Telegrammi. 282



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 282 del 14 agosto 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Daria Dibitonto
2. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Achille Scatamacola
3. Luigi Accattoli ricorda Rienzo Colla (2009)
4. Giorgio Nebbia: I vantaggi dell'ospitalita'
5. Il 15 agosto a Viterbo
6. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
7. "Azione nonviolenta"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
 
1. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO DARIA DIBITONTO

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Daria Dibitonto.

Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Per un profilo di Daria Dibitonto si veda la risposta alla penultima domanda di questa intervista]

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Daria Dibitonto: Da piccola, direi con la mia formazione cristiana e attraverso l’esempio gandhiano, che mi ha segnata da quando ho appreso la sua storia. L’incontro vero e proprio con il movimento nonviolento e' avvenuto attraverso un bellissimo campo di lavoro dedicato alle danze popolari (sono appassionata di tutti i tipi di danza) organizzato dal Mir (Movimento Internazionale per la Riconciliazione) del Piemonte nel 2002.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?

- Daria Dibitonto: Senz’altro Gandhi, perche' alla finezza di pensiero si accompagna il coraggio di agire e la saldezza della coerenza. Madre Teresa di Calcutta, perche' il suo sacrificio, la sua umilta' e la sua dedizione verso tutti i sofferenti sono un esempio senza eguali. Tuttavia la stessa filosofia, cui ho dedicato buona parte della mia esistenza, e' stata per me una scuola di nonviolenza: pensare e discorrere, riflettere e confrontarsi, conoscere e capire per poi agire con saggezza. Per questo, vorrei indicare anche Juergen Moltmann - teologo ma anche filosofo - come maestro di nonviolenza, anzi, ancor piu' come maestro d’amore per il mondo e per Dio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Daria Dibitonto: Tralascio i testi classici della nonviolenza per indicarne qualcuno meno tipico del movimento e tuttavia essenziale per riflettere sull’uomo (e su Dio): Pascal, Pensieri; Dietrich Bonhoeffer, Resistenza e resa; Ernst Bloch, Spirito dell’utopia; Juergen Moltmann, Teologia della speranza e Il Dio crocifisso; Luigi Pareyson, Verita' e interpretazione; Ugo Perone, Le passioni del finito; Jose' Saramago, Il vangelo secondo Gesu' Cristo. E, naturalmente, ancor piu' fecondamente se li si rilegge dopo Saramago (la cui tesi forte, acuta, dolorosa e' proprio la smisurata violenza di Dio), i Vangeli, canonici e apocrifi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?

- Daria Dibitonto: Le iniziative sono moltissime e fortunatamente si moltiplicano rapidamente - vorrei citare il lavoro di Avaaz, organizzazione internazionale che opera per lo piu' via internet nella raccolta di fondi e nella ricerca di membri, che opera come gruppo di pressione contro le scelte in largo senso “violente” dei governi dei paesi del mondo. E’ una strategia nuova e piuttosto efficace. Oltre a queste, ammiro in particolare Emergency in Italia, Medici senza frontiere nel mondo. Mi sembra tuttavia che il maggiore impegno dovrebbe essere impiegato nel coordinamento tra le azioni di ciascun gruppo, perche' troppo spesso si rischia di disperdere le forze con una incredibile frammentazione di azioni e iniziative.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Daria Dibitonto: La dimenticata fame nel mondo e la poverta' crescente - non solo materiale, ma anche intellettuale.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Daria Dibitonto: Gli consiglierei di seguire un campo di lavoro su un tema a lui caro, o che in qualche modo lo incuriosisce. Per scegliere l’organizzazione, invece, gli consiglierei di informarsi prima frequentandone qualche incontro, per rendersi conto della sua impostazione e gestione. A Torino, ad esempio, e' molto importante e fruttuoso il lavoro del Centro Studi per la Pace "Sereno Regis", dove si possono raccogliere tutte le informazioni necessarie a questo proposito e molti altri affini.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Daria Dibitonto: La definirei arte di ascoltare se stessi e gli altri, sospendendo il giudizio prima di passare all’azione, anche verbale. Ritengo che la nonviolenza cosi' intesa vada integrata con la capacita' di far confluire accoglienza e amore nei propri gesti e nelle proprie parole.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e altri movimenti di liberazione (femminismo, ecologia, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani, lotta antimafia, lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse, pacifismo, antimilitarismo, psicoterapie)?

- Daria Dibitonto: Penso che tutti i movimenti di liberazione dovrebbero conoscere la nonviolenza e possibilmente praticarla, cosi' come ritengo che sia una responsabilita' dei movimenti nonviolenti quella di cercare dialogo, confronto e collaborazione con tutti i movimenti di liberazione. Penso anche, tuttavia, che la liberazione dalla violenza - di qualsiasi natura - comporti spesso una reazione violenta, da contenere e arginare nella sua potenzialita' distruttiva, certo, ma da non stigmatizzare pregiudizialmente senza comprenderla e accoglierla. Questo elemento potrebbe infatti creare una dannosa separazione tra “nonviolenza” e “liberazione”.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?

- Daria Dibitonto: Penso che ci sia troppa superficialita' nell’uso delle parole e troppa indulgenza verso la violenza del linguaggio. I movimenti nonviolenti dovrebbero avere piu' a cuore questo tema. Trovo sconvolgente, scandaloso e deprecabile, a questo proposito, che un rettore italiano possa proporre, con atteggiamento orribilmente servilista, di dare la laurea honoris causa in Scienze della comunicazione a un violento della parola come Umberto Bossi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?

- Daria Dibitonto: Come ho scritto, penso che sia innanzitutto la riflessione filosofica ad apportare qualcosa alla nonviolenza: insegna a pensare, comprendere, conoscere, riflettere, e ad esaminare gli argomenti delle parti avverse (anche di noi stessi) prima di giudicare. E' un esercizio infinito in cui chiunque puo', anzi dovrebbe, sempre migliorarsi. La nonviolenza a sua volta provoca la filosofia: la violenza non e' un elemento intrinseco dell’umano, che va conosciuto come tale nella sua ineliminabilita', come spesso si e' portati filosoficamente a pensare, ma un elemento deviante, pericoloso e disturbante dell’uomo, che puo' essere compreso e poi abbandonato e superato. La riflessione sul "come" puo' diventare cosi' un campo condiviso da entrambe.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?

