Nonviolenza. Femminile plurale. 282



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 282 del 9 ottobre 2009

In questo numero:
1. Cettina Militello intervista Kari Elisabeth Boerresen (2002)
2. Chiara Zamboni: La bellezza come moneta circolante

1. RIFLESSIONE. CETTINA MILITELLO INTERVISTA KARI ELISABETH BOERRESEN (2002)
[Da "Vita pastorale", n. 3, marzo 2002, col titolo "Donne e teologia: parla
Kari Elisabeth Boerresen. La piu' mediterranea delle nordiche" e il sommario
"Figlia di una luterana che si e' convertita al cattolicesimo, la teologa
norvegese difende la parita' maschile e femminile davanti a Dio. E ingloba
nel suo femminismo cattolico l'influenza dei Paesi protestanti come
l'apporto delle Madri della Chiesa medievali, l'ortodossia d'Oriente come
Agostino e Tommaso d'Aquino"]

Mi sono chiesta dove e quando ho incontrato per la prima volta Kari
Elisabeth Boerresen. Forse a Roma, a meta' degli anni '80, nel contesto di
quegli incontri che ella ama promuovere con le persone piu' disparate. Nella
capitale, infatti, vive abitualmente suo marito, un archeologo danese (la
grande passione della sua vita!), ed ella lo raggiunge per congrui periodi,
preferibilmente in autunno e in primavera. Nella bella casa di lui, dove
sono evidenti elitarie sedimentazioni culturali, ci si apre alla vista della
Citta' Eterna spaziando dalla basilica di Santa Croce a quella del Laterano.
Qui ella - passando disinvoltamente da una lingua all'altra - riceve
colleghe e amiche di antica e nuova data, solo di passaggio o residenti a
Roma, sempre curiosa di comprendere dal vivo la complessita' del mondo
cattolico, le diverse tendenze, i problemi, le aspettative.
La Boerresen e' stata mia ospite a Palermo al convegno "Donna e ministero:
un problema ecumenico". A quel tempo la quaestio era ancora "disputata". Nei
quindici anni di frequentazione, seguiti a quel convegno, non e' mai
capitato che non ci incontrassimo piu' volte all'anno.
Considero la Boerresen la piu' mediterranea delle nordiche per quella
"passionalita'" che non prova neppure a mascherare. Le sue simpatie
(intellettuali) sono viscerali, non meno delle antipatie. Entrare nel suo
circolo importa a un tempo autonomia, lucidita' di giudizio, creativita'.
Tutte cose che la caratterizzano. La sua carica mette, poi, a dura prova chi
le sta accanto. Malgrado i suoi quasi settant'anni - e' nata nel 1932 - ha,
infatti, le energie di un vulcano. Portato a termine un progetto, ne ha gia'
altri in cantiere. Per me, studentessa di teologia, lei fu una sorta di
miraggio. Muovevo i primi passi quando venne pubblicato il suo Subordination
et equivalence. Era il 1968. Mi affascinava la sua lucida padronanza di
Agostino e Tommaso, la sua capacita' di penetrarli e di metterli a nudo. Le
sue conclusioni erano inconfutabili. Non c'era acrimonia, ipoteca
ideologica, ma piuttosto una lucida e implacabile ricognizione del loro
pensiero. Da quel momento in poi sarebbe stato impossibile accostare la
questione femminile nella tradizione cristiana senza evidenziarne
l'atteggiamento ancipite nei confronti delle donne, il paradosso
dell'iscriverle tra la subordinazione, a ragione della natura, e
l'equivalenza, a ragione della grazia. Dobbiamo a lei la maggior parte del
lessico divenuto corrente: tutti neologismi - non c'e' che dire -, parole
inventate per esprimere giudizi e criteri dei quali sin li' non c'era stato
bisogno.
Malgrado l'appartenenza a mondi assai diversi, per cultura, ambiente
sociale, percorsi personali, posso dire che della Boerresen mi sento
"amica". Questo non vuol dire che approvi acriticamente la sua lettura
(nordica) dei problemi ecclesiali o delle sfide cui la Chiesa cattolica deve
rispondere. Sul piano politico, poi, trovo eccessivo il suo euroscetticismo,
il timore che l'Europa unita vanifichi in qualche modo i percorsi di
emancipazione, familiari da sempre alle donne nordiche. Se da una parte ella
coglie tutta la positivita' (l'ottimismo) dell'antropologia cattolica
rispetto a quella luterana - ripete a oltranza che e' felice d'essere
cattolica -, dall'altra e' difficile per lei accettare certe ipoteche, certo
orizzonte residuo di "soggezione", come pure certa teoria e fenomenologia
religiosa "esuberante".
*
- Cettina Militello: Carissima Kari, cosa ti ha indotta a studiare teologia?
