Minime. 842



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 842 del 5 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana: Dopo l'aggressione al giudice Mario Giulio Schinaia, la
citta' di Verona deve reagire
2. Saleh Zaghloul: Inique discriminazioni e ricorsi vinti in Liguria
3. A Roma l'8 giugno
4. Carlo De Maria: Una giornata di studi su Giovanna Caleffi Berneri
5. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
6. Tra vecchi spartachisti
7. Francesco Antonelli presenta "Pensiero altro" di Alain Touraine
8. Vittorio Giacopini: Introduzione a "Mi rivolto dunque siamo" di Albert
Camus
9. Laura Scaglione presenta "Solo il vento mi pieghera'" di Wangari Maathai
10. Letture: Marina Boccardi, La riabilitazione nella demenza grave. Manuale
pratico per operatori e caregiver
11. Letture: Naomi Feil, Validation. Il metodo Feil
12. Letture: Domenico Passafiume, Dina di Giacomo (a cura di), La demenza di
Alzheimer. Guida all'intervento di stimolazione cognitiva e comportamentale
13. Letture: Luciana Quaia, Alzheimer e riabilitazione cognitiva. Esercizi,
attivita' e progetti per stimolare la memoria
14. Riletture: AA. VV., Eutanasia da abbandono
15. Riletture: Jean Amery, Rivolta e rassegnazione. Sull'invecchiare
16. Riletture. Franco Basaglia, L'utopia della realta'
17. Riletture: Simone de Beauvoir, La terza eta'
18. Riletture: Norberto Bobbio, De senectute
19. Riletture: Ernesto De Martino, La fine del mondo
20. Riletture: Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare
21. Riletture: Franz Kafka, Il processo
22. Riletture: Giulio A. Maccacaro, Per una medicina da rinnovare
23. Riletture: Herman Melville: Bartleby lo scrivano
24. Riletture: Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia
25. Riletture: William Shakespeare, Re Lear
26. Riletture: Lev N. Tolstoj, La morte di Ivan Il'ic
27. La "Carta" del Movimento Nonviolento
28. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: DOPO L'AGGRESSIONE AL GIUDICE MARIO GIULIO
SCHINAIA, LA CITTA' DI VERONA DEVE REAGIRE
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: azionenonviolenta at sis.it) per
questo intervento a nome del Movimento Nonviolento]

Il Movimento Nonviolento ritiene che l'aggressione al Procuratore della
Repubblica, dottor Mario Giulio Schinaia, rappresenti una gravissima ferita
per tutta la citta'.
Una ferita personale, che ogni singolo cittadino democratico deve sentire
come una lesione a se stesso.
Chi ha colpito Schinaia, ha colpito la legalita'.
Le forze politiche, pur impegnate in una competizione elettorale, devono
sospendere ogni contrapposizione e trovare un momento unitario a difesa
della convivenza civile e del libero confronto di idee, che nella nostra
citta' sembrano essere minacciati dalla sfrontatezza di gruppi eversivi che
hanno l'impudenza di aggredire addirittura il Procuratore della Repubblica.
Il Movimento Nonviolento, che lavora per l'esclusione della violenza
individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello
locale, nazionale e internazionale, esprime piena e personale solidarieta'
al dottor Schinaia, persona degnissima attorno alla quale la citta' si deve
stringere.
Con Martin Luther King, anche noi diciamo: "Piu' che la violenza degli
stupidi, mi fa paura il silenzio degli onesti".

2. UNA SOLA UMANITA'. SALEH ZAGHLOUL: INIQUE DISCRIMINAZIONI E RICORSI VINTI
IN LIGURIA
[Dalla newsletter dell'"Osservatorio ligure sull'informazione" (per
contatti: newsletter-oli at olinews.it) col titolo "Migranti. L'accesso 'ad
ostacoli' al pubblico impiego"]

Intervistata il 28 maggio 2009 da Radio 24 ore, la segretaria della Funzione
Pubblica Cgil ha detto che con la decisione di non ammettere i cittadini
immigrati al concorso per operatori socio-sanitari, l'ospedale San Martino
di Genova e' recidivo, che sono almeno una decina i ricorsi vinti nella
nostra citta' da cittadini immigrati contro il San Martino, il Galliera e
l'Asl 3.
Infatti, il primo e' stato vinto nel 2001 da un infermiere professionale
marocchino con la sentenza n. 129/2001 del Tar della Liguria.
"La norma sulla quale ci basiamo non e' arcaica, e' del 2001", ripetono al
San Martino, bene, ma allora come spiegano l'ennesimo ricorso vinto sempre
nei loro confronti, a giugno del 2008, da un'infermiera dell'Ecuador? La
relativa ordinanza, n. 3749/2008, del Tribunale di Genova, si basa anche
sulla convenzione Oil n. 143 del 1975, ratificata dall'Italia nel 1981 con
legge n. 158/1981.
La convenzione impegna ogni membro a garantire ai lavoratori immigrati pari
opportunita' e trattamento in materia di occupazione e di professione, di
sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali, ed impegna ciascun
Stato ad adottare i provvedimenti legislativi e di altra natura necessari
per l'applicazione della convenzione. La curiosita' e' che l'Italia era uno
dei soli due paesi europei che allora hanno sottoscritto la convenzione e
che l'ha fatto in quanto paese d'emigrazione per tutelare i lavoratori
italiani emigrati all'estero. L'ordinanza afferma inoltre che il requisito
della cittadinanza, di cui al decreto legislativo 165/2001, deve essere
riferito allo svolgimento di determinate attivita' che comportino
l'esercizio di pubblici poteri o di funzioni di interesse nazionale, in caso
contrario si verrebbe a determinare un comportamento discriminatorio.
Comunque, sembra che nel settore sanita' in Liguria non ci saranno piu'
problemi: il Galliera, dopo un ricorso vinto ha concordato con il sindacato
un nuovo regolamento dove non c'e' piu' il requisito della cittadinanza e
l'assessore regionale alla sanita' Claudio Montaldo, ha chiesto al San
Martino di rivedere la propria decisione e di ammettere i cittadini
immigrati al concorso.
Non e' cosi' nel trasporto dove e' invece davvero arcaica la norma sulla
quale si basano le aziende di trasporto per rifiutare l'ammissione dei non
italiani ai concorsi: si tratta di un Regio decreto del 1931. Non e' cosi'
nemmeno per gli immigrati che si rivolgono ai Centri per l'impiego gestita
dalla Provincia di Genova, per iscrivesi alla lista dell'ex art. 16 per
impieghi fino al quarto livello nel pubblico impiego. I Centri per l'impiego
sono gestiti dalla Provincia di Genova, la stessa che ha modificato il
proprio regolamento e non chiede piu' il requisito della cittadinanza per
chi intende diventare impiegato della Provincia.
Insomma, c'e' ancora molto da fare, occorre ogni volta una battaglia
giudiziaria. Sarebbe ora che lo stato modifichi la legge altrimenti sara'
una sentenza della Corte Costituzionale a fare giustizia.

