Minime. 871



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 871 del 4 luglio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Scrivere al Presidente della Repubblica affinche' non ratifichi il colpo
di stato razzista
2. Appello al Presidente della Repubblica contro il colpo di stato razzista
3. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
4. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti
5. La guerra afgana e noi
6. Peppe Sini: Due anni
7. La lettera aperta del 3 luglio 2007
8. Stefano Catucci: Foucault venticinque anni dopo
9. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino
10. Riletture: Franca D'Agostini, Filosofia analitica
11. Riletture: Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo
12. Riletture: Elena Soetje, La responsabilita' della vita. Introduzione
alla bioetica
13. Riletture: Paul Mattick, Critica dei neomarxisti
14. Riletture: Paul Mattick, Christoph Deutschmann, Volkhard Brandes, Crisi
e teorie della crisi
15. Riletture: Claudio Pozzoli (a cura di), Il comunismo difficile
16. La "Carta" del Movimento Nonviolento
17. Per saperne di piu'

1. I COMPITI DELL'ORA. SCRIVERE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA AFFINCHE' NON
RATIFICHI IL COLPO DI STATO RAZZISTA

Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona di scrivere al Presidente
della Repubblica affinche' non ratifichi il colpo di stato razzista.
L'indirizzo di posta elettronica e': presidenza.repubblica at quirinale.it
Chiediamo a tutti i movimenti democratici di promuovere iniziative pubbliche
a sostegno della richiesta al Presidente della Repubblica di non ratificare
il colpo di stato razzista.
*
Chiediamo di difendere la legalita', la democrazia, la civilta', i diritti
umani di tutti gli esseri umani.
Chiediamo di opporsi al regime dell'apartheid, alle deportazioni, ai campi
di concentramento, allo squadrismo, al razzismo.
Il razzismo e' un crimine contro contro l'umanita'.

2. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL COLPO
DI STATO RAZZISTA

Il colpo di stato razzista compiuto dal governo Berlusconi con la
complicita' di una asservita maggioranza parlamentare puo' e deve essere
respinto.
E' nei poteri del Presidente della Repubblica rifiutare di avallare
l'introduzione nel corpus legislativo di misure palesemente in contrasto con
la Costituzione della Repubblica Italiana, palesemente criminali e
criminogene, palesemente razziste ed incompatibili con l'ordinamento
giuridico della Repubblica.
Al Presidente della Repubblica in prima istanza facciamo ora appello
affinche' non ratifichi un deliberato illegale ed eversivo che viola i
fondamenti stessi dello stato di diritto e della civilta' giuridica, che
viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 2 luglio 2009

3. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE
LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

4. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI
DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

5. ORRORI. LA GUERRA AFGANA E NOI

In Afghanistan la guerra sta provocando ulteriori inaudite carneficine. Con
la partecipazione del nostro paese. Con la complicita' del mondo intero.
Opporsi alla guerra e' un dovere e un diritto dell'umanita' intera.
Ancora una volta diciamo che la guerra consiste dell'uccisione di esseri
umani.
Ancora una volta diciamo che la legge fondamentale del nostro paese ripudia
la guerra.
Ancora una volta diciamo che a questo crimine, che anche il nostro stato sta
compiendo, occorre opporsi.

6. ANNIVERSARI. PEPPE SINI: DUE ANNI
[Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo,
gia' consigliere comunale e provinciale, e' stato dagli anni '70 uno dei
principali animatori del movimento che si oppone alle servitu' energetiche e
militari nell'Alto Lazio, e il principale animatore del movimento che si
oppose al devastante progetto autostradale della cosiddetta "Supercassia"
che avrebbe irreversibilmente distrutto preziosi beni ambientali e
culturali; nel 1979 ha fondato il Comitato democratico contro
l'emarginazione che ha condotto rilevanti campagne di solidarieta'; ha
promosso e presieduto il primo convegno nazionale di studi sulla figura e
l'opera di Primo Levi; nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di
solidarieta' con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime
razzista sudafricano; nel 1999 ha ideato, promosso e realizzato l'esperienza
delle "mongolfiere della pace" con cui ostacolare i decolli dei bombardieri
che dalla base di Aviano recavano strage in Jugoslavia; nel 2001 e' stato
l'animatore dell'iniziativa che - dopo la tragedia di Genova - ha portato
alla presentazione in parlamento di una proposta di legge per la formazione
delle forze dell'ordine alla nonviolenza; e' stato dagli anni '80 il
principale animatore dell'attivita' di denuncia e opposizione alla
penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio - e negli anni '90 ha
presieduto la Commissione d'inchiesta ad hoc istituita dal Consiglio
Provinciale di Viterbo -; dal 2000 e' direttore del notiziario telematico
quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Una sua lettera aperta del 3
luglio 2007 ha dato avvio al movimento che si oppone al devastante progetto
del mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto
aereo]

