Minime. 692



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 692 del 6 gennaio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. In poche parole. Dal punto di vista dell'umanita'
2. Alessandra Cardinale intervista Hanan Ashrawi
3. Eric Salerno intervista Daoud Kuttab
4. Eric Salerno intervista Nemer Hammad
5. Alcuni estratti da "Postcolonialismo" di Achille Mbembe
6. Elena Loewenthal presenta "L'idea messianica nell'ebraismo e altri saggi
sulla spiritualita' ebraica" di Gershom Scholem
7. Ermanno Paccagnini: L'edizione nazionale ed europea delle opere di
Alessandro Manzoni
8. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
9. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
10. L'Agenda dell'antimafia 2009
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. IN POCHE PAROLE. DAL PUNTO DI VISTA DELL'UMANITA'

1. Opporsi alla guerra e' il primo dovere di ogni essere umano. Opporsi ad
ogni uccisione, opporsi a tutte le uccisioni.
2. Non vi e' alcuna guerra difensiva: ogni guerra e' contro l'umanita',
consistendo nell'uccisione di esseri umani.
3. E' del tutto irragionevole che esseri umani uccidano altri esseri umani.
Ed e' del tutto immorale. Uccidere e' un crimine e una follia.
4. Il primo diritto di ogni essere umano e' il diritto di non essere ucciso.
5. Ergo: il primo dovere di ogni essere umano e' il dovere di non uccidere.
6. La storia della civilta' umana e' la storia dell'applicazione di questo
principio: non uccidere.
7. E' compito dell'umanita' prendersi cura della biosfera, difendere la vita
sul pianeta: la sua stessa vita, la vita degli altri organismi viventi, la
vita dell'intero sistema nel suo complesso.
8. Ogni strumento - utensile, tecnica, organizzazione, ideologia - che serve
ad uccidere e' nemico dell'umanita' ed in quanto tale la sua produzione,
diffusione ed uso va ripudiata.
9. La politica e' l'arte, la tecnica, del vivere insieme, in reciproco e
comune riconoscimento di diritti e dignita'.
10. Nonviolenza e' il nome della politica necessaria.

2. RIFLESSIONE. ALESSANDRA CARDINALE INTERVISTA HANAN ASHRAWI
[Dal quotidiano "Il Riformista" del 4 gennaio 2009 col titolo "Hanan
Ashrawi. Per Israele l'incursione si rivelera' un disastro" e il sommario
"Attacchi indiscriminati... Hanan Ashrawi, l'ex membro del Parlamento
palestinese sostiene che a Gaza un esercito regolare va incontro a ingenti
perdite e non ha possibilita' di vittoria. L'azione terrestre non fara' che
crescere il sostegno dei palestinesi per Hamas. Bush? Un irresponsabile"]

