Minime. 654



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 654 del 29 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Terroristi
2. Peppe Sini e Tomas Stockmann: Una modesta opinione
3. "Associazione per la pace": Ne' muri ne' silenzi. Pace giustizia e
liberta' in Palestina
4. Una lettera a Obama dalla Repubblica Ceca
5. La newsletter settimanale del "Centro studi "Sereno Regis" di Torino
6. Farshid Nourai: Interventi civili di pace
7. Fabio Gambino intervista Elisabeth Roudinesco
8. Roberta Scorranese: L'opera di Alberto Burri
9. Severino Vardacampi: Burri
10. Cesare De Michelis presenta "Vita e destino" di Vasilij Grossman
11. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
12. L'Agenda dell'antimafia 2009
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. TERRORISTI

Anche coloro che conducono la guerra terrorista e stragista in Afghanistan
lo sono.
Anche il governo italiano.
Con la complicita' di quanti in Italia si stracciano le vesti per il diritto
alla vita di tutti i popoli tranne di quello afgano, al cui sterminio il
nostro stato attivamente coopera.
A tutte le guerre e a tutte le uccisioni occorre opporsi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. LE ULTIME COSE. PEPPE SINI E TOMAS STOCKMANN: UNA MODESTA OPINIONE

In occasione della ricorrenza della "Giornata internazionale di solidarieta'
con il popolo palestinese" indetta dall'Onu, si svolge oggi a Roma una
manifestazione nazionale promossa dal Coordinamento delle comunita'
palestinesi in Italia e da molte associazioni democratiche e movimenti di
solidarieta'. Bene.
*
Con tutto il cuore condividiamo la lotta del popolo palestinese per avere un
proprio stato libero e sovrano.
Con tutto il cuore ci opponiamo alle politiche dei governi israeliani di
negazione dei diritti del popolo palestinese.
Con tutto il cuore ci associamo a quanti chiedono la fine dell'occupazione
dei territori su cui deve sorgere lo Stato di Palestina.
*
Ma sappiamo anche che e' solo perche' esiste uno stato di Israele che oggi
in Europa e altrove nel mondo e' piu' difficile una nuova Shoah.
Sappiamo che se non esistesse lo stato di Israele orde di antisemiti
rigurgiterebbero dal sottosuolo a nuovamente eseguire la persecuzione e il
genocidio.
E' da tutta la vita che ci battiamo per l'internazionale futura umanita',
per un mondo in cui gli stati non abbiano piu' senso, e tutti gli esseri
umani si riconoscano sorelle e fratelli, liberi ed eguali in diritti.
Aderimmo giovani all'appello lanciato a Londra in quel lontano 1864, e non
abbiamo piu' cambiato idea. Ma qui e adesso, a un'analisi concreta della
situazione concreta, cosi' come occorre che esista uno Stato di Palestina,
occorre che esista uno Stato di Israele.
*
Pertanto chiunque oggi vuol solidarizzare con il popolo palestinese eviti di
essere reticente ed ambiguo sul diritto di Israele ad esistere. Poiche'
essere reticenti e ambigui su questo non aiuta la pace, non aiuta la
giustizia, non aiuta l'umanita'.

3. DOCUMENTAZIONE. "ASSOCIAZIONE PER LA PACE": NE' MURI NE' SILENZI. PACE
GIUSTIZIA E LIBERTA' IN PALESTINA
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo. Nell'articolo che precede
abbiamo gia' chiarito il nostro dissenso su alcune ambiguita' e alcune
reticenze di questo appello di cui ovviamente pur condividiamo gran parte]