Il 3 luglio 2007 inviai a qualche persona amica e ad alcuni giornali locali
una lettera aperta intitolata "Contro l'aeroporto". Da essa inizio' quel
percorso che avrebbe portato alla nascita del movimento di opposizione al
mega-aeroporto a Viterbo. Il successivo 24 luglio con un'assemblea presso il
centro sociale autogestito "Valle Faul" costituimmo il comitato che da
allora ha saputo svolgere un efficace lavoro di informazione,
documentazione, coscientizzazione; che ha saputo condurre una efficace lotta
nonviolenta che fino ad oggi e' riuscita ad impedire che si realizzasse a
Viterbo uno scempio e un crimine immane; che ha promosso a livello nazionale
una consapevolezza ed un'iniziativa per la necessaria, urgente, drastica
riduzione del trasporto aereo.
Due anni di tenace impegno di molte e molti, in difesa della biosfera e dei
diritti umani di tutti gli esseri umani. Non sono stati sprecati.
*
Oggi a Viterbo
Oggi a Viterbo e nell'Alto Lazio la stragrande maggioranza dei cittadini sa,
per dirla con la formula sintetica del piu' recente appello cui hanno
aderito centinaia e continaia di personalita' della scienza e della cultura,
che "la realizzazione del mega-aeroporto avrebbe come immediate conseguenze:
lo scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi
si trovano; la devastazione dell'agricoltura della zona circostante;
l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse
termali; un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico
che sara' di grave nocumento per la salute e la qualita' della vita della
popolazione locale (l'area e' peraltro nei pressi di popolosi quartieri
della citta'); il collasso della rete infrastrutturale dell'Alto Lazio,
territorio gia' gravato da pesanti servitu'; uno sperpero colossale di soldi
pubblici; una flagrante violazione di leggi italiane ed europee e dei
vincoli di salvaguardia presenti nel territorio".
La stragrande maggioranza dei cittadini di Viterbo e dell'Alto Lazio sa
anche che occorre globalmente ridurre il trasporto aereo e non
incrementarlo, poiche' esso e' corresponsabile in rilevante misura della
piu' grave emergenza ambientale planetaria che l'umanita' intera deve
affrontare: il surriscaldamento del clima.
*
Due anni dopo
Due anni dopo, c'e' ancora da lottare per impedire definitivamente un
crimine e una follia come il mega-aeroporto a Viterbo, ma credo sia a tutti
evidente che l'impegno in difesa dell'ambiente e della salute, della verita'
e dei diritti dei cittadini, e' ogni giorno piu' condiviso, e possiamo
confidare che si possa riuscire infine - con l'aiuto di tutte le persone di
volonta' buona e delle istituzioni fedeli alle leggi dello stato -  sia a
salvare l'area archeologica e termale del Bulicame dalla distruzione voluta
da nuovi vandali, sia a salvare i viterbesi dal gravissimo avvelenamento che
il mega-aeroporto comporterebbe.

