Telegrammi. 222



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 222 del 15 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Parlare d'altro
2. Danilo Dolci: Quando le raffiche della burrasca crescono
3. Virginia Woolf: In quanto donna, la mia patria e' il mondo intero
4. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
5. "Azione nonviolenta"
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. PARLARE D'ALTRO
 
Cosi' funziona il sistema dei mass-media della societa' dello spettacolo. Cosi' funziona il sistema di potere del regime della corruzione. Cosi' funziona la costruzione del consenso nella struttura del sempreuguale e del sempreiniquo. Cosi' funziona questa dittatura di classe che totalitariamente si pretende mondo senza alternative. Che si parla sempre d'altro, e mai di cio' che veramente conta.
Noi invece vogliamo parlare della guerra assassina e del dovere di ogni essere umano decente di contrastarla.
Noi invece vogliamo parlare del colpo di stato razzista e del dovere di ogni essere umano decente di contrastarlo.
Noi invece vogliamo parlare dei rapporti di produzione e di proprieta' e del dovere di ogni essere umano decente di contrastare un modello di sviluppo e un'organizzazione della societa' e delle relazioni tra le persone e tra i popoli e tra l'umanita' e la natura che sta distruggendo la biosfera, i diritti umani di tutti gli esseri umani, la civilta'.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
E l'ora della lotta e' adesso.
 
2. MAESTRI. DANILO DOLCI: QUANDO LE RAFFICHE DELLA BURRASCA CRESCONO
[Da Danilo Dolci, Creatura di creature. Poesie 1949-1978, Feltrinelli, Milano 1979, p. 119.
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del 1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento" ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il 28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu' povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2 febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958) si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione". Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino 1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita' preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E' convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento, dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga, impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni, per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile; l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile. Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto, frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone "all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu' recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30 dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita". Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Recentissimo e' il volume che pubblica il rilevante carteggio Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008. Tra le opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su Danilo Dolci cfr. i dvd di Alberto Castiglione: Danilo Dolci. Memoria e utopia, 2004, e Verso un mondo nuovo, 2006. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it, www.danilodolci.toscana.it, www.inventareilfuturo.com, www.cesie.org, www.nonviolenti.org, www.fondodanilodolci.it]
 
quando le raffiche della burrasca crescono
devi inventare l'angolo, ogni tratto,
a cui la furia sommergente infonda
forza avanzante -
 
col timone arrischiare di sapere
come tagliare il mare
 
3. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: IN QUANTO DONNA, LA MIA PATRIA E' IL MONDO INTERO
[Da Virginia Woolf, Le tre ghinee, La Tartaruga, Milano 1975, Feltrinelli, Milano 1979, 1987, pp. 144-148.
Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi, di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980; Nadia Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006; Liliana Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia Woolf, la vita nella scrittura, Il saggiatore, Milano 2005. Segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977]
 