Roma 29 novembre 2008. Ne' muri ne' silenzi. Pace giustizia e liberta' in
Palestina
Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 29 movembre "Giornata di solidarieta'
internazionale con il popolo palestinese". Invitiamo tutti e tutte ad unirsi
alla manifestazione nazionale di Roma insieme al Coordinamento delle
comunita' palestinesi in Italia e all'Udap (Unione democratica
arabo-palestinese).
Il popolo palestinese dopo 60 anni di espropri, vessazioni e violenze, ha
visto negli anni della seconda Intifada ridurre progressivamente il suo
spazio di rappresentanza e prospettiva politica nei Territori Occupati, in
Israele e nel resto del mondo. Le esecuzioni mirate e gli arresti arbitrari
del governo israeliano hanno decapitato la leadership delle forze politiche
palestinesi, il resto lo ha fatto la comunita' internazionale delegittimando
i principali dirigenti politici palestinesi di ogni ispirazione, cominciando
da quelli laici e pragmatici.
Intanto la frammentazione del territorio determinata dalla costruzione del
muro e dalla crescita indiscriminata delle colonie, e le sempre maggiori
difficolta' di circolazione per merci e persone all'interno dei territori
occupati, hanno messo in ginocchio l'economia palestinese.
Quello palestinese e' un popolo tenace e coraggioso che ha le stesse
necessita' di ogni altro popolo; necessita' materiali: lavoro, istruzione,
sanita', accesso ai mercati e ai beni primari; e necessita' ideali: bisogno
di progettare il futuro, diritto di scegliere liberamente i propri
rappresentanti politici, diritto all'autodeterminazione. E' un popolo che ha
dimostrato piu' volte di sapere accettare compromessi anche dolorosi e di
saper fare scelte pragmatiche: le reiterate offerte di tregua da parte di
Hamas, l'iniziativa di pace della Lega Araba, gli accordi della Mecca, e la
riflessione sullo stato unico avviata in larga parte della societa'
palestinese testimoniano una volonta' di superare l'esistente. Una volonta'
che e' stata sistematicamente ignorata dal governo israeliano e da gran
parte della comunita' internazionale, producendo nel popolo palestinese una
sensazione di accerchiamento e di impotenza i cui risultati vediamo oggi.
La popolazione civile, schiacciata tra l'occupazione militare israeliana e
lo scontro armato tra le opposte fazioni, si e' trovata come sempre a pagare
il prezzo piu' alto, in termini di perdita di vite umane e di peggioramento
delle condizioni economiche.
L'occupazione israeliana della Palestina e' scintilla che accende tutti i
conflitti in Medioriente, e' lievito che da anni fa crescere lo scontro con
la civilta' arabo-musulmana, e' strumento nelle mani di molti governi e
poteri dell'area che la usano per perseguire i propri fini.
La pace va cercata nella giustizia, nel diritto internazionale e nella
verita', non in una normalizzazione che mette a tacere le legittime
aspirazioni di liberta' e di dignita' del popolo palestinese.
L'assedio israeliano alla Striscia di Gaza, e l'irresponsabile embargo della
comunita' internazionale al governo di Hamas hanno dato il colpo di grazia
ad un'economia gia' traballante, e impediscono a 1.500.000 persone, di cui
il 51% bambini e adolescenti, di avere libero accesso ai servizi di base
quali sanita', educazione, rifornimenti energetici. L'assedio di Gaza
costituisce una grave violazione dei diritti umani, e ha prodotto una crisi
umanitaria denunciata piu' volte anche dalle Nazioni Unite.
Chiediamo agli uomini e alle donne di ogni eta', ai compagni e alle compagne
dei partiti, dei sindacati, delle associazioni e dei movimenti, che in
questi anni sono stati al nostro fianco nella ricerca di una pace giusta in
Palestina/Israele di unirsi a noi nella denuncia dell'assedio di Gaza.
Chiediamo che le Nazioni Unite si impegnino a far rispettare le tutte le
risoluzioni ignorate o violate dallo Stato di Israele, e continuiamo a
chiedere al governo italiano e all'Unione Europea quello che chiediamo da
anni:
- la fine dell'occupazione israeliana della Palestina;
- uno stato palestinese sovrano con Gerusalemme Est capitale;
- il diritto al ritorno per i rifugiati palestinesi, come previsto dalla
risoluzione Onu 184;
- la liberazione di tutti i prigionieri palestinesi nelle carceri
israeliane;
- lo smantellamento del regime di apartheid determinato dal Muro e dalle
colonie israeliane;
- la fine dell'assedio imposto alla Striscia di Gaza;
- la revoca degli accordi di cooperazione militare Italia-Israele e il
ritiro delle truppe dai vari teatri di guerra.
Appuntamento alle 15 in Piazza della Repubblica (di fronte alla chiesa di S.
Maria degli Angeli) dietro lo striscione "stop all'assedio di Gaza".
*
Per adesioni: assopace.nazionale at assopace.org

4. APPELLI. UNA LETTERA A OBAMA DALLA REPUBBLICA CECA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 novembre 2008 col titolo "Lettera.
Presidente Obama, rinunci allo Scudo"]

