale penso a “brigate della pace” che intraprendono missioni neutrali di pacificazione, mantenimento della pace, servizio umanitario, monitorare un cessate il fuoco e la violazioni dei diritti umani, offrire servizi di mediazione, intraprendere opere di ricostruzione e riconciliazione. Non solo, ma anche la realizzazione di guardie del corpo non armate per l’accompagnamento protettivo internazionale di attivisti locali per i diritti umani che vivono sotto la minaccia di rapimento o assassinio. Fino alla possibilita' di cooperare con governi interessati a sviluppare un progetto di Difesa popolare nonviolenta.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza e l'addestramento all'azione nonviolenta?

- Giulio Vittorangeli: Su entrambi, formazione ed addestramento, ho un’esperienza personale estremamente limitata, per cui non mi sento in grado di rispondere. Anche se mi sembra che riguardi la dimensione dell’imparare attraverso il fare.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che piu' adeguatamente  contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Giulio Vittorangeli: Penso ai centri ed organizzazioni citati nelle precedenti risposte. Dalla rivista "Azione nonviolenta" a "Quaderni Satyagraha", da Peacereporter a Peacelink; e poi il lavoro fatto in questi ultimi dieci anni dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Giulio Vittorangeli: Non conoscendo l’ambito scolastico ed universitario, non mi sento di dare un giudizio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?

- Giulio Vittorangeli: Il problema della marginalita' ed ininfluenza naturalmente non riguarda solamente il movimento nonviolento, ma l’intero movimento ecopacifista. Credo che questi movimenti sono di fatto invisibili perche' annichiliti troppe volte non solo dalle guerrafondaie strategie dei neoimperi, ma dalla volonta' bipartisan (tutta italiana) e da una sinistra che li ha cancellati dall'agenda. Ci troviamo davanti a “mille movimenti” che non fanno sistema perche' privi di una sponda politica credibile nella quale riconoscersi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se si', come?

- Giulio Vittorangeli: Non ho una risposta precisa sulle organizzazioni inedite ed originali di cui dotarsi. Anzitutto perche' questo problema riguarda (come ricordato precedentemente) tutti i movimenti sociali. E' necessario, percio', superare gli steccati che separano tra loro i movimenti, cominciando laddove le affinita' sono maggiori e dove quindi le sinergie possono facilmente essere messe in campo, e stabilire reti di collaborazione su piattaforme e valori comuni per avere impatto e per costruire una massa critica di cui si debba tener conto. E' altresi' importante individuare degli “attrattori”, come nel caso del referendum contro la privatizzazione dell’acqua.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?

- Giulio Vittorangeli: La proposta (certamente scontata, ma altrettanto difficile da realizzare), e' quella di creare una rete leggera tra varie testate e riviste affini, per contribuire a promuovere un’elaborazione e un’analisi collettiva indispensabile per un progetto credibile di trasformazione della societa'.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e movimenti sociali: quali rapporti?

- Giulio Vittorangeli: Credo di aver risposto, auspicando il superamento degli steccati.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e istituzioni: quali rapporti?

- Giulio Vittorangeli: Sarebbe auspicabile una totale collaborazione; ma la realta' e' estremamente diversa. Non vedo governi impegnati a realizzare progetti di Difesa popolare nonviolenta. Estremamente rari mi sembrano, in Italia, gli enti locali seriamente impegnati sulle tematiche della pace, della nonviolenza e della solidarieta' tra i popoli.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cultura: quali rapporti?

- Giulio Vittorangeli: La cultura della pace e della nonviolenza e', in definitiva, una cultura dell’umanizzazione (si veda la lezione di Rosa Luxemburg: “Ahime'! Non conosco la ricetta che permetterebbe di comportarsi come un essere umano, so solo come lo si e'...”) che ha tuttavia bisogno anche di canali istituzionali per potersi radicalmente affermare. E qui ritorniamo ai limiti segnalati nella precedente risposta.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e forze politiche, nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?

- Giulio Vittorangeli: Pur non mettendo sullo stesso piano le forze politiche e le organizzazioni sindacali, e' evidente che l’involuzione sociale subita dall’intera societa' italiana ha avuto conseguenze deleterie sui partiti politici, sempre piu' prigionieri della cosiddetta realpolitik, e sui sindacati, che subiscono gli effetti devastanti della gobalizzazione che spinge ad uno stato di conflitto permanente fra classi povere del Nord e del Sud del mondo. In questa situazione, non solo la nonviolenza, ma l’intero arco del movimento ecopacifista e' stato cancellato sicuramente dall'agenda politica e non preso in considerazione da quella sindacale.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e pratiche artistiche: quali rapporti?

- Giulio Vittorangeli: Fatico a rispondere, forse perche' non mi e' chiara la domanda, come se dovessi considerare l’esistenza anche di un’arte “violenta”. Altra cosa mi sembra l’impegno degli artisti per la nonviolenza e la trasformazione sociale; ma e' un campo che non conosco.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella sua esperienza essa si e' data?

