Nonviolenza. Femminile plurale. 281



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 281 dell'8 ottobre 2009

In questo numero:
1. Cettina Militello intervista Lina Boff (2002)
2. Edoarda Masi: Cina, la cultura e la politica

1. RIFLESSIONE. CETTINA MILITELLO INTERVISTA LINA BOFF (2002)
[Da "Vita pastorale", n. 4, aprile 2002, col titolo "Intervista alla teologa
brasiliana Lina Boff. Per noi donne solo sei sacramenti" e il sommario "La
religiosa, di origine italiana, non risparmia le critiche alle istituzioni.
In un Paese tormentato da poverta' e violenza, lei divide la passione per la
teologia con quella per i diritti civili. L'amore per la giustizia,
insegnatole dal padre, e il rapporto con i fratelli Leonardo e Clodovis"]

Il nome dei Boff e' noto nel mondo della teologia. Ho letto con ammirata
attenzione Il volto materno di Dio (Queriniana, Brescia 1981) di Leonardo,
che ha avuto piu' volte gli onori (indesiderati) della cronaca ecclesiale.
Nella storia di questo francescano, fedele al suo ordine anche nel
massimalismo mariano, ha costituito la pietra d'inciampo non tanto la
mariologia quanto l'ecclesiologia. La questione ecclesiologica ha toccato
anche il fratello Clodovis, frate tra i Servi di Maria. La parabola di
Leonardo si e' avviata alle conclusioni che sappiamo dopo una vicenda lunga
e sofferta. Piu' mite e defilato, Clodovis insegna teologia e mi e' collega
alla Pontificia facolta' teologica "Marianum".
Dei tre fratelli teologi, ho conosciuto Lina per ultima. Ed e' toccato a me,
cosi' lontana, dare un parere sul suo passaggio a docente stabile. Da ultimo
e' stata in Italia in occasione del Congresso mariologico-mariano
internazionale del settembre 2000 il cui tema era "Maria e la Trinita'".
Lina ha studiato presso le Serve di Maria Riparatrice; delle quali posso
testimoniare lo sforzo nella ricerca di modelli innovativi sulle questioni
attinenti il "genere". I Servi di Maria onorano "nostra Donna" senza
eluderne la femminilita'. Per questa ragione al Marianum e' stata di recente
istituita la cattedra "Donna e cristianesimo". Per vie proprie, e per
contagio, anche le Serve si sono fatte attente all'identita' femminile.
Lina Boff divide la passione per la teologia con quella dei diritti civili
ed ecclesiali degli individui. Alle mie domande ha risposto in un
italo-brasiliano asciutto e aspro che nei limiti del possibile ho lasciato
intatto. Traspare un mondo assai diverso dal nostro, una situazione di
lacerazione e di frontiera che e' difficile percepire non avendone fatto
esperienza. Le espressioni forti della Boff vanno ricondotte ai contesti
sociali, di cui parlo a parte. Lina, prossima e lontana insieme ai suoi due
fratelli, fa la teologa in una zona di frontiera. A me pare che assecondi e
alimenti la speranza e che da lei, come da altre donne coraggiose, passi il
futuro della fede.
*
- Cettina Militello: Lina, che cosa ti ha spinta a studiare teologia?
- Lina Boff: Un dono interiore, che ho interpretato come chiamata speciale
di Dio. Ma anche la mia insoddisfazione per le modalita' in cui si traduce
la vita religiosa. Trovo in essa un eccesso di istituzionalita', che fa
perdere di vista il nocciolo. Non ho trovato risposta alle mie domande
insegnando lettere e nemmeno impegnandomi nella scienza pedagogica.
*
- Cettina Militello: Sembra che non tutto sia stato conforme alle tue
aspettative...
- Lina Boff: L'essere religiosa mi ha consentito di fare molteplici
esperienze e di arrivare nel profondo di me stessa. Questo e' il positivo.
Ma per spingermi sino in fondo ho dovuto oltrepassare l'orizzonte proposto
dall'assetto istituzionale. Il progetto della vita religiosa e' molto piu'
ampio di quello che si vive e si fa. Per me qualsiasi vocazione dev'essere
dinamica; deve implicare un cammino in avanti. Questo mi sono riproposta in
ogni mia scelta e da suora non ho cambiato idea. Ma scegliere di camminare
in avanti, per chi vive in un'istituzione, e' scomodo. Non solo non la si
considera una scelta profetica, ma addirittura la si avverte come un
disturbo. La teologia mi ha aiutata a non fermarmi, anche se devo pagare
sulla pelle quello che ho scelto di fare come adeguamento al progetto di
Dio. Non vedo che senso possa avere l'appartenere a una congregazione senza
il coraggio di andare sempre avanti.
*
- Cettina Militello: Alle spalle c'e' la storia personale. La tua famiglia
e' di origine italiana...