7. DOCUMENTI. LA LETTERA APERTA DEL 3 LUGLIO 2007

Contro l'aeroporto
Vorrei esprimere la mia contrarieta' al progetto dell'aeroporto a Viterbo.
Occorrerebbe ridurre il trasporto aereo, non incrementarlo.
Occorrerebbe diminuire i voli e rendere piu' sicuri gli aeroporti, non
aumentarli.
L'umanita' ha bisogno di piu' lentezza, non di piu' velocita'; di maggior
sicurezza, non di maggior rischio.
Il pianeta ha bisogno di rispetto e risanamento dell'ambiente, non di
ulteriore inquinamento.
*
Porre la questione in termini di concorrenza campanilistica tra tre citta'
(naturalmente ho letto l'interessante studio del Comitato per l'aeroporto di
Viterbo, che presuppone la positivita' della scelta di incrementare il
trasporto aereo e si concentra sull'argomentare in favore della
localizzazione del terzo polo aeroportuale laziale a Viterbo rispetto a
Frosinone e Latina) e' un modo per non porre il vero problema: servono
davvero nuovi aeroporti? Non servirebbe invece piu' sicurezza, piu' qualita'
dell'ambiente, un'economia piu' rispettosa della natura e delle persone?
Il territorio viterbese ha bisogno di migliore mobilita' ferroviaria, di
maggiori e migliori servizi sanitari e sociali, di una edilizia non
speculativa e non devastante che garantisca una casa a tutti, della difesa
dell'ambiente e dei beni naturali e culturali, del sostegno alle reali
vocazioni produttive centrate sull'agricoltura, sull'artigianato, sui beni
ambientali e culturali e quindi anche sull'ospitalita' che sono peculiari
dell'Alto Lazio.
Vale per il viterbese quello che vale ovunque: occorre un modello di
sviluppo autocentrato con tecnologie appropriate.
E vale per il mondo intero l'esigenza gia' segnalata da anni sia dagli
studiosi che dalle conferenze istituzionali internazionali e dai protocolli
in quelle sedi elaborati: l'esigenza di passare a un modello di mobilita'
sostenibile, l'esigenza di ridurre le emissioni inquinanti, l'esigenza di
una mobilita' che privilegi la sicurezza degli esseri umani e la difesa
della biosfera. Il trasporto aereo, come quello automobilistico privato, va
drasticamente ridotto, e non incentivato.
Continuo a trovare assai persuasive le analisi di Ivan Illich e di Murray
Bookchin, di Mohandas Gandhi e di Vandana Shiva, di Alexander Langer e di
Guido Viale; ed alcune idee che in forma forse un po' semplificata propone
da anni Serge Latouche (e con lui la scuola di pensiero del Movimento
antiutilitarista nelle scienze sociali e della "teoria della decrescita" -
che su questioni cruciali non e' poi cosi' lontana da alcune intuizioni
formulate alcuni decenni fa anche dagli studi promossi dal Club di Roma di
Aurelio Peccei).
In anni che sembrano assai lontani solo perche' rapidamente dimenticati,
molte persone di questa provincia si opposero a devastanti progetti e a
umilianti servitu'. Di quelle esperienze di cui ebbi l'onore di essere uno
degli animatori e' erede oggi ad esempio la lotta contro le centrali a
carbone e quelle sui rifiuti in difesa del diritto alla salute e della
legalita', quelle per difendere l'acqua come bene comune, ed altre
esperienze ancora di limpido impegno civile.
All'epoca argomentai in un'infinita' di articoli, relazioni, opuscoli,
bibliografie ragionate le ragioni forti dell'opposizione alla devastazione
dell'ambiente e come esse si intrecciassero all'impegno per la legalita' e
contro i poteri criminali, e come esse si fondassero su un'analisi non
campanilistica ma globale e solidale, fondata su quel "principio
responsabilita'" acutamente tematizzato da Hans Jonas.
*
Last, but not least: da dieci anni non ho piu' incarichi pubblici e ho
concentrato il mio impegno civile sulla questione che mi sembra decisiva nel
tempo presente: l'opposizione alla guerra e la proposizione di una politica
di pace con mezzi di pace, ovvero attraverso la scelta della nonviolenza. Se
oggi torno ad occuparmi di una questione che potrebbe sembrare "locale" e'
perche' in essa invece vedo implicate questioni generali, e mi sembra - ma
posso sbagliarmi, da anni non seguo con adeguata attenzione le vicende
locali - che non si siano levate fin qui altre voci a dichiarare con
chiarezza una decisa opposizione esplicita ed argomentata alla proposta
dell'aeroporto a Viterbo.
Grazie per l'attenzione, cordialmente
Peppe Sini
Viterbo, 3 luglio 2007

8. RIFLESSIONE. STEFANO CATUCCI: FOUCAULT VENTICINQUE ANNI DOPO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 giugno 2009 col titolo "Foucault 25
anni dopo. La volonta' di dare forma al morire" e il sommario "Uscire dal
mondo in punta di piedi fu la scelta del filosofo francese contro le pretese
spettacolari di una societa' del controllo. Il corso terminato tre mesi
prima di morire mostra una netta opposizione al tentativo di trasformare la
sua ricerca in un corpo di dottrine. Nonostante cio' il suo pensiero rischia
di venire cristallizzato in alcuni concetti chiave: biopolitica, cura di
se', governamentalita', estetica dell'esistenza"]