"Come va? Come vuole che vada. Molto male". Da Ramallah, in Cisgiordania,
Hanan Ashrawi, ex membro del Parlamento palestinese, fondatrice nel 1998
della organizzazione non governativa Miftah e grande amica di Edward Said
con cui per decenni ha lottato in difesa dei diritti del popolo palestinese,
risponde al telefono pochi minuti dopo la notizia diffusa da Radio Israel
secondo cui alcuni soldati israeliani si sarebbero infiltrati a Gaza City
per attaccare postazioni di Hamas che li avrebbe respinti. E anche da Al
Jazeera non giungono notizie confortanti: l'aviazione israeliana lancia
volantini sulla Striscia di Gaza in cui viene annunciato l'attacco di terra.
*
- Alessandra Cardinale: Dottoressa Ashrawi, l'attacco di terra da parte
degli israeliani e' imminente, cosa ne pensa?
- Hanan Ashrawi: La prima cosa da fare e' tenere i nervi ben saldi. Israele
ricorre spesso alla guerra psicologica ma al contempo la minaccia di un
attacco di terra non va sottovalutata. Sia ben chiaro, e questo gli
israeliani lo sanno molto bene, una guerra del genere porterebbe a una
situazione tragica. Prima di tutto per il popolo palestinese di Gaza che,
indebolito dai due anni di assedio, ora e' la vittima di questa guerra. Ma
l'incursione terrestre sarebbe un disastro anche per Israele che subirebbe
perdite enormi. Hamas resistera' fino alla fine e combattera' in modo
irregolare e non c'e' modo che un esercito convenzionale come quello
israeliano possa vincere.
*
- Alessandra Cardinale: Khaled Meshal, leader di Hamas in esilio, alcuni
giorni aveva dichiarato di essere disposto a firmare il cessate il fuoco.
Ieri ha annunciato che Hamas e' pronto a resistere all'invasione da parte
israeliana.
- Hanan Ashrawi: Certo. Qui in Palestina questa guerra e' percepita come una
guerra contro il popolo e la causa palestinese, non contro Hamas. Questo
perche' l'esercito israeliano a oggi ha ucciso 420 civili e ha ferito 2.900
palestinesi, tra queste migliaia di persone solo tre erano membri di Hamas.
Israele continua imperterrita a bombardare le case dei civili, le
istituzioni palestinesi presenti a Gaza ma chiaramente non riesce a colpire
il cuore dell'organizzazione di Hamas.
*
- Alessandra Cardinale: Israele da sempre si difende argomentando che i
membri di Hamas usano i civili per farsi scudo.
- Hanan Ashrawi: Questa e' una scusa. I guerriglieri di Hamas si nascondo in
tunnel sotterranei e l'intellighenzia israeliana lo sa benissimo e sa anche
quanto sia difficile intercettarli. Certo i tre membri di Hamas che
l'esercito israeliano ha ucciso si trovavano nelle rispettive case ma i
leader, e con questo intendo dire le menti di Hamas, l'ala militare, non e'
stata catturata dagli israeliani che avrebbero difficolta' a scovarli anche
nel caso invadessero Gaza.
*
- Alessandra Cardinale: Secondo lei Israele non corre il rischio di regalare
popolarita' ad Hamas, che in questi due anni stava perdendo consistentemente
l'appoggio della popolazione di Gaza?
- Hanan Ashrawi: Quando vengono uccisi civili palestinesi da parte degli
israeliani, il resto della Palestina scende in piazza. E' comprensibile,
quindi, che in questi casi Hamas goda di popolarita' perche' viene percepita
alla stregua degli abitanti di Gaza, vale a dire come la vittima. In genere,
quando la situazione torna a una relativa calma, i palestinesi ricominciano
a pensare politicamente. Le esigenze ora sono tre: la tregua, l'unita'
nazionale e la difesa dei palestinesi di Gaza.
*
- Alessandra Cardinale: Il sito israeliano Debkafile riferisce di una
telefonata tra Bush e Olmert nel corso della quale il presidente degli Stati
Uniti avrebbe dato il suo ok all'operazione israeliana e avrebbe inoltre
assicurato che gli americani porranno il veto alla risoluzione dell'Onu che
dovrebbe andare al voto lunedi' nel caso in cui fosse espressa una condanna
nei confronti di Israele. Ha fiducia nella nuova Amministrazione?
- Hanan Ashrawi: Si', perche' non puo' fare peggio di Bush che, con questa