3. INCONTRI. A ROMA L'8 GIUGNO
[Da Maria Palazzesi (per contatti: maria.palazzesi at fastwebnet.it) riceviamo
e diffondiamo]

Lunedi' 8 giugno, alle ore 18,30, alla Casa internazionale delle donne a
Roma (via della Lungara, 19) si terra' una presentazione del libro Una
passione algerina. Una donna tra rivoluzione e liberta', di Wassyla Tamzali,
pubnblicato da Filema edizioni.
Presentano l'opera Alessandra Bocchetti e Chiara Valentini; sara' presente
l'autrice.
*
Un racconto appassionante, la storia di una donna che intreccia la sua vita
con quella di un popolo che lotta per la liberta' dalla dominazione
francese, la storia di un amore senza fine per l'Algeria come un flusso
impetuoso di desideri, illusioni, gioie esaltanti, tradimenti e violenze
inaudite.
Wassyla Tamzali e' nata in Algeria nel 1941 ed ha vissuto la propria
adolescenza nel periodo della guerra di liberazione algerina. Ha esercitato
per oltre dieci anni la professione di avvocato dedicandosi anche ad
attivita' giornalistiche e culturali, tra le quali la pubblicazione, nel
1975, di un libro sul cinema magrebino, En attendant Omar Guetlato. Dal 1979
si occupa del programma dell'Unesco volto a contrastare le violazioni dei
diritti delle donne soprattutto nei paesi islamici, la prostituzione ed il
traffico di donne. Nel 1999 riceve il "Lifetime Achievement Award" come
riconoscimento per i suoi sforzi contro il sistema mondiale di sfruttamento
sessuale e di schiavitu delle donne. Dal 2006 e' direttrice esecutiva del
Collectif Maghreb Egalite', di cui e' membro fondatore. Per la pubblicazione
di questo libro ha vinto il Premio France Television 2008.

4. MEMORIA. CARLO DE MARIA: UNA GIORNATA DI STUDI SU GIOVANNA CALEFFI
BERNERI
[Da "A. rivista anarchica", anno 39, n. 341, febbraio 2009, col titolo
"Giovanna Caleffi Berneri. Questa sconosciuta"]