Venticinque anni fa, nel momento in cui Michel Foucault concludeva il corso
Le courage de la verite', nessuno dei suoi ascoltatori al College de France
immaginava che sarebbe stato l'ultimo. Malato di Aids, Foucault ne aveva
rinviato l'inizio, cominciando a febbraio e non a gennaio, come d'abitudine,
ma durante le lezioni non aveva mai dato segni di stanchezza. Spesso aveva
anzi prolungato di una decina di minuti l'orario previsto e proprio in quei
momenti aveva tentato qualcosa in piu' rispetto alla ricostruzione
genealogica della nozione greca di parresia, il "parlar-franco" che era
l'oggetto del corso. Il 29 marzo 1984, per esempio, nei dieci minuti
supplementari Foucault aveva abbozzato una linea di ricerca che porta
dall'antichita' ai nostri giorni, rintracciando la persistenza della
parresia nei movimenti ascetici del Medioevo, nella pratica rivoluzionaria
del XX secolo, infine nell'arte moderna. L'esigenza artistica di mettere la
vita "a nudo" veniva allora presentata da Foucault come l'estrema versione
di una forma di vita che ha bordeggiato la storia della filosofia
occidentale, ma che gli storici hanno rimosso: quella di una verita' la cui
affermazione rischia di ferire i contemporanei e si basa, percio', sul
coraggio di sfidarne le conseguenze, siano esse l'isolamento,
l'incomprensione o persino la morte.
Solo due volte, nel corso, Foucault manifesta il bisogno di interrompersi
senza seguire fino in fondo la traccia scritta che aveva preparato
(riprodotta da Frederic Gros nell'apparato critico dell'edizione uscita in
Francia qualche mese fa).
*
Le ultime parole
La prima lamenta una febbre, la seconda la mancanza di tempo: e' l'ultima
lezione e sono le ultime parole da lui pronunciate nell'aula 8 dell'edificio
in rue de l'Universite': "Avevo ancora delle cose da dire sul quadro
generale di queste analisi. Ma e' troppo tardi. Allora grazie". Parole
ovvie, banali, come se ne dicono sempre alla fine di un corso, niente di
paragonabile al simbolismo enigmatico dell'ultima frase di Socrate da lui
lungamente commentata in quelle settimane ("Critone, dobbiamo un gallo a
Esculapio. Paga il debito, non dimenticare"), e tuttavia parole che la morte
di Foucault carica, inevitabilmente, di significato: non c'e' stato piu'
tempo, dopo quel momento, e cio' che egli ancora aveva da dire e' rimasto
sospeso, indeterminato, reso a volte meno vago proprio dalla lettura dei
corsi finora pubblicati, ma paradossalmente avviato a cristallizzarsi
intorno a un nucleo dottrinario formato da una serie di concetti-chiave:
biopolitica, governamentalita', cura di se', estetica dell'esistenza.
Difficile capire quanto fosse consapevole della sua malattia. Nella
cronologia redatta da Daniel Defert per l'edizione francese dei Dits et
ecrits (1994) si legge che negli ultimi mesi del 1983 aveva avuto il
sospetto di aver contratto l'Aids, ma che all'inizio dell'anno nuovo una
robusta cura di antibiotici gli aveva restituito energia e buonumore,
permettendogli di programmare l'inizio del corso e spazzando via i suoi
timori. Gia' a marzo, pero', di fronte alle esitazioni dei medici, Foucault
era sembrato arrendersi: non chiedeva una diagnosi che, del resto, non gli
veniva data e non aveva altra domanda se non quella sul tempo che gli
restava. Qualche mese prima aveva cominciato a tradurre insieme a Martin
Ziegler un saggio di Norbert Elias, La solitudine del moribondo (Die
Einsamkeit des Sterbendes) e la morte, il modo di affrontarla secondo i
crismi di una vita filosofica, sarebbe stata al centro anche delle sue
lezioni, dando loro retrospettivamente un'intonazione testamentaria. Alcuni
dei suoi amici piu' stretti non osavano porgli domande dirette, ma cercavano
di strappargli magari obliquamente una spiegazione.
*
Una esistenza estetica
Paul Veyne, molto vicino a Foucault anche come consulente per i suoi studi
sul mondo antico, gli chiese se da storico della medicina egli ritenesse che
l'Aids fosse davvero una malattia o non piuttosto una leggenda
moralizzatrice. "Esiste davvero", rispose Foucault, "non e' una leggenda", e
aggiunse di avere affrontato a fondo l'argomento. Altre parole, pero', non
vennero spese da lui sull'argomento e il romanzo All'amico che non mi ha
salvato la vita di Herve' Guibert, pubblicato nel 1990, lascia pensare che
avesse un rapporto di scarsa o rimossa coscienza con il male che lo
affliggeva. Ancora Paul Veyne ricorda di avere avuto in quei mesi un dialogo
con lui a proposito delle ricerche di Philippe Aries sulle cerimonie funebri