- Daria Dibitonto: La domanda e' troppo complessa per rispondere in breve e troppo seria per essere lasciata da parte (come molte altre di quest’intervista peraltro). Le religioni hanno caratteristiche troppo diverse per essere considerate cosi' generalmente. Bisogna almeno distinguere tra religioni monoteistiche e politeistiche, dove le prime piu' spesso si prestano ad essere asservite a fini di potere e controllo sociale, ad assurgere a norma di comportamento indiscutibilmente giusta, a diventare legge coercitiva e persino strumento di oppressione. In questo caso, la nonviolenza puo' valere come principio critico, come norma che scalza altre norme, puo' porsi come movimento che spinge a difendere l’inviolabilita' dell’umano anche di fronte a Dio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?

- Daria Dibitonto: Sono due gli elementi essenziali per credere che la nonviolenza sia possibile: fiducia nell’uomo e desiderio di bene. Le modalita' per alimentare l’uno e l’altro sono moltissime, la fantasia di ciascuno puo' e deve aiutare. Si tratta di una formazione complessa che dovrebbe prevedere una molteplicita' di esperienze: letture, riflessioni, pratiche di accoglienza dei piu' deboli, ma anche momenti di festa, di condivisione, di solidarieta'. Mi sembrano essenziali, pero', gli esempi concreti, le testimonianze personali: bisogna incontrare e conoscere di persona chi quotidianamente mette a servizio degli altri la propria vita, si sacrifica per aiutare ed umilmente riesce a rinnovarsi ogni giorno per esprimere ancora dolcezza, gioia, sensibilita', amore.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?

- Daria Dibitonto: A mio parere e' cosi', e in parte e' giusto che lo sia e continui ad esserlo: quello della nonviolenza e' un pensiero utopico e l’utopia non puo', forse nemmeno deve, essere un pensiero comune, condiviso dalla maggioranza delle persone e rappresentativo del realismo che orienta le nostre scelte quotidiane, ma e' semmai un pensiero dell’eccezione, dell’eccezionalita' tipica del sogno. E tuttavia quello della pace dev’essere un sogno alla portata di tutti, che tutti ritengano degno e nobile coltivare. Spesso i movimenti nonviolenti non sanno, non vogliono cedere al compromesso col realismo e reagiscono con un sdegno negativamente naif allo scetticismo diffuso. Questo atteggiamento aggrava la separazione tra le speranze di una parte e la disillusione dell’altra. D’altro canto, la percezione di una realta' fortemente connotata da atteggiamenti aggressivi, cosi' come l’uso strumentale e ideologico di ideali positivi, porta a non prestare fiducia nemmeno a chi persegue con coerenza i propri ideali, anzi addirittura a offendere indifferentemente gli uni (potenti facili a slogan in cui non credono con coerenza) e gli altri (persone seriamente impegnate a realizzare i propri ideali). Penso che i movimenti nonviolenti debbano imparare a contrastare serenamente la sfiducia con la semplicita' dell’esempio, e poi a lavorare di piu' in rete, a collaborare tra loro con maggiore efficacia e a usare un linguaggio pacato, profondo e pulito, che aiuti a raggiungere la facolta' di sognare la pace insita in ciascuno di noi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?

- Daria Dibitonto: Bella domanda. La morte sembra essere la violenza piu' grande nei confronti dell’uomo, anche quando non e' inflitta da un uomo contro un altro. La morte per malattia, ad esempio, soprattutto nei bambini piccoli, e' di fatto una violenza atroce, e infligge una violenza terribile a chi li ama. Cos’ha da dire la nonviolenza a questo proposito? C’e' qualcosa di evitabile nella violenza della malattia che porta alla morte? Secondo me in questo caso non si tratta di una violenza evitabile (semmai sono evitabili alcune forme di violenza con cui si affronta la malattia, ma non la morte di per se'), e tuttavia e' una violenza che pone domande ed esige risposte: perche' proprio a me, a mio figlio, a mio padre, a mia moglie? Che senso puo' ancora avere la mia vita senza di lui, senza di lei, senza quell’amore fondamentale e ora perduto? Ecco, a questo punto la nonviolenza puo' e deve riconoscere i propri limiti: non basta dire no alla violenza, bisogna creare spazio perche' la sofferenza che segue alla violenza della morte non uccida a sua volta e trovi le proprie giuste risposte. Per esempio, far crescere dentro se' il ricordo di un affetto, di un amore, come un seme che dara' altri buoni frutti anche nell’assenza, anche nella sofferenza.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e conoscenza di se': quale relazione?

- Daria Dibitonto: Per contrastare efficacemente la violenza negli altri e' innanzitutto essenziale conoscere le radici della propria tendenza alla violenza. L’aggressivita' esiste in ciascuno di noi, si puo' imparare a resisterle e ad arginarla, ma non la si puo' estirpare con un sol gesto. Perche' divento aggressiva, in quali occasioni? Cosa non riesco a tollerare, cosa devo imparare ad accettare? La conoscenza di se' e' il primo e forse piu' importante passo per conoscere, comprendere e accogliere i propri moti d’animo, sia graditi che sgraditi, e quindi per comportarsi similmente verso i moti dell’animo altrui e le conseguenze che provocano. Non ci puo' essere nonviolenza senza accoglienza, ma non puo' esserci accoglienza senza conoscenza di se'.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?