- Lina Boff: Si', italiani emigrati dall'Austria (Rech, Boff) i parenti di
mio padre e dal Veneto (Fontana, Poletto) quelli di mia madre. Il veneto e'
stata la nostra prima lingua. Eravamo in 11: 6 sorelle e 5 fratelli! I miei
fratelli Clodovis e Leonardo si sono fatti frati, io Serva di Maria. Allora
l'unica possibilita', per far studiare tanti figli, era il seminario o
l'internato presso le suore. Eravamo nati in campagna. Mio padre, ex-allievo
dei Gesuiti, era insegnante a San Leopoldo nello Stato di Rio Grande del
Sud. Lo definirei un filosofo. Ha fondato una biblioteca popolare per la
gente del villaggio. Mio padre si chiamava Planalto, era un intellettuale,
sempre pronto a pensare; pero' attento ai problemi sociali. Prendeva le
difese della gente di colore che abitava vicino a un fiume. Era considerato
una sorta di difensore pubblico. Veniva da lui la povera gente. Papa' li
riceveva in casa e li difendeva dai commercianti. Si impegnava a loro
favore. La mamma temeva di perdere il marito.
*
- Cettina Militello: Aveva ragione ad aver paura?
- Lina Boff: Si'. Una notte papa' tardava a tornare a casa e la mamma
piangeva perche' temeva che lo avessero ammazzato. Proprio quella notte lui
corse questo rischio. Essendosi accorto della complicita' di un amico, suo
"compare", gli disse: "Ma anche tu, compare Argenton, sei contro di me?".
*
- Cettina Militello: Parlami di tua madre...
- Lina Boff: Mamma coltivava un campo per il nostro fabbisogno. Noi figli,
nelle vacanze, lavoravamo con lei per vivere. Avevamo una mucca, due o tre
porcellini, le galline, un cavallo per trasportare cio' che serviva a
mantenerci e che ci portava avanti e indietro dalla campagna (roca, in
portoghese). Salivamo anche in sei su questo cavallo che si chiamava Baio.
Alla sera, al chiaro di luna, la mamma ci insegnava a cantare a due e tre
voci. Ci raccontava il suo fidanzamento con papa', le lettere appassionate e
romantiche che riceveva senza saperle leggere. Ma aveva un fratello che
leggeva per lei, il nostro caro zio Aurelio Fontana, morto da poco. La mamma
era indipendente da papa' per tutto quello che si riferiva
all'amministrazione della casa, il sostentamento di tutta la famiglia, la
salute di ognuno, e anche per le scelte che si dovevano fare per il nostro
futuro. Il posto per studiare e i libri erano compito di nostro padre.
*
- Cettina Militello: E voi figli?
- Lina Boff: Eravamo tutti dalla parte della mamma quando discutevano.
Mettere insieme due teste cosi' diverse era una battaglia che coinvolgeva
anche tutti noi. Ognuno, poi, aveva il suo lavoro in casa e in campagna, e,
oltre a cio', dovevamo studiare le declinazioni latine, l'alfabeto greco, il
francese con un ex-seminarista amico di papa'. Leggevamo i romanzi
dell'epoca, le favole di La Fontaine. Noi tre religiosi siamo stati aiutati
dalla mamma che ci lasciava molto liberi. Quando due frati Servi di Maria
sono venuti a prendere Clodovis per portarlo al Seminario di Turvo-Santa
Catarina, lui piangeva per la paura di non poter piu' ritornare a casa. E'
andato cosi' a consigliarsi con la mamma pochi minuti prima di partire (con
poca roba in un sacco di cotone). E lei gli ha detto: "Caro Nene, se non
riesci ad abituarti a stare con i frati, torna a casa da me che ti voglio
tanto, ma tanto bene". Clodovis si e' sentito libero e si e' risolto a
partire. Leonardo, invece, preoccupava papa' che diceva di lui: "Pensa
troppo e vuole che l'umanita' cammini come la pensa lui e non come puo'...
Va troppo avanti, cammina da solo". Papa' era orgoglioso di questo suo
figlio. Il suo sogno era vederlo salire all'altare. L'emozione
dell'ordinazione fu la piu' forte della sua vita. Ci ha lasciati appena
pochi mesi dopo.
*
- Cettina Militello: Come donna qual e' stata la tua esperienza?
- Lina Boff: La mia vocazione e' stata a un tempo un incontrare me stessa e
un entrare nell'intimita' di un Dio solidale e attento alla realta' concreta
della mia persona. E' stata, lo dico a tutte maiuscole, un'esperienza di
"rivelazione". Le difficolta' si sono manifestate a livello
dell'istituzione. Innanzitutto di quella religiosa che vede la suora
impegnata a lavorare soltanto all'interno della sua comunita', della sua
congregazione e non fuori, in mezzo alla gente. A livello piu' ampio, di
istituzione ecclesiale, ho poi trovato un'estrema poverta' circa la
coscienza del regno di Dio e circa la Chiesa come popolo di Dio. Ma anche a
livello accademico i problemi non sono mancati e non mancano a causa della
discriminazione clericale. Come donne si e' escluse da tante cose perche'
senza l'ordine. Per noi donne ci sono sei sacramenti e non sette! Invece e'
stata assai positiva l'esperienza con gli allievi - posso proprio
dirtelo! -, soprattutto con i laici e con le religiose che riescono a uscire
dal nido delle loro comunita'.
*
- Cettina Militello: Ci dici il tuo percorso ecclesiale?