Cercheremo di delineare brevemente il tipo di associazione che le figlie degli uomini colti potrebbero fondare al di fuori della vostra ma al suo fianco con gli stessi fini. In primo luogo, questa nuova associazione, sara' per Lei un sollievo apprenderlo, non avra' alcun tesoriere onorario, perche' non avra' bisogno di fondi. Non avra' alcuna sede, alcun comitato, alcuna segreteria; non convochera' riunioni, non organizzera' convegni. Se un nome dovra' avere, la si potra' chiamare la Societa' delle Estranee. Non e' un nome altisonante, ma presenta il vantaggio di essere coerente con i fatti - i fatti della Storia, della legge, delle biografie; e perfino, forse, con i fatti ancora indecifrati della nostra ancora oscura psicologia. Sara' formata di figlie di uomini colti che lavorano all'interno della propria classe (e come potrebbero lavorare in qualunque altra?) e con i propri metodi per la causa della liberta', dell'uguaglianza e per la pace. Il loro primo dovere, che si impegneranno ad adempiere senza giuramenti, perche' giuramenti e cerimonie non hanno posto in una societa' che deve sopra ogni altra cosa essere anonima e flessibile, sara' di non combattere mai con le armi. Questa regola sara' facile da rispettare perche', come ci informa il giornale, "il Consiglio Superiore della Difesa non ha alcuna intenzione di istituire corpi armati femminili". E' il Paese a garantirlo. Inoltre si rifiuteranno, in caso di guerra, di fabbricare munizioni o di fare le infermiere. Poiche' nell'ultima guerra entrambe queste attivita' furono svolte principalmente dalle figlie dei proletari, anche in questo caso le pressioni non saranno pesanti, anche se con ogni probabilita' sgradevoli. Il terzo dovere che le Estranee si impegneranno ad adempiere presenta invece grandi difficolta' e richiede non solo coraggio e spirito d'iniziativa, ma le conoscenze specifiche della figlia di un uomo colto. Si tratta, in breve, non di incitare i fratelli a combattere, e neppure di cercare di dissuaderli, bensi' di mantenere un atteggiamento di totale indifferenza. Ma l'atteggiamento espresso dalla parola "indifferenza" e' cosi' complesso e talmente importante che persino in un discorso come il nostro va definito meglio. Innanzitutto, all'indifferenza va data una solida base nei fatti. Ed e' un fatto che la donna non e' in grado di capire l'istinto che spinge il fratello a combattere, la gloria, l'interesse, la virile soddisfazione che il combattimento gli offre - "senza la guerra verrebbe a mancare lo sbocco per le virili virtu' che si sviluppano combattendo"; e' un fatto che l'istinto del combattimento e' una caratteristica sessuale che lei non puo' condividere, il corrispettivo, dicono alcuni, dell'istinto materno che lui non puo' condividere; dunque e' un istinto che lei non e' in grado di giudicare. L'estranea quindi deve lasciare libero il fratello di gestire da solo questo istinto, perche' la liberta' di opinione va sempre rispettata, soprattutto quando si basa su un istinto completamente estraneo a lei, tanto estraneo quanto sono riusciti a renderlo secoli di tradizione e di educazione. Questa e' una distinzione fondamentale e istintiva su cui puo' poggiare l'indifferenza. Ma l'estranea si deve sforzare di basare la propria indifferenza non sull'istinto soltanto, ma sulla ragione. Quando lui dice, come la Storia dimostra che ha detto e potra' dire ancora, "Combatto per difendere il nostro Paese", nel tentativo di risvegliare l'emozione patriottica di lei, essa si chiedera': "Cosa significa per me, un'estranea, l'espressione 'il nostro Paese'?" Per rispondersi analizzera' il significato che il patriottismo ha per lei personalmente. Si informera' sul posto che hanno avuto il suo sesso e la sua classe in passato. Si informera' sulla quantita' di ricchezza, di terre e di proprieta' in possesso del suo sesso e della sua classe nel presente: quanta "Inghilterra" le appartiene di fatto? Si informera' sulla protezione giuridica che le ha accordato la legge in passato e che le accorda ora. E se lui aggiunge che combatte per proteggere il corpo di lei, lei riflettera' sul grado di protezione fisica che le viene offerto oggi, quando sui muri stanno scritte a grandi lettere le parole: "Allarme: incursioni aeree". E se lui dice di combattere per proteggere l'Inghilterra dal dominio straniero, lei riflettera' che per lei non esistono "stranieri", giacche' per legge diviene essa stessa straniera se sposa uno straniero. E fara' del suo meglio per far divenire una realta' questa riflessione, e non per un forzato senso di fratellanza, ma per autentica simpatia umana. Tutti questi fatti convinceranno la sua ragione che il suo sesso e la sua classe hanno avuto ben poco di cui ringraziare l'Inghilterra nel passato; e non molto di cui ringraziare l'Inghilterra nel presente; mentre l'incolumita' della sua persona nel futuro e' quantomeno dubbia. Ma probabilmente avra' assorbito in qualche misura, chissa', dalla balia, la romantica idea che gli inglesi, i cui padri e nonni vede marciare nell'affresco della Storia, siano "superiori" agli uomini degli altri