- Daria Dibitonto: In direzione dell’utopia di un mondo migliore, in direzione della pace, del bene, dell’armonia, dell’amore.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Daria Dibitonto: Ho subito fin da piccola il fascino della filosofia, e' la disciplina nella quale mi sento piu' a mio agio, perche' unisce in se' pluralita' e profondita' della conoscenza e consente di abbracciare il mondo con il pensiero. Le idee, le prospettive di senso, se confrontate con grazia e perizia, ampliano la fantasia, l’intelligenza, alimentano l’amore e leniscono le ferite dell’anima. Per questo, oltre a laurearmi e a conseguire un dottorato in filosofia presso l’Universita' del Piemonte Orientale, ho poi approfondito la consulenza filosofica con un master all’Universita' di Venezia. Dopo aver scritto un testo dedicato a Moltmann (Dio nel mondo e il mondo in Dio. Juergen Moltmann tra teologia e filosofia, Trauben 2007) e uno dedicato a Ernst Bloch (Luce, oscurita' e colore del desiderio. Un’eredita' non ancora indagata della filosofia di Ernst Bloch, Mimesis 2009), oggi mi occupo dei rapporti tra filosofia e psichiatria, grazie ad un assegno di ricerca dell’Universita' del Piemonte Orientale che prevede una pratica filosofica presso il Dipartimento di salute mentale dell’Asl To 5. La malattia mentale e' una forma di debolezza, di vulnerabilita' che permette di osservare da vicino le radici di diversi malesseri dell’uomo, ma che lo sollecita altrettanto nel porre rimedio anche all’irrimediabile, come ha gia' insegnato Franco Basaglia. Stare a contatto dei pazienti, passare del tempo a pensare con loro, e' un bellissimo modo per tenere viva l’utopia della comprensione dell’incomprensibile.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'e' qualcosa che vorrebbe aggiungere?

- Daria Dibitonto: Ho scelto di rispondere solo ad alcune domande per potervi dedicare la giusta attenzione e il giusto tempo. Mi sembra essenziale preferire la qualita' alla quantita', soprattutto in un tempo in cui accade prevalentemente il contrario. Tuttavia l’intervista risulta ugualmente lunghissima, ringrazio quindi chi avra' avuto la pazienza e la curiosita' di leggermi.

 

2. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO ACHILLE SCATAMACOLA
[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista ad Achille Scatamacola.

Achille Scatamacola e' un vecchio amico di questo foglio]

 
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?
- Achille Scatamacola: Giocando a scacchi, leggendo Leopardi, militando nella nuova sinistra negli anni Settanta del secolo scorso.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?
- Achille Scatamacola: Elenco alcuni nomi, tra molti altri che parimenti mi sono assai cari.
Dei defunti: Franco Basaglia, Franco Fortini, Franca Ongaro Basaglia.
Dei viventi: Renato Solmi, Silvia Vegetti Finzi, Giuliano Pontara.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Achille Scatamacola: A una persona giovane: Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza; Giovanni Cacioppo (a cura di), Il messaggio di Aldo Capitini; Vandana Shiva, Il bene comune della terra.
Nelle biblioteche: Aleksandr Solzenicyn e Varlan Salamov, Hannah Arendt e Primo Levi, Ivan Illich e Tzvetan Todorov.
Ma si potrebbe anche dire, per l'una e per le altre: i tragici greci, Cervantes, Melville. O anche: Ernst Bloch, Guenther Anders, Hans Jonas. O ancora: Virginia Woolf, Simone Weil, Simone de Beauvoir.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?
- Achille Scatamacola: Tutte le lotte delle donne per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per un mondo vivibile; tutte le iniziative che salvano le vite; ogni umana resistenza all'inumano.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Achille Scatamacola: Contro la guerra. Contro il colpo di stato razzista. Contro il maschilismo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Achille Scatamacola: Il Movimento Nonviolento, il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, le iniziative segnalate da Maria G. Di Rienzo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Achille Scatamacola: La lotta contro la violenza. L'ascolto. La misericordia.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo, tra nonviolenza ed ecologia, tra nonviolenza e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Achille Scatamacola: Se la nonviolenza non e' queste tre cose insieme, non e' nulla.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia, tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse, tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
- Achille Scatamacola: Nonviolenza e' antimafia. Nonviolenza e' da sempre la sola valida teoria-prassi delle classi oppresse in lotta. Solo la scelta della nonviolenza garantisce esiti di autentica liberazione alle lotte dei popoli.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo, nonviolenza e antimilitarismo, nonviolenza e disarmo?
- Achille Scatamacola: La nonviolenza e' l'azione per la pace con mezzi di pace; la nonviolenza e' l'antimilitarismo antimilitarista (quindi antigerarchico, antidogmatico ed antiautoritario); la nonviolenza e' il disarmo in tutte le strutture e in tutte le relazioni.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?
- Achille Scatamacola: Che si insegna solo con l'esempio. Che si apprende solo per amore. Che l'altro e' sempre infinitamente altro, ed infinitamente prossimo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?
- Achille Scatamacola: Ascoltare tutti, rispettare tutti, decidere insieme senza escludere nessuno.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?
- Achille Scatamacola: In Italia in questi ultimi dieci anni il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dagli anni Sessanta del secolo scorso il mensile fondato da Aldo Capitini "Azione nonviolenta". Tra le case editrici, lungo un secolo, la Laterza ispirata da Benedetto Croce.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?
- Achille Scatamacola: E' cosi'. Accade per lo scarso rigore di troppi che pretendono impancarsi ad amici della nonviolenza (o che vengono tenuti per tali). Per migliorare assai basterebbe anche solo un pizzico in piu' di modestia, di studio e d'impegno.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?
- Achille Scatamacola: Da Hans Jonas ad Albert Camus; da Franz Kafka a Giacomo Leopardi; da Rosa Luxemburg a Vandana Shiva.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?
- Achille Scatamacola: Di vista che si offusca, doloranti i denti e i nervi e i muscoli facciali a rendere difficile mangiare e parlare, e come la natura ama nascondersi.
 