- Lina Boff: Da Serva di Maria, sono stata impegnata, per i primi dieci
anni, come missionaria nell'Acre-Amazonia. Li', non c'era spazio per la
teoria. Bisognava darsi da fare e c'era una grande possibilita' di contatto
con la gente. Poi ho lavorato in una istituzione statale di Rio de Janeiro
con i minori abbandonati. Erano ragazzi dagli undici ai diciotto anni. Anche
in questo periodo il mio impegno era soprattutto pratico. Dovevo portarlo
avanti con gli strumenti delle scienze umane, della sociologia innanzitutto.
*
- Cettina Militello: Quando hai ripreso la teologia?
- Lina Boff: Ho ripreso gli studi quando, eletta consigliera generale, ho
dovuto abitare a Roma. Ho cominciato a frequentare la Gregoriana. In quel
periodo sono riuscita a finire la teologia cominciata a Petropolis. Avevo
tempo per lo studio e per la ricerca. In precedenza, a piu' riprese e
durante le mie vacanze dal lavoro, avevo frequentato vari corsi teologici.
Era una necessita', visto il tipo di attivita' che svolgevo. Ero obbligata a
studiare le questioni sociali. Le affrontavo soprattutto con i laici, per i
quali ero una religiosa informata ma che non ha approfondito bene le
cause... Mi riferisco ai problemi della gioventu' abbandonata, in eta'
difficile.
*
- Cettina Militello: Cosa ha rappresentato per te questo ritorno alla
teologia?
- Lina Boff: Mi sono trovata a un bivio. Ho dovuto assumere una posizione di
resistenza dinanzi alle persone che in prima linea rappresentavano
l'istituzione. Il bivio era proprio l'istituzione, la stessa vita religiosa.
Non era possibile immaginare una suora teologa. Spiegare le ragioni della
propria fede e' istanza recente, di pochi anni. Sentiamo ancora le
conseguenze della resistenza opposta a tutto cio' dalla vita religiosa.
Occorre lasciare spazio alla riflessione; far luce su certe situazioni che
devono cambiare, a tutti i livelli... Non solo nella religione, ma nel
mondo, nella societa', nelle istituzioni in genere, nei movimenti popolari
ecc. Tutto questo fa paura, rappresenta una minaccia per chi deve
esercitarsi nel servizio di stimolare e motivare una scelta che crea una
cultura della vita alla luce della fede. Non mi riferisco a nomi o a
specifici servizi, ma a tutta intera una situazione che e' ancora nelle
doglie del parto. Personalmente cerco di rispettare lo spazio del sapere, ma
non so se il potere-servizio si rende conto di questo problema. Sia il
sapere della fede, sia il servizio del potere camminano assieme!
*
- Cettina Militello: Ma non puo' esserci comunque la tentazione del potere?
- Lina Boff: Le suore teologhe sono le serve e non le padrone... Vivono,
nella loro limitatezza, la chiamata del Signore in un progetto che deve
essere rispettato e stimolato ad andare avanti. Mi considero felice per il
fatto che nella mia congregazione non c'e' un modello di governo
autoritario, ma un modo d'essere, uno stile di animazione che include tutte
e tutti. Le questioni che sollevo valgono pero' anche per noi, per
l'istituzione a cui appartengo. Chi fa teologia fa luce sulle cose di questa
vita e la luce fa paura, non e' accettata.
*
- Cettina Militello: Torniamo al tuo percorso...
- Lina Boff: Ritornata in Brasile, ho elaborato la tesi di laurea e subito
dopo ho avuto un anno sabbatico che mi ha consentito un post-dottorato alla
Gregoriana. Ho presentato un piu' approfondito lavoro di ricerca sulla prima
parte della tesi di laurea. Di nuovo in Brasile, sono stata invitata ad
assumere un servizio amministrativo a livello di licenza e dottorato nella
facolta' dove lavoro ora. Sono coordinatrice di tutta la teologia e assegno
corsi a livello di licenza, di master e di dottorato. In questo momento sono
concentrata come ricercatrice in escatologia e mariologia. Cio' non
impedisce che mi dedichi ad altri corsi e pubblicazioni.
*
- Cettina Militello: I laici in Brasile frequentano le facolta' di teologia?
Che possibilita' di impegno hanno nella ricerca e nella pastorale?
- Lina Boff: Questo non e' un tempo propizio per i laici. Comunque, vedo che
qui in universita' la teologia e' un ambito di studi cui accedono persone
che hanno gia' frequentato altre facolta', che lavorano e trovano il tempo
per approfondire la loro fede, sia a livello accademico che ad altri
livelli. Abbiamo corsi, quasi accademici, alla sera, due o una volta alla
settimana, per una durata di circa tre anni. Li frequentano coppie, donne
che esercitano professioni liberali in tutti i campi della scienza. Parlo
soprattutto di persone che lavorano nelle favelas, nelle periferie, nei
movimenti popolari, nelle organizzazioni non-governative, nelle parrocchie,
nelle piccole comunita' sparse all'interno del Brasile rurale, di militanti
nei partiti. Nei corsi di master e dottorato un terzo sono cattolici e due
terzi evangelici.
*
- Cettina Militello: Qual e' la presenza delle donne, sia come allieve che
come docenti?
