Minime. 679



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 679 del 24 dicembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Jane Barry e Jelena Dordevic: Comincia cosi'
2. A Nepi per la pace
3. Giuseppe D'Avanzo: Le parole di Dossetti
4. Alberto Luchetti: Wilfred R. Bion
5. Valentino Parlato ricorda Carlo Caracciolo
6. Ermanno Rea ricorda Carlo Caracciolo
7. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta"
8. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
9. L'Agenda dell'antimafia 2009
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. JANE BARRY E JELENA DORDEVIC: COMINCIA COSI'
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento.
Jane Barry e Jelena Dordevic sono impegnate nell'Urgent Action Fund for
Women's Human Rights]

Ecco come comincia. Da qualche parte nel mondo, diciamo in Sri Lanka, una
donna si sveglia. Resta distesa a guardare l'alba che si fa strada fra tende
gialle. Come ogni mattina, da cinque anni, organizza mentalmente la propria
giornata: preparare la colazione, pulire la casa, dar da mangiare ai polli.
Poi, come ogni mattina da cinque anni, chiude gli occhi e ricorda. Sono solo
lampi, all'inizio, immagini di piccole mani rugose che si aggrappano a lei,
il profumo delle sue prime scarpette. Poi vanno piu' veloci: l'uniforme
della scuola e il suo primo amore mischiati a ginocchia sbucciate e
fiammanti occhi nocciola. E le domande sorgono, come sempre: avra' freddo?
Sara' solo? E' vivo?
E cosa significa "scomparso", ad ogni modo? E' un imbroglio. Non sai dire se
e' l'uno o l'altro, se significa ossa sparpagliate in una valle o un colpo
alla porta e il suo sorriso, il suo respiro sulla tua guancia. Basta cosi',
pensa la donna. E' ora di alzarsi.
E come ogni giorno da cinque anni ripete i movimenti della mattina, prende
tempo, finche' qualcosa accade. Ascolta le notizie e sente sempre la stessa
storia anche se il giorno e' diverso. Combattimenti a Jaffna. Famiglie
disperse dallo tsunami che ancora si aggrappano alla speranza. Chiude la
radio o la tv, si veste, va a quell'unica stanza malmessa che si chiama
"Centro comunitario". Ci va ogni giorno per incontrare le sue amiche, altre
madri sedute ad aspettare che i loro figli ritornino. Legate insieme in un
limbo. La donna beve te' e si guarda intorno. La stessa cosa, ogni giorno. E
di colpo, le chiacchiere attorno a lei svaniscono, ed e' sola con un unico
pensiero. E' caldo, e' dolce e forte. Comincia a battere come un cuore.
Basta. Basta aspettare. E' ora.
Si gira verso le sue amiche e le vede in modo differente. Vede ogni cosa in
modo differente. C'e' una risposta. Possiamo fare qualcosa. Possiamo alzarci
e chiedere cos'' accaduto. Possiamo sconfiggere la paura, gli orrori che la
guerra ci porta, che i nostri stessi leader ci portano.
Possiamo chieder conto ai responsabili. Chiedere risposte, finalmente. Dove
sono i figli che ci avete tolto? E se non ce lo diranno, andremo a cercarli
noi stesse. Andremo a parlare con le altre madri. Per scoprire la verita'.
Con la solidarieta' trasformeremo il dolore e l'oltraggio.
Comincia cosi'.

2. INCONTRI. A NEPI PER LA PACE
[Dal Comitato "Nepi per la pace" (per contatti:
info at comitatonepiperlapace.it) riceviamo e diffondiamo il seguente
comunicato dal titolo completo "Grande successo a Nepi della VI edizione del
concerto per la pace e l'amicizia tra i popoli"]