3. MEMORIA. LUIGI ACCATTOLI RICORDA RIENZO COLLA (2009)
[Dal blog di Luigi Accattoli (www.luigiaccattoli.it/blog/) riprendiamo questo suo ricordo di Rienzo Colla dal titolo "Rienzo Colla che si cibava di locuste", originariamente apparso su "Il Regno" n. 16 del 2009.
Dal medesimo sito riprendiamo la seguente scheda biobibliografica su Luigi Accattoli: "Luigi Accattoli e' giornalista del 'Corriere della Sera' dal 1981, scrittore e conferenziere. Nato a Recanati (Macerata) nel 1943, vive a Roma con cinque figli (Valentino, Agnese, Beniamino, Matilde, Miriam) e la sposa Maria Luisa Cozzi. Dal 1975 al 1981 aveva lavorato alla 'Repubblica'. Collabora alla rivista 'Il Regno' dal 1973. Negli anni dell’Universita' (Lettere moderne a Roma), fece parte della Presidenza nazionale della Fuci, cooptato dai presidenti Giovanni Benzoni e Mirella Gallinaro (1968-1970) come redattore della rivista 'Ricerca'. E’ autore del volume Giovanni Paolo. La prima biografia completa, San Paolo 2006 (una prima edizione di questo lavoro, Karol Wojtyla. L’uomo di fine millennio, San Paolo 1998, era stata tradotta in nove lingue). Altre pubblicazioni: Cerco fatti di Vangelo. Inchiesta di fine millennio sui cristiani d’Italia, Sei 1995; Quando il Papa chiede perdono. Tutti i mea culpa di Giovanni Paolo II, Leonardo 1997 (tradotto in otto lingue e ripubblicato negli Oscar Mondadori); Vaticano. Vita quotidiana nella citta' del Papa, Arsenale Editrice 1998 (tradotto in quattro lingue); Islam. Storie italiane di buona convivenza, Edb 2004. I mass media, la famiglia, la vita cristiana nella citta' secolare sono gli argomenti dell’attivita' di conferenziere. Di questi temi tratta nei volumi Io non mi vergogno del Vangelo. Dieci provocazioni per la vita quotidiana del cristiano comune (Edb 1999, nove ristampe); Dimmi la tua regola di vita. Cinque tracce dell’avventura cristiana nella citta' mondiale (Edb 2002); Il Padre nostro e il desiderio di essere figli. Vademecum di un giornalista per abitare a lungo nella preghiera di Gesu' (Edb 2005)".
Rienzo Colla, persona buona, e' stato l'editore de La Locusta, dei cui libri tutti ci siamo nutriti]
 