- Lina Boff: Purtroppo nella facolta' di teologia le donne sono molto
diminuite. C'e' poco spazio di lavoro. Come corpo docente siamo meta' e
meta'. La preferenza, pero', e' data sempre piu' ai chierici, agli uomini.
Una donna non potra' mai essere preside della facolta' teologica di Rio. Una
mia collega, che insegna alla facolta' di teologia e ha gia' conseguito il
dottorato, per avere una possibilita' piu' ampia di lavoro sta conseguendo
la laurea (6 anni) in psicologia per estendere la sua ricerca fuori degli
ambiti strettamente teologici. Per noi donne e' un problema serio vedersi
restringere l'ambito della teologia. Come si puo' lavorare da teologhe senza
aprirsi alle altre scienze anche per riscattare le conquiste gia' fatte, in
passato, dalle donne? Davvero non ci sembra roseo il nostro futuro come
teologhe!
*
- Cettina Militello: Eppure, la Chiesa brasiliana in passato ha prestato
attenzione alla questione femminile. Che cosa e' rimasto di quei documenti?
- Lina Boff: Non voglio parlare in generale della Chiesa ma piuttosto delle
donne. Il loro impegno piu' forte, quello che in questo momento vedo come
tale, soprattutto da parte di coloro che in passato dimostravano piu'
grinta, e' - mi pare - quello del dialogo interreligioso e un po' meno
dell'ecumenismo. Nel campo del dialogo interreligioso le donne si sentono
libere. Ne sono venute fuori esperienze bellissime. Il sacro ha preso forza
nella donna latino-americana e caraibica del nostro tempo. Ci sono degli
studi e delle ricerche nel campo esoterico, della cura, del sacro, visti
come un tutt'uno; c'e' il riscatto della "strega", soprattutto con
l'obiettivo di ricercare il lato buono di cose considerate per tanti secoli
"demoniache"... Cosa e' rimasto dei nostri impegni e documenti, non saprei
dirti ora, ma certamente ci hanno aperto altri campi del vivere in comunita'
come donne e uomini, dato che non siamo accettate con facilita', ne' nel
"sacro" ne' nel "profano". Non a caso, le tesi elaborate dalle donne sono
soprattutto dirette alle tematiche del "genere". Vanno dall'elaborazione di
strategie a favore delle donne stuprate dentro casa dal maschio alla
riflessione su chi e' Dio per la donna, su quale sia per le donne l'immagine
di Dio. Siamo sempre piu' coscienti che dobbiamo lavorare con le donne e,
insieme, fare un cammino con gli uomini. Diciamo sempre piu' a noi stesse
che non siamo ancora diventate persone, non lo siamo noi donne, ne' lo sono
ancora gli stessi uomini. Quando saremo persone potremo camminare insieme.
La complessita' di questo cammino spiega perche' le donne preferiscono
lavorare nelle scienze religiose, nella cultura religiosa, piu' che nella
teologia, in senso stretto, accademica. Sul piano ecclesiale, poi, i vescovi
non possono contare pubblicamente su di noi, perche' restiamo escluse anche
dal diaconato. Sono pero' sempre piu' coscienti che senza di noi la Chiesa
in America del Sud non funziona, neanche come istituzione. Abbiamo dunque
speranza per il futuro.
*
- Cettina Militello: Quale contributo teologico possono o debbono offrire le
donne?
- Lina Boff: Sono innanzitutto persuasa che devono avere gli stessi
strumenti dei chierici e dei vescovi. Bisogna possedere come loro la
teologia e sapere anche quali conseguenze se ne traggono sotto il profilo
teologico e sotto quello pastorale. Solo sulla base di questa consapevolezza
si puo' provare a fare una teologia nell'ottica nostra di donne, a partire
dalla nostra esperienza. Ovviamente si deve tener conto del linguaggio, del
contesto sociale, dello spazio che sempre piu' si restringe, e di una nuova
ermeneutica che tenga conto di tutta la vita umana, senza lacerazioni, in
fedelta' al piano di Dio che ci ha creati donna-uomo. Quello delle teologhe
e' un lavoro doppio. Occorre fare teologia insieme:
donne-uomini-chierici-vescovi. Bisogna anche avere piu' coraggio nel dialogo
con le altre confessioni e nel dialogo interreligioso.
*
- Cettina Militello: Mi pare di sentire un'eco di quanto scrivono i tuoi
fratelli teologi. Ne condividi le posizioni?
- Lina Boff: Per Leonardo e Clodovis sono prima di tutto una sorella, a
volte cara e a volte no. Loro sono loro, io sono io. Per me, tanto l'uno
come l'altro, vedono le cose da lontano, alla maniera dei profeti, ma nella
pratica vedono le cose da poca distanza. Ti porto un esempio: quando ho
conosciuto meglio il socialismo dell'Africa, dove si mischiavano Cuba, la
Russia, la Francia e cosi' via, ho posto a entrambi grossissime questioni
tornando in Brasile. Nessuno dei due ha voluto discuterne con me. Ero
convintissima che quel socialismo non portava da nessuna parte. E loro erano
gia' stati in Russia. Ti ricordi quanta pubblicita' sui teologi della
liberazione che invadevano la Russia, che sperimentavano il socialismo a
tutte maiuscole? Con questo non escludo che si possa approfittare di quanto
di buono viene dall'esperienza socialista! Condivido con loro tante cose in
linea di principio, ma non sempre, poi, nella pratica. Mi sembra che
l'orizzonte della teologia che nasce dalla pratica, dall'esperienza, deve
venir fuori dalla collaborazione tra uomini e donne, e non solo dagli uni o
dalle altre. Ancora oggi penso che ho provato in Africa quello che mai, fino
a quel momento, avrei pensato di provare. E quest'esperienza ha comportato
un mio diverso modo di pensare... Poco dopo, e' caduto il muro di Berlino...