Gentile signor Presidente Obama,
la preghiamo di accettare le nostre congratulazioni per la sua vittoria
nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti.
Le rivolgiamo questo appello perche' siamo preoccupati per la salvaguardia
del processo democratico in Repubblica Ceca e per la sicurezza della
Comunita' Europea. Come lei sa, il governo Bush e quello ceco si sono
accordati per installare in territorio ceco una base militare radar, come
parte dell'US National Missile Defense system (Nmd).
Nonostante i due terzi dei cittadini cechi si oppongano a questo progetto,
il governo ha firmato un accordo con gli Stati Uniti, che tra breve dovra'
essere ratificato dal Parlamento.
I parlamentari attuali sono stati eletti prima che avvenisse una discussione
pubblica su questo progetto e il coinvolgimento della Repubblica Ceca nel
sistema antimissile Nmd non faceva parte del loro programma elettorale.
Il piano di installare parti di questo sistema nel cuore dell'Europa sta
causando tensioni tra gli Stati Uniti, la Russia e l'Unione Europea e
portera' a una nuova corsa agli armamenti. Temiamo che, grazie a questo
sistema avanzato, l'Europa diventi il principale campo di battaglia di un
potenziale conflitto internazionale e che a causa della presenza della base
radar la Repubblica Ceca diventi il bersaglio di un primo attacco. La
questione e' resa ancora piu' delicata dal fatto che, dopo la caduta del
comunismo nel 1989, il popolo ceco ha giurato che nessun esercito straniero
sarebbe mai piu' stato presente sul suo territorio.
Le chiediamo di rivedere l'atteggiamento del governo degli Stati Uniti nei
confronti dell'installazione di elementi del sistema Nmd in Europa e di
porre fine a questo progetto pericoloso. Speriamo che il cambiamento
simboleggiato in modo tanto forte dalla sua vittoria diventi realta', che la
nuova leadership americana possa spingerci tutti nella direzione di un mondo
senza guerre e senza violenza e che la tendenza verso la corsa agli
armamenti e all'aggressione militare venga sostituita da investimenti nei
campi che contribuiscono ad un vero sviluppo umano.
Le chiediamo, come presidente di un paese che ha a lungo simboleggiato la
democrazia, di rispettare la volonta' dei cittadini cechi, privati dei
diritti democratici dal loro governo.
Distinti saluti
*
Jan Tamas, portavoce del movimento nonviolento contro le basi: Dana
Feminova', portavoce di Europe for Peace; Lega dei Sindaci contro il radar:
Jan Neoral, sindaco di Trokavec; Josef Rihak, sindaco di Pribram; Jitka
Rihova', sindaco di Laz; Josef Hala, sindaco di Jince; Josef Vondrasek,
sindaco di Rozmital pod Tremsinem; Vaclav Hudec, sindaco di Stitov; Miroslav
Leitermann, sindaco di Nepomuk; Ladislav Turek, sindaco di Bohutin; Josef
Karas, sindaco di Obecnice; Stanislav Slama, sindaco di Drahlin; Josef
Skvara, sindaco di Sadek; Jan Kohout, sindaco di Kresin; Jiri Prokes,
sindaco di Hlubos; Radek Walter, sindaco di Tochovice; Vaclav Koubik,
sindaco di Hurky; Lubomir Fiala, sindaco di Visky; Libor Storkan, sindaco di
Felbabka; Josef Hruby, sindaco di Zajecov; Jiri Chvojka, sindaco di
Chaloupky; Ladislav Stelsovsky, sindaco di Podluhy; Bohumir Vitek, sindaco
di Volenice; Karel Daniel, sindaco di Vsevidy; Karel Drazan, sindaco di
Bezdekov; Daniel Synek, sindaco di Sedlice; Pavel Hutr, sindaco di Vesin;
Tomas Cizek, sindaco di Chrast; Karel Palivec, sindaco di Predmir; Stanislav
Kramosil, sindaco di Hvozdany; Zdenek Vrbka, sindaco di Bratkovice; Miloslav
Suchy, sindaco di Skorice; Josef Stehlik, sindaco di Vranovice: trentuno
sindaci dei Monti Brdy, zona a circa 70 km da Praga che deve diventare sede
del mega-radar, base militare Usa, parte del sistema antimissile che vedra'
anche l'installazione di una rampa di dieci missili intercettori in Polonia.

5. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI
TORINO

Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di
Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento
curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area
nonviolenta in Italia.
Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13,
10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail:
info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org

6. INCONTRI. FARSHID NOURAI: INTERVENTI CIVILI DI PACE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 novembre 2008 col titolo "Convegno.
Nonviolenza, arrivano i Corpi civili di pace"]

Peacebuilding civile negli obiettivi di politica estera italiana ed europea
e riconoscimento dell'efficacia della diplomazia popolare nella risoluzione
nonviolenta dei conflitti: sono solo due delle richieste emerse da 25
associazioni, politici, accademici, ricercatori ed esperti italiani ed
europei, riunitisi il 21 e 22 novembre a Roma, in occasione del primo
convegno nazionale del progetto "Interventi civili di pace". Con Kai
Jacobsen (Department of Peace Operations, Patrir), Andrea Ricci (Unit for
Crisis Management and Conflict Prevention, Eu), Patrizia Sentinelli (ex
viceministra alla Cooperazione) e tanti altri ci siamo confrontati sull'uso
della forza nelle crisi internazionali, diventato ormai prassi, mentre i
cittadini, soprattutto i piu' giovani, si trovano senza gli strumenti
necessari per selezionare e interpretare gli eventi di una societa'
complessa.
Ci proponiamo di uscire dall'abitudine alla violenza e promuovere un metodo
di dialogo e pace nella quotidianita' dei rapporti interpersonali, per
arrivare all'applicazione della nonviolenza nelle istituzioni e nella
soluzione dei conflitti a tutti i livelli. Per questo abbiamo deciso di
lavorare insieme sul progetto "Interventi civili di pace". Diretto da sette
associazioni italiane, capofila il Servizio civile internazionale,
cofinanziato dal Dgcs del Mae, il progetto prevede 18 eventi e conferenze,
80 interventi didattici nelle scuole superiori, 40 corsi di formazione base
e 4 corsi nazionali di formazione avanzata. Tutto questo per fornire ai
giovani gli strumenti per selezionare e interpretare le informazioni,
evitare una fruizione passiva e promuovere un ascolto attivo, aiutare la
crescita di una coscienza critica per elaborare strade alternative e
risolvere i contrasti.
Nell'occasione e' stata ribadita la necessita' di istituire corpi civili di
pace anche in Italia, valorizzando le esperienze di associazioni e
organizzazioni della societa' civile che da anni si dedicano a questa
attivita'. In questo momento in Africa, nel Medioriente e nei Balcani sono
in corso attivita' che promuovono una risoluzione pacifica dei conflitti.
Si chiede cosi' sostegno e adeguati finanziamenti in un quadro normativo che
preveda la legittimazione di questi interventi. Abbiamo lanciato un appello
agli enti locali, interlocutori privilegiati per il sostegno alla formazione
professionale degli operatori e l'avvio di progetti di "Interventi civili di
pace" e chiediamo ai media di occuparsi di piu' di pace, di solidarieta'
internazionale e di nonviolenza.