La giornata di studi "Giovanna Caleffi Berneri e la cultura eretica di
sinistra nel secondo dopoguerra", promossa dall'Archivio Famiglia Berneri -
Aurelio Chessa (Reggio Emilia, 22 novembre 2008), ha richiamato l'attenzione
del folto pubblico su una figura di militante anarchica, di giornalista
politica e, piu' in generale, di intellettuale critica in larga misura
sconosciuta.
Dopo l'assassinio di Camillo Berneri, avvenuto a Barcellona il 5 maggio
1937, Giovanna Caleffi (1897-1962) si impegna a tenere viva e a difendere la
memoria del marito, partecipando a Parigi, per la prima volta, alle riunioni
degli anarchici italiani e avvicinandosi, cosi', alla militanza politica.
Con l'occupazione della Francia da parte dell'esercito tedesco, viene
arrestata nell'ottobre 1940. Deportata in Germania, e' infine consegnata
alle autorita' italiane e condotta al carcere di Reggio Emilia (luglio
1941), poi al confino in Irpinia. Nel dopoguerra, Giovanna si stabilisce a
Napoli, dove stringe un sodalizio sentimentale e politico con
l'intellettuale anarchico Cesare Zaccaria, insieme al quale anima due
riviste militanti di grande interesse: "La rivoluzione libertaria", che esce
gia' nel corso del 1944 nel Sud liberato, e "Volonta'", edita prima a Napoli
poi a Genova, a partire dal 1946. La campagna di informazione sul "controllo
delle nascite" e l'esperienza pedagogica della colonia "Maria Luisa
Berneri", che la vedono protagonista tra la fine degli anni '40 e il
decennio successivo, restano come luminosi esempi di pratiche libertarie
efficaci e concrete.
La giornata di studi si e' aperta con la relazione di Nico Berti, che ha
tracciato con chiarezza il quadro del movimento anarchico italiano nel
secondo dopoguerra. Estremamente ricco e stimolante lo sguardo lanciato
sugli anni '50 da Goffredo Fofi, che ha confermato la sua peculiare
capacita' di scrutare il passato ponendosi, pero', sempre come problema
principale quello dell'oggi. L'impostazione biografica e il lavoro di
curatela sui carteggi della Caleffi hanno portato Carlo De Maria ad ampliare
l'arco cronologico del suo intervento al trentennio 1930-1960. Gli
interventi di Tiziana Pironi e Francesco Codello si sono soffermati sulle
problematiche pedagogiche. Giorgio Sacchetti ha analizzato l'attivita'
redazionale nei tre lustri passati da Giovanna alla direzione di "Volonta'".
Pietro Adamo si e' immerso nell'analisi del pensiero libertario di Zaccaria.
Stefano d'Errico si e' spinto alla ricerca dell'influenza di Giovanna
Caleffi e del lascito berneriano nelle battaglie per le liberta' civili in
Italia. Hanno arricchito la giornata alcuni brevi interventi, tra i quali si
ricordano quelli di due giovani studiosi, come Alessandro Bresolin e
Giovanni Stiffoni, e quelli di Franco Melandri (rivista "Una citta'"),
Roberto Pavani (compagnia teatrale "Zero Beat"), Maria Alberici, in
rappresentanza della famiglia Caleffi, e Fiamma Chessa, principale
organizzatrice del convegno.

5. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

6. LE ULTIME COSE. TRA VECCHI SPARTACHISTI

Quei sedicenti pacifisti che mentre il governo e il parlamento italiano
deliberavano totalitariamente e criminalmente la prosecuzione della guerra
in Afghanistan vendevano la loro omerta', peggio: la loro complicita', il
loro prostituirsi finanche a far da propagandisti della guerra, in cambio di
qualche miserabile finanziamento lordo di sangue alle onlus ed alle ong
loro.
Quei sedicenti pacifisti complici della guerra e della violazione della
legalita' costituzionale oggi i partiti che li corruppero e li prostituirono
alla guerra e all'eversione anticostituzionale li candidano spacciandoli per
persone amiche della pace e finanche della nonviolenza. E sono invece
complici degli assassini finanziatori loro.
Questo andava pur detto, questo abbiamo dunque detto. Triste discorso, e
necessario.

7. LIBRI. FRANCESCO ANTONELLI PRESENTA "PENSIERO ALTRO" DI ALAIN TOURAINE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 giugno 2009 col titolo "Alain Touraine.
Il riformismo radicale che attraversa i conflitti del Moderno"]

Alain Touraine, Pensiero altro, Armando editore, pp. 240, euro 25.
*
Allievo di Fernand Braudel e Georges Friedmann, influenzato dal primo Sartre
e da Lefort, a fianco degli studenti del maggio francese e di Allende, Alain
Touraine e' tra i sociologi che hanno dato un contributo fondamentale al
dibattito culturale del secondo dopoguerra. La sua biografia scientifica
rappresenta sia la parabola di un intero mondo sociale che la costante presa
di distanza, coraggiosa e originale, dalle tragiche seduzioni intellettuali
del Novecento.
In breve, per il sociologo francese il moderno non e' l'epifania della
tecnologia ma il dispiegamento delle capacita' emancipative di tutti e di
ciascuno, senza l'aiuto di alcuna avanguardia o Stato provvidenziale. Queste
capacita', che sono quelle di una societa' civile robusta, diventano
trasparenti agli attori sociali, tramite, contemporaneamente: a) la lotta
contro la loro condizione di dominati; b) la presa di distanza da se', in
nome di diritti piu' generali; c) la capacita' di costruire rapporti sociali
alternativi al potere. Dopo aver declinato questa complessa tematica nello
studio del lavoro operaio, nella comprensione dei cambiamenti che hanno
condotto alla nascita della societa' post-industriale - a lui, insieme a
Daniel Bell, si deve la paternita' ed il successo di questa espressione -,
dei movimenti sociali nati con e dopo il '68, il sociologo francese ha avuto
la capacita' di rilanciare, a partire dal 1992 con la pubblicazione di
Critica della modernita', la sua reinterrogazione della modernita'. Con il
Pensiero altro, Touraine chiude proprio questo ciclo di studi, esponendo in
modo esaustivo il ruolo del "soggetto" ai tempi della globalizzazione.
La sua posizione e' cosi' riassumibile: il modello di societa' ed il
pensiero sociale nati nel XIX secolo si fondavano sul primato del sistema
razionalizzato sulla volonta' delle persone. In un'espressione, l'attore
sociale piu' che agire era agito, mentre l'integrazione sociale ed il
determinismo - di cui Parsons e' stato il piu' autorevole teorico - erano i
due principi cardine di una societa' che aspirava ad autocostruirsi
dall'alto. L'ascesa dell'individualismo e della globalizzazione hanno
determinato il declino, giudicato positivo, di questa capacita' del sistema
di imporsi sugli attori. L'identita' culturale dei singoli e dei gruppi, gli
stili di vita, seguono percorsi sempre piu' individualizzati che comportano
la fine della societa'. Dietro a questa svolta, che richiede nuove categorie
interpretative, si profilano rischi ed opportunita': i primi sono dati dalla
diffusione dell'atomizzazione e dal comunitarismo. Le seconde dalle
possibilita' che si aprono all'affermazione del Soggetto. Fortemente
debitore del femminismo e dell'ultima parte del pensiero di Foucault,
Touraine non concepisce piu' il soggetto come soggetto storico che
costruisce fuori di se' un progetto di cambiamento della societa'. Egli, al
contrario, scorge la possibile formazione di una molteplicita' di soggetti
personali, di movimenti diffusi che, nelle lotte contro le forme di potere e
disconoscimento delle identita' che li opprimono, si emancipano migliorando
il proprio Se'. In questa concezione, la lotta di ciascuno assume un valore
generale di affermazione dei diritti umani e di una nuova generazioni di
diritti culturali centrati sul singolo. La critica lanciata alla sinistra e'
chiara: essa deve prendere le distanze tanto da un ipercriticismo sterile
quanto da un acritico adattamento all'individualismo, alla globalizzazione e
al localismo (quello della sinistra "riformista"), facendo propria la
bandiera del soggetto personale. Una prospettiva che puo' essere definita di
riformismo radicale.
In conclusione si puo' dire, prendendo in considerazione alcuni dei piu'
emblematici intellettuali contemporanei, che mentre lo sguardo di Zygmunt
Bauman sulle conseguenze dell'individualizzazione e della globalizzazione e'
tragico, quello postmodernista di Michel Maffesoli e' compiaciuto, il punto
di vista di Touraine e' pugnace e realista al tempo stesso. Offre una via di
uscita alla crisi sociale e politica attuale, valorizzando proprio gli
elementi maggiormente positivi del mondo contemporaneo, il primato
dell'individuo. Di questo dobbiamo essergli grati, meditando a lungo sulla
sua opera.