Clodovis e Leonardo sono due fratelli che amo con tutto il cuore. Ma tante
volte sono tentata di ignorare l'amore che nutro per ognuno dei due.
*
- Cettina Militello: Hai accennato alla teologia della liberazione. Cosa e'
stata e cos'e' per voi, in America Latina?
- Lina Boff: Si e' trattato di un momento profetico e assolutamente
necessario, senza di cui non saremmo arrivati dove siamo. Se ne parla poco
adesso, ma la si vive di piu', nel senso che abbiamo assimilato in tale
forma questo modo di pensare la fede a partire dalle nostre esperienze e
dalla poverta', che non c'e' piu' bisogno di parlarne. Non si parla di cio'
che si vive gia'. A livello di stampa la teologia della liberazione non e'
una novita'. Per noi continua a esserlo e non cessera' mai di esserlo.
*
- Cettina Militello: E in rapporto alle donne?
- Lina Boff: Anche per noi donne resta la novita' del fare la nostra
teologia della liberazione senza escludere quella elaborata dagli uomini, i
quali hanno l'appoggio di tutto il mondo, teologico e non. La teologia della
liberazione nasce continuamente, a suo modo, da un'esperienza di fede del
Risorto. Io, personalmente, trovo difficolta' nel parlare delle apparizioni
del Risorto agli apostoli e alle donne nel mattino del primo giorno. Sara'
facile per il nostro corpo mortale captare la gloria di un corpo
risuscitato? A Dio niente e' impossibile. Ma dobbiamo pensare come
interpretare questi testi come donne! Le scienze umane potranno aiutarci
tanto, ma l'esperienza di fede ancor di piu'! Abbiamo tanto da fare come
donne e in ogni campo della teologia, dell'antropologia e della cristologia.
*
- Cettina Militello: Quale contributo intendi dare?
- Lina Boff: Quello di operare in futuro per una teologia fatta da uomini e
donne, insieme, non divisi. Personalmente, poi, penso di dovermi costruire
sempre piu' come persona, senza perdere la mia identita' di donna credente
nel Signore risuscitato. Questo il mio contributo.
*
- Cettina Militello: A cosa stai lavorando, che libri hai in programma?
- Lina Boff: Sul piano della ricerca vorrei approfondire la prospettiva
dell'escatologia attingendo a fonti diverse. Mi piacerebbe anche avviare un
archivio storico relativo alle province diverse della mia congregazione qui
in Brasile. Quanto ai libri ne ho piu' di uno in cantiere. Vorrei scrivere
sulla mariologia in un'ottica latino-americana; vorrei poi portare a termine
il volume che ho gia' iniziato sulla vita consacrata a partire
dall'esperienza di vita e un altro, sempre, sulla vita religiosa nel ritmo
del terzo millennio, il cui sottotitolo e': "Una proposta di rifondazione?".
*
- Cettina Militello: Quali strategie ti sembrano possibili per il futuro
della Chiesa?
- Lina Boff: Saro' brutale: innanzitutto occorre alimentare la speranza che
questa istituzione, cosi' come si presenta e come agisce, nei suoi aspetti
di connivenza e di complicita' con cio' che e' estraneo al disegno di Dio,
muoia quanto prima. La morte portera' la risurrezione certamente, come ha
portato la risurrezione la morte per amore, la morte di Cristo.
*
- Cettina Militello: Trovo queste parole pesanti. Ovviamente non parli della
Chiesa nel senso forte, misterico. Ti limiti a quegli aspetti che sfigurano
il volto della sposa di Cristo!
- Lina Boff: Si', certo! Lasciami pero' dire che sogno una Chiesa laicale,
solidale, semplice, "sposata" non solo con le donne ma anche con il popolo.
Una Chiesa "una" nella carne e nello spirito tramite i diversi carismi:
povera e umile; dove le donne, a cui e' impedito di occupare gli spazi
riservati agli uomini ordinati, possano e sappiano creare altri spazi che il
potere clericale non possa condizionare. Sogno di spostare il baricentro da
una Chiesa fissa e immobile a una itinerante; che vada dove il popolo
cammina; che cammini seguendo il popolo e da esso impari a vivere, a livello
umano e cristiano.
*
- Cettina Militello: Cosa pensi della situazione politica internazionale e
del possibile contributo delle donne?