7. RIFLESSIONE. FABIO GAMBINO INTERVISTA ELISABETH ROUDINESCO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 27 novembre 2008 col titolo "Il piacere
del male, cosi' nasce la perversione" e il sommario "Elisabeth Roudinesco
parla del suo saggio su La parte oscura di noi stessi. Una storia delle
perversioni. Il pedofilo ci fa orrore anche perche' mai come oggi la
societa' valorizza l'infanzia. A differenza del serial killer che ripugna ma
affascina. Spesso i mistici sono stati protagonisti di radicali
degenerazioni passando dalle vette del sublime agli abissi dell'abiezione"]

Parigi. "La perversione e' lo specchio dei nostri desideri piu'
inconfessabili. Per questo ci fa paura". La psicanalista e storica Elisabeth
Roudinesco non ha dubbi: "Tutti dobbiamo fare i conti con la crudelta' e il
piacere del male che agiscono in noi in maniera piu' o meno latente. Sono
pulsioni feroci e assassine che crescendo, con l'educazione, impariamo a
tenere a bada e a superare. Ma pur seppellite nel profondo del nostro
inconscio, esse continuano a ossessionarci".
La studiosa francese lo scrive in un saggio, La parte oscura di noi stessi
(Angelo Colla Editore, pp. 183, euro 18), che cerca di ricostruire la
percezione della perversione nella cultura occidentale, dal Medioevo ai
giorni nostri. Il libro si presenta come "una storia dei perversi", vale a
dire di "coloro che sono stati considerati tali dalle societa' umane,
preoccupate di esorcizzare la loro parte maledetta". Per l'autrice, la
perversione, "che ha sempre a che fare con l'idea d'inversione e di
rovesciamento", e' una realta' variabile, relativa e sfuggente, un "sinonimo
di perversita'" percepito come "una sorta di negativo della liberta'" che si
trasforma a seconda delle epoche e delle culture.
"La perversione e' una costruzione culturale, perche' il piacere del male e'
un dato specifico dell'umano. In natura, la perversione non esiste", spiega
Roudinesco, nota anche in Italia per le sue numerose pubblicazioni, tra cui
una celebre biografia di Lacan e un corposo Dictionnaire de la psychanalyse.
"Il senso comune considera la perversione come la manifestazione della parte
bestiale dell'umano, ma l'animale non si rende conto della propria
crudelta'. Si ha perversione solo quando si ha coscienza del male che si
procura. Il perverso e' responsabile delle proprie azioni e ne gode. Non e'
un folle incapace d'intendere e di volere. La perversione nasce dalla
coscienza della norma ed ha bisogno del linguaggio per esprimersi, come
peraltro ci ha insegnato Sade. In passato, e' stata considerata un
atteggiamento contro natura oggi e' piuttosto vista come un disturbo
dell'identita', una deviazione, uno stato di delinquenza".
*
- Fabio Gambino: Ogni epoca ha costruito le proprie figure della
perversione?
- Elisabeth Roudinesco: La societa' ha bisogno di rappresentarsi
concretamente la perversione per dare corpo e allontanare le paure legate
alla parte oscura che sente dentro di se'. Non e' possibile pensare una
societa' senza la dimensione del male. Le figure dei perversi sono il capro
espiatorio da additare alla comunita'. Sapere che la minaccia alla societa'
non viene da noi, ma da qualcun altro, ci tranquillizza e ci rassicura.
*
- Fabio Gambino: Il serial killer e il pedofilo sono le due figure della
perversione che dominano la percezione contemporanea. In passato pero' ce ne
sono state altre...
- Elisabeth Roudinesco: Ogni epoca si e' creata la sua idea di perversione.
I grandi criminali seriali sono considerati perversi fin dal Medioevo. Anche
l'omosessualita' e' stata considerata a lungo una forma di perversione
contro natura, come pure la masturbazione infantile e l'isteria femminile.
Oggi pero' la loro percezione e' cambiata e nessuno le considera piu'
perversioni. Nella societa' contemporanea la perversione assoluta e'
incarnata dal pedofilo. La nostra societa' ne e' ossessionata, considera la
pedofilia una perversione assolutamente ingiustificabile. Piu' dello stupro
e dell'omicidio. Da un punto di vista storico, e' una novita'. Il pedofilo