- Giulio Vittorangeli: Considero certamente l’amicizia uno degli elementi fondamentali del vivere. Gli amici, ognuno il risultato prezioso e ogni volta nuovo di quella irripetibile combinazione di biologico, storia, idee, scambi, esperienze, errori, tentativi, pensieri, slanci, dolori, passioni, cicatrici, curiosita' che differenziano in modo irriducibile le funzioni e le facolta' umane, che restano, quelle si', per sempre ed ovunque universali. Eppure le mie amicizie non sono nate esclusivamente nell’ambito della nonviolenza; anche se poi hanno cercato di strutturarsi sul modello nonviolento, purtroppo non sempre riuscendovi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e percezione dell'unita' dell'umanita': quale relazione e quali implicazioni?

- Giulio Vittorangeli: Potrei rispondere invertendo gli elementi citati precedentemente, che l’unita' dell’umanita' e' in definitiva una cultura della pace, della nonviolenza e della solidarieta' tra i popoli.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e politica: quale relazione?

- Giulio Vittorangeli: Si puo' affermare, come fatto da molti, che la nonviolenza e' politica, o non e'. Come a dire che sono due facce della stessa medaglia. Resta, pero', il problema di definire cosa intendiamo per politica.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e vita quotidiana, nonviolenza e cura del territorio in cui si vive, nonviolenza e cura delle persone con cui si vive: quali relazioni?

- Giulio Vittorangeli: Mi sembra che si possa tentare un’unica risposta, considerando che la vita quotidiana comporta il relazionarsi con il territorio e l’interagire con le persone con cui ogni giorno entriamo in contatto. Una triplice relazione certamente non facile, per tutti. Alexander Langer proponeva di agire piu' lentamente e piu' dolcemente o soavemente; ma lui la lentezza non l’ha mai praticata, travolto com’era dalle urgenze del mondo. Gandhi affermava: “Sii il cambiamento che tu desideri vedere nel mondo”. Come a dire, che la societa' di domani va pensata e costruita giorno per giorno, per tentativi ed errori, senza grandi modelli reali, o immaginari, a cui far riferimento; attrezzandosi, per quanto possibile, per far fronte a passaggi drammatici e rotture improvvise. Un cambiamento personale, pero' fine a se stesso, non mi interessa.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?

- Giulio Vittorangeli: La morte e' un fatto inevitabile, che appartiene alla vita degli esseri umani; eppure non riesco ad accettarla e tanto meno a relazionarla con la nonviolenza; anche se e' stato scritto che “l’estrema conseguenza di praticare la nonviolenza e' accettare di ricevere la morte”. Questo rovescio dell’esistenza corporea e' orrido. La separazione dalle persone amate mi rende nemico della morte, comune nemico. Preferisco l’umanita', comune sorella.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali le maggiori esperienze storiche della nonviolenza?

- Giulio Vittorangeli: Mi vengono in mente, forse perche' non opportunamente conosciute e studiate, la resistenza contro l’occupazione tedesca in Danimarca e la resistenza nonviolenta in Norvegia.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale e' lo stato della nonviolenza oggi nel mondo?

- Giulio Vittorangeli: Difficile dare una risposta, considerando la legittimazione di cui oramai gode la guerra a livello mondiale. Mi sembra pero' che molti popoli, in particolare nell’America latina, usino nella lotta forme che si avvicinano di molto alla nonviolenza attiva. Certo che la nonviolenza per essere credibile deve essere praticabile. Se e' resa possibile, se raggiunge gli obiettivi, trovera' molti sostenitori in ogni popolazione.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale e' lo stato della nonviolenza oggi in Italia?

- Giulio Vittorangeli: Corrisponde allo stato in cui si trovano tutti gli altri movimenti che si oppongono al degrado politico e sociale che drammaticamente caratterizza la societa' italiana. Come giustamente si sosteneva in una precedente domanda predomina la marginalita', l’ininfluenza, l’inadeguatezza; ed aggiungerei l’eccessiva frammentazione e soprattutto l’incapacita' di diventare soggetto politico.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: E' adeguato il rapporto tra movimenti nonviolenti italiani e movimenti di altri paesi? E come migliorarlo?

- Giulio Vittorangeli: Conosco superficialmente i movimenti nonviolenti italiani ed ancor meno quelli degli altri paesi per poter dare una risposta significativa.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia?

- Giulio Vittorangeli: Una percezione decisamente errata. Nella migliore della ipotesi una sorta di "resistenza passiva", o peggio ancora di chi non ricorre alla violenza, o alle armi, per pura vilta'.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative intraprendere perche' vi sia da parte dell'opinione pubblica una percezione corretta e una conoscenza adeguata della nonviolenza?

- Giulio Vittorangeli: Decisamente sul versante dell’informazione e della conoscenza; anche se obiettivamente i mezzi e gli strumenti di cui disponiamo sono limitati.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e stili di vita: quale relazione?

- Giulio Vittorangeli: Rinvio a quanto gia' espresso precedentemente in merito a nonviolenza e vita quotidiana. Posso solo confermare, purtroppo, la mia incapacita' di vivere piu' lentamente e dolcemente.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale relazione?