8. LIBRI. VITTORIO GIACOPINI: INTRODUZIONE A "MI RIVOLTO DUNQUE SIAMO" DI
ALBERT CAMUS
[Da "A. rivista anarchica", anno 38, n. 340, dicembre 2008-gennaio 2009, col
titolo "Mi rivolto dunque siamo" e il sommario "E' da poco uscito nelle
librerie Mi rivolto dunque siamo, scritti politici di Albert Camus a cura di
Vittorio Giacopini (Eleuthera, Milano 2008, pp. 120, euro 12). Ne
pubblichiamo qui l'introduzione dello stesso Giacopini]

"L'unica cosa che si puo' fare e' creare piccole minoranze di rompicoglioni
con un progetto in testa" (Goffredo Fofi).
Negli anni Sessanta, gli studenti della New Left americana che ancora non
sapevano che il vulcano stava per scoppiare (ma sarebbe stata un'eruzione
abortita o sabotata) tenevano sul comodino due libri di preghiera un po'
speciali: On Revolution di Hannah Arendt - questa pensosa ode alle origini
tradite di una democrazia in caduta libera - e L'uomo in rivolta di Albert
Camus. Per la prima volta, l'arciavversario di Jean-Paul Sartre, lo
scrittore perplesso, ipnotizzato dall'assurdo ma allergico a qualsiasi
ideologia, veniva letto come un "cattivo maestro" o un vate, un ideologo.
Non era un'operazione riduttiva. Nei suoi ultimi anni - intrappolato nelle
cerimonie di una societa' letteraria a cui non apparteneva veramente - Camus
forse si era smarrito, ma la sua indole autentica restava un'altra. In tutta
la sua opera c'e' un appello costante alla rivolta e al rifiuto del mondo
cosi' come il mondo viene e il mondo va, e quegli studenti questo l'avevano
capito molto bene. Poi il tempo passa e cambiano le prospettive, gli
orizzonti.
Non dobbiamo negare l'evidenza. Oggi Camus e' diventato un santino
rassicurante (il profeta dell'onesta' intellettuale, l'apostolo di
un'improbabile e falsa atarassia), e la sua immagine va rimessa in
discussione, ribaltata. Rileggere questi suoi scritti politici -
schiettamente libertari, mai noiosi e scontati, mai codini - puo' essere
francamente sorprendente. Nei suoi momenti migliori, piu' convinti, Camus e'
sempre l'autore (scandaloso) de Lo straniero e de L'uomo in rivolta. Le sue
pagine piu' belle sono esortazioni sovversive, inviti - carichi di urgenza
ma senza false garanzie, senza ricette - a una ribellione necessaria.
"L'uomo che si rivolta" e' "un uomo che dice no", ma mentre scaglia il suo
rifiuto intransigente in faccia al mondo e' anche capace di tracciare una
"frontiera" e dire "si'". Le cose cambiano, d'accordo, ma il paradosso
teorico da cui Camus faceva scaturire l'intero progetto teorico de L'homme
revolte' adesso e' piu' vero che mai, e piu' preciso.
Camus, allora, se la prendeva con "l'assurdo" e a volte sembrava combattere
contro i mulini a vento o contro un'ombra. L'assurdo, quest'idea elusiva a
meta' strada tra Heidegger, l'esistenzialismo da bar e la teologia, poteva
essere tutto e niente, e a tratti era soltanto chiacchiera, esorcismo. La
storia, il corso del mondo, la societa' - ai suoi tempi - piu' che assurdi
erano sin troppo spietatamente malati di logica, bloccati in un assetto
rigido imposto dal demone della politica, sterilizzati da un lucido delirio
di dominio, potere, sopraffazione, ideologia. Non c'era niente di assurdo in
quello schema e nella cupa stagione del totalitarismo; assurda -
irriverentemente assurda e disperata - semmai era proprio l'ostinata ricerca
di gente come Camus, Orwell, Macdonald, Chiaromonte di un impossibile "terzo
campo" capace di far saltare la situazione data e riaprire i giochi.
Oggi l'assurdo e' diventato vita quotidiana e la sfida di Camus ritorna in
primo piano con un'impellenza diversa e sconcertante. Le formule del passato
si trasfigurano in fotografie inquietanti del presente. Un mondo e una
societa' senza opzioni di riserva, alternative; un solo universo-spettacolo
risolto in gesti, abitudini, stili di vita e consumo perfettamente uniformi,
omologati; un'idea di successo che fa schifo e un contesto sociale che non
ha rimedi, scappatoie: cosa c'e' di piu' assurdo, e scoraggiante, di un
orizzonte (politico, sociale, culturale) cosi' omogeneizzato, cosi'
