Minime. 876



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 876 del 9 luglio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
0. Comunicazione di servizio
1. Annamaria Rivera: Al Presidente della Repubblica
2. Tonio Dell'Olio: Essere usati e' meglio che essere complici
3. Luisa Mondo: Al Presidente della Repubblica
4. Riccardo Orioles: Al Presidente della Repubblica
5. Vittorio Pallotti: Al Presidente della Repubblica
6. Adriana Perrotta Rabissi: Al Presidente della Repubblica
7. Francesco Pistolato: Al Presidente della Repubblica
8. Rosita Poloni: Al Presidente della Repubblica
9. Massimo Pomi: Al Presidente della Repubblica
10. Amedeo Tosi: Al Presidente della Repubblica
11. Una preghiera ad alcune persone amiche
12. Appello al Presidente della Repubblica contro il colpo di stato razzista
13. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
14. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti
15. Sergio Givone ricorda Ralf Dahrendorf
16. Bruno Gravagnuolo ricorda Ralf Dahrendorf
17. Riletture: Danilo Montaldi, Autobiografie della leggera
18. Riletture: Danilo Montaldi, Bisogna sognare (Scritti 1952-1975)
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'

0. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Ci sono giunte moltissime adesioni all'appello a scrivere al Presidente
della Repubblica; quelle gia' arrivate contiamo di riuscire a pubblicarle
tutte nell'arco di qualche giorno. Naturalmente invitiamo ad estendere
ancora l'iniziativa. Raggungiamo insieme quante piu' persone di volonta'
buona sia possibile. E facciamo sentire al Presidente della Repubblica la
vera volonta' del popolo italiano: per il rispetto della legalita'
costituzionale e contro l'abominevole crimine del razzismo. Confortiamolo
nella decisione di fare la cosa giusta, di rispettare la Costituzione, di
non avallare il colpo di stato razzista.

1. UNA SOLA UMANITA'. ANNAMARIA RIVERA: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Illustre Presidente,
da cittadina della Repubblica italiana nata dalla Resistenza, da studiosa
dei meccanismi del razzismo, da antropologa impegnata in difesa dei diritti
dei migranti e delle minoranze, faccio appello rispettosamente al Suo ruolo
di garante della Costituzione, per chiederLe di non promulgare la nuova
normativa ("Disposizioni in materia di sicurezza pubblica"), approvata in
seconda lettura dal Senato il 2 luglio scorso. Essa contiene norme
palesemente incompatibili con la Costituzione e con le regole del diritto
internazionale, recepite nell'ordinamento della Repubblica. Mi riferisco in
particolare a quei dispositivi che di fatto interdicono l'esercizio di
alcuni diritti umani fondamentali a coloro che non hanno un titolo di
soggiorno in regola, e non certo per loro scelta o volonta': il diritto alla
salute e all'istruzione, il diritto di contrarre matrimonio, di dar vita a
una famiglia, addirittura di riconoscere i propri figli.
A mio parere e a parere di molti altri studiosi, sono norme che negano il
riconoscimento della dignita' di esseri umani a un'intera categoria di
persone, criminalizzate non per singole condotte individuali delittuose, ma
per cio' che essi sono, in ragione cioe' di una condizione giuridica e
sociale che essi non hanno scelto. Questi ed altri dispositivi, come
l'introduzione del reato d'ingresso e soggiorno illegale, la dilatazione
abnorme della detenzione amministrativa, la schedatura dei senza fissa
dimora, si configurano come persecutorie nei confronti dei migranti, delle
minoranze rom e sinte, perfino dei rifugiati.
La nuova normativa non servira', certo, a risolvere e razionalizzare la
situazione irregolare dei tanti lavoratori e lavoratrici che, privi di un
titolo di soggiorno, nondimeno contribuiscono all'economia del Paese e al
benessere delle famiglie italiane. La lettera e lo spirito che la
contraddistinguono, infatti, sono volti piuttosto ad additare alla
popolazione italiana un nemico al quale attribuire la responsabilita' della
loro insicurezza. Norme gravissime in se', a illuminarle di luce ancor piu'
sinistra vi sono l'incoraggiamento alla delazione di massa, la
legalizzazione di milizie private, l'incitamento alla caccia allo straniero
e all'estraneo, che rendono piu' evidente la continuita' con le fasi piu'
oscure della storia europea.
Egregio signor Presidente,
vorrei continuare a considerarmi e ad agire da cittadina di un Paese
democratico, nato dalla lotta contro il nazifascismo e il razzismo che gli
fu intrinseco; vorrei poter ancora esercitare il mio diritto di aiutare ed
essere solidale nei confronti dei miei concittadini stranieri, rom e sinti.
Se la nuova normativa fosse promulgata, temo che l'Italia non sarebbe piu'
il mio Paese.
Rispettosi saluti,
prof. Annamaria Rivera,
Dipartimento di Scienze Storiche e Sociali, Universita' degli Studi di Bari