dichiarazione, si conferma un irresponsabile. Per otto anni ha appoggiato,
senza se e senza ma, il Governo israeliano. Ci auguriamo tutti che
l'Amministrazione Obama sia in grado e, soprattutto, abbia la volonta' di
rianimare il processo di pace e, magari, di portarlo a compimento.

3. RIFLESSIONE. ERIC SALERNO INTERVISTA DAOUD KUTTAB
[Dal quotidiano "Il Messaggero" del 5 gennaio 2009 col titolo "Cosi' Israele
rivitalizza Hamas e colpisce gli arabi moderati"]

"Israele ha rivitalizzato Hamas. La leadership del movimento islamico a Gaza
stava perdendo consensi perche' non era capace di governare. Da un sondaggio
eseguito ai primi di dicembre risultava che il 29% della popolazione
approvava ancora la sua politica. Due settimane dopo, appena il 19%. Oggi,
invece, puo' contare sul 60% di sostegno popolare". Daoud Kuttab, noto
analista e commentatore palestinese (i suoi interventi sono pubblicati da
"New York Times", "Washington Post", da quotidiani israeliani e giordani)
ripete cio' che tutti, nella regione, sanno. "Non c'e' una soluzione
militare al conflitto israelo-palestinese".
*
- Eric Salerno: Dove, allora, ci porta questo ennesimo scontro?
- Daoud Kuttab: La gente di Sderot e di altre localita' israeliana soffriva.
Soffrivano i palestinesi di Gaza. Ma questa guerra non e' la soluzione al
problema. Non c'e' dubbio che Israele e' potente. Che le sue armate sono
piu' forti delle milizie di Hamas. Probabilmente vincera' sul piano
militare. Ma perde su quello politico. Basta dare un'occhiata in giro. Alle
proteste nella strada araba, alla gente di Gaza che e' chiusa nelle cantine
e, vi assicuro, da' la colpa di tutto a Israele, non ad Hamas. Le vittime
vere di questo scontro sono re Abdallah di Giordania, il presidente
palestinese Mahmoud Abbas, e quello egiziano Mubarak. Stanno perdendo
terreno i moderati. Quelli che credono in una soluzione politica del
conflitto.
*
- Eric Salerno: Perche' dice che Hamas non perdera'?
- Daoud Kuttab: Hamas puo' accettare di vedere i suoi combattenti morire,
puo' tenere in ostaggio la popolazione della Striscia. E lo stesso, va
detto, sembra valere per l'esercito israeliano. Al momento, e' soltanto
questione di mostrare i muscoli. Di apparire forti. I leader di Hamas
potrebbero morire, le loro armi potrebbero essere distrutte. Ma Hamas
rinascera' perche' e' un movimento ideologico. E il conflitto tra i nostri
popoli e' un fertilizzante per gli estremisti. Saranno sempre capaci di
trovare qualche giovane disposto a compiere un orrendo attacco suicida.
*
- Eric Salerno: Come vede il futuro prossimo?
- Daoud Kuttab: Sono anni che i palestinesi chiedono la presenza di una
forza internazionale per dividere i territori occupati da Israele. Due mesi
fa, Israele disse ancora una volta di no alla Nato. Forse, ora, accettera'
qualche osservatore. Ma non ne sono sicuro. E non so a cosa potrebbe
realmente servire. L'Olp non tornera' a Gaza sulle spalle dei carri armati
israeliani. Farlo significherebbe per Mahmoud Abbas il suicidio politico.
*
- Eric Salerno: Allora come pensa che si possa andare avanti?
- Daoud Kuttab: Hamas oggi non e' un partner politico per Israele, ma lo
poteva essere subito dopo il voto che ha portato il movimento al governo.
Israele e Bush hanno convinto la comunita' internazionale a non dialogare
con Hamas. Si puo' non dialogare con Hamas, ma soltanto se dal dialogo tra
Israele e l'Olp emerge la vera pace.
*
- Eric Salerno: Lei e' nato a Gerusalemme. Ha studiato negli Stati Uniti. La
sua vita e' stata dedicata alla causa del suo popolo. E' un moderato. E'
convinto ancora, dopo tanti anni, che il dialogo con Israele puo' condurre
alla pace? Sono sinceri gli israeliani, come Livni e Olmert?
- Daoud Kuttab: Non voglio rispondere per gli israeliani. Forse alcuni di
loro pensano di poter scegliere tra il negoziato e la continuazione del
conflitto. Io so, invece, che i palestinesi non hanno scelta. Per noi resta
soltanto la soluzione politica.