L’avventura di un editore coraggioso
Rienzo Colla, fondatore nel 1954 della Locusta, e' morto sabato 18 luglio [2009] all’ospedale San Bortolo di Vicenza: aveva 88 anni ed era solo come solo era vissuto, orso e gentile, bambino ogni giorno della vita. Lo incrociai per sua iniziativa: mi scrisse dopo aver letto un mio libro e sei anni piu' tardi mi chiese di fargliene un altro “come pare a te” per La Locusta. Lo feci conoscere a miei amici vicentini che non l’avevano mai incontrato. Venne a sentirmi in occasione di una mia conferenza in Vicenza, presso il Meic e ci vedemmo a casa di conoscenti suoi e miei.
Il volumetto che misi insieme per lui e che egli pubblico' nel 1996 nell’unica collana della sua Casa Editrice, con sovraccoperta velina e pagine intonse, si intitola Cento preghiere italiane di fine millennio. Qui racconto come nacque tra me e lui quel libretto - che nel catalogo e' al numero progressivo 299, su un totale di 325 - e dico qualcosa di cio' che La Locusta ha rappresentato per me e forse per la mia generazione. Do anche un’occhiata agli argomenti e agli autori assemblati in quel catalogo da Rienzo in mezzo secolo di solitario fervore.
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Scriveva tutto a mano e non si arrese al computer
Conservo cinque lettere di Rienzo scritte a mano, con grafia minuta e inchiostro pallido che devi decifrare, come dovevi aprire con il tagliacarte le pagine dei suoi libretti. La prima e' del 1989: aveva letto un mio testo intitolato La speranza di non morire e mi ringraziava per “il bene” che ne aveva cavato e per avervi incontrato “la segnalazione di due libretti locustiani”. Gli risposi elencando una ventina di titoli della Locusta divenuti miei libri del comodino. Egli me ne invio' altri e cosi' fece poi a ogni contatto.
Preparai quell’antologia di preghiere e questa fu la sua reazione: “Ho letto il tuo dattiloscritto, mi e' piaciuto molto. Credo sia adattissimo a La Locusta, che pero' e' sempre piccola e povera. Forse il tuo lavoro meritava un editore piu' importante”. Aveva voluto il dattiloscritto per posta e per posta mi invio' le bozze. Gli avevo proposto di accelerare con l’invio di un dischetto, come gia' si usava, ma mi aveva risposto: “Io non capisco nulla di queste cose”.
Pubblicato il libretto mi informava con garbo: “Va bene e fa bene”. Mi assicurava di aver “raccomandato alle messaggerie cattoliche (Mescat) di Milano, che riforniscono anche le librerie di Roma, di fare un buon lavoro”. L’incontro avvenne all’inizio del 2000. Rienzo non finiva di farmi domande sul papa e sulle librerie di Roma. Rispondendo a una mia lettera successiva all’incontro mi dava un’eco entusiasta della nostra conversazione: “E’ stata una gioia trovarci. Ti ringrazio tanto, anche per le notizie”.
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“Mi colpi' questo insetto che si faceva mangiare”
Trattava di persona con gli autori, che andava scoprendo con un suo metodo che era fatto piu' di ruminazione monastica di quanto leggeva che di vaglio dell’industria culturale. Traduceva, leggeva i manoscritti e li consegnava in tipografia, impacchettava con lo spago, scriveva a mano gli indirizzi e faceva le spedizioni dei volumetti portandoli di persona all’ufficio postale: da solo era tutta La Locusta.
“Mentre pensavo al nome da dare all’editrice mi capito' di aprire il Vangelo, per trarne ispirazione. Era Matteo, capitolo tre, versetto quattro, dove parla di Giovanni Battista che mangiava locuste e miele selvatico. Mi colpi' l’immagine di questo insetto che non mangiava, ma si faceva mangiare”: cosi' narrava la scelta del nome in un’intervista nel cinquantesimo della Casa.
La riservatezza di Rienzo e' restata proverbiale tra chi lo conobbe e le sue vicende sono conosciute solo per squarci. Figlio di un sarto vicentino, fu studente di lettere all’Universita' di Roma negli anni della guerra ed ebbe un ruolo nella resistenza romana. A Roma insegno' e fece il giornalista. Nel 1942 collaborava alla "Domenica illustrata" dei Paolini dove - lettore onnivoro - teneva una rubrica intitolata “Panorama letterario”. Nel 1947-49 lavorava al "Bollettino Stampa della presidenza generale dell’ACI".
Annarita Bartoli, vicentina, che gli fu vicina negli anni novanta, ricorda d’averne avuto qualche confidenza impegnativa sul ruolo di “staffetta” che svolse nella resistenza e su episodi nei quali “rischio' la vita”. Giovanni Tassani che ha curato per La Locusta il volumetto di Franco Rodano Lettere dalla Valnerina (1986) ricorda che Rienzo accetto' con entusiasmo la proposta di quella pubblicazione, narrando di aver conosciuto Rodano negli ambienti della resistenza romana: “Ero anch’io nel movimento”. Nel volumetto Lettere alla Locusta (1992) c’e' una lettera di Rodano datata 1955 che ringrazia Rienzo per avergli inviato La parola che non passa di Mazzolari e rievoca la vecchia amicizia: “Mi ha fatto piacere rivedere i tuoi caratteri”.
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Si forma alla scuola di don Primo Mazzolari
La Locusta nasce nel 1954 per pubblicare Mazzolari, che in quel momento non trovava editori, a partire dai volumetti La parola che non passa e Tu non uccidere che nella prima edizione usci' anonimo. Egli era motivato a impegnarsi al fianco di Mazzolari per averlo conosciuto dagli scritti e per lettera fin da quando aveva 18 anni (la prima lettura era stata La via crucis del povero, pubblicata dall’editore Gatti di Brescia nel 1939) e dall’essere poi diventato un collaboratore di "Adesso".
L’aver pubblicato testi di Mazzolari costo' a Rienzo - rientrato a Vicenza dopo il servizio militare, svolto a 30 anni - una grave rottura con il vescovo Carlo Zinato, che anche per questo non lo volle prete. Di nuovo mancano referenze precise. Del travaglio vocazionale di Rienzo si hanno una ventina di echi nelle 147 lettere che gli furono inviate da Mazzolari tra il 1939 e il 1959 (Lettere a un amico, La Locusta 1976). Si comprende che busso' a piu' porte, per quasi un ventennio: dal seminario diocesano di Vicenza all’Oratorio dei Filippini. Ando' a chiedere lumi nel 1957 a don Sergio Pignedoli - il futuro cardinale - che lavorava nella Curia romana, munito di una lettera di presentazione di Mazzolari: “Da anni e' in tribolazione per torti che non mi sembrano di gran peso se il piu' grosso è quello di essere amico di don Mazzolari” (ivi, p. 170).
Per un certo periodo deve aver vestito l’abito dei Filippini. “Sei cosi' discreto nel parlare di te che non so a che punto ti trovi, se con l’abito o no” gli scrive Mazzolari nell’ultima delle lettere in cui ne tratta (ivi, p. 181). La decisione di non poterlo accettare nel seminario di Vicenza gli fu forse comunicata dal vescovo Zinato nel 1956. Di poco posteriore e' una lettera consolatoria di Aldo Capitini: “Capisco il tuo dolore per la non vestizione. Ma tu ed io abbiamo fede in Dio, e chissa' tu non debba un giorno ringraziarlo anche di questo” (Lettera a La Locusta, p.46).
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Con il Concilio arriva a pubblicare quindici titoli in un anno
Mi sono fatto l’idea che oltre alla posizione libera di Rienzo, facesse ostacolo alla “vestizione” il suo carattere solitario. Don Mazzolari ha piu' volte l’aria di incoraggiarlo a trovare la sua via nell’impegno laicale e nel lavoro di editore: “Le strade del bene sono tante. Penso che il Signore te l’abbia gia' indicata” (Lettere a un amico, p. 177). E in altra occasione: “La Locusta non e' bene che muoia. Per farla vivere il Signore ti ha chiuso nella sua necessita'” (ivi, p. 163).