- Kari Elisabeth Boerresen: Avevo appena dieci anni quando mia madre si e'
fatta cattolica. In Norvegia, nazione a grandissima maggioranza luterana,
negli anni '40, a convertirsi al cattolicesimo era soprattutto un'elite
sociale e intellettuale. Mia madre aderi' a una variante elitaria del
cattolicesimo riformista, introdotto in Norvegia dai domenicani del celebre
convento parigino di Le Saulchoir. Per intenderci, la comunita' religiosa
presso cui hanno lungamente vissuto M. D. Chenu e Y. Congar, personaggi
decisivi per il rinnovamento promosso dal Vaticano II. All'inizio degli anni
'50, a diciotto anni, giunsi in Francia. Il mondo mediterraneo, patriarcale,
era diverso da quello cui ero abituata. La mia educazione scandinava
contrastava vivamente con il cattolicesimo mediterraneo. Devo dire che si
tratto' di un vero e proprio shock culturale. Non solo le donne non erano
autonome ma avevano addirittura interiorizzato la loro dipendenza. Mi sentii
obbligata a far chiarezza. Dovevo far luce sulle radici religiose di questa
tradizione che mi sembrava veicolata dalle istituzioni della Chiesa
cattolica, vista, insomma, come una barriera tra Dio e le donne.
*
- Cettina Militello: La tua ricerca e' dunque partita da questo shock?
- Kari Elisabeth Boerresen: Si'. Dopo un primo lavoro sulla "Storia delle
idee", andai dal mio maestro, lo storico della Chiesa E. Molland e gli
proposi di analizzare l'antropologia di Agostino e Tommaso d'Aquino. Molland
era luterano, ma assai attivo a livello ecumenico. Accolse con entusiasmo il
mio progetto di cui comprese l'importanza. Eravamo nel 1961. Non c'era
ancora stato il Vaticano II, ne' si parlava ancora di "Women's Studies" o di
"Gender Studies" o di "teologia femminista".
*
- Cettina Militello: Pensi che in tutto cio' abbia influito il tuo essere
scandinava?
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', non c'e' dubbio. Questa appartenenza
culturale mi ha consentito - ed e' stato un privilegio - di affrontare
l'androcentrismo teologico ed ecclesiale come un fattore esterno. Mi mancava
infatti la socializzazione propria delle ragazze provenienti da contesti
tradizionalmente cattolici. Ero stata educata all'autonomia, non alla
soggezione, ne' tantomeno a interiorizzarla!
*
- Cettina Militello: Come "pioniera" qual e' stata la tua esperienza? Hai
trovato difficolta' o no?
- Kari Elisabeth Boerresen: Nell'ambito scientifico, nessuna; ho conseguito
i titoli senza problemi; ho frequentato l'universita' di Oslo e poi altri
innumerevoli centri accademici all'estero. Ben diversi i problemi legati
alla mia carriera universitaria in Norvegia. I professori di teologia sono,
infatti, tenuti alla religione ufficiale, quella luterana (non cosi' in
Svezia e in Danimarca). Si comprende allora come la richiesta di cattedra,
da me inoltrata all'inizio degli anni '70, non abbia avuto seguito. Mi sono
tornate indietro, ben impacchettate, le mie ricerche del '68 e del '71.
Mancandomi il requisito di base, non c'era bisogno di esaminarle.
*
- Cettina Militello: Non ti sarai arresa!
- Kari Elisabeth Boerresen: Naturalmente no. Ho presentato un'interpellanza
al ministro del culto. Come risultato, nel 1971/72, ho ottenuto che questa
legge cambiasse. Si puo' essere professori, anche se non si e' luterani,
tramite una dispensa. Cio' malgrado non ho ottenuto granche', tant'e' che la
mia attivita' di docente si e' svolta soprattutto all'estero. Sono stata la
prima donna invitata alla facolta' di teologia della Gregoriana: ne era
rettore Carlo Maria Martini. Ma ho anche insegnato ad Harvard, a Princeton e
presso altre universita'.
*
- Cettina Militello: Qualcosa pero' e' cambiato anche in Norvegia...
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', nel 1982 sono stata nominata a titolo
personale "professore ricercatore" presso il ministero della cultura; poi,
mi e' stata assegnata, alla Facolta' di teologia, la cattedra di "Gender
Studies", istituita nel 1999 dal Parlamento, utilizzando la dispensa.
Naturalmente sono docente inabilis: non posso votare le candidature dei
vescovi luterani. Detto tra parentesi, ci sono due donne vescovo in
Danimarca, due in Svezia e una in Norvegia. Se mi consenti un'altra battuta,
mi e' successo l'opposto di quello che e' accaduto in Germania alla
Goessmann. A rifiutare a quest'ultima la cattedra e' stata la Chiesa
cattolica.
*
- Cettina Militello: Qual e' stato e qual e' oggi il tuo personale percorso
di ricerca?
- Kari Elisabeth Boerresen: Lo indicherei nell'attenzione prestata al
rapporto tra cristianesimo e femminismo.
*
- Cettina Militello: Cosa intendi per femminismo?
- Kari Elisabeth Boerresen: Mi riferisco, con questo termine, sia alla
teorizzazione che all'attuazione pratica dell'autonomia delle donne, in
campo socio-culturale, e al riconoscimento della loro capacita' cultuale in
quanto create a immagine di Dio. Se, diversamente dal passato, si smette di
considerare gli uomini come gli esseri umani di sesso esemplare, ne consegue
una rivoluzione epistemologica assai piu' radicale di quelle messe in atto
da Copernico e da Darwin.
*
- Cettina Militello: E per cristianesimo?