nel Medioevo. "Preferisco", avrebbe detto Foucault, "la tristezza dolce
della sparizione a qualsiasi tipo di cerimonia", quasi che l'unico compito
da perseguire fosse quello di dare senso alla cancellazione, di renderla
bella, senza alcun resto da consumare ritualmente.
Nell'ultimo corso Foucault tocca di frequente il problema di una bellezza
legata piu' alla vita, all'esistenza, e conseguentemente anche alla morte,
che non al campo di quelle pratiche tanto care all'Occidente moderno e
identificate, dal Rinascimento in poi, con l'opera d'arte. Bisognerebbe
scrivere, diceva, una storia dell'esistenza come "oggetto di elaborazione e
di percezione estetica", problema delineato nettamente nel pensiero greco ma
successivamente ricoperto da un'altra bellezza, quella che la modernita' ha
attribuito in via esclusiva "alle cose e alle parole". Foucault non ha avuto
il tempo di scriverla, noi non abbiamo la possibilita' di spiarne le tracce
nel silenzio che ha accompagnato la sua fine. Nel 1978, ricorda Daniel
Defert, Foucault aveva evocato "il gioco del sapere e del silenzio che il
malato accetta per rimanere padrone del suo rapporto segreto con la propria
morte". Venticinque anni dopo la sua scomparsa, l'aver tenuto alla
segretezza di questo rapporto e' ancora ragione di scandalo presso i molti
che avrebbero preferito vederlo ergersi pubblicamente a testimone, proprio
come avrebbe fatto qualche anno dopo Herve' Guibert. L'esposizione di se'
era pero' una tecnica che Foucault aveva analizzato nei testi e nelle
pratiche del cristianesimo primitivo, una riproduzione rituale del martirio
molto lontana dalla visione dell'esistenza che Foucault legava alla
bellezza, nella quale non solo l'autonomia etica, ma anche la gelosa
conservazione di un margine di segretezza, di opacita' allo sguardo altrui,
giocano un ruolo fondamentale. In una serie di conferenze tuttora inedite,
pronunciate nel 1981 all'Universita' Cattolica di Lovanio (Mal faire, vrai
dire), Foucault aveva trovato nel De pudicitia di Tertulliano una compiuta
teorizzazione di quel modo di esporsi davanti alla comunita' che in latino
veniva reso con l'espressione publicatio sui, una maniera di teatralizzare
la penitenza tramite un atto di mortificazione, l'offerta al pubblico del
proprio statuto di peccatore. "Si uccide in se' questo mondo di morte che
non si era voluto lasciare peccando", commenta Foucault, "ci si mostra per
quello che si e': morti al peccato e pronti a morire per non peccare piu'".
Se si confrontano queste osservazioni con quelle che anni prima, nel corso
intitolato Gli anormali (1975), aveva dedicato alla questione del segreto,
si comprende la refrattarieta' filosofica di Foucault, dunque non solo
personale o idiosincratica, a manifestare la propria malattia,
indipendentemente da quanto ne fosse o volesse esserne a conoscenza.
L'invisibilita', la cancellazione, il silenzio, diventano cosi' la posta in
gioco di un comportamento che non vuole spacciare la sua singolarita' come
caso esemplare, non vuole ergersi a "guida" intellettuale o morale nemmeno
nell'atto della morte, come se uscire dal mondo in punta di piedi, piuttosto
che in pompa magna, fosse un modo per sottrarsi alle pretese spettacolari di
una societa' del controllo. All'origine del modello panottico del potere,
aveva spiegato in Sorvegliare e punire, c'era stata nel Settecento
l'esperienza del serraglio che Le Vaux aveva costruito a Versailles per
Luigi XIV, nel quale gli animali erano per la prima volta rinchiusi in
gabbie raccolte intorno a un salone da cui il re poteva osservarli. Il
potere moderno e' uno sviluppo di questo modello naturalista, "il Panopticon
e' un serraglio" dove l'animale "e' sostituito dall'uomo", il raggruppamento
delle specie "dalla distribuzione individuale", il re "dall'apparato di un
potere furtivo" rendersi invisibile al quale diventa un principio di
resistenza. All'indomani della sua morte il quotidiano "Le Monde" rivelo'
essere proprio Foucault il filosofo che nel 1980 aveva preteso l'anonimato
come condizione per la pubblicazione di un'intervista (Il filosofo
mascherato).
Molto piu' del silenzio con il quale ha circondato i suoi ultimi giorni, ad
ogni modo, un quarto di secolo dopo la sua morte chi continua a far rumore
e' il pensiero di Foucault, il rigore di un atteggiamento critico
trasformato in forma di vita e consapevolmente rivendicato come tale. Il
corso terminato tre mesi prima di morire mostra con evidenza la sua netta