Si e' svolto domenica 21 dicembre 2008 a Nepi (Vt), nella bella chiesa di
San Tolomeo del convento dei servi di Maria, il concerto "Natale festa di
pace", un concerto per celebrare la pace e l'amicizia tra i popoli. Il
concerto, arrivato ormai alla sua sesta edizione, e' una tra le piu'
importanti e ormai tradizionali iniziative del comitato "Nepi per la pace" e
s'inserisce nel programma delle attivita' del comitato tese alla diffusione
della cultura della pace, della solidarieta' e della giustizia.
Circa trecento persone hanno preso parte a questa manifestazione: presenti
tra gli altri il sindaco di Nepi, il sindaco e il vicesindaco di Castel
Sant'Elia, il professor Osvaldo Ercoli.
Il concerto di musica lirica ha visto la straordinaria esibizione del
giovane tenore nepesino Roberto Cresca, di Laura Celletti, soprano, e Paola
Roncolato mezzosoprano, accompagnati al pianoforte dal maestro Giovanni
Valle. I giovani cantanti hanno interpretato celebri e bellissime arie
tratte dal repertorio operistico italiano e internazionale e brani della
tradizione popolare natalizia e napoletana. Grande apprezzamento per
l'altissima qualita' dell'esecuzione, hanno ricevuto anche i brani
strumentali eseguiti dal fisarmonicista Daniele Ingiosi e da Giovanni Valle,
brani composti da Astor Piazzola e tratti dal Cd Tangos; un Cd raffinato e
di grande emozione posto in vendita per costituire un fondo di aiuto per lo
studio di giovani artisti. Il pubblico, attento, partecipe e commosso, ha
apprezzato e sottolineato con prolungati applausi e richiesta di bis la
bellissima esibizione.
Il concerto e' stato presentato dal bravissimo Giorgio Rischia, ormai noto
artista del teatro amatoriale, che si e' alternato a Leopoldo Alimelli,
altro conosciuto ed apprezzato artista  nepesino, figura storica del mondo
teatrale viterbese e maestro di Roberto Cresca e di tanti altri giovani che
proprio grazie al suo straordinario amore ed infaticabile impegno per il
teatro e le arti hanno avuto l'opportunita' di scoprire e far crescere la
propria vocazione artistica.
Monsignor Dante Bernini, presidente emerito di Pax Christi International, ha
regalato ancora una volta una intensa e profonda riflessione sul tema della
pace; illustrando alcune immagini pittoriche di grande fascino, ha ricordato
come la bellezza, le arti, la musica e la poesia possano essere strumento di
salvezza del mondo in quanto elevano la persona e sono capaci di conferirgli
uno sguardo d'insieme e quindi di condivisione e solidarieta', mentre la
guerra altro non e' che la negazione di tutto questo, con immane distruzione
e sofferenza. Ha confidato inoltre di nutrire grande speranza nel dialogo
tra le religioni, che pian piano si fa sempre piu' forte, ed ha richiamato
l'attenzione sull'attuale gravissima crisi economica che sta aumentando in
tutto il mondo il numero dei poveri; una guerra silenziosa che toglie i piu'
elementari diritti alle persone. Le parole di monsignor Bernini sono state
seguite con grande attenzione ed emozione insieme alla gioia e all'affetto
per la sua presenza.
Al termine del concerto nella cripta del Sangallo, sotto il complesso del
convento, si e' svolta una cena di solidarieta' ed amicizia; i partecipanti
hanno potuto anche acquistare per i loro regali natalizi prodotti del
commercio equo e solidale, dell'Unicef e dell'associazione Liberagora' di
Nepi (prodotti agroalimentari provenienti dalle colture delle terre
confiscate alla mafia e gestite dall'associazione Libera di don Luigi
Ciotti).
Una bellissima serata in cui l'amicizia, la solidarieta' e la musica,
linguaggio universale tra i popoli, hanno dato concretezza alle parole Pace
e Natale.
Una serata realizzata grazie alla dedizione e all'impegno di tanti cittadini
di Nepi e dei soci del comitato, ai quali va come sempre un sentito e
fraterno ringraziamento.

3. RIFLESSIONE. GIUSEPPE D'AVANZO: LE PAROLE DI DOSSETTI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 22 dicembre 2008 col titolo "Il silenzio
delle sentinelle"]