Dopo la stagione eroica degli anni ’50 (si puo' dire che non vi sia nessuno dei tredici volumetti editi tra il 1954 e il 1959 che non sia incappato in censure e moniti: Mazzolari, Fabbretti, Barsotti, Turoldo, Bernanos sono i nomi che sollevano le maggiori riserve), con il Concilio e con il pontificato montiniano La Locusta va incontro a un vento ogni anno piu' favorevole. Escono sette titoli nel 1960, dieci nel 1961, dodici nel 1962 e nel 1963, quindici nel 1964 e ancora quindici - che resta il record - nel 1967. Negli anni settanta - con la fase calante del pontificato montiniano - i volumetti scendono sotto i dieci l’anno, ma sono di nuovo dodici nel 1980 e undici nel 1981. La media riscende a 4-5 volumetti l’anno negli anni novanta. Ne escono ancora quattro nel 2001, due nel 2002 e nel 2003, uno nel 2004: l’anno in cui Rienzo non e' piu' in grado di correggere le bozze e La Locusta cessa le pubblicazioni.
Con l’arrivo a Vicenza del vescovo Arnoldo Onisto nel 1971 (sette suoi testi di amichevole apprezzamento sono nel volumetto Lettere alla Locusta) cessano le traversie ecclesiastiche. Il successore di Onisto, Pietro Nonis, scrive nel 2002 la prefazione a Un vescovo di Victor Hugo, tratto dal primo capitolo de I Miserabili. Sara' Nonis a celebrare la messa di addio per Rienzo e a salutarlo con una calda omelia il 21 luglio.
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La medaglia d’oro gliela rubano gli zingari
Un riconoscimento dalla citta' di Vicenza Rienzo l’ebbe nel 1984, quando gli fu data - dalla Giunta comunale - una medaglia d’oro “per la trentennale attivita' di editore”. Ne fu felice ma ne parlava con scherzosa ironia: “Pensa che poi mi sono entrati gli zingari in casa e quella medaglia me l’hanno portata via”. Sempre negli anni ’80 il vescovo Onisto lo volle nel Sinodo diocesano.
Nel 1986 la Biblioteca Bertoliana gli dedico' una mostra e pubblico' un volume intitolato Gli anni de “La Locusta” (1954-1986) con testi di Carlo Bo, Valerio Volpini, Nazareno Fabbretti, David Maria Turoldo, Giovanni Battista Zilio. In quel volume era compreso un catalogo ragionato dei 253 titoli della Locusta apparsi fino ad allora. Il curatore del catalogo, Albino Morello, ha recentemente integrato quel suo lavoro preparando un catalogo completo e ancora inedito della Locusta, che ho potuto consultare per questo mio ricordo.
In 50 anni di attivita' la Locusta ha pubblicato 57 volumetti che hanno come autore Primo Mazzolari piu' altri 7 nei quali Mazzolari figura come prefatore e ancora 9 dei quali e' coautore. Infine nel catalogo vi sono 7 volumetti a lui - o anche a lui - dedicati: gli autori vanno da Giacomo Lercaro a Carlo Bo. Dunque in totale sono 80 volumetti - un quarto del totale - che lo vedono come autore o soggetto della trattazione.
Mazzolari instrado' fin dall’inizio la prodigiosa - quasi sensitiva - curiosita' umana e culturale di Rienzo invitandolo a “leggere sempre con larghezza, specialmente i lontani” (Lettere a un amico, p. 15). Mazzolariana e' sempre restata la sua libera fedelta' di cattolico, come ebbe a dire in un’intervista: “Credo che se sono rimasto nella Chiesa e' stato per don Primo” (Gli anni della Locusta, p. 44).
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Fa dodici ristampe dei “Pensieri di Gandhi”
Dopo la morte di Mazzolari nel 1959 (siamo nel cinquantenario!) Rienzo si lascia guidare dal Concilio e non si smarrisce quando la contestazione e l’industria culturale lo lasciano isolato, come un faro su una rupe. La scelta dei mezzi poveri gli permette di affrontare una lunga marcia - nel segno dell’approfondimento - che supera il mezzo secolo di presenza nelle librerie e che lo porta a doppiare il millennio, lasciando un’impronta facilmente riconoscibile nell’anima di tre generazioni.
La Locusta ha sempre lavorato in perdita. Ma un successo di nicchia l’ha avuto e non solo per la fedelta' ottenuta da tanti negli anni, ma anche per la continua ristampa di alcuni testi chiave, che sarebbe istruttivo censire. Ebbero cinque ristampe di duemila copie per volta: La parola che non passa (1954), La parola ai poveri (1960), Della tolleranza (1960) e La Pasqua (1964) di don Mazzolari; Pensieri dal Diario (1963) di Papa Giovanni; Perche' non possiamo non dirci cristiani (1966) di Benedetto Croce; Mia terra addio (1980) e Lettera di Natale (1992) di Davide Maria Turoldo; Pensieri disordinati sull’amore di Dio (1982) di Simone Weil. Arrivo' a sei ristampe Tu non uccidere (1955) di don Mazzolari; a otto La parrocchia di don Mazzolari (1957) e Poesie sul Natale (1964). A undici Il Natale di Mazzolari (1963). Il record non e' di un testo mazzolariano, ma de I Pensieri di Gandhi (1960), che hanno assommato dodici ristampe.
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Come la manna le locuste sono un cibo di giornata
Mazzolari, Turoldo, Papa Giovanni, Gandhi, Croce e Weil: le ristampe tracciano un microcosmo esemplare del mondo della Locusta. Croce e' il grande interlocutore laico ed ecco che nel catalogo figurano - in ordine di apparizione - Plotino, Goethe, Andre' Gide, Umberto Saba, Pier Paolo Pasolini, Mario Soldati, Federico Garcia Lorca, Camilla Cederna, Alberto Moravia, Victor Hugo.
Le locuste sono un cibo di giornata, un po’ come la manna, ma Rienzo Colla non disdegnava i classici e ha pubblicato Eckhart, Barth, Rilke, Silesio, Zanella, Angela da Foligno, Bernardo da Chiaravalle, Pascal, Goethe, Fogazzaro, Donne, Newman, Buonaiuti, Romano il Melode, Efrem Siro, Dostoevskij, Giovanni della Croce (anche questi citati secondo l’ordine di ingresso nel catalogo).
Gli autori piu' pubblicati sono Divo Barsotti con 9 titoli, Cesare Angelini con 7, David Maria Turoldo con 6, Jacques Maritain con 5. Hanno avuto quattro titoli a testa: Thomas Merton, Charles Peguy, Umberto Vivarelli, Domenico Giuliotti, Giovanni Papini. La presenza di Giuliotti e Papini in una biblioteca a orientamento militante e innovatore sta a dire che la militanza per Rienzo contava piu' dell’innovazione. Tre titoli (citando solo i nomi noti): Nazareno Fabbretti, Valerio Volpini, Lorenzo Milani, Raimundo Panikkar, Carlo Bo, Clemente Rebora. Due titoli (sempre fermandoci ai noti): Georges Bernanos, Emmanuel Mounier, Karl Rahner, Nando Fabro, Martin Luther King, Italo Mancini, Rainer Maria Rilke, Biagio Marin, Simone Weil.
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Un seminatore di idee amante dei poeti
Tra chi compare solo una volta ma non puo' essere taciuto, troviamo (sempre in ordine di apparizione nel catalogo e limitandomi ai nomi che fino a qui non ho citato per altri motivi): Sirio Politi (il primo prete operaio italiano), Giulio Bevilacqua, Giuseppe Lazzati, Ernesto Balducci, Carlo Carretto, Adriana Zarri, Wladimiro Dorigo, Paolo VI (Il Papa in Terra Santa, 1964), Mario Rossi, Leon Bloy, Igino Righetti, Romano Guardini, Francois Mauriac, Giovanni Vannucci, Mario Castelli, Julien Green, Heinrich Boell, Ivan Illich, Marc Oraison, Salvatore Baldassarri, Raniero La Valle, Thomas Eliot, Margherita Guidacci, Emilio Guano, Sergio Pignedoli, Giancarlo Zizola, Paolo Giuntella, Giuseppe De Luca, Edith Stein, Graham Greene, Rene' Voillaume, Andrej Sinjavskij, Gianfranco Ravasi, Enrico Bartoletti, Arturo Carlo Jemolo.
Notevole e' l’attenzione de La Locusta ai poeti sia famosi sia sconosciuti. Il volumetto Lettere alla Locusta ha vivissimi testi di Rebora e Pasolini, Barile e Betocchi, Caproni e Govoni, Barolini e Quasimodo. Anche grazie al lavoro su questo versante Rienzo e' risultato uno dei seminatori di idee piu' costanti che abbiamo avuto in Italia nella seconda meta' del secolo scorso. I suoi piccoli libri sono stati tra le cose belle che ho incontrato lungo i decenni della mia vita.
 