4. DOCUMENTAZIONE. ERIC SALERNO INTERVISTA NEMER HAMMAD
[Dal quotidiano "Il Messaggero" del 2 gennaio 2009 col titolo "La priorita'
e' bloccare il massacro"]

Nemer Hammad non e' ottimista. Al contrario. E cerca di guardare con la
freddezza "diplomatica" maturata in una vita trascorsa alla ricerca, prima a
fianco di Arafat, poi di Abu Mazen (Mahmoud Abbas), di una soluzione
negoziata al conflitto israelo-palestinese. Dopo aver rappresentato per anni
l'Anp in Italia, ha ora un ufficio a Ramallah dove l'abbiamo raggiunto. E'
il principale consigliere politico e diplomatico del presidente palestinese.
"Oggi, la nostra priorita', dice, e' di far fermare l'attacco israeliano che
sta provocando tante vittime civili".
*
- Eric Salerno: Come?
- Nemer Hammad: Abbas va a Parigi per due giorni. Parlera' con Sarkozy che
ha gia' visto il ministro degli Esteri israeliano Livni. Poi andra' alle
Nazioni Unite dove e' necessario concordare con gli altri paesi del
Consiglio di sicurezza una risoluzione sullo scontro in atto. Non deve
essere la solita richiesta per un cessate il fuoco. Bisogna andare oltre. La
risoluzione deve far riferimento alle precedenti risoluzioni sul conflitto
perche' va sottolineato che non ci sono stati progressi sostanziali del
negoziato con Israele. La comunita' internazionale si deve impegnare di
piu'.
*
- Eric Salerno: Eppure abbiamo sentito il premier Olmert affermare che "la
pace non e' mai stata cosi' vicina". Non e' cosi'?
- Nemer Hammad: Vicina come? Non ci sono stati veri progressi. Nemmeno una
riga e' stata scritta, mentre Israele continua a costruire il Muro e gli
insediamenti.
*
- Eric Salerno: I rapporti tra Abbas e Hamas, o meglio la frattura tra l'Anp
e il movimento islamico sono uno dei motivi dello scontro in atto. Ci sono
contatti, ora, tra voi e i capi di Hamas?
- Nemer Hammad: Contatti a livello alto, no. Abbiamo aperto alcuni canali
nel tentativo di riavviare il dialogo. Ci siamo rivolti anche ad alcuni
stati arabi che con il movimento islamico hanno buoni rapporti. Abbiamo
anche invitato rappresentanti di Hamas a Ramallah, ma non si sono fatti
vedere.
*
- Eric Salerno: La Siria e' sicuramente uno dei paesi sostenitori di Hamas.
Cosa sta facendo in questo momento?
- Nemer Hammad: Abbiamo sollecitato Damasco a mediare tra noi e loro. Per
aiutarci a riprendere il dialogo diretto interrotto da molti mesi.
Aspettiamo.
*
- Eric Salerno: E l'Iran? Soffia sul fuoco? Spingera' Hezbollah a
intervenire, dal Libano, in questa crisi con il rischio di un allargamento
del conflitto?
- Nemer Hammad: Nessuno puo' negare il ruolo dell'Iran, ma non credo che lo
scontro da Gaza andra' a finire sul confine settentrionale d'Israele. Ci
sono due blocchi nella regione. Uno di questi e' impegnato a trovare una
soluzione negoziata al conflitto con Israele. Purtroppo gli sforzi finora
non hanno prodotto risultati concreti. Abbiamo bisogno di una risoluzione
nuova e un negoziato serrato per arrivare alla fine dell'occupazione e la
creazione di uno stato palestinese.
*
- Eric Salerno: E l'altro blocco?
- Nemer Hammad: L'altro campo guarda ai risultati, o alla mancanza si
risultati, finora conseguenti da chi persegue la via del dialogo. E dice:
Israele non ha mostrato alcun interesse a porre fine all'occupazione.
Dunque, l'unica soluzione, l'unico modo per andare avanti e' la resistenza.
Con tutto cio' che la parola implica.
*
- Eric Salerno: Dopo tanti anni, tante sedute con i leader israeliani, cosa
pensa Abbas?
- Nemer Hammad: E' convinto che il dialogo possa ancora funzionare. Ma il
dialogo, insiste, non puo' essere fine a se stesso. Dobbiamo parlare per
arrivare, rapidamente a questo punto, alla fine dell'occupazione, alla fine
degli insediamenti e alla fine del Muro costruito non in Israele ma sul
territorio palestinese, in mezzo ai nostri villaggi, ai campi dei nostri
contadini.

5. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "POSTCOLONIALISMO" DI ACHILLE MBEMBE
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
Achille Mbembe, Postcolonialismo, Meltemi, Roma 2005]

Indice del volume
Introduzione: Tempo in movimento; Capitolo primo: Sul Commandement; Capitolo
secondo: Sul governo privato indiretto; Capitolo terzo: L'estetica della
volgarita'; Capitolo quarto: La Cosa e i suoi doppi; Capitolo quinto: Fuori
dal mondo; Capitolo sesto: Il fallo di dio; Conclusioni: La maniera finale;
Bibliografia; Indice analitico
*
Da pagina 10
Il lungo sonno dogmatico
Insomma, il continente africano e' l'immagine per eccellenza
dell'"estraneo", tanto nel discorso quotidiano quanto nelle narrazioni
accademiche - qualcosa di simile all'inaccessibile "Altro con la A
maiuscola" cui allude Jacques Lacan. In questo universo ai margini della
Terra, a quanto pare, la ragione e' sempre con le spalle al muro, e a quanto
pare l'ignoto vi celebra il suo trionfo. L'Africa, figura senza testa
minacciata dalla follia, quasi del tutto ignara di nozioni come centro,
gerarchia o stabilita', e' dipinta come una vasta grotta oscura in cui
qualunque confronto e distinzione si trasforma in totale confusione,
portando alla luce le profonde lacerazioni di una storia umana tragica e
infelice: qualcosa a meta' tra il semicreato e l'incompleto, pieno di strani
segni e movimenti convulsi - in breve, un abisso senza fondo in cui ogni
cosa e' clamore, che ti aspetta con le fauci aperte per inghiottirti e
riportarti al caos primordiale.
Ma dato che in principio niente di quanto l'Africa dice e' intraducibile in
una lingua umana, questa presunta inaccessibilita' non deve nascere dalla
difficolta' intrinseca dell'impresa: non e' causata da cio' che bisogna
udirvi e vedervi, ne' da cio' che vi e' nascosto. A causarla, e' il fatto
che non esiste praticamente alcun discorso autonomo sull'Africa: sin
dall'inizio del suo formarsi, nel suo linguaggio e nelle sue finalita' la
narrazione sull'Africa e' sempre un pretesto per parlare di qualcos'altro,
di qualche altro luogo, di qualche altro popolo. Per essere piu' precisi,
anzi, l'Africa e' la mediazione che da' modo all'Occidente di accedere al
proprio stesso subconscio e fornire un pubblico resoconto della sua
soggettivita' (cfr. Miller 1985). Di conseguenza, non c'e' alcun bisogno di
chiedersi quale sia lo statuto di tale discorso: nel migliore dei casi, ha a
che fare con l'autoinganno; nel peggiore, con la perversione.
*
Da pagina 28
Sin dall'inizio mi sono imbattuto in due difficolta'. Anzitutto ogni eta',
compresa la postcolonia, e' in realta' una combinazione di molte
temporalita' differenti. Nel caso della postcolonia, postulare l'esistenza
di un "prima" e un "dopo" la colonizzazione non bastava a risolvere il
problema del rapporto fra temporalita' e soggettivita', e non era
sufficiente neppure a mettere in questione il passaggio da uno stadio
(prima) all'altro (dopo), con l'ulteriore problema di transito che un simile
passaggio sollevava. E non e' tutto: quell'ipotesi non consentiva neppure di
rendersi conto del fatto che ogni eta' ha significazioni contraddittorie per
attori differenti. Bisognava insomma riuscire a sapere in che modo, per ogni
periodo di tempo, questa molteplicita' di temporalita' diverse doveva essere
re-inscritta non solo nella longue duree ma anche nelle singole durees
indigene. E dunque era necessario pensare allo statuto di un tempo
particolare: il tempo che si manifesta [emerging time].
Per riflettere adeguatamente su questo tempo che sta apparendo, sul tempo
che procede, era tuttavia necessario abbandonare tutti gli approcci
convenzionali: questi percepiscono infatti il tempo solo come una corrente,
che trascina con se' individui e societa' da uno sfondo lontano a un primo
piano piu' vicino, con il futuro che nasce necessariamente dal passato e
segue quel passato in se stesso irreversibile. Ecco, allora, la forma di
temporalita' piu' interessante in tale contesto: un tempo che potrebbe
essere chiamato tempo dell'esistenza e dell'esperienza, il tempo
dell'intrico. Non v'era pero' alcun modo di elaborare un'analisi plausibile
di questa temporalita' senza al contempo riaffermare, sin dall'inizio, tre
postulati. In primo luogo, questo tempo dell'esistenza africana non e' ne'
un tempo lineare ne' una semplice sequenza in cui ogni momento cancella,
annulla e prende il posto di quelli che lo hanno preceduto, cosicche'
all'interno della societa' esiste sempre un'unica eta'.
*
Da pagina 78
Oggi, all'inizio del XXI secolo, l'Africa ha innanzi a se' la possibilita'
di gettarsi nel nuovo secolo riuscendo a vincere la sfida della
produttivita' - cioe' volgendo a proprio vantaggio le condizioni che
determinano il suo rapporto con l'economia mondiale. Senza dubbio il
conflitto con il mercato mondiale non si risolvera' a vantaggio dell'Africa
se verra' negoziato, ancora una volta, nel quadro dei programmi di
adattamento strutturale; tali programmi si limitano per lo piu' a offrire ai
paesi africani un ritorno agli anni Sessanta del Novecento, quando le
strutture delle loro economie li avevano trasformati innanzitutto in
esportatori al netto di prodotti tropicali.
Con o senza creditori internazionali, insomma, l'Africa deve affrontare la
sfida della competitivita' delle proprie economie a livello mondiale. Ma
nell'economia attuale del pianeta questa sfida non puo' essere vinta senza
una crescita della produttivita' - vale a dire, in ultima analisi, senza
mettere in atto modi efficaci per creare ineguaglianza e organizzare
l'esclusione sociale. Tuttavia, come si e' visto con estrema chiarezza
durante il periodo coloniale, i rapporti tra violenza, produzione di