- Kari Elisabeth Boerresen: La tradizione cristiana nel suo strutturarsi
attraverso successive inculturazioni. Innanzitutto, la lunga formazione dei
testi biblici; poi, l'ancor piu' lunga interpretazione dei suoi dati e
l'altrettanto lunga elaborazione di un simbolismo dottrinale. Questa
verbalizzazione storica si e' sviluppata in funzione di culture diverse:
giudaica, greco-romana, bizantina, germanica, celtica e slava. In epoca
moderna l'inculturazione cristiana si estende alle Americhe, all'Africa e
all'Asia.
*
- Cettina Militello: Dunque denuncia e lotta a favore dell'autonomia delle
donne da una parte, attenzione alla progressiva inculturazione della fede
dall'altra...
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', tutto cio' nella contestualita' nuova
dell'epistemologia femminista. Dopo gli anni '70, i "Gender Studies" in
scienze religiose si sono collocati all'avanguardia delle discipline
umanistiche, mettendo a profitto il carattere sessuato di tutto l'essere
umano, genderedness (biologicamente programmato e culturalmente espresso),
come principale categoria analitica. Applicata alla tradizione cristiana,
questa nuova metodologia ha messo in luce il ruolo determinante
dell'esperienza specificatamente femminile o maschile nel discorso umano su
Dio.
*
- Cettina Militello: Quando ha avuto luogo l'elaborazione dei "modelli di
genere"?
- Kari Elisabeth Boerresen: La loro strutturazione e' avvenuta
nell'antichita'. Sono poi stati elaborati nel Medioevo, mantenuti dal
Rinascimento e dalla Riforma, restando di fatto immutati sino al secolo XX.
Nel 1993 ho pubblicato una rassegna estesa di "Women's Studies/Gender
Studies" sulla tradizione cristiana, dalle origini al secolo XVI. L'analisi
abbraccia 553 libri e articoli importanti che riguardano l'antropologia, la
sessuologia, il diritto canonico, la storia, l'agiografia e la matristica.
*
- Cettina Militello: E la tua personale ricerca in questo contesto?
- Kari Elisabeth Boerresen: Distinguerei un mio triplice ambito di ricerca e
dunque un mio triplice apporto. Innanzitutto quello all'antropologia; poi
quello alla matristica; infine quello relativo al femminismo cristiano.
*
- Cettina Militello: Dimmi dell'antropologia...
- Kari Elisabeth Boerresen: L'inferiorita' delle donne e' affermata in tutte
le grandi religioni. Nelle varianti monoteiste - giudaismo, cristianesimo,
islam - Dio viene descritto come andromorfo o metasessuale. C'e' una
fondamentale incompatibilita' tra la divinita' e la femminilita'. In
corrispondenza, l'umanita' maschile e' considerata esemplare e normativa,
mentre l'umanita' femminile risulta derivata e subordinata. Tutte le grandi
religioni spiegano l'esistenza delle donne a partire dalla loro funzione
strumentale di riproduzione della specie. L'umanita' femminile e' di secondo
rango e il suo ruolo specifico e' la maternita'.
*
- Cettina Militello: Tu hai parlato pero' di subordinazione ed
equivalenza...
- Kari Elisabeth Boerresen: Nella mia tesi di abilitazione sulla concezione
del femminile in Agostino e Tommaso d'Aquino, ho dovuto introdurre il
termine "androcentrismo". Questo neologismo sottolinea che la dottrina
tradizionale e' stata elaborata nella prospettiva del maschio, assunto come
sesso esemplare. Ho dimostrato che la subordinazione della donna e' un fatto
assiomatico nell'antropologia cristiana, perche' la si considera istituita
da Dio secondo l'ordine della creazione. D'altra parte l'equivalenza tra
maschio e femmina, introdotta mediante l'incorporazione a Cristo nell'ordine
della salvezza, sara' perfettamente realizzata solo nella compiutezza
escatologica. Ne consegue la normativita' della relazione gerarchica tra i
sessi tanto nella societa' quanto nella Chiesa. L'assioma del primato
maschile restera' incontestato nella cultura occidentale sino al secolo XX.
*
- Cettina Militello: Ma la donna non e' anch'essa creata a immagine di Dio?
- Kari Elisabeth Boerresen: La divaricazione fondante tra divinita' e
femminilita', che il cristianesimo condivide con il giudaismo e con l'islam,
costituisce la sfida maggiore per le donne. Data l'interazione tra
monoteismo e androcentrismo, il privilegio dell'imago Dei e' riservato
all'umanita' maschile o all'anima asessuata. Essendo derivata e subalterna,
l'umanita' femminile non e' creata a immagine di Dio. D'altra parte, a
motivo di quella che io chiamo la "democrazia della salvezza", al cui
interno le donne sono ugualmente salvate da Cristo, agli esseri umani
appartenenti al sesso secondario sono attribuite prerogative teomorfe
nell'ordine della redenzione. Va precisato che, durante la storia cristiana,
Eva e le sue figlie sono state gradualmente inserite nella definizione
dell'umanita' creata a immagine di Dio.
*
- Cettina Militello: Quali le tappe di questa progressiva inclusione?