- Lina Boff: Credo occorra rendersi conto che muore piu' gente nel Sud del
mondo che non in Afghanistan o in Palestina o in altri Paesi dilaniati dalla
guerra civile, come in Africa. I mass media sono lontani da noi. E noi
facciamo poco per far arrivare il nostro messaggio attraverso di essi. La
potenza dei media scende a compromessi contro l'umanita'. Come donne, il
nostro contributo piu' immediato e fattibile e' di stare vicino al popolo
che soffre; di ascoltarlo e avvertire quello che sente e pensa. Spetta al
popolo organizzato cambiare il corso della Storia (della salvezza). Ma, mi
chiedo, noi donne, come ci collochiamo in mezzo a questo popolo? Credo che
occorra andare avanti, mettendo a frutto la riflessione e la ricerca secondo
quanto ci e' segnalato dalla gente e dalle Chiese piu' impegnate con le
masse escluse e derelitte. Questo significa dare il proprio sangue. In
questo periodo, in Brasile, abbiamo vissuto tre attentati contro leader del
Pt, il Partito dei lavoratori (per inciso, le Chiese piu' aperte di questo
Paese appoggiano il progetto del Pt). Due di loro sono stati torturati e
sono morti: il governatore di due prefetture di San Paolo e il coordinatore
del Movimento dei senza terra (Mst). Credimi, a San Paolo si vive in questo
momento peggio che in Afghanistan. Questa situazione disperata e tragica mi
costringe a riflettere e a cambiare il modo di fare teologia.
*
Postilla prima. Tra la Gregoriana e la Catolica. Serva di Maria al servizio
della teologia
Lina Boff, da religiosa Irma Maria Lina, al battesimo Jenura Clotilde, e'
nata a Concordia (Sc - Brasile) nel 1936. Licenziata in teologia presso la
Pontificia universita' Gregoriana e la Pontifícia universidade Catolica do
Rio de Janeiro (Puc) (1986), ha conseguito il dottorato in teologia presso
la Catolica (1994), e il diploma di perfezionamento post-dottorato presso la
Gregoriana (1995) con una dissertazione guidata dal professor Felix
Alexandre Pastor.
Come religiosa ha diretto il Colgio Estadual/Sc (1960-1970); e' stata
orientadora educacional nella Fundacao do Bem-estar do Menor (1972-1978).
Gia' consigliera generale delle Serve di Maria Riparatrice (1978-1984), dal
1987 e' consigliera della Conferenza dei religiosi del Brasile (Crb), membro
permanente dell'Equipe di riflessione teologica della Crb (Ert-Crb) e membro
collaboratore dell'Unione internazionale della famiglia servitana (Unifas)
(Roma). Dal 1990 al 1992 e' stata professore collaboratore dell'Istituto
brasiliano di sviluppo (Ibrades). Attualmente e' professore di escatologia e
mariologia per l'attualizzazione del Progetto "Arte e Espiritualidade" della
Casa Centro Loyola de Cultura e Fe', legato alla Puc-Rio de Janeiro e membro
collaboratore dell'Organizzazione internazionale "Religious Freedom Report",
per il dialogo interreligioso, con sede a Washington (Usa).
La sua attivita' di docente di cultura religiosa e di teologia, biblica,
sistematica e pratica, data sin dal 1986. Attualmente dirige un'area di
concentrazione relativa all'escatologia e alla mariologia per il
conseguimento dei gradi accademici e dei diplomi post-gradi presso la Puc di
Rio de Janeiro.
Collabora a diversi periodici ed e' impegnata in iniziative di promozione
teologica e pastorale. Tra i suoi volumi: Espirito e Missao na obra de
Lucas-Atos. Para uma teologia do Espirito (Dissertacao de Posdoutoramento),
Edicoes Paulinas, Sao Paulo 1996, 220 p. (tradotto in lingua spagnola);
Espirito e Missao na pratica pastoral. Acre: 1920 a 1930, Edicoes Paulinas,
Sao Paulo 1997, 245 p.; Maria e o Feminino de Deus. Para uma espiritualidade
mariana, Ed. Paulus, S. Paulo 1997, 60 p. (tradotto in lingua spagnola);
Espirito e Missao na teologia. Um enfoque historico teologico 1850-1930,
Edicoes Paulinas, Sao Paulo 1998, 262 p.
Tra i contributi a volumi di Autori Vari: Quegli occhi tuoi misericordiosi:
Riparazione nel duemila. Ed. Centro Mariano Beata Vergine Addolorata, Rovigo
1996, 21 p.; "As portas do Terceiro Milenio", in Horizontes de uma
Caminhada, Crb/Edicoes Loyola, Sao Paulo 1996, pp. 137-140.; "O lugar da
Mulher", in Uma interpretacao feminina da "Mulieris dígnítatem", Edicoes
Loyola, Sao Paulo 1990, pp. 39-47.
*
Postilla seconda. Riflessioni sul Brasile. Gioco al massacro per
sopravvivere
Nel '94, se non sbaglio, sono stata quasi un mese in Brasile, ospite a Rio
de Janeiro anche dei Servi e delle Serve di Maria. Se rimasi colpita della
generosita' dei tanti operatori italiani che ebbi il dono di incontrare (e
aggiornare), mi turbo' profondamente vedere condannate a una condizione
"subumana" tantissime persone. Non pensavo, ad esempio, che fosse possibile
per un bambino di pochi anni uscire per strada e restarci a vita, morendo
comunque prima di diventare adulto. Ne' pensavo che per una bambina fosse
possibile restare incinta prima del menarca, violentata dal padre o dal
patrigno, e che, per di piu', la madre la buttasse fuori di casa, sempre che
una casa l'avesse avuta.