Dovremmo aver imparato in questi quindici anni che, nonostante l'abitudine
alla menzogna, Berlusconi non nasconde mai i suoi appetiti. Il sermone di
fine anno ci ricorda che la sua bulimia non conosce argini.
Vuole il presidenzialismo come il compimento della sua biografia personale.
Non si accontenta di avere in pugno due poteri su tre. Dopo aver asservito
il Parlamento al governo, pretende ora che evapori l'autonomia della
magistratura. Dice che la riforma della giustizia e' pronta e sara'
battezzata al primo Consiglio dei ministri del 2009. Anticipa quel che ci
sara' scritto: i pubblici ministeri se le scordino le indagini. Diventeranno
lavoro esclusivo delle polizie subalterne al ministro dell'Interno, quindi
affar suo che governa in nome del popolo. I pubblici ministeri, ammonisce,
diventeranno soltanto "avvocati dell'accusa". Andranno in aula "con il
cappello in mano" davanti al giudice a rappresentare come notai, o come
burocrati piu' o meno sapienti, le ragioni del poliziotto. Dunque, del
governo. Con un colpo solo, si liquidano l'eguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge (art. 3 della Costituzione, "Tutti i cittadini sono eguali
davanti alla legge"); l'indipendenza della magistratura (art. 104, "La
magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro
potere"); l'unicita' dell'ordine giudiziario (art. 107, "I magistrati si
distinguono fra loro soltanto per diversita' di funzioni");
l'obbligatorieta' dell'azione penale (art. 112, "Il pubblico ministero ha
l'obbligo di esercitare l'azione penale"); la dipendenza della polizia
giudiziaria dal pm (art. 109, "L'autorita' giudiziaria dispone direttamente
della polizia giudiziaria").
Soltanto un effetto autoinibitorio puo' impedire di udire, nelle "novita'"
di Berlusconi, una vibrazione conosciuta e cupissima. Anche a rischio di
indispettire il suo alleato decisivo (Bossi), il mago di Arcore rimuove -
per il momento - il federalismo dalle priorita' del 2009 per rilanciare il
castigo delle toghe e la nascita della repubblica presidenziale. Sara' un
gaffeur o un arrogante, sara' per ingenuita' o per superbia, Berlusconi
propone la necessita' di una riforma costituzionale con le stesse parole - e
per le stesse ragioni - di Licio Gelli. Se non lo si ricorda, davvero "le
memorie deperiscono e i fatti fluttuano", come ripete nel deserto Franco
Cordero. Appena il 4 dicembre il "maestro venerabile" della P2, intervistato
da Klaus Davi, ha detto: "Nel mio piano di rinascita prevedevo la creazione
di una repubblica presidenziale, perche' da' piu' responsabilita' e potere a
chi guida il Paese, cosa che nella repubblica parlamentare manca".
Berlusconi, 20 dicembre: "Sono convinto che il presidenzialismo sia la
formula costituzionale che puo' portare al migliore risultato per il governo
del paese. L'architettura attuale non permette di prendere decisioni
tempestive e non da' poteri al premier".
Fa venire freddo alle ossa il farfuglio dell'opposizione di fronte a questo
funesto programma da realizzare presto (si annotano soltanto parole che
dicono d'altro). E' un silenzio che lascia temere o lo stato confusionale di
opposizioni ormai assuefatte al peggio o un'altra letale tentazione di
quella commedia bicamerale che, senza sfiorare il conflitto di interessi,
concesse al mago di Arcore l'impero mediatico e, in nome del primato della
politica sulla giustizia, la vendetta sulla magistratura. Dio non voglia
che, con il prepotente ritorno al proscenio di qualche campione di quel
tempo, la stagione si rinnovi. In una giornata di sconcerto, sono cosi' un
balsamo le parole di Giuseppe Dossetti, padre della Costituzione e dello
Stato poi fattosi monaco (le ha ricordate ieri Filippo Ceccarelli). Vale la
pena tornarci ancora su.
In memoria del suo grande amico Giuseppe Lazzati, e in coincidenza della
prima vittoria delle destre, Dossetti pronuncia un discorso famoso. Il
titolo lo ricava da un salmo di Isaia (21, 11) "Sentinella, quanto resta
della notte?". In quei giorni del 1994, egli vede affiorare un male
diagnosticato con molti anni di anticipo: la supremazia di una concezione
individualistica, in cui il diritto costituzionale regredisce a diritto
commerciale (il primato del contratto, l'eclissi del patto di fedelta'); il
dissolversi di ogni legame comunitario, mascherato dietro l'appello al
"federalismo" (il "politico" diventa pura contrattazione economica); il
rifiuto esplicito di una responsabilita' collettiva in ordine alla
promozione del bene comune (la comunita' e' fratturata sotto un martello che
la sbriciola in componenti sempre piu' piccole sino alla riduzione al
singolo individuo). Non si puo' sperare, dice Dossetti e parla ai cattolici,
che si possa uscire dalla "nostra notte" "rinunziando a un giudizio severo
nei confronti dell'attuale governo in cambio di un atteggiamento rispettoso
verso la Chiesa o di una qualche concessione accattivante in questo o quel
campo (la politica familiare, la politica scolastica)".
Dossetti non nega la necessita' di cambiamenti. Elenca: riforma della
pubblica amministrazione; contrasto alle degenerazioni dello Stato sociale;
lotta alla criminalita' organizzata; valorizzazione della piccola e media
imprenditoria; riforma del bicameralismo; promozione delle autonomie locali.
Teme pero' riforme costituzionali ispirate da uno "spirito di sopraffazione
e di rapina". "C'e' - avverte - una soglia che deve essere rispettata in
modo assoluto. Questa soglia sarebbe oltrepassata da ogni modificazione che
si volesse apportare ai diritti inviolabili civili, politici, sociali
previsti dalla Costituzione. E cosi' va pure ripetuto per una qualunque
soluzione che intaccasse il principio della divisione e dell'equilibrio dei
poteri fondamentali, legislativo, esecutivo e giudiziario, cioe' per
l'avvio, che potrebbe essere irreversibile, di un potenziamento
dell'esecutivo ai danni del legislativo ancorche' fosse realizzato
attraverso referendum che potrebbero trasformarsi in forma di plebiscito". I
referendum, segnati da "una forte emotivita' imperniata su una figura di
grande seduttore", possono trasformarsi infatti "da legittimo mezzo di
democrazia diretta in un consenso artefatto e irrazionale che appunto da'
luogo a una forma non piu' referendaria ma plebiscitaria". Il "padre
costituente" denuncia senza sofismi quel che vede dietro la "trasformazione
di una grande casa economico-finanziaria in Signoria politica". Vede la
nascita, "attraverso la manipolazione mediatica dell'opinione", di "un
principato piu' o meno illuminato, con coreografia medicea". Dossetti chiede
allora ai cristiani di "riconoscere la notte per notte" e di opporre "un
rifiuto cristiano" ritenendo che "non ci sia possibilita' per le coscienze
cristiane di nessuna trattativa".
Nessuna trattativa. Per trovare queste parole che aiutano a sperare ancora
in una via diurna, si deve ricordare Dossetti. Dove sono le "sentinelle" a
cui si puo' chiedere oggi: "Quanto resta della notte"?