paesi. Sara' dunque suo dovere verificare quest'idea mettendo a confronto gli storici francesi con quelli inglesi; gli storici tedeschi con quelli francesi; la testimonianza di chi e' sottoposto al dominio - gli indiani, gli irlandesi, per esempio - con i vanti di chi esercita il dominio. Ma ancora puo' rimanerle qualche emozione "patriottica", qualche scheggia di fede nella superiorita' del suo Paese rispetto agli altri Paesi. Allora mettera' a confronto la pittura inglese con quella francese; la musica inglese con quella tedesca; la letteratura inglese con quella greca, che' non mancano le traduzioni. Una volta fatti diligentemente con la logica questi raffronti, l'estranea si trovera' in possesso di ottime ragioni per assumere un atteggiamento di indifferenza. Scoprira' di non avere, per contro, alcuna ragione per chiedere al fratello di combattere per lei in difesa della "nostra" patria. "La 'nostra patria'", dira', "durante tutta la Storia mi ha trattata da schiava, mi ha negato l'istruzione e qualunque partecipazione alle sue ricchezze. La 'nostra' patria cessa di essere mia se sposo uno straniero. La 'nostra' patria mi nega i mezzi per difendermi, mi obbliga a pagare annualmente grosse somme per farmi proteggere, e riesce cosi' poco, cio' nonostante, a proteggermi, che su tutti i muri stanno scritte le parole 'Allarme: incursioni aeree'. Percio', se tu insisti nel voler combattere per proteggere me o la 'nostra patria', mettiamo bene in chiaro, a tu per tu, lucidamente e razionalmente, che tu stai combattendo per gratificare un istinto sessuale che io non condivido; per conquistare vantaggi che io non ho mai condiviso e probabilmente mai condividero'; e non per gratificare i miei istinti o per proteggere la mia persona o la mia patria. Perche'", dira' l'estranea, "io in quanto donna non ho patria. In quanto donna, la mia patria e' il mondo intero". E se, quando la ragione ha detto quello che aveva da dire, ancora rimane qualche ostinata emozione, qualche po' di amore per l'Inghilterra lasciato cadere nel suo orecchio di bambina dallo zirlare di un merlo sull'olmo, dal mormorio dell'onda sulla battigia, o da voci inglesi recitanti una filastrocca infantile, di questa goccia di pura, se irrazionale, emozione essa usera' per regalare all'Inghilterra prima che ad altri il proprio desiderio di pace e di liberta' per il mondo intero.
Tale sarà dunque la natura delta sua "indifferenza". e da quell'indifferenza dovranno scaturire certe azioni. L'estranea si impegnera' a non prendere parte a manifestazioni patriottiche; a non dare il suo avallo ad alcuna forma di orgoglio nazionale; ad essere assente da qualunque parata militare, torneo, carosello, premiazione o altre cerimonie che rinforzano il desiderio di imporre la "nostra" civilta' o il "nostro" dominio ad altri popoli. E la psicologia della vita quotidiana giustifica la convinzione che un simile uso dell'indifferenza da parte delle figlie degli uomini colti vi sara' materialmente di aiuto per prevenire la guerra. La psicologia infatti sembra dimostrare che agli esseri umani riesce molto piu' difficile agire quando chi li circonda rimane indifferente e permette loro completa liberta' di azione che non quando le loro azioni diventano il centro di intense emozioni. Provate a supplicare un ragazzino che marcia e strombetta fuori dalla finestra di smettere; continuerà a far chiasso; non dite nulla e la smettera'. A non dare ai fratelli ne' la bianca piuma della codardia ne' la rossa piuma del coraggio, a non dargli nessuna piuma; a chiudere quegli occhi vivaci che irradiano influenza o a fissarli altrove quando si parla di guerra: a questo dovere le estranee si addestreranno in tempo di pace, prima che inevitabilmente la minaccia della morte renda impotente la ragione.
Questi dunque alcuni metodi con i quali l'associazione, l'anonima e segreta Societa' delle Estranee, vi aiutera', Signore, a prevenire la guerra e a garantire la liberta'.
 
4. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

*

Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
5. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Murray Bookchin, L'ecologia della liberta', Edizioni Antistato, 1984; Editrice A - Eleuthera, Milano 1986, 1988, pp. 548.
- Rachel Carson, Primavera silenziosa, Feltrinelli, Milano 1963, 1979, pp. 320.
- Barry Commoner, Il cerchio da chiudere, Garzanti, Milano 1972, 1977, pp. 328.
- Dario Paccino, L'imbroglio ecologico, Einaudi, Torino 1972, 1973, pp. 276.
- Vandana Shiva, Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009, pp. X + 262.
*
Riedizioni
- Max H. Bazerman, Quanto sei (a)morale? Leadership etica e psicologia della decisione, Il sole 24 ore, Milano 2009, 2010, pp. XVIII + 120, euro 9,90.
 
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
8. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 222 del 15 giugno 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe
 
 
In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
 
L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html
 
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it