- Kari Elisabeth Boerresen: Innanzitutto, conformemente ai testi biblici,
l'esegesi antica afferma che solo i maschi sono creati a immagine di Dio
(cfr. Gen 1, 26-27a; Gen 2, 7; 1 Cor 11, 7). Cio' malgrado, le donne possono
acquisire la pienezza dell'umano esemplare diventando maschi, vale a dire
figli di Dio e fratelli di Cristo nell'ordine della salvezza (cfr. Gal 3,
28; Col 3, 10-11; Ef 4, 13). In un secondo momento, avvalendosi di una
concezione platonizzante dell'imago Dei, considerata asessuata in quanto
incorporea, quella che io ho indicato come la patristica "femminista" e'
riuscita ad attribuire questo privilegio alle donne sin dalla creazione,
malgrado la loro femminilita' non teomorfa. Infine, anticipata dalla
matristica medievale e attualizzata dall'esegesi femminista del secolo XIX,
la nuova definizione olistica dell'imago Dei, in quanto comprendente tutto
l'essere umano maschile o femminile, e' stata adottata nel secolo XX
dall'esegesi protestante. Dopo il Vaticano II l'adattamento alla cultura
post-patriarcale e' accettato anche dalla Chiesa cattolica, mentre la
teologia ortodossa resta allo stadio del privilegio asessuale.
*
- Cettina Militello: Hai fatto cenno a una patristica femminista...
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', mi riferisco innanzitutto a Clemente
d'Alessandria. Questo Padre, morto prima del 215, e' il primo teologo a
connettere il testo sull'immagine di Gen 1, 26-27a alla differenza sessuale
di Gen 1, 27b: "Maschio e femmina li creo'", testo letterariamente in
rapporto con l'idea della fecondita' presente nel versetto seguente.
Clemente e' anche il primo a giustificare questo spostamento esegetico
ricorrendo a Gal 3, 28: "Non c'e' piu' uomo e donna, poiche' voi tutti siete
uno (un solo uomo) in Cristo Gesu'". Va sottolineato come questo versetto
offra una citazione negativa di Gen 1, 27a, nel senso dell'abolizione
redentrice della differenza dei sessi mediante il ritorno alla perfezione
originaria: a un tempo unita' presessuale e perfetta mascolinita'
cristomorfa. Ignorato da Clemente, il testo della 1 Cor 11, 7 serve, nell'es
egesi antiochena, a rinsaldare la subordinazione delle donne non-teomorfe:
"L'uomo non deve coprirsi il capo, poiche' egli e' immagine e gloria di Dio;
la donna invece e' gloria dell'uomo". Questa interpretazione letterale e'
sopravvissuta nel diritto canonico medievale, tramite l'Ambrosiaster (attivo
attorno al 370-380), citato sotto i nomi di Ambrogio e di Agostino.
*
- Cettina Militello: Cosa dice l'autentico Agostino?
- Kari Elisabeth Boerresen: Al contrario dell'Ambrosiaster, Agostino e' il
primo Padre della Chiesa che affronta direttamente 1 Cor 11, 7. E poiche'
tutta l'esegesi patristica interpreta questo testo ad litteram nel senso di
un'imago Dei esclusivamente riservata ai maschi, egli ricorre a una
soluzione allegorica. Dando priorita' all'immagine asessuata, attribuita
alle donne sin dalla creazione, Agostino interpreta il vir teomorfo come
simbolizzante la parte superiore dell'anima umana, mentre la mulier, privata
dell'immagine divina, simbolizza la parte inferiore dell'anima. Questa
ingegnosa esegesi non abolisce l'incompatibilita' fondamentale tra il divino
e il femminile. Il che vuol dire che la femina/mulier e' teomorfa malgrado
il suo sesso, mentre il sesso primario del masculus/vir riflette
l'eccellenza della propria imago Dei. Detto altrimenti, poiche' la
subordinazione creazionale delle donne e' imposta dalla loro femminilita'
derivata, il fatto di possedere un'anima asessuata non abolisce il primato
degli uomini maschi. D'altra parte, Agostino e' il primo Padre della Chiesa
che respinge la tesi secondo cui le donne risusciteranno asessuate sotto le
parvenze del sesso virile. Poiche' la femina in quanto homo fa parte
dell'umanita' creata, le donne risusciteranno come esseri umani di sesso
femminile. Androcentricamente, Agostino sottolinea che la concupiscenza
maschile sara' abolita nella restaurazione finale. Cosi' l'organismo
femminile sopravvivera', liberato tuttavia dalla finalita' ausiliaria della
procreazione. Invocando la tipologia Adamo-Cristo e Eva-Chiesa, con
riferimento a Gen 2, 21-23; Gv 19, 34 ed Ef 5, 32, Agostino sottolinea che
la differenza sessuale dell'ordine della creazione verra' ristabilita
nell'ordine della salvezza.
*
- Cettina Militello: E' tipologia che tu consideri androcentrica...
- Kari Elisabeth Boerresen: La tipologia tradizionale corrisponde allo
stadio iniziale dell'antropologia cristiana, quello in cui la gerarchia dei
sessi e' trasposta dall'ordine della creazione a quello della salvezza.
Cosi' Adamo teomorfo ed Eva da lui derivata prefigurano Cristo quale nuovo
Adamo e la Chiesa/Maria quale nuova Eva (cfr. 2 Cor 11, 2; Ef 5, 32). Questi
modelli vengono elaborati nel secolo II da Giustino e Ireneo, dunque in
conformita' all'idea dell'immagine di Dio riservata all'umanita' maschile.