blandamente insulso e repressivo? Pensiero unico, globalizzazione, trionfo
del capitalismo (per mancanza di nemici seri, di avversari), esaurimento
della Storia nel pigro magma della Comunicazione o di una
Societa'-Spettacolo totale: cambiano le etichette - e gli esorcismi - ma non
cambia, davvero, la sostanza.
Da troppi anni l'intera esperienza politica e sociale dell'Occidente
presuppone la rinuncia a qualsiasi immagine di trasformazione complessiva e
un'adesione - a volte tacita, piu' spesso molto convinta, molto complice -
agli schemi del presente e alle sue leggi. Se ci sono stati segnali in
controtendenza, sassolini nell'ingranaggio, voci fuori dal coro (o un po'
stonate), e' stato quasi soltanto per gioco o per errore. Alla politica non
e' il caso di chiedere niente, o quasi niente, e l'avventura del movimento
no-global e' una storia di ieri che sembra gia' un'incerta leggenda,
mitologia. Guardiamo il mondo e niente sembra scalfire l'inevitabile noia di
una resa: siamo un po' tutti assuefatti, complici, imbolsiti; siamo un po'
tutti sotto anestesia. Dire "no", quindi, imparare a disobbedire, guardare
le cose sotto una luce diversa e andare via. In un contesto tanto avvilente
e avvilito, cosi' smorto, la lezione sobria e piuttosto elementare di Camus
si rivela clamorosamente sovversiva.
Da qualche parte si dovra' pur cominciare, in fin dei conti, e per farsi
"stranieri" al presente e sabotarlo intanto bisogna riuscire a dire di no,
tirarsi fuori. "La coscienza nasce dalla rivolta", afferma Camus, e prima
ancora che all'azione ci invita semplicemente a risvegliarci. Ma da
quell'atto di pura negazione, da quel fastidio, possono nascere anche storie
diverse, alternative. L'uomo in rivolta nega e mentre nega afferma qualcosa,
scende al fondo di se stesso, riesce a trovarsi e a inventarsi daccapo, si
rinnova ("esiste in ogni rivolta un'adesione intera e istantanea dell'uomo a
una certa parte di se'"). In termini molto semplici ed essenziali, Camus
dice una cosa tremenda e impegnativa: la rivolta non e' un'opzione o una
scelta come tante ma un dovere assoluto, imperativo. Chi non sa dire di no -
alla societa' che lo circonda, a uno schema sociale anchilosato, alle sirene
ambigue del successo o anche a forme di protesta invecchiate, di maniera -
non e' degno di stare al mondo; non esiste.
E' un impulso libertario che non si arena nell'improbabile santificazione di
un comodo individualismo narcisista. Chi contrappone al Camus della
ribellione lo scrittore "solidale" de La peste non ha capito gran che del
suo lavoro. Dall'insofferenza metafisica che diventa rivolta, fuga,
negazione, non scaturisce solo un altro tipo di uomo ma un nuovo modo di
agire e di incontrarsi. Scrittore politico anche quando contesta la
politica, Camus ragiona sempre in termini di trasformazione cosciente e
radicale del presente. Orfano senza rimpianti dell'ideologia, la sua scelta
di campo e' molto netta: "Visto che non viviamo piu' i tempi della
rivoluzione, impariamo a vivere almeno il tempo della rivolta".
Anche questo messaggio nella bottiglia e' arrivato in porto, in qualche
modo. Senza i conforti di nessuna teologia-politica, senza dottrine, regole,
ricette, dobbiamo ripensare la politica a partire dal suo scacco
irrimediabile. Non ci sono soluzioni valide per tutti e non ci si salva da
soli o tutti insieme. Davanti al quadro oppressivo del presente, l'unica
speranza e' costruire comunita' parziali, minoranze capaci di separarsi con
audacia dall'andazzo dominante per costruire spazi forse solo
temporaneamente liberati, isole di resistenza, piccole controsocieta'
fraterne e ribelli.
Nel gesto della rivolta c'e' anche quest'apertura imprevista agli altri e
una scommessa. "Mi rivolto, dunque siamo" azzarda Camus e spariglia di nuovo
le carte, alzando il tiro. E' una presa di posizione capitale: "In quella
che e' la nostra prova quotidiana, la rivolta svolge la stessa funzione del
'cogito' nell'ordine del pensiero, e' la prima evidenza. Ma questa evidenza
trae l'individuo dalla sua solitudine. E' un luogo comune che fonda su tutti
gli uomini il primo valore. Mi rivolto, dunque siamo".