ci fa orrore, a differenza del serial killer che ci ripugna ma ci affascina.
*
- Fabio Gambino: Come si spiega tale evoluzione?
- Elisabeth Roudinesco: La nostra societa' accorda ai bambini uno statuto
senza precedenti. Valorizzando come mai in passato l'infanzia, oggi
qualsiasi aggressione al corpo infantile ci sembra un gesto orribile. Il
bambino non puo' difendersi, puo' essere plagiato e non puo' dare il suo
consenso, mentre nella nostra cultura l'idea del consenso e' fondamentale.
Prima di Freud, i medici condannavano la sessualita' dei bambini come
perversa. Dopo che il fondatore della psicanalisi ha dimostrato la
normalita' della sessualita' infantile, la societa' l'ha accettata, ma ha
anche sentito il bisogno di proteggerla. Per questi diversi motivi la
pedofilia e' diventata ai nostri occhi la perversione piu' intollerabile.
*
- Fabio Gambino: La perversione implica solo la sfera sessuale?
- Elisabeth Roudinesco: Naturalmente no. I mistici, ad esempio, sono spesso
stati protagonisti di forme di perversione molto radicali. Si pensi alle
sofferenze che si sono imposti alcuni santi oggi molto venerati, la
mortificazione della carne e la flagellazione per purificare il corpo. I
rituali che ai nostri occhi appaiono come vere e proprie perversioni,
all'epoca erano considerati un mezzo per avvicinarsi a Dio. Ancora oggi ci
sono santoni indiani che digiunano fino a trasformarsi in veri e propri
scheletri. I mistici oltretutto possono passare dalle vette del sublime agli
abissi dell'abiezione. Si pensi a Gilles de Rais, su cui e' stato poi
costruito il mito di Barbablu'. Fu un grande condottiero, animato dalla
ricerca del bene, che segui' in battaglia Giovanna d'Arco. Quando questa
venne mandata al rogo accusata di essere una strega perversa, egli
precipito' nel pozzo delle proprie pulsioni incontrollabili, mettendosi ad
ammazzare bambini. Quando la legge degli uomini s'inverte, trasformando la
santa in strega, anche Gilles de Rais rovescia i propri comportamenti,
diventando un orco assassino.
*
- Fabio Gambino: Personaggi come Barbablu' ci fanno paura pero' ci
affascinano. Come mai?
- Elisabeth Roudinesco: L'orrore dei grandi perversi violenti ci ha sempre
affascinato, da Barbablu' a Jack lo Squartatore, fino ai piu' recenti serial
killer cinematografici con la loro violenza piena di rituali macabri. Questi
personaggi ci offrono lo spettacolo di quello che non siamo, ma che potremmo
forse essere. Ci fanno paura, ma, assistendo alle loro raccapriccianti
azioni, ci liberiamo dalla minaccia indefinita e oscura che sentiamo in noi.
E' un fascino torbido che esiste perche' tutti, prima o poi, in un modo o
nell'altro, ci siamo confrontati con il male. Tutti nascondiamo in noi una
componente perversa.
*
- Fabio Gambino: Altri esempi di perversione?
- Elisabeth Roudinesco: Oggi un'altra figura percepita come profondamente
perversa e' quella del terrorista che schianta il suo aereo sui grattacieli
di New York. In lui percepiamo una sorta di godimento del male che sta
procurando. In tutt'altro ambito, anche nei casi gravi di anoressia c'e' una
forma di perversione, dato che in essi si manifesta una sorta di godimento
della morte di se'.
*
- Fabio Gambino: Nel suo libro lei evoca anche la perversione politica. Come
mai?
- Elisabeth Roudinesco: Accanto alla perversione individuale, esiste quella
collettiva dei sistemi politici che pervertono le loro finalita'. In nome
del bene, questi istituiscono il male come legge. Le dittature, i fanatismi
religiosi mostrano questa inversione della legge che autorizza il crimine.
Il nazismo e' stato il sistema che piu' e' sprofondato nella perversione,
giustificando perfino il genocidio. Il rovesciamento tra male e bene e'
stato totale. Anche nelle democrazie contemporanee, in nome della sicurezza,
della prevenzione e del controllo, si mettono in atto meccanismi che possono
diventare perversi. La societa' della sorveglianza che pretende di
controllare e prevenire tutto e' una forma di perversione della democrazia.