2. UNA SOLA UMANITA'. TONIO DELL'OLIO: ESSERE USATI E' MEGLIO CHE ESSERE
COMPLICI
[Dalla mailing list di Tonio Dell'Olio (per contatti: tondello6 at gmail.com)
riceviamo e diffondiamo]

La ferita del 2 luglio provocata dal pacchetto sicurezza e' talmente
profonda che non si puo' rimarginare con un intervento o un dibattito.
Segna la notte della repubblica perche' stravolge alcuni dei principi che
stanno al fondamento dell'edificazione della comunita' nazionale.
Ma soprattutto - io insisto - e' un'offesa all'umanita', alla vita, alla
dignita'.
Per questo ci saremmo aspettati una reazione piu' determinata e netta da
parte dei pastori della Chiesa. Non che siano mancati! Ma sono sembrati
timidi come delle sortite in avanscoperta piuttosto che aperte e sincere
come le parole dei profeti.
Qualcuno nei sacri palazzi ha sussurrato che si sarebbe intervenuti con
maggiore fermezza se non fosse per il rischio della strumentalizzazione
politica cui inevitabilmente le parole autorevoli della Chiesa si
sottopongono.
Ora, fermo restando che Gesu' sarebbe morto di vecchiaia a Nazareth se
avesse avuto paura delle strumentalizzazioni, mi chiedo: perche' lo stesso
criterio non e' prevalso nel caso Englaro e nella vicenda di Welby? Non si
e' corso forse anche in quel caso il rischio di essere usati da una parte
politica?
Quella degli immigrati e dei senza fissa dimora e' vita al pari di chi e'
sottoposto a trattamenti sanitari che allontanano il fine vita! Vita
minacciata e vilipesa da chi non l'accoglie, ma anche da chi non la difende.