9. LIBRI. LAURA SCAGLIONE PRESENTA "SOLO IL VENTO MI PIEGHERA'" DI WANGARI
MAATHAI
[Da "A. rivista anarchica", anno 39, n. 344, maggio 2009 col titolo "Il
Kenia spiegato da una donna"]

Leggendo qua e la' sul sito del "Daily Nation" (www.nation.co.ke), testata
giornalistica piu' importante dell'Africa Orientale con sede in Kenya, mi
sono imbattuta in una lettera che mi ha colpita molto per il suo pessimismo
di fondo. A scriverla e' stato Mutuma Mathiu, managing editor del "Sunday
Nation" (1). Vorrei citarne alcuni stralci, e spero, traducendo, di non
averne modificato il significato.
"[...] La violenza del periodo post-elettorale (2) [...] mi ha cambiato. Ha
fatto vacillare la fiducia in me stesso e nel mio paese. Ha distrutto la
speranza della mia vita. [...] Avendo letto i resoconti del report Waki (3),
riguardo un keniota che, per violentare una compagna keniota con maggior
facilita', insieme ad altri tre suoi amici, ha usato un panga (4) per
tagliarle la vagina, o di ufficiali di polizia che incitavano le folle a
tagliare le gole dei loro vicini, o uomini circoncisi a forza con bottiglie
rotte, ho capito che la mia innocenza non aveva possibilita' contro la
violenza che mi veniva gettata addosso. Noi, fratello mio, siamo barbari.
Siamo stati brutali oltre ogni comprensione contro i nostri compagni esseri
umani. E i nostri capi, che ci hanno riempito la testa con tribalismo,
paura, odio e menzogne, sono barbari nauseanti. La nostra priorita' oggi non
e' lottare contro la poverta' o altro di simile; e' scoprire come si possa
essere umani. Si diventa umani quando accettiamo che il prossimo ha gli
stessi diritti che rivendichiamo per noi stessi. E i Luo, i Kikuyo, i Kamba,
i Kisii, i Meru (5) e il resto delle etnie, che ci crediate o no, sono
esseri umani. [...] Cose come il tribalismo sono le preoccupazioni di pazzi
falliti. [...] Le persone intelligenti sanno che nessuno parlera' di loro
nei libri di storia [...] ma e' con l'azione dei loro cervelli e delle loro
mani [...] che conquisteranno immortalita', fama, benessere e tutto cio' che
motiva gli esseri umani. Odiare o temere le persone perche' sono
appartenenti ad un'etnia diversa, non ha senso. [...] Il pregiudizio tribale
[...] e' il pretesto che i politici usano per ottenere i loro scopi. Penso
che dovremmo cominciare a riaffermare la nostra umanita', innanzitutto
prendendo le distanze dagli assassini. [...] Trovare chi ha finanziato,
organizzato e perpetrato queste atrocita' ed espellerli dalla societa'.
Allora potremo riformare lo stato affinche' tutti siano uguali davanti alle
legge, affinche' tutti possano godere della sua protezione, ovunque si viva,
e avere uguale accesso alle opportunita' e alle risorse comuni. [...] E'
pazzia confidare nelle stesse persone affidandogli incarichi importanti e
aspettarsi successo e unita'".
C'e' chi, pero', avendo vissuto gli stessi momenti e avendo lottato una vita
intera per vedere concretizzati una parte dei desideri, rimane ottimista. E'
Wangari Muta Maathai, premio Nobel per la pace nel 2004, che cosi' termina
il suo bellissimo libro autobiografico: "Sono una delle poche fortunate che
ha vissuto per vedere un nuovo inizio nel mio Paese. Molti non lo sono stati
altrettanto. Ma ho sempre creduto che, non importa quanto sia scuro il
cielo, c'e' sempre un po' di rosa all'orizzonte, ed e' quello che dobbiamo
cercare. Il rosa all'orizzonte verra', se non finche' ci saremo noi,
sicuramente per i nostri figli o per i nostri nipoti. E forse allora tutto
il cielo si tingera' del colore della speranza" (6).
E' strano partire dalla frase finale, nella presentazione di un libro, ma ho
pensato che proprio in quelle righe fosse racchiuso il vero messaggio
dell'autrice. Fondatrice del Green Belt Movement (www.greenbeltmovement.org)
per la riforestazione delle aree sfruttate e poi abbandonate in stato di
degrado, attivista per i diritti delle donne, infine parlamentare, Wangari
Muta Maathai e' un esempio di cosa la volonta' possa produrre, nonostante la
vita in Africa non sia facile.
Le sue iniziative, le sue parole, molto spesso le sono costate periodi di
prigione come nemica del governo. Nulla l'ha fermata, neanche le violenze,
le minacce di morte, la realta' di un paese come il Kenia che, come quasi
tutti gli stati africani - e non solo -, e' dominato dalla corruzione dei
capi, veri e propri parassiti sociali, spesso appoggiati da potenze
straniere in qualche modo interessate a mantenere sorte di "colonie"
asservite per meglio sfruttarne le risorse, mal gestite dalle popolazioni
locali.
Il suo gesto, collocare una, due, mille piccole piante in zone disboscate
per incuria umana, lo leggo in modo simbolico. Lei, Wangari, chiede scusa
per le colpe di altri, alla sua terra, alla Terra ferita, rendendole cio'
che ingiustamente le era stato strappato. Il suo insegnamento e' forte,
audace.
Il suo libro e' interessante anche perche' vi si spiegano le diverse guerre
che hanno insanguinato il Kenia, a partire dalla ribellione dei Mau Mau fino
alle ultime evoluzioni sociali. La storia keniota spiegata e narrata da chi
l'ha vissuta, e per giunta donna.
*
Note
1. Edizione domenicale del "Daily Nation".
2. Mutuma Mathiu si riferisce al dicembre 2007.
3. Il report Waki e' il frutto di cinque mesi di indagini - su richiesta del
presidente Kibaki - seguite alle violenze post-elettorali, e il cui
obiettivo era capire chi fossero gli organizzatori, i finanziatori e i
colpevoli degli atti in questione.
4. Machete africano.
5. Elenco delle principali etnie che coabitano in Kenya.
6. Wangari Muta Maathai, Solo il vento mi pieghera', Sperling & Kupfer,
collana Diritti e Rovesci, 2007.