- Giulio Vittorangeli: Le parole certamente non sono secondarie, ed e' fondamentale ridare loro un peso. La parola e' potere, puo' essere sovversiva, puo' essere proiettile che uccide, pietra che schiaccia oppure narrazione di una rinascita. Dal versante della nonviolenza mi sembra estremamente importante soffermarci sul termine Satyagraha, che  indica il potere della nonviolenza che agisce nei conflitti per trasformarli e trascenderli verso realta' di pace.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e critica dell'industrialismo: quali implicazioni e conseguenze?

- Giulio Vittorangeli: Posso solo aggiungere qualcosa, rispetto a quanto gia' espresso precedentemente in merito alla questione ambientale. Viviamo in una specie di mondo ipercapitalistico, o turbocapitalistico, caratterizzato dall’intreccio capitalista-sviluppista-maschilista, in cui sono necessarie nuove forme di lotta fra lavoratori inquinati e classi dominanti inquinatrici. Forme di lotta che, comunque, hanno una dimensione planetaria; in cui la nonviolenza puo' e deve interagire con l’ecofemminismo.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e rispetto per i viventi, la biosfera, la "madre terra": quali implicazioni e conseguenze?

- Giulio Vittorangeli: Per rispondere non basterebbero cento libri... Una sola antica citazione, che mi sembra appropriata: “La terra e' madre di tutto cio' che e' animato, il legame comune delle generazioni passate, presenti e future”.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, compresenza, convivenza, scelte di vita comunitarie: quali implicazioni e conseguenze?

- Giulio Vittorangeli: Credo che per rispondere adeguatamente bisognerebbe aver vissuto queste scelte. Non essendo il mio caso, non so rispondere.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza, riconoscimento dell'altro, principio responsabilita', scelte di giustizia, misericordia: quali implicazioni e conseguenze?

- Giulio Vittorangeli: Certamente forzo un po’ la risposta; ma mi viene in mente la pedagogia liberatrice di Paulo Freire: “L’oppressore diventa solidale con gli oppressi quando il suo gesto cessa di essere un gesto sentimentale, di falsa religiosita' di carattere individuale, e diviene un atto d’amore. Quando gli oppressi non sono piu' per lui un nome astratto e diventano uomini concreti che subiscono ingiustizia”. “Nessuno - dice Freire - libera nessuno, nessuno si libera da solo: gli uomini si liberano nella comunione”.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e coscienza del limite: quali implicazioni e conseguenze?

- Giulio Vittorangeli: Proprio perche' conosco i miei limiti, piuttosto che dare una risposta scontata o banale, preferisco non rispondere.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?

- Giulio Vittorangeli: Nella direzione dell’utopia, per cui fai tre passi avanti per raggiungerla e quella si e' spostata di tre passi. A cosa serve allora? Serve per camminare.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e internet: quale relazione? e quali possibilita'?

- Giulio Vittorangeli: Sul ruolo di internet c’e' oggi un grande dibattito (su neutralita' e imparzialita' della rete) che tende ad evidenziare tutte le sue possibilita', soprattutto in termini di liberta' d’informazione, comunicazione, circolazione dei contenuti (la rete come un bene comune); quindi di democrazia. E' evidente che la nonviolenza deve “utilizzare” internet, senza pero' cadere nella trappola di considerarla come “il tutto”. Il rischio di restare chiusi in casa a scaricare da internet “tutto quanto avviene nel mondo” mi pare una sciocchezza infinita.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Giulio Vittorangeli: Non mi piace autopresentarmi, riporto (in forma sintetica) quanto gia' scritto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo: Giulio Vittorangeli e' nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili. E' il responsabile dell’Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un’alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un’intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni. Ha partecipato alla realizzazione, stesura e pubblicazione di tre libri: Que linda Nicaragua!, Associazione Italia Nicaragua, Fratelli Frilli editori, Genova 2005; Nicaraguita, la utopia de la ternura, Terra Nuova, Managua, Nicaragua, 2007; Nicaragua. Noi donne le invisibili, Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, Davide Ghaleb editore, Vetralla (Vt) 2009. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Attualmente cura il notiziario "Quelli che solidarieta'".

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'e' qualcosa che vorrebbe aggiungere?

- Giulio Vittorangeli: Una precisazione. Alcune di queste riflessioni sono gia' state pubblicate sul notiziario “La nonviolenza e' in cammino”; per quello che riguarda, invece, l’analisi dei rapporti tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli (sul valore rivoluzionario della nonviolenza compiuta in comunione e non gia' in contrapposizione coi movimenti di liberazione latinoamericani, che la violenza hanno sempre patito sulla propria carne ma che anche sono stati costretti dalla situazione storica a considerarla come un’opzione con cui confrontarsi), devo moltissimo alle riflessioni di Giulio Girardi, da cui ho mutuato idee e citazioni. Vorrei percio', approfittando di questo spazio per inviare un messaggio di fraternita' e di amicizia a Giulio Giradi; una delle voci piu' significative ed eterodosse della nostra cultura, maestro di prassi liberatrice, a cui tutti noi dobbiamo moltissimo.

 
2. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO AEREO
 
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti: e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
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COI PIEDI PER TERRA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 325 del 16 agosto 2010
 
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