3. UNA SOLA UMANITA'. LUISA MONDO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Egregio Presidente,
Le invio questa mia nella speranza che sia in compagnia di altre migliaia di
lettere analoghe, ma anche con l'aspettativa che Lei la legga e ne prenda in
considerazione i contenuti.
Vengo subito al dunque: Le chiedo con tutto il cuore di non firmare il ddl
733B perche', in alcuni suoi contenuti, non rispetta le tradizioni di
umanita' ed etica per le quali il nostro Paese si e' sempre contraddistinto.
L'immigrazione clandestina e' indubbiamente un problema. Lo e' per chi non
ha altro modo per sfuggire da persecuzioni, miseria e fame. Lo e' per chi fa
le spese di danni da parte di immigrati irregolari che delinquono. Ma i
delinquenti ci sono anche tra gli italiani e tra gli immigrati regolari e il
semplice fatto di essere irregolarmente presenti in un Paese non fa di
queste persone dei criminali. In realta', Lei lo sa bene, tra gli irregolari
ci sono persone che fanno una vita molto "regolare": anche se in nero
lavorano ogni giorno, spesso accudendo con amore persone che noi, italiani,
non siamo in grado si seguire, amano e si sposano, mettono al mondo dei
figli...
Negli anni abbiamo permesso che l'immigrazione clandestina verso l'Italia
continuasse  legittimandola con le cosiddette sanatorie periodiche nel corso
delle quali migliaia di "clandestini" venivano regolarizzati cosi' che molti
di loro e dei loro datori di lavoro sapevano che la "clandestinita'" era
solo un breve periodo, l'arco di tempo tra l'assunzione "in nero" e la
regolarizzazione.
Lo dimostrano i numeri: circa un milione e mezzo di immigrati clandestini
hanno usufruito di sanatorie e regolarizzazioni negli ultimi 20 anni.
L'ultima, quella successiva all'entrata in vigore della Bossi-Fini, ha
portato alla regolarizzazione di quasi 700.000 persone, ma anche le
precedenti hanno avuto un notevole impatto sociale ed economico: la legge
943/1986 ha permesso l'emersione di 140.000 persone; la legge Martelli
(39/90) di circa 220.000, il Dl del governo Dini (1995) di 240.000, con
legge che porta il Suo nome (40/1998) sono stati regolarizzati 250.000
immigrati.
Dunque e' logico supporre (ed e' ben piu' di una supposizione) che in questo
momento ci sia in Italia qualche centinaio di migliaia di immigrati che ogni
giorno lavorano, accudisce, produce e che senza una sanatoria prima
dell'entrata in vigore della legge si troverebbero, da un giorno all'altro,
senza scampo, ad essere dei "pericolosi delinquenti", sanzionabili ed
espellibili per la sola colpa di esistere.
Egregio Presidente, non firmi!
Si consulti con coloro che si occupano di immigrati irregolari, ascolti le
storie dei tanti che qui hanno costruito una nuova vita.
La maggior parte dei matrimoni celebrati uniscono persone che si amano, non
sono matrimoni di comodo come si vuole far credere, solo perche' uno degli
sposi non e' in possesso del permesso di soggiorno. E molte donne scelgono
di non chiedere il permesso di soggiorno per motivi di cura di cui han
diritto in gravidanza, perche' sanno che non e' convertibile in altri tipi
di permesso e questo significa la certezza di espulsione alla sua scadenza,
ma ora avrebbero difficolta' a riconoscere i propri bambini, diritto di base
di qualsiasi essere vivente, diritto non violato mai nemmeno nelle peggiori
dittature.
E trasformare il personale sanitario, nella veste di pubblico ufficiale, in
possibile denunciante e' un'azione orribile: proprio il diritto ala salute
dell'individuo (senza distinzioni di genere, eta', razza, religione, credo
politico) e' sancito nell'art. 32 della nostra Costituzione.
Cosi' facendo rischieremmo di trovarci di fronte al ritorno della piaga
dell'aborto clandestino, a gravidanze e parti non seguiti, all'interruzione
di percorsi terapeutici da parte di malati gravi che al momento sono
assistiti qui in Italia, anche se irregolari e via dicendo, l'elenco e'
lungo e doloroso.
Egregio presidente,
la prego, non firmi. Faccia una scelta illuminata dall'etica.
Luisa Mondo
Torino

4. UNA SOLA UMANITA'. RICCARDO ORIOLES: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Signor Presidente,
ritiene che Pertini avrebbe firmato?
Rispettosamente, Suo
Riccardo Orioles

5. UNA SOLA UMANITA'. VITTORIO PALLOTTI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente,
da alcuni decenni milito, come amico della nonviolenza, nel movimento per la
pace e la nonviolenza. In questa veste, ma soprattutto in ragione del mio
temperamento, non e' mia abitudine scrivere alle piu' alte cariche dello
Stato ne' mi e' mai piaciuto "tirare per la giacca" nessuno, tanto meno chi,
come Lei, occupa la piu' alta di tali cariche.
Se ora lo faccio e' perche' sono molto preoccupato, come tanti altri
concittadini, per la possibilita' che vedo rapidamente concretizzarsi,
dell'approvazione da parte del Parlamento italiano, del cosiddetto
"pacchetto sicurezza". Un pacchetto di  norme in parte ingiuste,
anticostituzionali e potenzialmente criminogene che, anziche' piu' sicurezza
e civilta', produrrebbero, ritengo, piu' insicurezza e imbarbarimento nei
vari segmenti della societa'.
Le chiedo pertanto, signor Presidente, con umilta' e con il massimo
rispetto, di fare quanto e' nelle Sue possibilita' perche' questa legge
venga profondamente modificata, almeno nelle sue parti piu' palesemente
ingiuste e anticostituzionali.
Con ossequio,
Vittorio Pallotti
Bologna