Cio' malgrado, questa tipologia fonda, ancora nel secolo XX, nell'ambito del
cristianesimo cattolico e ortodosso, tanto la cristologia che
l'ecclesiologia e la mariologia. In conseguenza, l'introduzione recente
dell'imago Dei olistica segna una inculturazione squilibrata, al cui interno
l'antropologia cattolica si trova costretta tra un'immagine accomodata e una
tipologia arretrata.
*
- Cettina Militello: Sono temi che hai lungamente affrontato nel tuo saggio
del 1971. Passiamo piuttosto al secondo aspetto della tua ricerca...
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', passiamo alla "matristica", termine che ho
coniato nel 1993 per indicare le teologhe dei secoli XII-XV che hanno
trasformato la dottrina e il simbolismo del cristianesimo classico.
L'inculturazione nord-europea delle Madri della Chiesa medievale non e'
inferiore all'inculturazione greco-romana dei Padri della Chiesa antica.
Questa interazione tra innovazione patristica e sviluppo matristico si
manifesta nel discorso su Dio e la sua relazione con l'umanita'. Tutte le
Madri della Chiesa medievale dicono che le donne possiedono l'imago Dei sin
dalla creazione.
*
- Cettina Militello: Sono dunque le eredi del femminismo patristico?
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', fondandosi su di esso, le teologhe del
Medioevo sono innovatrici e oltrepassano l'espediente platonizzante del
privilegio asessuale. Le mulieres sanctae non si contentano piu' di
diventare maschio incorporandosi a Cristo e di essere teomorfe a scapito del
loro sesso femminile. Con perspicacia, esse si sforzano di trasformare le
concezioni correlative di divinita' andromorfa o metasessuale, cosi' da
stabilire un modello di femminilita' perfetta sul piano divino. Cito due
Madri della Chiesa che, secondo me, sono particolarmente importanti:
Ildegarde di Bingen (morta nel 1179) e la reclusa Giuliana di Norwich (morta
dopo il 1416). Tutte le Madri della Chiesa medievale chiamano, poi, in causa
l'ispirazione divina perche' venga riconosciuta la validita' del loro
messaggio. A motivo dell'equivalenza nell'ordine della redenzione, le donne
carismatiche vengono piu' o meno tollerate, a condizione che si lascino
controllare dagli uomini di Chiesa.
*
- Cettina Militello: Penso che verra' a molti la voglia di leggere piu'
diffusamente quanto hai scritto in proposito in Le Madri della Chiesa.
Veniamo pero' al terzo aspetto della tua ricerca, il "femminismo
cristiano"...
- Kari Elisabeth Boerresen: Ho gia' indicato come vadano compresi i termini
di "femminismo" e "cristianesimo". Si tratta ora di evidenziare il divario
confessionale, la modalita' diversa di recepire le istanze del femminismo
all'interno delle Chiese cristiane. I tre fattori costitutivi del
femminismo, ossia la parita' politica, l'autonomia riproduttiva e
l'idoneita' cultuale, sono non solo enunciati ma, direi, realizzati nel
contesto della cultura protestante. Malgrado l'iniziale opposizione di tutte
le istituzioni cristiane, il diritto di voto venne innanzitutto riconosciuto
alle donne nei Paesi protestanti (Nuova Zelanda 1893, Australia 1902,
Finlandia 1906, Norvegia 1913, Gran Bretagna 1928). Paesi di tradizione
cattolica quali la Francia e l'Italia giungeranno alla parita' politica solo
intorno al 1945. Dopo il concilio Vaticano II, l'equivalenza socio-culturale
acquisita dalle donne nella civilta' occidentale e' stata fatta propria a
posteriori anche dalla Chiesa cattolica, pur affermando la divisione dei
ruoli sessuali riconosciuti come complementari, nella famiglia come nella
societa'.
*
- Cettina Militello: Resta l'insistenza sul ruolo materno...
- Kari Elisabeth Boerresen: Tale insistenza, come fondamento della dignita'
delle donne, si collega all'antropologia patristica, al cui interno la
creazione di Eva e' spiegata dalla funzione strumentale della procreazione
dei figli di Adamo. D'altra parte l'autonomia riproduttiva delle donne nel
senso di una fecondita' volontaria, inconcepibile prima del secolo XX, e'
ora assolutamente necessaria per realizzare una piena collaborazione dei due
sessi in tutti gli ambiti della societa' come della Chiesa. Secondo me, non
e' irrilevante che la Santa Sede collabori con i Paesi islamici per limitare
l'autonomia riproduttiva delle donne nei contesti internazionali delle
Nazioni Unite (cfr. La Conferenza sulla popolazione del 1994 e la Conferenza
sulle donne del 1996). E' stupefacente che stia in compagnia dei Paesi
islamici non avendo questi ratificato ne' la Convenzione per i diritti
politici delle donne (1952), ne' la Convenzione per l'eliminazione di ogni
forma di discriminazione concernente le donne (1979). In verita', il tema
della maternita' come ragion d'essere specifica delle donne corrisponde a
una identica concezione della donna, sostenuta da una comune retorica
apologetica. Il mondo protestante ha anche riconosciuto per primo la
capacita' cultuale delle donne.
*
- Cettina Militello: So come la pensi, ma di questo preferirei non
parlare...