10. LETTURE. MARINA BOCCARDI: LA RIABILITAZIONE NELLA DEMENZA GRAVE. MANUALE
PRATICO PER OPERATORI E CAREGIVER
Marina Boccardi, La riabilitazione nella demenza grave. Manuale pratico per
operatori e caregiver, Erickson, Gardolo (Trento) 2007, pp. 248, euro 21.
Con una presentazione di Giovanni B. Frisoni e Orazio Zanetti, con un
approccio ovviamente legato alla formazione e alle esperienze di lavoro
dell'autrice (e quindi anche con i conseguenti ovvi limiti), e' un utile
testo introduttivo.

11. LETTURE. NAOMI FEIL: VALIDATION. IL METODO FEIL
Naomi Feil, Validation. Il metodo Feil. Per comprendere cio' che i grandi
anziani hanno nella mente e nel cuore, Sperling & Kupfer, Milano 1996,
Minerva Edizioni, Bologna 2008, pp. 240, euro 17. A cura di Vicki de
Klerk-Rubin, una presentazione del metodo Validation nel rapporto con i
grandi anziani con diagnosi di demenza di tipo Alzheimer o di disturbi ad
essa correlati. Un testo semplice, con schede, test e percorsi. E' utile per
conoscere il metodo della Feil, che ha una sua efficacia (ma che, come tutti
i metodi - e soprattutto i metodi cosi' fortemente strutturati e per cosi'
dire anche cosi' rigidi, e quindi discutibili, in alcune premesse e
nell'impostazione tecnica - va naturalmente considerato cum grano salis: se
ci e' concessa un'opinione, non esiste "il" metodo, esistono una pluralita'
di modalita' di intervento che vanno adeguate alla situazione concreta delle
persone concrete).

12. LETTURE. DOMENICO PASSAFIUME, DINA DI GIACOMO (A CURA DI): LA DEMENZA DI
ALZHEIMER. GUIDA ALL'INTERVENTO DI STIMOLAZIONE COGNITIVA E COMPORTAMENTALE
Domenico Passafiume, Dina di Giacomo (a cura di), La demenza di Alzheimer.
Guida all'intervento di stimolazione cognitiva e comportamentale, Franco
Angeli, Milano 2006, pp. 176, euro 22. Con una presentazione di Carlo
Caltagirone e una prefazione di Ferdinando Di Orio, con contributi dei
curatori e di Nicola Carlino, Lucia Serenella De Federicis e Manuela
Pistelli, un testo tecnico semplice ed essenziale con proposte e materiali
di lavoro; nella sezione teorica presenta la patologia, le sue
caratteristiche e le forme di intervento; e nella sezione pratica propone un
protocollo di intervento di stimolazione cognitiva e comportamentale con
relativi moduli e schede operative.

13. LETTURE. LUCIANA QUAIA: ALZHEIMER E RIABILITAZIONE COGNITIVA. ESERCIZI,
ATTIVITA' E PROGETTI PER STIMOLARE LA MEMORIA
Luciana Quaia, Alzheimer e riabilitazione cognitiva. Esercizi, attivita' e
progetti per stimolare la memoria, Carocci, Roma 2006, 2008, pp. 150, euro
14,90. Una breve guida pratica molto semplice e chiara con materiali,
schede, percorsi. Con una presentazione di Luisa Lanfranchi Moroni. Puo'
essere utile per un primo approccio al "quid agendum".

14. RILETTURE. AA. VV.: EUTANASIA DA ABBANDONO
AA. VV., Eutanasia da abbandono. Anziani cronici non autosufficienti, nuovi
orientamenti culturali e operativi, Rosenberg & Sellier, Torino 1988, pp.
424. Il volume riporta le relazioni e gli interventi tenuti al convegno
nazionale di studio "Anziani cronici non autosufficienti, nuovi orientamenti
culturali ed operativi" svoltosi a Milano il 20-21 maggio 1988 e
un'appendice di ulteriori materiali. Molti i contributi di grande interesse,
a cominciare dagli interventi d'apertura di Carlo Maria Martini e di
Norberto Bobbio.

15. RILETTURE. JEAN AMERY: RIVOLTA E RASSEGNAZIONE. SULL'INVECCHIARE
Jean Amery, Rivolta e rassegnazione. Sull'invecchiare, Bollati Boringhieri,
Torino 1988, pp. 152. Un'acuta meditazione del grande pensatore e resistente
deportato ad Auschwitz. Con una presentazione di Claudio Magris.