6. UNA SOLA UMANITA'. ADRIANA PERROTTA RABISSI: AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA

Gentile Presidente Napolitano,
Le chiedo di fare tutto quanto e' in suo potere, anche questa volta con la
consueta discrezione e fermezza, per contrastare una legge che fa torto a me
e a tutti gli uomini e le donne italiane che non considerano gli immigrati
come merce, da utitlizzare e scartare a seconda delle proprie necessita', ma
come persone in difficolta' e in cerca di aiuto e sostegno.
Con fiducia La saluto
Adriana Perrotta Rabissi

7. UNA SOLA UMANITA'. FRANCESCO PISTOLATO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente Napolitano,
la nuova legge "sulla sicurezza" viola lo spirito e la lettera della nostra
Costituzione, introduce elementi di barbarie nella legislazione italiana,
fomenta comportamenti razzisti, e, anziche' dare un impulso al nostro Paese,
perche' recuperi il ritardo accumulato in moltissimi campi, ne blocca lo
sviluppo civile e materiale.
Da decenni i paesi piu' evoluti, ai quali da sempre in occidente guardiamo
come modello di progresso (Stati Uniti, Germania, Inghilterra, Francia etc.)
sono multietnici e in questo risiede una delle loro maggiori risorse. Quella
parte di Italia non instupidita dai media (siamo comunque milioni!) osserva
con sgomento l'involuzione morale e politica in corso, apparentemente senza
fondo. Chi di noi ha rapporti con l'estero si sente chiedere costantemente
come abbiamo fatto a cadere cosi' in basso.
Oso pensare che anche Lei si stia ponendo interrogativi che non puo'
formulare apertamente e anche su cosa fare, nei limiti che la Costituzione
Le impone. La ragione di queste poche righe e' di incoraggiarLa, nella mia
semplice veste di cittadino, a opporsi a queste nuove leggi razziali,
respingendole nel modo e nella forma che la Sua esperienza e i Suoi
consulenti Le suggeriranno.
Le auguro buon lavoro e confido in Lei.
Francesco Pistolato
Fagagna (Udine)

8. UNA SOLA UMANITA'. ROSITA POLONI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Gentile Presidente,
che profondamente rispetto e da cui mi sento rappresentata.
Le scrivo con semplicita' per esprimerle la lontananza, il dissenso, la
contrarieta' che il mio cuore e la mia mente sentono rispetto ai contenuti
del decreto legge sulla sicurezza.
Figlia di un uomo che a 11 anni, negli anni '40, ha lasciato la scuola ed e'
andato a lavorare, figlia di un migrante che negli anni '50 ha lasciato
l'Italia per andare a sporcarsi le mani in Svizzera subendo l'umiliazione di
essere "fuori", diverso, escluso solo per essere cio' che era, cioe'
non-svizzero, cioe' italiano.
Io vedo mio padre: vedo i suoi occhi negli occhi degli uomini e delle donne
che arrivano stremati sulle barche che vanno a pezzi, sento la sua sete
nelle gole arse di chi non ha acqua, avverto la sua mortificazione nei passi
svelti di chi fugge dall'ingiustizia nel proprio paese.
Io rifiuto di obbedire alla paura e le chiedo, cortesemente e con rispetto,
di non ratificare il pacchetto sicurezza e di esercitare come sa la tutela
della dignita' del nostro Stato, dei suoi abitanti e dei suoi ospiti.
Rosita Poloni
Bergamo