4. PROFILI. ALBERTO LUCHETTI: WILFRED R. BION
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 31 gennaio 2008, col titolo "La realta'
passa dal sogno" e il sommario "Da oggi a Roma un convegno internazionale
ripercorrera' le tappe fondamentali del pensiero di Wilfred Bion. Durante la
seconda guerra mondiale, l'osservazione terapeutica dei militari lo porto' a
estendere la psicoanalisi ai gruppi, di cui studio' le dinamiche consce e
inconsce"]

Circa nove mesi prima di morire, in esilio a Londra dove era andato per
scampare ai nazisti, Freud rivendico' con decisione la sua "scoperta di
alcuni fatti nuovi e importanti sull'inconscio e sul ruolo delle spinte
istintuali nella vita psichica", denunciando la "resistenza forte e
accanita" che la sua teoria aveva incontrato e poi parzialmente superato nei
suoi ultimi sviluppi. Parlando nel corso di una intervista alla Bbc,
aggiungeva pero' che "la lotta non e' ancora finita". Circa quarant'anni
dopo, poco prima di morire a Oxford, l'8 novembre del 1979, Wilfred Ruprecht
Bion - uno fra i piu' grandi continuatori del pensiero freudiano e tra i
piu' significativi innovatori della teoria psicoanalitica - si trovo' a
scrivere piu' o meno la stessa frase: "La guerra non e' ancora terminata".
Si riferiva alla rivoluzione freudiana, e ammonendo sulle sue possibili
involuzioni dichiarava cio' che temeva: "il rivoluzionario diventa
rispettabile".
*
La verita' intollerabile
Uno dei punti che accomuna il pensiero di Freud a quello di Bion e' il fatto
che i loro scritti si riferiscono non tanto a situazioni contingenti quanto
a una dinamica che e' sempre presente nel rapporto del soggetto con
l'inconscio e con la propria verita'. Ma mentre Freud poneva l'accento piu'
sulla dialettica intrapsichica, ossia su cio' che essendo stato rimosso
tende a fare ritorno nella coscienza in formazioni di compromesso e sotto
forma di sintomi, Bion estese le sue osservazioni dall'individuo al gruppo,
e piu' genericamente al campo sociale, investendo con la sua teoria i
problemi nati dal conflitto tra le idee rivoluzionarie e l'autorita'
tradizionale. Tanto Shakespeare quanto i Vedanta indiani, la filosofia greca
e il Rinascimento italiano tornano utili al suo pensiero, per il quale la
"saggezza" si smarrisce, eppure sopravvive carsicamente irrompendo dove e
quando meno ce lo si aspetta, sempre grazie a un "virulento tumulto
emotivo".
La verita', per Bion, e' di per se' intollerabile; di piu', puo' condurre a
sviluppi catastrofici, tanto che per sopportarla e' necessario trasformarla
e percio' falsificarla. "L'unico pensiero vero - scrive - e' quello che non
ha mai trovato un individuo che lo 'contenga'" e "la falsita' e' la
caratteristica del pensiero all'interno di un individuo", anche se ognuno
ospita dentro di se' livelli diversi di questa falsita'. Tutta la lunga
ricerca teorica e clinica di Bion ruota intorno alla dialettica fra il
pensiero e il soggetto che lo pensa, e per illustrarla egli fini' col
chiamare in causa il rapporto intrinsecamente conflittuale fra il mistico (o
il genio), Dio, l'idea messianica, il gruppo e l'istituzione, un conflitto
che riteneva trasferibile dal contesto religioso a quello psicoanalitico, e
comunque al rapporto di ogni vero pensiero con la persona in cui si origina.
Se la figura del mistico e quella del genio sono essenziali all'istituzione
proprio perche' si oppongono alle sue spinte conformistiche stimolandone il
cambiamento, d'altra parte l'istituzione e' altrettanto essenziale al
mistico per contenerne le spinte disgreganti e per mitigare il rischio che
si trasformi in un idolo.
Fin dagli esordi di quella che sarebbe stata una lunga e appassionante
ricerca, Bion parti' dallo studio dei gruppi. Era nato l'8 settembre del
1897 in India da funzionari coloniali inglesi, e dell'amato paese natale
conservo' sempre un ricordo nostalgico, tanto che poco prima di morire si
era ripromesso di tornarci. Dall'India era stato bruscamente sradicato
quando aveva otto anni per essere catapultato in un collegio inglese dove
resto' per undici anni, fino a che si arruolo' come carrista nell'esercito
britannico e con quel ruolo partecipo' alla prima guerra mondiale,
meritandosi importanti decorazioni. I suoi primi interessi lo avevano
indirizzato verso la storia moderna, disciplina in cui si laureo' a Oxford,