8. ARTE. ROBERTA SCORRANESE: L'OPERA DI ROBERTO BURRI
[Dal "Corriere della sera" dell'11 novembre 2008 col titolo "Burri, la
materia e l'anima" e il sommario "Una retrospettiva dell'artista umbro che
svelo' il cuore delle cose inerti. La pittura non deve essere spiegata. Le
mie immagini sono un equivalente della parola. E come spiegare la poesia?"]

Alberto Burri studiava medicina e forse sarebbe diventato un chirurgo se un
giorno non avesse guardato il mondo dalla finestra di una prigione. Fu nel
'43, nel campo di concentramento di Hereford (Texas), che divenne un
artista. Forse perche' vide il mondo come puoi vederlo solo quando sei senza
speranza: come fosse la prima volta. Solo allora scopri che la sabbia ha una
consistenza finissima, sembra oro; che un sacco racchiude misteriose
sfumature di colore e che non esiste un solo tipo di nero. Lui scopri' la
materia e ne fece poesia. Ed eccoli i sacchi, le sabbie e i neri di Burri,
nella retrospettiva che la Triennale di Milano dedica al grande artista
umbro.
"Lui non ci sarebbe venuto - scherza Chiara Sarteanesi, curatrice della
mostra insieme a Maurizio Calvesi e anima della Fondazione Burri a Citta' di
Castello -. Preferiva parlare attraverso le opere". Ed e' questa la
grandezza di Burri: l'aver dato voce alle cose, facendosi da parte.
Vivificando la materia, mai accontentandosi del colore. Ecco perche' le
cascate di segatura che vedrete della serie "Cellotex" sembrano montagne
d'oro e le plastiche bruciacchiate dei "Rossi" paiono polmoni irrorati:
nelle sue mani le cose si animano, codificano personalissimi alfabeti. In
casa Sarteanesi, a Citta' di Castello, lui era uno di famiglia: "Odiava
parlare di se' - dice la curatrice - piuttosto se ne stava in veranda e
osservava le colline". Assorbiva il mondo: la forma della collina si ritrova
nell'onda di acrilico nella serie "Bianco/nero".
Ma non cercate le ossessioni nei suoi quadri: lui ne avrebbe riso. I suoi
pezzi di sacco incollati alla tela non sono tanto apologie del pauperismo
francescano, ne' metafisica povera: sono un omaggio al sacco stesso, alla
sua capacita' di miscelare, tra tinte e tessuto, un marrone perfetto che il
semplice colore non riusciva a dargli. Non lo capi' l'Italia degli anni
Sessanta, che grido' allo scandalo per quegli "stracci antigienici", cosi'
come i benpensanti sconsigliavano alle donne incinte di andare a vedere le
mostre di Picasso, paventando il rischio di traumi dall'impatto con quei
volti deformati. "Dai 'sacchi' - spiega Maurizio Calvesi - passo' a materie
piu' umili, come il ferro e il legno, in una incessante ricerca". Anche se,
orgoglioso e fiero, si arrabbiava quando gli nominavano il precedente dei
futuristi, anch'essi polimaterici e sperimentatori arditi. Cosi', in "Ferro"
del 1958, lascia che dal metallo si origini un'improvvisa suggestione:
sembra un brullo paesaggio vulcanico. Piu' tardi, nella serie dei "Cretti",
ricreera' l'effetto delle terre arse dal sole. Bruciando plastica
trasparente (nella serie delle "Plastiche", negli anni Sessanta) riusci' ad
animare questo materiale inerte: brilla come cartilagine viva. Anche da lui
prendera' le mosse Damien Hirst.
Poi si stufava e cambiava materiale. "Il mio ultimo quadro e' uguale al
primo", diceva e si appassionava alle combustioni su legno. Come un bambino
scopre le mille possibilita' dei Lego, lui sperimentava le onde del catrame
sulla tela, nella omonima serie in mostra: vuoi vedere che spostando l'onda
calda della pece si scopre un nuovo punto di fuga? Vuoi vedere che,
graffiando la superficie, si scopre una nuova sfumatura di nero, come nei
"Neri" (1986-1987) mai esposti prima. Diversamente da Lucio Fontana, quella
di Burri non e' tanto drammaturgia del gesto, ma e' piuttosto dedizione al
gesto, scandaglio della materia, cura artigianale. "Amore!", esclama
Sarteanesi indicando uno dei primi lavori, della serie dei "Gobbi" (1950),
composizioni gibbose, con supporti interni, dove la pittura gioca a fare la
scultura. Come in Piero della Francesca, il suo preferito, per vedere il
quale si faceva cento chilometri in bici fino a Urbino. Amore, appunto.
Al resto della vita dedico' una distratta attenzione. Dopo la guerra (venne
fatto prigioniero in Tunisia), i movimenti artistici lo sfiorarono appena,
preferi' Parigi a Roma e divenne famoso in America. Lavoro' anche per il
teatro e in mostra vedrete bozzetti e teatrini, ma anche un lato meno
conosciuto, quello della grafica di qualita', che egli mai rinnego'. Un
matrimonio, un (inevitabile) pendolarismo sentimentale tra Los Angeles e
Castello, la decisione di non avere figli. E come poteva, visto che fece da
padre ai suoi quadri? Li segui' uno ad uno, scelse le "location" delle
mostre e poi, non pago, se li ricomprava sognando un tempio in cui i suoi
sacchi, le sue muffe e i suoi legni potessero riposare come in una necropoli
privata. Il tempio giunse negli anni Ottanta, con la Fondazione e le sue
sedi di Palazzo Albizzini e agli ex Seccatoi di tabacco, a Castello. Ed
eccolo, sornione davanti ai Seccatoi, nelle belle foto (firmate da Amendola,
Basilico e Contino) in mostra. Una si distingue: l'artista in piedi, ripreso
di fronte, il volto coperto dalla fiamma ossidrica con la quale sta
lavorando. Ecco: lui brucio' nelle cose.

9. VITA. SEVERINO VARDACAMPI: BURRI

Forse fu un quarto di secolo fa, forse trent'anni, a Citta' di Castello. Nel
silenzio di quelle stanze in cui erano esposte tante e tante opere di Burri
ricordo ancora come percepissi il calore del sole che dalle finestre
irrorava quel mondo contratto in tele che erano altro ed oltre: erano lo
specchio di un mondo combusto e desolato, come dopo Hiroshima hanno saputo
dire Beckett, Herzog e pochi altri.
C'era un che di claustrale e di amoroso: la cittadina umbra che e' la natura
quando essa e' anche civile, quelle forme ormai raggelate ma che avevano
sofferto il tormento del fuoco. Le plastiche, i catrami, le crepe della
materia, e oltre i vetri e le mura la lieve citta', le dolci campagne.
Pensai che tutto cio' era come un'unica opera di Burri, l'epifania di una
verita'. Ero giovane, ne fui confortato: nelle tragedie della storia il
mondo esisteva ancora, si poteva ancora lottare, esser felici insieme.
Abbracciai forte la donna che era con me. Me ne rammento ancora.