- Kari Elisabeth Boerresen: D'accordo, lasciami pero' dire come femminista
cattolica e come pioniera di "Gender Studies", che e' assolutamente
indispensabile la conoscenza approfondita della storia del cristianesimo per
poter affrontare questi problemi. Sfortunatamente, una tale prospettiva
sembra spesso assente, tanto nelle femministe credenti quanto nei chierici
tradizionalisti. In effetti, la concezione dell'autonomia della persona
deriva dal privilegio umano dell'essere creato a immagine e somiglianza di
Dio. Di conseguenza, il femminismo contemporaneo si colloca all'ultimo
stadio dell'antropologia cristiana, rivendicando la parita' politica,
l'autonomia riproduttiva e la capacita' cultuale per gli esseri umani di
ambedue i sessi. E nondimeno, il simbolismo dottrinale che deriva dagli
stadi anteriori della tipologia androcentrica e dall'imago Dei asessuata,
resta l'ostacolo fondamentale per una trasposizione femminista
dell'equivalenza redentrice all'ordine della creazione.
*
- Cettina Militello: Parlavi di divario confessionale. Vuoi precisare
meglio?
- Kari Elisabeth Boerresen: Si', trovo stupefacente che il divario
confessionale del femminismo cristiano sembri seguire la cronologia della
cristianizzazione dell'Europa, ma in senso opposto. La Scandinavia,
cristianizzata solo a partire dal secolo X, si trova nel secolo XX
all'avanguardia per cio' che concerne l'equivalenza dei due sessi. Le
ricerche storiche provano che l'introduzione del diritto canonico fu
svantaggiosa per le donne nordiche, riducendo il loro statuto giuridico e
privandole di capacita' cultuale. L'impatto della riforma luterana nel
secolo XVI fu alquanto ambivalente, dando per scontato che il potere del
padre di famiglia dovesse imitare la patria potestas di Dio Padre. Al
contrario, le donne sono state liberate dalla subordinazione mariotipica
nella misura in cui la cristologia e l'ecclesiologia protestante sono state
strutturate meno dalla tipologia classica. Va pero' sottolineato che nel
cattolicesimo romano e ortodosso, Maria come nuova Eva rinsalda la divisione
dei ruoli sessuali nel senso di una specificita' femminile. E' per questo
che il modello scandinavo di collaborazione tra donne e uomini, in quanto
esseri sessualmente differenti, in tutti i campi della societa' civile e
religiosa, resta ancora marginale per la cultura mediterranea.
*
- Cettina Militello: Vuoi aggiungere qualcosa a proposito di questo modello
scandinavo di collaborazione?
- Kari Elisabeth Boerresen: Mi riferisco soprattutto alla Norvegia. Credo si
debba sottolineare come da tempo il potere politico sia qui ripartito quasi
equamente tra i due sessi. Abbiamo avuto negli anni '90 un primo ministro
donna, un numero rilevante di donne ha ricoperto e ricopre incarichi
ministeriali, e anche in Parlamento e' rilevante la presenza delle donne. Il
confronto con la Spagna, la Francia e l'Italia non e' lusinghiero per questi
Paesi. Cio' spiega perche' la maggior parte delle donne ha votato nel 1994
contro l'ingresso della Norvegia nella Comunita' Europea. Era grande la
paura di un influsso mediterraneo di segno opposto. Il welfare scandinavo,
che in Norvegia si fonda su vaste risorse naturali di energia, ha prodotto
una sorta di "femminismo di Stato". Qui l'obiettivo politico e' la
collaborazione fra i sessi in tutti i campi, dando per scontata la
possibilita' di decidere in materia di fertilita' e riconoscendo la
responsabilita' di entrambi i genitori nell'educazione dei figli. Percio' il
sistema legale promuove la carriera professionale delle donne, facilitando
il coinvolgimento di entrambi i genitori. E' evidente il contrasto tra il
modello scandinavo di collaborazione alla pari in tutte le sfere
socio-economico-culturali e il tradizionale modello cattolico e islamico che
esige ruoli separati fra maschio e femmina.
*
- Cettina Militello: Ti confesso che mette a disagio questa tua insistenza
su una simmetria tra cattolicesimo e islam... Piuttosto qual e' la ricaduta
di questo che chiami "femminismo di Stato" a livello di studio e di ricerca?
- Kari Elisabeth Boerresen: E' grazie a esso che i centri di "Women's
Studies and Gender Research" si trovano in tutte le universita'. Questa rete
e' ora coordinata da un Istituto Nordico con sede a Oslo. Lo scopo comune e'
di rafforzare l'uso della categoria analitica di genderedness in tutti i
campi dell'insegnamento e della ricerca. Io stessa dirigo un seminario
interdisciplinare su "Gender" e religione nel Dipartimento di Storia della
Chiesa dell'Universita' di Oslo. Quanto alla presenza delle donne, le
studentesse e le ricercatrici superano gia' il 50%. Non e' cosi' invece per
le docenti associate. La percentuale scende ancora di piu' per le docenti
ordinarie.
*
- Cettina Militello: Un'ultima battuta da cattolica del Nord quale ti
definisci...
- Kari Elisabeth Boerresen: Trovo paradossale constatare che se il
protestantesimo ha sostenuto per primo il femminismo cristiano, le
tradizioni cattolica e ortodossa ci offrono invece gli strumenti
indispensabili per una nuova inculturazione: un'esegesi dinamica della
Scrittura in quanto incarnata humano modo e un'antropologia ottimista circa
la divinizzazione dell'essere umano. Purificate dagli asserti androcentrici
e dualisti, nel senso dell'incarnazione del Figlio di Dio in vista della
theosis holistica, l'inculturazione patristica dell'antichita' greco-romana
e l'inculturazione nord-europea delle Madri della Chiesa medievale possono
servire come modello per una restaurazione femminista del cristianesimo. Ed
e' cio' che mi auguro.