poi passo' alla medicina e da qui si avvicino' alla psichiatria e alla
psicologia dei gruppi, cominciando a lavorare alla famosa Tavistock Clinic,
dove ebbe tra i suoi pazienti Samuel Beckett. Scoppiata la seconda guerra
mondiale, rientro' nell'esercito, e prese servizio come maggiore in un
ospedale militare psichiatrico, dove si dedico' alla riabilitazione dei
soldati sofferenti per le nevrosi indotte dalla guerra. Furono quelli gli
anni in cui pubblico' con John Rickman, suo primo analista, un memorandum -
poi diventato famoso - circa la possibilita' di lavorare alla riabilitazione
dei soldati non tanto in sedute singole quanto riunendoli in gruppi. Le sue
ipotesi, che furono pubblicate sulla rivista "Lancet", sarebbero poi state
da lui sviluppate a guerra conclusa, quando comincio' una analisi personale
con Melanie Klein.
*
Come funzioniamo
Secondo cio' che Bion andava osservando, quando un gruppo di persone lavora
insieme al conseguimento cosciente di un compito, quel gruppo mostra di
funzionare secondo un registro specifico, assumendo delle configurazioni
emozionali che vengono attivate per mezzo di una comunicazione immediata tra
i membri, indipendentemente dalle loro caratteristiche: come se una sorta di
valenza chimica li facesse spontaneamente combinare tra loro. Da un punto di
vista emozionale, osservava Bion, il gruppo si dispone e si orienta
alternativamente sulla base della attesa di un leader o di un'idea
messianica che metta fine a tutte le sofferenze, oppure per lottare o
fuggire da qualcosa, o ancora per trovare un leader dal quale stabilire una
dipendenza: una dipendenza alla quale pertengono valenze magiche, dotata di
tutta l'ambiguita' che le e' intrinseca.
L'esperienza porto' Bion a individuare nei gruppi degli "assunti di base",
ossia a vedere come agissero al loro interno meccanismi di accoppiamento, di
attacco-fuga e di dipendenza. Osservo' inoltre che la conflittualita'
intrinseca a ogni gruppo conosce oscillazioni fra narcisismo e socialismo,
egocentrismo e sociocentrismo, istanza individuale e gruppale, tendenze
dotate di una forza uguale e di un segno opposto, il cui conflitto puo'
tradursi nell'indebolimento dell'Io. Quando l'individuo si confronta con la
vita emozionale del gruppo - disse ancora Bion - egli svolge un compito
analogo a quello svolto dal bambino nella sua relazione con il seno materno,
ovvero con il mondo adulto dell'altro da se'.
Furono questi i presupposti dai quali Bion parti', nel secondo dopoguerra,
per sviluppare una originale, complessa e talvolta ermetica teoria del
pensiero, che a partire dalle questioni relative alla psicosi si amplia fino
a formulare una teoria degli elementi della psicoanalisi e delle sue
trasformazioni. Alla base di questa teoria, in fondo, c'e' sempre l'idea che
la verita' e' intollerabile, e che l'assunto del confronto con il reale
presuppone odio e distruttivita'. Percio', anche grazie alla lezione
ricevuta da Melanie Klein, Bion considera primaria l'angoscia di
annientamento, e pensa che essa preceda la rimozione e la formazione stessa
dell'inconscio. Particolarmente originali, poi, si rivelano le sue
descrizioni dei nostri meccanismi di difesa, che vanno dall'attacco mosso
contro l'Io e i suoi sistemi di integrazione fino alla espulsione, tramite
gli stessi organi sensoriali, dei pensieri che l'individuo proietta in un
oggetto esterno e concreto, oggetto che viene poi inglobato e sottoposto a
un controllo onnipotente. Detto altrimenti, e per fare un solo esempio,
secondo Bion noi possiamo espellere la nostra funzione uditiva in uno
strumento come un grammofono, rendendolo un oggetto bizzarro e persecutorio,
che ascolta le nostre parole e i nostri pensieri. Dunque, il mondo psicotico
lungi dall'essere vuoto e' concretamente popolato di oggetti colonizzati dai
frammenti che il soggetto ha espulso della propria mente e che, dopo essersi
resi autonomi, sono divenuti incontrollabilmente persecutori. Una dinamica,
questa, che riproduce quella propria del versante intrapsichico, dove cio'
che e' stato rimosso sfugge al controllo cosciente e vive e si muove
nell'ombra dell'inconscio. Al contrario, l'individuo cosiddetto normale o
nevrotico, proprio grazie al fatto che riesce a attivare i meccanismi della