10. LIBRI. CESARE DE MICHELIS PRESENTA "VITA E DESTINO" DI VASILIJ GROSSMAN
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 28 novembre 2008 col titolo "Il romanzo
della liberta'" e il sommario "Tradotto il testo definitivo di vita e
destino di Vasilij Grossman. Uno scrittore contro i totalitarismi. Il lungo
racconto epico della guerra fu scritto negli anni Cinquanta, e sequestrato
nel '61, durante la destalinizzazione di Krusciov, per il parallelo tra
Hitler e Stalin che ne emergeva. Si fece conoscere come scrittore del
realismo socialista. Ma piu' tardi il suo lavoro sul genocidio nazista fu
censurato e poi bloccato. Quando l'autore sovietico comincio' a vederci
chiaro scrisse tutto quello che aveva visto, saputo, capito E l'ha pagata
cara"]

L'edizione italiana finalmente condotta sul testo definitivo di Vita e
destino di Vasilij Grossman (traduzione di Claudia Zonghetti, Adephi, pp.
827, euro 34) e' un evento paragonabile alla conoscenza integrale di altri
grandi romanzi dell'epoca sovietica come Il dottor Zivago di Boris Pasternak
o Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov.
Grossman (1905-1964) si fece conoscere trentenne come scrittore che
interpretava al meglio i dettami del "realismo socialista" col racconto
Gleckauf, dedicato alla vita dei minatori del Donbass, che attrasse
l'attenzione del gran capo delle lettere sovietiche, Maksim Gor'kij; ribadi'
poi la sua fama con il romanzo Stepan Koleugin (1941), sulla formazione d'un
operaio bolscevico. Come tale venne fatto ben presto conoscere anche in
Italia: Ettore Lo Gatto ne parlo' brevemente ma con ammirazione nella sua
Storia della letteratura russa (1942), e sulla prima rivista
dell'Associazione Italia-Urss ("La cultura sovietica", n. 2,
ottobre-dicembre 1945); Angelo M. Ripellino presento' per primo in Italia la
traduzione di un suo racconto, "Anjuta", accompagnato da queste parole: "Le
pene della guerra, la sua austera poesia, la passione, sono gli elementi
essenziali degli scritti di Grossman. Piu' di chiunque altro egli ha
rivelato le sorgenti dell'epopea di Stalingrado. Allo stesso modo che in
tempo di pace, gli eroi di Grossman erano animati dal sogno della creazione;
in guerra, i suoi ufficiali e soldati compiono prodigi di coraggio, ispirati
dal sogno della vittoria".
Fu appunto la guerra, durante la quale fu corrispondente al fronte del
giornale dell'esercito "Krasnaja Zvezda'" (Stella rossa), che segno' il suo
destino. Accanto a diversi articoli, saggi e bozzetti (tra i quali meritano
d'essere ricordati almeno "Il popolo e' immortale" e "L'inferno di
Treblinka"), concepi' difatti un vasto affresco bellico che doveva
realizzarsi come "epopea di Stalingrado", e che gli avrebbe portato insieme
profondi dolori e la grande fama che oggigiorno, a quarant'anni e passa
dalla scomparsa, lo colloca tra i grandi autori del Novecento russo.
Il primo romanzo fu pubblicato nel 1952 ed era intitolato Per una giusta
causa (un brano, "La notte del 21 giugno", fu tradotto da Pietro Zveteremich
in Narratori russi moderni, Bompiani 1963); e ancora nell'anno della
scomparsa dell'autore, la Breve enciclopedia letteraria sovietica gli
dedicava una voce, a firma di Georgij Munblit, che lo lodava per il romanzo
e informava il lettore che "negli ultimi anni aveva pubblicato una serie di
racconti su varie riviste". Ma naturalmente non diceva una parola del fatto
che da qualche anno a quella parte Vasilij Grossman, senza nessuna
intenzione, s'era trasformato da valente scrittore del realismo socialista
in pericoloso sovversivo, e che i suoi due ultimi romanzi (Tutto scorre e
Vita e destino) non erano destinati ad essere letti dal pubblico sovietico.
Gia' quindici anni prima pero' Grossman era incappato nella censura. Quella
volta (1947) per via del lavoro documentario che, su istanza di Albert
Einstein, aveva intrapreso assieme ad un altro scrittore d'origine ebraica
(e ben piu' famoso di lui: Il'ja Erenburg), per testimoniare del genocidio
nazista nei territori sovietici durante la guerra. Finche' le operazioni
militari erano in corso, tutti i mezzi erano buoni per la propaganda interna
e per la solidita' dell'alleanza internazionale; ma, a guerra finita, quel
martirologio ebraico sembro' inopportuno a Stalin (che proprio in quegli
anni intraprese la campagna contro il cosmopolitismo e il nazionalismo
"borghese"), e l'imponente raccolta di tragici materiali venne prima
sottoposta a revisione censoria, e poi fermata quando era gia' in bozze. E'
stata pubblicata quasi cinquant'anni dopo, nel 1994 (in italiano e' uscita
da Mondadori solo nel 1999, col titolo Il libro nero).
Vita e destino, scritto nel corso degli anni Cinquanta, e che come s'e'
detto doveva costituire la seconda parte dell'epopea bellica dopo Per una
giusta causa, venne sequestrato nel 1961, durante la "destalinizzazione" di