9. UNA SOLA UMANITA'. MASSIMO POMI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Carissimo signor Presidente,
come tanti e tanti italiani che hanno massima stima della sua grande
cultura, autorevolezza politica, sensibilita' morale e civile, voglio
testimoniarle la grave preoccupazione che in molti nutriamo in seguito alla
recente approvazione del cosiddetto "Pacchetto sicurezza", da parte del
Senato della Repubblica, nella seduta del 2 luglio ultimo scorso. So che lei
fara' cio' che sente di dover fare e cio' che puo' fare.
Sappia la nostra solidarieta' e la nostra fiducia nel suo coraggio e nella
sua equilibrata lungimiranza. A lei solo spetta decidere. A noi parteciparle
la nostra persuasione nel valore inclusivo della democrazia, nella forza
civile del rispetto per l'altro, nell'accoglienza fraterna come criterio
regolativo della convivenza.
Suo,
Massimo Pomi

10. UNA SOLA UMANITA'. AMEDEO TOSI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Signor Presidente,
l'impatto che il "pacchetto sicurezza" approvato dal Senato avra' sui
diritti umani di migranti e richiedenti asilo e' preoccupante, dato che
finira' per colpire e umiliare coloro che si trovano in una situazione di
precarieta' e saranno indotti ad allontanarsi ed isolarsi ancora di piu' dal
contesto sociale, dai servizi di cura medica, dai luoghi educativi e da
tutti quei servizi che sono espressione della civilta' giuridica su cui si
basano la nostra Costituzione, le leggi internazionali e le istituzioni
europee.
In molti confidiamo nella Sua capacita' di farsi corretto interprete del
ruolo istituzionale che ricopre, affinche' l'odioso provvedimento
legislativo non venga ratificato.
Saluti cordiali
Amedeo Tosi, giornalista
San Bonifacio (Verona)

11. UNA SOLA UMANITA'. UNA PREGHIERA AD ALCUNE PERSONE AMICHE

Carissime e carissimi,
stiamo sollecitando persone e movimenti a scrivere al Presidente della
Repubblica affinche' non ratifichi le misure razziste, criminogene ed
incostituzionali contenute nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" approvato
dal Senato in seconda lettura il 2 luglio 2009, ovvero rinvii alle Camere
quel provvedimento chiedendone la modifica nelle parti palesemente
incompatibili con la Costituzione e le norme del diritto internazionale
recepite nell'ordinamento della Repubblica Italiana.
Vorremmo pregarvi:
a) di scrivere anche voi al Presidente della Repubblica in tal senso, e di
rendere pubblica tale iniziativa comunicandola a mezzi d'informazione ed
interlocutori vari;
b) di esortare altre persone a farlo, rendendo anch'esse pubblica la loro
iniziativa;
c) di inviarci un vostro intervento da pubblicare sul nostro notiziario
telematico quotidiano.
La tempestivita' e' decisiva, ed altrettanto decisiva e' la vastita' della
mobilitazione: sussistono i termini giuridici perche' il Presidente della
Repubblica possa rinviare alle Camere quell'atto, ma e' evidente che sara'
confortato in tale decisione dal visibile pronunciarsi di una vasta parte
del popolo italiano in difesa del diritto, della civilta', dell'umanita'.
Facciamo quanto e' in nostro potere perche' questo accada.
Per scrivere al Presidente della Repubblica l'indirizzo postale e':
Presidente della Repubblica, piazza del Quirinale, 00187 Roma; il fax:
0646993125; l'indirizzo di posta elettronica e':
presidenza.repubblica at quirinale.it ; nel web:
https://servizi.quirinale.it/webmail/
Un cordiale saluto,
il Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Viterbo, 7 luglio 2009

12. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL
COLPO DI STATO RAZZISTA

Il colpo di stato razzista compiuto dal governo Berlusconi con la
complicita' di una asservita maggioranza parlamentare puo' e deve essere
respinto.
E' nei poteri del Presidente della Repubblica rifiutare di avallare
l'introduzione nel corpus legislativo di misure palesemente in contrasto con
la Costituzione della Repubblica Italiana, palesemente criminali e
criminogene, palesemente razziste ed incompatibili con l'ordinamento
giuridico della Repubblica.
Al Presidente della Repubblica in prima istanza facciamo ora appello
affinche' non ratifichi un deliberato illegale ed eversivo che viola i
fondamenti stessi dello stato di diritto e della civilta' giuridica, che
viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 2 luglio 2009

13. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE
LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

14. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI
DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

15. MEMORIA. SERGIO GIVONE RICORDA RALF DAHRENDORF
[Dal quotidiano "Il Messaggero" del 19 giugno 2009 col titolo "Il seme della
liberta'"]

Come molti altri grandi intellettuali del Novecento, anche Ralf Dahrendorf
emigro' dalla Germania in Inghilterra, innestando la cultura filosofica
tedesca nella quale si era formato sul tronco della filosofia anglosassone.
Laureatosi nel secondo dopoguerra ad Amburgo, Dahrendorf consegui' il
dottorato di ricerca in sociologia presso la London School of Economics, di
cui fu direttore per un decennio, fra i Settanta e gli Ottanta, prima di
trasferirsi a Oxford. Fra le sue opere piu' importanti: Classi e conflitto
di classe nella societa' industriale, La liberta' che cambia, Per un nuovo
liberalismo.
Lungo tutta la sua vita Dahrendorf ha perseguito l'obiettivo di svecchiare
il liberalismo ottocentesco e portarlo all'altezza di questa nostra epoca
tormentata. E' dall'idea di liberta' che secondo Dahrendorf bisogna
ripartire. Ma prima e' necessario ripensare il contratto sociale, tornando
alle origini. Hobbes e Rousseau gli autori di riferimento.
Mentre per Hobbes il contratto sociale ha la funzione di metter fine allo
stato di natura, e cioe' alla guerra di tutti contro tutti, instaurando la
possibilita' di una vita non piu' ferina ma umana, invece per Rousseau esso
riporta a quell'esercizio naturale della liberta' che la corruzione dei
costumi impedisce e che bisogna riscoprire. Se per Hobbes la liberta' viene
delegata al sovrano dai sudditi, che vi rinunciano, per Rousseau la liberta'
viene riconquistata dal popolo, che e' l'autentico sovrano. E se per Hobbes
liberta' e sovranita' sono antitetiche, per Rousseau sono identiche. Tenendo
conto sia della lezione di Hobbes sia di quella di Rousseau, Dahrendorf
sviluppa un'originale teoria politica.
Nel suo pensiero si ritrovano tracce evidenti del pessimismo hobbesiano. La
condizione umana appare contrassegnata da conflittualita' permanente,
tensioni, trasformazioni continue. A sua volta la compagine sociale e' un
organismo delicato che rischia permanentemente l'implosione o l'esplosione.
Ma nella prospettiva dello studioso anglo-tedesco non mancano segni di un
ottimismo che si puo' ben definire roussoviano. La liberta' e' pur sempre un
principio positivo Anzi, e' il presupposto e il fondamento di ogni riforma
dello stato che promuova forme di convivenza rispettose dei diritti di
tutti.
Ma come pensare la liberta'? Dahrendorf sa bene, per averlo appreso da Kant,
che pensare la liberta' e' la cosa piu' difficile. Nel mondo in cui viviamo
tutto risponde al "meccanismo universale", che e' regolato da causa ed
effetto. Crediamo di essere autonomi, di agire spontaneamente, ma siamo
soggetti a potenze che ci dominano. Eppure la liberta' non e' un'illusione.
Per superare questa difficolta' Kant sostenne che l'uomo appartiene a due
mondi diversi: il mondo fisico, mondo della necessita', e il mondo
spirituale, mondo morale, mondo della liberta'. Dahrendorf non cerca la
liberta' nell'etica, bensi' nella storia. O meglio, la cerca nelle
manifestazioni storiche dell'etica.
Il mondo e' scosso da rivolgimenti continui. Basti pensare a quello che e'
accaduto nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, e poi con la fine
dell'impero sovietico. Cio' che sembrava eterno, e' crollato in pochi
momenti. Se ci interroghiamo sulle ragioni di quegli eventi grandiosi che
hanno cambiato la vita di tutti, osserveremo come l'intero gioco delle forze
a un certo punto ha prodotto la rottura degli equilibri esistenti. Ma ancora
nulla avremo detto circa l'essenziale. Ossia sulle passioni che muovono gli
uomini e che li portano ad agire. Da dove, se non dalla liberta', quei gesti
inauditi, che a volte passano sotto silenzio, ma lavorano nel profondo, e a
volte abbattono le costruzioni apparentemente piu' durature?
Accade cosi' che la liberta' si riveli come il motore del rinnovamento. Non
si puo' mai sapere con quali esiti. Se costruttivi o rovinosi. Questo non
significa, insegnava Dahrenderf, che la liberta' sia una potenza minacciosa
da imbrigliare o tenere sotto controllo. Al contrario, la liberta' deve
essere liberata, sprigionata. Gli assetti che una societa' si da' sono tanto
piu' solidi quanto piu' capaci di accogliere al loro interno il
principio-liberta'. Se i regimi totalitari sono franati rivelando tutta
l'inconsistenza delle loro strutture, niente come la democrazia, cosi'
fragile, cosi' a rischio, e' in grado di rigenerarsi e generare progresso.
Negli ultimi anni Dahrendorf ha intrattenuto un fitto dialogo con alcuni dei
piu' importanti intellettuali europei, sia dell'est che dell'ovest. Ha
commentato le vicende politiche dei nostri giorni su prestigiose testate
giornalistiche. Ha preso posizione su questioni spinose. Nella convinzione
che il compito dell'uomo di cultura fosse quello di vigilare affinche' il
bene piu' prezioso, la liberta', non andasse dissipato. La sua lezione sta
forse tutta qui.