rimozione costruendo dentro di se' un inconscio a cui il pensiero puo'
attingere, vive e si muove in un mondo "sognato", che coincide con quello
simbolico.
Parte da qui la concezione bioniana di una funzione fondamentale mediante la
quale si costruiscono insieme i mattoni basilari del pensiero e del sogno,
quella che per indicarne il funzionamento ignoto Bion chiamo' la "funzione
alfa". Una funzione simbolica dell'Io, questa, che interviene a trasformare
le impressioni sensoriali e le emozioni piu' primitive in elementi che il
bambino puo' connettere fra loro, rendendoli accessibili al pensiero e
dunque anche sognabili. E' questa una delle principali acquisizioni che ci
ha lasciato in eredita' il pensiero di Bion: da essa deriva la convinzione
che l'attivita' onirica sia sempre attiva, tanto nella veglia quanto nel
sonno, e che per fare esperienza della realta' occorre sognarla. Ma poiche'
questa funzione simbolica dell'Io, che nasce per rendere comprensibili
quelle emozioni e quelle sensazioni che il neonato prova in assenza
dell'oggetto di cui ha bisogno, non e' immediatamente a sua disposizione,
essa deve essere inizialmente svolta da un agente esterno, in primo luogo la
madre, mediante quella che Bion chiama "reverie". Il processo della reverie
si incarica dunque di ricevere e metabolizzare cio' che il neonato proietta
all'esterno, specie le sue angosce di morte, trasformandole in elementi
digeribili, tali che il bambino possa riaccoglierli in se', insieme alla
funzione che li ha originati. Questo processo di andirivieni puo' tuttavia
non funzionare, sia perche' i contenuti della proiezione sono eccessivi, sia
perche' il contenitore che dovrebbe accoglierli e trasformarli fa difetto:
in questo caso, al neonato tornano indietro "fatti indigeriti" e insieme ad
essi una angoscia di morte che ormai si e' trasformata in un terrore senza
nome.
Tutta la teoria del pensiero di Bion si fonda, in effetti, sulla tesi
secondo la quale alcuni pensieri "selvatici" preesistono all'apparato per
pensarli, e questo apparato si svilupperebbe proprio dietro la pressione
esercitata da questi pensieri, sempre che sia possibile tollerarne il
potenziale frustrante. Ma per svilupparsi, questa funzione simbolica dell'Io
ha bisogno dell'altro e delle sue cure. Restera' comunque - nella nostra
specie - rudimentale e fragile, fondamentalmente inadeguata al compito che
dovrebbe assolvere. Proprio la messa a fuoco di questa fragilita' e di
questa inadeguatezza costitutive della natura umana portarono Bion a
rileggere i miti di Edipo, della Torre di Babele, del Paradiso terrestre, in
cui individuo' essenzialmente l'espressione delle travagliate vicissitudini
proprie alla conoscenza umana.
*
Verso la rinuncia di se'
Sono molte e tutte importanti le ricadute che queste formulazioni ebbero
sulla clinica e sulla tecnica psicoanalitiche. Per esempio, secondo Bion
l'analista dovrebbe inizialmente rinunciare a mettere in moto un processo di
conoscenza e di comprensione; non solo, ma in qualche modo dovrebbe perfino
rinunciare alla propria soggettivita', accettando di immergersi nella
dispersione e nell'ignoranza di cio' che accade nella stanza dell'analisi,
cosi' da mettere in moto quella memoria sognante che e' la memoria della
realta' psichica, ovvero la stoffa di cui e' fatta la psicoanalisi.
L'analista deve cioe' resistere a ogni tentativo di aggrapparsi a cio' che
sa, affidandosi alla sua pazienza e a quella che Bion chiama la "capacita'
negativa", espressione ripresa da un poeta a lui caro, John Keats, che cosi'
nominava la capacita' di perseverare nell'incertezza senza lasciarsi andare
alla "agitata ricerca delle ragioni e dei fatti". Questa "capacita'
negativa" non deve opporsi alla verita', ma deve negare la negazione della
verita' emozionale, ossia di quella realta' e di quei pensieri non pensati
ai quali l'individuo preferisce non esporsi, pressato com'e' dalla loro
dolorosa insistenza. Solo cosi' ci si puo' attendere che nel corso di una
analisi il materiale emergente possa aggregare cio' che era disperso,
approdando a una diversa sicurezza. Sempre tenendo presente, con la tenera
indulgenza che ne deriva, che secondo le parole di Bion "lo stato emotivo
che accompagna queste trasformazioni e' prossimo al terrore", e che anche
percio' la "guerra", come l'analisi, non e' terminabile.