4. RIFLESSIONE. GIORGIO NEBBIA: I VANTAGGI DELL'OSPITALITA'
[Ringraziamo Giorgio Nebbia (per contatti: nebbia at quipo.it) per averci messo a disposizione il seguente articolo dal titolo originale "Immigrati e Italia. Ospitalita'" apparso su "La gazzetta del Mezzogiorno" del 3 agosto 2010.
Giorgio Nebbia, nato a Bologna nel 1926, docente universitario di merceologia, gia' parlamentare, impegnato nei movimenti ambientalisti e pacifisti, e' una delle figure di riferimento della riflessione e dell'azione ecologista nel nostro paese. Dal sito di Peacelink riprendiamo la seguente piu' ampia scheda: "Giorgio Nebbia, nato a Bologna nel 1926, professore ordinario di merceologia dell'Universita' di Bari dal 1959 al 1995, ora professore emerito, e' stato deputato e senatore della sinistra indipendente. Giorgio Nebbia si e' dedicato all'analisi del ciclo delle merci, cioe' dei materiali utilizzati e prodotti nel campo delle attivita' umane, agricole e industriali. Nel settore dell'utilizzazione delle risorse naturali ha condotto ampie ricerche sull'energia solare, sulla dissalazione delle acque e ha contribuito all'elaborazione dell'analisi del flusso di acqua e materiali nell'ambito di bacini idrografici. Nel corso delle sue ricerche, di ambito nazionale e internazionale, ha studiato il rapporto fra le attivita' umane e il territorio, con particolare riferimento al metabolismo delle citta', allo smaltimento dei rifiuti e al loro recupero, ai consumi di energia. Giorgio Nebbia e' autore di numerosissime pubblicazioni scientifiche e di alcuni libri divulgativi: L'energia solare e le sue applicazioni (Feltrinelli); Risorse merci materia (Cacucci); Il problema dell'acqua (Cacucci); Sete (Editori Riuniti); La merce e i valori. Per una critica ecologica del capitalismo (Jaca Book). Si e' occupato inoltre di storia della tecnica ed ha fatto parte di commissioni parlamentari sulle condizioni di lavoro nell'industria. E' unanimemente considerato tra i fondatori e i principali esponenti dell'ambientalismo in Italia". Tra le sue molte pubblicazioni segnaliamo particolarmente: Lo sviluppo sostenibile, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1991; La merce e i valori. Per una critica ecologica del capitalismo, Jaca Book, Milano; cfr. anche: Il problema dell'acqua, Cacucci, Bari 1965, 1969; La societa' dei rifiuti, Edipuglia, Bari 1990; Sete, Editori Riuniti, Roma 1991; Alla ricerca di un'Italia sostenibile, Tam tam libri, Mestre 1997; La violenza delle merci, Tam tam libri, Mestre 1999; tra le opere recenti: con Virginio Bettini (a cura di), Il nucleare impossibile. Perche’ non conviene tornare al nucleare, Utet Libreria, Torino 2009]
 