16. MEMORIA. BRUNO GRAVAGNUOLO RICORDA RALF DAHRENDORF
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 19 giugno 2009 col titolo "Lord e scienziato
sociale un euroscettico che pero' amava l'Europa"]

Liberale, grande sociologo, europeista scettico. Sono queste le prime tre
definizioni che vengono in mente per compendiare la personalita' di Lord
Ralf Dahrendorf, nato nel 1929 ad Amburgo e scomparso ieri a Colonia, dopo
essere stato colpito in maggio da una grave malattia, come ha annunciato
l'edizione on line della "Badische Zeitung" e confermato la casa editrice
Laterza, che ha pubblicato in Italia tanti dei suoi libri. Lord, perche' dal
1983 aveva adottato la cittadinanza britannica, e nel 1993 la regina
Elisabetta lo aveva nominato tale, con il titolo di "Baron Dahrendorf of
Clare Market in the city of Westminster". Del resto dal 1974 al 1984 era
stato direttore della prestigiosa London School of Economics, istituzione
dapprincipio fabiana e protolaburista, ma via via tendenzialmente liberale e
in ogni caso ineccepibilmente pluralista. E in quel ruolo si era
profondamente radicato nel mondo culturale britannico in senso lato, oltre
che nell'empireo dell'accademia inglese e cosmopolita. Vediamo allora quelle
tre definizioni sommarie di Lord Ralf, con tutto quello quel che c'e'
dentro.
Liberale, certo, ma di tipo particolare. Tanto per cominciare era figlio di
un deputato socialdemocratico a Weimar e fino al 1960 fu persino iscritto al
partito socialista. Ad un congresso della Spd nel 1960, parlo' tuttavia in
modo inequivoco, e líequivoco fini'. E venne fuori che Dahrendorf proclamava
la centralita' delle liberta' individuali, il conflittualismo diffidente
dello stato, l'avversione alle grandi coalizioni. Insieme alla necessita' di
dar sostanza alle liberta', con politiche sociali in grado di potenziare le
chances individuali, contro "legamenti", ineguaglianze e privilegi. Messe
cosi' le cose fu Willy Brandt stesso a suggerirgli di abbandonare l'Spd (a
cui era iscritto con pigrizia), pur ringraziandolo per l'importante
contributo. E le racconta Dahrendorf stesso queste cose, non senza
autoironia, in un bel libro con Vincenzo Ferrari, pubblicato per Laterza nel
1979 (Intervista sul liberalismo e l'Europa).
Dunque un liberale sui generis, progressista, favorevole anche alla
cogestione degli operai nelle imprese, e autore nel 1969 delle Tesi di
Friburgo, a base del Fdp che ando' al governo con la Spd. Avercene avuti da
noi di liberali cosi'! Ma Dahrendorf, che aveva studiato filologia,
filosofia e sociologia ad Amburgo, nonche' a Londra tra il 1947 e il 1952,
fu anche notevole sociologo, benche' non amasse del tutto la definizione.
"Troppo limitata e settoriale - diceva -, preferisco quella di scienziato
sociale". Perche'? Semplice, perche' il suo vero modello erano Max Weber e
Talcott Parsons, anche se criticava il funzionalismo chiuso del secondo.
Insomma si sentiva un teorico a tutto campo, imbevuto com'era di teoria
politica, filosofia, storia della cultura, storia, economia, e scienze
sociali in generale. E al centro della sua teoria c'era il conflitto, chiave