5. LUTTI. VALENTINO PARLATO RICORDA CARLO CARACCIOLO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 dicembre 2008 col titolo "Un principe
di cultura"]

Con Carlo Caracciolo scompare uno degli ultimi esponenti della borghesia
illuminata italiana
Per ragioni tipografiche siamo in ritardo nel ricordare Carlo Caracciolo, e
altri hanno gia' scritto molto meglio di me.
Carlo Caracciolo ci ha lasciato, e con lui si va esaurendo quella
generazione che, tra il "Mondo" di Pannunzio, "L'Espresso" di Scalfari e di
Caracciolo e un po' di compagni del vecchio e cancellato Pci, alimento' e
vivacizzo' la democrazia italiana degli anni '50. Ripeto, e' l'esaurirsi di
una generazione di una cultura che pure, e in modo diverso, trovarono
espressione prima (solo temporalmente) nel "Manifesto" (1971) e "Repubblica"
(1976). A quei tempi capitava di incontrarsi da Plinio a piazza del Popolo e
in un altro locale in via di Ripetta (credo). Tempi passati, ma che furono
di una certa utilita'.
Carlo Caracciolo era un principe gia' nella statura e nel suo modo di
camminare, ma era persona con la quale si parlava direttamente e ci si
scontrava pur rimanendo amici. Di Carlo Caracciolo ho un buffo ricordo
personale. Proprio a Venezia (da dove sto scrivendo questa nota) ero insieme
a lui in un ristorante del quale non ricordo il nome e non so come, e
nonostante la clamorosa differenza di statura, sfidai Carlo a una prova di
whisky. Gli amici presenti erano piuttosto preoccupati e io persi
clamorosamente la sfida: mi dovettero accompagnare in albergo. Ma contro le
loro aspettative l'indomani mattina (c'era un convegno e c'era anche Carlo
De Benedetti) riapparii sveglio come un grillo e Carlo mi fece un
complimento. Poi quando capitava di incontrarsi ricordavamo, ridendo, la mia
sconfitta.
Ma tornando al serio, ripeto che con Carlo Caracciolo se ne va una buona
stagione della nostra cultura e della nostra democrazia. Ora la stagione non
e' proprio buona e le perdite pesano moltissimo.

6. LUTTI. ERMANNO REA RICORDA CARLO CARACCIOLO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 17 dicembre 2008 col titolo "I lumi di
Napoli"]