Nell’analisi dei problemi ambientali troppo poca attenzione e' dedicata, a mio parere, alla quantita' e alla qualita' della popolazione umana. Le modificazioni ambientali, dall’inquinamento, all’erosione del suolo, allo sfruttamento delle risorse minerarie e fossili, alla produzione di rifiuti, sono proporzionali a tre principali fattori: il numero di persone, la qualita' delle merci e dei servizi disponibili, e la capacita' che ciascuna persona ha di usare merci e servizi; a sua volta, tale capacita' dipende dall’eta'. Nel corso del suo ciclo vitale una persona ha “bisogni” merceologici molto diversi. Abbastanza modesti nei primissimi anni di vita; a mano a mano che una persona cresce aumentano anche i bisogni, diretti (acqua, cibo, spazio abitabile, conoscenze) o indotti (vestiti, strumenti tecnici, divertimenti, eccetera).
Molto desiderabili, ai fini dei produttori di merci, sono le fasce giovanili di eta' e lo dimostra il tipo della pubblicita' che a loro e' rivolta. Diversi sono i bisogni delle persone nell’eta' lavorativa, in cui e' maggiore, in genere, il reddito, ma i consumi sono determinati piuttosto dalle necessita' dalla comunità familiare. Esiste infine una eta' matura, diciamo al di la' dei 65 anni, in cui cambiano i bisogni e la qualita' e la quantita' delle merci e dei servizi richiesti; aumentano quelli legati alla conservazione della salute e, con l’avanzare dell’eta', nelle societa' come la nostra, aumenta la necessita' di assistenza e quella di far fronte alla solitudine.
Nei paesi a economia avanzata diminuisce la popolazione originaria e aumenta l’immigrazione: la popolazione italiana da anni e' stazionaria fra 58 e 60 milioni di persone, di cui una frazione crescente e' costituita da immigrati da altri paesi europei o da paesi extracomunitari.
La popolazione italiana “originale” sta diminuendo perche' le famiglie fanno meno figli; il giudizio se questo e' bene o male e' problema discusso degli specialisti di morale e di etica. Dal punto di vista ambientale interessa analizzare come variano i bisogni e i consumi materiali di una popolazione originale che diventa sempre piu' vecchia e quelli della crescente immigrazione. Molti degli immigrati lavorano nell’artigianato, nell’edilizia, muratori che si arrampicano sulle impalcature in mezzo alla polvere di cemento e ai pericoli, molti sono addetti alla zootecnia, alla raccolta dei prodotti agricoli nei campi, lavorano nei ristoranti, nell’assistenza agli anziani, come infermieri, anche se aumenta il numero di piccoli professionisti che prestano servizi di manutenzione. Alcuni sono clandestini, migranti stagionali, molti di questi sono “irregolari”, clandestini, per le nostre leggi; molti sono disoccupati e molti di quelli che lavorano non hanno assicurazioni, protezione contro i pericoli, assistenza medica in caso di incidenti, non hanno prospettive di pensione, sono facilmente esposti a ricatto se reclamano un qualche diritto civile e umano, accettano paghe ridotte e rischi spesso mortali per poter mandare soldi alle loro famiglie povere lontane, spesso vivono in abitazioni miserabili, talvolta in baracche, percorrono chilometri per raggiungere gli occasionali posti di lavoro.
Gli studiosi di economia del lavoro potrebbero dare indicazioni su quello che l’economia del paese nel suo complesso potrebbe guadagnare se aumentassero gli immigrati legali e se fossero retribuiti secondo la legge; i sociologi possono spiegare come la legalizzazione del lavoro immigrato clandestino potrebbe contribuire a sconfiggere la criminalita'. A mio modesto parere per continuare ad esistere l’Italia ha bisogno di immigrati e la loro presenza ha effetti sull’ambiente a vari livelli; i circa sei milioni di persone, fra immigrati regolari e “irregolari”, in gran parte giovani in eta' lavorativa, hanno bisogno di acqua, di alimenti, di energia, di oggetti di consumo, di spazio abitabile, spesso in forme diverse da quelle degli abitanti originali. Pensiamo a come potrebbe essere pianificata una edilizia rivolta a togliere alcuni milioni di immigrati dalle condizioni spesso disumane in cui abitano; potrebbe trattarsi di una richiesta di due o tre milioni di nuovi vani di edilizia popolare a basso prezzo e a basso affitto, secondo un piano simile a quello delle cooperative di edilizia popolare degli anni Settanta che ebbe effetti sull’occupazione in edilizia e sul benessere di milioni di famiglie.
Per quanto riguarda i consumi una parte degli immigrati ha bisogno di servizi scolastici ed educativi e una ragionevole politica scolastica potrebbe essere orientata da una parte a spiegare agli immigrati la lingua e i caratteri del paese in cui sono arrivati, e dall’altra parte a trarre dagli immigrati una parte dell’enorme ricchezza e varieta' culturale portata dai paesi di origine, il che aiuterebbe le giovani generazioni di italiani a sentirsi parte di un mondo davvero unico, globale. Ci commuoviamo perche' e' in pericolo la biodiversita' vegetale e animale, ma ben poco viene fatto per valorizzare la biodiversita' delle persone. Non credo si tratti di utopie. Intanto questa integrazione, che finora e' praticata soltanto da poche organizzazioni di volontariato, per lo piu' cristiane, sarebbe, oltre che utile, proprio un dovere cristiano, per chi si sente tale. Paolo nella lettera agli Ebrei avverte: “Non dimenticate l’ospitalita': alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo”. L’importanza dell’immigrazione appare chiara se si osservano gli effetti dell’immigrazione meridionale nell’Italia settentrionale nel secondo dopoguerra; negli Stati Uniti, ma anche in molti paesi europei ex-coloniali, gli immigrati hanno portato nuove conoscenze e nuove ricchezze. Gli autori di un numero crescente di pubblicazioni scientifiche americane hanno cognomi chiaramente di origine indiana, cinese, latinoamericana; alcune citta' americane sono ormai bilingui.
Con l’immigrazione cambiano, nel bene e nel male, i consumi e i relativi effetti ambientali; un capitolo dell’ecologia umana che merita di essere affrontato al di la' del miope razzismo municipale che intossica l’Italia.
 
5. INCONTRI. IL 15 AGOSTO A VITERBO
 
Domenica 15 agosto 2010, con inizio alle ore 15,30, presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" a Viterbo, si svolgera' il trentasettesimo incontro di studio del percorso di formazione e informazione nonviolenta iniziato da alcuni mesi.
All'incontro partecipa il responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo.
Il centro sociale autogestito "Valle Faul" si trova in strada Castel d'Asso snc, a Viterbo.
L'iniziativa e' ovviamente aperta alla partecipazione di tutte le persone interessate.
 
6. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
7. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Claudio Marazzini, La lingua italiana. Profilo storico, Il Mulino, Bologna 1994, 2002, pp. 554.
- Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Sansoni, Firenze 1960, 1966, Rcs - Sansoni, Firenze 1987, Rcs - Bompiani, Milano 1994, pp. XXXVIII + 762.
- Zarko Muljacic, Introduzione allo studio della lingua italiana, Einaudi, Torino 1971, pp. 396.
 
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
10. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 282 del 14 agosto 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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