ineguaglianza e accumulazione sono straordinariamente complessi, e non
esistono legami causali necessari fra queste variabili. Quanto alla svolta
in direzione della democrazia, dipendera' dal modo in cui il dibattito
relativo alla legittimita' dell'esclusione sociale verra' storicamente
formulato - e a favore di quali forze sociali; se cosi' non fosse, infatti,
come sara' possibile legittimare e codificare istituzionalmente tale
esclusione? Non e' difficile cogliere la complessita' di un simile progetto,
soprattutto in contesti nei quali la redistribuzione ha costituito per lungo
tempo la suprema forma di mediazione politica e sociale e dove, oggi piu'
che mai, i problemi della poverta' stanno riaccendendo le lotte sociali su
scala ancora piu' ampia che in passato.
*
Da pagina 113
La democrazia come una possibilita'
Nell'analisi del fenomeno della guerra non si deve dimenticare che oggi la
distinzione fra uno stato di guerra e uno stato di pace e' sempre piu'
illusoria. In precedenza ho notato la comparsa di un modello di sfruttamento
fondato sulla privatizzazione della sovranita' e del capitale sotto forma di
rendita, estorsione e di un'economia fondata su concessioni. Ho sostenuto
piu' volte la sempre piu' frequente assenza di una qualunque distinzione fra
attivita' di estorsione da un lato, e dall'altro la "corruzione" o attivita'
simili alla guerra. Ora e' opportuno tornare ad affrontare il problema
essenziale della fiscalita' e del suo rapporto con l'altro modello di
dominio noto come democrazia.
*
Da pagina 201
Fuori dal mondo
"E' ancora vivo quell'uomo, o e' morto?" (Tutuola 1952, p. 12)
In questo capitolo prendero' in esame la fenomenologia della violenza; o
meglio, per essere piu' precisi, formulero' alcune riflessioni su quello
stato di deprivazione o apparente non attualita' che viene chiamato morte.
Nel concentrare la mia attenzione sulla violenza della morte intendo
analizzare tutte le forme in cui si realizza, e il modo in cui abbraccia
ogni sostanza esistente - al punto da penetrare ovunque: alla morte non
sfugge praticamente nulla, poiche' in larga misura e' divenuta il normale
stato delle cose.
Quando penso alla violenza della morte, ho in mente l'Africa contemporanea.
E non perche' l'Africa sia, piu' di qualunque altro luogo, una terra di
morte e frenesia incontrollata in cui tutto - o quasi tutto - va a finire
male - anche se a volte e' effettivamente cosi'; in realta' ho in mente
l'Africa contemporanea perche' nel discorso moderno e contemporaneo si
manifesta come quella notte inconsapevole confinata ai recessi della realta'
di cui Hegel disse che non giunge alla distinzione in lei, ne' alla
chiarezza del sapere per se stesso (Hegel 1807, p. 418).
Non intendo tornare sulla problematica del continente come "invenzione", dal
momento che la storia di quell'immaginario e' bene attestata e ne sono state
messe a nudo tutte le origini (Mudimbe 1988; 1994). Mi interessano piuttosto
due questioni - in realta' due facce di una stessa medaglia: da un lato vi
e' il pesante arbitrio commesso da chi rapisce al mondo e mette a morte cio'
che ha precedentemente decretato essere nulla, una figura vuota; dall'altro
vi e' il modo in cui il soggetto negato, esautorato, sospinto lontano,
altrove, oltre il mondo dell'esistente assume su di se' l'atto della propria
distruzione e prolunga la propria crocifissione.
*
Da pagina 232
Dopo la colonia
In che modo si ha il passaggio dalla colonia a "quello che viene dopo"?
Quali sono le differenze - e se ci sono, di che tipo - tra quel che avvenne
nella colonia e "quello che viene dopo"? E' davvero tutto chiamato
nuovamente in causa, tutto e' veramente sospeso, veramente tutto ricomincia
da capo, al punto di potersi dire che chi era precedentemente colonizzato
rientra in possesso dell'esistenza, prendendo le distanze dalla precedente
condizione? Questo e' un falso interrogativo, ma da' luogo a interrogativi
non solo in merito alla natura specifica del periodo attuale, ma circa la
possibilita' stessa di cambiare il tempo. Poiche' tuttavia non e' realmente
possibile cambiare il tempo, dobbiamo collocarci saldamente in uno spazio
diverso per descrivere la nostra epoca - l'epoca e lo spazio della vita
grezza, naturale [raw life]. L'eta' della vita naturale come spazio
alternativo ha alcune proprieta', che prenderemo brevemente in esame.
Innanzitutto e' luogo e tempo di mezza-morte, o, se si preferisce, di
mezza-vita. E' un luogo in cui la vita e la morte sono talmente intrecciate
da non potersi distinguere, ne' si puo' dire se una cosa abbia oltrepassato
la linea d'ombra o si trovi invece al di qua di essa: "E' ancora vivo
quell'uomo, o e' morto?" (Tutuola 1952, p. 12}.
Di che morte si muore "dopo la colonia"? "Sono talmente tante le morti, che
non si sa piu' di quale morire" (Labou Tansi 1981a, p. 44). Ma non sono
numerosi solamente i tipi di morte. Lo sono anche i modi di morire. C'e' la
morte a seguito di un incidente, o di breve o lunga malattia, in un letto di
ospedale. C'e' la morte per avvelenamento o per infarto. Ci sono il
suicidio, il proiettile nel collo. Si muore nella vasca, fulminati. C'e' la
morte pubblica, cerimoniale, richiesta a furor di popolo: "Mi trovavo a Camp
Boiro (...). Due settimane dopo il mio arresto una folla di donne pote'
avvicinarsi tanto alla nostra morte da urlarci: 'Morte ai traditori,
appendeteli per le palle'. Dopo pochi giorni, la donna che era stata alla
testa di quella moltitudine era divenuta una di noi, la testa rasata a zero"
(Sassine 1985, pp. 182-186}. Il "cittadino" viene legato a un palo, prossimo
all'esecuzione. Il plotone e' pronto. "Esprima le sue ultime volonta'", dice
il soldato. "Non ne ho alcuna", giunge la replica. La condanna viene
eseguita, un proiettile in mezzo agli occhi...

6. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "L'IDEA MESSIANICA NELL'EBRAISMO E ALTRI
SAGGI SULLA SPIRITUALITA' EBRAICA" DI GERSHOM SCHOLEM
[Dal supplemento librario "Tuttolibri" del quotidian "La stampa" del 27
dicembre 2008 col titolo "Quelli che sanno attendere"]

"C'e' qualcosa di grandioso nel vivere nella speranza, ma allo stesso tempo
c'e' in esso qualcosa di profondamente irreale", scrive Gershom Scholem in
un saggio contenuto nella raccolta L'idea messianica nell'ebraismo e altri
saggi sulla spiritualita' ebraica (a cura di Roberto Donatoni ed Elisabetta
Zevi, con una nota di Saverio Campanini, per Adelphi, pp. 389, euro 34).
Nella sua discrezione, nella sua consuetudine a una saggia modestia, ha un
che di grandioso - e non meno ispirato dalla speranza - anche la biografia
del rabbino Dario Disegni (1878-1967). A lungo guida religiosa della
comunita' ebraica di Torino, il rabbino Disegni raccolse la difficile
eredita' della guerra e dello sterminio. Tocco' a lui, nel 1945, contare le
assenze e i silenzi, primo fra tutti quello della primogenita Annetta e
della piccola Sissel. Al rabbino Disegni e' dedicata una mostra documentaria
che restera' aperta sino a fine gennaio, nelle sale della comunita'
torinese. E che attraverso documenti, fotografie, notizie, attesta non solo
la statura spirituale di un protagonista dell'ebraismo italiano, ma anche
l'impronta da lui lasciata nella citta'. Il catalogo a cura di Alberto
Cavaglion, Lucetta Levi Momigliano, Isabella Massabo' Ricci segue questo
itinerario di vita e di studi, che culmina in una fondamentale traduzione
italiana della Bibbia ebraica, a cui rav Disegni lavoro' fra il 1960 e il
1967.
In fondo, tradurre il testo sacro e' anche un atto di speranza:
nell'incontro fra lingue, culture, identita' diverse. E la speranza e' anche
l'Alef della redenzione: quella lettera che non ha suono ma e'
indispensabile per predisporre la voce, il pensiero, alla parola. Tale e' il
filo conduttore dei saggi di Scholem: la speranza come spirito fondativo,
l'attesa come principio identitario.
L'idea messianica, infatti, e' lo spartiacque fondamentale fra ebraismo e
cristianesimo. Frontiera ma anche linea che separa. E' interessante il
paradosso che questa distanza attesta: "L'atteggiamento verso il messianismo
e' determinato da un concetto di redenzione del tutto differente...
L'ebraismo ha sempre affermato un concetto di redenzione che si manifesta
pubblicamente sulla scena della storia", mentre "il cristianesimo concepisce
la redenzione come un evento che appartiene al regno spirituale e
invisibile".
Redenzione eclatante, dunque, attesa da una minoranza volente o nolente
"umbratile", e redenzione esoterica da parte di una maggioranza dominante.
Scholem offre ancora pagine illuminanti sul rapporto fra il tempo e la
speranza, che non e' necessariamente rivolta al futuro, ma sa guardare anche
al passato.

7. LIBRI. ERMANNO PACCAGNINI: L'EDIZIONE NAZIONALE ED EUROPEA DELLE OPERE DI
ALESSANDRO MANZONI
[Dal mensile "Letture", n. 576, aprile 2001, col titolo "Il periplo di
Manzoni in 36 volumi" e il sommario "Il Centro di Studi manzoniani ha
pubblicato i primi titoli della monumentale edizione nazionale ed europea
delle opere. Vengono cosi' alla luce lo scrittore e l'uomo, con tutti i suoi
rapporti, Verdi compreso"]