di volta delle sue idee. Tematizzato in un'opera importante, che era anche
un tentativo di smontare Karl Marx partendo pero' da Marx: Classi e
conflitto di classe nella societa' industriale (Laterza, 1970, prima
edizione tedesca del 1957). Le classi? C'erano per Dahrendorf, come concetto
e realta'. E pero', mano a mano, si "sfrangiavano", divenivano gruppi di
interesse, in lotta per il potere e l'autorita'. Per le risorse, e pure per
il riconoscimento di status. E via via che le classi si sfrangiavano -
proprio a causa della lotta di classe degli inizi - emergevano gli individui
e le loro lotte per emanciparsi dai gruppi. Dinamica che al contempo
favoriva la nascita di nuovi gruppi e nuove elites.
Era un elitista Dahrendorf, infatti la sua democrazia coincideva col
ricambio delle elites, come in Mosca, Pareto e Gobetti. visione ottimistica,
che prescindeva dal fatto che l'economia capitalistica restava oligarchica e
di tipo privatistico. Malgrado il ruolo dei manager che a suo dire mutavano
il profilo del capitalismo, diversificandolo tra gestori e proprietari
(quasi inutili). In realta' il management - che seppe analizzare in tempo -
era e resta una porzione e una funzione del capitale finanziario, con cui
esso deve fare i conti, anche quando nelle societa' entrano milioni di
risparmiatori(con sindacati e fondi pensione).
Infine l'Europa, altra croce e delizia di Dahrendorf. Che fu membro della
commissione esecutiva della Cee, dal 1970 al 1974. Per un conflittualista e
pluralista come lui, nascondeva dei rischi di burocrazia. Un'eccessiva
ingessatura vincolistica, capace di risvegliare nazionalismi sopiti. Non
amava la Commissione europea non eletta, e le preferiva un parlamento
eletto. Non credeva a una Super-nazione, e preferiva le cosiddette
"cooperazioni rafforzate", tra stati che poco a poco avrebbero potuto
garantire una struttura confederale aperta e allargata, un mercato unico
regolato. Non una vera entita' federale sovrana. Inadatta ai diversi livelli
di sviluppo, e alle diverse "policies" necessarie a quei livelli. Forse
sbagliava, con il senno di poi. Eppure visti certi risultati, tanti dei
"caveat" di Lord Dahrendorf a riguardo andrebbero senz'altro riconsiderati.

17. RILETTURE. DANILO MONTALDI: AUTOBIOGRAFIE DELLA LEGGERA
Danilo Montaldi, Autobiografie della leggera, Einaudi, Torino 1961, 1972,
Bompiani, Milano 1998, pp. XII + 452. Un classico della ricerca sociale
reinventata da un geniale studioso e militante (1929-1975). Con una
prefazione di Piergiorgio Bellocchio.

18. RILETTURE. DANILO MONTALDI: BISOGNA SOGNARE (SCRITTI 1952-1975)
Danilo Montaldi, Bisogna sognare (Scritti 1952-1975), Associazione culturale
Centro d'Iniziativa Luca Rossi, Milano 1994, pp. XXXVI + 636. Una bella
raccolta degli scritti di Montaldi sparsi in giornali, riviste e volumi
collettanei.

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

20. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 876 del 9 luglio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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