*
Postilla prima. Le opere. Tra subordinate ed equivalenti
Impossibile dar conto dei suoi articoli (circa un centinaio). Segnalo
soltanto i volumi, scritti per intero da lei o da lei curati: Subordination
et Equivalence. Nature et role de la femme d'apres Augustin e Thomas
d'Aquin, Oslo-Paris 1968 (tr. it.: Assisi 1979); Anthropologie medievale et
theologie mariale, Oslo 1971; Nicolaus Cusanus: dialog. "De pace fidei". Om
trosfreden, Oslo 1983; Image of God and Gender Models in Judeo-Christian
Tradition (Ed.), Oslo 1991 (tr. it., Roma 2001); Le Madri della Chiesa. Il
Medioevo, Napoli 1993; Women's Studies of the Christian and Islamic
Traditions. Ancient, Medieval and Renaissance Foremothers (Ed. con Kari
Vogt), Dordrecht-Boston-London 1993; Subordination and Equivalence. A
Reprint of a Pioneering Classic, Kampen 1995; Gender and Religion/Gendre et
religion. European Studies/Etudes Europeennes (Ed. con Sara Cabibbo ed Edith
Specht), Roma 2001.
*
Postilla seconda. Ha insegnato nelle universita' europee e americane.
Un'esperta dei "Gender models"
Se volessimo descrivere sinteticamente la parabola culturale di Kari
Elisabeth Boerresen, essa va dai "Women's Studies" - nei quali e' stata
pioniera - ai "Gender Studies", anzi ai "Gender Models" che rappresentano
oggi l'ambito e il metodo della sua ricerca. Quanto al profilo accademico,
la Boerresen e' magister artium in storia delle idee presso l'Universita' di
Oslo (1960), dove ha conseguito anche il dottorato in filosofia (1968). Ha
studiato presso i piu' prestigiosi centri d'Europa: la Sorbona, l'Institut
Catholique, L'Ecole pratique des hautes etudes di Parigi, ma anche a
Poitiers (Centre d'etudes medievales), Heidelberg (Theologische Fakultaet),
Mainz (Cusanus Institut), Oxford (St. Hilda's College)...
E' stata prima assistente al Dipartimento di filosofia dell'Universita' di
Oslo (1961), poi ricercatrice presso il Consiglio norvegese per la ricerca
(1961-1965); ricercatrice presso il Dipartimento di teologia sistematica
dell'Universita' Arhus; borsista dell'Accademia norvegese di lettere e arti
(1970-71); ricercatrice del Consiglio norvegese per la ricerca per un
programma di "Women's Studies" (1977-1980); professore ricercatore del Reale
ministero norvegese per la cultura (1982-2000), professore di studi
medievali e di "Gender Studies" presso il Dipartimento di studi della
cultura dell'Universita' di Oslo (1993-2000). Dal 2000 e' professore di
storia della teologia e di "Gender Studies" al Dipartimento di storia della
Chiesa dell'Universita' di Oslo. Dottore honoris causa dell'Universita' di
Uppsala (1992), e' membro dell'Accademia norvegese di scienze e lettere (dal
1995).
Fuori dalla Norvegia, e' stata professore invitato presso l'Universita'
Gregoriana, l'Universita' di Ginevra, la Harvard University, l'Universita'
di Princeton. Troppo lungo l'elenco delle sue attivita' a livello
internazionale, ricordo soltanto il congresso su "Women in the Christian
Tradition", che ha raccolto a Strasburgo, nel 1992 e nel 1995, sotto l'egida
della Comunita' Europea, studiosi e studiose da tutto il mondo.

2. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: LA BELLEZZA COME MONETA CIRCOLANTE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 ottobre 2009 col titolo "La bellezza
come moneta circolante"]

Che credito ha la bellezza femminile ai tempi di Berlusconi? Apparentemente
molto alto: sembra si possa scambiare facilmente bellezza con potere,
denaro, lavoro e la bellezza femminile e' una moneta al rialzo rispetto ad
altre monete sui mercati che contano di piu'. Si e' verificato pero' un
ribaltamento misogino che osservo a partire da me e che mi ha impressionato.
Guardando soprapensiero delle ragazze camminare per strada, alcune vestite e
truccate stile modelle degli inserti femminili del "Corriere della sera" e
di "Repubblica", accanto ad altre vestite in modo casuale, delle prime ho
pensato: dai, come le escort. Identiche. E l'immaginazione e' filata via
veloce. Poi mi sono bloccata per l'attacco di stupidita' che il pensiero
fluttuante rivelava. Perche' identiche alle escort si', ma anche identiche a
tante mie studentesse all'universita' e a tante giovani amiche, che amano
vestirsi cosi'.