opposizione al tentativo di trasformare la sua ricerca in un corpo di
dottrine. Foucault, piuttosto, rilancia un progetto di filosofia critica
dandogli un accento nuovo, dovuto all'assorbimento di quello che egli chiama
un "atteggiamento parresiastico". Se a partire dalla sua fondazione in
Socrate e in Platone il discorso filosofico non pone mai una domanda sulla
verita' senza interrogarsi, al tempo stesso, sull'etica e sulla politica,
sul governo e sulle pratiche di soggettivazione, allora, afferma Foucault,
si possono distinguere nella storia atteggiamenti filosofici molto diversi
tra loro.
*
L'allucinazione di Paul Veyne
C'e' un "atteggiamento profetico" che consiste nel superare il limite del
presente e nel promettere la riconciliazione a venire della verita', della
politica e dell'etica. C'e' una "saggezza filosofica" che afferma l'unita'
fondamentale di questi tre ambiti, e simmetricamente un "atteggiamento
tecnico" che tende, invece, a definire la loro separazione irriducibile: da
una parte le condizioni formali della verita', la logica, dall'altra le
forme migliori per l'esercizio del potere, dall'altra ancora i principi
della condotta morale. Di fronte a queste linee di sviluppo della filosofia,
l'"atteggiamento parresiastico" si distingue perche' riconduce -
"ostinatamente e sempre ricominciando da capo" - il problema della verita' a
quello delle sue "condizioni politiche" e a quello della "differenziazione
etica", il problema del potere al "suo rapporto con la verita' e con il
sapere da un lato, a quello con la differenziazione etica dall'altro", la
questione del soggetto morale a quella "del discorso vero nel quale un tale
soggetto si costituisce e delle relazioni di potere nelle quali esso si
forma". E' a questo livello, come nota Frederic Gros, che Foucault colloca
il suo contributo ed e' per questo che, davanti a chi lamenta la mancanza
nel suo pensiero di una "vera" filosofia della conoscenza, o di una "vera"
morale, si puo' rispondere, come fa Gros: "fortunatamente", perche' la sua
idea e' quella di non concepirli come ambiti autonomi, giustapposti, da
esaurire in modo metodico e isolato uno per volta, ma come nodi di una rete
che si caratterizza per la reciprocita' dei loro rapporti.
Il giorno in cui Foucault mori', Paul Veyne racconta di avere avuto
un'allucinazione. Le ultime notizie non erano buone, i medici della
Salpetriere, dov'era ricoverato, non sapevano piu' che fare. L'unica
consolazione era stata ricevere in ospedale le prime copie dei suoi nuovi
libri, L'uso dei piaceri e La cura di se', non ancora usciti in libreria. In
autostrada Veyne si vide superato a gran velocita' da un'auto che non
riconobbe subito per quello che era, un carro funebre. A guidarlo era
proprio Foucault: Veyne lo vide rivolgergli un sorriso subito prima di
accorgersi che stava sognando a occhi aperti. La visione, pero', "aveva
l'ingegnosita' allegorica dei sogni vicini al momento del risveglio":
Foucault stava andando dove andremo tutti, ma la sua intelligenza ci
superava tutti con l'eleganza di un ultimo sorpasso. Venticinque anni dopo,
ogni volta che lo leggiamo, abbiamo sempre l'impressione che non abbia
ancora smesso di superarci in velocita'.
*
Postilla. Passaggi della vita e delle opere di Foucault
Filosofo, archeologo dei saperi, saggista letterario, professore al College
de France, tra i grandi pensatori del XX secolo Foucault fu l'unico che
realizzo' il progetto storico-genealogico ideato da Nietzsche, che segnalava
come mancasse ancora una storia della follia, del crimine e del sesso.
Foucault in effetti studio' lo sviluppo delle prigioni, degli ospedali,
delle scuole e di altre grandi organizzazioni sociali. Sua e' la
teorizzazione che vide il modello del Panopticon, ideato da Jeremy Bentham,
come applicabile alla societa' moderna. La produzione di Foucault puo'
essere divisa in due periodi: il primo relativo alle teorie raccolte in
Storia della follia nell'eta' classica, Nascita della clinica, Le parole e
le cose e L'archeologia del sapere. In queste opere Foucault propone
un'analisi che definisce "archeologica" dei processi di costituzione e di
formazione del sapere in un certo momento, in un certo luogo, per una certa
disciplina. In particolare Foucault analizza il formarsi del campo di studi
delle "scienze umane". ll secondo periodo della sua produzione e' invece
direttamente interessato all'esercizio del potere e al suo funzionamento.
Importanti sono anche gli studi di Foucault sulla sessualita', e sul tema
della conoscenza.

9. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

10. RILETTURE. FRANCA D'AGOSTINI: FILOSOFIA ANALITICA
Franca D'Agostini, Filosofia analitica. Analizzare, tradurre, interpretare,
Paravia, Torino 1997, pp. 216. Una utile introduzione, con un'ampia
antologia.

11. RILETTURE. ELEONORA MISSANA: L'ETICA NEL PENSIERO CONTEMPORANEO
Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo, Paravia, Torino 2000,
pp. 212. Una utile introduzione, con un'ampia antologia.

12. RILETTURE. ELENA SOETJE: LA RESPONSABILITA' DELLA VITA. INTRODUZIONE
ALLA BIOETICA
Elena Soetje, La responsabilita' della vita. Introduzione alla bioetica,
Paravia, Torino 1997, pp. 138. Una utile introduzione, con un'ampia
antologia.

13. RILETTURE. PAUL MATTICK: CRITICA DEI NEOMARXISTI
Paul Mattick, Critica dei neomarxisti, Dedalo, Bari 1979, pp. 384. In questa
raccolta - articolata in due sezioni: "Critica dei neomarxisti" e "Marxismo
e scienza borghese" - di saggi scritti in un ampio arco di tempo, dagli anni
'30 agli anni '70, Mattick (1904-1981), valoroso militante del movimento
operaio ed acuto pensatore marxista della "corrente calda" consiliare,
discute appassionatamente - come si faceva una volta - le opere di
riflessione politica, sociologica ed economica di vari autori (Hook,
Gillman, Baran e Sweezy, Mandel, Mannheim, Leontief, Myrdal, Samuelson) e
nell'ultimo saggio incluso nella raccolta (un saggio originariamente
pubblicato nel '62) contribuisce anche al dibattito su "Il marxismo e la
nuova fisica". E' ancora un utile libro.

14. RILETTURE. PAUL MATTICK, CHRISTOPH DETSCHMANN, VOLKHARD BRANDES: CRISI E
TEORIE DELLA CRISI
Paul Mattick, Christoph Deutschmann, Volkhard Brandes, Crisi e teorie della
crisi, Dedalo, Bari 1979, pp. 240. Gran parte del volume (le prime 180
pagine) consiste di un ampio saggio di Mattick, ed alla discussione delle
tesi di Mattick sono dedicate sostanziose parti dei saggi degli altri due
autori nel volume proposti.

15. RILETTURE. CLAUDIO POZZOLI (A CURA DI): IL COMUNISMO DIFFICILE
Claudio Pozzoli (a cura di), Il comunismo difficile. I comunisti dei
consigli e la teoria marxiana dell'accumulazione e delle crisi, Dedalo, Bari
1976, pp. 240. Dedicato a Paul Mattick, il volume reca saggi di Claudio
Pozzoli, Federico Hermanin, Giacomo Marramao, Christoph Deutschman, Mario
Cogoy, Paul M. Sweezy e una bibliografia essenziale sul comunismo dei
consigli e Mattick.

16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

17. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 871 del 4 luglio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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