Ho visto le favelas di Rio, piaghe purulente nel tessuto di una citta'
splendida e affascinante come poche altre. Ricordo i colpi d'arma da fuoco e
le suore che rispondevano: "Forse e' un samba". Si', era difficile dire se
sulle colline si stessero scontrando gruppi rivali o se si stesse facendo
festa. E tutto cio' in mezzo a una straripante voglia di vivere, a un
ottimismo che, a me europea, sembrava un nonsenso. Del Brasile ricordo
l'odore acre, intollerabile.
Le suore che mi hanno ospitato - e cio' fa loro onore - vivevano per lo piu'
ai margini delle favelas, se non dentro. Rivedo i bambini giocare
allegramente nei liquami e mi chiedo, oggi come allora, se si possono
tollerare queste e altre cose, e se si puo' dire civile un Paese incapace di
far fronte ai piu' elementari problemi della gente. In Brasile, come nei
Paesi vicini, la ricchezza e' concentrata nelle mani del 2-3% della
popolazione. E' dura per l'esigua classe media, forse piu' ancora che per i
disperati, i quali non hanno un tenore di vita da salvaguardare. Ma oltre
una certa soglia, si e' fuori dall'esistenza umana, dalla coscienza, dai
diritti e dai doveri. Resta il gioco al massacro del sopravvivere
quotidiano, non importa a spese di chi o come.
Quando ci si domanda irritati di che cosa o perche' avevamo da chiedere
perdono nell'anno giubilare, non posso fare a meno di pensare all'America
Latina, all'Africa, a tutti quei Paesi che siamo riusciti a violare,
erodendone la cultura, impadronendoci delle loro risorse. Non abbiamo di che
essere fieri come cristiani. Siamo stati complici e continuiamo a esserlo
tutte le volte che il ricorso all'esprit de geometrie o all'esprit de
finesse (lusso tutto nostro) ci rende incapaci di accogliere non sentimenti
di rivolta, ma piu' semplicemente invocazioni, domande elementari di
umanita'.
Eppure la teologia e la riflessione di fede possono ancora offrire percorsi
di umanizzazione. Ho visitato a Manaus una scuola di teologia per laici. La
frequentavano soprattutto indios, che avevano fatto giorni di navigazione
sul Rio delle Amazzoni e sui suoi affluenti per parteciparvi. In una delle
poche sere di questo mio soggiorno si apriva un convegno catechistico. I
partecipanti erano ospitati in un piccolo palazzetto dello sport. La prima
azione rituale fu accogliere l'Evangeliario. Non riesco a reprimere ancor
oggi la commozione provata nel vedere uomini e donne accogliere il Vangelo
con un tifo da stadio. Non ne ho esperienza, ma credo avvenga cosi' ai
concerti rock. Quella sera mi dissi che forse stava li' il futuro della
Chiesa. Mi chiesi anche se un'esperienza del genere avrebbe avuto senso
altrove e se, nelle condanne, certo non comminate a cuor leggero, si
avvertisse la posta in gioco, quella di una speranza, grande e flebile a un
tempo, che occorreva con ogni cura assecondare...

2. RIFLESSIONE. EDOARDA MASI: CINA, LA CULTURA E LA POLITICA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo ottobre 2009 col titolo "Cina,
sessanta e non solo. La lunga marcia della cultura" e il sommario "1949,
anno fatidico, raccontato da due film. L'epopea patriottica e multistar
'Fondazione di una Repubblica', che riempie le sale cinesi mettendo in scena
la nazione. 'This life of mine', girato 60 anni fa, grande parabola senza
happy end"]

L'attenzione alla Cina e' tradizionalmente rivolta ai fatti economici. In
Cina insistono a non trascurare il fatto culturale. Mi e' arrivato un libro
d'una giovane scrittrice cinese su Confucio, un best seller di dieci milioni
di copie in tutto il mondo. Riecco Confucio e il confucianesimo che
rischiano d'apparire in una forma pseudomoderna. Indipendentemente
dall'importanza di Confucio, nella Cina moderna, dal XX secolo in poi, ogni
volta che l'orientamento politico gira a destra si tira fuori Confucio come
simbolo del conservatorismo.
Ho riletto un saggio di Lu Xun, "Lo studio dei classici del XIV anno", sul
periodo del dominio dei Koumintang negli anni Venti quando venne riproposto
lo studio del confucianesimo, un po' ai margini dalla rivoluzione culturale
promossa nel 1919 dal Movimento del 4 maggio. Fuori dall'uso distorto di
Confucio, tutto questo vuol dire che i cinesi si confermano tra i pochi
sensibili alla cultura e che ancora pensano alle centralita' della cultura e
e della cultura politica.
La Cina esprime questa ferita non sanata. Quella del peso della cultura che,
giustamente nell'epoca moderna, da Marx, ha visto sempre "primeggiare"
l'economia. Essa e' essenziale, ma affrontare la base economica dei problemi
della societa' non e' sufficiente a cancellare il peso del potere culturale.