Mi sono detta poi: il pensiero era si' stupido, ma rivelatore di quanto i
comportamenti della classe politica amplificati dai media, anche nella forma
della critica, trasformino la percezione che abbiamo degli altri. Che lo si
voglia o no, il modo di apparire della classe al potere, il suo modo di
comportarsi, il linguaggio adoperato - e le donne e gli uomini che gli sono
vicini - ha effetti profondi sull'immaginario e sulla percezione della
realta'. Mi sono anche resa conto che quella misoginia serpeggiante nei
confronti delle ragazze disinvolte e impeccabilmente alla moda, dopo mesi di
notizie sulla querelle Berlusconi, non aveva toccato solo me ma anche altri.
Soprattutto uomini.
Mi sono allora domandata quale sia la molla profonda che guida certe
studentesse, che incontro ogni giorno all'universita', ad essere cosi'
sapientemente truccate e vestite. Belle per una pratica sul proprio corpo
molto esercitata, pazientemente costruita sui modelli della moda,
interpretati in modo non banale. Mi sono detta che rispondere a questa
domanda poteva fare luce anche sul particolare tipo di bellezza, che e' poi
un certo atteggiamento nei confronti del mondo, che certe ragazze esibiscono
per avere in cambio denaro e lavoro nello scambio con gli uomini di potere.
La risposta che mi sono data e' che sono accomunate da una coazione
all'essere perfette. Un perfezionismo per il quale non c'e' piu' la vecchia
distinzione ormai antiquata: bella, ma stentata agli esami. Queste ragazze
sono perfette sia nel modo di curare il loro corpo sia nel modo di preparare
gli esami. Insomma, impeccabili in tutto. La loro linea d'ombra si disegna
altrove: tra una solarita' mostrata nella visibilita' pubblica, che deve
risultare perfetta, e una contrazione di se' e del proprio corpo, che in
genere chiamiamo depressione, e che le porta ad essere distruttive di se',
degli altri, e delle relazioni, alla prima avvisaglia di cedimento.
Nell'ultimo film di Woody Allen, "Basta che funzioni", a mio parere
irrimediabilmente misogino, il protagonista sessantenne decide di divorziare
dalla moglie architetta, bella, intelligente, raffinata. Il matrimonio non
va male, ma non ha piu' una sua storia. Dopo qualche tempo da scapolo, entra
nella sua casa e nella sua vita una ragazza giovane, carina, ingenua, che
sembra non ragionare con la sua testa, ma con quella degli uomini che ama.
Le giovani donne perfezioniste, che conosco, assomigliano - potenzialmente -
alla moglie con lavoro, intelligenza, bellezza molto costruita. E' questo
genere di donna ad entrare in depressione, quando qualcosa crolla. Una delle
battute del protagonista sulla moglie e': non avendo super-io ha dovuto
costruire il suo io. Battuta significativa sotto molti punti di vista. Dopo
anni di neoliberismo che ha invitato a puntare sul proprio io, a farsi
manager di se stessi - e le donne sono effettivamente la novita' piu'
interessante nell'attuale mercato del lavoro - le donne hanno affinato le
tecniche di perfezionamento dell'io in ogni aspetto che le riguardi:
capacita' a scuola e all'universita', modellamento del proprio corpo,
dinamicita'. In genere ormai lo so: quando mi trovo di fronte una
studentessa vestita e curata alla moda e' quasi automaticamente anche molto
preparata. Il fatto e' che Allen ha ragione, oggi il super-io non e'
vincolante. Non c'e' un simbolico che faccia ordine in modo complesso, e che
venga fatto proprio in modo inconscio. Non a caso non circola molto il senso
di colpa come riparazione di una qualche trasgressione. La fine del
patriarcato come sappiamo ha portato disordine sotto il cielo, oltre che
vantaggi notevoli per le donne. Uno degli elementi del disordine - indice
comunque di liberta' - e' che non ci sono piu' verita' date, ma ogni verita'
va guadagnata ogni volta da capo. Ed un altro e' che il simbolico dominante
e' estremamente povero, semplificato, rozzo.
Cosi' per queste giovani donne la bellezza e' una moneta circolante
scambiabile con molte cose. In genere vale sul mercato del lavoro, ma anche
dell'amore e della sicurezza. Solo alcune vanno ad uno scambio diretto con
il potere. Comunque per tutte quelle che hanno fatto della pratica di
modellamento del corpo un punto di forza, la bellezza e' un elemento tra gli
altri di costruzione del proprio io. Di costruzione di un curriculum
pubblico. E' il genere di ragazze - ne conosco alcune - che sono piu'
esposte alla linea d'ombra della depressione, alla contrazione distruttiva
di sé e degli altri, quando qualche crepa si presenta irrimediabile nel loro
progetto di vita centrato sulla costruzione di un io perfetto.
Di fronte ad un simbolico dominante cosi' povero e rozzo, quello che
possiamo fare e' invitarle a trovare parole di verita' riguardo alla loro
esperienza e al loro desiderio. Solo cosi' il simbolico si puo' arricchire
di potenzialita', di modi d'essere, di stili di pensiero che in modo
molteplice siano alternativi a quello unidimensionale dato dal potere e
dall'industria della moda. Solo quando c'e' un riconoscimento di se'
nell'immagine che lo specchio ci riflette e nello sguardo degli altri -
quando cioe' c'e' armonia tra il nostro corpo e il suo lato inconscio -
allora il rapporto con la moda e i modelli di bellezza risulta un gioco
affascinante. Altrimenti e' alienazione. Problema, va da se', del tutto
estraneo alla produzione industriale del settore.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 282 del 9 ottobre 2009

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