Krusciov, non appena l'autore l'aveva consegnato alla rivista "Znamja" (La
bandiera) per la pubblicazione: il caporedattore Vadim Kozevnikov l'aveva
subito segnalato al Kgb, spaventato al solo pensiero di poter apparire
connivente.
Per intendere, oggi, la durezza della risoluzione presa, servira' ricordare
non solo che l'anno dopo (novembre 1962) il "Novyj mir" (Mondo nuovo)
pubblico', col consenso preventivo di Krusciov, Una giornata di Ivan
Denisovic di Aleksandr Solgenitsyn, ma che anche il Dottor Zivago di Boris
Pasternak era stato si' vietato, ma non sequestrato (il sequestro tocchera',
dodici anni dopo, all'Arcipelago Gulag di Solgenitsyn).
Che cosa c'era di tanto terribile, nell'opera di Grossman? Il fatto e' che
il tema bellico aveva, e sempre piu' avra' negli anni successivi, una doppia
valenza nella cultura sovietica: rappresentava da un lato una tragedia
corale di popolo, rispetto alla quale si potevano dire anche cose difficili
da dire in tempo di pace (da cui il successo non solo della narrativa di
guerra di Konstantin Simonov, ma anche quella di Bulat Okudzava, o la
raccolta delle poesie dei caduti in guerra, I versi rimangono in riga,
1958); ma d'altro canto era l'occasione per cementare il ruolo-guida del
Partito, come ben sapeva Aleksandr Fadeev, che aveva dovuto riscrivere il
suo romanzo La giovane guardia per eliminare l'impressione che l'iniziativa
spontanea delle formazioni partigiane fosse piu' rilevante della strategia
politica.
In un saggio sulla "Grande guerra patriottica" (come i sovietici chiamavano
il secondo conflitto mondiale) nella cultura russo-sovietica, Maria Ferretti
ha scritto che "dal ricordo della guerra scaturivano due memorie opposte,
antitetiche, che veicolavano due sistemi di valori inconciliabili, fondati
l'uno sulla liberta' che alimentava le speranze di una democratizzazione
[del sistema sovietico], e la memoria della vittoria, che celebrava invece
lo Stato autoritario" ("La memoria spezzata", Italia contemporanea, XII,
2006).
Figurarsi poi se dalla nuda e cruda rappresentazione dei fatti, sostenuta da
una lucida capacita' di coglierne le ragioni profonde, dalle macerie fumanti
di Stalingrado emergeva un parallelo tra il nazismo di Hitler e il
bolscevismo di Stalin: "Di quale speranza si puo' parlare - scriveva Efim
Etkind, presentando la prima edizione di questo romanzo, nel 1984 -, se
siamo posti di fronte a due campi che come specchi si rimandano un'identica
immagine?". Allora, "la confisca di un romanzo - insisteva Etkind - e' il
piu' alto riconoscimento che il potere dello Stato possa accordare ad
un'opera letteraria; l'immaginazione dell'autore viene collocata al livello
stesso della realta'; le riflessioni dello scrittore diventano divulgazione
di segreti di Stato".
Nell'archivio dell'amico Semen Lipkin (1911-2003), che scrisse anche lui
della guerra (La nave di Stalingrado, 1943) ma soprattutto ha dedicato un
libro a Vita e destino di Vasilij Grossman (1984), e' conservata la lettera
che Grossman scrisse a Krusciov, a un anno dal sequestro del libro. In
quella lettera, tragica e per certi versi disperata, Grossman diceva tra
l'altro:
"Perche' e' stato posto il divieto sul mio libro che forse, in qualche
misura, risponde alle esigenze interiori dei sovietici, un libro dove non
c'e' menzogna ne' calunnia, mentre c'e' verita', dolore, amore per gli
altri, perche' mi e' stato confiscato con metodi di violenza amministrativa,
e' stato segregato, da me e dagli altri, come un assassino colpevole? [...]
Non basta: mi e' stato raccomandato di rispondere alle domande dei lettori
di non avere ancora terminato il lavoro sul manoscritto, che ci vorra'
ancora molto tempo. In altre parole, mi e' stato proposto di dire il falso".
Per comprendere il rilievo del lascito morale che l'opera di Grossman ha
trasmesso anche alla Russia post-sovietica, ricordero' il seguente aneddoto
che Benedikt Sarnov narra ne Il caso Erenburg (2004): il poeta Boris Sluckij
gli chiese una volta chi avesse vissuto piu' da giusto, se Erenburg o
Paustovskij, e alla sua ovvia risposta ("Naturalmente Paustovskij"), Sluckij
gli replico' che no, non aveva ragione, e se Erenburg aveva praticato tanti
compromessi "quante persone pero' aveva aiutato". Ricordando l'episodio,
Sarnov commenta: "Ma che cosa avrei detto se mi avesse posto il dilemma tra
Erenburg e Grossman? Avrei risposto senza tentennamenti: Naturalmente
Grossman! Si', Grossman era piu' libero. Non chiamo' mai la cecita' un
espediente. Quando comincio' a vederci chiaro scrisse di tutto quello che
aveva visto, saputo, capito. E l'ha pagata cara".

11. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

12. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 654 del 29 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
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