16. RILETTURE. FRANCO BASAGLIA: L'UTOPIA DELLA REALTA'
Franco Basaglia, L'utopia della realta', Einaudi, Torino 2005, pp. LVIII +
332. Una raccolta di scritti e interventi di Franco Basaglia (ma di Basaglia
andrebbero letti tutti gli scritti, grandissima parte dei quali in Id.,
Scritti, 2 voll., Einaudi, Torino 1981-1982). A cura di Franca Ongaro
Basaglia, con un'introduzione di Maria Grazia Giannichedda.

17. RILETTURE. SIMONE DE BEAUVOIR: LA TERZA ETA'
Simone de Beauvoir, La terza eta', Einaudi, Torino 1971, 1988, pp. 528.
Un'analisi vasta e profonda della vecchiaia, indagata nella prima parte del
libro con un approccio "dall'esterno", scientifico, storico, culturale; e
nella seconda parte con approccio fenomenologico-esistenziale. Uno dei libri
meno ricordati e piu' rilevanti della grande intellettuale.

18. RILETTURE. NORBERTO BOBBIO: DE SENECTUTE
Norberto Bobbio, De senectute e altri scritti autobiografici, Einaudi,
Torino 1996, pp. VI + 202. Lo sguardo sempre limpido e acuto, la voce sempre
nitida e ferma, la meditazione sempre complessa ed autentica di Bobbio, un
indimenticabile maestro di verita'. Con un'appendice a cura di Pietro
Polito.

19. RILETTURE. ERNESTO DE MARTINO: LA FNE DEL MONDO
Ernesto De Martino, La fine del mondo. Contributo all'analisi delle
apocalisi culturali, Einaudi, Torino 1977, 2002, pp. XXXIV + 730, euro 35.
Quest'opera vasta e infinita come il mare colore del vino qui segnaliamo
ancora perche' nella catastrofe dell'invecchiamento quando esso si da' come
offuscamento e doloroso perdersi nel nulla, puo' essere in qualche modo un
sostegno a chi vuole e deve prendersi cura del sofferente con piu' solido e
persuaso impegno e lena piu' lunga e consapevole dell'umana e storica
condizione. A cura di Clara Gallini, con un'introduzione di Clara Gallini e
Marcello Massenzio.

20. RILETTURE. ERNEST HEMINGWAY: IL VECCHIO E IL MARE
Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare, Mondadori, Milano 1952, 1978, pp.
LIV + 170. Rileggo questo romanzo qui anche come una figura che reduplica in
un modo e in un mondo forse piu' essenziale e forse piu' degradato, forse
meno demoniaco e forse meno primigenio, un lato almeno della metafora
immensa del capitano del Pequod e della balena bianca, che e' anche - tra
mille altre cose - metafora del nostro invecchiare e affrontare la morte.
Introduzione e traduzione di Fernanda Pivano.

21. RILETTURE. FRANZ KAFKA: IL PROCESSO
Franz Kafka, Il processo, Mondadori, Milano 1971, 1975, pp. XLVI + 192. Vi
e' tutto nel Processo di Kafka, l'opera chiave del Novecento; anche il
progresso della malattia che ti uccide, anche la solitudine
dell'invecchiare. Nella traduzione di Ervino Pocar, con un'introduzione di
Claudio Magris. Ma ovviamente si legga anche la traduzione di Primo Levi
(Einaudi, Torino 1983).

22. RILETTURE. GIULIO A. MACCACARO: PER UNA MEDICINA DA RINNOVARE
Giulio A. Maccacaro, Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976,
Feltrinelli, Milano 1979, pp. 520. Una raccolta di scritti che non ci
stancheremo mai di raccomandare.

23. RILETTURE. HERMAN MELVILLE: BARTLEBY LO SCRIVANO
Herman Melville, Bartleby lo scrivano, Franco Maria Ricci editore, Milano
1978, pp. 92. Tutto va letto di Melville, ed anche questo nitido, duro,
enigmatico racconto che continuera' ad interrogarti finche' vivi. Con
un'introduzione di Jorge Luis Borges.

24. RILETTURE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: SALUTE/MALATTIA
Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia. Le parole della medicina, Einaudi,
Torino 1982, pp. VI + 290. Una raccolta di saggi di straordinaria rilevanza.

25. RILETTURE. WILLIAM SHAKESPEARE: RE LEAR
William Shakespeare, Re Lear, Rizzoli, Milano 1963, 1974, pp. 230. Non e'
solo la storia del potere, della follia, della vecchiaia, della crisi della
famiglia e del modo in cui finisce il mondo; e' un appello che ancora e
sempre grida, un appello a volere la verita' e la giustizia, e ad agire la
misericordia. A cura di Gabriele Baldini.

26. RILETTURE. LEV N. TOLSTOJ: LA MORTE DI IVAN IL'IC
Lev N. Tolstoj, La morte di Ivan Il'ic, Vallecchi, Firenze 1961, Rizzoli,
Milano 1976, pp. 94. Una gemma, e un risveglio. Nella traduzione di Tommaso
Landolfi e con un'introduzione di Angelo Maria Ripellino. Ovviamente ora
tutti i racconti di Tolstoj e' possibile e opportuno leggerli anche nella
monumentale edizione italiana complessiva in due volumi curata da Igor
Sibaldi nel 1991 per i Meridiani di Mondadori.

27. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

28. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 842 del 5 giugno 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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