Non si contano i commenti sulla morte di Carlo Caracciolo, figura quasi
eroica di editore puro di stampo laico-illuminato, che ieri sono apparsi sui
giornali. Il cordoglio non e' stato privo di una sua forza allusiva di
carattere generale, nel senso che ha mostrato, talvolta suo malgrado, quanto
sia sempre piu' nudo in Italia l'albero dell'antifascismo inteso come
vocazione personale ma anche eredita' familiare, tradizione ambientale.
A Napoli (ma dovremmo dire in Italia) c'era una volta una borghesia liberale
di idee avanzate e audaci: la scomparsa di Carlo Caracciolo ha acceso
improvvisamente una moltitudine di lampadine sulle sue macerie o, se non
vogliamo essere cosi' pessimisti, sul poco o niente che resta di quel
capitale umano e sociale. L'editore scomparso portava un cognome pesante, la
cui "qualita'" (politica e intellettuale) si puo' far risalire indietro nel
tempo sino alla Repubblica giacobina del 1799, nel cui nome cadde per
esempio la testa di un ammiraglio Caracciolo, impiccato al pennone di una
nave inglese.
La biografia di Carlo Caracciolo ieri ci e' stata raccontata da piu' fonti
in maniera dettagliata: abbiamo appreso cosi' che l'aristocratico di origine
napoletana, appena diciannovenne, costeggiando il lago Maggiore a bordo di
una barca, trasporto' dalla Svizzera a Cannobbio un piccolo carico di armi
che consegno' ai partigiani dell'Ossola, entrando egli stesso a far parte
della Resistenza. Un principe davvero fuori norma, quasi un personaggio da
romanzo, si sarebbe tentati di dire, tanto piu' tenendo conto del fatto che
egli, nonostante lo stile di vita semplice fino alla sobrieta', era
intimamente orgoglioso della propria origine privilegiata, che non rinnegava
affatto.
Un demerito? Esattamente il contrario. Non so dire se in maniera lucida o
soltanto indiretta, credo che egli abbia voluto dimostrare a se stesso e al
mondo che si puo' nascere con un cognome ricco di quarti di nobilta' e nello
stesso tempo portarlo con disinvoltura, dignita' e senso del bene comune.
Del resto non stava forse proprio in questa predisposizione etica e
intellettuale il lato rispettabile della cosiddetta borghesia illuminata di
una volta? Napoli, citta' storicamente degradata e subalterna, agli inizi
del primissimo dopoguerra era ancora in grado di vantare scampoli di classe
dirigente lungimirante. Filippo Caracciolo, padre di Carlo, benche' emigrato
giovanissimo a Firenze, poi diplomatico in varie sedi, infine
Sottosegretario agli Interni nel secondo governo Badoglio, ne faceva in
qualche modo parte, sia pure in maniera saltuaria a causa della sua inquieta
e mobilissima biografia.
Una fulminea rappresentazione di vita politica stile "borghesia illuminata"
mi e' stata raccontata di recente da Ivan Palermo, figlio di una delle piu'
splendide figure dell'antifascismo napoletano degli anni '40 e '50, quel
senatore Mario Palermo che fu a sua volta Sottosegretario alla Guerra nel
medesimo governo Badoglio. Un giorno (del 1949? del 1950? del 1951?)
arrivarono a casa Palermo Filippo Caracciolo assieme ad alcune altre persone
(Ivan elenca dei nomi: Enrico De Nicola, Alberto Bergamini, fondatore e
direttore del "Giornale d'Italia", il senatore liberale Della Torretta).
Erano stati invitati a colazione per discutere intorno a un delicato
problema politico.
All'epoca i Palermo abitavano in uno splendido appartamento a Largo
Ferrandina a Chiaia, dove addirittura si era insediato Giacchino Murat al
suo primo arrivo a Napoli. Gli ospiti furono fatti accomodare inizialmente
in un grande soggiorno arredato con poltrone, seggiole e divani della fine
del '700, bianco e oro, di disegno molto delicato. Filippo Caracciolo opto'
incautamente per una sedia che evidentemente non era delicata soltanto nel
disegno ma anche nella struttura. Fatto sta che il principe, pur essendo di
corporatura normale, si trovo' improvvisamente seduto per terra tra le
esclamazioni di rammarico e i tentativi di soccorso da parte di tutti i
presenti. In questi casi, si sa, i ragazzi non riescono a impedirsi di
ridere, e Ivan ricorda ancora, dopo tanto tempo, i suoi mal trattenuti
singulti di ilarita'. La storiella e' molto esile, per carita'. Ma a me
questo antifascismo bianco e oro, blasonato ma fermo, tramandato di padre in
figlio come un bene di famiglia, suscita un rimpianto senza fine e mi da' la
misura di un degrado quasi senza possibilita' di riparo.
Nelle cronache di ieri sulla scomparsa di Carlo Caracciolo difficile, credo,
non cogliere questo secondo "coccodrillo" dedicato alla nostra "borghesia
illuminata".
Che Dio l'abbia in gloria.

7. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA"

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da
Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito
sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363
intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via
Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e
15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

8. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

9. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 679 del 24 dicembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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