Il progetto - editare un "Tutto Manzoni" - e' davvero di quelli monumentali;
tanto piu' che la scommessa del Centro nazionale Studi manzoniani,
presieduto da Giancarlo Vigorelli e diretto da Gianmarco Gaspari, e' di
realizzare l'impresa in tempi strettissimi, puntando sull'apparizione di
cinque-sei volumi all'anno, senza abdicare alla qualita' (anche tipografica)
dell'offerta. Un progetto davvero in grande stile se si considera che il
tutto e' poi affiancato dalla prosecuzione degli "Annali Manzoniani" e
soprattutto dai Quaderni dell'Edizione Nazionale ed Europea: ovvero la
riproposta - in anastatica e, se in lingua straniera, con traduzione - di
quei testi che Manzoni leggeva, discuteva e postillava come nel caso delle
Lettere a Malthus su vari argomenti d'economia politica di Jean-Baptiste Say
(a cura di Gavino Manca) o di testi strettamente legati a Manzoni (tra gli
annunciati vedo ad esempio le Lettere della madre Giulia Beccaria). Proposta
non di poco conto, quest'ultima, se si pensa al gran numero di annotazioni
di cui lo ha disseminato Manzoni: annotazioni che troveranno posto in sette
volumi della sezione Postille di lettura, suddivisi per generi (Filosofia;
Storia, Economia e Botanica; Testi di lingua e Dizionari e Vocabolari vari)
e nei quali amerei veder registrate non solo le espressioni manzoniane, ma
anche i rinvii ai segni di richiamo che disseminava sui margini: da
sottolineature a disegni di manine con dito indice indicatore, orecchie alle
pagine (chi e' solito affacciarsi su quelle pagine, ne conosce assai bene
l'eloquente significato).
*
Dai manoscritti alla stampa
Ma si diceva del Tutto Manzoni: previsto in 35 volumi (alcuni in piu' tomi),
chiusi da un trentaseiesimo intitolato Album della vita e delle opere di
Manzoni. Non si tratta invero di edizioni critiche: cio' che per Manzoni
ipercorrettore di se stesso, non solo sui manoscritti ma addirittura in sede
di stampa, con fogli sostituiti mentre il tipografo era al lavoro - di qui
le differenze testuali tra i molti esemplari in commercio d'una stessa
opera, Promessi sposi compresi -, comporterebbe un lavoro immane da farsi
singolarmente, slegato da cadenze di edizioni nazionali ed europee come la
presente. Si tratta piuttosto di fornire edizioni di scritti manzoniani
affidabili, ricontrollati e sui manoscritti e sul maggior numero possibile
di esemplari a stampa, tanto piu' che anche la vecchia edizione delle
Opere - la cosiddetta Chiari-Ghisalberti - pecca in non pochi punti (e
talora non di poco...).
Di questo nuovo Tutto Manzoni il lettore ha oggi a disposizione sei volumi
(pari a sette tomi), e precisamente: il 14 (a cura di Folco Portinari e
Silvia de Laude): Del romanzo storico (con, in appendice, a cura di Fabio
Danelon, una serie di interventi d'epoca sul problema di questo tipo di
narrativa); il 15 (a cura di Luca Danzi e Giovanni Bognetti): La Rivoluzione
francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859, seguito dal breve
scritto Dell'indipendenza italiana; i tre tomi dei volumi 17-18 (a cura di
Maurizio Vitale e Angelo Stella) contenenti gli Scritti linguistici inediti,
e il 19 (a cura degli stessi) con gli Scritti linguistici editi; il 27 (a
cura di Irene Botta): Carteggio Manzoni-Fauriel. Ciascuno di essi e' dotato
di una introduzione o premessa solitamente affidata a un manzonista di fama:
Giovanni Macchia per il Romanzo storico; Ezio Raimondi per il Carteggio;
Giovanni Nencioni per gli Scritti linguistici (non senza qualche eccezione:
come Sergio Romano per la Rivoluzione francese), d'una bibliografia di
riferimento per le citazioni manzoniane, di nota al testo, indice dei nomi e
indice delle illustrazioni; arricchiti a volte da documenti di contorno e,
nel caso dell'opera dedicata alla Rivoluzione francese, da una cronologia e
anche da una appendice con altra redazione della stessa, mentre sono fonti e
testimonianze e un indice dei manoscritti a completare il Carteggio
Manzoni-Fauriel.
*
Carteggi letterari e familiari
E proprio la sezione dei Carteggi - oltre al citato, ne sono previsti alcuni
specifici come quello tra Manzoni e Rosmini (28) e altri con piu'
corrispondenti, suddivisi tra Carteggi letterari (il volume 29: qui, per
fare un esempio-omaggio all'anniversario del musicista di Busseto, dovrebbe
trovar posto la lettera di raccomandazione del Manzoni al Giusti, il suo
"Caro Geppino", a favore di Verdi, che vorrebbe conoscere il poeta toscano e
che porta con se' la missiva a Firenze per la rappresentazione del Macbeth
del 1847: il tutto senza che Manzoni e Verdi si siano ancora incontrati);
Carteggi familiari (i volumi 30-32) e Carteggi diversi (33-34: dove invece
dovrebbero trovar posto, per richiamare sempre l'esempio verdiano, quei
tanti bigliettini di auguri che Manzoni prese a inviare a Verdi dopo la loro
diretta conoscenza del 30 giugno 1868) -; proprio tale sezione, dicevo, mi
pare possa proporsi unitamente a quella delle Postille come uno degli
aspetti piu' interessanti della nuova edizione: soprattutto se si
presenteranno con la ricchezza di annotazioni e informazioni del volume gia'
edito e ottimamente curato dalla Botta.
Del pari e' indubbio che, sempre tra gli editi, un aspetto di rilievo
assumano i quattro tomi degli scritti linguistici, e in particolare dei tre
dedicati agli scritti inediti. Qui i curatori fanno confluire un'esperienza
e confidenza con tale campo che data da vari decenni ed e' gia' esplicitata
in diverse edizioni da essi curate di scritti linguistici di Manzoni. La
riorganizzazione del materiale ha comportato cosi' la riunione sotto il
medesimo campo di tutti gli interventi manzoniani attinenti al problema,
siano essi espressi in foglietti, schede, citazioni o anche lettere (le
richieste alla fiorentina Emilia Luti su taluni modi di dire toscani e le
risposte di lei, ad esempio), cosi' come la disposizione in progress della
riflessione dello scrittore, che ad esempio nel caso del saggio Della lingua
italiana e' possibile seguire attraverso le varie e sempre piu' corpose
redazioni. Una riflessione che va ben oltre il semplice campo estetico:
perche' l'officina linguistica manzoniana ha sempre presente l'universo
etico. Al di la' di moralismi di sorta che possono affacciarsi all'impiego
di talune parole; e attenta invece a una lingua d'uso e comunicativa. Mai
pero' da utilizzarsi gratuitamente e semmai con cura assoluta alle singole
parole e alle minime sfumature. Per un impiego, appunto, etico della lingua:
nel senso piu' profondo.

8. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e
15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

9. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonvio
lenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per
descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per
raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza
dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti
dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato
una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che
ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

10. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 692 del 6 gennaio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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