Era molto chiaro a Mao Tze Tung e a una parte dei cinesi, quelli che hanno
promosso la Rivoluzione culturale anche grazie a una forma specifica che il
potere ha preso nella storia della Cina, che e' stato sempre - anche nella
Repubblica popolare socialista - un potere culturale. Il vero potere
centrale era un potere culturale, determinato fin dall'eta' dell'epoca Han
da alleanze fra l'imperatore e la classe colta.
Diversamente dall'Europa, dove il potere della chiesa cattolica e' in parte
diventato erede dell'impero romano e quindi ha unito l'eredita' del
cristianesimo, l'eredita' religiosa con l'eredita' politica. Fino alla fine
del Medioevo il potere culturale si mascherava in modo equivoco da potere
religioso. I "chierici" erano i religiosi ma erano anche i colti. Una
sovrapposizione evidente nel Medioevo. Sovrapposizione che in Cina non
c'era, la classe colta era laica, era quella al potere.
Nel Manifesto del partito comunista leggiamo una specie di inno al capitale
perche' ha mostrato la realta' che veniva nascosta dietro i "variopinti
legami" che invece si intrecciavano prima nel mondo pre-capitalista. Ma quei
variopinti legami non sono una falsita', non sono semplicemente ideologia
rispetto al potere economico. Che resta centrale, ma i rapporti di
produzione mostrano la divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale,
tra chi esegue e chi pensa, tra chi guida l'agire degli altri e il tempo di
lavoro dei nuovi schiavi, gli immigrati. C'e' ormai una specie di
schizofrenia nella societa' che utilizza ancora oggi una parte della
popolazione che pensa e una parte della popolazione che esegue. E' vero che
apparentemente questo e' negato, le democrazie danno l'illusione che tutti
siano uguali. Ma quando nell'esperienza diretta "fai l'inchiesta", quella
che Mao Tze Tung diceva obbligatoria se si vuole avere il diritto di parola,
l'inchiesta anche sulla tua stessa vita, scopri che questa uguaglianza e'
fittizia, che trova la sua vera negazione non solo e non tanto sulla
differenza economica, ma su una differenza piu' profonda. Tra chi e' capace
di pensare razionalmente, di giudicare con un potere culturale che puo'
leggere in tante lingue, e chi semplicemente cerca di eseguire. Riecco
Confucio che funziona bene - da buon conservatore ma rivoluzionario: "Il
popolo va dove il vento lo piega".
Nella Cina attuale il conflitto tra economia e cultura resta aperto. Non
funziona e non basta piu', se mai e' bastata, la parola d'ordine denghista
"Arricchirsi e' glorioso" - il nuovo romanzo di Yu Hua Xiong Ti (Fratelli),
racconta proprio di questo. Rappresenta l'epopea del venditore di stracci
che diventa stramiliardario, "venditore di stracci" senza conoscenza e
cultura. In Cina e' stata proprio l'epoca paradossale dell'arricchirsi puro,
fuori e contro gli altri. Mentre da noi, in un primo periodo, i grandi
borghesi erano anche persone colte. Non piu' oggi, come dimostra Berlusconi.
Invece adesso in Cina e' cosi', c'e' l'arricchimento puro senza pensiero.
Che resta solo ai burocrati.
Quel che appare evidente in Cina e' una diffusa alienazione da
diseguaglianza. La diseguaglianza e' totale. Ma resta wen, la cultura, che
e' cultura politica. Oggettivamente gli unici grandi politici nel mondo sono
i cinesi. Fanno la politica. C'e' anche Obama che tenta di farla, ma e'
troppo condizionato da quello che c'e' a casa sua. Mentre in Cina si fa la
grande politica, proprio quello che distingue, ritornando ancora a Confucio,
perche' "funziona bene". Cosi' dopo 60 anni e' ancora centrale la battaglia
sulla cultura. Con le sue domande inevase. Quale modello produttivo e di
societa', ora che si apre una crisi del sistema occidentale, insieme alle
vistose diseguaglianze interne? Perche' non ha funzionato in Cina la
rivoluzione culturale - che non era miserabilismo? Perche' l'idea
assolutamente anarchica di Mao Tze Tung di dare al popolo la scelta dei
contenuti della liberta', non ha visto il popolo capace d'assumere il
proprio destino? Perche' qui da noi c'e' la pseudodemocrazia, a partire
dagli Stati Uniti dove tutti sembrano uguali e non sono uguali per niente?
E' un messaggio che viene da lontano. Mao sapeva che la grande vittoria
della rivoluzione contadina, che doveva essere la liberazione dei contadini,
aveva portato la Cina alle soglie del capitalismo, alle soglie di un grande
sviluppo economico che pero' non dava per niente a questo popolo che aveva
fatto la rivoluzione la possibilita' di autogovernarsi. E quindi non era
sufficiente dire: i produttori gestiscano il capitale. Non e' vero, non
possono gestirlo, non hanno la cultura. Non basta fare la rivoluzione
economica. Questo valeva in questi lunghi sessanta anni per la Cina e vale
soprattutto per noi.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 281 dell'8 ottobre 2009

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